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MOVIMENTAZIONE
MANUALE DEI CARICHI
CORSO B RSPP – DATORI DI LAVORO
LUCCA 25 GIUGNO 2013
P. Ind. Michele Luongo - C.P.T. LUCCA
MOVIMENTAZIONE
MANUALE DEI CARICHI
Con la seguente lezione, poniamo attenzione
alle affezioni, malattie, infermità croniche a
carico della colonna vertebrale e degli arti in
particolare i superiori, nei quali il lavoro svolto
assume un ruolo concausale.
P. Ind. Michele Luongo - C.P.T. LUCCA
TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
• Articolo 167 - Campo di applicazione
• 1. Le norme del presente Titolo si applicano
alle attività lavorative di movimentazione
manuale dei carichi che comportano per i
lavoratori rischi di patologie da sovraccarico
biomeccanico, in particolare dorso-lombari.
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TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
• COSA SI INTENDE PER MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI?
Articolo 167 - Campo di applicazionea) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di
sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che, per le
loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da
sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari;
b) patologie da sovraccarico biomeccanico: patologie delle strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari.
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RISCHI E PATOLOGIE MUSCOLO - SCHELETRICHE
• Ossa
• Muscoli
• Tendini
• Nervi
• Vasi … a livello dorso - lombare
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RISCHI E PATOLOGIE MUSCOLO - SCHELETRICHE
CIFOSI DELLA COLONNA VERTEBRALE: è una curvatura della colonna vertebrale con concavità anteriore. L'accentuazione della cifosi dorsale è denominata ipercifosi o dorso curvo o gobba.
TENDINITI della SPALLA, del GOMITO, della MANO, SINDROME del TUNNEL CARPALE
Queste ultime patologie possono verificarsi anche per “movimenti ripetuti del braccio” e per uso di “strumenti vibranti”
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DEFINIZIONI BASE
FUNZIONE DELLA COLONNA VERTEBRALE
• La funzione fondamentale della colonna vertebrale è di sostenere, come un vero pilastro, l'organismo.
• La possibilità di stazionare in posizione eretta, di orientare la testa nello spazio, di piegare il corpo in avanti, di estenderlo all'indietro, di fletterlo lateralmente di ruotarlo ecc.
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DEFINIZIONI BASE
FUNZIONE DELLA COLONNA VERTEBRALE
• La seconda funzione del rachide è quella di proteggere il midollo spinale che passa nel canale vertebrale.
Il midollo spinale è la porzione più importante del sistema
nervoso centrale, collega tramite i nervi spinali il sistema nervoso
centrale con il sistema nervoso periferico. Il midollo spinale è un
fitto fascio di neuroni
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DEFINIZIONI BASE
FUNZIONE DELLA COLONNA VERTEBRALE
• Dal punto di vista scheletrico la colonna è costituita da un insieme di segmenti ossei sovrapposti, le vertebre di forma fondamentalmente analoga tra loro e con caratteristiche particolari, differenti, a seconda del tratto a cui appartengono..
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DEFINIZIONI BASE
FUNZIONE DELLA COLONNA VERTEBRALE
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• Per queste differenze che nella colonna vertebrale distinguiamo:
• TRATTO CERVICALE
• TRATTO DORSALE
• TRATTO LOMBARE
• TRATTO SACROCOGGIGENO
I più sollecitati e mobili, sono il tratto cervicale e quello lombare.
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DEFINIZIONI BASE
FUNZIONE DELLE VERTEBRE
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• Le vertebre sono ossa
corte che costituiscono
la colonna vertebrale.
DEFINIZIONI BASE
FUNZIONE DELLE VERTEBRE
• I dischi sono formazioni fibro-cartilaginee , composto al centro dal nucleo polposo, ad altissimo contenuto d'acqua e perciò incompressibile. Hanno un'evidente e fondamentale funzione di ammortizzatori e di distributori " delle sollecitazioni che interessano le vertebre in tutti i sensi e che vengono ripartite uniformemente sulla loro superficie.
