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Modelli Fisico Matematici Teoria delle Caratteristiche e Propagazione Ondosa Laurea triennale in Matematica 2012/13 Franco Cardin

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Modelli Fisico Matematici

Teoria delle Caratteristiche

e Propagazione Ondosa

Laurea triennale in Matematica 2012/13

Franco Cardin

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PremessaIl contenuto culturale di questo corso Modelli Fisico Matematici e sta-to progettato, discusso, scelto, pensando a due direttrici d’utilizzo: da unlato, prolungare adeguatamente la cultura generale in Fisica Matematica —iniziata col primo corso al second’anno di Fisica Matematica— dall’altro,costruire un corpo di argomenti scientifici fortemente matematicizzati e uti-li in applicazioni tecnologiche ingegneristiche. La scelta da operare era daricercarsi in filoni culturali adatti alle aspettative dell’indirizzo modellisitico-numerico del corso di laurea in Matematica, di cui questo corso e partecostitutiva, una direzione dunque di tecno-matematica, pensando cosı conquesto aggettivo alla suddivisione della Matematica Applicata che semprepiu spesso si incontra in vari paesi Europei: la tecno-matematica (elaborazio-ne ed analisi di rigorosi modelli tecnologici predittivi, sistemi dinamici utiliin Fisica e in applicazioni ingegneristico-industriali) e l’econo-matematica(aspetti probabilisitici stocastici attuariali di modelli economico finanziari).Tale scelta e dunque caduta sulla teoria matematica dei continui deformabilie di alcune applicazioni possibili in tale modello: la termodinamica rigoro-sa, la teoria della propagazione delle onde, quest’ultima poggiantesi su unaintroduzione alla ‘teoria delle caratteristiche’, linguaggio matematico basemoderno per l’iniziale studio delle equazioni alle derivate parziali (PDE). Edandando a ritroso, tale teoria delle caratteristiche deve poggiare a sua voltanella cosiddetta ‘formulazione Hamiltoniana’ della Meccanica Analitica, dicui sono note agli allievi matematici (dal corso di second’anno di Fisica Ma-tematica) solamente le premesse. Incidentalmente, la necessita contingentedi acquisire una competenza di base in Meccanica Hamiltoniana diventa vir-tuosa: lo studente che deviasse dall’indirizzo modellistico-numerico verso peresempio l’indirizzo generale, magari per una specializzazione piu prettamen-te fisico-matematica, non si troverebbe spiazzato nel recupero della culturaHamiltoniana, fondamentale nella costruzione della Fisica Matematica mo-derna. Si e tentato di dare un taglio didattico alla teoria e alla applicazionidella meccanica dei continui di tipo ‘dinamicistico’, presentando tale teoriacome un paradigma di sistema dinamico infinito-dimensionale: questo e insostanza uno stile ispiratore di questa dispensa, sia degli appunti di meccani-ca dei continui presenti nell’altra mia dispensa (Sistemi Dinamici Meccanici),gia utilizzata parzialmente nel corso di Fisica Matematica, sia degli appuntiredatti da M. Favretti, appositamente per parte di questo corso.

Franco Cardin, 18 gennaio 2013

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Indice

1 Metodo delle Caratteristiche 41.1 Teoria Lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.2 Teoria Quasi-Lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

1.2.1 Un’analisi dettagliata delle singolarita. La genesi dellegalassie secondo il modello di Zeldovic-Arnol’d . . . . . 12

1.3 Teoria Non-Lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181.3.1 Equazione di Hamilton-Jacobi . . . . . . . . . . . . . . 181.3.2 Equazione di Hamilton-Jacobi di tipo evolutivo. Pro-

blema di Cauchy . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2 Ottica Ondulatoria asintotica elementare e Ottica Geome-trica 282.1 Da Maxwell a Fermat . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

2.1.1 Esempio: caustiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 342.1.2 Altro esempio: da Fermat alla legge di rifrazione di

Snellius . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

3 Propagazione per Onde nei Sistemi di PDE di Leggi diBilancio 413.1 Onde di Discontinuita deboli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 413.2 Onde Asintotiche ad Alta Frequenza . . . . . . . . . . . . . . 463.3 Onde d’Urto (Shock waves) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 463.4 Velocita del suono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

4 La teoria di Friedrichs - Lax - Godounov - Boillat 52

5 Primi Elementi di Teoria Qualitativa dei Sistemi Dinamici 555.1 Integrali primi, dipendenti dal tempo, di campi vettoriali che

dipendono possibilmente dal tempo . . . . . . . . . . . . . . . 555.2 Intermezzo: Derivata di determinante . . . . . . . . . . . . . . 565.3 Teorema del Trasporto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

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5.4 Leggi di Conservazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 605.5 (Verso la) Diffusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 615.6 Il fenomeno del Large Damping nelle equazioni di Newton . . 63

5.6.1 Large Damping lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . 635.7 Funzionali di Lyapunov per Fokker-Planck: entropia relativa

e energia libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 655.7.1 Generalita sull’equazione di Fokker-Planck . . . . . . . 655.7.2 L’Entropia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 665.7.3 Fokker-Planck e termodinamica di non-equilibrio . . . 685.7.4 Fokker-Planck e teoria delle Grandi Deviazioni . . . . . 69

6 Serie di Fourier ed equazione del calore: la diffusione 726.1 Euristica: Teorema di rappresentazione di vettori negli spazi

finito-dimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 726.2 Lo spazio delle funzioni L2([0, T ];C) . . . . . . . . . . . . . . . 73

6.2.1 Serie di soli coseni (o di soli seni) . . . . . . . . . . . . 766.2.2 Qualche teorema e stima . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

6.3 Equazione del calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 776.3.1 Una (rapida) deduzione dell’equazione del calore . . . . 776.3.2 Soluzione dell’equazioni del calore con le serie di Fourier 796.3.3 Equazione di Diffusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 806.3.4 Effetto grotta-cantina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

7 Riduzione finito-dimensionaleesatta in teoria dei campi 84

8 Trasformata di Fourier e TAC 898.1 Euristica: dalle serie all’integrale di Fourier . . . . . . . . . . . 898.2 Trasformata di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90

8.2.1 Serie e Trasformate di Fourier multiple: rispettivamen-te in [0, T ]n e in Rn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90

8.2.2 Generalita analitiche & topologiche . . . . . . . . . . . 918.3 Tomografia Assiale Computerizzata . . . . . . . . . . . . . . . 92

8.3.1 Teorema di invarianza per rotazioni di F . . . . . . . . 928.3.2 TAC: ricostruzione della densita . . . . . . . . . . . . . 93

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Capitolo 1

Metodo delle Caratteristiche

1.1 Teoria Lineare

Consideriamo l’equazione differenziale alle derivate parziali (PDE) linearenell’incognita u = u(x),

(∗)d∑

α=0

aα(x)∂u

∂xα(x) = b(x)

somma su α = 0, 1, 2, ..., d, per esempio d = 3, x0 = t,

x = (xα)α=0,1,2,...,d ∈ Rd+1 : Spazio− Tempo.

Il nostro problema (Problema iniziale di Cauchy) consiste nel ricercare so-luzione u di (∗) tale che sulla ipersuperficie Σd dello Spazio−Tempo,

Σd → Rd+1

kL 7→ xα(kL) L = 1, 2, ..., d,

l’incognita u valgau|Σd = σ,

ove σ e il dato iniziale,

σ : Σd −→ R, kL 7→ σ(kL).

Naturalmente u|Σd = σ significa:

u(xα(kL)) = σ(kL).

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Una scelta naturale per Σd nell’impostazione presente e Σd = t =0×Rd, in altre parole, il nostro in problema e cosı ai ‘valori inizali’, si chiedeche l’incognita u = u(x) = u(t, xL) soddisfi alla condizione u(0, xL) = σ(xL);la generale impostazione qui adottata (cioe, dato iniziale su una generica iper-superficie di co-dimensione 1 nello spazio-tempo) sara utile nei piu generaliproblemi cosiddetti ‘al bordo’.

La strategia della costruzione della soluzione sara squisitamente geome-trica. Nello spazio Rd+2, inteso come Spazio Tempo Allargato allo spazioR1 ove assume valori l’incognita scalare u, consideriamo il seguente campovettoriale V

V : Rd+2 −→ Rd+2

(x, u) 7→ (a0, a1, ..., aα, ..., ad, b)

La nostra equazione differenziale si interpreta cosı nella ricerca di

Φ : Rd+2 −→ R, della forma : Φ(x, u) = φ(x)− u,

tale che (• : prodotto scalare in Rd+2, ∇ = ∇Rd+2)

(∗∗) V • ∇Φ∣∣Φ=0

= 0

Infatti,

∇Φ = ∇Rd+2(φ(x)− u) = (∂φ

∂x0, ...,

∂φ

∂xd,−1)

e si verifica facilmente l’equivalenza di (∗∗) con (∗). La (∗∗) ci offre ora unaproprieta geometrica molto utile della soluzione, vista ora come ‘zeri’ dellafunzione Φ:

Il campo vettoriale caratteristico V e ovunque tangente al luogo Φ = 0.

L’idea e la seguente: le linee di flusso di V comporranno il tessuto rea-lizzante Φ = 0; in Rd+2 rappresentiamo la varieta iniziale d-dimensionale Σd

dei dati iniziali, la cui immersione e

k 7−→ (x(k), σ(k)),

se il campo vettoriale V interseca trasversalmente Σd (cioe, non vi e tangen-te), allora la superficie ‘rigata’ d+1-dim, che si ottiene costruendo le soluzionidell’equazione differenziale ordinaria associata a V , dv

dλ= V (v) che partono

per λ = 0 da Σd, e candidata ad essere il luogo geometrico rappresentato daΦ(x, u) = 0, cioe infine u = φ(x) e la condizione V • ∇Φ = 0 e chiaramentesoddisfatta.

v = V (v) :

x = a(x)u = b(x)

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Si noti che il primo gruppo di equazioni x = a(x) e indipendente dall’ultimaequazione u = b(x). Scriviamo con x = x(λ, x0) il flusso di x = a(x), dunquela curva (detta caratteristica) che parte da k ∈ Σd e

x = x(λ, k) := x(λ, x(k))

mentre

u = u(λ, k) = σ(k) +

∫ λ

0

b(x(λ′, k)

)dλ′

Si noti che k, λ sono coordinate naturali globali, in Rd+2, sulla superficie‘rigata’ d + 1- dim delle caratterisitiche uscenti da Σd, infatti essa ha lastruttura di ‘grafico’: u = u(λ, k).Ultimo passo: la mappa

R1 × Σd −→ Rd+1

(λ, k) 7−→ x(λ, k)

e un diffeomorfismo globale, e invertibile? Se il campo vettoriale x = a(x) nonammette punti d’equilibrio 1 ed eventuali soluzioni periodiche non si accumu-lano, allora, almeno localmente, ma indipendentemente dal dato iniziale σ,il flusso di a, a partire da una ipersuperficie Σd, spazza ‘diffeomorficamente’regioni dello spazio-tempo. Dunque esiste l’inversa

λ = λ(x), k = k(x)

e la soluzione cercata e infine

u = φ(x) = u(λ(x), k(x)

)=[σ(k) +

∫ λ

0

b(x(λ′, k)

)dλ′]∣∣∣λ(x),k(x)

.

1basta per esempio che una componente del campo vettoriale sia sempre diversa da zero, p.e. a0(x) ≡ 1,

come nel caso dell’equazione di evoluzione: ∂∂tu+

∑dL=1 a

L(t, x) ∂∂xL

u = b(t, x).

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Esercizio. Studiare il problema di Cauchy

∂u

∂t(t, x) = x

∂u

∂x(t, x), u(0, x) = σ(x) (∗)

Il campo vettoriale caratteristico e

V : R3 → R3, v = (t, x, u) 7→ V (v) = (1,−x, 0)

v = V (v),

t = 1x = −xu = 0

t(λ, t0, x0, u0) = t0 + λx(λ, t0, x0, u0) = x0e

−λ

u(λ, t0, x0, u0) = u0

per d = 1 : Σd = t0 = 0 × R1

Σd = (t0, x0, u0) : t0 = 0, x0 = k, u0 = σ(k), k ∈ R1

Il flusso di V che parte da Σd disegna la superficie 2-dimensionale:t(λ, k) = λx(λ, k) = ke−λ

u(λ, k) = σ(k)

e infine la soluzione e:u = u(t, x) = σ(etx).

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Consideriamo l’equazione appena studiata come un sistema dinamicoinfinito-dimensionale. Sia

Q := C∞(R;R)

lo spazio degli stati ove evolve il sistema. Il campo vettoriale (da un altropunto di vista, e un operatore differenziale) sia

X : Q −→ Q

v(·) 7→ X(v(·))(x) := xdv

dx(x).

Studiare la dinamica associata ad X significa ricercare le curve R 3 t 7→v(t, ·) ∈ Q tali che

v = X(v)

con generico dato iniziale (problema di Cauchy)

v|t=0 = ϕ ∈ Q.

In dettaglio,

∂tv(t, x) = x

∂xv(t, x), v(0, x) = ϕ(x).

Si tratta quindi di studiare un problema di Cauchy per un’equazione allederivate parziali, e i conti sopra esposti con la teoria delle caratteristiche cipermettono di scriverne esplicitamente la soluzione:

v(t, x) = ϕ(etx).

Si nota subito che la soluzione identicamente nulla v = 0 e un equilibrio pertale sistema dinamico: X(0) = 0. Per analizzarne l’eventuale Lyapunov sta-bilita, doteremo dunque di topologia lo spazio Q := C∞(R;R) mediante op-portune norme: vedremo che la non equivalenza topologica delle norme neglispazi infinito-dimensionali implichera radicali differenze qualitative intornoalla stabilita.

i) Consideriamo ||v||∞ = supx∈R |v(x)|. Ci chiediamo se per ogni ε > 0esiste δ > 0 tale che per ogni dato iniziale ||ϕ||∞ < δ la soluzione v(t, ·) siatale che ||v(t, ·)||∞ < ε per ogni t ≥ 0; questo e banalmente vero per δ = ε:

||v(t, ·)||∞ = supx∈R|ϕ(etx)| = supx∈R|ϕ(x)| = ||ϕ||∞,

dunque v = 0 e un equilibrio stabile nella L∞-topologia.

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ii) Consideriamo ora le norme Lp:

||v||Lp =( ∫

x∈R|v(x)|pdx

)1/p.

Consideriamo quindi la stima della soluzione

||v(t, ·)||Lp =( ∫

x∈R|ϕ(etx)|pdx

)1/p,

facciamo il cambio di variabile d’integrazione τ(x) = etx, otteniamo

||v(t, ·)||Lp =( ∫

x∈R|ϕ(τ)|pe−tdτ

)1/p= e−t/p||ϕ||Lp .

Otteniamo pertanto l’asintotica stabilita nella Lp-topologia.

iii) Infine la norma C1,

||v||C1 = supx∈R|v(x)|+ sup

x∈R| ddxv(x)|.

Ora accade che

||v(t, ·)||C1 = supx∈R|ϕ(etx)|+ sup

x∈R| ddxϕ(etx)| = sup

x∈R|ϕ(x)|+ et sup

x∈R| ddxϕ(x)|.

Dunque, comunque scegliamo ϕ, l’andamento esponenziale ci mostra che lasoluzione esce, a qualche istante t, da qualunque palla di raggio ε > 0: v = 0e instabile nella C1-topologia. In questa linea di pensiero, e per ulteriori svi-luppi applicativi, si veda per esempio V. I. Yudovich “The Linearization Me-thod in Hydrodynamical Stability Theory”, American Mathematical Society- Translations of Mathemat. Monographs, Vol. 74, 1980.

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1.2 Teoria Quasi-Lineare

Lo studio dei problemi di Cauchy per l’equazione differenziale alle derivateparziali quasi-lineare nell’incognita u = u(x),

d∑α=0

aα(x, u(x))∂u

∂xα(x) = b(x, u(x))

si imposta esattamente come nel caso lineare. Ora pero il campo vettorialecaratteristico V coinvolge in maniera non separabile le variabili x e u:

V : Rd+2 −→ Rd+2

v = (x, u) 7→ (a0(x, u), a1(x, u), ..., aα(x, u), ..., ad(x, u), b(x, u))

v = V (v) :

x = a(x, u)u = b(x, u)

La richiesta che la mappa

R1 × Σd −→ Rd+1

(λ, k) 7−→ x(λ, k)

sia un diffeomorfismo si scontra non solo con aspetti tecnici di V (come nelcaso lineare), ma anche (questa e la novita) con la struttura del dato iniziale(o di bordo) σ.

Esempio. Studiamo il moto (inerziale) di un continuo 1-dimensionaleprivo di struttura e di forze esterne, il campo incognito u(t, x) rappresenta lavelocita spaziale (o euleriana) e il dato iniziale consiste in una distribuzionegaussiana di velocita:

∂u

∂t+ u

∂u

∂x= 0, u(0, x) = σ(x) = e−x

2

v = V (v) :

t = 1x = uu = 0

t = t(λ, t0, x0, u0) = t0 + λu = u(λ, t0, x0, u0) = u0

x = x(λ, t0, x0, u0) = x0 + u0λ

Dati iniziali:t0 = 0, x0 = k ∈ R, u0 = e−k

2

,

10

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t = t(λ, k) = λ

u = u(λ, k) = e−k2

x = x(λ, k) = k + λe−k2, x = k + te−k

2

Se da quest’ultima relazione riuscissimo ad estrarre k = k(t, x), sostituendo inu(λ, k) = e−k

2, osservando banalmente che λ(t, x) = t, otterremo la soluzione

cercata; dobbiamo studiare la condizione (teor. f. implicita):

∂k(−x+ k + te−k

2

) = 1− 2kte−k2

,

per ogni k∗(> 0) fissato (punto geometrico da cui muove una caratteristi-

ca) esiste un tempo critico t∗(> 0) per cui 1 − 2k∗t∗e−k∗2

= 0: t∗ = ek∗2

2k∗,

s’innescano soluzioni multivoche, in altri termini, non esistono piu soluzioniclassiche.

Altro esempio, continuo 1-dimensionale privo di struttura e in presenzadi viscosita:

∂u

∂t+ u

∂u

∂t= −χu, χ > 0, u(0, x) = σ(x) = e−x

2

v = V (v) :

t = 1x = uu = −χu

t = t(λ, t0, x0, u0) = t0 + λu = u(λ, t0, x0, u0) = u0e

−χλ

x = x(λ, t0, x0, u0) = x0 +∫ λ

0u0e−χλ′dλ′ = x0 + u0

χ(1− e−χλ)

Dati iniziali:t0 = 0, x0 = k ∈ R, u0 = e−k

2

,

t = t(λ, k) = λ

u = u(λ, k) = e−k2e−χλ

x = x(λ, k) = k + e−k2

χ(1− e−χλ), x = k + e−k

2

χ(1− e−χt)

∂k[−x+ k +

e−k2

χ(1− e−χt)] = 1− 2k

e−k2

χ(1− e−χt)

e per χ sufficientemente grande non e mai nulla: la soluzione classica globaleesiste.

