MONTAGNANA - Mura e Castelli · Una certa rilevanza Montagnana riacquistò in epoca longobarda come...

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1 MONTAGNANA - Mura e Castelli Montagnana, prov. Padova, Italy Latitudine 45° 14’ N, Longitudine 11° 28’ E Superficie entro la cerchia murata (intra moenia): ettari 24 c/a (corrispondenti a 1/3 c.a della Padova medievale) Altezza media del centro: 16 metri slm, con dislivelli (ora appena percettibili), di quasi 2 metri fra il punto più alto (cortile di Castel San Zeno) e le zone più basse (es., via fra le due Berghette). Il nucleo storico di Montagnana si eleva, sia pure per pochi metri, sulle aree extra moenia (o campagna): via Circonvallazione Sud ed Ovest 14 slm; Borgo Eniano e via Altiero (200 metri lato Est cinta) 14,36 slm; contrada Chisogno (metri 150 c.a da cinta lato NE) 12,90 slm; ponte sulla Degora (c.a km 3 a Est di Castel S.Zeno, lungo S.S. 10, campagna): metri 12,43 slm. Montagnana Origini e sviluppo Montagnana dal periodo preistorico sino al VI sec. d.C. fu una località posta sull’antico percorso dell’Adige (sulla direttrice Veronella-Minerbe-Montagnana-Este). Qui vi fu un rilevante centro paleo-veneto, attestato da rinvenimenti in località Prato della Valle (circa 200 metri a nord dell’attuale centro storico) e soprattutto da campagne di scavo condotte negli anni ’80 del secolo scorso, che misero in luce abitazioni e sepolcreti paleo-veneti dell’Età del bronzo, nell’area ora corrispondente a Borgo Eniano (circa 400 metri a Est dell’attuale centro). Altri scavi, condotti nel 1973-1974, hanno portato in luce pregevoli reperti di un sepolcreto d’epoca romana all’inizio di via Rosa (a c/a 600 metri a sud-ovest). A causa del dissesto idrogeologico conseguente al tracollo dell’Impero romano, presumibilmente in occasione di una delle alluvioni seguite alle invasioni barbariche (tradizionalmente, ci si riferisce a quella del 589 d.C., citata da Paolo Diacono), l’Adige esondò, portandosi per tappe successive a Sud, fino al moderno alveo nella direttrice Legnago- Badia Polesine- Anguillara. Il centro storico si alza su di un piano un po’ più elevato rispetto al livello della campagna circostante, su di una ‘motta’, che probabilmente in origine era un dosso fluviale, poi rinforzato e alzato artificialmente; pochi metri di elevazione sul livello campagna, ridivenuta per ampi tratti palude, fecero della ‘motta’ un nucleo abitativo atto a proteggere gli abitanti sia dalle esondazioni, che dalle scorrerie. Il primitivo circuito difensivo, costituito nell’Alto Medioevo, presumibilmente era limitato alla parte orientale dell’attuale cittadina, verosimilmente fondata su di un isolotto, o dosso sabbioso abbandonato dall’Adige. Gli abitanti della zona, abbandonati gli antichi insediamenti, non solo esposti alle ultime incursioni barbare (Ungari), ma anche impraticabili per l’impaludamento di larghe zone della campagna, trovarono più sicuro costituire un villaggio (vicus), difeso alla bell’e meglio come all’epoca si faceva, ossia rincalzando il ciglio della ‘motta’ con riporti di terra e proteggendolo con palizzate, o siepi fitte di rovi (spinà), e scavandovi attorno un largo fossato. Era costituito in tal modo un ‘vallo’, simile a quelli in uso nell’ epoca romana. Una certa rilevanza Montagnana riacquistò in epoca longobarda come caput Scodesiae, ossia sede amministrativa retta da un gastaldo, dipendente dalla corte di Monselice; di quell’epoca è un solo un toponimo, dato ad una delle ‘ville’ della campagna vicina: Casale di Scodosia. Montagnana comincia ad essere citata come tale in documenti relativi a possessi dei marchesi di Tuscia e di Canossa (anno 906 ), passati poi, per complicate vicende ereditarie, a quei marchesi, poi detti “d’Este” , i quali fra il sec. XI e il XII posero a Montagnana una delle loro sedi principali. E’ presumibile, anche se mancano riscontri documentari, che il nucleo dell’antica cittadina in epoca Alto-Medievale corrispondesse alla zona dell’attuale area del Castello S.Zeno, che è anche la parte più elevata del centro cittadino; è attestato che l’antico borgo, sorto attorno un castrum, aveva un’estensione minore di quella che sarà poi compresa nel circuito murario che ancor’oggi vediamo.