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DEFINIZIONI BASE
FUNZIONALITA’ DEI DISCHI INTERVERTEBRALI
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DEFINIZIONI BASE
FUNZIONALITA’ DEI DISCHI INTERVERTEBRALI
Aumento pressione
Fuoriuscita sostanze nutritive
Diminuzione pressione
Ingresso sostanze nutritive
RISCHI E PATOLOGIE MUSCOLO - SCHELETRICHE
Prevalentemente mal di schiena per contratture muscolari o per patologie della colonna vertebrale:
Artrosi : formazione di osteofiti
Discopatie : degenerazione del disco intervertebrale
Ernia del disco : rottura del disco intervertebrale, con
fuoriuscita del nucleo polposo nel canale midollare e
possibilità di compressione delle radici nervose.
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PATOLOGIE COLONNA VERTEBRALE
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PATOLOGIE COLONNA VERTEBRALE
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RISCHI E PATOLOGIE MUSCOLO - SCHELETRICHE
� I problemi di salute sul lavoro più frequentementesegnalati sono:� mal di schiena (30%)� stress (28%)� dolori arto-muscolari agli arti (17%)
� Il 33% della forza lavoro è impegnata in attivitàcon movimentazione manuale di carichi peralmeno il 25% del tempo di lavoro (l’11% inmodo permanente)
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RISCHI E PATOLOGIE MUSCOLO - SCHELETRICHE
� Il 57% della forza lavoro svolge compiti conmovimenti ripetitivi degli arti superiori per almenoil 25% del tempo di lavoro (il 33% in modopermanente)
�Nei gruppi esposti a queste condizioni, il mal dischiena è accusato dal 43% dei lavoratori e idolori agli arti superiori dal 23% dei lavoratori
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RISCHI E PATOLOGIE MUSCOLO - SCHELETRICHE
�Movimentazioni manuali di carichi, esposizione a
vibrazioni trasmesse a tutto il corpo, posture (erette o
assise) fisse e prolungate, movimenti ripetitivi con e
senza uso di forza e/o attrezzi, sono i principali
determinanti di rischio lavorativo per l'apparato
locomotore.
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2005 2006 2007 2008 2009Ipoacusia da rumore 76 91 76 68 42
Malattie osteoarticolari e tendinee
79 109 144 252 293
Broncopneumopatie e mal. vie aeree sup.
38 22 28 10 11
Neoplasie 7 8 10 6 8Mal. Cutanee 4 4 2 3 4S. di Reynaud 8 14 15 19 17Intossicazioni professionali
- 1 - 5 -
Patologia oculare - - - 1 -Sindromi da disadattamento lavorativo
- - - - 2
Varici arti inferiori - - - - 2
TOTALE 212 249 276 364 379
LE MALATTIE PROFESSIONALI SEGNALATEALLA A.USL 2 DI LUCCA
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FATTORI DI RISCHIO
FisiciUso della forza per sollevare, trasportare,tirare/spingere; movimenti ripetitivi es. verniciare; posture scorrette e statiche ad es. con le mani sollevate al di sopra dellespalle o posizione seduta o eretta mantenuta a lungo; la pressione esercitata localmente dagliattrezzi di lavoro; le vibrazioni localizzate a tutto il corpo come nella guida dei “muletti” o alle braccia e mani comenell’uso del martello pneumaticco; il freddo dell’ambiente dilavoro che ostacola la presa o il caldo che aumenta la fatica, cattivailluminazione; lavori di estrema precisione; necessità dimovimenti bruschi o a strappo o veloci, contraccolpi tipomartellare o picconare su superfici dure o usare la mano comeun attrezzo,ecc
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Caratteristiche dell’uomo che influiscono di cui tenere conto e
non modificabili sono:
· sesso,
· età,
· caratteristiche antropometriche,
· costituzione,
· aspetto fisico e funzione dell’organismo (fisiologia)
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Fisiologia
La fisiologia umana comprende la muscolatura, lo scheletro, l’apparato locomotore, il consumo energetico, il bioritmo.
