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MRPC I rivelatori utilizzati nel progetto E.E.E. sono dei telescopi di MRPC (multigap resistive plate chamber). Un MRPC è essenzialmente una camera formata da due pannelli di alluminio posti parallelamente, riempita di un gas particolare che si ionizza al passaggio di particelle cariche. Le camere multigap a piani resistivi utilizzate in questo esperimento sono ottimizzate per rivelare muoni derivanti dallo scontro del fascio primario con l’atmosfera (EAS, estensive air showers). Un complesso di tre o più rilevatori, è chiamato telescopio proprio perché ci permette di “guardare” al cielo, ovvero di capire la direzione della particella incidente e quindi di dedurre la direzione del CR che la ha prodotta. Questi tipi di rivelatori, a differenza degli scintillatori ad esempio, ci dicono il punto esatto di incidenza della particella sulla superficie attiva di rivelazione. Quindi per ricostruire la traccia della particella, basterà trovare la retta individuata dai punti sulle camere dai quali proviene il segnale. Sappiamo che per due punti passa una e una sola retta, allora come mai si devono utilizzare minimo tre camere e di conseguenza tre punti per individuare la retta della direzione del muone? Le camere sono sottoposte ad una differenza di potenziale tale da poter innescare essa stessa delle ionizzazioni spontanee nel gas. Esse generano il così detto rumore di fondo, ovvero dei segnali dovuti all’apparato sperimentale. Per poter distinguere quindi un segnale “spontaneo” da uno provocato effettivamente da una particella carica, si utilizzano tre camere. Infatti mentre per ogni coppia di segnali (effettivo o no) in solo due camere si può tracciare una retta, per tre punti casuali non si può dire lo stesso. Infatti la probabilità che si generino tre segnali allineati spazialmente e in ordine temporale è minima. Tramite lo studio della correlazione temporale dei segnali nelle diverse camere, possiamo ricavare varie informazioni. Innanzi tutto la direzione della particella incidente: se abbiamo tre segnali in ordine dall’alto il muone proverrà da uno sciame prodotto dalla

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I rivelatori utilizzati nel progetto E.E.E. sono dei telescopi di MRPC (multigap resistive plate chamber). Un MRPC è essenzialmente una camera formata da due pannelli di alluminio posti parallelamente, riempita di un gas particolare che si ionizza al passaggio di particelle cariche. Le camere multigap a piani resistivi utilizzate in questo esperimento sono ottimizzate per rivelare muoni derivanti dallo scontro del fascio primario con l’atmosfera (EAS, estensive air showers). Un complesso di tre o più rilevatori, è chiamato telescopio proprio perché ci permette di “guardare” al cielo, ovvero di capire la direzione della particella incidente e quindi di dedurre la direzione del CR che la ha prodotta. Questi tipi di rivelatori, a differenza degli scintillatori ad esempio, ci dicono il punto esatto di incidenza della particella sulla superficie attiva di rivelazione. Quindi per ricostruire la traccia della particella, basterà trovare la retta individuata dai punti sulle camere dai quali proviene il segnale. Sappiamo che per due punti passa una e una sola retta, allora come mai si devono utilizzare minimo tre camere e di conseguenza tre punti per individuare la retta della direzione del muone? Le camere sono sottoposte ad una differenza di potenziale tale da poter innescare essa stessa delle ionizzazioni spontanee nel gas. Esse generano il così detto rumore di fondo, ovvero dei segnali dovuti all’apparato sperimentale. Per poter distinguere quindi un segnale “spontaneo” da uno provocato effettivamente da una particella carica, si utilizzano tre

camere. Infatti mentre per ogni coppia di segnali (effettivo o no) in solo due camere si può tracciare una retta, per tre punti casuali non si può dire lo stesso. Infatti la probabilità che si generino tre segnali allineati spazialmente e in ordine temporale è minima. Tramite lo studio della correlazione temporale dei segnali nelle diverse camere, possiamo ricavare varie informazioni. Innanzi tutto la direzione della particella incidente: se abbiamo tre segnali in ordine dall’alto il muone

proverrà da uno sciame prodotto dalla collisione di un raggio primario con l’atmosfera. Se invece i segnali indicheranno che la particella proviene dal basso, si avrà effettivamente un muone proveniente dal basso. I muoni provenienti dal basso sono di gran lunga più rari di quelli originati nell’atmosfera. Essi sono prodotti dall’interazione debole di un neutrino con la materia. Un’altra informazione importantissima è il tempo di volo (TOF, time of flight). Esso, com’è intuibile dal nome stesso, è il tempo che intercorre durante il passaggio della particella da una camera alla successiva. Grazie al tempo e alla direzione possiamo ricavare la velocità della particella che ci fornisce informazione sull’energia del muone e di conseguenza su quella del raggio primario.

