MUMBLE: Marzo 2009

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MUMBLE: Mensile a gratis NUMEROUNO III|nove Mensile distribuito tra Modena, Bologna, Ferrara, Finale Emilia e Camposanto

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numero di presentazione del mensile a gratis Mumble:

Transcript of MUMBLE: Marzo 2009

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MUMBLE:Mensile a gratisNumerouNo III|nove

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Il manifesto dei propositi stabili È per il perduto senso critico e

per la gioventù che ci attraversa Cambiamento nella speranza della ribalta Scrivere, poesia, scrivere Educare al movimento le persone Agitando la curiosità

Eccitante Facciamo dell’amore A gratis Che siamo tutti ugualmente umani Diciamo di imparare dalla

bellezza...la nostra Terra Farsi tentare dal giusto Abbiamo le nostre priorità Che ci si voglia bene

ascoltandosi Mangiare bene La fantasia, le sue contraddizioni

e la tecnica Lo sviluppo sostenibile del mondo Credere nella storia e progettarsi l’avvenire Come scopo sociale guardare il diverso

Sport dell’aggregazione Scrivere un giornale Non dire bugie

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(NON) É MORTO GIOVANE

IL CANE DI PAVLOV

Quello che avete in mano è il primo numero di MUMBLE:

In copertina:Federico Ferfoglia, Dosato ha il suo perchè.

internoTRE

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internoQUATTRO

Almeno per quanto mi riguarda. Non so disegnare, non ho la costanza dell’artista per vocazione; ma un tarlo critico s’infila continuamente tra i nodi del legno quotidiano, ed a lui volevo lasciare la parola. L’espressione va promossa anche per chi come me non riesce a trarne un’arte limpida. Per fortuna la foschia intorno all’idea primitiva si dipana col passare del tempo in maniera naturale; e la storia del giornale prosegue con l’intervento amico di certe considerazioni divenute abbastanza imprescindibili. Innanzitutto, un bisogno d’essere immediati quando si parla: voglio riuscire a condividere quanto di prezioso nasconde la parola: con la mia amante, col mio pubblico. Voglio che ci capiamo: voglio che dalla parola si passi al cuore. Voglio simpatia. Leggiamo i giornali quotidianamente, ma capiamo sempre meno: l’informazione non passa dalla parola all’emozione, e le parole più

giuste del più sincero leader politico sono irretite dal pregiudizio dell’oggettività. Esse rimangono solamente slogan, e noi siamo i primi a strumentalizzarle. Così, con le parole sospese a mezz’aria sopra le nostre teste, le vicende personali non ci toccano più eppure vengono sempre più esasperatamente mostrate; gli errori dei governanti “ci sono sempre stati” ma le tasse le ha messe il governo precedente; l’università pubblica è uno spreco ma l’ignoranza è la peggiore povertà; e così via, ad libitum. Mi piacerebbe semplicemente poter parlare sinceramente, che non significa imparzialmente: io, signor firmatario autore, sono sempre una parte di tutto quel che c’è. Quindi, innanzitutto: se vogliamo scrivere perché qualcuno ci legga capendo quello che diciamo, dobbiamo riappropriarci delle parole. Il che vuol dire ridimensionarle tanto verso l’alto quanto verso il basso, a seconda dei casi. Certo, si deve convenire sulla loro natura soggettiva e parziale, sulla loro sostanziale illusorietà: essendo per loro stessa costituzione falsificabili, esse non devono solamente mostrarsi, ma devono incarnarsi prima nell’autore, poi nel suo pubblico, se vogliamo dialogare. Io proporrò quello che penso da

queste pagine; chi mi leggerà potrà trovare spazio sulle stesse oppure a mezzo internet nel caso abbia qual-cosa da dire in merito. Occupandomi del dato cronachistico ed attuale l’obiettivo modesto è quello di andare oltre alla chiacchiera da bar.E perché? Perché al bar ci vado poco, ecco. Ma pure questa è una mezza verità. È per raccontare le cose senza compiere violenza alcuna sul mio pubblico, come sulla mia amante: riuscire cioè a suscitare la critica per-sonale senza dover mettere le parole in bocca ad alcuno prima che costui abbia capito. Solamente in questo modo avrà un senso riservare uno spazio alla “attualità” in un giornale che esce mensilmente.

