MUMBLE: Giugno 2009

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MUMBLE: Mensile a gratis NUMEROQUATTRO VI|nove Mensile distribuito tra Modena, Bologna, Ferrara,Finale Emilia e Camposanto

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MUMBLE: Giugno 2009

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MUMBLE:Mensile a gratisNumeroquattro VI|nove

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Accade il 26 Giugno

Questa volta ci siamo. MUMBLE: MagnaFinal & F.I.A.S.C.A. organiz-zano il 26 Giugno nelle ex scuole materne di Finale Emilia, in via Oberdan, di fianco al teatro comunale, una giornata di beneficenza per Villa Sant’Angelo, comune abruzzese sconvolto dal sisma del 6 Aprile che ha distrutto il 90% degli edifici.

E’ una scommessa, e non si tratta semplicemente di donare una somma di denaro al Comune con cui Finale Emilia si è recentemente gemellato. No, abbiamo pensato di fare altro. Molto altro.

Dopo che i riflettori del sistema media italiano si sono spenti, dopo che le tante polemiche attorno alla ricostruzione si sono susseguite sui giornali, noi giovani abbiamo deciso di agire. Di aiutare la popolazione di queste zone a ritrovare per un solo attimo il sorriso. E abbiamo pensato di affrontare

questa sfida con la nostra arma migliore: la frittella.Il fermento della giornata di venerdì 26 inizierà fin dal pomeriggio con l’apertura delle mostre e una discussione sul senso di questa iniziativa. A seguire aperitivo con qualche spritz, dj set e alla sera

concerto. Cotillons, birra e fette di salame. Il programma dettagliato della giornata lo potrete consultare sul sito

www.mumbleduepunti.itIl ricavato della festa andrà a finanziare la spedizione che le associazioni culturali e ricreative in-tendono fare a Villa Sant’Angelo. Qui, per una giornata, proveremo a far dimenticare la tragedia del terremoto e i disguidi tutti italiani che si susseguono proprio in momenti come questi, in cui dovrebbe essere la solidarietà e non l’odore dei soldi a prevalere. E allora olio e impasto, dai monti dell’appennino si leverà il tipico aroma delle frittelle, offerte gratuitamente alla popolazione assieme

a una donazione di F.I.A.S.C.A. di mille euro, a cui speriamo di aggiungere gli ulteriori proventi della festa del 26 giugno.

Senza bandiera né distinzione alcuna invitiamo tutti coloro che sosterranno questa causa a parteci-pare. Un’idea che parte dai giovani per incontrarli e stimolarli, per cercare di svegliarli dal torpore

calato su di loro grazie al Grande Fratello e a X – Factor.

Le parole ci stancano, le abbiamo esaurite. E’ il momento del fare, è il nostro momento.

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La GENERaZIONE 1000 € GuaRda NOstaLGIca La MEGLIO GIOVENtu’

spERaNdO dI aVERE tutta La VIta daVaNtI DaveEggers

CALLERS

Quello che avete in mano è MUMBLE:

internoUNO

Tutti i contenuti e molto altro ancora su www.MUMBLEdUEpUNti.it

In copertina:Mario Pola, Qustody

(in foto Simone Borrelli)

EditORiALE: internodUE

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internotRE

IL JOKEY

IO, TOPO CON LE ALI LiNGUACCERIQUADRO ELETTORALE

MAL COMUNE MEZZO GAUDIO

WALK ON THE SLIDE SHOW SIDE: FOTOGRAFIA EUROPEA 09

T E L E A PAT I A OROSCOPO ZEN In vIaggIo a IL LADRO DEL

FUOCO

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La decisione del tema del mese è come al solito oggetto di partecipate discussioni interne ai Mumblàr, e fino a poco tempo fa il dibattito è rimasto aperto. Poi si è deciso.

Parleremo di giovani. D’altronde ne facciamo parte a pieno titolo, o no?Perché vogliamo sfatare il mito che i giovani di oggi siano semplicemente dei perdigiorno,

con poche idee e quelle poche che hanno preferiscano disperderle nella nebbia dello stordimento.Ed allora parliamo di noi, e di voi. Perché, volenti o nolenti, nostalgici o delusi da un periodo

con troppe aspettative non realizzate, giovani lo siamo stati tutti.Parleremo di come è bello essere giovani, ma anche di come sia difficile esserlo, specie in una

società fondamentalmente gerontocratica come la nostra.E se, per tua sfortuna, non sei bello e minorenne, allora considerati pure costantemente un

paio di passi dietro agli altri…Ma non ci fErMiaMo Di cErto qui.