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MONTAGNANA - Mura e Castelli

Montagnana, prov. Padova, Italy

Latitudine 45° 14’ N, Longitudine 11° 28’ E

Superficie entro la cerchia murata (intra moenia):

ettari 24 c/a (corrispondenti a 1/3 c.a della Padova

medievale)

Altezza media del centro: 16 metri slm, con dislivelli

(ora appena percettibili), di quasi 2 metri fra il punto

più alto (cortile di Castel San Zeno) e le zone più

basse (es., via fra le due Berghette).

Il nucleo storico di Montagnana si eleva, sia pure per pochi metri, sulle aree extra moenia (o campagna): via

Circonvallazione Sud ed Ovest 14 slm; Borgo Eniano e via Altiero (200 metri lato Est cinta) 14,36 slm; contrada

Chisogno (metri 150 c.a da cinta lato NE) 12,90 slm; ponte sulla Degora (c.a km 3 a Est di Castel S.Zeno, lungo

S.S. 10, campagna): metri 12,43 slm.

Montagnana – Origini e sviluppo

Montagnana dal periodo preistorico sino al VI sec. d.C. fu una località posta sull’antico percorso dell’Adige (sulla

direttrice Veronella-Minerbe-Montagnana-Este). Qui vi fu un rilevante centro paleo-veneto, attestato da rinvenimenti

in località Prato della Valle (circa 200 metri a nord dell’attuale centro storico) e soprattutto da campagne di scavo

condotte negli anni ’80 del secolo scorso, che misero in luce abitazioni e sepolcreti paleo-veneti dell’Età del bronzo,

nell’area ora corrispondente a Borgo Eniano (circa 400 metri a Est dell’attuale centro).

Altri scavi, condotti nel 1973-1974, hanno portato in luce pregevoli reperti di un sepolcreto d’epoca romana

all’inizio di via Rosa (a c/a 600 metri a sud-ovest).

A causa del dissesto idrogeologico conseguente al tracollo dell’Impero romano, presumibilmente in occasione di una

delle alluvioni seguite alle invasioni barbariche (tradizionalmente, ci si riferisce a quella del 589 d.C., citata da Paolo

Diacono), l’Adige esondò, portandosi per tappe successive a Sud, fino al moderno alveo nella direttrice Legnago-

Badia Polesine- Anguillara.

Il centro storico si alza su di un piano un po’ più elevato rispetto al livello della campagna circostante, su di una

‘motta’, che probabilmente in origine era un dosso fluviale, poi rinforzato e alzato artificialmente; pochi metri di

elevazione sul livello campagna, ridivenuta per ampi tratti palude, fecero della ‘motta’ un nucleo abitativo atto a

proteggere gli abitanti sia dalle esondazioni, che dalle scorrerie.

Il primitivo circuito difensivo, costituito nell’Alto Medioevo, presumibilmente era limitato alla parte orientale

dell’attuale cittadina, verosimilmente fondata su di un isolotto, o dosso sabbioso abbandonato dall’Adige. Gli

abitanti della zona, abbandonati gli antichi insediamenti, non solo esposti alle ultime incursioni barbare (Ungari), ma

anche impraticabili per l’impaludamento di larghe zone della campagna, trovarono più sicuro costituire un villaggio

(vicus), difeso alla bell’e meglio come all’epoca si faceva, ossia rincalzando il ciglio della ‘motta’ con riporti di terra

e proteggendolo con palizzate, o siepi fitte di rovi (spinà), e scavandovi attorno un largo fossato. Era costituito in tal

modo un ‘vallo’, simile a quelli in uso nell’ epoca romana.

Una certa rilevanza Montagnana riacquistò in epoca longobarda come caput Scodesiae, ossia sede amministrativa

retta da un gastaldo, dipendente dalla corte di Monselice; di quell’epoca è un solo un toponimo, dato ad una delle

‘ville’ della campagna vicina: Casale di Scodosia.

Montagnana comincia ad essere citata come tale in documenti relativi a possessi dei marchesi di Tuscia e di Canossa

(anno 906 ), passati poi, per complicate vicende ereditarie, a quei marchesi, poi detti “d’Este” , i quali fra il sec. XI e

il XII posero a Montagnana una delle loro sedi principali.