Fattori come rendimento, affaticamento e logorio dipendono essenzialmente dal modo in cui i mezzi e i procedimenti di lavoro sono adattati ai caratteri antropometrici e fisiologici.
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Si può distinguere l’attività muscolare in due tipi:
• Attività dinamica (ritmica)
caratterizzata da un alternarsi dicontrazione e distensione, di tensione erilassamento della muscolatura attiva
Il muscolo agisce da pompa per ilsistema circolatorio. La compressionespinge il sangue fuori dal muscolo e ilrilassamento che segue ne consenteuna nuova entrata
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• Attività statica (posturale)
caratterizzata da uno stato prolungato di
contrazione dei muscoli, il che implica di
solito uno stato posturale.
I vasi sanguigni sono compressi dalla
pressione interna del tessuto muscolare, in
modo tale che il sangue non può più fluire
nel muscolo
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Il muscolo che svolge un lavoro
dinamico è dunque irrorato dal sangue,
attraverso il quale riceve gli zuccheri
altamente energetici e l’ossigeno,
eliminando allo stesso tempo i prodotti
di rifiuto.
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Il muscolo che svolge un pesante lavoro
statico invece non riceve dal sangue né
zucchero né ossigeno e deve contare
solo sulle proprie riserve. Inoltre - e
questo è senza dubbio il maggiore
svantaggio – non espelle i rifiuti,
avviene anzi l’opposto: i rifiuti si
accumulano producendo un forte
dolore, tipico della fatica muscolare
ESEMPI DI CARICO SULLA COLONNA VERTEBRALE
• Forza agente sulla vertebra L3 in diverse situazioni in un soggetto di circa 70 Kg di peso
• Figura elaborata sui dati della tabella descrittiva in “Basi biomeccaniche
nella prevenzione dei danni alla colonna lombare durante esercizio fisico -
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ESEMPI DI CARICO SULLA COLONNA VERTEBRALE
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• Carico sul disco L5 nella
inclinazione in avanti
senza carico e con carico
di 30 Kg.
ESEMPI DI CARICO SULLA COLONNA VERTEBRALE
• Forza elastica dei muscoli estensori della colonna vertebrale necessaria per sostenere il tronco di un uomo di circa 82 Kg. in stazione eretta con il tronco flesso a 60° rispetto alla verticale (con le braccia sospese liberamente) e con un peso di 23 Kg
• La flessione del tronco porta a:
• - un peso maggiore sui muscoli estensori posteriori e sui legamenti della schiena;
• - una diminuzione dell’angolo di tensione P (avvicinamento verso le vertebre rispetto alla stazione eretta) per cui si rende necessario un aumento di forza di contrazione muscolare.
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ESEMPI DI CARICO SULLA COLONNA VERTEBRALE
• Schema di un uomo di 77 Kg che solleva 90 Kg
• Il nucleo polposo del disco della L5 è considerato il fulcro del movimento. Le braccia e il tronco formano una lunga leva anteriore. Il peso sollevato è controbilanciato dalla contrazione dei muscoli profondi della schiena che agiscono su una leva molto più breve (la distanza dal centro del disco al centro del processo spinoso). Se si omette il ruolo del tronco, la forza applicata al disco lombo-sacrale sarebbe di circa 9000 N (circa 920 Kg), che è considerevolmente maggiore di quella che i segmenti della colonna vertebrale isolati possono sopportare senza danni strutturali (in soggetti sotto i 40 anni il cedimento dei segmenti della colonna si è avuto tra i 450-775 Kg, nei soggetti più anziani tale valore era talvolta di soli 132,6 Kg). (da “Fisiologia” di Astrand O. e Rodahl K. - Edi Ermes 1984)
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ESEMPI DI CARICO SULLA COLONNA VERTEBRALE
• Carico sui dischi intervertebrali durante il sollevamento di 50 Kg con diverse modalità
• A sinistra: tecnica non corretta (“dorso curvo”); a destra: tecnica corretta. I carichi compressivi su un disco intervertebrale lombare ammontano, rispettivamente, a 630 e 380 Kg.