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1.2.1 Un’analisi dettagliata delle singolarita. La gene-si delle galassie secondo il modello di Zeldovic-Arnol’d

In accordo con le moderne teorie cosmologiche, al tempo t = 0 la distribuzioneiniziale delle velocita delle particelle y eiettate nella ‘grande esplosione’ (bigbang) da un ‘nocciolo duro’ (hard core) C∗ ⊂ R3 sia di tipo cosiddetto‘potenziale’:

v : C∗ ⊂ R3 → R3, y 7−→ v(y) = ∇yW (y) =

(∂W

∂y1,∂W

∂y2,∂W

∂y3

),

per qualche (non nota) funzione scalare

W : C∗ ⊂ R3 → R, y 7−→ W (y).

Quaest’ipotesi e sorretta dal fatto che le osservazioni degli astrofisici sullostato primordiale del cosmo non rivelano alcuna ‘vorticita’ inizale ω,

ω := skw(∇v)ij := 12

(∂vi∂yj− ∂vj

∂yi

)dunque nel nostro caso

skw(∇v)ij =1

2

(∂vi∂yj− ∂vj∂yi

)= 0

e questo implica2 che

vi =∂W

∂yii = 1, 2, 3

E facile notare la compatibilita dell’ultima relazione con l’ipotesi di assenzadi vorticita: basta p.e. ricordare che le derivate parziali miste di funzioni C2

sono simmetriche3, cioe, ∂2W∂yi∂yj

= ∂2W∂yj∂yi

.Inoltre, altra grande semplificazione, riterremo che tali particelle pri-

mordiali interagiscano tra loro solo mediante collisioni, ritenendo quinditrascurabili gli effetti gravitazionali rispetto all’altissima energia (velocita)coinvolta; per la velocita euleriana v(t, x):

∂vi

∂t+

3∑j=1

∂vi

∂xjvj = 0, v(0, x) = ∇W (x)

2nei domini semplicemente connessi3teorema di Schwartz

12

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Il moto di tale mezzo continuo e pertanto descritto da

x = x(t, y) = y + v(y)t = y +∇yW (y)t

Si noti che ogni particella y ∈ C∗ viaggia con velocita costante:∂∂tx(t, y) = ∂

∂tx(0, y) = v(y) = ∇yW (y)

Questa funzione-moto x(t, y) esprime in che punto geometrico x dellospazio R3 si trova al tempo t ∈ R la particella y ∈ C∗.

L’ulteriore idea e che nelle collisioni le particelle si condensarono eformarono strutture evolute (galassie, ecc.).

Dal punto di vista matematico: la ricerca della genesi di tali strutturee esattamente equivalente alla descrizione della caduta di invertibilita dellafunzione-moto sopra scritta. Infatti, se per ogni fissato t ≥ 0, la mappa

C∗︸︷︷︸dominio

3 y 7−→ x(t, y) ∈ x(t, C∗)︸ ︷︷ ︸immagine

fosse invertibile, cioe esistesse l’inversa

x 7−→ y(t, x)

tale chex(t, y(t, x)) = x

allora, evidentemente, nessuna collisione avrebbe luogo.Dobbiamo dunque indagare sulle ‘patologie’ del moto, cioe indagare sui

tempi e sulle particelle coinvolti nella ‘caduta’ della condizione algebrica nelteorema di inversione locale, e cioe osservare quando la matrice jacobianadelle derivate parziali del moto diventa degenere:

det∂xi∂yj

(t, y) = det

(δij +

∂2W

∂yi∂yj(y)t

)= det(1 +∇2

yyW (y)t) = 0

Notiamo che la matrice 1 + ∇2yyW (y)t e simmetrica. Dunque, esiste4

una rotazione opportuna degli assi (dello spazio geometrico delle x) per cuiquesta matrice si rappresenta ora in forma diagonale e gli elementi di talediagonale sono esattamente gli autovalori della matrice in studio, che sono(data la simmetria della matrice) numeri reali.

Si osservi che tale diagonalizzazione e proprio possibile grazie all’ipotesidi assenza di vorticita effettuata. In tale nuova base

4Mediante semplice algebra e/o geometria elementare delle f. quadratiche

13

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det(1 +∇2

yyW (y)t)

=

det

1 0 00 1 00 0 1

+

a1(y) 0 00 a2(y) 00 0 a3(y)

t

= Π3j=1

(1 + aj(y)t

)e supponiamo ora che ad un tempo t0, per un indice j′ e per una particellay0, si abbia:

aj′(y0) = − 1

t0,

det

1 0 00 1 00 0 1

+

a1(y0) 0 00 a2(y0) 00 0 a3(y0)

t0

= Π3j=1

(1 + aj(y0)t0

)= 0

Si noti che − 1t0

e autovalore di

a1(y0) 0 00 a2(y0) 00 0 a3(y0)

, e dunque pure

di ∇2yyW (y0) (piu avanti sara utile). Accade dunque un fenomeno locale di

collisione al tempo t0 e coinvolgente la particella y0.• Se affermiamo che al tempo t0 questa e la prima collisione, allora y0 eun minimo locale per C∗ 3 y 7→ aj′(y) ∈ R. Infatti, se in un aperto localead y0 esistesse un y1 tale che

aj′(y1) < aj′(y0) = − 1

t0,

allora esisterebbe t1 < t0 per cui:

aj′(y1) = − 1

t1< − 1

t0= aj′(y0) ,

ma cio e assurdo, perche stiamo supponendo che al tempo t0 avvenga la primacollisione (o singolarita), che e coinvolgente y0.Supponiamo genericamente5 che tale minimo sia ‘leggibile’ mediante il testdelle derivate seconde, cioe:

∇yaj′(y0) = 0, ∇2yyaj′(y0) : definita positiva

5si dimostra che non e una ipotesi severa

14

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• Vorremmo ora capire cosa accade per tempi immediatamente successivia t0. Indaghiamo prima di tutto sulle particelle (e quali) coinvolte negli urtiad un tempo t0 + ε, per piccolo ε > 0. Pratichiamo uno sviluppo di Taylorper aj′(y) con polo in y0:

aj′(y) = aj′(y0) +1

2∇2yyaj′(y0)(y − y0)(y − y0) +O(|y − y0|3),

aj′(y) = − 1

t0+

1

2∇2yyaj′(y0)(y − y0)(y − y0) +O(|y − y0|3),

e consideriamo le particelle y, vicine ad y0, coinvolte nelle collisioni al tempot0 + ε, cosicche

aj′(y) = − 1

t0 + ε,

− 1

t0 + ε= − 1

t0+

1

2∇2yyaj′(y0)(y − y0)(y − y0) +O(|y − y0|3),

Ora, a meno dei termini O(|y−y0|3), e trascurando inoltre termini dell’ordineO(ε2), per cui approssimiamo

− 1

t0 + ε+

1

t0=

(t0 + ε)t0=

(t0 + ε)t0

]ε=0

+d

(t0 + ε)t0

]ε=0

ε+O(ε2) ≈ ε

t20,

riscriviamo l’ultima relazione nella forma:

ε

t20=

1

2∇2yyaj′(y0)(y − y0)(y − y0)

dove, genericamente, ∇2yyaj′(y0) e supposta definita positiva.

Rappresenteremo l’ellissoide delle particelle y (in C∗ ⊂ R3y) coinvolte nelle

collisioni al tempo t0 + ε nel seguente modo:

y = y0 + n k(n)√ε

dove per ogni fissato n ∈ S2, |n| = 1, esiste un k(n) > 0, indipendente da ε,k : S2 → R+, per cui si realizza la relazione di cui sopra.Questo ellissoide e nello spazio ‘materiale’ , C∗, qual e la sua forma nellospazio ‘geometrico’ R3

x?Per vederlo, dobbiamo far agire la funzione-moto al tempo t0 + ε.

x = x(t0 + ε, y)|y=... = y0 + n k(n)√ε︸ ︷︷ ︸

= y

+∇yW(y0 + n k(n)

√ε︸ ︷︷ ︸

= y

)(t0 + ε),

15

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∇yW(y0 + n k(n)

√ε)

= ∇yW (y0) +∇2yyW (y0) n k(n)

√ε+O(ε)

Inserendo nel moto:

x = y0 + n k(n)√ε+

(∇yW (y0) +∇2

yyW (y0) n k(n)√ε+O(ε)

)(t0 + ε),

ordinando:

x = y0 +∇yW (y0)(t0︸ ︷︷ ︸O(1)

+ ε) +O(ε)t0︸ ︷︷ ︸O(ε)

+ (non dipende linearmente da n)

+∇2yyW (y0) n k(n) ε3/2︸ ︷︷ ︸

O(ε3/2)

+(t0∇2

yyW (y0) + 1)n k(n)

√ε︸ ︷︷ ︸

O(ε1/2)

+O(ε2)

infine, a meno dei termini O(ε2), x = x(n) e dato da

x =y0 +∇yW (y0)(t0 + ε) +O(ε)t0

+

+∇2yyW (y0) n k(n) ε3/2 +

(t0∇2

yyW (y0) + 1)n k(n)

√ε.

Qualora scegliamo per n esattamente l’autovettore di ∇2yyW (y0) relativo al-

l’autovalore − 1t0

, allora il termine(t0∇2

yyW (y0) + 1)n = 0 cosicche la forma

del luogo di collissione nello spazio R3x e quella di un ellissoide con due assi di

ordine ε1/2 (grande!) ed un terzo asse, parallelo a n, di ordine ε3/2(piccolo!):Questa e precisamente la forma di un ellissoide molto schiacciato, un

flying saucer, proprio come una galassia (o un cluster, ammasso di galassie).

Interazione tra singolarita in R2 (da “Catastrophe theory”, V.I. Arnol’d):

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Arnol’d V.I., Catastrophe theory. Third edition. Springer-Verlag, Berlin,1992. xiv+150 pp. (tradotto in italiano da Bollati-Boringhieri)

Arnol’d V.I., Zeldovich Ya. B., Shandarin S. F. The large-scale structureof the universe. I. General properties. One-dimensional and two-dimensionalmodels. (Russian) Akad. Nauk SSSR Inst. Prikl. Mat. Preprint 1981, no.100, 31 pp.

Arnol’d V.I., Reconstructions of singularities of potential flows in a collision-free medium and caustic metamorphoses in three-dimensional space. (Rus-sian) Trudy Sem. Petrovsk. No. 8, (1982), 21–57.

Zeldovich Ya. B., Gravitational instability: an approximate theory forlarge density perturbation. (Russian) Astron. Astrophys. 5 (1970) 84–89.

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1.3 Teoria Non-Lineare

1.3.1 Equazione di Hamilton-Jacobi

Siamo ora interessati allo studio dell’equazione6

(HJ) H(q,∂u

∂q(q)) = 0, dove H : T ∗Rn = R2n → R, (q, p) 7→ H(q, p)

e una funzione Hamiltoniana, possibilmente non lineare. Il caso in cui x =(t, q) e nello spazio-tempo sara considerato in seguito. Tale equazione prendeil nome di equazione di Hamilton-Jacobi, e non e naturalmente la piu generaleequ. non lineare del primo ordine che, infatti, e del tipo: F (q, u(q), ∂u

∂q(q)) =

0. La teoria delle caratteristiche finora sviluppata e insufficiente per taleequazione e per i problemi di Cauchy associati. Per tratteggiare, motivare,una nuova teoria, supponiamo che u(q) sia una soluzione classica di Hamilton-Jacobi; consideriamone il grafico del differenziale nello spazio delle fasi R2n:

Λ := (q, p) : p =∂u

∂q(q), q ∈ Rn ⊂ T ∗Rn

Prima di indagare sulle proprieta di Λ, introduciamo7 nelle spazio delle fasi(il ‘fibrato co-tangente’) T ∗Rn = R2n la seguente 1-forma differenziale8 (dettadi Liouville)

θ =n∑i=1

pidqi

Ritorniamo a Λ, notiamo i seguenti fatti:(i) dimΛ = n = 1

2dimT ∗Rn,

(ii) θ|Λ e esatta,(iii) Λ, dato che ha la struttura di un grafico, e trasversale9 alle fibre dellaproiezione π : R2n → Rn, (q, p) 7→ π(q, p) = q.

Ricordiamo che la restrizione (‘pull-back’) di una 1-forma ω =∑2n

α=1 ωα(x)dxα

su R2n di una sotto-varieta n-dim. S, j : S → R2n, λ 7→ x = j(λ), e datadalla 1-forma

6Non cambierebbe nulla concettualmente se fosse H(q, ∂u∂q

(q)) = e, con e 6= 0, basta ridefinire

l’Hamiltoniana per ricadere nel caso sopra descritto.7in realta, richiamiamo un oggetto gia introdotto nel corso introduttivo di Fisica Matematica.8 La piu generale 1-forma in R2n e del tipo:

Ψ =n∑i=1

Ai(q, p)dqi +

n∑i=1

Bi(q, p)dpi

9cioe, ∀q ∈ Rn, Λ ∩ π−1(q) contiene un unico punto.

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ω|S =2n∑α=1

ωα(x)dxα|S =2n∑α=1

ωα(j(λ))n∑i=1

∂jα

∂λi(λ)dλi

Dunque, ritornando alla verifica10 della (ii), e pensando che l’inclusionedi Λ in R2n e semplicemente q 7→ (q, p = ∂u

∂q(q)) —in altre parole, Λ e

parametrizzata dalle q ∈ Rn: Λ e diffeomorfa a Rn— si ha:

θ|Λ =n∑i=1

pidqi|Λ =

n∑i=1

∂u

∂qi(q)dqi = du.

Dire infine che u(q) risolve Hamilton-Jacobi in questo linguaggio geometricosignifica affermare che

(HJ geom.) Λ ⊂ H−1(0)

La strategia di costruzione di nuove soluzioni generalizzate di (HJ) e ditipo globale (soluzioni classiche sono in generale costruibili solo localmen-te data la non linearita dell’equazione) sara la seguente: definiremo primadi tutto le sottovarieta Lagrangiane di T ∗Rn (che generalizzano i grafici didifferenziali):

Λ ⊂ T ∗Rn e sottovarieta Lagrangiana sei) dimΛ = n = 1

2dimT ∗Rn,

ii) θ|Λ e chiusa.

Si noti che e una definizione piu debole di quanto osservato per i grafi-ci di differenziali: ‘esatto’ si rilassa in ‘chiuso’ e non si richiede la globaletrasversalita.Definizione: Diremo che Λ e una soluzione geometrica di Hamilton-Jacobi see una sottovarieta Lagrangiana contenuta in H−1(0).Si tratta ora di definire un metodo per costruire sottovarieta Lagrangia-ne Λ ⊂ T ∗Rn. Una generica sottovarieta Lagrangiana non sara in tuttageneralita identificabile con Rn, come nel caso del grafico di differenziale,bensı

j π

Λ → T ∗Rn −→ Rn

k 7→ (q(k), p(k)) 7→ q(k)

10la verifica delle altre due proprieta (i) e (iii) e invece immediata.

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A volte scriveremo: z(k) = (q(k), p(k)). Richiamiamo qui che

θ∣∣Λ

=n∑i=1

pi(k)dqi(k) =∑j

[∑i

pi(k)∂qi

∂kj(k)]dkj,

dunque θ∣∣Λ

e chiusa se e solo se, ∀j, l,

∂kl

[∑i

pi∂qi

∂kj

]=

∂kj

[∑i

pi∂qi

∂kl

],

e, sviluppando, θ∣∣Λ

e chiusa se e solo se, ∀j, l,

(∗)∑i

∂pi∂kl

∂qi

∂kj−∑i

∂pi∂kj

∂qi

∂kl= 0.

Tale condizione si puo riassumere introducendo la seguente matrice 2n× 2n:

E =

(O I−I O

), z =

(zΓ)

=

(qi

pj

)∈ R2n

e si verifica che (∗) si riscrive

(∗)′ EΓ∆∂zΓ

∂ki(k)

∂z∆

∂kj(k) = 0.

Realizziamo ora un test sulla nuova definizione di soluzione: se vale Λ ⊂H−1(0) e se, inoltre, Λ e trasversale alle fibre di T ∗Rn, cioe ‘al di sopra’ diogni q ∈ Rn esiste uno ed un unico punto di Λ, in altri termini, π j e undiffeomorfismo,

(?) Λ 3 k 7→ q(k) ∈ Rn,

e ne indicheremo con k(q) l’inverso, allora considerata una primitiva11 di θ|Λ ,u(k)

du(k) =∑j

[∑i

pi(k)∂qi

∂kj(k)]dkj,

definiamou(q) := u(k(q)).

Si ha che

du =∂u

∂k

∂k

∂qdq = p(k)|k=k(q)

∂q

∂k

∂k

∂qdq ⇒ p|Λ(q) =

∂u

∂q(q),

11 ogni forma chiusa e localmente esatta, lemma di Poincare.

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cioe Λ e proprio il grafico del differenziale della funzione u = u(q). In questeipotesi di esattezza e trasversalita, la s.varieta Lagrangiana Λ porge soluzioniclassiche u = u(q) nei sottoinsiemi semplicemente connessi di Λ.

Come si costruiscono le s.v. Lagrangiane Λ ⊂ H−1(0)?Il seguente teorema (dopo il lemma) e il motore fondamentale per la co-struzione di Λ Lagrangiane in H−1(0). Faremo delle premesse, definiremo(richiameremo) i campi vettoriali Hamiltoniani. Data la generica funzioneHamiltoniana H(q, p), x ∈ Rn, z = (q, p) ∈ R2n, il campo vettoriale XH edata da

XH : T ∗Rn → T (T ∗Rn) ≡ R4n

(z) 7→ (z;X(z)) = (z;E∇zH(z)) = (q, p;∂H

∂p(q, p),−∂H

∂q(q, p))

e dunque l’equazione differenziale associata a tale campo vettoriale XH siscrive

q = ∂H∂p

(q, p),

p = −∂H∂q

(q, p).

Nel nostro caso,

XH =

(O I−I O

)(∂H∂q∂H∂p

)=

( ∂H∂p

−∂H∂q

)z = XH(z) = E∇zH(z)

Lemma ∀k ∈ Λ, s.v. Lagrangiana, i vettori di Tk(T∗Rn) che sono E-ortogonali

a TkΛ sono esattamente tutti e soli i vettori di TkΛ.

Prova. Infatti

(XY

)∈ Tz(k)(T

∗Rn) e E-ortogonale ai vettori di TkΛ se

(E(XY

),

(XY

))= 0 ∀

(XY

)∈ TkΛ,

ove

(XY

)sono del tipo (rem: TkΛ = im[dz(k)] ):

(XY

)= dz(k)K, per K arbitrari in Rn.

La condizione (E(XY

),

(∂q∂kK

∂p∂kK

))= 0

e sicuramente soddisfatta da vettori del tipo (cf. (∗)′)(XY

)=

(∂q∂kK

∂p∂kK

), per K arbitrari in Rn.

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Non ce ne sono altri: infatti, E e non degenere, cosicche la dimensione dellospazio E-ortogonale a TkΛ e

dim Tz(k)(T∗Rn)− dim TkΛ = 2n− n = n;

dato che TkΛ e E-ortogonale a TkΛ, non esistono ulteriori vettori (e dunquesottospazi di Tz(k)(T

∗Rn)) E-ortogonali a TkΛ.

Ecco quindi il teorema sopra annunciato.