analizzeremo a modo nostro la spinosa questione dei respingimenti degli immigrati clandesti-ni, e diremo che Mumble: non ci vede chiarissimo nelle linee guida del governo in carica; ma, siccome crediamo che la libertà di parola non sia solamente un concetto astratto, tra queste pagine troverete anche l’opinione dell’unico esponente politico locale che si è preso la briga di considerare le nostre semplici ed innocue domande, anche se non la pensa proprio come noi…Siccome essere eclettici è allo stesso tempo una qualità di Mumble: e dei giovani in generale, vi offriremo le rubriche storiche e rubriche nuove di zecca, che vi faranno saltellare dall’arte

visiva alla letteratura, sino alla fauna e ai viaggi, dal momento che l’estate è ormai alle porte.ultimo ma non da ultimo, Mumble: si lancia nel benefico: vi illustreremo infatti come, dove,

quando e perché si terrà una nobilissima ma altrettanto piacevole iniziativa il 26 Giugno in quel di finale Emilia (Mo).

La materia prima cerchiamo di fornirvela al meglio.Siate i migliori costruttori di voi stessi.

internodUE

EditORiALEALESSIO MORI

MUMBLE:

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Caro Mumble, ti scrivo per darti la mia vision sul topic “Clandestini e blocco degli sbarchi sulle coste italiane”.Da alcune settimane è cambiato il clima, e come il clima, anche la po-litica di accoglienza dei clandestini in arrivo via mare sulla rotta libica. Con la bella stagione, infatti, gli sbarchi aumentano, dando linfa a quello che, oltre a sofferenza e sfrut-tamento, è un vero busisness per le organizzazioni criminali.Semplicemente, credo che il Ministro Maroni sia riuscito nell’intento di applicare un accordo vero, che vede nel pattugliamento congiunto con la polizia libica il suo punto di forza, dopo tanti fallimenti, e dopo tante costose promesse fatte al “caro” (in termini economici) Gheddafi, si è arrivati ad una svolta. Un’inversione di tendenza richiesta dalla maggio-ranza degli italiani, che esprimendosi in maniera democratica alle urne, vollero una politica più incisiva e concreta in materia.Non mi sorprendono le solite polemi-che, sollevate da una sinistra senza bussola e da alcuni esponenti europei alla rinfusa, che a parer mio, dimen-ticano che l’Italia è lasciata sola da anni davanti a questa sciagura, dopo che Grecia e Spagna (Zapatero in primis) hanno risolto il problema con la forza e con repressioni violente;

anche se non ho mai visto proteste contro le ambasciate greche o contro quelle del socialista Zapatero.E pensare che gli stessi polemici, fino a poche settimane fa, critica-vano l’avversario politico con slogan, volantini e manifesti inneggiando alle false soluzioni e all’aumento dei clandestini in Italia, come per dire: “se ne arrivano di più è colpa del centro-destra”. E ora che si cerca di invertire un “trend”, la loro coerenza parla da sé.Io provo rispetto e sofferenza per il tema non facile dell’immigrazione clandestina, ma credo che ci voglia un segnale chiaro, specialmente in un momento come questo, in cui,

molti italiani ed europei perderanno il lavoro e avranno bisogno di aiuti economici per mandare avanti le loro famiglie.Contesto anche la classica risposta che molti danno al fenomeno: “ne abbbiamo bisogno perché fanno il lavoro che gli italiani non fanno più”. Proprio negli ultimi mesi, una puntuale smentita, è arrivata con la crescita inaspettata delle badanti italiane, altro lavoro per il quale si importava manodoapera dall’Est-eu-ropeo, vuoi mai che in tempo di crisi torneremo a fare i lavori più umili… e ci farà bene.

Davide DottiSegretario Prov. Lega Nord

internotRE

Scrivi a [email protected]

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timo affresco sugli avvenimenti e su momenti cruciali del nostro paese, raccontato attraverso le generazioni nate subito dopo la guerra, provo un fortissimo senso di nostalgia, anche se questo termine implicherebbe l’aver vissuto di persona,sentire la mancanza di qualcosa che è stato e si vorrebbe tornare indietro per riviver-lo una seconda volta. Ma nonostante questo sia un paradosso razionale perché è un luogo lontano e perduto che non ho mai sperimentato, posso davvero poter dire che la mia è una malinconica invidia verso quegli anni, ma soprattutto verso le emozioni,

i fervori, le Illusioni e le Chimere che avevano spinto i nostri genitori a schierarsi, a fare il ’68 e a sperare in qualcosa di migliore.Non facciamoci però imprigionare da un passato che ci sembra mito, per-ché potremmo dimenticare che l’Oggi è il frutto di quello che è stato e che l’Attuale è il risultato degli errori di quei padri.Se quelle generazioni inciampavano nella Storia, noi tristemente ne siamo le vittime. Protestiamo a Torino con-tro il G8 delle Università, con molta rabbia, ma sembrerebbe con poche aspettative.