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TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
• Articolo 168 - Obblighi del datore di lavoro
• 1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie
e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature
meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione
manuale dei carichi da parte dei lavoratori.• (arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro il datore di lavoro e il dirigente)
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TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
• Articolo 168 - Obblighi del datore di lavoro
• 2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione
manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro
adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi
appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo
scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione
manuale di detti carichi, tenendo conto dell' ALLEGATO XXXIII.
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TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
• Articolo 168 - Obblighi del datore di lavoro
• in particolare:
• a) organizza i posti di lavoro in modo che detta
movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute;
• b) valuta, se possibile anche in fase di progettazione, le
condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in
questione tenendo conto dell' ALLEGATO XXXIII;
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TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
• Articolo 168 - Obblighi del datore di lavoro
• c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari,
adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori
individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle
esigenze che tale attività comporta, in base all' ALLEGATO XXXIII;
• d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41,
sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di
cui all’ ALLEGATO XXXIII.
• (arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro il datore di lavoro e il dirigente)
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TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 169 - Informazione, formazione e addestramento
1. Tenendo conto dell’ ALLEGATO XXXIII, il datore di lavoro:
• a) fornisce ai lavoratori le informazioni adeguate relativamente al peso ed
alle altre caratteristiche del carico movimentato;
• b) assicura ad essi la formazione adeguata in relazione ai rischi lavorativi
ed alle modalità di corretta esecuzione delle attività.• (arresto da due a quattro mesi o ammenda da 750 a 4.000 euro il datore di lavoro e il dirigente)
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l’addestramento adeguato in merito
alle corrette manovre e procedure da adottare nella movimentazione
manuale dei carichi.
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TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
ValutazioneLa valutazione di conformità si basa sullaverifica del rispetto dei criteri ergonomiciindividuati secondo l’allegato VI al D.Lgs.81 smi, o con specifici modelli.
Sorveglianza sanitariaLa sorveglianza sanitaria viene effettuatamediante visita preventiva ed in seguitocon visite periodiche.
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Fattori di rischioCarico
Pesante
Ingombrante
Difficile da afferrare
Contenuto: Pericoloso o in equilibrio instabile
Obbliga movimentazione a distanza, torsione o
inclinazione dorso
Ambiente
Spazio ristretto
Pavimento: scivoloso, irregolare, instabile
Soffitto basso
Illuminazione
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Attività
Frequente e ripetuta
Distanze troppo grandi
Ritmo non modulabile
Lavoratore
Inidoneità fisica
Non informazione e formazione
Abbigliamento incongruo
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TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHIALLEGATO XXXIII
1. CARATTERISTICHE DEL CARICOLa movimentazione manuale di un carico può costituireun rischio tra l'altro dorso-lombare nei casi seguenti:- il carico è troppo pesante (kg 30);- è ingombrante o difficile da afferrare;- è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia dispostarsi;- è collocato in una posizione tale per cui deve esseretenuto o maneggiato ad una certa distanza dal tronco ocon una torsione o inclinazione del tronco;- può, a motivo della struttura esterna e/o dellaconsistenza, comportare lesioni per il lavoratore, inparticolare in caso di urto.
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TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
ALLEGATO XXXIII
2. SFORZO FISICO RICHIESTO
Lo sforzo fisico può presentare un rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi:
- è eccessivo;
- può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco;
- può comportare un movimento brusco del carico;
- è compiuto con il corpo in posizione instabile.