Della lunazione poco ci frega, se riusciamo a godere delle stelle ogni sera: l’importante è uscire, alzare la testa e aprire gli occhi. La prossima volta qualcuno verrà nosco.

CON NOIGIACOMO VINCENZI

Questa storia del giornale inizia fumosamente, per così dire.

MUMBLE:

:

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internoCINQUE

e dì la tua [email protected]

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DONAtO GAGLIARDI

’ Italia non è un paese

per giovani.

Penso che i motivi che mi spingono a fare parte della redazione di un giornale come questo possano essere riassunti in questa frase. Mi ritrovo spesso a pensare di vivere in un paese gerontocratico, governato da persone vecchie che dicono cose vecchie, in cui più si va avanti e meno spazio per i giovani si trova; un paese lanciato ai cento all’ora verso l’egemonia del pensiero unico, in cui la pluralità d’opinione è sotto assedio. Ma la cosa che più mi rattrista e fa incazzare è vedere che, spesso, di questo la gente italiana non si cura; nello specifico è gran parte della popolazione sotto i trent’anni a non curarsene, forse addirittura la maggioranza. Non se ne cura, o forse, più semplicemente, non ritiene che esista alcun pericolo concreto nel nostro paese per la libertà e per la diversità di pensiero. E’ questo ciò che vedo quando mi guardo intorno. A mio avviso, l’esistenza in Italia di realtà come queste - giornali, ma anche siti internet, stazioni radio - gestite da giovani è fondamentale, importantis-sima, e farne parte è appagante.

L’intenzione deve essere quella di aprire menti e cuori, di fare circolare idee nuove, di ridare il giusto valore a quelle vecchie se meritevoli, di incuriosire, di spingere i lettori a vedere le cose in modo differente da come vengono proposte dalla maggioranza dei media nazionali, di essere da megafono a chi ci legge, a quelli che la pensano come noi e a quelli che la pensano in maniera diametralmente opposta. La speranza è di riuscire a farlo bene e in modo originale.

internoSEI MUMBLE:

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Sono in fila al supermercato. La signora davanti a me impila cracker su scatole colorate mentre io mi allungo per raggiungere la barra di ferro con su scritto “cliente successivo”. PERChé dOvREI SCRIvERE SU UN gIORNALE? Si prospetta un sabato sera da passare in casa in compagnia della “Propedeutica al latino universitario” di Traina e ad un film appena preso a noleggio. Sopra i pochi prodotti ritenuti necessari al finesettimana, spiccano due quotidiani. Pensavo di ritagliarmi una mezzoretta, prima di mangiare, per bermi una birra e leggere con calma il giornale sgra-nocchiando ciccioli frolli. Sovrap-pensiero mi avvicino alla cassa e noto una certa immobilità attorno a me. Avverto come la sensazione che stia per succedere qualcosa ma non ho il tempo di rendermene conto. Alzo lo sguardo. La cassiera mi sta fissando. Tiene ciascuno dei due quotidiani in una mano diversa. Nei suoi occhi scorgo un panico misto a curiosità. Una cosa tipo “primi spet-tatori del cinematografo”, ma molto più rapida. Appoggia uno dei due rotoli di carta stampata e mi mostra l’altro. Si trasforma in un avvocato da film di serie b. Reperto numero 1 all’attenzione della corte, che poi

altri non è che la signora dopo di me. “Questo cos’è?” mi chiede con un velo di disgusto misto a meraviglia. Ispeziona il giornale passandoselo tra le mani mentre cerca un codice a barre. “E’ un supplemento di Repub-blica?”. “No guardi, è l’Unità. Un quo-tidiano. L’altro è Repubblica. Sono due cose separate. Ne ho presi due.” Mi guarda come se fossi un pazzo che si aggira per la foresta amazzonica ridendo, mentre tiene in mano una sega elettrica. “Vabbè”. Il movimento attorno a me riprende come se niente fosse accaduto, anche perché proba-bilmente non è avvenuto nulla di ché. Finisce di pistolare le ultime cose. Mi porge lo scontrino. Pago. Mi sorride. Olè. “Buona sera” e mi da pure i bollini. Ora, non ho voluto raccontare questo fatto per additare l’ignoranza, più che legittima, di una cassiera di supermercato. Né tanto meno per fare sfoggio gratuito delle mie paranoie o delle mie conoscenze da settimana enigmistica. È solo che, non so per quale strana associazione di idee, quando sono uscito da quel luogo, quando il freddo è entrato dalla porta automatica, si è chiarita la risposta alla domanda che avevo all’inizio. Vorrei scrivere su un gior-nale per scuotere dall’indifferenza. La vittoria di Barack Obama negli Stati Uniti è stata la notizia che più di altre negli ultimi giorni mi ha colpito a livello emotivo.