Siamo ancora in tempo invece, per credere, come al-lora, di riuscire a cambiare le cose. Spero.E mi auguro di poter dire: a b b i a m o tutta la vita d a v a n t i .

DILETTA DALZOVO

La GENERaZIONE 1000 € GuaRda NOstaLGIca La MEGLIO GIOVENtu’ spERaNdO dI aVERE

Questo titolo può parere solo un’ incastro divertente di titoli di film, ma in realtà mescolandoli ne risulta una sintesi paradigmatica dell’attuale “Epoca delle passioni tristi”,come l’hanno ben definita ( ispirandosi a Spinoza ) M.Benasayag e G.Schmit, nel loro libro sui disagi dei giovani rispetto a un futuro che si prospetta unicamente come minaccia e non più come promessa.Ed è proprio così, la nostra generazione è bloccata in un costante stato di stagnazione, incertezza e insicurezza cronica dovuta a un presente che doveva essere quel futuro migliore che i nostri genitori si erano promes-si di costruire per noi figli.“Questa è la prima generazione dove qualcuno torna in Molise”, afferma con drammatica ironia il protagonista di Generazione 1000 euro.Ma la verità è che la regressione a figli mammoni non è sempre una volontà, piuttosto è una necessità: 7 giovani su 10 vivono o tornano a vivere in casa perché con lo stipendio da precari è impossibile arrivare a fine mese, costruirsi una vita propria e soprattutto mettere su famiglia!!!E poi ci danno dei bamboccioni.Mi rendo conto che guardando il film La meglio gioventù, che è un ot-

tutta La VIta daVaNtI

internoQUAttRO MUMBLE:

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FRANGEttA

IL JOKEY

Una nuova f igura del panorama art ist ico.Davanti al l 'aff inamento globale per una fruizione universale del l 'universo del l 'arte: la f igura del jokey, esistente come mezzo di proposizionamento del fenomeno art ist ico.Acquisisce realtà di fatto quando partecipa di un am-bito.I l jokey non è un art ista, né un cri t ico; meramente pone al l 'attenzione prodott i del l 'arte.Nella musica e nel video questi ha valenza indiscussa come programma-tore d'eventi , che la “scaletta” musicale di una radio o i l pal insesto di una rassegna abbiano senso, lo si deve al jokey, i l quale per niente ha col laborato nel la produzione, ma ricopre ruolo qual i tat ivo, evocativo, per questo subl ime, nel l 'ambiguità di una posizione che a tratt i sembra marginale, tecnica, a tratt i demiurgico per la catal izza

MANUELE PALAZZI

Dave EggersL'opera struggente di un formidabile genio

Siamo in troppi, sono in troppi. Trop-pi, troppo simili. Che ci fanno tutti qui? Questo starsene in piedi, seduti, parlare. Non c’è neppure un tavolo da biliardo, delle freccette, niente. Semplicemente un gran cazzeggiare, perdere tempo, bere birra da boccali di vetro spesso. Ho messo a repentaglio la mia vita per questo? Urge che accada qualcosa. Qualcosa di grosso. La conquista di qualcosa, che ne so, di un edificio, una città, un paese. Dovremmo tutti armarci e con-quistare dei piccoli stati. Oppure dovremmo organizzare dei tafferugli. Oppure delle orge. Ecco, ci dovrebbe essere un’orgia. Tutta questa gente. Dovremmo chiudere le porte, ab-bassare le luci e spogliarci tutti insieme. Potremmo cominciare noi, e poi via alla grande. Allora si che ne varrebbe la pena, allora si che tutto troverebbe una sua giustificazione. Potremmo spostare i tavoli, portare dei divani, dei materassi, dei cuscini, degli asciugamani, degli animali di peluche...Ma tutto questo…Tutto

questo, che c’è qui e ora, è osceno. Come possiamo starcene qui a parlare di nulla, invece di correre come un’unica fiumana di gente verso qualcosa, qualcosa di enorme e ribaltarlo? Perché ci diamo la briga di venire fin qui in così gran numero, se poi non appicchiamo almeno un incendio e non facciamo a pezzi tutto quanto? Come osiamo starcene qui senza chiudere le porte, sostituire le lampa-dine a luce bianche con altre rosse, e dare inizio a un’orgia di massa in un gioioso mescolarsi di braccia, gambe e seni? Che spreco. Di cosa potremmo mai parlare? […] .Un giornale. E' già qualcosa.Si chiamerà Might, ho avuto un' epifania.PErChè SIAMO GIOVANI E POSSIA-MO. ANChE SE trOPPO SPESSO PO-trEMMO E BAStA.