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TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
ALLEGATO XXXIII
3 CARATTERISTICHE DELL’AMBIENTE DI LAVORO
Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi:
- lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell'attività richiesta;
- il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe calzate dal lavoratore;
- il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un'altezza di sicurezza o in buona posizione;
- il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi;
- il pavimento o il punto di appoggio sono instabili;
- la temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono inadeguate.
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TITOLO VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
ALLEGATO XXXIII
4. ESIGENZE CONNESSE ALL’ATTIVITA’
L'attività può comportare un rischio tra l'altro dorso-lombare se comporta una o più delle seguenti esigenze:
- sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati;
- periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente;
- distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto;
- un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore.
5. FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO
Il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi:
- inidoneità fisica a svolgere il compito in questione tenuto altresì conto delle differenze di genere e di età;
- indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore;
- insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione o dell’addestramento.
P. Ind. Michele Luongo - C.P.T. LUCCA
METODO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO
P. Ind. Michele Luongo - C.P.T. LUCCA
Oltre a quanto previsto dall’allegato XXXII del D.Lgs. 81 e s.m.i., per tale genere di azioni è utile ricorrere ad alcuni metodi divalutazione come ad esempio il modello proposto dal NIOSH (National Institute of Occupational Safty and Health – USA) che è in grado di determinare, per ogni azione disollevamento, il cosiddetto “limite di peso raccomandato” attraverso un’equazione che, a partire da un massimo peso ideale sollevabile in condizioni ideali, considera l’eventualeesistenza di elementi sfavorevoli e tratta questi ultimi con appositi fattori di demoltiplicazione.
Ciascun fattore demoltiplicativo previsto può assumere valoricompresi tra 0 ed 1.
METODO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Partendo dal peso limite iniziale (CP = costante di peso) questo viene
successivamente moltiplicato per i vari fattori demoltiplicatori (0-1)
CP x A x B x C x D x E x F = Peso limite raccomandato
quindi ridotto fino ad ottenere il peso limite raccomandato per quella
azione di sollevamento.
Successivamente si calcola il rapporto tra peso effettivamente sollevato e
peso limite raccomandato (appena determinato) per ottenere un
indicatore sintetico del rischio (Indice di Rischio).
IR < 0.75 attività basso rischio residuo, IR = 1,25 presenza di rischio debole da tenere sotto controllo,
IR > 1,25 rischio richiedente intervento.
RischiodiIndicetoRaccomandaLimitePeso
SollevatoPeso =
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RischiodiIndicetoRaccomandaLimitePeso
SollevatoPeso =
INDICE DI RISCHIO
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I FATTORI DEMOLTIPLICATIVI
P. Ind. Michele Luongo - C.P.T. LUCCA
I FATTORI DEMOLTIPLICATIVI
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ING. VITO A. TAFARO
STIMA DEL FATTORE ALTEZZA (A)
L’altezza da terra delle mani (A) è misurata verticalmente dal piano di appoggio dei piedi al punto di mezzo tra la presa delle
mani.
Gli estremi di tale altezza sono dati dal livello dei suolo e dall’altezza massima di
sollevamento (pari a 175 cm).
Il livello ottimale con A = 1 è per un’altezza verticale di 75 cm. (altezza nocche).
Il valore di A diminuisce allontanandosi (in alto o in basso) da tale livello ottimale.
Se l’altezza supera 175 cm. ⇒ A = 0.
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ING. VITO A. TAFARO
STIMA DEL FATTORE DISLOCAZIONE VERTICALE (B)
La dislocazione verticale di spostamento (S) è data dallo spostamento verticale delle
mani durante il sollevamento. Tale dislocazione può essere misurata come
differenza dei valore di altezza delle mani fra la destinazione e l’inizio del
sollevamento.
