Moroni a Londra

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Arrigoniana 4

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Mostra

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  • Arrigoniana 4

  • Simone Facchinetti

    MORONI A LONDRA

    BERGAMOMMXIV

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    La mostra di Giovanni Battista Moroni alla Royal Academyof Arts di Londra ha aperto al pubblico il 25 ottobre 2014.Ho scritto queste brevi impressioni, a caldo, tra il 20 e il 21ottobre. Mentre ho appuntato queste note, pensavo agliamici che non avrebbero potuto vedere la mostra. Era an-che un modo per raccontarla a briglie sciolte, seguendolonda emotiva del momento. Nei giorni precedenti linau-gurazione, come si pu immaginare, cera molta frenesia.Le sale erano frequentate dai couriers che accompagnava-no le opere. I restauratori ne verificavano lo stato di con-servazione. Lallestimento procedeva rapidamente. Biso-gnava sistemare le luci e i cartellini di sala. In sostanza eracome stare in unofficina in continua fibrillazione. La regiadelle operazioni era gestita da Arturo Galansino, aiutatodallo staff della Royal Academy: Eric Pearson, Idoya Bei-tia, Katia Pivsin, Peter Sawbridge, Andrea Tarsia. neces-sario ricordare che la mostra stata programmata sotto ladirezione di Kathleen Soriano e inaugurata durante quelladi Tim Marlowe.Sono in debito di riconoscenza con Emilio Moreschi e Ar-mando Santus che hanno sostenuto questa pubblicazio-ne, in ricordo di un comune amico.

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    Moroni a Londra

    Passeggiando nel cortile della Royal Academy tutta lat-tenzione catturata dallopera di Anselm Kiefer che an-ticipa la vasta retrospettiva che si svolge allinterno del-la celebre istituzione in Burlington House (fig. 2). Quan-do osservo queste prime installazioni dellartista tede-sco non posso fare a meno di chiedermi se tra quattrosecoli e mezzo che il tempo che ci separa dalla scom-parsa di Giovanni Battista Moroni Kiefer si guadagne-r unesposizione alla Sackler Wing, che il luogo, un poappartato, in cui andata in scena lattuale mostra mo-nografica dedicata al pittore bergamasco (fig. 3). La ri-sposta, apparentemente ovvia, non per nulla scontata. La prima sala della rassegna gira intorno alla pala di San-tAndrea di Alessandro Bonvicino detto il Moretto (fig.4), dipinta per lomonima chiesa della citt di Bergamotra il 1536 e il 1537. unimmagine che rimasta a lun-go nella memoria di Moroni, una sorta di ricordo infan-tile destinato a riaffiorare nel corso del tempo. Chiss seanche lui si chinato a raccogliere la pera dipinta cadu-ta dallalzata di frutta? Un dettaglio straordinario cheserve subito a dare il tono del rapporto da stabilire conquesto quadro: diretto, franco, immediato. Non ci sonovie intermedie, tutto sapientemente organizzato per

    rendere pi verosimili le cose naturali. La composi-zione, le pose e gli sguardi rendono dinamico il nostrorapporto con limmagine. Questo un primo appuntoper il taccuino del giovane Moroni. Mentre Santa Eusebia cattura lo sguardo dellosservato-re, alle sue spalle si svolge il colloquio tra SantAndrea eil Bambino. Il vecchio apostolo sembra sfinito dalla stan-chezza. A fatica sostiene una pesante croce di legno, par-zialmente appoggiata alla colonna che fa da quinta al tro-no marmoreo, improvvisato per lallestimento della sce-na. Lo zio e il nipote, Domneone e Domno, si tengonoaffettuosamente a braccetto. una soluzione che si re-sa necessaria dalla posa un po stravagante scelta dal gio-vane, voltato di scatto verso losservatore. Per conferire corpo e peso agli oggetti serve avere un con-trollo sulla luce e sul suo opposto, lombra. Moretto unmaestro indiscusso nellesercizio dellombra e in questoquadro si esibisce in una performance senza precedenti.Secondo appunto per Moroni.La pala di SantAndrea costituisce un modello fonda-mentale nella formazione di Moroni. Tuttavia sarebbe er-rato non avvertire che si tratta di un esempio non imme-diatamente disponibile per le scelte espressive del giova-ne pittore bergamasco. Passeranno molti anni prima cheMoroni raggiunga lo stesso dosato equilibrio naturalisti-