“Non è che una cosa va bene solo perché fa soldi! Altrimenti legalizziamo pure la camorra…”. La Littizzetto a Che tempo fa recita una battuta STRAintelligente. Ma perché gli spin doctors della sx devono essere dei comici? Niente contro di essi, percaritàdiddio. È solo che l’effetto-risata già sazia l’ascoltatore. Mentre per fare bisogna aver fame.

DONATO GAGLIARDI

internoCiNQUE

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zione di spir i to.Eppure i l suo operato è più l ibero e magistrale quando lavora in maniera uff iciosa, quando non è riconosciuto e pagato da un ente, i l quale ha a che fare con un'economia f i t t issima di dir i t t i che si viene a sovrap-porre nella sua organizzazione, nel r i tmo del la scaletta per le possibi l i tà di st i le e valenza a disposizione.Egli rappresenta le sinapsi che maturano nel f luire di certe dinamiche concettual i , egl i lavora contro i l caduco del la realtà, egl i col labora al crearsi, espandersi o al la censura di frequenze di idee e emozioni nel la temporal i tà degl i eventi .

GIORGIO POALESSIO MORI

Continua sul web:

Se l’immigrazione clandestina è un fenomeno vecchio come il mondo, anche la storia degli accordi bilaterali tra Italia e paesi “confinanti” è ab-bastanza datata.Risale infatti al 2003 il primo ac-cordo bilaterale tra Italia e Libia sulla cooperazione per contrastare l’immigrazione clandestina: secondo le normative internazionali, affinché si possa considerare valido, esso deve essere ratificato dal Parlamento. Ciò non è stato fatto.

Dedico questo articolo ad un pic-cione, uno di quelli che spes-so vedo essere presi a calci sui mar-

ciapiedi della stazione mentre aspetto il treno.Spesso mi ha incuriosito il rapporto fra uomo e questo, a quanto pare, insopportabile pennuto che in poco tempo è divenuto uno degli animali più odiati che popolano le nostre città. Per questo ho provato a doman-dare alle persone più svariate cosa ne pensassero di questo problema. Insomma ne è venuto fuori un quadro dal quale, ahimè, mi discosto fortemente dalla media. Solamente uno dei miei interlocutori infatti non ha espresso sentimenti di odio nei confronti di quello che dai più è definito il topo con le ali.Principale causa di odio nei confronti del suddetto volatile consiste nella sua fantomatica capacità di trasmet-tere malattie, capacità strettamente correlata con la sua sporcizia. In secondo luogo una critica, forse più concreta, viene mossa in risposta alle continue deiezioni che alcuni si ritro-vano sulle automobili o sul marcia-piede di casa. Ma i più inferociti sono quelli che sostengono che i piccioni,

muniti della loro stupidità di pen-nuti, volino continuamente ad-dosso a loro,

come se inspiegabilmente fossero ricoperti dal feromone sessuale della picciona.Eppure, a parte qualche “cacca” sparsa qua e la sulla mia auto, a me tanto fastidio non danno, visto che non mi hanno mai attaccato malattie ne tantomeno hanno causato frontali con il mio volto.È strano come il rapporto fra uomo e quest’animale sia cambiato così rapidamente. Appena un secolo fa era largamente allevato in città nelle torri piccionaie per la sua prelibata carne (a questo dobbiamo la sua straordinaria capacità di integrarsi con l’ambiente cittadino), mentre oggi si studiano i più bizzarri metodi per sbarazzarcene.Figurarsi, immagino appena il senso di ribrezzo che susciterà l’idea di mettersi a tavola la domenica e gustarsi un ottimo arrosto di piccione con patate fatto da mamma.IO,

TOPO CON LE ALIIMMIGRAZIONE CLANDESTINA

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L i NGUACCEB o l o g n a l a m p i o n igiallicaldoragazzesulviale.risa.GIAcOMO VINcENZI

Davvero uso spesso il “noi”: lo faccio per una fissa filosofica mia, e non so se me ne libererò. Abbiamo un problema noi giovani, ed è quello di comunicare. Io ce l’ho di sicuro. E già tutto questo mi suona trito e ritrito e mi sta sul cazzo scrivere banalità e ricevere critiche perché siamo alle solite e io sono prevedibile. Andrò avanti per chi si fida. Tommaso mi dice che dobbiamo trovare un linguaggio che funzioni. Il casino è farlo senza andare a sovrappopo-lare le decine di linguaggi che già usiamo con questo e con quello. Si dice che noi giovani non abbiamo più valori: è vero, perché già da molto tempo qualcuno ha detto che non ci sono valori. No dio, no aldilà, no Bene o Male. O, come dice Sara, no wave. Comunque sia, questa robaccia nichilista sulla gente che non crede più a niente ci sta tutta. Perché sono convinto che parliamo tante parole sprecate, parole ben conge-niate e divertentissime ma incapaci di comunicare perché oramai sono parole, parole, parole che una volta proferite stanno per i fatti loro a ghignarsela. Ora però non voglio dare colpe: voglio scrivere cosa serve per