Oggi la cosa che più desidero è che quest’aria di novità non venga fre-nata per l’ennesima volta dalle siepi dei nostri giardinetti e che, filtrando, possa muovere qualcosa. Un qualche mulino. In effetti l’idea che scrivere su un giornale oggi possa essere ritenuto di una qualche utilità è alquanto donchisciottesca. Ma tant’è. Se scrivessi mi piacerebbe parlare di cose belle e vicine. Mi spiego meglio: mostrare che di cose interessanti ce ne sono (esistono!!!) e spesso sono molto più vicine di quanto non si pensi. Per passione e studi mi indi-rizzerei verso avvenimenti artistici e culturali. Ce ne sono tanti nella nostra zona: alcuni, a mio parere, davvero stupendi e di cui la maggior parte delle persone non sospetta nemmeno l’esistenza. Partire dalle re-altà per cercare di arrivare alla realtà, innanzi tutto per me stesso, poi, se qualcuno vorrà accompagnarmi, tanto meglio. Non che io abbia, in verità, nessuna autorità in materia. Il mio discorso è: io ne ho bisogno e se non lo fa nessuno allora lo farò io, malgrado i miei limiti. Ora mi sembra davvero giunto il momento della birra e dei ciccioli e ripensandoci non sono sicuro di avere capito bene cosa c’entri la storia della cassiera. Forse è solo un inizio. Uno come tanti. Ma almeno è l’inizio. Buona sera.

PERChé SCRIvERE SU UN gIORNALE?

E’ come se nel mondo stesse arrivando un vento nuovo, che poi chissà se e in che modo cambierà la Storia, ma è il sentore di un inizio di cambiamento (change, bhè sì…)

NICOLA SEttI

internoSETTE

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SANtE CANtUtI

MA TU LA gUARdI LA Tv?Spesso non lo ammettiamo,

ma è uno strumento italiano

irrinunciabile. Ecco perché

SI pUò VIVERE bENISSIMO ANChE SENZA LEGGERE I GIORNALI, SENZA

LEttERAtURA (MIA NONNA USA DANtE pER FERMARE LE pORtE, A LEI SERVE), SENZA RECENSIONI DI bUONI DIS-ChI, pOESIE, RACCONtI, NOtIZIE LOCALI. SI pUò VIVERE IN DEFINI-tIVA ANChE SENZA INFORMAZIONE; DEL REStO GLI ItALIANI NE SONO UNA pROVA VIVENtE: IL NOStRO pAESE è tRA GLI ULtIMI IN EUROpA COME tIRAtURA MEDIA DI qUOtID-IANI, pREFERIAMO DI GRAN LUNGA LA tELEVISIONE, I tItOLI SULLA hOME pAGE DI LIbERO.It, E SOpRA OGNI COSA L’IMMANCAbILE “hO SENtItO DIRE ChE…”. INSOMMA SI pUò VIVERE SENZA tUttO qUEStO, EppURE IL GIORNALE ChE AVEtE tRA LE MANI NASCE CON UN SENtI-MENtO LEttERALMENtE OppOStO. E DUNqUE: pERChé SCRIVERE UN

«Ma tu guardi la tv?» «No, solo qualche volta, faccio un giro di canali ma non c’è mai niente». Gli autori di questo dialogo, ormai cristalliz-zato nei vari libri sui luoghi comuni, sono tutti gli italiani. Dunque non guardiamo quasi mai la scatola magica? Strano: secondo il Censis, il 98 per cento degli italiani, evidente-mente, non riesce ad evitarla. Eppure davanti alla fatidica domanda «Ma tu la guardi?» siamo subito pronti a difenderci e ad assicurare che capita molto raramente e se capita succede un po’ per caso. E un po’ per caso in Italia esistono 640 reti televi-

internoOTTO MUMBLE:

GIORNALE, E pERChé LEGGERLO? pERChé SIAMO CURIOSI, NON ESIStE UN MOtIVO pIù NObILE. IO SONO CURIOSO E VOGLIO CONOSCERE LA REALtà ChE MI StA INtORNO, DAL pARERE pO-LItICO ALLA RICEttA DI CUCINA. E pERChé ESSERE CURIOSI E NON LASCIARE qUEStO INAppAGAMENtO DEL SApERE A qUALCUN ALtRO? pERChé CI INtERESSA LA VItA. MI INtERESSA LA VItA, LA VItA DELL’UOMO. CONOSCERE L’UOMO, ChE IN SOStANZA ANCh’IO SONO. CONOSCERE L’UOMO IN ItALIA, A MODENA, A CAMpOSANtO, NEL MONDO. E SCRIVERò, SE pOSSIbILE, DELL’UOMO E DI CIò ChE pIù MI AppASSIONA DI LUI: LA SOCIEtà, LA MUSICA, LA pOESIA E LAtRADIZIONE. E INVItO ChIUNqUE AD AppOGGIARE, CRItICARE O CONtRADDIRE qUALSIASI MIO INtERVENtO.

L’IMPORTANTE è ChE CI MUOvA UN UNICO STIMOLO: LA CURIOSITà. LA CURIOSITà vERSO L’UOMO. LA CURIOSITà vERSO NOI STESSI.

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grazie alle sentenze della Corte Cos-tituzionale, si trasmette in via etere. La mossa successiva fu l’acquisto e poi la cessione di film e programmi, a prezzi modici, a reti locali in cambio del loro ingresso nell’orbita control-lata da Berlusconi (un coordinamento già previsto dal famigerato Piano). Infine la creazione di grandi società (Canale5) e l’acquisizione di Italia1 e Rete4. Ecco tre reti nuove, potenti e piene di programmi moderni con balletti seducenti, dibattiti sportivi e altre distrazioni. Un’ultima domanda: Perché control-lare la tv? La risposta più esauriente fu sicuramente di Pasolini «Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta» invece la tv di oggi è riuscita ad attuare «la peggiore re-pressione della storia umana» perché «non si accontenta più di un “uomo che consuma” ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo». Così ragionando appare chiaro come il concetto di “tv che fa male” non è appena retorica o luogo comune. Ma la realtà è che non riusciamo a sbarazzarcene. Subiamo l’ebbrezza dell’accendere la tv, del lasciarci cullare in uno spazio in cui non è richiesto riflettere, fare scelte, pren-dere reali posizioni, ma che in realtà condiziona la nostra vita: la tv non è specchio degli italiani, ma gli italiani hanno come modello la tv, modello

che «realizzano materialmente solo in parte, diventandone la caricatura».Davanti a un quadro così inquietante (che in maggior parte è Storia e non opinione) la nascita di un giornale, cartaceo o virtuale che sia, come quello che state leggendo, è a mio avviso un sistema “sano” e “scomo-do” (non nel senso che infastidisce i grandi poteri, ma l’italiano stesso) per informare, per essere informati, per comunicare. Per pensare, anche se è fatica.

sive (secondo la Federazione Radio Televisioni), l’equivalente delle reti statunitensi, vale a dire un quinto delle reti mondiali! Non parliamo poi del record di spot televisivi. Ma la vera domanda è Cos’ è la TV italiana, e perchè la guardiamo? Prendiamoci un “faticoso” minuto per capirci qualcosa. È dagli anni 70 circa che la televisione italiana non è più rappresentata da Carosello, dai varietà, dal maestro Manzi. Cos’è successo? Il mutamento lo si deve indubbiamente alla celeberrima log-gia massonica P2, il cui programma (il “Piano di rinascita democratica”) fu scoperto solo nell’81. Il secondo punto di tale programma, oltre all’impegno a controllare politi-camente i quotidiani, recita così: «coordinare molte TV via cavo con l’agenzia per la stampa locale; dissol-vere la RAI-TV in nome della libertà di antenna ex art.21 Costit.». E pro-prio in mezzo ai “fratelli” piduisti era presente Maurizio Costanzo (fascicolo 626, che assieme alla moglie occupa da anni i programmi più seguiti), un numero consistente di ex-direttori RAI, e Silvio Berlusconi (fascicolo 625, tessera n° 1816). Senza adden-trarci nel rapporto tra quest’ultimo e l’allora Maestro Venerabile Gelli, Ber-lusconi riesce a realizzare questo obi-ettivo fondamentale. Infatti nel ‘78, anno della sua iscrizione alla loggia, nasce Telemilano cavo (il programma piduista prevedeva appunto una «TV via cavo da impiantare a catena in modo da controllare la pubblica opin-ione media nel vivo del Paese»), poi,