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    co. Prima bisognava prenderne le distanze, ovvero man-giare il maestro in salsa piccante.Il confronto tra il quadro del Museo Lechi e il ritratto diLisbona nasce dalla convinzione che le due opere siano instretto rapporto (fig. 5). Il pensiero che il primo quadrosia unopera giovanile di Moroni mi ha sfiorato sin dalprimo momento che lho vista. Ora lidea sembra raffor-zarsi dalle forti somiglianze tipologiche, tecniche e stili-stiche tra i due dipinti. Sulla parete opposta il ritratto di Monaco sta l a dimo-strare la straordinaria eredit che Moretto poteva garan-tire al suo giovane allievo, anche nellambito della spe-cialit in cui, in futuro, non avrebbe pi avuto concor-renti. Anche qui la profondit e lintensit delle ombrefanno la differenza. La posa del modello e lo sguardo con-centrato verso un orizzonte imperscrutabile allosserva-tore costituiscono una base fondamentale per la serie diritratti esemplari dipinti da Moroni nel corso degli anniCinquanta. Con questa chiave di lettura si procede allaseconda sala della mostra (figg. 6 -11).Mentre scrivo questi appunti, seduto in mezzo ai rumoridi sottofondo di unesposizione ancora in allestimento,intuisco che avremmo potuto aggiungere una quarta ope-ra alla parete di fondo, ovvero la stampa di Albrecht D-rer servita da modello alla Madonna con il Bambino del

    quadro di Washington. La sua presenza forse avrebbe unpo sporcato la parete ma anche reso pi esplicito il mo-do in cui pensava e lavorava Moroni. Comunque il tripli-ce confronto proposto qui (fig. 9) abbastanza efficace eserve a rendere chiari due punti fondamentali. Il primo ri-guarda la lunga durata di un soggetto che affonda le ra-dici nella devotio moderna. Certo non si voleva sostene-re che la preghiera individuale e lorazione mentale sianoesperienze prima sconosciute allorizzonte cristiano. Latesi riguarda le forme della sua rappresentazione e, pinello specifico, nei modi stabiliti e trasmessi da Morettoa Moroni. Ho sempre amato tornare sui miei passi. Fare e rifare unadeterminata cosa. Leggere e rileggere una pagina scelta.Ascoltare e riascoltare lo stesso brano musicale. In so-stanza prendere confidenza con le cose e le persone. An-che questa parete allestita ribadisce il concetto che il vi-sitatore ha gi percepito nella sala precedente senza po-terlo vedere chiaramente, tramite un confronto esplicito.Ora invece risulta evidente il grado di diversit che sepa-ra lallievo dal maestro, di cui Moroni ha conosciuto lin-tensa parabola finale. Mentre Moretto procede verso unmondo fatto di ombre e di colori smorzati, Moroni evitale prime e accende e amplifica i secondi: il suo modopersonale di partecipare alla maniera e al manierismo im-

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    perante. Daltra parte bisogna anche ammettere lesi-stenza di una forma di intellettualismo del colore. Se ci siavvicina ai quadri si vede che limpasto cromatico di Mo-retto fuso e mescolato, quello di Moroni ottenuto persovrapposizioni squillanti di filamenti di colore. Non un caso se il dipinto di Moretto a Kinnaird Castle fino anon molto tempo fa era, erroneamente, considerato diGuercino. Il suo livello di naturalismo anticipa certe for-me di caravaggismo, sembra un quadro di Carlo Sarace-ni, dipinto un secolo prima. Anche questa una provaconcreta delle intuizioni longhiane sui precedenti del Ca-ravaggio. Girando gli occhi verso laltra parete il confronto Lotto-Moroni mi sembra molto istruttivo (fig.10). Qui neces-sario sapere che entrambe le opere hanno una commit-tenza comune (la confraternita dei disciplini) e che il ri-ferimento al modello pi antico (cio a quello di Lotto)deve essere stato suggerito, se non addirittura imposto, aMoroni. Sono due quadri che vanno collocati allaltezzacronologica giusta e nel corretto punto della storia cul-turale europea. Non basta cio dire: meglio Lotto di Mo-roni, o viceversa. Bisogna sforzarsi di capire le motiva-zioni che stanno dietro lelaborazione di unimmagine,senza liquidare la questione con un giudizio sommario. Il principio illustrato sostanzialmente il medesimo, la