Dopo aver analizzato il funzionamento generale del telescopio andiamo ad analizzare il funzionamento di una singola camera.

I rivelatori a gas sfruttano, in generale, la ionizzazione di una molecola del gas da parte di una particella carica esterna che si vuole rivelare. Una volta ionizzata la molecola, essa tenderebbe a tornare al suo stato iniziale per le forze elettrostatiche che intercorrono tra gli ioni di carica opposta appena formati. Tuttavia è possibile, applicando una differenza di potenziale sufficientemente elevata, separare i due ioni. Una volta separati si potrà misurare la variazione di

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corrente che provocano su apposite strisce di rame (strips) o su unità separate di rame poste sempre in corrispondenza dei due piani (pad).

I rivelatori a gas possono lavorare a diversi regimi in base alla tensione e alla quantità di segnale che raccolgono. Se si analizza il comportamento di un gas al variare della tensione possiamo distinguere diverse zone di lavoro. Quando la ddp è sufficiente per separare tutti gli ioni prodotti da particelle ionizzanti, si parla di camere a ionizzazione. Esse sono in grado di rivelare le singole coppie ione-elettrone prodotte direttamente dalla particella. Se una volta raggiunto questi regime si prova ad aumentare ancora la tensione per un certo aumento di differenza di potenziale, non otteniamo nessun aumento dei conteggi. Questo è il primo plateaux, parola che in francese indica un altopiano. Infatti in un grafico conteggi-tensione, utilizzato per studiare il comportamento del gas, troveremmo una zona piatta in questo intervallo di tensione. Il segnale prodotto dalle camere a ionizzazione però è molto basso e difficilmente maneggiabile. Se si prova ad aumentare ancora la tensione si può osservare un aumento dei conteggi. Gli elettroni liberi provocati dalla ionizzazione della molecola da parte della particella incidente sono accelerati dal campo elettrico a velocità tali da ionizzare altre molecole del gas, che a loro volta saranno in grado di ionizzarne altre. Si assiste così ad una ionizzazione a valanga.

Gli ioni assumono la caratteristica forma di goccia, determinata dalla diversa mobilità delle particelle. Gli elettroni sono raggruppati tutti vicino alla testa della goccia, e si spostano in direzione dell’anodo mentre gli ioni positivi sono più lenti e formano una struttura appuntita. Dal momento che gli elettroni sono più veloci degli ioni, si preferisce utilizzare il segnale che proviene dall’anodo. Anche se aumenta il conteggio ottenuto, sappiamo però che esso è direttamente proporzionale alle coppie di ioni originari, quindi il segnale che noi raccogliamo è un’amplificazione proporzionale alla ionizzazione primaria. La proporzionalità varia al variare della tensione. Questi rivelatori sono detti camere proporzionali. Se si aumenta ancora la tensione si ottiene un segnale saturo, dovuto alla ionizzazione delle molecole del gas da parte di fotoni generati dalla diseccitazione delle molecole. Per poter aumentare ulteriormente la tensione tra gli elettrodi ed avere così un rivelatore più efficiente senza incorrere in questo problema, si introduce un gas con la funzione di assorbire i fotoni. Alcune di queste miscele sono chiamate “magic gas” poiché rispondono ad alcuni criteri specifici, come per esempio tempi di diseccitazione brevissimi, e capacità ottimali di lavoro in queste condizioni. Il gas utilizzato nel rivelatore del progetto E.E.E. è

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una miscela di freon ecologico ed esafloruro di zolfo. L’esafloruro è in percentuale del 2% circa ed è usato come “quencher” ovvero per assorbire i fotoni prodotti dalla diseccitazione del freon.