Teorema: Sia Λ una generica sottovarieta Lagrangiana contenuta in H−1(0):

Λ ⊂ H−1(0),

allora il campo vettoriale Hamiltoniano XH e tangente a Λ:

XH ∈ TΛ

Prova. Dalla definizione data di campo vettoriale Hamiltoniano, XH =E∇H, notando che E2 = −I, si ottiene la definizione equivalente (e un’u-guaglianza tra 1-forme):

(#) (EXH , ·) = −dH(·).

Ora, per ogni v ∈ TkΛ si ha

(EXH , v) = −dH(v) = 0,

dove la prima uguaglianza vale per (#), la seconda perche se v ∈ TkΛ, datoche Λ ⊂ H−1(0), v e pure tangente a H−1(0) e dunque v ∈ ker dH|H−1(0),cioe XH e E-ortogonale a Λ (ai vettori di TkΛ), dunque XH (per il Lemma)e tangente a Λ.

Osservazioni:1) Questo teorema ci suggerisce il modo di estendere l’idea del “metodo dellecaratteristiche”, operante nel caso lineare, all’attuale equazione non linearedi H-J, e cioe, costruire sottovarieta Lagrangiane Λ in H−1(0) mediante un‘tessuto’ composto di curve risolventi le equazioni di Hamilton.2) Nel caso di Hamiltoniano lineare nelle p: H(q, p) =

∑dα=0 a(q)αpα −

b(q), mostrare che si ‘riproduce’ la teoria lineare delle caratteristiche vistaprecedentemente, cercando soluzioni geometriche in H = 0:

qα = aα(q), pα = −d∑

β=0

∂aβ

∂qα(q)pβ +

∂b

∂qα(q).

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1.3.2 Equazione di Hamilton-Jacobi di tipo evolutivo.Problema di Cauchy

Applicheremo quanto sopra visto per studiare i problemi di Cauchy delleequazioni di Hamilton-Jacobi di tipo evolutivo. Consideriamo la funzioneHamiltoniana

H : R× R2d −→ R

(t, q, p) 7−→ H(t, q, p)

L’equazione differenziale non lineare del primo ordine che intendiamo studiaree della forma tipica dell’equazione di evoluzione di Hamilton-Jacobi:

(HJ)∂u

∂t+H

(t, q,

∂u

∂q

)= 0

nell’incognita u(t, q) = u(x), x = (t, q) ∈ Rd+1: spazio-tempo. Introduciamoil seguente Hamiltoniano nello spazio delle fasi dello spazio-tempo R2d+2 3(t, q; τ, p) = (x, y),

H : R2d+2 −→ R

(t, q; τ, p) 7−→ H(x, y) = H(t, q; τ, p) := τ +H(t, q, p),

in tal caso l’equazione sopra scritta assume la struttura:

(HJ)′ H(x,∂u

∂x

)= 0.

Quest’ultima si dice versione omogenea dell’equazione differenziale iniziale:e del tipo descritto nel paragrafo precedente.

Consideriamone un problema di Cauchy: determinare u(t, q) tale che

(i)∂u

∂t+H

(t, q,

∂u

∂q

)= 0

e tale che sull’ipersuperficie Σd ≡ t = t(0) × Rd dello spazio-tempo Rd+1

valga

(ii) u(t(0), q) = σ(q).

La strategia di ricerca e costruzione della soluzione e la seguente. In T ∗Rd+1 ≡R2d+2, lo spazio delle fasi dello spazio-tempo, si cerchera la soluzione u =

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u(t, q) come grafico del suo differenziale in H−1(0) –cf. (HJ)′. Piu debol-mente, si cerchera una sotto-varieta Lagrangiana Λd+1, cosı globalmente para-metrizzata (rem: x = (t, q), y = (τ, p)) dalla seguente mappa di immersionez(t, k):

Rd+1 3 (t, k) 7→ z(t, k) = (x(t, k), y(t, k)) ∈ R2d+2,

con le proprieta:(i) dimensione: dim (Λd+1) = 1/2 dim (T ∗Rd+1) = d+ 1,(ii) Λd+1 e tale che la seguente 1-forma differenziale (di Liouville)

θ =∑α

yαdxα

ristretta a Λd+1, θ∣∣Λ, sia chiusa.

Infine, il fatto che cercheremo

Λd+1 ⊂ H−1(0)

significa proprio che vogliamo ‘risolvere’ l’equazione differenziale di partenza:(x,

∂u

∂x(x))|x∈Rd+1

⊂ H−1(0)

∂u

∂x0

=∂u

∂t,

∂u

∂xL=

∂u

∂qL, H = τ +H,

∂u

∂t+H(t, q,

∂u

∂q(t, q)) = 0.

————Osservazione: Si noti che dovremo fare i conti con l’ulteriore richiesta ditrasversalita supposta in (?), cioe (t, kL) 7→ xα(t, kL) sia diffeom.

————

Le equazioni di Hamilton per H si scrivono:

t = 1

q = ∂H∂p

τ = −∂H∂t

p = −∂H∂q

e scriveremo ΦtXH

il flusso associato a tale equazione differenziale Hamilto-niana.

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Osservazione: Il Teorema del paragrafo precedente ci permette finalmentedi generalizzare in modo utile il punto di vista adottato nel caso lineare: inT ∗Rd+1 rappresenteremo i dati iniziali con la sottovarieta d-dimensionale Λ0,

Λ0 =(t = t(0), q = k; τ = −H

(t(0), k,

∂σ

∂q(k)), p =

∂σ

∂q(k)), k ∈ Rd

e a partire da essa considereremo le nuove caratteristiche ora date dallecurve che risolvono le equazioni canoniche di Hamilton, la superficie d +1-dimensionale che otterremo12 sara sicuramente una (la) Λd+1 cercata:

Λd+1 =⋃t∈R

ΦtXH

(Λ0),

infatti: ha la dimensione giusta, e in H−1(0), e, per costruzione, XH vi etangente.

(In effetti, si deve infine dimostrare che la 1-forma di Liouville ristretta aΛd+1 e chiusa: solo in tal caso possiamo dire che Λd+1 e s.v. Lagrangiana; eun conto un po’ lungo, ma semplice13.)

Data tale Λd+1, che possiamo chiamarla soluzione ‘geometrica’ del pro-blema, come si opera per ottenere una funzione u = u(t, q)?

Sappiamo che la 1-forma di Liouville ristretta a Λd+1 e chiusa, diciamopure esatta nel caso sia semplicemente connessa: calcoliamone una primitiva,direttamente integrando θ|Λd+1 sulla sottovarieta Λd+1, parametrizzata da(t, k).

Osserviamo che, la 1-forma di Liouville da considerare dev’essere primadi tutto, ristretta a H−1(0) (ricordiamo che q0 = t, p0 = τ)

θ∣∣∣H−1(0)

= ydx∣∣∣H−1(0)

= (pLdqL + p0dq

0)∣∣∣H−1(0)

= pdq −Hdt

Si costruisce dunque la seguente funzione u(t, k) globalmente definitasopra Λd+1:

u(t, k) = σ(k)+

∫ t

t0

[p(t′, t(0), q(0), p(0))q(t′, t(0), q(0), p(0))−H(...)]

∣∣∣(q(0),p(0))=(k, ∂σ

∂q(k))dt′,

dove per brevita si e scrittoH(...) = H(t′, q(t′, t(0), q(0), p(0)), p(t′, t(0), q(0), p(0))).

12Bisogna naturalmente accertare che il campo Hamiltoniano non sia tangente in nessun punto a Λ0:questo e vero perche t = 1.

13Lo studente Francesco De Anna, nel 2010/11, ha proposto una soluzione elegante a tale problema,senza introdurre le k-forme differenziali.

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Quest’ultima non rappresenta ancora la soluzione cercata: Λd+1 e trasver-sale14 alle fibre del fibrato cotangente dello spazio-tempo? Se infatti ‘sopraogni’ x = (t, q) ∈ Rd+1 c’e uno ed un unico punto di Λd+1, cosicche

Λd+1 3 (t, k) 7−→ (t, q(t, t(0), k,∂σ

∂q(k)) ∈ Rd+1

e globalmente invertibile mediante delle funzioni

Rd+1 3 (t, q) 7−→ (t, k = k(t, q)) ∈ Λd+1,

allora la soluzione sara infine data da:

u(t, q) = u(t, k)∣∣∣k=k(t,q)

.

Osservazione 1 La struttura della soluzione finale e della forma (ricordandola trasformazione di Legendre)

u(t, q) = σ +

∫ t

t0

(pq −H)dt′ = σ +

∫ t

t0

L(q(t′, ...)dt′,

cioe il funzionale stesso (l’“Azione”) del Calcolo delle Variazioni fornisce lastruttura della soluzione.Osservazione 2 Qual e il significato geometrico dell’esistenza del diffeo-morfismo ipotizzato tra Λd+1 e lo spazio-tempo Rd+1? Pensiamo a Λd+1 im-mersa nello spazio delle fasi dello spazio-tempo, il fibrato co-tangente dellospazio-tempo:

Λd+1 ⊂ T ∗Rd+1 = R2d+2.

Se esiste il diffeomorfismo, allora le componenti q delle caratteristiche uscentidalla varieta base non si intersecano mai, fatto che potrebbe certamente acca-dere in tutta generalita: l’unica proprieta di cui siamo sicuri e il non-intrecciodelle caratteristiche (x, y) in R2d+2 (per il teorema di esistenza e unicita delleO.D.E.). Questo possibile fenomeno di ‘intreccio’ delle q-componenti dellecaratteristiche rappresenta la presenza di una ‘caustica’ e tale nomenclaturae mutuata dall’applicazione della presente teoria ai fenomeni di propagazionein Ottica Geometrica.

A differenza dal caso lineare, tale costruzione delle soluzioni mediantele curve caratteristiche mostra che soluzioni regolari sono possibili solo lo-calmente; le caustiche rappresentano l’ostruzione topologica all’esistenza disoluzioni globali.

14Cioe, ∀(t, q) ∈ Rd+1, Λd+1 interseca la fibra (p0, p) sopra (t, q) in un unico punto.

26

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Osservazione 3 Quando il sopra accennato diffeomorfismo esiste, la ‘solu-zione geometrica’ Λd+1 ⊂ R2d+2 e esattamente il ‘grafico del differenziale’della soluzione analitica u(t, q):

Λd+1 =

(t, q; τ, p) : τ =∂u

∂t(t, q), p =

∂u

∂q(t, q)

⊂ H−1(0) ⊂ R2d+2.

Osservazione 4 Si provi a generalizzare la costruzione sopra sviluppata alcaso in cui si debba trattare con un’equazione di Hamilton-Jacobi H = 0con gli stessi dati iniziali dove ora l’Hamiltoniana H : T ∗Rd+1 → R siadi struttura piu generale, cioe non necessariamente della forma H = p0 +H(t, q, p). Ci si rendera conto che l’unica sostanziale differenza risiede nelfatto che q0 = ∂H

∂p06= 1 cosicche q0 non e ora identificabile col parametro di

evoluzione t delle soluzioni delle equazioni canoniche; inoltre, θ|H=0 non avrala struttura sopra utilizzata pdq −Hdt, e la soluzione geometrica Λd+1 avrauna piu generale forma

u(t, k) = σ(k)+

+

∫ t

t0

d∑α=0

pα(t′, q(0), p(0))qα(t′, q(0), p(0))

∣∣∣(q(0),p(0))=(t(0),k;p0(t(0),k), ∂σ

∂q(k))dt′,

dove con p0(t(0), k) si intende la soluzione data dal teorema della funzioneimplicita per p0 dell’equazione H(t(0), k; p0,

∂σ∂q

(k)) = 0. L’ulteriore ipotesi di

trasversalita permettera di giungere alla soluzione analitica u(t, q).

27

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Capitolo 2

Ottica Ondulatoria asintoticaelementare e Ottica Geometrica

2.1 Da Maxwell a Fermat

Le equazioni di Maxwell si scrivono (c e la velocita della luce nel vuoto):∂B∂t

+ rot E = 0 (legge dell′induzione di Faraday)∂D∂t

+ J− rot H = 0 (legge della circuitazione di Ampere)div B = 0 (assenza di carica magnetica)

div D− ρ = 0 (legge di Gauss)

(1)

e l’equazione di continuita:

∂ρ

∂t+ div J = 0 (conservazione della carica elettrica) (2)

Queste equazioni coinvolgono i campi:

E : campo elettricoD : vettore spostamento

B : vettore induzioneH : campo magnetico

ρ : densita di carica elettricaJ : vettore corrente elettrica

Si assegnano le equazioni costitutive che riguardano la natura materiale delmezzo attraverso il quale evolve il campo elettro-magnetico:

D = εE, B = µH, (J = σE : legge di Ohm)

28

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ε = ε(q) (costante dielettrica), ε ≥ ε0 > 0 : nel vuoto

µ = µ(q) > 0 (permeabilita magnetica), µ0 : nel vuoto

Puo accadere: sia µ > µ0 (materiali paramagnetici), sia µ < µ0 (materialidiamagnetici).

———

Nel vuoto, considerando il caso di assenza di cariche e correnti, ρ =0, J = 0, inserendo nelle (prime due) equazioni di Maxwell ε ≡ ε0, µ ≡ µ0,

E,H : µ0∂H

∂t+ rot E = 0, ε0

∂E

∂t− rot H = 0,

derivando rispetto al tempo e utilizzando l’identita (facilmente verificabilecon εijk, si veda l’Appendice alla fine del capitolo):

rot rot V = grad div V −∆ V, ∆ = div grad V,

e per div V = 0 (ultime due equ. di Maxwell), otteniamo

1

v2

∂2

∂t2H = ∆H, v :=

1√ε0µ0

= c (equazione delle onde)

(e analogamente per E). Si ottengono soluzioni elementari del seguente tipo“onde progressive”: prendiamo un’arbitraria funzione C2

H : R→ R3

e verifichiamo che, per fissato vettore k ∈ R3,

H(q, t) = H(k · q − ωt)

e soluzione a patto che

|k|2 =ω2

v2,

dunque

H(q, t) = H(ω(

1

vvers k · q − t)

)L’interpretazione e immediata: al tempo t = 0 il vettore costante H(0) eil valore di H su tutto il piano passante per q = 0 e ortogonale al fissatok; questo stesso valore vettoriale H(0) si propaga, si ritrova essere il valorecostante vettoriale di H, dopo un tempo T > 0, nei punti del piano, ancoraortogonale a k, ma ora affine e lontano vT dall’origine:

(1

vvers k · q − t) = 0 per t = 0 e vers k · q = 0

29

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(1

vvers k · q − t) = 0 per t = T e vers k · q = vT

Osservazione Tale velocita scalare di propagazione v dei fronti d’onda estata cosı dedotta supponendo spazialmente costanti ε e µ: v = 1√

ε0µ0. Questo

legame/significato puntuale tra v e ε, µ lo riterremo valido anche in situazionidi non uniformita.

La linearita dell’equazione delle onde mostra naturalmente la validitadel ‘principio di sovrapposizione’. R-combinazioni di soluzioni e ancorasoluzione. Si noti che k-sovrapposizioni di soluzioni del tipo “onde piane”:

H(q, t) = Hk ei(k·q−ωt)

con |k| = ωv, cioe

H(q, t) = Hk eiω( 1

vversk·q−t)

porta decisamente alla ricerca di soluzioni mediante la teoria della ‘trasfor-mata di Fourier’.

Pensando al piu generale caso di non uniformita di ε e µ, e nella ricercadi soluzioni significative piu generali dell’onda piana sopra scritta, si iniziocoll’estendere il termine lineare spaziale

vvers k · q,

a piu generali funzioni 1-omogenee in q; ed infine, a completamente generalifunzioni1 iωΦ(q), posto

E(q) = E0(q)eiωΦ(q), H(q) = H0(q)eiωΦ(q) (3)

si propone:E(t, q) = E(q) e−iωt = E0(q)eiω[Φ(q)−t]

H(t, q) = H(q) e−iωt = H0(q)eiω[Φ(q)−t]

Le considerate soluzioni test di cui sopra, con termine temporale del ti-po iωt, sono dette monocromatiche; inoltre le considereremo tali che sianosoddisfacenti (per le ultime due equazioni di Maxwell) a div E = 0 = divH.

Dalle prime due equazioni di Maxwell:∂B∂t

+ rot E = 0

∂D∂t− rot H = 0

−iωµH + rot E = 0

−iωε E − rot H = 0

1Tale evoluzione di costruzione delle soluzioni e stata percorsa dalla teoria degli ‘operatori pseudo-

differenziali’ e infine dagli ‘operatori integrali di Fourier’.

30

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Usando ancora l’identita:

rot rot V = grad div V −∆ V, ∆ = div grad V

erot (φV) = gradφ×V + φ rot V,

si ottiene −iω(µ rot H + gradµ×H)−∆E = 0

−iω(ε rot E + grad ε× E) + ∆H = 0−iω(−iωεµ E + gradµ×H)−∆E = 0

−iω(iωεµH + grad ε× E) + ∆H = 0−ω2εµ E − iωgradµ×H−∆E = 0

ω2εµH− iωgrad ε× E + ∆H = 0(•)

Ricordiamo ora le (3),

E(q) = E0(q)eiωΦ(q), H(q) = H0(q)eiωΦ(q),

e deduciamo−ω2εµ E0e

iωΦ(q) − iω gradµ×H0eiωΦ(q) −∆(E0 e

iωΦ(q)) = 0

ω2εµH0eiωΦ(q) − iω grad ε× E0e

iωΦ(q) + ∆(H0 eiωΦ(q)) = 0

Sviluppiamo la prima equazione:

−ω2εµ E0eiωΦ(q) + iω gradµ×H0e

iωΦ(q)−

(∆E0 + 2iω∇Φ · ∇E0 + iωE0∆Φ− ω2|∇Φ|2E0) eiωΦ(q) = 0

Analogo conto per la seconda equazione. A questo punto introduciamo l’u-nica approssimazione che adotteremo: nel limite dell’alta frequenza, cioe perω → +∞, le ultime equazioni diventano un’unica equazione per la fase Φ, insostanza, dividendo le equazioni per ω2, trascureremo i termini 1/ω rispetto

31

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ai termini finiti 2

|∇Φ|2 = εµ (equ. iconale)

L’equ. iconale e chiaramente un’equazione di Hamilton-Jacobi

H(q,∂Φ

∂q(q)) =

1

2(5)

di Hamiltoniana (l’introduzione del termine 1/2 e, come si vedra, di remine-scenza meccanica):

H(q, p) =1

2

( c

n(q)

)2

|p|2, n(q) := c√εµ, v =

c

n, n : Rn → [1,+∞)

ove n e l’indice di rifrazione, vale 1 nel vuoto, e v(q) := cn(q)

e la velocita deifronti d’onda e.m. transitanti per il punto q ∈ Rn del mezzo ottico.

Una rilettura ‘meccanica’ e immediata: i fotoni si propagano lungo ‘raggi’che soddisfano alle equ. di Hamilton con H = 1

2oppure alle equ. di Lagrange

di Lagrangiana (realizzando la trasf. di Legendre)

L(q, q) =1

2

(n(q)

c

)2

|q|2

con dati per cui l’energia vale E = L = 12.