    Trinit si rappresenta qui e ora, in uno spazio terrestre,misurabile e conoscibile. Addirittura nel caso di Moro-ni ledificio che sta per accogliere un pellegrino nelle ve-sti di disciplino bianco stato, ragionevolmente, identi-ficato nella chiesa della Trinit di Albino, la stessa checonservava il quadro in origine. Ragionando a freddo suidue dipinti ci si pu anche convincere che essi servonoa spiegare il giro danni in cui sono stati realizzati. Quel-lo di Lotto iniziato intorno al 1519 e sembra ispirato al-limmagine visionaria della Trinit illustrata nellApoca-lisse (1, 7): Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo ve-dr, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribdella terra si batteranno il petto. Non si fatica a imma-ginare il clima che si poteva respirare intorno al dipinto,con i primi segnali della Riforma luterana alle porte e idisciplini chiusi nelloratorio superiore della chiesa del-la Trinit, intenti nella pratica regolamentata dellauto-flagellazione.Il dipinto di Moroni concluso negli anni del Conciliodi Trento, intorno al 1553, e restituisce unimmagine del-la Trinit intenta a redimere il mondo. La Chiesa mili-tante della controriforma poteva facilmente riconoscersiin un manifesto del genere. Qualcuno dei committentideve aver prestato al pittore il volume di Tolomeo ag-giornato da Jacopo Gastaldo nelledizione veneziana del

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    1548. Il disegno della Terra fedelmente copiato da quel-la carta geografica, comprese tutte le citt distribuite traEuropa, Africa, Asia e America, che rappresentano i nuo-vi confini della futura riconquista cattolica. Prima di uscire dalla sala si fanno avanti due straordinaritestimoni del tempo (fig. 11), oggi pressoch sconosciuti,ma allepoca noti nella ristretta cerchia della comunit diAlbino. una delle prime volte che il pittore si trova a tra-durre in ritratto due modelli che devono essere immorta-lati per le loro gesta. Questo ci che si aspettano i com-mittenti, questo ci che emerge dalle iscrizioni in ele-ganti capitali romane. Allorigine del ritratto al naturale cio quello realizzato senza intenti di abbellimento o diesaltazione del modello c il suo immediato destino, ov-vero la sua fruizione in ambienti che non avrebbero ac-cettato una forma diversa da questa. Che bisogno cera didipingere il gozzo di Lucrezia Agliardi se non quello dirappresentare laspetto della fondatrice del monastero diSantAnna, cos comera conosciuto alla vista delle sueconsorelle? Anche un piccolo miglioramento dellaspettofisico sarebbe risultato insopportabile agli occhi della co-munit delle suore carmelitane di Albino. Sia Fra Miche-le da Brescia che Lucrezia Agliardi si offrono allo sguar-do dellosservatore ma non offrono il loro. Sono chiusi inun mondo per noi completamente imperscrutabile.

    Entrando nella terza sala la prima sensazione che si re-gistra quella di essere osservati (figg. 12-14). I novepersonaggi radunati in questa circostanza cercano co-stantemente lo sguardo dellosservatore. Ognuno rac-conta una storia diversa, tutti si sforzano di comunica-re e di rendersi disponibili. Qui si passa dalla moda co-lorata dellupper class di provincia allabito nero privi-legiato dagli intellettuali, come quello indossato dalPoeta sconosciuto di Brescia o dal Giovan Pietro Maf-fei di Vienna. Il nobile Pietro Secco Suardo si fa ritrar-re in una posa un po artefatta, comprensibile solo do-po aver letto il motto latino che allude al nome della suastirpe. Laristocrazia del tempo amava questo genere diritratti parlanti, destinati a rimanere muti fino a cheliscrizione non trova un appiglio nelle vicende biogra-fiche dei modelli. Perch il diciottenne Giovan Gerola-mo Grumelli nellanno del suo matrimonio con MariaSecco dAragona decide di associare il motto spagnolomeglio lultimo del primo alla scena biblica di Elia edEliseo? Perch Prospero Alessandri si presenta al suoosservatore con il motto tra timore e speranza? Per-ch il futuro Governatore dello Stato di Milano Gabrielde la Cueva ha scelto di dichiarare: sono qui senza ti-more e della morte non ho paura?Si ha come limpressione che nel corso degli anni Cin-