I tipi più semplici di rivelatori a gas sono le camere a piani paralleli (PPL). Esse sono formate da due elettrodi piani paralleli, tra i quali è fatto fluire il gas. L’intercapedine tra i due piani si chiama gap. Le strips o i pads sono attaccati dietro i piani, e captano le correnti indotte provocate dagli ioni. Anche se le PPC hanno una risposta veloce, non hanno una buona risoluzione temporale e generano segnali bassi, che necessitano di un’ottima elettronica di lettura per essere gestiti. Per ottenere una migliore risoluzione temporale e spaziale, sono stati sviluppati gli RPC, ovvero le camere a piani resistivi. Quando nel gas, che fluisce a

pressione atmosferica, si crea una valanga, la carica si depositerà su un’area ristretta degli elettrodi poiché sono molto resistivi, ottenendo così una maggiore precisione spaziale. La buonissima risoluzione temporale ( 1 ns per i primi test) è dovuta alle dimensioni del gap, 1.5 mm. Un problema rilevante però per gli RPC è la formazione di scariche nel volume di gas provocato dalle alte tensioni e dalla breve distanza tra gli elettrodi. Per ovviare alla formazione di queste scariche si è pensato di allontanare i due piani, ottenendo le wide gap RPC, con i piani distanti anche 7 o 8 mm. Anche se in questo modo si ha un notevole peggioramento della risoluzione temporale, il rilevatore presenta una capacità di accettare flussi maggiori di particelle, è meno sensibile a deformazioni rispetto alle RPC ed ha una maggiore efficienza di rivelazione. Infine una maggiore distanza si traduce di solito in tensioni minori a parità di guadagno. Per poter avere tutti i vantaggi delle wide gap RPC ma una risoluzione temporale maggiore, si è pensato di suddividere il gap in tanti sottogap, creando così le MRPC ovvero le mutigap resistive plate chamber o camere a piani resistivi a gap multiplo. Ciò permette di avere una buonissima risoluzione temporale ed un segnale che è la somma di tutti quelli ottenuti nei vari gaps.

Gli MRPC presentano 6 gaps di spessore di 350 μm (1 μm = 10 -6 m) intervallati da lastre di vetro spesse 2 mm (soda-lime usato per lo più per le finestre, facilmente reperibile). Le lastre di vetro sono tenute a quella distanza utilizzando del filo da pesca posto a trama e teso tra le viti laterali. Le strips di rame sono applicate ad un pannello di vetronite spesso 1.5 mm. Gli elettrodi sono posti alle estremità delle lastre di vetro. Il tutto è supportato da compensato oppure da materiali compositi a nido d’ape. La camera è chiusa poi da lastre di alluminio 2 x 1 m, perché facilmente reperibili. Le strips sono poste secondo la dimensione maggiore tutte parallele. A seconda della strip che riceve il segnale si può individuare una coordinata spaziale, la cui precisione è data essenzialmente dalla larghezza delle strip. Quelle usate nell’esperimento sono larghe 25 mm. La seconda coordinata spaziale si trova dalla differenza temporale con cui arriva il segnale alle estremità di una strip. Per questo sono presenti due schede di lettura alle estremità delle camere saldate alle strips tramite cavi twisted-pairs, ovvero un cavo doppio che invia un segnale

Freon ecologico

Esafloruro di zolfo

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differenziale. In poche parole il segnale analogico proveniente dalle strips viene sdoppiato e trasmesso in un cavo negato rispetto all’altro. Questa tecnica consente di eliminare tutte le interferenze sui segnali dal momento che tornando a sommare i due segnali le interferenze si annulleranno. Per prevenire problemi legati alla sicurezza, invece di maneggiare alte tensioni si utilizzeranno dei dispositivi, chiamati DC-DC converter in grado di regolare proporzionalmente alte tensioni in risposta a variazioni in circuiti che lavorano a tensioni inferiori, maneggiabili dagli operatori.

I motivi per cui come rivelatori si sono scelti gli MRPC sono molteplici. Innanzitutto dal momento che uno degli scopi principali è individuare la direzione del fascio primario, la precisione spaziale è determinante per poter costruire la traiettoria delle particelle e si ha bisogno di un’ampia superficie di rivelazione. Inoltre è richiesta un’ottima risoluzione temporale, così da poter mettere in correlazione eventi distanti fra di loro. Per fare ciò è necessario che ogni rivelatore sia collegato ad un gps. Un altro motivo che ha influito sulla scelta dell’ uso degli MRPC è stato l’aspetto economico. Infatti rispetto ad altri tipi di rivelatori sono economici, in quanto costruibili a partire da materiali di facile reperibilità. Le camere a piani resistiti a multigap sono durature e non necessitano di una manutenzione troppo specialistica da condurre, infatti essi devono essere monitorati dagli studenti stessi.