Digressione di Meccanica Analitica Si dimostra mediante un conto di-retto il seguente fatto: se q(t) risolve le equ. di Lagrange per L(q, q) =12aij(q)q

iqj, aij def. pos., allora q(t) risolve le equ. di Lagrange per L(q, q) =√L(q, q). Prova. L’integrale primo di Jacobi, l’energia, e coincidente con L,

dunque:

d

dt

∂√L

∂qi− ∂√L

∂qi=

d

dt(

1

2√L

∂L

∂qi)− 1

2√L

∂L

∂qi=

1

2√L

(d

dt

∂L

∂qi− ∂L

∂qi) = 0.

Viceversa,

2Proviamo a perfezionare ulteriormente la nostra scelta di soluzioni asintotiche, tentiamo con generiche‘sovrapposizioni continue’ (visto che il sistema e lineare) del tipo appena descritto. in sostanza, ci sicimenta nel tentativo di generalizzare cio che accade per la trasformata di Fourier, precisamente q ·u ...→ ... ωφ(q, u), per qualche φ da determinarsi, ove ora permettiamo a u di appartenere ad uno spazioparametrico Rk non necessariamente di dimensione uguale a quella di Q = Rn:

E(q) =

∫u∈Rk

E0(q, u)eiωΦ(q,u)du, H(q) =

∫u∈Rk

H0(q, u)eiωΦ(q,u)du, (4)

ed ancora una volta, nel limite dell’alta frequenza ω → +∞, otteniamo che, affinche esistano soluzioni

ampiezze E0 e H0 non banali, la fase Φ(q, u) deve soddisfare all’equ. iconale.

32

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Data una soluzione q(t) delle equ. di Lagrange per√L(q, q), lo e pure ogni

sua arbitraria riparametrizzazione del tempo q(τ) = q(t(τ)), t : [0, T ] →[0, T ], dt/dτ > 0.

Questo e equivalente all’affermazione che

Il funzionale del principio variazionale di Hamilton per L =√L(q, q),

I(q(·)) =

∫ T

0

√L(q(t),

dq

dt(t)) dt

e invariante per riparametrizzazioni del tempo q(τ) = q(t(τ)), t : [0, T ] →[0, T ], dt/dτ > 0.

Prova. Si osserva che L e positivamente 1-omogenea nelle variabili q: L(q, λq) =λL(q, q), ∀λ > 0.

I[q(·)] = I[q(t(·))] =

∫ T

0

L(q(t(τ)),

d

dτq(t(τ))

)dτ =

=

∫ T

0

L(q(t(τ)),

d

dtq(t)

∣∣t=t(τ)

) dtdτ

(τ)dτ =

∫ T

0

L(q(t),

d

dtq(t)

)dt = I[q(·)].

Fine della digressione di Meccanica Analitica

Dunque il principio variazionale il cui funzionale integrale ha come integranda

L(q, q) =1√2

n(q)

c

∣∣q∣∣misura, individua, le curve geometriche dei ‘raggi’ ottici, indipendentementedalla loro parametrizzazione temporale. Fissati due punti nello spazio, q(0)

e q(1), consideriamo l’insieme Γ le curve C2 tra queste due configurazioni eparametrizzate nell’intervallo [0, 1],

I : Γ→ R q(·) 7→ I[q(·)] =1√2

∫ 1

0

n(q(λ))

c

∣∣∣dqdλ

(λ)∣∣∣ dλ

Dalla teoria della rettificazione delle curve si ha che la lunghezza della curvaλ 7→ q(λ) e data da: s(λ) =

∫ λ0

∣∣ dqdλ

(λ′)∣∣ dλ′, e la velocita scalare del fotone

lungo il raggio e

v(λ) =ds

dt=ds

dt=∣∣∣dqdλ

(λ)∣∣∣ dλdt

(t)|t=t(λ) (∗)

33

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d’altra parte (vedi L’Oss. indietro), riterremo che

v(λ) =c

n(q(λ)), (∗∗)

cosicche il differenziale della funzione ‘tempo’ t = t(λ) e

dt = t′(λ)dλ =(∗)

∣∣∣ dqdλ(λ)∣∣∣

v(λ)dλ =(∗∗)

∣∣∣ dqdλ(λ)∣∣∣

cn(q(λ))

dλ =n(q(λ))

c

∣∣∣dqdλ

(λ)∣∣∣ dλ

Giungiamo cosı ad un’interpretazione del funzionale I:

I[q(·)] =1√2

∫ 1

0

n(q(λ))

c

∣∣∣dqdλ

(λ)∣∣∣ dλ =

1√2

∫ 1

0

dt

dλ(λ)dλ =

1√2T [q(·)],

dove T [q(·)] e il funzionale Tempo speso dal fotone lungo la curva [0, 1] 3λ 7→ q(λ) ∈ Rn. Dunque, i fotoni stazionarizzano il funzionale ‘tempo’ (avolte, ma non sempre, lo ‘minimizzano’, tra le due configurazioni prefissa-te): ritroviamo esattamente in questa interpretazione il principio variazionalenoto come Principio di Fermat (o del tempo minimo).

2.1.1 Esempio: caustiche

• Consideriamo il problema di Cauchy per la seguente equazione di Hamilton-Jacobi detta “iconale” (ottica geometrica) per q ∈ R2

H(q,∂S

∂q(q, t)) = 1 H(q, p) = |p|2

j : R → R2, k 7→ q(k) = (k2

2A, k),

σ : R −→ R, σ(k) ≡ 0.

La superficie iniziale “di emissione” e una parabola (A > 0) con il verticenell’origine e asse di simmetria coincidente con l’asse x = q1.

|∇R2S(q)|2 = 1, S(q(k)) = 0.

Indaghiamo sulla proiezione sulla varieta base R2 del suo ‘ciclo singolare’,ostruzione alla locale costruzione della soluzione classica: questo luogo e ‘lacaustica’ della soluzione.

34

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Scriviamo il sistema delle caratteristiche:

qi =∂H

∂pi, pi = −∂H

∂qi,

qi = 2pi, pi = 0,

Inserendo il dato iniziale nel flusso, si ottiene cosı q(λ, k), p(λ, k), infine, quan-do q = q(λ, k) e invertibile con (λ(q), k(q)), la soluzione classica si ottieneintegrando la 1-forma di Liouville:

S(q) =[σ(k)︸︷︷︸≡0

+

∫ λ

0

p(λ′, k) ˙q(λ′, k)dλ]∣∣∣

(λ(q),k(q))

qi = qi(λ, q(0), p(0)) = q

(0)i + λ2p

(0)i , pi(λ, q

(0), p(0)) = p(0)i

q1 = q1(λ, k) =k2

2A+ λ2p

(0)1 , q2 = q1(λ, k) = k + λ2p

(0)2 ,

pi = p(0)i (λ, k)?

S(q(k)) = σ(k) = 0 :∂S

∂q1

dq1

dk+∂S

∂q2

dq2

dk= 0

p(0)1

k

A+ p

(0)2 = 0, (p

(0)1 )2 + (p

(0)2 )2 = 1

(nel seguito, non scriviamo piu l’esponente (...)(0))

p2 = −p1k

A

p2

p1

= − kA

p21 + p2

1

k2

A2= 1

|p1| =1√

1 + k2

A2

q1 −k2

2A= 2p1λ q2 − k = 2p2λ

p2

p1

= − kA

da cui

− kA

=q2 − kq1 − k2

2A

.

Riordinando,k3 + 2A(A− q1)k − 2A2q2 = 0. (∗)

35

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Ci chiediamo se riusciamo a costruire soluzioni classiche, cioe se riusciamoad esplicitare k = k(q1, q2). La (∗) e una cubica del tipo:

k3 + αk + β = 0,

α = 2A(A− q1) β = −2A2q2

le cui soluzioni si determinano nel seguente modo. (Cardano) sia ε una radicecubica dell’unita, per esempio

ε = e2πi3 = −1

2+i

2

√3,

allora, posto

u =3

√−β

2+

√(β2

)2

+(α

3

)3

,

v =3

√−β

2−√(β

2

)2

+(α

3

)3

,

le radici nel loro complesso sono:

η1 = u+ vη2 = εu+ ε2v,η3 = ε2u+ εv.

Pertanto la condizione di realta di almeno una soluzione (e sara η1 la nostracandidata soluzione) si legge

4A4(q2)2

4+

8A3(A− q1)3

27≥ 0,

la frontiera di tale luogo, la caustica, dove vale l’uguaglianza, e data da

(q2)2 =8

27A(q1 − A)3,

36

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una (ben nota) “parabola semi-cubica”.

37

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potential. The caustic is the line along which the kinetic focilie for a particular family of worldlines !such as the family ofworldlines that start from P with positive initial velocity inFigs. 4 and 5". A caustic is also an envelope to which allworldlines of a given family are tangent. The caustics inFigs. 5 and 6 are space-time caustics, envelopes for space-time trajectories !worldlines". Figure 7 shows a purely spatialcaustic/envelope for a family of parabolic paths !orbits" in a

linear gravitational potential. The word caustic is derivedfrom optics37 !along with the word focus". When a cup ofcoffee is illuminated at an angle, a bright curved line with acusp appears on the surface of the coffee !see Fig. 8". Eachpoint on this spatial optical caustic or ray envelope is thefocus of light rays reflected from a small portion of the cir-cular inner surface of the cup.

In Figs. 4–7 the caustic for a family of worldlines !orpaths" represents a limit for those worldlines !or paths". No

Fig. 5. Schematic space-time diagram of a family of true worldlines for apiecewise-linear oscillator #U!x"=C $x $ %, with initial event P= !0,0" and ini-tial velocity v0!0. The kinetic focus Q0 of worldline 0 occurs at 4

3 of itshalf-period T0 /2. Similarly, small circles Q1 and Q2 are the kinetic foci ofworldlines 1 and 2, respectively. The heavy gray curve is the caustic, thelocus of all kinetic foci of different worldlines of this family !originating atthe origin with positive initial velocity". Squares indicate events at which theother worldlines recross worldline 0. This oscillator is discussed in detail inSec. IX.

Fig. 6. Schematic space-time diagram for the repulsive inverse square po-tential #U!x"=C /x2%, with a family of worldlines starting at P!xP ,0" withvarious initial velocities. Intersections are events where two worldlinescross. The heavy gray straight line xQ= !" /xP"tQ, where "= !2C /m"1/2, is thecaustic, the locus of kinetic foci Q !open circles" and envelope of the indi-rect worldlines. Worldline 2, with zero initial velocity, is asymptotic to thecaustic, with kinetic focus Q at infinite space and time coordinates. Thecaustic divides space-time: each final event above the caustic can be reachedby two worldlines of this family of worldlines, each final event on thecaustic by one worldline of the family, and each final event below thecaustic by no worldline of the family. This system is discussed in detail inSec. X.

Fig. 7. For the Maupertuis action, the heavy line envelope !the “parabola ofsafety”" is the locus of spatial kinetic foci !xQ ,yQ", or spatial caustic, of thefamily of parabolic orbits of energy E originating from the originO!xP ,yP"= !0,0" with various directions of the initial velocity v0. The po-tential is U!x ,y"=mgy. The horizontal and vertical axes are x and y, respec-tively, and the caustic/envelope equation is y=v0

2 /2g!gx2 /2v02, found by

Johann Bernoulli in 1692. The caustic divides space. Each final point!xR ,yR" inside the caustic can be reached from initial point !xP ,yP" by twoorbits of the family, each final point on the caustic by one orbit of the family,and each point outside the caustic by no orbit of the family. Y is the vertex!highest reachable point y=v0

2 /2g" of the caustic and X1, X2 denote themaximum range points !x= ±v0

2 /g". This system is discussed in detail inAppendix B. !Figure adapted from Ref. 43."

Fig. 8. The coffee-cup optical caustic. The caustic shape in panel !b" !anephroid" was derived by Johann Bernoulli in 1692 !Ref. 44".

437 437Am. J. Phys., Vol. 75, No. 5, May 2007 C. G. Gray and E. F. Taylor

38

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2.1.2 Altro esempio: da Fermat alla legge di rifrazionedi Snellius

Si considerano raggi luminosi nel piano Oxy. Nel semi-piano y ≥ 0 l’indicedi rifrazione sia il numero n1 ∈ [1,+∞), mentre in y < 0 valga n2 ∈ [1,+∞).Posto c la velocita della luce, qualunque raggio luminoso in y ≥ 0 e rettilineoe con velocita costante v1 = c

n1, analogamente, in y < 0, v2 = c

n2. Fissato

un punto P1 = (x1, y1) con y1 > 0 e un punto P2 = (x2, y2) con y2 < 0,Il Principio di Fermat afferma che gli eventuali raggi luminosi da P1 a P2

devono minimizzare il tempo di percorrenza. Da quanto sopra descritto, leeventuali traiettorie geometriche dei possibili raggi da P1 a P2 sono dunquedelle spezzate, composte da due segmenti, eventualmente distinti nell’assedelle x.

(i) Scrivere la funzione ‘tempo’ T (x) impiegato da un generico candida-to raggio luminoso da P1 a P2 in funzione del punto di passaggio x (piuprecisamente (x, 0)) tra i due semi-piani.

(ii) Determinare l’esistenza del minimo x∗ di tale funzione T (x).(iii) In corrispondenza a x∗, transita dunque il reale, secondo Fermat,

raggio luminoso da P1 a P2. Mostrare che in corrispondenza ad esso vale

n2

n1

=sinα1

sinα2

dove αi, i = 1, 2, e l’angolo tra la verticale, parallela ad y, e il segmento daPi a (x∗, 0).Soluzione

T (x) =|P1, (x, 0)|

v1

+|P2, (x, 0)|

v2

,

T (x) =n1

c

√(x1 − x)2 + y2

1 +n2

c

√(x− x2)2 + y2

2,

cerchiamo tra i punti stazionari per T ,

cdT

dx= n1

−(x1 − x)√(x1 − x)2 + y2

1

+ n2−(x− x2)√

(x− x2)2 + y22

= 0,

cioe:−n1 sinα1 + n2 sinα2 = 0

Considerazioni di geometria elementare (scriverle in dettaglio!) mostrano cheil punto stazionario e unico ed e un minimo.

Appendice: Il Simbolo di Ricci

39

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In R3, il seguente oggetto completamente emisimmetrico εijk e a volte chia-mato tensore o simbolo di Ricci (attenzione: c’e la somma sottintesa sugliindici doppi):

ε123 = 1,

εijk =

1, se ijk si ottiene mediante una permutazione pari di 123,−1, se ijk si ottiene mediante una permutazione dispari di 123,

εijk = 0, appena due indici sono uguali.

Si verifica che ∀ U, V ∈ R3, ∀ matrice (3× 3) A, ∀ campo vettoriale differen-ziabile W : R3 −→ R3, e funzione scalare differenziabile f , valgono:

(U × V )i = εijk UjV k

detA εijk = εlmn Ail Ajm Akn(rot W )i = εijk

∂∂xjWk

V(1) · V(2) × V(3) = εijk Vi

(1)Vj

(2)Vk

(3)

rot(f W ) = ∇f ×W + frotW

Infine:εijkεklm = δilδjm − δimδjl

Esercizio: con quest’ultima formula dimostrare la formula del doppio pro-dotto vettore e la formula del doppio rotore, rot rot V, sopra usata.

40

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Capitolo 3

Propagazione per Onde neiSistemi di PDE di Leggi diBilancio

3.1 Onde di Discontinuita deboli

Nello Spazio-Tempo Rd+1 , α, β = 0, 1, 2, ..., d, x0 = t, L = 1, ..., d, siaui = ui(x) una funzione a n componenti:

u : Rd+1 −→ Rn

x = (xα) 7−→ u(x) = (ui(x)),

Per esempio, u(x) sia la soluzione di un sistema di leggi di conservazione informa quasi-lineare1 che scriveremo

∂tui+

∑L

∂xLf iL(u) = gi(u),

∂tui(x)+

∑j,L

∂f iL

∂uj(u(x))

∂uj

∂xL(u(x)) = gi(u),

oppure, per F i0 = ui, e F iL = f iL,∑α

∂xαF iα(u) = gi(u).

Sia Φ(x) = 0, Φ(t, x1, ..., xd) = 0, dove Φ : Rd+1 → R, una iper-superficie(cioe, di co-dimensione uno) nello spazio tempo. Per ogni tempo t fissato, essarappresenta una iper-superficie nello spazio d-dimensionale, cosicche Φ(x) =

1Si dice quasi-lineare perche e lineare nelle derivate d’ordine massimo (le prime) mentre i coefficientipossono dipendere non linearmente da u.

41

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0 rappresenta l’evoluzione temporale di una superficie mobile St in Rd, didimensione d− 1.

Ipotesi: sia ui = ui(x, t) una soluzione Lipschitziana del sistema, e dunque(per il teorema di Rademacher) quasi ovunque differenziabile, piu precisa-mente:

1) ui(·) siano continue attraverso la sup. Φ(x) = 0,

2) ∂ui

∂xα(·) siano discontinue attraverso la sup. Φ(x) = 0.

Naturalmente si suppone che ∇Φ∣∣∣Φ=06= 0 (questo, tra l’altro, ci dice che

Φ = 0 e una varieta regolare), cosicche rimane orientata tale superficie e lospazio-tempo: la direzione di ∇Φ va da Rd+1

(−) a Rd+1(+) ,

Rd+1 = Rd+1(−) ∪ Φ = 0 ∪ Rd+1

(+) .

Sia x ∈ Φ = 0, e sia h un generico vettore tangente a Φ = 0 in x,

∇Φ(x)h = 0.

Per ε > 0 e |h| sufficientemente piccoli, si ha che (e utile abbozzare undisegno)

x− ε∇Φ(x) + h ∈ Rd+1(−)

x+ ε∇Φ(x) + h ∈ Rd+1(+)

Rispettivamente in Rd+1(−) e Rd+1

(+) valgono i due seguenti sviluppi

u(x− ε∇Φ(x) + h) = u(x− ε∇Φ(x)) +∂u

∂x(x− ε∇Φ(x))h+ o(h)

u(x+ ε∇Φ(x) + h) = u(x+ ε∇Φ(x)) +∂u

∂x(x+ ε∇Φ(x))h+ o(h)

per ε → 0+ le due espressioni coincidono perche u e continua in Φ = 0,sottraendo m. a m.:

[∂u

∂x(x)]h+ o(h) = 0

dove si e indicato con

[∂u

∂x(x)] := lim

ε→0

(∂u∂x

(x+ ε∇Φ(x))− ∂u

∂x(x− ε∇Φ(x))

)42

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il ‘salto’ della derivata. Piu precisamente, la formula sopra dedotta vale nellaforma (senza l’o(h), perche?):

[∂u

∂x(x)]h = 0 ∀h ∈ Tx(Φ = 0).

In altri termini, vale l’implicazione:

h ∈ ker∇Φ(x) ⇒ h ∈ ker[∂u

∂x(x)]

Il ‘primo teorema di omomorfismo’ per spazi vettoriali (in altre parole, lateoria dei moltiplicatori di Lagrange) ci dice che esiste una mappa lineare, lecui componenti le indicheremo con λ = λ(x), per cui

(∗) [∂ui

∂xα(x)] = λi∇αΦ(x) (Condizioni di Hugoniot− Hadamard).

Torniamo alla descrizione della geometria dell’onda Φ = 0. Consideriamoun punto geometrico che si muove nello spazio-tempo restando sopra Φ = 0:t 7→ x = (t, xL(t)) ∈ Rd+1,

Φ(t, xL(t)) = 0, ∀t ∈ R.