E’ presumibile, anche se mancano riscontri documentari, che il nucleo dell’antica cittadina in epoca Alto-Medievale

corrispondesse alla zona dell’attuale area del Castello S.Zeno, che è anche la parte più elevata del centro cittadino; è

attestato che l’antico borgo, sorto attorno un castrum, aveva un’estensione minore di quella che sarà poi compresa

nel circuito murario che ancor’oggi vediamo.

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Padova, da città decaduta retta da comites imperiali, fra il sec. XII e il XIII si stava affermando come un dinamico

libero comune, alla ricerca verso sud del controllo dell’Adige, sospingendo i marchesi d’Este dapprima a Rovigo e

quindi a Ferrara. Montagnana entrò nell’orbita di Comune padovano, che cominciò a farne una piazzaforte avanzata

nell’angolo sud-ovest, per contrastare Verona, che nel frattempo stava estendendo il suo controllo lungo le terre

bagnate dall’importante via d’acqua, fino a territori vitali per le mire espansionistiche dei Padovani.

Montagna fu quindi estesa per volere del Comune di Padova con un’addizione verso occidente, sino alla linea

segnata dall’attuale Rocca degli Alberi (ancora non esistente), e le sue difese furono potenziate con due cortine in

soli mattoni ai lati est e ovest, che ancor oggi si vedono, congiunte provvisoriamente, si presume, da cortine in

materiale ligneo, o da siepi di rovi spinosi, come fa supporre il toponimo “via de la spinà” rimasto a lungo

all’odierna via Scaligera. Le opere murarie furono quasi sicuramente iniziate fra il 1270 e il 1280: negli Statuti di

Padova del 1275 è posta una tassa sul vino per erigere “muri Montagnanae”. L’ampiezza dell’area da cingere non

era giustificata tanto dalla popolazione del borgo (anche se nella cronaca del Monaco padovano, scritta dopo il 1270,

Montagnana è detta populosa), ma dall’intento di costituire in quest’area di confine un ricovero (ricètto) per

persone, animali e derrate in caso di pericolo.

E’ documentato, invece, l’intervento fatto nel XIV secolo dai Carraresi, divenuti signori di Padova, i quali

investirono molto su Montagnana, tanto da intraprendere e concludere in pochi anni l’ampliamento e il

potenziamento della cinta, con l’ulteriore ampliamento della cittadina con allungamento dei lati minori a est e ovest

fino ai limiti che ancor oggi si vedono e facendo ex novo, o rifacendo, le cortine maggiori (lati nord e sud), portando

così la cinta ad una lunghezza complessiva di 1.950 metri. Infine, per volontà di Francesco il Vecchio da Carrara fu

eretta dal 1360 al 1362 la possente ed ingegnosa Rocca degli Alberi, con opera condotta dal mastro costruttore

Franceschin de’ Schici. Montagnana fu retta da un podestà e da un proprio Consiglio, e ordinata con Statuti che

risalgono al 1366.

Con il passaggio dal 1405 di Montagnana,

assieme ad ampio territorio della Pianura

padana sino all’Adda, alla Repubblica di

Venezia (motivo politico) e con l’avvento

dell’artiglieria (motivo tecnico),

l’importanza militare delle sue fortificazioni

medioevali venne meno. Solo durante la

guerra di Cambrai (1508-1516) la

piazzaforte di Montagnana tornò a giocare

un ruolo di un certo rilevo nelle alterne

vicende della lunga e aspra contesa.

Pur non avendo più un’importanza militare,

la cinta muraria e il fossato per alcuni secoli

e sino al XVIII furono gelosamente difesi

dalla sua Magnifica Comunità, in quanto

serviva a proteggere la città da possibili

attacchi di malviventi (i portoni venivano

chiusi di notte).

Pianta di Montagnana nel 1856

Gli interventi modificativi dell’assetto originario delle fortificazioni si limitano all’apertura di una porta sul lato

Nord, avvenuta agli inizi del sec. XVI (è l’attuale Porta Vicenza), ottenuta con l’adattamento di una torre di cortina,

decisa anche per facilitare il tragitto verso il porto fluviale sul Frassine) e, nel 1885, l’apertura di due fornici a sud

(Porta XX Settembre), per dare accesso alla nuova stazione ferroviaria. Una pusterla fu aperta nel 1925 nella cortina

sud-est, detta “pusterla di S.Antonio”, dalla vicina omonima chiesa.