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MANUELE pALAZZI

IvIamoun momento storIco

molto Importante: Il presente.

Non mancano motivi né mezzi per espandere la propria voce alle orecchie del popolo, le genti.Così nasce il progetto comune di amici, fratelli uniti per l’elegante causa di dare corpo alla cultura ed al sapere nella tradizione, allo spirito del tempo e del luogo.Un movimento roboante nella storia, un automatico disporsi di empatie locali per designare uno spettro di funzioni da regalare al folclore, la sua essenza.Così gli ambiti di discorso, rendendo grazia, marcheranno il tempo come attributi costanti in evolversi con i paradigmi della storia.L’editoria giornalistica fondamentale (*) sincrono degli avvenimenti. Portatrice di dibattito isomorfo. Ideale inarrivabile poiché in continuo mutamento grazie al progresso dei suoi fattori.Un progresso inattaccabile giacché:

come natura crea, l’artefatto s’ingegna.Noi figli di una storia evolutiva, fra-telli dell’informatica e della telematica, cresciute con noi e come noi aperte ad un potenziale impalpabile.Luttuosi figli delle voi più imponenti e lucide della nuova Italia: Enzo Biagi fra tutti come maestro per la ricerca della verità; Luciano Pavarotti voce tonante dell’italianità e della solida-rietà artistica; Gianfranco Funari per il suo cinismo e la sagace guittezza

un conforto per chi anela, uno spunto in cui riflettersi e riflettere.un supporto per osare e dar conto ai fenomeni del possibile.

popolare. Di questi tempi l’onere della notizia si fa greve e si crede d’uopo una restaurazione nella ribalta degli ingegni e delle posizioni prese con o senza cautela, per instaurare un dialogo oltre l’umbratile dinamica sociale di oppiacei per la ragione e stimolanti per l’istinto.

internodIECI MUMBLE:

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Salve a tutti,mi chiamo ALESSIO MORI ho ventitré anni, sono uno studente di Scienze Politiche, lavoratore stagionale, vivo in famiglia (ma ho sogni d’indipendenza) e, nonostante la crisi in arrivo, posso definirmi un appartenente alla classe media (principalmente per meriti altrui).Ritengo che questo quadro generale sia importante poiché può essere utile a far luce e a motivare molte delle mie prese di posizione che emergeranno nel corso di questa nuova esperienza del giornale.Uno dei miei interessi principali, purtroppo o per fortuna, è la politi-ca: dapprima sotto forma di infatuazioni non ben motivate, poi, sempre più coscientemente, ritengo di essere diventato un osservatore abbastanza attento anche se schiera-to e quindi non sempre obiettivo.Il mio credo politico traspare anche in quello che scrivo, e le “analisi” dei fatti che accadono sono frequentemente compiute attraverso l’occhio e la mente di un osservatore parziale. Sono un elettore di sinistra, come a me piace definire me stesso, o di centro-sinistra, secondo la politologia attuale: alle ultime elezioni ho votato PD ma continuo ad essere attento ai movimenti dell’ormai ex-alleato Di Pietro, in quanto ormai il più forte oppositore del governo in carica e in particolare del nostro premier.L’antiberlusconismo è uno dei princi-pali motivi del sempre più forte