Deriviamo in t,

0 =d

dtΦ(t, x(t)) =

∂Φ

∂t(t, x(t)) +

∑L

∂Φ

∂xL(t, x(t))

dxL

dt(t),

Notiamo che il versore ortogonale a Φ(t, ·) = 0 in Rd e

nL(t, x) =∂Φ∂xL

(∑

M∂Φ∂xM

∂Φ∂xM

)1/2.

Otteniamo cosı ∑L

∂Φ∂xL

(t, x(t))dxL

dt(t)

(∑

M∂Φ∂xM

∂Φ∂xM

)1/2= −

∂Φ∂t

(t, x(t))

(∑

M∂Φ∂xM

∂Φ∂xM

)1/2,

n · dxdt

= −∂Φ∂t

|∇RdΦ|Dunque il primo membro della formula appena scritta rappresenta la proie-zione della velocita di x(t) lungo la normale alla superficie mobile in studio;

43

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tale quantita, come si nota dalle formule appena scritte, non dipende dallederivate della curva x(t) arbitrariamente scelta, ma solo dal posto e dal tempot, la chiameremo velocita di avanzamento dell’onda:

(?) vn(t, xL) := −∂Φ∂t

|∇RdΦ|.

Supponiamo dunque che una soluzione u(t, x) del sistema di leggi di bilancio

∂tui +

∑L

∂xLf iL(u) = gi(u),

ammetta una discontinuita debole, solo sulle derivate, come quella finoradescritta.

Da un punto di vista strettamente analitico, stiamo precisamente consi-derando soluzioni Lipschitziane le quali per il teorema di Rademacher sonoquasi ovunque differenziabili e con Φ = 0 denotiamo la localizzazione (dimisura nulla) del possibile salto (finito) delle derivate.

Indicando ancora con le parentesi quadrate [...] il salto della discontinuita,

[∂

∂tui] +

∑Lj

f iL,j (u)[∂uj

∂xL] = 0,

usando (∗) e (?),

λi∂Φ

∂t+∑Lj

f iL,j (u)λj∂Φ

∂xL= 0,

∑j

(∑L

f iL,j (u)nL − vn δij)λj = 0.

Pertanto la soluzione ammette in t, x una discontinuita non banale (λ 6= 0)nelle derivate se e solo se

(†) det(∑

L

f iL,j (u)nL − vn δij)

= 0

Riassumiamo il significato conoscitivo della (†): una possibile onda didiscontinuita debole transita al tempo t per x ∈ Rd, ove ivi il campo soluzionevale u = u(t, x), e nella direzione spaziale nL, solo e soltanto se la sua velocitadi avanzamento vn e un autovalore della n×n-matrice aij(u) :=

∑L f

iL,j (u)nL.

Il sistema in studio si dice iperbolico se lo spettro di f iL,j (u)nL risulta realeper ogni u e per ogni direzione n.

44

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E’ chiaro che quest’ultima informazione e stata dedotta senza risolvere ilsistema in studio, e in effetti una relazione di compatibilita tra gli oggettigeometrici e fisici in gioco.

Piu in dettaglio, ancora senza risolvere il sistema di PDE (compito ingenerale arduo), cosa possiamo dire sulla generale struttura delle onde di di-scontinuita debole? Tornando alle formule che hanno prodotto (†), possiamoscrivere (a meno del fattore 1/|∇RdΦ|, il che non crea problemi)

det(∑

L

f iL,j (u)∂Φ

∂xL+∂Φ

∂tδij

)= 0

Quest’ultima e un’equazione di Hamilton-Jacobi, H = 0, dove compareun’Hamiltoniana dipendente parametricamente da u:

H(u, p0, pL) := det(∑

L

f iL,j (u)pL + p0 δij

)Si apprende dunque che una soluzione u(t, x) continua con una discontinuitasulle derivate evolventesi nello spazio e nel tempo secondo Φ(t, x) = 0 risultacompatibile con Φ se, data l’Hamiltoniana

H(t, x, p0, pL) := det(∑

L

f iL,j (u(t, x))pL + p0 δij

),

la funzione scalare Φ(t, x) soddisfa l’equazione di H-J: H(t, x, ∂Φ∂t, ∂Φ∂xL

) = 0,

(#) det(∑

L

f iL,j (u(t, x))∂Φ

∂xL(t, x) +

∂Φ

∂t(t, x) δij

)= 0

La teoria delle caratteristiche riduce lo studio di questa PDE scalare allo stu-dio delle curve risolventi il sistema di ODE canonico Hamiltoniano associatoa H(t, xL, p0, pL).

Nel caso generale non-lineare il risultato di cui sopra potrebbe apparire pocosoddisfacente, lo diventa realmente importante invece nel caso semi-lineare:

∂tui +

∑jL

AiLj (t, x)∂uj

∂xL= gi(u),

in tale situazione la teoria porta all’equazione di HJ, che e indipendente dallesoluzioni u(x, t),

(##) det(∑

L

AiLj (t, x)∂Φ

∂xL(t, x) +

∂Φ

∂t(t, x) δij

)= 0

(Possibili applicazioni: equazioni di Maxwell, elasticita lineare.)

45

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3.2 Onde Asintotiche ad Alta Frequenza

Riconsideriamo il sistema di leggi di bilancio

∂tul +

∑L

∂xLf lL(u) = gl(u).

(Oppure, piu in generale,∑

α∂∂xα

f lα(u) = gl(u), dove f l0(u) non e necessa-riamente ul.)

Sia u∗ : g(u∗) = 0, soluzione costante, d’equilibrio per il nostro siste-ma. Supponiamo di voler cercare soluzioni approssimate, in un senso che siprecisera, della forma

ul(t, x) = u∗ +√ε vl(t, x) exp(i

Φ(t, x)

ε),

dove ε→ 0, e la fase Φ e l’ampiezza vl non dipendono da ε. Otteniamo

i√ε

∑j

(δlj∂Φ

∂t+∑L

f lL,j (u∗)∂Φ

∂xL

)vj exp(i

Φ(t, x)

ε)+

+ termini di ordine O(1) che non coinvolgono derivate di Φ.

Asintoticamente, per 1/ε→ +∞ l’equazione da studiare risulta ancora dellaforma analoga a quella incontrata nelle onde di discontiunita deboli:∑

j

(δlj∂Φ

∂t+∑L

f lL,j (u∗)∂Φ

∂xL

)vj = 0

Si noti il ruolo ben diverso che ha nell’attuale contesto la funzione fase Φ,che ora ha senso per ogni valore del suo co-dominio, rispetto al significatoassunto da Φ nelle onde di discontinuita deboli, dove invece ha senso solo perΦ = 0.

3.3 Onde d’Urto (Shock waves)

Consideriamo ora possibili soluzioni discontinue ancora del sistema di leggidi bilancio

∂tui +

d∑L=1

∂xLf iL(u) = gi(u), oppure

d∑α=0

∂xαF iα(u) = gi(u). (∗)

46

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Il modo moderno di studiare queste equazioni e quello nel ‘senso delle distri-buzioni’. In dettaglio, procediamo cosı: moltiplichiamo ogni i-componentedell’equazione (∗) per generiche funzioni φi(x) ∈ C∞0 a supporto compatto,sommiamo su i, integriamo in x ∈ Rd+1, e alla fine, la seguente affermazione,nel caso di soluzioni regolari, e esattamente equivalente al sistema (∗):∫

Rd+1

n∑i=1

[d∑

α=0

∂xαF iα(u)− gi(u)]φi(x)dd+1x = 0,

∀φ = (φi(x))i=1,...,n ∈ C∞0 (supporto compatto)

Ma ora quest’ultima versione ci consente di ‘scaricare’ le derivate sulle fun-zioni test φ e scrivere (somma sottintesa sugli indici ripetuti),∫

supp φ

∂xα

(F iα(u)φi

)−∫supp φ

(F iα ∂

∂xαφi + giφi

)= 0,

il primo integrale si annulla (con il teorema della divergenza in domini spazio-temporali), cosı (∗) ora si puo sostituire, piu debolmente, senza richiedere laderivabilita del campo incognito, con la seguente:∫

supp φ

(F iα(u)

∂xαφi + gi(u)φi

)= 0, ∀(φi(x))i=1,...,n ∈ C∞0 (∗∗)

Diciamo che• u(·) risolve (∗) nel senso delle distribuzioni se la condizione (∗∗) e soddi-sfatta.

La teoria di esistenza e unicita globale per tale tipo di sistemi di PDE estata definitivamente completata da pochi anni e solo per x ∈ R1 (AlbertoBressan e collaboratori). Il giusto ambiente per u risulta lo spazio dellefunzioni BV (‘Variazione Limitata’) e opportuni Lp. Ogni considerazione perd > 1 ha dunque attualmente un valore solo locale.

Sia dunque Σd nello spazio tempo Rd+1 una superficie orientata di discon-tinuita per u(t, x). Valga:

Rd+1 = Rd+1(−) ∪ Σd ∪ Rd+1

(+) .

L’idea per estrarre informazioni sugli urti e la seguente: per ogni dominiostokesiano2 Ω ∈ Rd+1, intersecante Σd, e dunque Ω = Ω(−)∪Ω∩Σd∪Ω(+),si considera il bilancio integrale3

2tale cioe che per esso valga il teorema di Stokes, nelle sue varie forme: t. delladivergenza, ecc.

3si puo pensare alla formulazione distribuzionale prima accennata, con delle φ tali che:φj = 0, j 6= i, e le φi che valgono 1 in Ω e zero fuori; ovviamente, approssimazioni C∞,fini quanto vogliamo, di tale appena descritte funzioni a gradino.

47

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0 =

∫Ω

[d∑

α=0

∂xαF iα(u)− gi(u)]dd+1x,

(1)

∫∂Ω

d∑α=0

F iα(u)Nαddx =

∫Ω

gi(u)dd+1x,

ove N e il versore esterno, devono pure valere i bilanci integrali in Ω(−) eΩ(+):

(2)

∫∂Ω(−)

d∑α=0

F iα(u)Nαddx =

∫Ω(−)

gi(u)dd+1x,

(3)

∫∂Ω(+)

d∑α=0

F iα(u)Nαddx =

∫Ω(+)

gi(u)dd+1x,

sommando m.a m. (2) con (3) i termini a sinistra relativi alle superficiorientate Ω∩Σd(−) e a Ω∩Σd(+) (con versori normali N e −N ; N puntada Ω(−) a Ω(+)) non si elidono data la discontinuita, producendo∫

∂Ω

d∑α=0

F iα(u)Nαddx−

∫Ω∩Σd

d∑α=0

[F iα(u(+))− F iα(u(−))]Nαddx =

48

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(4) =

∫Ω

gi(u)dd+1x,

confrontando con (1) otteniamo infine∫Ω∩Σd

d∑α=0

[F iα(u(+))− F iα(u(−))]Nαddx = 0

ma questo dev’essere vero per ogni Ω scelto e dunque su Σd:

d∑α=0

[F iα(u(+))− F iα(u(−))]Nα = 0 (Condizioni di Rankine− Hugoniot).

Ora se F i0(u) = ui e se Σd = (t, x) : Φ(t, x) = 0 si ha che

N =( ∂Φ

∂t[∂Φ∂t

2+∑

M( ∂Φ∂xM

∂Φ∂xM

)]1/2 , ∂Φ

∂xL[∂Φ∂t

2+∑

M( ∂Φ∂xM

∂Φ∂xM

)]1/2)

e infine, ricordando le definizioni della velocita vn di avanzamento dell’onda,che ora scriveremo s, e del versore spaziale nL,

[u(+) − u(−)]s =d∑

L=1

[f iL(u(+))− f iL(u(−))]nL.

Usando la notazione [u] := u(+) − u(−) e [f iL(u)] := f iL(u(+)) − f iL(u(−))scriveremo infine

(RH) [ui]s =d∑

L=1

[f iL(u)]nL.

———

Quando nasce, quando si crea un urto, che velocita s puo avere? La (RH) si

scrive per hi = [ui]

his =d∑

L=1

(f iL(u(−) + h)− f iL(u(−))]nL.

Quest’ultima equazione nell’incognita hi e sicuramente risolta per hi = 0 per-tanto, affinche si generi un urto (a partire dall’urto banale, nullo) e necessarioche il teorema della funzione implicita fallisca per hi = 0, cioe

(†)′ det(∑

L

f iL,j (u(−))nL − sδij)

= 0

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Si individuano cosı dei punti di biforcazione tra la soluzione h(s) ≡ 0 epossibili h = h(s) 6= 0 . Dunque, se un urto nasce, questo inizia a propagarsicon una velocita di discontinuita debole, e se si estingue nell’urto nullo accadelo stesso fenomeno.

3.4 Velocita del suono

E’ un esempio importante, l’elasticita (per semplicita, consideriamo il casoomogeneo: µ∗ ≡ 1) L,M=1,2,3:

u := (FLM , v

L) ∈ R12, F : gradiente di deformazione, v : velocita materiale,

TLM : tensore di stress

Il sistema di leggi di conservazione per l’elasticita si scrive:∂∂tFLM + ∂

∂xN(−vLδNM) = 0 (compatibilita)

∂∂tvL + ∂

∂xNTLN(F ) = bL(v, F ) (Equ. di Cauchy)

Si noti che le equazioni di compatibilita (e una sorta di condizione di chiusura)ci permettono di dire che esiste una mappa (xL, t) 7→ χM(xL, t), il moto, taleche

∂tχM(xL, t) = vM ,

∂xNχM(xL, t) = FM

N .

• Calcoliamo le velocita caratteristiche (velocita di avanzamento di ondedeboli) per una versione semplificata e 1-dim del modello appena visto.

u = (u1, u2) = (F, v)

∂∂tF − ∂

∂xv = 0

∂∂tv + ∂

∂xp(F ) = b (p : pressione)

fF (F, v) = −v

f v(F, v) = p(F )∂∂tF + ∂fF

∂FF,x + ∂fF

∂vv,x = 0

∂∂tv + ∂fv

∂FF,x + ∂fv

∂vv,x = b

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det

((0 −1

p′(F ) 0

)− s I2×2

)= 0, s2 + p′(F ) = 0,

s1,2 = ±√−p′(F ) :

sono le (sperimentalmente misurate) velocita del suono.Alcune precisazioni (p′(F ) < 0):

Dall’equazione di continuita µ(t, x) detF (t, x) = µ∗(x), µ(t, x)F (t, x) =1, µ(t, x) = 1/F (t, x). Un’equazione costitutiva naturale per p = p(µ) euna funzione monotona crescente (grande densita implica grande pressione)e dunque p = p(F ) e una funzione monotona decrescente e dunque conp′(F ) < 0.

51

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Capitolo 4

La teoria di Friedrichs - Lax -Godounov - Boillat

Riconsideriamo i sistemi di leggi di conservazione in forma quasi-lineare

(1)∂

∂tui +

∑L

∂xLf iL(u) = gi(u).

Supponiamo cheOgni soluzione regolare (C1) u = u(t, x) del sistema (1) soddisfi alla

ulteriore (dis)equazione1

(2) S(u),t + hL(u),L ≥ 0

Questa affermazione e talvolta considerata come una formulazione astrattadel ‘secondo principio della termodinamica’; nella (2) il campo S = S(u) euna densita di entropia (o, in qualche caso di energia), e hL(u) e il vettoreflusso di entropia.

Mostriamo che l’introduzione della ‘termodinamica’ si rivela regolariz-zante: piu precisamente, supposta convessa la funzione densita di entropiaS = S(u), l’affermazione di cui sopra comporta che il sistema (1) e equiva-lente ad un sistema simmetrico iperbolico, dunque un sistema il cui lo studiodelle onde (ma anche delle soluzioni globali deboli) risulta ben posto.

Il primo passo sara il seguente: il fatto che (1) ⇒ (2), comportera delle‘restrizioni costitutive’ tra le funzioni f iL(u), gi(u), S(u), hL(u).

Accettiamo preliminarmente il seguente asserto: localmente (cioe, in unopportuno intorno) ad ogni prefissato punto dello spazio tempo (t, x) si puosempre costruire una soluzione classica (C1), u(·, ·) con arbitrari prefissati

1scriveremo talvolta S,t = ∂∂tS, ecc., e continueremo a sottintendere la sommatoria sugli indici doppi.

52

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valori del campo u = u(t, x) e delle sue derivate spaziali uL = u,L(t, x).L’equazione (1) ci dira, mediante semplice calcolo algebrico, quanto valeu,t(t, x). L’esistenza di tale soluzione soluzione regolare, locale in un op-portuno piccolo intorno di (t, x), si puo costruire per esempio col teorema diCauchy-Kowaleskaya, non entreremo nel merito.

Le (1) e (2) si scrivono

(1′) ui,t + f iL,j (u)uj,L = gi(u)

(2′) S,i(u)ui,t + hL,j(u)uj,L ≥ 0

Moltiplichiamo ambo i membri del sistema (1′) per S,i(u), sommiamo sull’in-dice i, e dall’espressione cosı ottenuta eliminiamo con (2′) il termine S,i(u)ui,t,otteniamo infine[

−S,i(u)f iL,j (u) + hL,j(u)]uj,L + S,i(u)gi(u) ≥ 0

e dato che possiamo scegliere arbitrariamente le derivate spaziali uj,L e ilcampo u in un punto (x, t), l’affermazione ‘(1) ⇒ (2)’ e equivalente alleseguenti Restrizioni Costitutive che legano le funzioni che definiscono il si-stema:

(3)

S,i(u)f iL,j (u) = hL,j(u)S,i(u)gi(u) ≥ 0

La nostra ipotesi fondamentale e la C2-convessita di S, cioe che la funzionematriciale Hessiana

u 7→ S,ij(u)

sia definita positiva2. Allora la mappa

Rn 3 u 7→ v = S ′(u) ∈ Rn, vi = S,i(u) =∂S

∂ui(u),

stabilisce diffeomorfismi globali sui convessi3 aperti di Rn. Indicheremo conv = v(u) e u = u(v) questa mappa e la sua inversa. Consideriamo ora laseguente Trasformazione (parziale) di Legendre:

ΦL(v) := f jL(u(v))vj − hL(u(v))

2Si osservi che se A e definita positiva, pure lo e A−1.3Si utilizza lo stesso teorema di inversione globale che ci e servito per stabilire Trasformazioni di

Legendre globali.

53

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e calcoliamone le derivate

∂ΦL

∂vi(v) = f iL(u(v)) + f jL,k (u(v))uk,i(v) vj − hL,k(u(v))uk,i(v),

osservando che vj = S,j e utilizzando le restrizioni costitutive otteniamo

∂ΦL

∂vi(v) = f iL(u(v)).

Riscriviamo infine il sistema (1) utilizzando il nuovo campo incognito v:

(1′′)∂ui

∂vk(v) vk,t +

[∂ΦL

∂vi(v)

],L

= gi(u(v)),

[(S ′′)

−1(u(v))

]ikvk,t +

∂2ΦL

∂vk∂vi(v) vk,L = gi(u(v)),[

(S ′′)−1

(u(v))]ik

: e i k simmetrica e definita positiva

ΦL ik =∂2ΦL

∂vk∂vi(v) : e i k simmetrica

pertanto il calcolo delle velocita caratteristiche porta all’equazione

(††) det

(ΦL iknL − vn

(S ′′−1)ik)

= 0

che ammette solo soluzioni reali in vn, si tratta infatti del problema degliautovalori relativi della matrice simmetrica ΦL iknL rispetto alla ‘metrica’

(def. pos.) S′′−1

.