Notevole è la conservazione del “fossato” che cinge e completa la cerchia muraria.

Sono invece scomparsi i redefossi che cingevano il Castello e la Rocca verso l’interno della città. Scomparse sono le

fortificazioni esterne (bastide), smantellate in epoca veneziana (vedasi a pag. 5).

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Sistema di fortificazione di Montagnana

La città storica si alza su di un piano un po’ più elevato rispetto al livello della campagna circostante, costituita su di

una motta, che probabilmente era in origine un dosso fluviale, poi rinforzato e artificialmente alzato; su di essa di è

formato nel Basso Impero o nell’Alto Medioevo, il nucleo di quello che poi diventerà il centro fortificato di

Montagnana. La forticazione è un sistem complesso, che sarebbe riduttivo far coincidere con la sola cinta muraria.

Le sue parti psosono essere distinte come segue..

Cinta: cortina muria e torri di linea. In antico doveva trattarsi, come nella generalità degli altri esempi alto-

medievali, di una palizzata o spinata (spinà, siepe fitta di rovi), poi sostituita con muratura in mattoni, a partire

dalla cortine Ovest ed Est. La cinta si fonda su di un vero e proprio ‘vallo’ (con cui impropriamente si designa

talvolta il fossato), ossia il baluardo difensivo formato dal dal ciglio rialzato dell’aggere (mottone, terrapieno), dalla

‘barriera’ di cinta (spinà, palizzata, poi mura) e dal largo fossato.

“Mottoni”: si tratta della scarpa del terrapieno (largo da 3 a 3,5 ml), a rincalzo del muro e delle turri, che scende nel

fossato.

Fossato: è parte integrante delle antiche difese, orofondo solo un paio di metri, ma comunque sufficiente a impedire

o ostacolare l’avvicinamento di nemici alle mura. Eè tuttora allagabile grazie al mantenimento dei canali di

alimentazione e di scolo (in ambito locale viene impropriamente denominato ‘vallo’). ha una larghezza ml da 30 a 45

dalla cortina muraria alla strada.

Castello, Mastio e Rocca: Castello (S.Zeno) e Torre Ezzelina; Rocca degli Alberi. Erano i luoghi maggiormente

fortificati e costituivano l’estremo luogo di resistenza e difesa.

Rivellini: corpi in muratura staccati dalla struttura principale, posti sul fossato a difesa e controllo delle porte,

collegati con ponti levatoi.

Opere di servizio delle fortificazioni

Canali di alimentazione delle acque del fossato: l’acqua è derivata dal fiume Frassine, attraverso il canale

Fiumicello.

Roggia di distribuzione/raccolta delle acque (lungo il perimetro del fossato). Il deflusso dell’acqua aviene ancor’oggi

con una bocca in zona ‘mulini carraresi’ (angolo sud-est), e ritorno al Fiumicello.

Camminada (strada servizio adiacente alle mura, all’interno di esse)

Opere sotterranee: pozzi interni del Castello e della Rocca, canali di scolo della città, che davano sul fossato.

Non sono state rinvenute tracce certe di cunicoli o di gallerie di collegamento fra città e avamposti esterni.

Le mura (cortina muraria)

Le mura

Lunghezza totale della cinta muraria:

metri 1.950 (= 909 pertiche padovane; = 5.462

piedi padovani)

Lati minori mt 300-350 (140 – 164 pertiche)

Lati maggiori mt 650-680 (303 – 318 pertiche)

Altezza: fino al camminamento ronda mt 6,80 –

8,00 (= da 19 a 22,4 piedi padovani)

Ronda-parapetto: altezza mt 1,20

Cammino di ronda: larghezza cm 190 c/a (=

5,32 piedi padovani)

Totale altezza della cortina: mt 10,80 –11,00 (da 30,25 a 30,8 piedi padovani)

Spessore delle mura cm. 95 c/a (= 2,66 piedi padovani)

Lunghezza delle cortine fra torri da 57 a 66 metri (copribili con tiri d’arco incrociati)

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Le mura di cinta, considerate simbolo dei castelli e delle città medievali, sono

generalmente oggetto di interesse e di attrazione turistica. Meno considerato è il

sistema in cui esse erano originariamente incardinate e da cui erano a loro volta difese,

sia all’esterno che all’interno: fossato, motte e controscarpe, canali, rivellini e bastie,

canali, pozzi e cunicoli sotterranei, strade di servizio, etc. In rari casi tale sistema è

ancora visibile e integro, spesso è celato, smantellato o gravemente compromesso.