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    quanta il pittore abbia messo a punto una serie di posecodificate, raggiungendo una forma di equilibrio che me-scola abilit straordinarie e capacit di penetrazione psi-cologica. Uninfinita somma di dettagli costituisce il tes-suto ricamato dellabito del Cavaliere in rosa. Ma anchei neri nascondono una variet di sfumature insospetta-bili. Chiss se ha ragione David Hockney quando affer-ma che questo modo di restituire la realt con assolutaprecisione sia gi legato alluso della camera ottica? Co-munque evidente che il successo del pittore sia scatu-rito da queste abilit riconosciute, ricercate dallaristo-crazia del tempo. Ho sempre immaginato Moroni come un uomo equili-brato. Ogni tanto ripenso alla scena dellinondazione disangue dellOverlock Hotel nel film di Kubrick, Shining.Non so perch associo questimmagine terrificante al-lavanzata dellet della Controriforma, alle guerre di re-ligione e alle feroci faide familiari che hanno sconvolto lasociet del Cinquecento. Il Ritratto di Fra Michele daBrescia nasce come omaggio a una figura esemplare, ca-pace di pacificare una sanguinosa faida tra gli Spini e iPulzini in cui aveva perso la vita Scipione Spini, mentreSimonetto Pulzini se lera cavata solo con un ferimento.Anche il fratello di Lucia Brembati, Achille, era mortoammazzato nel 1563 a causa di unarchibugiata ricevuta

    in Santa Maria Maggiore a Bergamo, esplosa da un emis-sario di Gian Domenico Albani, figlio di Gian Gerola-mo, Collaterale della Repubblica. Lomicidio aveva de-stato una profonda e generale impressione. Resistere, pur con la tavolozza in mano, mantenendo unaposizione eretta ed equilibrata, cos come ha fatto Moro-ni, mi sempre sembrata una virt straordinaria che per qualche strana via la mia mente ha associato a Mi-chel de Montaigne. Forse al filosofo francese, contempo-raneo di Moroni, non sarebbero dispiaciuti i ritratti al na-turale che si incontrano nella sala successiva: sono diret-ti, sinceri, semplici, documentari. Montaigne li avrebbeapprezzati per pi di un motivo. Il primo che nessunodi loro si presenta diverso da come stato. Non c nes-suna forma di piaggeria da parte del pittore che, moltoonestamente, ha tradotto il modello che ha di fronte sen-za filtri colorati. Lingresso nella quarta sala per me quello pi emozio-nante (fig. 15). Non so precisarne il motivo, tuttavia ri-cordo esattamente il momento in cui ha preso forma, do-po lincontro, assieme allamico Arturo, con il designerEric Pearson. Inizialmente doveva esserci una cesura net-ta tra i quadri di soggetto sacro e i ritratti al naturale.Personalmente pensavo che le due sezioni avrebbero do-vuto fondersi intorno allUltima Cena di Romano di

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    Lombardia. Alla fine andata cos e rimango dellideache in questarea della mostra si nasconda una nota diintensa poesia. LUltima Cena collocata al centro di una schiera di ri-tratti a mezzo busto, disposti sulle pareti laterali secondouna scansione cronologica che va dalla fine degli anniCinquanta alla met degli anni Settanta. Diventa cos im-mediatamente percepibile il ruolo assunto dal personag-gio ritratto alle spalle della scena sacra, ma anche la fun-zione di modelli esercitata da molti ritratti per la stessarealizzazione dellUltima Cena. Un po come capiter,molto pi tardi, a Caravaggio e Van Dyck, con opposteintensit di adesione al prototipo di partenza. Quello che appare immediatamente evidente in questasala che Moroni ha una predilezione per alcuni for-mati. Sono scelti in funzione della loro capacit di re-stituire, in grandezza naturale, laspetto dei modelli. Os-servando le due pareti contrapposte si coglie, a colpodocchio, che i formati mutano sensibilmente nel corsodel tempo, molto probabilmente anche in rapporto allaspecifica funzione svolta dal dipinto. Fidanzamenti, ma-trimoni, episodi importanti della vita di persone che pernoi sono sfortunatamente prive di storia, ad esclusionedel piccolo frammento costituito dal momento stesso incui sono state ritratte sulla tela dipinta. In ogni modo