54

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Capitolo 5

Primi Elementi di TeoriaQualitativa dei SistemiDinamici

5.1 Integrali primi, dipendenti dal tempo, di

campi vettoriali che dipendono possibil-

mente dal tempo

Dato il campo vettoriale dipendente dal tempo

X : R× Rm → Rm

(t, x) 7→ X(t, x),

l’equazione differenziale ad esso associata e

x(t) = X(t, x(t)), x(t0) = x0.

Una funzione a valori reali f ,

f : R× Rm → Re un integrale primo, dipendente dal tempo, se lungo le soluzioni t 7→ x(t) ecostante:

f(t, x(t)) = costante

Non e difficile vedere che per integrali primi differenziabili tale condizione eequivalente a

(∗) ∂f

∂t(t, x) +

m∑i=1

∂f

∂xi(t, x)Xi(t, x) = 0.

55

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5.2 Intermezzo: Derivata di determinante

Consideriamo la matrice quadrata (N ×N) :

a11 . . . a1N

. . .... aij

.... . .

aN1 . . . aNN

i cui elementi aij sono i valori assunti dalle N2 funzioni aij = aij(λ) di R in R.

Sia J = det(aij). Com’e noto J =∑N

j=1Aijaij (“sviluppo del determinanterispetto alla i-esima riga”), dove Aij sono i complementi algebrici relativi aglielementi aij; valgono pure le relazioni:

(1) J =N∑h=1

Aihaih =N∑k=1

Akjakj ∀i, j = 1, . . . , N.

Inoltre sappiamo che:

(2)N∑h=1

Aihajh =

J se i = j

0 se i 6= j ,

cosı si puo scrivere:

(3) Jδij =N∑h=1

Aihajh.

Calcoliamo la derivata di J pensato come funzione di R in R tramite leN2 aij(λ) : J(λ) = J (a11(λ), . . . , aij(λ), . . . , aNN(λ)).

(4)d

dλJ(λ) =

N∑i,j=1

∂J

∂aij(. . . , ahk(λ), . . . )

d

dλahk(λ).

Restano da esprimere le derivate parziali ∂J∂aij

. A tale scopo sviluppiamo J

rispetto alla i-esima riga (oppure rispetto alla j-esima colonna, e lo stes-so): J =

∑Nh=1Aihaih; dato che, per i fissato e per h = 1, . . . , N, Aih non

dipendono da aij, si ottiene subito:

(5)∂J

∂aij= Aij.

56

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Ritorniamo alla (4), si ha infine:

(6)dJ

dλ(λ) =

N∑i,j=1

Aijd

dλaij(λ).

5.3 Teorema del Trasporto

Ritorniamo al campo vettoriale dipendente dal tempo

X : R× Rm → Rm

(t, x) 7→ X(t, x),

e all’equazione differenziale ad esso associata

x(t) = X(t, x(t)), x(0) = x0

Supponiamo che l’equazione differenziale in studio ammetta flusso con esten-sione massimale su tutta la retta reale dei tempi. Indichiamo tale operatoreflusso con:

Φ : R× Rm → Rm

(2) (t, y) 7→ Φty := x(t, y),

oved

dtx(t, y) = X(t, x(t, y)) e x(0, y) = y.

Se, come supponiamo, vale un teorema di esistenza e unicita, allora Φt einiettivo. Dunque Φt : Rm → Rm e noto se, equivalentemente, sappiamorisolvere i problemi di Cauchy: x(t) = X(t, x(t)), x(0) = y, ∀y ∈ Rm, che eestremamente difficile, e, in un certo senso, non significativo: l’insieme deisistemi dinamici che si lasciano integrare mediante tecniche standard, qualicalcolo di primitive e inversioni di funzioni (si parla, appunto, di ‘sistemiintegrabili’, il cui prototipo non lineare e x = f(x)) e estremamente ‘piccolo’in ogni ragionevole topologia.

Sia Ω ⊂ Rm un sottoinsieme misurabile ed interpretiamolo come un insie-me di possibili “dati iniziali” per la nostra equazione differenziale. Cerchiamoallora di indagare su un aspetto meno forte ma, ciononostante, sufficiente-mente significativo e interessante. Studiamo l’evoluzione della “misura” (cioe,del “volume” in Rm) di Ω tramite Φt :

mis (Φt(Ω)) :=

∫Φt(Ω)

dx (dx := dx1 dx2 ... dxm, elemento di volume in Rm)

57

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Preliminarmente al calcolo di ddtmis (Φt(Ω)) operiamo un cambio di variabili

di integrazione: invece di integrare nelle x ∈ Φt(Ω), integreremo nelle y ∈ Ωe il diffeomorfismo tra le x e le y sia proprio dato dal flusso (per t fissato),

d

dt

∫Φt(Ω)

dx =d

dt

∫Ω

∣∣∣∂(x1, . . . , xm)

∂(y1, . . . , ym)(t, y)

∣∣∣dyPosto1

J(t, y) :=∂(x1, . . . , xm)

∂(y1, . . . , ym)(t, y) =

m∑h=1

Aih(t, y)∂xi∂yh

(t, y)

si ha che: J(0, y) = 1 e J(t, y) > 0 ∀t ∈ R. Dunque:

d

dt

∫Φt(Ω)

dx =

∫Ω

∂tJ(t, y)dy =

=

∫Ω

m∑i,j=1

Aij(t, y)∂2xi∂t∂yj

(t, y)dy =

=

∫Ω

m∑i,j=1

Aij(t, y)∂

∂yj

∂xi∂t

(t, y)dy =

∫Ω

m∑i,j=1

Aij(t, y)∂

∂yjXi(t, x(t, y))dy =

=

∫Ω

m∑i,j=1

Aij(t, y)m∑k=1

∂Xi

∂xk(t, x(t, y))

∂xk∂yj

(t, y)dy,

ricordando che∑m

j=1Aij∂xk

∂yj= δikJ , si ottiene:

(3)d

dt

∫Φt(Ω)

dx =

∫Ω

J(t, y)m∑i=1

∂X i

∂xi(t, x(t, y))dy.

Com’e noto: divX :=∑m

i=1∂Xi

∂xi(operatore “divergenza”).

1Aih: complemento algebrico della matrice Jacobiana

58

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Infine ritornando alle variabili x, otteniamo:

(4)d

dt

∫Φt(Ω)

dx =

∫Φt(Ω)

divX(t, x)dx (Teorema del Trasporto).

Esempio 1. Supponiamo ora che l’equazione (1) sia lineare,

(5) Xi(x) =m∑j=1

Aijxj (Aij : matrice reale costante m×m)

In tal caso divX =∑m

i=1Aii = trA (tr: traccia), allora la (4) diviene:

(6)d

dt

∫Φt(Ω)

dx = trA

∫Φt(Ω)

dx.

La (6) si integra facilmente:

(7) mis(Φt(Ω)) = mis(Ω)et(trA).

Dunque il segno della traccia di A ci da una indicazione sul modo con cui letraiettorie uscenti da Ω “invadono” (trA > 0) o meno (trA < 0) lo spaziodelle fasi Rm.

Esempio 2. Consideriamo ora la (4) nel caso che x(t) = X(x(t)) sia unsistema della meccanica classica di n particelle2 con forze che non dipendonodalle velocita.

(9) qi = vi, vi = Fi(q) i = 1, . . . , 3n,

Si noti che in tal caso m = 6n, x = (q, v) ∈ R3n × R3n = R6n. Calcoliamo ladivergenza del campo vettoriale:

div X =m∑h=1

∂Xh

∂xh=

3n∑i=1

∂qivi +

3n∑i=1

∂viFi(q) = 0

cioe, Teorema di Liouville: il flusso associato alle equazioni della mecca-nica classica con forze puramente posizionali mappa nello spazio delle fasiR6n misurabili Ω in misurabili Φt(Ω) di ugual misura.

2per semplicita, tutte di massa unitaria.

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Esempio 3. Supponiamo ora che ci sia pure della viscosita (k > 0):

(10) qi = vi, vi = Fi(q)− kvi i = 1, . . . , 3n,

ora il calcolo della divergenza del campo vettoriale:

div X =m∑h=1

∂Xh

∂xh=

3n∑i=1

∂qivi +

3n∑i=1

∂vi(Fi(q)− kvi) = −3nk < 0

Dunque:mis(Φt(Ω)) = e−3nk tmis(Ω)

pertanto:mis(Φt(Ω))→ 0 per t→∞,

comportamento, questo, tipico dei sistemi dissipativi.Avvertenza: non si pensi che necessariamente Φt(Ω) collassi asintoticamentenel tempo sempre ad un (solo) punto nello spazio delle fasi.....

5.4 Leggi di Conservazione

Pensando ad un esempio che ci aiuti a fissare le idee, supponiamo che il campovettoriale X(t, x) sia il campo di velocita di un fluido (dunque: m = 3):X(t, x) rappresenti la velocita di quel punto materiale (particella) del fluidoche al tempo t sta transitando per il punto geometrico (dello spazio) x ∈ R3.Supponiamo ora che il fluido ‘trasporti’ qualche proprieta, tipo: massa, op-pure carica elettrica, che si ‘conserva’. Questo vuol dire che c’e una densitaf(t, x) per cui

d

dt

∫Φt(Ω)

f(t, x)dx = 0, ∀Ω ⊂ Rm

Impostiamo un conto analogo a quello che ci ha portato al teorema deltrasporto, dove scriveremo y = y(t, x) per l’inversa di x(t, y):

d

dt

∫Φt(Ω)

f(t, x)dx =d

dt

∫Ω

f(t, x(t, y))∣∣∣∂(x1, . . . , xm)

∂(y1, . . . , ym)(t, y)

∣∣∣dy =

=

∫Ω

[∂f∂t

(t, x(t, y)) +∑i

∂xif(t, x(t, y))

∂xi∂t

(t, y)]J(t, y)+

+f(t, x(t, y))∂

∂tJ(t, y)

dy =

=

∫Ω

∂f∂t

(t, x(t, y)) +∑i

∂xif(t, x(t, y))

∂xi∂t

(t, y)+

60

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+f(t, x(t, y)) divX(t, x(t, y))J(t, y)dy =

=

∫Φt(Ω)

∂f∂t

(t, x) +∑i

∂xif(t, x)Xi(t, x)+

+f(t, x) divX(t, x)dx = 0

e questo per ogni Ω scelto, dunque, supposta continua in x la funzione di cui

sopra. . .

, e esattamente tale funzione integranda che deve essere nulla:

∂f

∂t(t, x) +

∑i

∂xif(t, x)Xi(t, x) + f(t, x) divX(t, x) = 0,

equivalentemente,

∂f

∂t(t, x) +

∑i

∂xi

(f(t, x)Xi(t, x)

)= 0,

(∗∗) ∂f

∂t(t, x) + div

(f(t, x)X(t, x)

)= 0

Importante: si noti che le densita che si conservano per flussi isocori (cioedivX = 0) sono degli integrali primi.

5.5 (Verso la) Diffusione

Come nella sezione precedente continuiamo a supporre che il campo vettorialeX(t, x) sia il campo di velocita di un fluido e supponiamo ora che il fluido‘trasporti’ qualche altro tipo di proprieta (temperatura, ‘probabilita’?) chepropone un comportamento di dispersione col seguente meccanismo 3. Esistedunque una f(t, x) per cui,

per qualche costante ν > 0,dove scriviamo con ∂Φt(Ω) la superficie-bordo di Φt(Ω) ⊂ Rm,dove denotiamo con ∇xf(t, x) il gradiente (rispetto alle variabili x),e dove indichiamo con n il versore esterno normale al bordo ∂Φt(Ω),

∀Ω ⊂ Rm :

3Tale modo di introdurre le equazioni di diffusione lo si puo ritrovare per esempio nellibro: H. Amann, Ordinary differential equations. An introduction to nonlinear analysis.Studies in Mathematics, 13. Walter de Gruyter & Co., Berlin, 1990.

61

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d

dt

∫Φt(Ω)

f(t, x)dx = ν

∫∂Φt(Ω)

∇xf(t, x) · n(x) da

Indaghiamo sul significato del secondo membro. Naturalmente, per ν = 0riotteniamo per f il significato di densita conservata. Ricordiamo il signifi-cato geometrico del gradiente ∇xf(t, x) di una funzione scalare: e un vet-tore che in quel punto x e in quell’istante t in cui e valutato indica la di-rezione spaziale di massima crescita locale per la funzione. Dunque, se adun istante t e in un punto x ∈ ∂Φt(Ω) si ha che p.e. il prodotto scalare∇xf(t, x) · n(x) > 0 significa che localmente f esternamente a Φt(Ω) e mag-giore dunque c’e un contributo di crescita, f tende a fluire all’interno, mentreinvece se ∇xf(t, x) · n(x) < 0 si ha che all’interno di Φt(Ω), localmente inx, f e maggiore rispetto all’esterno e dunque ci sara una tendenza al riequi-librio con un flusso uscente e conseguente contributo di bordo negativo alladerivata espressa nel primo membro. L’uso del teorema di Gauss (o ‘delladivergenza’) sul secondo membro ci da:

d

dt

∫Φt(Ω)

f(t, x)dx = ν

∫Φt(Ω)

div∇xf(t, x) dx

(div∇xf =

∑i

∂2

∂x2i

f = ∆f : Operatore di Laplace, o Laplaciano)

procedendo con conti analoghi alle precedenti sezioni,∫Φt(Ω)

∂f∂t

(t, x) +∑i

∂xif(t, x)Xi(t, x)+

+f(t, x) divX(t, x)− ν∆f(t, x)dx = 0 ∀Ω

dunque ancora una volta e la quantificazione ∀Ω che forza la funzione inte-granda debba essere nulla:

∂f

∂t(t, x) +

∑i

∂xi

(f(t, x)Xi(t, x)

)− ν∆f(t, x) = 0,

(∗ ∗ ∗) ∂f

∂t+ div

(fX)

= ν∆f

Esempi:Equazione di diffusione del calore (f = T ), temperatura.Equazione di diffusione di Fick,Equazione di Fokker-Planck (f = p), densita di propabilita.

62

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5.6 Il fenomeno del Large Damping nelle equa-

zioni di Newton

Nelle prossime pagine studieremo aspetti tecnici dell’equazione di Fokker-Planck emergente da possibili sistemi dinamici deterministici tipici dalla mec-canica classica di n particelle. Il drift Z, cioe il campo vettoriale che regge ladinamica rappresentata al primo ordine, e un campo vettoriale nello spaziodelle fasi R6n = z = (x, v):

z = Z(z) : x = v, v = F(x, v)

Nella sezione 5.6.1 si introdurra un’importante approssimazione dovuta allapresenza di ‘grande viscosita’, che ridurra radicalmente il drift da campovettoriale di R6n ad un campo vettoriale nello spazio delle configurazioniR3n. A volte viene citata come approssimazione di Smoluchowski.

5.6.1 Large Damping lineare

Consideriamo l’equazione differenziale lineare

mx = −hx− kx, m, h, k > 0

Nel casok >> m, h,

cosicche

∆ = k2 − 4mh > 0, λ1 =−k +

√k2 − 4mh

2m, λ2 =

−k −√k2 − 4mh

2m,

la generica soluzione, nel piano delle fasi, e data da:x = c1e

λ1t + c2eλ2t

x = c1λ1eλ1t + c2λ2e

λ2t

Osservando che nelle nostre ipotesi λ2 < λ1 < 0,

limt→+∞xx

= limt→+∞c1λ1eλ1t+c2λ2eλ2t

c1eλ1t+c2eλ2t,

= limt→+∞c1λ1+c2λ2e(λ2−λ1)t

c1+c2e(λ2−λ1)t ,

= λ1(< 0), la radice piu grande.

63

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Cosa accade a questa pendenza di retta asintotica quando k → +∞?

limk→+∞ λ1 = limk→+∞−k+

√k2−4mh2m

,

= limk→+∞(−k+

√k2−4mh)(k+

√k2−4mh)

2m(k+√k2−4mh)

,

= limk→+∞−4mh

2m(k+√k2−4mh)

= 0

Un’osservazione interessante ora e che la funzione k 7→ λ1(k) = −4mh

2m(k+√k2−4mh)

e (infinitesima ed e) asintotica, per k → +∞, alla funzione

k 7→ −hk,

infatti:

limk→+∞

−4mh

2m(k+√k2−4mh)

−hk

= limk→+∞

2k(k +√k2 − 4mh

) = 1

Quest’ultima asintoticita giustifica la riduzione di “large damping” (cioe, perk → +∞) che segue: introdotto il “tempo lento” τ := t

k, e definito

y(τ) := x(kτ),

si hay = x, y′ = kx, y′′ = k2x

cosicche dalla nostra equazione di partenza otteniamo

m

k2y′′ = −hy − y′

per grande k > 0 si ‘trascura’ il membro di sinistra e si studia l’equazioneapprossimata (chiamata appross. di ‘large damping’)

y′ = −hy

ma questa e esattamente

x = −hkx

Abbiamo appena visto che

x

x≈

t→+∞ λ1≈

k→+∞ − h

k

64

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Dunque, nel caso lineare tale approssimazione appare giustificata, hasenso per grandi tempi e grande viscosita (damping) sostituire

mx = −hx− kx =⇒ x = −hkx

o meglio, in tutta generalita, se esiste un minimo assoluto per U che diventaequ. asint. stabile con la viscosita,

mx = −∇U(x)− kx =⇒ x = −1

k∇U(x)

Quest’ultima estensione al caso non lineare, cioe energia potenziale non ne-cessariamente quadratica come nel caso lineare-elastico, e motivata dal fattoche per tempi lunghi il sistema evolve verso tale equilibrio e dunque diventaessenziale la (sola) parte lineare dell’equazione differenziale.

5.7 Funzionali di Lyapunov per Fokker-Planck:

entropia relativa e energia libera

5.7.1 Generalita sull’equazione di Fokker-Planck

Consideriamo l’equazione di Fokker-Planck in un dominio Ω ⊂ Rn, dove ilcampo (drift) X(x) e gradiente ed e generato da un’energia potenziale U ,

X(x) = −gradU(x),

con la condizione:gradU(x) · n(x) = 0, ∀x ∈ ∂Ω

che ci avverte che le curve integrali di X non escono da Ω:

∂p

∂t+ div

(pX)

= ν∆p (Fokker − Planck)

Tipico problema di Cauchy:Determinare p(t, x) risolvente F-P, tale che

gradp(t, x) · n(x) = 0, ∀x ∈ ∂Ω,

p(0, x) = p0(x), con la proprieta sul dato iniziale :

∫Ω

p0(x) dx = 1.

Mostriamo inizialmente che

pe(x) := e−U(x)ν

65

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e una soluzione stazionaria di F-P, cioe:

div(peX

)= ν∆pe (staz)

Naturalmente penseremo che U , dato che e definita a meno di costante

additiva, sia tale per cui vale la normalizzazione:∫

Ωe−

U(x)ν dx = 1.

10 membro : div(−e−

Uν gradU

)=

(gradU · gradU

ν−∆U

)e−

Uν ,

20 membro : ν∆(e−

)= ν div

(−gradU

νe−

)= ν

(−∆U

ν+

gradU · gradU

ν2

)e−

Uν .