Pregiudiziale per la sua tutela è quindi la riscoperta e la riaffermazione della cinta

difensiva come sistema complesso e non singolo manufatto. Montagnana ha quindi, tra

le molte città un tempo fortificate, ancora la fortuna di conservare integra la struttura

originaria della cinta completa di fossato.

La parte più rilevante e notevole del complesso è la cinta muraria, impiantata su di un

terrapieno (mottone) rialzato sia rispetto al fossato esterno che, più leggermente, al

sedime interno della città.

(foto) Via Mure Nord. Visibili all’interno gli incasssi per le chiusure dei fornici ad uso di ‘canipe’ (magazzini)

Le mura trecentesche carraresi hanno tessitura mista di mattoni, pietre di trachite euganea e scaglie di calcare, legate con

malta). Sono sostenute dal lato interno da fornici. Sul lato esterno erano intonacate fino al cammino di ronda.

Sono sormontate da merli a profilo quadro (merlatura ‘guelfa’), su cui si aprono feritoie a sguancio (alternando feritoie

sagittarie, parte alta, e feritoie balestriere, in basso). Ogni tratto di cortina porta da 24 a a 28 merli.

A metà di ogni cortina, lo spazio fra i merli è abbassato fino al livello del camminamento, probabilmente per collocarvi

una macchina da lancio nevrobalistica. Nello spessore dei merli sono ancora visibili gli incassi per travetti cui fissare le

ventiere (dette anche mantellette), ossia paratoie mobili in legno a protezione dei soldati negli intervalli fra merlo e merlo.

Sui fianchi dei fornici (lato interno della cinta) sono visibili gli incassi delle travature che servivano a costituire tavolati di

chiusura del fornici stessi, che erano adibiti a magazzini (‘canipe’) per il ricoveo di merci e derrate.

Le torri di linea (per distinguerle da quelle proprie del Castello e della Rocca) sono 24. Sono poste ad distanza che va da

57 a 66 metri l’una è l’altra, in modo tale che lo spazio sotto la cortina muraria potesse essere interamente controllato

dall’alto ponendolo sotto il tito utile di una freccia o balestra.

Sia le torri di linea che quelle dei castelli avevano una copertura in legno, visibile in alcuni dipinti deli secc. XVI-XVII. Ne

resta traccia nei fori di incasso sui lati interni della muratura (sopravvive qualche trave di sostegno in due torri del tratto

nord-ovest).

I merli si alzano di metri 1,80 sopra il

livello del cammino di ronda). La loro

larghezza è di mt 1,30-1,40. A metà di

ogni cortina il parapetto fra i merli è

abbassato al livello del camminamento,

presumibilmente per collocarvi una

macchina da lancio (balista). Gli

intervalli fra merlo e merlo erano

protetti da ‘ventole’ (o ‘mantellette’) in

legno alzabili, a protezione delle

guardie.

Sui merli si alternano feritoie a

sguancio ad altezza di petto e a livello

di camminamento: le prime servivano

per i tiri lunghi con arco e frecce

(saggitarie) e le seconde per il tiro più

inclinato, e potente, con le pesanti

balestre (balestriere)

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Torri di cortina

Torri di cinta n° 24 sulla linea di cinta, più le

torri del castello San Zeno e della Rocca degli

Alberi

Altezza: ml 17-19 (le più alte sono le quattro

torri angolari)

Spessore: cm.113 (in basso)- cm. 100 (in alto)

Pianta esagonale composita: tre lati corti volti

all’esterno; un lato aperto verso interno città

(torre a “gola aperta”). In origine 3 piani a

soppalco in legname (ora solo tracce).

La sommità delle torri era protetta con tetto in

legno.

Nei secc. XV-XVI le torri erano indicate con un

nome, assegnatogli per qualche caratteristica

particolare del luogo, come testimoniato da

documenti presso l’Archivio storico comunale.

Il sistema fortificato di

Montagnana. Le difese avanzate.

Il sistema di difesa di Montagnana era

completato da opere avanzate, esterne alla

città, con funzioni di avvistamento e di prima

difesa (bastie, bicocche). Tali strutture sono

da tempo scomparse (presumubilmente

smantellate nel sec.XVII).