comunicare. Serve una comunanza, ovvero il sentimento di appartenenza alla medesima realtà presente. Non tanto una “realtà vera” contro quella “falsa” delle immagini acide delle pastiglie mangiate in bonifica. La realtà è quello che si condivide con gli altri, con il maggior numero di persone, cose, maiali. E siccome appunto in ogni comunicazione c’è (già) una comunione, la realtà stessa è ciò di cui parlare. Perché pensare tanto a sentire la realtà? Perché pensare tanto a cosa farne di questa realtà? Perché mi sono stufato di vedere la gente che si autoesclude dalla propria vita. Mi sono stufato di aver sempre talmente tante possi-bilità di fare le cose che alla fine di cose importanti non ne faccio mai. Le nostre idee, cazzo quanto sono pic-cole le idee di noi giovani. Ci incaz-ziamo e sputiamo sangue indignati se ci tolgono la Street parade ma ci voltiamo dall’altra parte mentre un’intera classe politica caga sul nostro presente. E come faccio a dirlo senza dividerci? Siamo deboli, e la nostra debolezza mi fa paura. Voglio che sentiamo lo stesso presente fatto di ognuno di noi, e lasciar parlare questo sentimento. Scrivo, e se non riesco a parlare con te non sarò mai forte.

ALESSIO MORI

internoSEttE

RIQUADRO ELETTORALE

Sono schierato, a volte nostal-gico, e perciò sono spaven-tato.Ogni elezione che si sussegue, e ormai accade spessissimo, il mio timore cresce; vedo la mia Emilia, fieramente rossa da sempre, “sotto assedio” in maniera sempre più minac-ciosa.Le tradizioni si stanno affievolendo; i nonni, purtroppo, sono sempre meno; i giovani, mio malgra-do, sono sempre più lontani dalla buona politica vecchio stampo (non solo per loro colpa, beninteso, anzi).Risultato: il blocco rosso si stinge, e io piango.Non solo per un’ideologia che, soprattutto nel pas-sato, si è rivelata vincente ed edificante, dal punto di vista sociale ed economico, ma anche per il clima di solidarietà e vicinanza che ha sempre contrad-distinto le nostre zone.I tempi cambiano e, forse, non si poteva pretendere che ciò durasse all’infinito, ma almeno vorrei vivere ancora per un po’ (un bel po’ sarebbe il massimo) nella MIA Emilia.

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MrM

dal cantautorato ma che di esso ama tutto, che modella leggere distorioni le quali spesso cedono il passo ad un umido riverbero o ad una arpeggio acustico che riesce ad essere ancora più tagliente ed incisivo di tanto rumore. Un progetto praticamente senza difetti arrangiato in maniera impeccabile, un esordio che non sa di esordio, grazie ad un background solido anche se ai più sconosciuto di tutti i quattro musicisti di questa formazione.Faccio molta fatica a trovare termini di paragone per questi Callers ma a livello di sensazione la voce di Sara può essere accostata al black soul di Nina Simone e qui mi fermo per evitare magre figure...I Callers sono un pianto liberatorio, sono il rancore che ci teniamo den-tro, sono un sorriso sincero. I Callers sono da ascoltare.

MEMBERS Ryan Seaton Sara Lucas with Don Godwin Gus Martin

Western Vinyl (USA) fromSCRATCH(Italy) Ho avuto la fortuna di vedere un concerto dei Callers, a dire il vero ho avuto la fortuna di vedere un gran bel festival che si chiama Musica nelle Valli...ma questa è un'altra storia.I Callers sono una band di due + due elementi, esattamente, due si chiamano Ryan Seaton e Sara Lucas e gli altri due sono Don Godwin e Gus Martin, vengono da Brooklin, met-tiamola così: i primi dirigono, sono l'anima e la mente della formazione, mentre i restanti chiudono un cer-chio di armonie praticamente perfet-to. Potrebbe suonare un pò strano ma la realtà è proprio questa, i Callers esordiscono con un disco chiamato "Fortune" (western vinyl) 35 minuti in cui è doveroso abbandonarsi alla suadente voce di Sara e farsi abbrac-ciare dalle infinite armonie della chitarra di Ryan.Una sorta di indie Jazz, un esperi-mento che sembra volersi discostare

GIOVANNI cA' BIANcA

internoOttO MUMBLE:

MAL COMUNE MEZZO GAUDIO

Quanto può essere ingiusta e corrotta la nostra patria per spingere sì tanta gente a venirne ad abitarci da un estero seppur più disastrato? Dubito che gli stracolmi barconi di genti che arrivano rischiando il rimpatrio e la vita stessa, siano colme di turisti venuti a visitare i preziosi reperti, macerie, detriti che la vecchia Italia si stima a sfoggiare. Dubito che ven-gano ad istruirsi alle nostre vecchie e costose scuole che non offrono gran opportunità d'impiego. Una repubblica fondata sul conflitto di poteri, in apparenza, per non destare sospetti di miglioramento immediato. Eppure è un sistema che funziona benissimo e che fa comodo a noi quanto all'Europa.La politica è uno specchio per le al-lodole, per chi ha bisogno di discutere per sentirsi attivo, o per chi vuol guadagnare qualcosa in questa commedia. Ogni comunicazione è politica. Informazione e controin-formazione non fanno più della par condicio nel gioco degli specchi come oppiaceo sociale.A livello amministrativo si chiama economia.Chiesa e confederazione Massonica sono i poteri preponderanti, poteri che possono controllare provviden-zialmente lo stato delle cose. Hanno un esecutivo, che può considerarsi

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MARINA FRANZA

si mette in posa per un dagherrotipo, salvo svelarsi che poi tutti i membri della famiglia sono la stessa persona, hanno goduto del più ampio spazio espositivo le Riminiscenze di Claude Nori che per tre anni, agli inizi degli anni ’80, ha filmato in super 8 le spiagge di Rimini e le adolescenti che si sono divertite a posare e a sedurre il fotografo sullo sfondo dei suc-cessi dell’estate passati al Juke-box. Proprio Nori tra tutti sembra quello più in linea col tema del festival, che quest’anno si ispirava all’eternità: le riprese sgranate, i colori caldi, il suono del vinile consumato e il mon-taggio in loop emozionano e ispirano nostalgia anche a chi quegli anni non li ha vissuti: pura poesia.

Avete notato anche voi delle bizzarre e appariscenti cornicette fuxia messe un po’ di qua e un po’ di la in quel di Reggio Emilia e dintorni? Sulle strisce pedonali, sui portoni, sui mar-ciapiedi, sui muretti, sul bancone del bar, sui vetri delle case. Cornici af-fisse negli spazi pubblicitari e appese ai portici, penzolanti sulle teste dei passanti, che sembrano ignorare il significato di questa curiosa trovata: in fondo il rosa acceso si intona bene e ravviva il grigiore della poco ridente cittadina emiliana, il resto poco importa. Apprezzamenti a parte per il riuscitis-simo intento decorativo, la verità è che queste prepotenti finestrelle rosa sono quel che rimane del primo (e forse l’unico?) festival dell’anno: Fotografia Europea 09, l’evento che ha svegliato la città dal torpore (ebbene sì) dal 30 aprile al 3 Mag-gio. Potevo secondo voi perdermi l’irripetibile occasione di assistere al risveglio artistico (anche se per soli quattro giorni) di Reggio Emilia? Anche no. Ebbene, sarà che io sono un tantino scettica sulle iniziative reggiane, ma la ricchezza e la qualità del programma mi ha piacevolmente stupita (davvero!). In particolare le proiezioni all’Interno del teatro Ariosto: oltre ai già af-fermati ConiglioViola con Romantici, un’operazione di body-art digitale dove una famiglia di fine Ottocento

WALK ON THE SLIDE SHOW SIDE: FOTOGRAFIA EUROPEA 09

mafioso (giacché la mafia, con le sue conflittualità interne non è da pen-sare come vera e propria organizzazione, bensì come entità aggettivanti).Dunque per avere potere in questo sistema (o essere il rappresentante del potere) bisogna avere questo poker d' assi (da un buon croupier): Chiesa-Massoneria, mafiosità, econo-mia, politica. Ma in questo poker si vince finché si bluffa, dacché quando il gioco è finito, ricomincerà l'asino fino a un nuovo bluff. Ma questi non sono problemi, questo è un gioco.Quante puttane servono ad un pappone per arrivare a fine mese? Quanti i lavora-tori in nero o spacciatori per il piccolo trafficante locale a soddisfare le gerarchie superiori?Questi sono i veri problemi.Sempre più gente senza identità, senza un passato, o senza preroga-tive di futuro, che entrano attiva-mente (o passivamente, seppur non intendendo differenza scientifica alcuna) nei ranghi più bassi ed in-fimi di questo sistema come fante anonimo, forse tutti fedeli all' inaspet-tabile lieto fine delle favole tutte.Per quanto possa esser obiettiva la mia veduta: l'unico metodo per ac-corciare il tempo in drastici cam-biamenti (come ci hanno insegnato in storia), è la rivoluzione corale, causata da pneuma incontenibile.