Nel caso particolare in cui l’oggetto debba superare un ostacolo, la dislocazione verticale sarà data dalla differenza tra l’altezza dell’ostacolo e l’altezza delle
mani all’inizio dei sollevamento (ad es. porre un oggetto sul fondo di una gabbia con pareti alte 100 cm; altezza mani = 20
cm,
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STIMA DEL FATTORE ORIZZONTALE (C)
La distanza orizzontale (C) e’ misurata dalla linea congiungente i malleoli interni al punto di mezzo tra la presa delle mani
(proiettata sul terreno).
Se la distanza orizzontale e’ inferiore a 25 cm. considerare comunque il valore di 25
⇒ C = 1
Se la distanza orizzontale e’ superiore a 63 cm. ⇒ C = 0
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STIMA DEL FATTORE DISLOCAZIONE ANGOLARE (D)
L’angolo di asimmetria D° e’ l’angolo fra la linea di asimmetria e la linea sagittale.
La linea di asimmetria congiunge idealmente il punto di mezzo tra le caviglie e la proiezione a terra dei punto intermedio alle mani all’inizio (o in subordine alla fine)
del sollevamento.La linea sagittale e’ la linea passante per il piano sagittale
mediano (dividente il corpo in due emisomi eguali e considerato in posizione neutra).
L’angolo di asimmetria non e’ definito dalla posizione dei piedi o dalla torsione dei tronco del soggetto, ma dalla posizione dei carico relativamente al piano sagittale
mediano dei soggetto.Se anche il soggetto per compiere il gesto gira i piedi e
non il tronco, ciò non deve essere considerato.L’angolo D° varia tra 0° ⇒ D = 1 e 135° ⇒ D = 0,57.
Per valori dell’angolo D° > 135° porre D = 0.
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STIMA DEL FATTORE PRESA (E)
La presa dell'oggetto può essere classificata sulla scorta di caratteristiche qualitative in buona ⇒ E = 1, discreta ⇒ E = 0,95, scarsa ⇒ E = 0,9. Per il giudizio sulla
presa considerare le seguenti avvertenze:
- La forma ottimale di una maniglia esterna prevede 2-4 cm. di diametro, 11,5 di lunghezza, 5 cm di apertura, forma
cilindrica o ellittica, superficie morbida non scivolosa
- Le misure ottimali delle scatole sono di 48 cm. di lunghezza, 36 cm di larghezza, 12
cm di altezza.
- Vanno evitate prese con posizioni estreme dell'arto superiore a con
eccessiva forza di apertura.
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STIMA DEL FATTORE FREQUENZA (F)
Il fattore frequenza e' determinato sulla base dei numero di sollevamenti per minuto e
della durata del tempo in cui si svolgono i compiti di sollevamento.
La frequenza di sollevamento e' calcolabile come il n. medio di sollevamenti per
minuto svolti in un periodo rappresentativo di 15 minuti.
Se vi e' variabilità nei ritmi di sollevamento da parte di diversi operatori, calcolare la
frequenza sulla base dei n. di oggetti spostati nel periodo di tempo
formalmente assegnato allo specifico compito e non considerare gli eventuali periodi di pausa all'interno dello stesso
periodo.
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ATTIVITÀ DI SPINTA TRAINO E TRASPORTO
METODO SNOOK E CIRIELLO
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Azioni di spinta e tiro
Tra i tanti si cita il metodo proposto da Snook S.H. e Ciriello
V.M. ("The design of manual handling tasks: revised tables of
maximum acceptable weights and forces" - Ergonomics, 34, 9,
1197-1213,1991). Queste tabelle tengono conto dei seguenti
fattori:
- sesso
- forza iniziale
- forza di mantenimento
- distanza di spostamento
- frequenza di azione
- altezza delle mani da terra.
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Individuata la situazione che meglio rispecchia il reale scenario lavorativo in esame, si estrapola il valore raccomandato (di peso o di forza) e
rapportandolo con il peso o la forza effettivamente azionati si ottiene così un indice di rischio come per le azioni di sollevamento.