Mostriamo ora che la proprieta di normalizzazione e invariante nel tempo:

d

dt

∫Ω

p(t, x)dx =

∫Ω

div (−pX + νgradp) dx =

∫∂Ω

(−pX + νgradp)·n dxn−1 = 0.

Questo ci garantira che se il dato iniziale e una densita normalizzata, cosısara tale la corrispondente soluzione ∀t ≥ 0.

5.7.2 L’Entropia

Introduciamo l’entropia (relativa, a pe(x) = e−U(x)ν ),

H[p](t) :=

∫Ω

p(t, x) lnp(t, x)

pe(x)dx

e mostriamo che risulta essere una funzione di Lyapunov per tale soluzionestazionaria:Teorema Il funzionale H[p] lungo le soluzioni4 di F-P e non crescente:

(i)d

dtH[p](t) ≤ 0,

inoltre,

(ii) H[pe] = 0, H[p] > 0, per p 6= pe.

4Un argomento classico, detto principio del massimo, mostra che le nostre soluzionisono p ≥ 0.

66

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Prova Richiamiamo che gradpe = −gradUνpe = X

νpe.

d

dtH[p](t) =

∫Ω

div (−pX + νgrad p)

(lnp

pe

+ 1

)dx =

=

∫Ω

div

[(−pX + νgrad p)

(lnp

pe

+ 1

)]dx︸ ︷︷ ︸

=0: grad p·n|∂Ω=0=X·n|∂Ω

−∫

Ω

(−pX + νgradp) grad lnp

pe

dx =

= −ν∫

Ω

(−pgradpe

pe

+ gradp

)grad ln

p

pe

dx =

= −ν∫

Ω

(−pgradpe

pe

+ gradp

)(gradp

p− gradpe

pe

)=

= −ν∫

Ω

∣∣∣∣gradp

p− gradpe

pe

∣∣∣∣2 p dx ≤ 0,

e

ed

dtH[p](t) = 0 solo se p = pe,

infatti :gradp

p− gradpe

pe

= 0 se e solo se grad ln p = grad ln pe.

Infine, dalla disuguaglianza (classica): x lnx ≥ x−1, ∀x > 0, e utilizzandoloper x := p/pe,∫

Ω

p lnp

pe

dx ≥∫

Ω

pe

(p

pe

− 1

)dx =

∫Ω

p dx−∫

Ω

pe dx ≡ 0.

Non solo l’entropia e definita positiva, come appena dimostrato, maammette pe come suo unico punto critico ed e pure convessa:

∀δp :

∫Ω

(p+ δp) dx = 1, dunque tale che

∫Ω

δp dx = 0,

dH[p]δp =d

[∫Ω

p lnp

pe

∣∣p+λδp

dx

] ∣∣∣λ=0

=

=

∫Ω

δp

(lnp

pe

+ 1

)dx =

∫Ω

δp lnp

pe

dx = 0,

67

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se e solo se: p = pe. Infine, la convessita:

d2H[p](δp, δp) =∂2

∂µ ∂λ

[∫Ω

p lnp

pe

∣∣p+λδp+µδp

dx

] ∣∣∣λ=0, µ=0

=

=∂

∂µ

[∫Ω

δp

(lnp+ µδp

pe

+ 1

)dx

] ∣∣∣µ=0

=

∫Ω

|δp|2

pdx ≥ 1

maxΩ p‖ δp ‖2

L2 .

5.7.3 Fokker-Planck e termodinamica di non-equilibrio

In questa sezione si propone una nuova funzione (funzionale) di Lyapunov perl’equazione di Fokker-Planck, ancora con le condizioni esposte in 5.7.1, conun significato termodinamico piu immediato e fruibile dell’entropia relativaappena introdotta. Nell’ipotesi di lavoro in cui operiamo, ‘large damping’e conseguente rilassamento della componente cinetica dell’energia, possiamoaffermare che l’energia al tempo t che compete al nostro sistema con densitadi probabilita p(t, x) sia

E = E[p](t) =

∫Ω

U(x)p(t, x)dx

mentre l’entropia (assoluta) e –prendendo ancora a prestito dall’ambienta-zione Shannon & Jaynes–

S = S[p](t) = −∫

Ω

p(t, x) ln p(t, x)dx

Infine, assimileremo –a meno di costanti aggiustanti la dimensionalita– ilparametro di viscosita ν > 0 con la temperatura assoluta θ,

ν = θ

relazione detta a volte di Einstein-Smoluchowsky, benche sia interamenteascrivibile ad Einstein. I nostri processi sono isolati, dunque isotermi, e haquindi senso definire l’energia libera F con temperatura costante:

F = E − θS, F =

∫Ω

(U + ν ln p)pdx

e quindi cimentarsi nel verificare se il ben noto aspetto quantitativo dellaseconda legge della termodinamica, che asserisce che F tende al suo minimoassoluto, sia ricostruibile nell’attuale assetto.

dF [p]δp =

∫Ω

(U + ν ln p+ ν)δpdx

68

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come abbiamo visto,∫

Ωδp dx = 0, pertanto:

dF [p]δp =

∫Ω

(U + ν ln p)δpdx

L’energia libera ammette dunque l’unico punto stazionario nell’equilibrio p =

pe = eU(x)ν , che e pure il minimo assoluto data la uniforme L2-convessita qui

sotto verificata. Il calcolo segue sostanzialmente linee analoghe a quelle visteprecedentemente per H,

d2F [p](δp, δp) = ν

∫Ω

|δp|2

pdx ≥ ν

maxΩ p‖ δp ‖2

L2

Infine verifichiamo

d

dtF [p](t) =

∫Ω

(U + ν ln p+ ν)div (−pX + νgrad p) dx =

= −∫

Ω

grad(U + ν ln p) · (p gradU + ν grad p) dx =

= −∫

Ω

(p|gradU |2 + 2ν grad p · gradU + ν2 |grad p|2

p

)dx =

= −∫

Ω

∣∣∣∣√p gradU + νgrad p√p

∣∣∣∣2 dx ≤ 0,

e si vede che√p gradU + ν grad p√

p= 0 se e solo se p = e−

Uν = pe.

5.7.4 Fokker-Planck e teoria delle Grandi Deviazioni

Consideriamo la varieta compatta e senza bordo Ω, p.e. il toro Tn, ed uncampo vettoriale di drift su di esso,

X : Ω −→ Rn

La struttura della distribuzione di probabilita di equilibrio che abbiamo in-contrato nel caso di drift gradiente, X = −∇U , cioe pe = e−

Uν , ci spinge a

cercare di risolvere 5

∂p

∂t+ div

(pX)

2∆p

ponendo

p(t, x) = e−S(t,x)ν (Cole-Hopf)

5La presenza di ν2 invece di ν e semplicemente dettata da un motivo tecnico: rendere

simmetrica una trasformata di Legendre che seguira a tale impostazione.

69

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e sostituendo nell’equazione di Fokker-Planck. Il risultato finale che inse-guiamo in questa sezione e la costruzione di una teoria asintotica, per ν → 0,delle soluzioni dei problemi di Cauchy per Fokker-Planck.

Otteniamo(−S,tν− ∇S ·X

ν+∇ ·X

)e−

Sν =

ν

2∇ ·(−∇S

νe−

)

(−S,tν− ∇S ·X

ν+∇ ·X

)e−

Sν =

ν

2∇ ·(−∆S

ν+|∇S|2

ν2

)e−

S,t +|∇S|2

2+∇S ·X − ν∇ ·X =

ν

2∆S

supporremo che il campo vettoriale di drift sia solenoidale:

∇ ·X = 0

cosı

S,t +|∇S|2

2+∇S ·X =

ν

2∆S (H-J con viscosita)

quest’ultima e un’equazione di Hamilton-Jacobi, con termine di viscositaν2∆S, di Hamiltoniana:

H(x, p) =1

2|p|2 + p ·X(x)

Un semplice calcolo mostra che la funzione di Lagrange, correlata mediantela trasformazione di Legendre ad H(x, p), e

L(x, x) =1

2|x−X(x)|2

La formula di Lax-Oleinik6, rappresentante le soluzioni di viscosita (che sonoLipschitziane) del problema di Cauchy per l’equazione:

S,t +|∇S|2

2+∇S ·X = 0

con dato iniziale:S(0, x) = σ(x), σ : Ω→ R,

6Vedi p.e. Albert Fathi, Weak KAM Theorem in Lagrangian Dynamics, PreliminaryVersion

70

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si scrive:

S(t, x) = infx(·)∈C1([0,t];Ω):x(t)=x

(σ(x(0) +

∫ t

0

1

2| ˙x(τ)−X(x(τ))|2dτ

)Infine, pensando all’inversa della Cole-Hopf, otteniamo la formula asin-

totica rigorosa che cercavamo per p(t, x):

limν→0

(−ν ln p(t, x)) = infx(·) ∈ C1([0, t]; Ω) :

x(t) = x

(σ(x(0)) +

∫ t

0

1

2| ˙x(τ)−X(x(τ))|2 dτ

)(‘Grandi Deviazioni’)

per dato iniziale:

p(0, x) = e−σ(x)ν

Tale formula e la giustificazione rigorosa della rappresentazione approssi-mata asintotica che a volte si ritrova per p:

p(t, x) ≈ν→0 exp

−1

ν

[inf

x(·) ∈ C1 : x(t) = x

(σ(x(0)) +

∫ t

0

1

2| ˙x(τ)−X(x(τ))|2dτ

)]

71

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Capitolo 6

Serie di Fourier ed equazionedel calore: la diffusione

6.1 Euristica: Teorema di rappresentazione

di vettori negli spazi finito-dimensionale

Consideriamo Rn dotato del prodotto scalare euclideo

〈·, ·〉 : Rn × Rn −→ R

〈u, v〉 =n∑

i,j=1

uivjδij =n∑i=1

uivi = u · v

In tale struttura vettoriale si considera la base naturale orto-normale di vet-tori generante tutto lo spazio: si scrive eii=1,...,n, ei = (0, . . . 0, 1, . . . 0)︸ ︷︷ ︸

1 e nell’i-esimo posto

con

la proprieta (detta, appunto, di orto-normalita):

〈ei, ej〉 = δij

Vale il seguente teorema di rappresentazione per ogni vettore generico udi Rn nella base eii=1,...,n:

u =n∑i=1

〈u, ei〉ei (∗)

In altri termini: il prodotto scalare di u con ei e esattamente la componentei-esima del vettore u, lungo il vettore ei della base ejj=1,...,n.

72

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La validita della (∗) va al di la della scelta ovvia della base sopra scritta:per ogni altro1 prodotto scalare 〈u, v〉, e per ogni altra scelta di base Eii=,...,nortonormale rispetto a quel prodotto scalare, cioe

〈Ei, Ej〉 = δij,

vale ancora

u =n∑i=1

〈u,Ei〉Ei (∗∗)

Si ricordi infine che con un prodotto scalare si introduce in modo naturaleuna norma:

|u| :=√〈u, u〉

Tale ordine di idee vorremmo estenderlo a spazi infinito-dimensionali coin-volgenti oggetti (funzioni, curve,...) che intervengono nelle equazioni diffe-renziali.

6.2 Lo spazio delle funzioni L2([0, T ];C)Consideriamo l’insieme delle funzioni definite su di un intervallo [0, T ] dellaretta reale e possibilmente a valori nei numeri complessi C. Per il momentonon ci impegnamo ancora su di una classe di regolarita richiesta: sara lateoria via via evolventesi che guidera la scelta. Una prima cosa da osservaree che tale insieme si atteggia naturalmente a C-spazio vettoriale, nel sensoche combinazioni di funzioni, con coeff. complessi, e ancora una funzione deltipo considerato.

Indichiamo al solito con z := x− iy il complesso coniugato di z = x+ iye introduciamo il seguente (candidato) prodotto scalare:

〈f, g〉 :=1

T

∫ T

0

f(x)g(x)dx (?)

La norma che tale pr. scalare introduce2

||f ||2L2 := 〈f, f〉 =1

T

∫ T

0

f(x)f(x)dx =1

T

∫ T

0

[Ref(x)2 + Imf(x)2

]dx

La presenza di 1T

serve per poter affermare, come appare naturale, che lanorma della funzione f ≡ 1 sia uguale ad 1.

1per es., 〈u v 〉 :=∑ij aijuivj , dove aij e una matrice (simmetrica) definita positiva:∑

ij aijλiλj > 0 ∀λ 6= (0, . . . , 0).2Si ricordi che zz = (x+ iy)(x− iy) = x2 + y2.

73

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Infine, vorremmo affermare3 che f e in L2([0, T ],C) se

||f ||L2 < +∞

Ma tale definizione ha un grave difetto. Se infatti modifichiamo la funzionef in un insieme finito di punti, o meglio in un insieme di punti isolati4,costruendo cosı una nuova funzione f ′, si ha che (l’integrale non li ‘vede’)

||f ||2L2 = ||f ′||2L2

e questo pregiudica la possibilita di usare tale prodotto scalare come norma,infatti:

||f − f ′||2L2 = 0, ma f 6= f ′

Questo problema si risolve affermando che gli oggetti del nostro spazio sononon tanto delle funzioni ma delle ‘classi di equivalenza’ di funzioni, dove larelazione di equivalenza e esattamente questa:

f ∼ f ′ se e solo se1

T

∫ T

0

|f(x)− f ′(x)|2dx = 0

Dunque, quando diciamo che una ‘funzione’ e in L2 dobbiamo sempre pensaread una classe di equivalenza e non ad una funzione in senso standard. In altritermine, una funzione in L2 non ha un significato puntuale.

Introduciamo una base ortonormale in L2([0, T ];C):

Ekk∈Z :=x 7→ ei

2πkTxk∈Z

(ricordare che eiα = cosα + i sinα

)Mostriamo infatti che

〈Ek, Eh〉L2 = δkh

〈Ek, Eh〉L2 =1

T

∫ T

0

ei2π(k−h)

Txdx =

1T

Ti2π(k−h)

ei2π(k−h)

Tx∣∣∣T0

= 0, k 6= h

1, k = h

Otteniamo cosı un teorema5 di rappresentazione per funzioni (classi di equi-valenza) di L2:

f(x) =∑k∈Z

〈f, Ek〉L2 Ek(x),

3o, se vogliamo, definire delle regole affinche una funzione-vettore f appartenga o menoallo spazio L2 in costruzione.

4piu in generale, in un insieme di ‘misura nulla’ rispetto all’integrale di Lebesgue.5accettiamolo, l’abbiamo solo reso plausibile.

74

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f(x) =∑k∈Z

fk ei 2πkTx ()

dove fk e la componente di f lungo il ‘vettore’ base ei2πkTx : fk = 〈f, Ek〉L2 ,

fk =1

T

∫ T

0

f(x)e−i2πkTxdx ()

La serie () e detta serie di Fourier della funzione f ∈ L2.Possiamo riscrivere la serie di Fourier mettendo in evidenza parte reale e

immaginaria:

f(x) = f0 +∑k∈Z\0

fk(cos2πk

Tx+ i sin

2πk

Tx) =

= f0 +∑k∈N

fk(cos2πk

Tx+ i sin

2πk

Tx) +

∑k∈N

f−k(cos2πk

Tx− i sin

2πk

Tx),

f(x) = Re(f0) +∑k∈N

Re(fk + f−k) cos2πk

Tx−

∑k∈N

Im(fk − f−k) sin2πk

Tx+

+iIm(f0) +

∑k∈N

Im(fk + f−k) cos2πk

Tx+

∑k∈N

Re(fk − f−k) sin2πk

Tx

Le quattro successioni reali in N sopra coinvolte sono indipendenti e pertantopossiamo riscrivere

f(x) = a0 +∑k∈N

ak cos2πk

Tx+

∑k∈N

bk sin2πk

Tx+

+ib0 +

∑k∈N

Ak cos2πk

Tx+

∑k∈N

Bk sin2πk

Tx

ove ak, bk, Ak, Bk sono reali. Supponiamo che f sia reale, allora

k ∈ N : fk =1

T

∫ T

0

f(x)e−i2πkTxdx =

1

T

∫ T

0

f(x)(cos2πk

Tx− i sin

2πk

Tx)dx

k ∈ N : f−k =1

T

∫ T

0

f(x)ei2πkTxdx =

1

T

∫ T

0

f(x)(cos2πk

Tx+ i sin

2πk

Tx)dx

ak = Re(fk + f−k) =2

T

∫ T

0

f(x) cos2πk

Tx dx

75

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analogamente

bk = Im(f−k − fk) =2

T

∫ T

0

f(x) sin2πk

Tx dx

Si noti inoltre che () vale su tutta la retta reale e dunque tale formulaestende per periodicita, con periodo T , una funzione f , definita solo su [0, T ],ad una funzione periodica definita su tutta la retta R.

6.2.1 Serie di soli coseni (o di soli seni)

Consideriamo ora, sempre pensando a serie di Fourier di funzioni reali, laseguente nuova rappresentazione (sara utile poi nell’applicazione all’equazio-ne del calore): data una funzione f : [0, T ] → R estendiamone per parita ladefinizione nell’intervallo [−T, T ], questo significa che definiamo

∀x ∈ [−T, 0] : f(x) := f(−x)

La funzione in [−T, T ] che cosı otteniamo continueremo a chiamarla f ed epari 6 per ovvia costruzione. Essendo il periodo/intervallo uguale a 2T , essasara rappresentata da

f(x) = A0 +∑k∈N

Ak cosπk

Tx+

∑k∈N

Bk sinπk

Tx x ∈ [−T, T ]

e i coefficienti Ak e Bk si ottengono nel solito modo, p.e.

Bk =1

T

∫ T

−Tf(x) sin

πk

Tx dx

ma f e pari, sin πkTx e dispari, e cosi’ infine la funzione integranda f(x) sin πk

Tx

e dispari, questo basta per dire che l’integrale e nullo, ∀k ∈ N: Bk = 0. Indefinitiva, abbiamo costruito una rappresentazione di f usando solo i coseni:

f(x) = A0 +∑k∈N

Ak cosπk

Tx (†)

Notiamo subito che se la serie dei termini derivati converge alla derivata dif ∈ C1([−T, T ];R), cioe se

df

dx(x) = −

∑k∈N

πk

TAk sin

πk

Tx,

6appunto: f(−x) = f(x), es.: f(x) = cosx; si dice invece dispari una funzione in[−T, T ] per cui f(−x) = −f(x), es.: f(x) = sinx.

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allora necessariamentedf

dx(0) = 0 =

df

dx(T )

Vedremo tra poco la forte utilita d’uso di tali serie di soli coseni per ilproblema al bordo che studieremo per l’equazione del calore.

Esercizio: estendere per disparita in [−T, T ] funzioni f inizialmente de-finite in [0, T ], introducendo cosı serie di soli seni. Constatare che tali seriesono le piu opportune per rappresentare funzioni che sono nulle nel bordo di[0, T ].

6.2.2 Qualche teorema e stima

Abbozziamo una semplice (parziale) classificazione delle funzioni che ammet-tono una rappresentazione in serie di Fourier.