    limmediatezza grazie alla quale si offrono al nostrosguardo in larga parte dovuta alla stessa rapidit concui il pittore le ha tradotte in pittura.Che Moroni dipingesse direttamente il modello, senzapassare dalla mediazione del disegno, oramai un datoacquisito. Linfinita somma di imperfezioni che costitui-sce la materia dei suoi quadri li rende straordinariamen-te moderni.Qualcuno ha detto che Moroni preannuncia Velsquez.Qualcuno ha scritto che i suoi quadri erano conosciuti daVelsquez. La prima affermazione sicuramente vera, al-meno nella misura in cui entrambi operano in assenza didisegno, direttamente sulla tela. La seconda credo sia fal-sa, comunque indimostrabile. Certo laffermazione otto-centesca di Velsquez, il suo recupero da parte di Manet,la stagione doro della pittura francese del tempo, sonotutti elementi che, in qualche misura, hanno concorso alrecupero critico di Moroni nellOttocento. Senza dimen-ticare il ruolo preminente esercitato da Giovanni Morel-li, pi nelle qualit di art dealer che di storico dellarte.Funzione ereditata da Bernard Berenson: cos come siereditano le case, si possono ereditare i diritti di prela-zione sugli artisti morti secoli fa. Lunica nota che stona in questa sala quella della vocedella Bambina di casa Redetti (fig.17), un quadro troppo

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    rovinato per tenere il passo con gli altri. stato inseritonella lista allultimo, con l'errata convinzione che avreb-be attirato le simpatie generali.Il giro della sala finisce con il Devoto in contemplazionedel Crocifisso e Santi (fig. 18) in cui appare per la primavolta un paesaggio, naturalisticamente inteso. Le tonali-t squillanti degli anni Cinquanta hanno lasciato il postoa soluzioni quasi monocrome, giocate su limitate varia-zioni di colore. Superata la parete prosegue la sezione successiva, che inrealt collegata con la precedente e in stretta continui-t (figg. 18-19). Il Crocifisso di Albino continua a mera-vigliare gli occhi, tramite quel paesaggio vibrante chesembra scosso da raffiche di vento, in attesa che si ab-batta il temporale. Il tono dominante anche qui, ten-dente al monocromo insospettatamente percosso dalcolpo di luce del perizoma giallo-arancio che introduceuna nota di colore squillante e chiassosa. Le pale che glistanno intorno sono dominate dalla presenza di una quin-ta architettonica. Da questi due episodi intuiamo per qua-le motivo Moroni costantemente apprezzato nelle im-prese ufficiali. Oltre al fatto che non aveva rivali sullapiazza, in grado di competere con lui sul piano dellag-giornamento ai nuovi canoni della Chiesa controriforma-ta, evidente che anche le pale daltare sono percorse da

    quella perizia tecnica che lo faceva apprezzare nellambi-to dei ritratti. Non c nessuna invenzione nella pala diAlmenno San Bartolomeo (derivata dalla pala Rovelli diMoretto), solo qualche isolata trovata sofisticata, comenel foglio accartocciato che reca liscrizione o nel can-giante del velo della Santa Caterina o nei nimbi che sem-brano anelli di fumo. Mentre osservavo gli straordinari effetti materici che per-corrono la dalmatica di velluto del San Lorenzo mi sonoimprovvisamente alzato dalla sedia, che ormai da duegiorni mi trascino per le sale, e sono tornato allinizio del-la mostra, davanti alla pala di SantAndrea di Moretto. un confronto utile a capire che le qualit del pittore (co-s esaltate da Vasari: si dilett molto costui di contrafa-re drappi doro, dargento, velluti, damaschi, altri drap-pi di tutte le sorti, i quali us di porre con molta diligen-za addosso alle figure. Le teste di mano di costui sono vi-vissime) sono le stesse cercate e perseguite da Moro-ni. Larchitettura diroccata e aperta verso un paesaggiodella pala di SantAndrea ha lasciato il posto, in Moroni,a quinte architettoniche chiuse e circoscritte. Sono im-magini che restituiscono il nuovo volto di una Chiesa or-ganizzata e militante, sicura dei propri mezzi.Il passaggio allultima sala favorito dallincontro con ilSarto, collocato a canocchiale sulla parete di fondo