interesse alla politica e questo, nonostante ritengo che sia un aspetto assai limitante, mi porta ad essere assai critico se non prevenuto in merito alle decisioni prese dagli esponenti di quella parte politica.Ho deciso di prendere parte a questa iniziativa per poter, nel mio piccolo, contribuire a creare un nuovo spazio di informazione che riesca a dare punti di vista e opinioni differenti, viste da chi non fa il giornalista di professione ma che possa essere utile a creare qualche spunto di riflessione, qualche risata o anche qualche incazzatura ai lettori.Quello di cui intendo occuparmi è chiaramente quel grande spazio che è l’attualità, sia essa politica, cronaca o quant’altro; c’è però un altro tema che mi sta particolarmente a cuore: la salvaguardia e la diffusione, specie tra i più giovani, delle tradizioni emiliane, nella fattispecie modenesi. Per fare ciò pensavo allo sviluppo di articoli in dialetto e sul dialetto, uno sguardo alle tradizioni contadine or-mai in disuso e una saltuaria rubrica di cucina tradizionale.La mia partecipazione, oltre ai temi principali che verranno concordati in redazione, sarà quindi dettata dall’ispirazione e dalla curiosità; ritengo che questo sia un modo per proporre un pezzo nel modo più interessante possibile, trattando solamente quello che più interessa veramente e cercando di ottenere un risultato il più appassionante possibile.

Non sono infatti una di quelle persone che ritiene che la stampa in Italia sia da buttare in toto: è indub-bio che vi siano esempi di giornal-ismo troppo assoggettato alle sfere del potere, ma penso che vi siano altresì giornali e giornalisti affidabili che forniscano ai lettori buoni punti di vista sulla situazione del nostro paese e del mondo.Per concludere, posso affermare che la mia voce sarà sostanzialmente un elemento “conformista”, difficilmente totalmente anti-sistema, attenta a formulare critiche nel mio piccolo costruttive, ma se serve pronta ad ar-gomentare i lati positivi delle notizie discusse.

vEdO UN gIORNALE COME UNO SPAzIO LIBERO CON IdEE FRESChE, SENzA PREgIUdIzIALI MA CON FORTE SPIRITO CRITICO, dOvE PER CRITICA NON SI INTENdA ESSERE CONTRO PER PARTITO PRESO MA RIUSCIRE Ad ANALIzzARE LE COSE E TROvARvI I LATI POSITIvI E QUELLI NEgATIvI.

internoUNdICI

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pIERpAOLO SALINO

internodOdICI MUMBLE:

il CANE di PAVLOV (NON) ÉMORTO GIOVANE

siamo militanti ma parleremo dei partitisiamo giudici ma parleremo di giustiziasiamo cattolici ma parleremo di Dio siamo comici ma proveremo a far ridere siamo reporter ma scriveremo su una rivista

Finalmente si inizia a pensare che sta succedendo qualcosa che non va. Elencare le singole difficoltà che co-involgono una società globale molto complessa come la nostra non è di grande aiuto: sterili etichette con-sunte non meritano nessuna attenzi-one.//Invece di un futile elenco quello che invece va considerato è l’origine dei nostri problemi sociali. Quindi ancor prima di macchinose ipo-tesi sul come e perché risolverli, azzardiamo subito la loro soluzi-one: il nostro comportamento.// E’ a questo proposito che è utile analizzare l’atteggiamento umano e confrontarlo con Midic, meglio cono-sciuto come il cane di Pavlov. La sto-ria di Midic è nota ai più: dopo una serie di prove in una gabbia elettriz-zata questo cane ha imparato ad as-sociare a uno stimolo dannoso una risposta adeguata per migliorare il suo benessere. Geniale. Midic ha risolto il suo problema sem-plicemente comportandosi in mani-era diversa. E con questo ci dimostra,

facendo onore alla sua specie, come i cani riescono a fare quello che noi non riusciamo più a ricordare: porre rimedio alle situazioni quando ricono-sciamo che sono dannose.E’ dannoso non ricevere una adeguata istruzione. E’ dannoso l’inquinamento. E’ dannosa la Mafia. E’ dannoso An-dreotti. Il cane di Pavlov ci guarda e se la ride.Non riconoscere questi e altri prob-lemi è sintomo di ignoranza: totale non sapere. Più difficile è riconoscere invece che tra questi problemi c’è lui, Midic, che a quattro zampe ghigna. Prendiamocela, la rivincita sul cane di Pavlov. E’ ora di correggere certi comportamenti per stare tutti meglio. Partendo con l’informare. Informare non vuol dire avere la pretesa di pos-sedere un assoluto, un postulato, la Verità. Ma con umiltà proporre un punto di vista, anche nei campi più

diversi, cercando sempre di essere in-teressanti. Facendo pure ridere.Un grande giornalista, nel descrivere il suo lavoro, una volta ha detto: “Mia madre, terza elementare, mi diceva: “Mai dire bugie”. Ho sempre cercato, e cercherò, […] di darle retta”. Ader-endo in prima persona a questa di-chiarazione, a questo giuramento di Ippocrate, è innegabile supporre che di critiche ce ne saranno. Va bene. Ma con mano ferma sempre si deve soste-

nere il pensiero ché nasce su questa promessa.