La quantificazione delle forze effettivamente applicate richiede il ricorso ad appositi dinamometri da applicare alle reali condizioni operative sul
punto di azionamento dei carrelli manuali. E’ importante eseguire le misure con le stesse velocità ed accelerazioni impiegate o impiegabili
nella realtà dal personale addetto.
Come indice di esposizione della movimentazione viene considerato il più alto riscontrato nelle due azioni in cui è stata scomposta (forza iniziale
o di mantenimento).
RischiodiIndicetabellebileraccomandaValore
oriscontratenteeffettivamValore =)(
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AZIONI DI SPINTA
Forze (Kg) massime iniziali (FI) e di mantenimento (FM) raccomandate.
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AZIONI DI TRAINO
Forze (kg) massime iniziali (FI) e di mantenimento (FM) raccomandate.
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AZIONI DI TRASPORTO IN PIANO
Peso (kg) massimo raccomandabile
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MODUS OPERANDI
Misure di prevenzione
Al fine di minimizzare gli effetti dannosi dovuti alle condizioni non corrette di lavoro si dovrà:
- rendere disponibili ausili meccanici per le movimentazioni;
- ridurre il peso degli oggetti da movimentare;
- migliorare la posizione e la facilità di presa;
- avvicendare il personale addetto.
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Strategia d’azione
1. Individuazione dei compiti che comportano una
movimentazione manuale potenzialmente a rischio
2. Meccanizzazione dei processi in cui vi sia movimentazione di
carichi per eliminare il rischio
3. Ausiliazione degli stessi processi, laddove ciò non sia
possibile, e/o l’adozione di adeguate misure organizzative per il
massimo contenimento del rischio
4. Uso condizionato della forza manuale. In quest’ultimo caso si
tratta prima di valutare l’esistenza e l’entità del rischio e di
adottare le eventuali misure per il suo contenimento
5. Sorveglianza sanitaria (accertamenti sanitari preventivi e
periodici) dei lavoratori addetti ad attività di movimentazione
manuale
6. Informazione e la formazione degli stessi lavoratori
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Valutazione preliminare - verifica requisiti generali
PRIMO STEP1. Buona presa del carico
2. Carico mantenuto vicino al corpo e comunque non ingombrante
3. Tronco sostanzialmente eretto e non ruotato
4. Oggetto movimentato nello spazio compreo tra altezza ginocchi e altezza spalle
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MODUS OPERANDI
Norme igieniche/comportamentali
Anche i comportamenti dei singoli individui possono ridurre gli effetti negativi dovuti alla specifica mansione:
- effettuare le movimentazioni con movimenti corretti e con adeguata presa del carico;
- effettuare le movimentazioni dei carichi più pesanti unitamente ad altre persone.
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MODUS OPERANDI
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Non tenere gli arti inferiori ritti. Portare l’oggetto vicino al corpo e piegare le gambe. Tenere un piede più avanti dell’altro per avere più equilibrio
Avvicinare l’oggetto al corpo
MODUS OPERANDI
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MODUS OPERANDI
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Se si deve porre in alto un oggetto evitare di inarcare la schiena. Non lanciare il carico.Usare uno sgabello o una scaletta.
Questa soluzione consente di mantenere la schiena retta.
MODUS OPERANDI
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MODUS OPERANDI
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• Se il carico è molto
pesante, sempre
comunque inferiore ai
limiti di peso indicati,
occorre di far scivolare
il carico senza mai
inarcare la schiena in
avanti o indietro,
spingendolo anziché
tirarlo
MODUS OPERANDI
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MODUS OPERANDI
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MODUS OPERANDI
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MODUS OPERANDI
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MODUS OPERANDI
• Se non si può fare a meno
di movimentare
manualmente un carico,
imparare le manovre più
corrette per evitare o
limitare i danni alla
colonna, alle spalle, alle
braccia.
• Per sollevare un peso,
piegare le ginocchia e non
la schiena ecc …
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GRAZIE PER
L’ATTENZIONE
BUON LAVORO A TUTTI VOI
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