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    (fig. 21). Sulle ali laterali dellingresso ci sono il Navage-ro di Brera e il Magistrato della Tosio Martinengo(fig. 20). Sono ci che avanzato del precedente assettodella sezione dedicata al Ritratto al naturale. Ma sono fi-niti qui anche perch volevamo spingere il pedale sul-lintuizione che Moroni ha inventato, in un certo senso, ilritratto borghese moderno. Il fatto di operare nella lontana provincia di una Repub-blica, non allinterno di una corte o di una citt imperia-le, lo ha messo nelle condizioni di essere pi libero dalleetichette, svincolato dagli schemi imposti dallalto. Que-sta posizione lha messo in linea, in anticipo di circa tresecoli, con linvenzione del ritratto borghese dellOtto-cento. Non cera bisogno che Ingres o Nadar si ispiras-sero agli schemi impaginativi di Moroni. Semplicementeci sono arrivati tramite levoluzione della societ del lorotempo. Questo principio abbastanza chiaro osservan-do la parete in cui sono allineati i ritratti di Medea Rossi,di Giovan Gerolamo Albani e di Pietro Spino (fig. 23).Lo schema del ritratto di stato completamente eluso. Ilrisultato finale fortemente segnato dallassenza di con-notazioni di ambiente, di insegne del potere, di abiti al-lultima moda. Rimane il confronto col modello, restitui-to direttamente al nostro sguardo, tramite una pittura di-retta. Non so fino a che punto si possa parlare, qui, di

    analisi psicologica. Tuttavia il pittore deve aver sostato alungo davanti ai modelli in posa, con il desiderio di co-glierne la concentrazione interiore, oltre che le linee este-riori. questa sottile capacit di penetrare linterioritumana a incuriosirci, a stimolare continuamente il nostrointeresse.Ho osservato molti visitatori della prima ora fermarsi im-pressionati davanti ai ritratti di questa sala. Ho sentito al-cuni dire che sembravano ritratti dellOttocento. unaquestione molto intrigante ma al tempo stesso moltocomplessa da spiegare. Certo se il secondo conflitto mon-diale fosse stato vinto dal Terzo Reich forse Moroni sa-rebbe stato un autore proibito. Anche grazie a Moroninon andata cos? bello immaginarlo, salutando perlultima volta il vecchio Pietro Spino (fig. 24), descrittocon queste parole dal vecchio Jacob Burckhardt: guar-da sereno e ben disposto fuori dal dipinto [...] ha lespres-sione di unesperienza di vita immensa.

  • 1. Royal Academy of Arts,verso Piccadilly.

  • 2. Royal Academy of Arts, cortile interno.

  • 3. Royal Academy of Arts:The Sackler Wing.

  • 4. Sala I: Moroni's Teacher: Moretto.

  • 5. Sala I: Moroni's Teacher: Moretto.

  • 6. Sala II: Early Works.

  • 7. Sala II: Early Works.

  • 8. Sala II: Early Works.

  • 9. Sala II: Early Works.

  • 10. Sala II: Early Works.

  • 11. Sala II: Early Works.

  • 12. Sala III: Aristocratic Portraits.

  • 13. Sala III: Aristocratic Portraits.

  • 14. Sala IV: Aristocratic Portraits.

  • 15. Sala IV: Portraits from Nature.

  • 16. Sala IV: Portraits from Nature.

  • 17. Sala IV: Portraits from Nature.

  • 18. Sale IV-V: Portraits from Nature - Altarpieces.

  • 19. Sala V: Altarpieces.

  • 20. Sala VI: The Beginnings of Modern Portraiture.

  • 21. Sala VI: The Beginnings of Modern Portraiture.

  • 22. Sala VI: The Beginnings of Modern Portraiture.

  • 23. Sala VI: The Beginnings of Modern Portraiture.

  • 24. Giovanni Battista Moroni, Ritratto di vecchio (Pietro Spino?),Bergamo, Accademia Carrara.

  • FotografieLidia Patelli

    Grafica

    Ilario Zonca

    Stampa

    Press R3Almenno S.B. (BG)

    Finito di stamparenel dicembre 2014