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OROSCOPO ZEN

Topo Un presente per passare ad anteriorità.

Bue I sogni sono per sognare.

Tigre. Da un sostantivo ad un aggettivo.

Lepre.Lungimiranza per dinamiche sottovalutabili.

Drago. Un bel ente di niente.

Serpente. Confondere l'ira colla furia.

Cavallo. Purtroppo non siam fatti solo di carne.

Pecora. La via giusta, quella del cammino.

Scimmia. Più numeri pari o numeri dispari?

Gallo. Fanno rima coll'eco.

Cane. Compromesso tra gli estremi.

Maiale. Il destino s'accontenta degli eventi.

DAL COLLEttIVO EGOGICOContinua sul web:

internodiECi MUMBLE:

T E L E A PAT I A

Mi piacerebbe avere il dono della telepatia e comunicare a Maggioranza che il 90% dell’ immigrazione clan-destina giunge in Italia attraverso i confini terrestri della Slovenia: i respingimenti sono una trovata me-diatica. Vorrei dirle che, nonostante sette anni di Bossi-Fini, nonostante il calo d’arresti per spaccio di droga negli ultimi anni, il numero di arresti di immigrati per tale reato continua a salire: segno che, forse, qualcosa non funziona in queste politiche. “Hey Maggy!” – attaccherei – “guarda che non penso che il pacchetto sicurezza (fatto approvare con voto di fiducia e sdoganatore pure della ributtante pratica delle ronde) sia del tutto un merdaio, frutto della disturbata mente di xenofobi figli di troia Ci sono delle cose buone, come le nuove norme antimafia. Sò pure che i respingimenti non infrangono alcuna legge internazionale e che fu un governo di sinistra il primo ad at-tuarli. Però tu, stupidina tiraculo, forse non sai che tale pratica non rispetta la Convenzione di Ginevra, alla quale la stessa Polizia di Stato fa riferimento, e che il governo prece-dente che la mise in atto garantiva la verifica di eventuali casi di legittima richiesta d’asilo politico da parte dei migranti. Informati, carina!”. A ciò che riguarda il paradossale inferno che gli immigrati regolari (apparte-nenti alla categoria economica dei contribuenti, come noi italiani duri e puri, e che, giusto per la cronaca, producono il 10% del PIL nazionale) devono attraversare per rinnovare il

proprio permesso di soggiorno, non accennerei nemmeno: non capirebbe. E, anche se riuscisse, non crederebbe a storie esemplificative di giovani ricercatori stranieri, assunti da università italiane, che non possono tornare a casa nemmeno per Natale, perchè altrimenti rischierebbero di non rientrare nel Belpaese. Una volta finito con lei, però, mi rivolgerei pure a Minoranza: “Minnie, anche tu non fare la finta tonta. L’immigrazione è un problema che deve essere gestito. Non ti limitare a piantare grane e a dire che chi se la prende con gli im-migrati è uno sporco nazista. Fà una proposta concreta, per dio. Parla di Frontex, la quale esegue respingimenti <<in regola>>, ma che ci elargisce pochi soldi; parla della sua cattiva gestione. Incazzati come una faina quando vengono a dirti che i bambini stranieri saranno assegnati a classi apposite, per <<aiutarli a colmare il gap>>. Urlalo a tutti che sono dei pelosi e luridi ipocriti. E non essere come loro, sii coerente con quello che dici! Non cambiare posto in treno se ti si siede accanto un cinese. Iniziare discorsi su Balotelli dicendo: <<Sì, i cori sono ingiusti, però lui è scorretto...>> è raccapricciante. I cori razzisti sono una vergogna. Punto. Sii promiscua con gli stranieri, fà bambini bicolor e bilingue, cazzo. Ah, mia cara, grazie a dio esistono gli adolescenti arrapati. Di Ber-lusconi se ne battono le palle e a suon di scopate ci faranno diventare multietnici”. Sì, tutto questo vorrei dire. Ma, anche con la telepatia, non mi ascolterebbero: in tivvù c’è il Grande Fratello.