Si ha notizia dell’esistenza delle seguenti

strutture:

(A) il “castellaro”, a NE, ora Prato della

Valle; le sue tracce erano rinvenibili sino al

sec. XIX

(B) il “bastion”, a Ovest della città, ove ora si

trova il vecchio Ospedale

(C) la “bastia granda”, a est, confluenza via

Altiero- via Borgo Eniano

(D) la “bastia piccola”, all’esterno di porta

S.Zeno, presso i Mulini carreresi

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Castello di San Zeno

Nucleo primitivo dell’antico castrum di Montagnana. L’impianto che

ancora oggi vediamo risalirebbe, secondo una tradizione basata su

alcune cronache della fine del ‘200 (come il Chronicon Veronense di

Paride da Cerea) a Ezzelino III da Romano, dopo che nel 1242 ebbe

incendiata Montagnana e strappata ai Marchesi di Este.

Il complesso è formato dal mastio, detto Torre ezzelina (che appare

la parte più antica e di fondazione precedente alla conquista

ezzeliniana), dal castello propriamente detto (forse intrapreso nella

seconda metà del sec. XIII), dall’androne d’ingresso con i rivellini,

questi risalenti all’epoca carrarese.

In epoca veneziana è stato aggiunto a sud dell’androne un corpo per l’alloggiamento invernale delle milizie

(come attesta una lapide posta sulla parete dell’androne attesta “Hyberna provinciae patavinae.MDCCLIV);

attualmente vi sono l’Ufficio Turistico, la Sala Veneziana e il Salone Austriaco. Fino al sec.XVIII il castello era

cinto interamente da fossato (‘redefosso’) ed isolato anche verso l’interno della città. Era provvisto di un proprio

ingresso, con due porte, una verso campagna e una verso città, entrambe protette da rivellini; il passaggio è

osservabile ancor’oggi nel cortile interno. Il rivellino verso campagna del castello era stato conglobato

nell’avancorpo costruito fra 1840 e 1850 dall’Imperial-Regio Governo austriaco per ricavarvi alloggi militari, ma

venne quasi interamente demolito a seguito di un improvvido intervento di restauro condotto agli inizi degli anni

‘970. Tracce del rivellino e del ponte verso città sono venute in luce in occasione degli scavi condotti sull’aera del

fossato interno, nel 2003-04.

Il mastio, detto (sia pure senza fondamento storico) “Torre di

Ezzelino”, è alto 38,40 metri, a pianta quadrata, rinforzato alla base

con scarpa. Il manufatto appare di fattura più antica rispetto al castello

adiacente e la sua fondazione risale presumibilmente al periodo in cui

Montagnana era una delle sedi principali dei feudi che i marchesi

d’Este avevano nel basso Veneto.

Esso mostra chiara traccia di successivi interventi di elevazione: il

corpo originario era alto circa mt 22, alzato poi a circa 33

(presumibilmente in epoca carrarese), e portato sino agli attuali 38,40

metri in epoca veneziana.

La torre, nel suo sviluppo ultimo, è suddivisa in 7 piani.

In origine l’accesso non era posto al piano terra, ma a quota + 9,60

metri da terrra, comunicando solo con l’adiacente Castello.

Lo spessore della muratura va da mt 2,80 alla base a mt 0,56 alla

sommità. Lo spazio vuoto interno (canna) si allarga dai mt 3 alla base

ai mt 7,30 alla sommità.

Ben visibili sulle pareti, i fori delle travi orizzontali a sostegno dei

ponteggi dei cantieri di costruzione e di manutenzione e (“buche

pontaie’).

Nel disegno a destra, sono evidenziati gli interventi successivi di

innalzamento della torre

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In periodo veneziano il Castello divenne sede del

“Provveditore ai canevi”, magistrato preposto ad

organizzare la raccolta della canapa, presso il medesimo

castelli (detto “Tana dei canevi”), che poi veniva spedita

all’Arsenale di Venezia, ove era impiegata soprattutto per

la corderia (cime e corde per la Marina). La Dominanante

fece aggiungere un corpo a sud, collegato al castello dalla

passerella in muratura che superava l’androne d’ingresso,

che venne adibito ad alloggiamento invernale per le truppe

territoriali (“Hiberna”, come ricorda ancora una lapide

posta nel 1754). Dopo il periodo Francese-napoleonico, il

Castello è passato, come del resto tutto il complesso delle

fortificazioni, all’Impero Austriaco (a sin., Pianta del

Castello nel 1769)

Nel 1823 il Castello è stato posto in vendita dall’ I.R. Governo di Venezia e

acquistato nel 1830 dalla Congregazione Municipale di Montagnana.