p.s. i nomi o i riferimenti ad animali o Santi sono frutto della fantasia dell’autore.Purtroppo però le percosse ricevute prima di imparare la lezione causano la morte del cane Midic all’età di soli 6 anni. Alla Terra ne danno meno.

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internoTREdICI

senza dubbio per dimostrare cose ovvie. per fare in modo che ciò che è chiaro lo sia di certo. per togliere i dubbi su quel pochino che si dirà. per pensare qualcosa scrivendolo senza dover sentenziare la vita o la morte, o cose del genere. e semmai il discorso dovesse giungere così in alto, di certo staremo farneticando, statene certi. vorrò mostrare, con lucidità, la chiarezza che i dubbi sulle poche cose della vita semplice posseggono. tutto questo al solo scopo di perdere tempo. per riempire la bella vita che ci è capitata, senza dimenticarsi di riderci sù. parlerò spesso con terminologia filosofica di nicchia, per rendermi più inutile ai più. cercherò di far in modo che la lettura del giudice più spietato, io stesso, non abbia che compiacersi di un siffatto articolo. cercherò soprat-tutto di parlare di voi; di quello che mi sembrate, del mondo che vi costruite attorno e di quello che già vi trovate costruito. parlErò di uomini E donnE, politica E rEligionE, attualità E antichità. talvolta di alimEntazionE, mai di golf. avrò la mali-zia del giovanotto e il distacco del vecchio. snocciolerò filosoficamente

ognuno dei bassi argomenti che tratterò, lasciando ai miei colleghi di questo giornale tutto il resto. farò in modo che il mio percorso univer-sitario coincida spesso con ciò di cui tratterò, dimodochè se ne possa trovare una sorta di stimolo senza dover esser tutti azionisti dell’alma mater. abbiate cura di noi, voi che ci concedete questo gradito lusso.

FRANCESCO DOttOR GRIMALDI

filosoficamente

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GIORGIO pO

Mercoledì 7 gENNAIO in una serata emiliana come un’altra, non c’era niente di meglio da fare che una bella larvata in casa con la propria signora. Ad un certo punto la mia attenzione è stata attratta da una notizia in tv. Nel Tgcom delle 22:00 (per chi non lo sapesse, un breve spazio di pseudoinformazione all’interno dei programmi di prima serata di Canale 5) in allegato con le notizie catastrofiche delle insos-tenibili nevicate di Milano e Torino, viene pubblicizzato un articolo de “il Giornale” in uscita il giorno seguente, in cui viene svelata la cosiddetta bufala del riscaldamento globale. Sorpreso, ho controllato che non stessi guardando Crozza Italia Live su La7, programma satirico di Maurizio Crozza in cui uno degli scatch consiste nel rimontaggio di notizie del TG5 per ridurle a fini ironici. Ebbene no, stavo veramente guardando Canale5. Il giorno seg-uente incuriosito e indignato mi sono recato immediatamente in edicola per acquistare una copia de “il Giornale”. La prima pagina era dominata da una foto di Milano imbiancata (incredi-bile! Visto che è l’ 8 Gennaio) con un sarcastico titolo: “Ecco il pianeta sur-riscaldato” e ancora, più in piccolo “mezza Italia al gelo”. All’interno, da pagina due a pagina cinque, un collage di articoli descriveva l’apocalittica nevicata che aveva col-pito Milano ed enunciava la grande bufala del riscaldamento globale,

perfino, a pagina due in basso, il commuovente racconto di Alfonso Signorini (si proprio l’opinionista del GF) “Da giovane facevo lo spalatore per poche lire ed una focaccia”.Tutto il gigantesco articolo, non faceva altro che demolire pezzo per pezzo le teorie per le quali l’attività umana apporta danni allo stesso ambiente nel quale l’uomo deve vivere : la Terra. E’ quindi una bufala quella dell’effetto serra che causa il global worming (il surriscalda-mento globale). E’ una bufala perciò lo scioglimento dei ghiacciai artici, antartici, e montani. É una bufala quella del buco dell’ozono, quella della desertificazione, quella della deforestazione, quella del progressivo inquinamento delle acque, dell’aria e dei suoli. Insomma... siamo stati tutti presi in giro! Io per primo che questi argomenti li ho approfonditi durante il mio percorso universitario, ma anche l’intera Unione Europea che ha deciso di aderire con l’80% degli altri stati mondiali al protocollo di Kyoto del 1997.