DONAtO GAGLIArDI

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In vIaggIo a

Qui Praga.La capitale della Repubblica Ceca che si affaccia al nuovo millennio si è lasciata completamente alle spalle i quarant’anni di dittatura comunista. I pavè dei suoi vicoli splendono tra gli edifici del centro tutti in stile art nouveau. Solo un forzuto operaio fa capolino dalla vecchia stazione della polizia e ricorda il socialismo reale. Il centro è tutto lì: condensato e facile da godere, grazie agli efficienti mezzi pubblici. Si ha ancora negli oc-chi Piazza della Repubblica e la Torre delle Polveri che già Staromestskè namesti si apre davanti con il suo orologio astronomico e la chiesa di Tyn. Il liberty spinge fino al Charles Bridge dove le note dei suonatori cechi trasportano alla chiesa di Sant Nicolaus e più su al Castello di Praga con la maestosa cattedrale di S. Vito. E poi ancora il vecchio ghetto ebraico, con il suo cimitero dove le tombe si ammassano le une sulle altre fin dal 1400, la casa della bal-lerina attorcigliata su se stessa e il complesso di Klementinum con la sua imperdibile biblioteca barocca. Le ombre della città sono poche. E’ sconsigliabile lasciarsi ammaliare dai marinai di Krizovnickè namesti, così come dal monastero di Strahov e da piazza Venceslao, un viale trafficato che ha abbandonato ormai la lotta.

PIErPAOLO SALINO

Praga è anche birra. Nera. La Montmartre della Boemia è at-torno a via Kremencova e al Teatro Nazionale. In questo dedalo di calli si trovano molti dei pub più vecchi della città tra cui il famosissimo U Fleku, che è lì dal 1499. Sull’altra sponda il Klub Ujezd offre ben altro stile. La porta d’ingresso è semina-scosta, il locale piccolissimo su tre piani è moto frequentato, c’è ferro battuto dovunque e un’iguana corre sopra le teste degli avventori. Qui si possono assaporare i proFumi della terra locale. Cani di grossa taglia senza padrone permessi.Spostandosi verso il castello c’è un grazioso locale jazz, il Blue Light, vagamente underground, senza in-tonaco alle pareti e pieno di segnacci e graffiti, dove James Brown fa l’occhiolino a Churchill. Se la passeggiata conduce al castello si passa sicuramente per via Uzov. Il numero 6 è il momento giusto per una sosta. Qui Praha e estero con-

vivono bevendo bionda a 26 corone (due euro più o meno). Nel localino fumoso si trovano quadri e sculture dell’artista Vakub Krevci’. Non so se questa è una città magica. Ma può capitare di essere attirati in un piccolo localino da una ragazza biondissima che si scorge dal ve-tro, sedersi davanti a un tavolino e scoprire che il cassetto di questa scrivania ti consiglia come prendere il caffè. Qui Praha.

internoUNdiCi

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internodOdiCi MUMBLE:

"Il Poeta si fa veggente attraverso un lungo, immenso e ragionato srego-lamento di tutti i sensi. Egli arriva all'ignoto, e quando, impazzito, finisce col perdere l'intelligenza delle sue vi-sioni, lui le ha viste! Che crepi nel suo salto tra le cose inaudite e innominabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli oriz-

zonti dove l'altro si é accasciato!" (Arthur Rimbaud)Io ho un nemico. Questo nemico si chiama Pizzardone Astratto. Vi invito a cercarlo su Google, per farvi un'idea di lui. Personalmente, il mio primo pensiero fu: mente in ogni detto. Quello stor-pio canuto con l'occhio che furtivo

agogna di conoscer l'effetto della sua menzogna. É subdolo e gioca sporco. Tempo fa le converse (sì, le scarpe con la punta bianca) erano un'icona, simbolo di gioventù alternativa; oggi, ahimé, provengono da paesi in via di sviluppo (per citare il Pizzardone) dove la manodopera non ha costo. Le converse appartengono alla nike. E'

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internotREdiCi

cambiato il volto dietro il fabbricante di maschere, ma di questo i giovani alternativi non si accorgono, poiché é più importante saper scegliere la maschera giusta per essere immediatamente riconoscibile nella danza sociale. Ecco come il Pizzardone ci fotte. Ciò che é diverso, e in quanto tale pericoloso, viene assimilato,

digerito. Non solo inoffensivo, ma ad-dirittura utile. Cosa é più maledetto e dissacrante di Arthur Rimbaud? Lui che rappresenta la voglia di vivere spaccando catene e convenzioni, che ci mostra il come, con la sua vita e la sua poesia al di fuori del linguaggio. Proprio come un messia lui é agnello sacrificale (Cristo lo mangiamo la do-

menica, lui il sabato non é forse un rito il sabato sera?) e vive attraverso i decenni nei film di James Dean, nelle mosse di Elvis e altro ancora.Ma le nostre scuole sono culle di av-venture adolescenziali che i padri tol-lerano con pazienza, che svaniscono quando a capo chino entriamo nella catena di montaggio.

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MUMBLE: Mensile a gratisNumeroquattro VI|nove

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A fianco:Luca Domeneghetti,

La mort dans le soleil

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