Il castello divenne alloggio di un distaccamento militare (in appoggio alla vicina

fortezza di Legnago) e dopo l’Unità d’Italia e fino a pochi anni dopo la Guerra

Mondiale, esso fu caserma di un distaccamento di Cavalleria. Dal 1946 alcuni

locali al piano terra sono stati concessi in affitto a privati (magazzini e officina

meccanica) e poi il complesso è stato praticamente abbandonato, tanto che negli

anni ’60 del secolo scorso versava in uno stato di notevole degrato.

A sinistra, interno del cortile di Castel san Zeno. I ballatoi in legno sono stati

installati presumibilmente nel secolo XIX, quando il Castello divenne alloggio militare.

Nel 1971 sono iniziati lavori di restauro condotti dalla Soprintendenza ai Monumenti, che, però, con un malinteso

senso di recupero dell’antico, hanno portato alla demolizione, assieme all’avancorpo ‘austriaco’, anche del vecchio

rivellino che proteggeva la porta verso il fossato esterno.

I lunghi lavori di restauro, terminati nel 1995, hanno consentito progressivamente la fruibilità di tutte le parti del

castello: Torre Ezzelina (visitabile), Castello (sede di: biblioteca comunale, archivio storico e Museo civico con

sezioni paleoveneta, romana e Museo del tenore A.Pertile), parte veneziana (Ufficio turistico, sala convegni e sala

per esposizioni. L’adiacente area scoperta, ora detta Arena Martinelli-Pertile, costituiva l’antico ‘brolo’ del Castello;

negli anni ’30 del secolo scorso sono stati costruiti un palcoscenico e una gradinata per spettacoli all’aperto.

Castello di San Zeno

Androne e passaggi

ponti:

lunghezza totale mt 89

Il corpo castello è a

pianta rettangolare, con

tre piani (l’ultimo piano

è frutto di una

sorpaeleazione in epoca

austriaca).

Provvisto di due torri

d’angolo

Perimetro esterno mt 46

per mt 26.

Cortile interno: mt 11

per mt 27.

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Rocca degli Alberi

Opera evoluta di architettura castrense, eretta dal

1360 al 1362 per volere di Francesco il Vecchio da

Carrara. Mastro-architetto: Franceschin de’ Schici.

Aveva funzioni prettamente militari e come tale era

utilizzata anche dalla Repubblica di Venezia nel Sec.

XV (vedasi Itinerario per la Terraferma veneta di

Marin Sanudo)

Composta da una torre maestra (con merli aggettanti

e caditoie), da una torre secondaria, da un androne

suddiviso in 3 ridotti (vani isolabili per difesa), da 2

rivellini (1 verso campagna e 1 intra moenia).

In origine era interamente cinta da fossato (anche

verso l’ interno città).

A destra, ricostruzione ideale della Rocca, con

i fossati esterno ed interno, in un disegno del

Prof. Leone Parolo

Rocca degli Alberi

L’androne è formato da 10 chiusure mobili: 2 extra moenia, 4

ponti levatoi principali + 4 ponti pedonali (2 lato città e 2 lato

verso campagna); 2 portoni (di cui uno ancora in loco); 2

saracinesche (lato interno e lato verso l’esterno).

Due rivellini proteggono le porte (collegati ognuno con 2 ponti

levatoi + 2 ponti pedonali).

Torre maestra della Rocca: altezza ml 34,80, a piata quadra, con

cortina sommitale aggettante, appoggiata su beccatelli (mensole

in trachite) e archetti, tra i quali si aprono le caditoie – In

origine era suddivisa in 10 piani (legno) + 1 piano sommitale

(cotto)

Torre secondaria: altezza ml 22

Ancora visibile sul lato esterno la puleggia del sollevamento a

carrucola della passerella pedonale che dava accesso all’interno

attraverso 2 anguste posterle.

I ponti mobili in legno erano lunghi metri 4,20 (sostituiti nel

sec. XVIII con ponti ad archi in cotto o tombature)

(a destra, pianta della Rocca in un disegno del Prof. Leone

Parolo)

A cura del Centro di Studi sui Castelli di Montagnana www.castellimontagnana.it