internoQUATTORdICI MUMBLE:

CASPITA! SOLO dOPO AvER LETTO QUELL’ARTICOLO CAPISCO QUANTO SIANO STATI INTELLIgENTI gLI STATUNITENSI, ChE FACENdOSENE UN BAFFO dI KyOTO (gIà MOLTO ChE NON L’ABBIANO RASA AL SUOLO INSIEME Ad hIROShIMA E NAgASAKI), hANNO CONTINUATO Ad ESSERE I MAggIORI PROdUTTORI dI gAS SERRA.

A questo punto, tralasciando la retorica, le domande sono sorte spontanee: l’ effetto serra esiste ve-ramente? E se sì, in che misura viene provocato dalle attività antropiche? Sappiamo definire il concetto di sostenibilità? E in che modo la sostenibilità può aiutare l’uomo a integrarsi nell’ambiente in cui vive? I quotidiani che leggiamo, o i noti-ziari che ascoltiamo, ci parlano di catastrofismo o realismo?

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Se potessi trascrivere i pensieri che mi attraversano da tempia a tempia mentre rigiro ad occhi chiusi le len-zuola attorno a me e ai cuscini...

Ma ogni volta sono convinto che sì, tanto quella frase me la ricorderò. E al mattino quella frase non è più.

Mica facile combattere la pigrizia e vincere la “svoglia” di alzarsi. Ac-cendere la luce. Prendere un pezzo di qualcosa di scrivibile. Dov’è una penna? Datemi un qualcosa la cui punta non sia rotta! Scrivere. Per poi inciamparci al mattino dopo mez-zogiorno, rileggere, e non capire più perché tutto quell’entusiasmo per una frase così mediocre. Magie del dormiveglia. Incastri del buio col cervello. Genio addormentato, o poeta fallito? Non necessariamente voglio risposte, anzi, il più delle volte mi piacciono le domande. Perché poi passa un indeterminato lasso di tempo, e dal disordine quella frase decide di uscirne. Ed è bella! Lo sforzo, unito alla stagionatura, ha dato i suoi frutti. L’uva di quella notte s’è fatta vino. E me lo bevo.

SAMUELE pALAZZI

Poi nella malinconia rimane il ram-marico di tutto il succo mai imbot-tigliato, che potrebbe essere ancora nella botte della mia memoria, ma che il più delle volte trovo vuota,

di botti di vero vino realmente svuotate. Il principio dei vasi comu-nicanti mi si applica alla perfezione fra alcool e pensieri. Spesso mi capita di pensare in opposizione a tutta la fila di lettere di tutti i libri, di tutti i fascicoli, di tutti i giornali, opuscoli e opuscoletti che sono stati scritti fino ad ora. Una fila lunga lunga di piccole letterine nere (scegliete voi carattere e dimensione del testo) che non si vede la fine. Dove arriveranno, tutte le parole del mondo unite insieme? Ma (scrivevo di opposizione

Le parole invece non hanno di questi problemiuna volta scritte. Mi ubriacano, ma non svaniscono. Alzarsi per scriverle è raccoglierne il grappolo. E la stagione s’è fatta per unirne tanti, di questi grappoli. E’ giunto il “vendemmiaio” delle parole!

senza controparte) dove arrivereb-bero però, tutte le parole che non sono mai state scritte se le mettes-simo in fila?

Non sempre ho bisogno di risposte. A volte mi accontento di girare il lenzuolo attorno a me e ai cuscini. Senza rispondermi a: “Perché stiamo scrivendo un giornale?”

delle nostre parole.

internoQUINdICI

Il vendemmIaIo delle nostreparole

Page 16: MUMBLE: Marzo 2009

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