(i) Le funzioni analitiche, cioe le funzioni la cui serie di Taylor convergealla funzione stessa, ammettono rappresentazione in serie di Fourier dovevale, per qualche C > 0 e σ > 0, la seguente stima sui coefficienti di Fourier:

|fk| ≤ C e−σ|k|

(ii) Le funzioni Cs, per esse vale

|fk| ≤C

|k|s+1

(iii) Le funzioni C1 a ‘tratti’, cioe con un numero finito di discontinuita(a salto finito) sia nella funzione sia nella derivata, per esse vale la rappresen-tazione in serie di Fourier in [0, T ], e, sebbene possa essere che f(0) 6= f(T ),la serie di Fourier esiste e converge su tutto R: nei punti nT ∈ R, n ∈ Z,essa converge a f(0)+f(T )

2; tale comportamento di convergenza sussiste in ogni

altro punto x0 di discontinuita della f in studio: la serie converge a

limx→x−0f(x) + limx→x+

0f(x)

2

6.3 Equazione del calore

6.3.1 Una (rapida) deduzione dell’equazione del calore

Consideriamo una sbarretta metallica [0, L] e supponiamo che nelle estremitala temperatura θ (> 0) possa pure cambiare, ma in modo che non sussista-no ‘scambi energetici’ con l’esterno della sbarretta (condizioni di isolamento

77

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adiabatico). Assumeremo che l’energia interna della sbarretta sia descrittada una densita di energia (per unita di lunghezza) che dipende linearmentedalla temperatura θ,

E = E(θ) = c θ (c > 0) (densita′ d′energia)

Suo significato fisico: per ogni fissato x, il contenuto energetico della sbar-retta, localmente a x, e tanto piu elevato quanto piu alta e la temperatura.

L’energia sotto forma di calore si diffonde, fluisce nella sbarretta, e siammette che il flusso7 di energia q in transito, da sn a dx, nel punto x dellasbarretta, sia dato da

q(t, x) = −K ∂θ

∂x(t, x) (K > 0) (flusso di energia− calore)

Suo significato fisico: per ogni fissato x, il calore fluisce dalle regioni ‘calde’immediatamente vicine a x a quelle piu ‘fredde’.

(Le costanti c,K > 0 sono, come si usa dire, costitutive, fenomenologiche,dipendono dal materiale che stiamo considerando.)

Infine, stabiliamo il generale bilancio dell’energia (e una legge di conserva-zione) riferito ad un qualsiasi pezzo di sbarretta tra x1 e x2, 0 ≤ x1 < x2 ≤ L:diremo che nel pezzetto di sbarretta [x1, x2] la variazione di energia perunita di tempo e precisamente data dal bilancio del flusso di energia-caloretransitante alle sue estremita8:

d

dt

∫ x2

x1

E(θ(t, x)) dx = q(t, x1)− q(t, x2) (bilancio energia)

E dunque: ∫ x2

x1

c∂θ

∂t(t, x)) dx = K(

∂θ

∂x(t, x2)− ∂θ

∂x(t, x1))∫ x2

x1

c∂θ

∂t(t, x)) dx = K

∫ x2

x1

∂2θ

∂x2(t, x) dx

posto χ := Kc

,∫ x2

x1

[∂θ∂t

(t, x)− χ∂2θ

∂x2(t, x)

]dx = 0 ∀x1, x2 ∈ [0, L] (?)

affermiamo che[∂θ∂t

(t, x)−χ d2θdx2 (t, x)

]= 0: infatti, se per assurdo cosı non fos-

se, allora esisterebbe un (qualche) punto x∗ per cui[∂θ∂t

(t, x∗)−χ d2θdx2 (t, x∗)

]6=

7e un’energia per unita di tempo8naturalmente la sbarretta e dentro una guaina termicamente isolante

78

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0, per esempio sia > 0, allora, supposta la continuita della funzione[∂θ∂t

(t, x)−

χ d2θdx2 (t, x)

]rispetto a x, per il teorema della permanenza del segno esisterebbe

un intervallo (piccolo) [a, b] contenente x∗ in cui[∂θ∂t

(t, x) − χ d2θdx2 (t, x)

]> 0;

ma in tal caso si avrebbe∫ b

a

[∂θ∂t

(t, x)− χd2θ

dx2(t, x)

]dx > 0

contro l’affermazione (?) prima dimostrata.Le ipotesi costitutive sul materiale in studio (la legge E(θ) e la legge q( ∂θ

∂x))

ci hanno condotto ad affermare che il bilancio energetico e equivalente allaequazione alle derivate parziali:

∂θ

∂t(t, x) = χ

∂2θ

∂x2(t, x) (χ > 0) (Equazione del calore)

6.3.2 Soluzione dell’equazioni del calore con le serie diFourier

La condizione condizione di flusso q nullo sul bordo x = 0 e x = L si scrivonoora:

∂θ

∂x(t, 0) = 0 =

∂θ

∂x(t, L) ∀t ∈ [0,+∞) (CB : Condizioni al bordo)

Oltre alle condizioni al bordo sopra scritte, dette anche condizioni diNeumann, dobbiamo considerare le seguenti condizioni iniziali; in sostanza,supponiamo che al tempo iniziale t = 0 la sbarretta abbia un certo ‘profilo’assegnato di temperature θ(0)(x) ed esso ammetta una rappresentazione diFourier:

θ(0, x) = θ(0)(x) =∑k∈Z

θ(0)k ei

2πkLx ∀x ∈ [0, L]

(CI : Condizioni iniziali)A questo punto il criterio di ricerca di soluzioni ci e offerto dall’ambien-te funzionale appena costruito: ricercheremo una soluzione θ(t, x) che siarappresentabile come serie di Fourier rispetto alla variabile spaziale x ∈ [0, L],

θ(t, x) =∑k∈Z

θk(t)ei 2πkLx

Dato che il nostro campo incognito e reale (temperatura), useremo le rappre-sentazioni reali sopra viste: osserviamo subito che date le condizioni al bordo

79

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che la nostra soluzione θ(t, x) deve soddisfare e utile usare la rappresentazio-ne in soli coseni. Infatti, dato che la nostra θ(t, x) deve avere derivata nullarispetto ad x in x = 0 e x = L, si vede bene che la sua estensione per paritaall’intervallo [−L,L] e una funzione con la derivata rispetto ad x continua ela serie dei soli coseni sopra studiata ammette automaticamente tal proprietadi bordo CB auspicata. Dunque:

θ(t, x) = a0(t) +∑k∈N

ak(t) cosπk

Lx (∗)

CI : θ(0, x) = θ(0)(x) = a(0)0 +

∑k∈N a

(0)k cos πk

Lx

CB : automaticamente soddisfatte

Inserendo la (∗) nell’equazione del calore, ricordando che le funzioni cos πkLx

sono tutte indipendenti tra loro, componente per componente otteniamo leinfinite equazioni differenziali ordinarie separate9 del primo ordine, ∀k ∈ N:

a0(t) = 0 : a0(t) = a(0)0

ak(t) = −χ∣∣∣πkL

∣∣∣2ak(t) : ak(t) = a(0)k e−χ|

πkL|2 t

Riassumendo:

θ(t, x) = a(0)0 +

∑n∈N

a(0)n cos

(πnLx)e−χ|

πnL|2 t (Soluzione)

Infine, si osserva il comportamento asintotico nel tempo del profilo dellatemperatura: esso tende spazialmente ad uniformizzarsi sul valor medio delprofilo delle temperature iniziali, e il fenomeno della ‘termalizzazione’:

limt→+∞

θ(t, x) = a(0)0 =

1

2L

∫ L

−Lθ(0)(x)dx =

1

L

∫ L

0

θ(0)(x)dx.

6.3.3 Equazione di Diffusione

L’equazione del calore sopra scritta si puo interpretare (ed usare) per lo studiodi processi generali di diffusione. Si pensi ad un tubicino 1-dimensionale [0, L]di solvente in cui si introduce al tempo t = 0 un piccola macchia di soluto

9cioe, ogni k-equazione coinvolge solo la k-componente di θ. Sono equazioni del tipo:x = ax, lo spazio vettoriale delle soluzioni di tale equazione lineare e 1-dimensionale e percostuire la base si prova con x(t) = eλt, si vede subito che λ = a e l’integrale generale e:x(t, c) = ceat.

80

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di densita µ(0)(x) ≥ 0. Questo vuol dire che la quantita totale di massa disoluto al tempo t = 0 (ma vorremmo che sia tale anche per ogni altro tempot > 0!) vale:

m =

∫ L

0

µ(0)(x) dx

µ(0)(x) =1

L

∫ L

0

µ(0)(x)dx+∑n∈N

a(0)n cos

(2πn

Lx)

+∑n∈N

b(0)n sin

(2πn

Lx)

Considerazioni fisiche conducono alla seguente equazione di diffusione spazio-temporale del soluto nel solvente (Equazione della diffusione):

∂µ

∂t(t, x) = D

∂2µ

∂x2(t, x) (D > 0)

Se le estremita del tubicino sono chiuse, la soluzione dovra soddisfare a condi-zioni al bordo analoghe a quelle sopra viste per la temperatura. La soluzionesara

µ(t, x) =1

L

∫ L

0

µ(0)(x)dx+∑n∈N

a(0)n cos

(πnLx)e−D|

πnL|2 t (Soluzione)

Si noti che vale quanto poco sopra auspicato: la massa di soluto ad ogniistante t ≥ 0 e costante,

m(t) =

∫ L

0

µ(t, x) dx =

∫ L

0

µ(0)(x) dx = m(0)

poiche ∫ L

0

∑n∈N

a(0)n cos

(πnLx)dx e−D|

πnL|2 t = 0.

6.3.4 Effetto grotta-cantina

Pensiamo all’asse x come ad un asse puntante verso l’interno del suolo, x = 0:la superficie terrestre.

∂ϑ

∂t(x, t) = χ

∂2ϑ

∂2x(x, t) t ∈ [0, T ], x ≥ 0

con dato al bordo (x = 0) t-periodico: ϑ(0, t) = ϑ(0)(t) ϑ0(t+T ) = ϑ0(t)

ϑ(0)(t) =∑k∈Z

ϑ(0)k ei

2πkTt

81

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cercheremo sol. con la stessa t-periodicita ϑ(x, t) =∑k∈Z

ϑk(x)ei2πkTt

∂t

∑k∈Z

ϑk(x)ei2πkTt = χ

∂2

∂2x

∑k∈Z

ϑk(x)ei2πkTt

∀k ∈ Z : i2πk

Tϑk(x) = χ

d2

d2xϑk(x)

ϑk = eλkx ⇒ λk +,− = ±

√i2πk

χT

k > 0 : λk +,− = ±(1√2

+i√2

)

√2πk

χTk < 0 : λk +,− = ±(

1√2− i√

2)

√2π|k|χT

∀k : λk +,− = ±(1√2−sgn(k)

i√2

)

√2π|k|χT

= ±(1−i sgn(k))

√π|k|χT

=: ±ck

ϑk(x;αk, βk) = αk eckx + βk e

−ckx

ϑ(x, t) =∑k∈Z

(αk eckx + βk e

−ckx)︸ ︷︷ ︸ϑk(x)

ei2πkTt

Per x = 0 otteniamo un’informazione che e insufficiente alla completa deter-minazione di una soluzione:

x = 0 : αk+βk = ϑ(0)k come determinare completamente i coeff. αk e βk ?

richiederemo che ||ϑ(·, ·)||∞ := supx≥0 t∈[0,T ]

|ϑ(x, t)| < +∞ :

ϑk(x) =1

T

∫ T

0

ϑ(x, t)e−i2πkTtdt ⇒ |ϑk(x)| ≤ ||ϑ||∞ < +∞ ⇒ αk = 0, infatti:

|ϑk(x)| ≥ (|αk|e√π|k|χT

x−|βk|e−√π|k|χT

x) |ϑk(x)| < +∞ ⇔ αk = 0 , βk = ϑ(0)k

infine: ϑ(x, t) =∑k∈Z

ϑ(0)k e−

√π|k|χT

x ei sgn(k)(√π|k|χT

x+2π|k|T

t)

Esempio:

ϑ(x, t) =∑k∈Z

ϑ(0)k e−

√π|k|χT

x ei sgn(k)(√π|k|χT

x+2π|k|T

t)

materiale “tipo suolo”: χ = 2 · 10−7 m2/sec (...controllare...)

ϑ(0)0 = 15 0C, ϑ

(0)1 = 20 0C, ϑ(0)(t) = 15 + 20 cosωt,

82

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dove ω =2π

T=

365 · 24 · 3600︸ ︷︷ ︸un anno

≈ 2 · 10−7sec−1

√π

χT≈√

10−7

2 · 10−7≈ 0.7 m−1,

2π|k|T

∣∣∣k=1

=2π

T= ω = 2 · 10−7 sec−1

ad una profondita di x = 4.5 m :

sfasamento temporale:

√π

χTx = 0.7 · 4.5 ≈ π (scambio “stagionale”)

fattore di smorzamento del termine oscillante: e−π ≈ 0.04 (temperatura quasi costante)

83

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Capitolo 7

Riduzione finito-dimensionaleesatta in teoria dei campi

Sia Ω ⊂ Rn un dominio ‘Stokesiano’, tale cioe che per esso valga il teoremadi Stokes (p.e., frontiera C1 a tratti) Vogliamo studiare il problema• Per assegnata funzione non lineare F : R→ R,

∆u = εF (u)u∣∣∂Ω

= 0(#)

dove

∆u :=n∑j=1

∂2

∂x2j

u

e l’operatore differenziale di Laplace, il Laplaciano.Questo problema ammette formulazione variazionale1:

H := C∞(Ω;R) : u|∂Ω = 0 → R

J : u(·) 7→∫

Ω

[1

2|∇u|2 +

∫ u

u

εF (λ)dλ]dx

Infatti:dJ(u)h = 0 ∀h ∈ H se e solo se u risolve (#)

dJ(u(·))h(·) =d

dξJ(u(·) + ξh(·))|ξ=0 =

1Il problema della scelta del piu opportuno spazio funzionale non sara certamente quiaffrontato: un’indagine accurata mostra che lo spazio piu adatto e lo spazio di SobolevW 1,2 = H1.

84

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=d

∫Ω

[1

2|∇u(x) + ξ∇h(x)|2 +

∫ u(x)+ξh(x)

u

εF (λ)dλ]dx|ξ=0 =

=

∫Ω

[∇u(x) · ∇h(x) + εF (u(x))h(x)

]dx =

( rem : ∇ · u := div u, ∇ · ∇ = div grad = ∆)

=

∫Ω

[∇ · (∇u(x) h(x))−∆u(x) h(x) + εF (u(x))h(x)

]dx =

=

∫∂Ω

[(∇u(x) h(x) · n(x)ds−

∫Ω

[∆u(x)− εF (u(x))]h(x)dx.

sul bordo ∂Ω vale h = 0, dunque

dJ(u)h = −∫

Ω

[∆u− εF (u)]hdx

e si conclude col lemma fondamentale del Calcolo delle Variazioni.

• Il problema degli autovalori del Laplaciano su di un dominio limitato Ω(problema spettrale) e un ben noto, il Laplaciano e un classico esempio dioperatore ellittico:

−∆uj = λj uj, 〈ui, uj〉L2 =1

meas(Ω)

∫Ω

ui(x)uj(x)dx = δij,

λ0 = 0 < λ1 ≤ λ2 ≤ ....

Esempio 1-dim: Ω = [0, L]: − d2

dx2uj = λjuj, uj(x) =√

2 sin(πjLx),

e ujj∈N e una base di L2([0, L];R) : u(0) = 0 = u(L),

λj =

(πj

L

)2

, 〈uj, uk〉L2 =2

L

∫ L

0

sin

(πj

Lx

)sin

(πk

Lx

)dx = δjk

• Per ogni f ∈ L2, il problema lineare (equazione di Poisson):∆u = fu∣∣∂Ω

= 0e risolto da : g(f) = −

∑j>0

ujλj〈f, uj〉L2

85

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• Fissiamo: m ∈ N (cut-off). Per ogni u ∈ H,

µ := Pmu =∑

0<j≤m

uj〈u, uj〉L2 , η := Qmu =∑

m<j<+∞

uj〈u, uj〉L2 ,

H = PmH ⊕QmH.

• Fissiamo: µ ∈ PmH. Consideriamo la seguente mappa:

QmH −→ H

η 7−→ g(η) := g(µ+ η)

Questa mappa e Lipschitz con Lip(g) ≤ 1λm+1

:

∣∣g(η2)− g(η1)∣∣ =

∣∣ ∑m<j<+∞

ujλj〈η2 − η1, uj〉L2

∣∣ ≤ 1

λm+1

∣∣η2 − η1

∣∣.• Ancora, per m ∈ N e µ ∈ PmH fissati, consideriamo la nuova seguentemappa

QmH −→ QmH

η 7−→ εQm

(F(g(µ+ η)

)).

Questa mappa, sotto l’ulteriore ipotesi su F ,

supu∈R|F ′(u)| = C < +∞,

e una contrazione,i) per piccole perturbazioni ε, oppureii) per convenientemente grande cut-off m:

ε C

λm+1

< 1.

Infatti:∣∣∣εQm

(F(g(µ+ η2)

))− εQm

(F(g(µ+ η1)

))∣∣∣ ≤ ε C

λm+1

|η2 − η1|.

Banach-Caccioppoli: funzione punto fisso d(m,µ),

(∗) d(m,µ) = εQm

(F(g(µ+ d(m,µ))

)).

86

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Se oltre a (∗), we consideriamo l’equazione finita per µ ∈ PmH ∼= Rm:

(∗∗) µ = εPm(F(g(µ+ d(m,µ))

)).

Concretamente, in corrispondenza ad ogni soluzione µ di (∗∗), notiamo che,sommando membro a membro (∗) e (∗∗), otteniamo una soluzione di

∆u = εF (u), u|∂Ω = 0, mediante la formula:

u = g(µ+ d(m,µ)).

Il problema e ridotto, diventa finito-dimensionale.Inoltre, per m ∈ N fissato, definita la funzione (generatrice)

W : PmH ≈ Rm −→ R

µ 7−→ J g(µ+ d(m,µ)),

essa (Teorema) genera esattamente tutte e sole le soluzioni del problemadi Dirichlet originale:

µ e un punto critico di W , W ′(µ) = 0,

se e solo se

u e un punto critico di J , J ′(u) = 0, ove u = g(µ+ d(m, µ)) .

Osservazioni:

• W e nota non appena si conosce la funzione punto fisso d(m,µ): questasi determina mediante limite di una successione iterata (⇒ metodi numericiapprossimati).

•• Lo studio della topologia dei punti critici di una funzione finito-dimen-sionale, quale W , si puo realizzare con tecniche alla Morse e Lusternik-Schnirelman.

• • • Questa tecnica, apparentemente simile alla riduzione di Lyapunov-Schmidt, mostra abbastanza facilmente la crescita gerarchica del numero dellesoluzioni all’aumentare del parametro variazionale ε:

ε C

λm+1

< 1, C = sup |F ′|, ∆u = ε F (u).

[Quando il parametro variazionale ε cresce, bisogna utilizzare un numero viavia crescente m di autovalori dell’operatore ellittico lineare L; e dunque laricerca delle soluzioni va operata in spazi finito-dimensionali di dimensionevia via crescente.]

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Teorema. Siasupu∈R|F ′(u)| = C < +∞.

Allora, per fissato ε > 0 e conseguentemente fissato m tale che ε < λm+1/C,i punti stazionari di W : Rm → R, producono esattamente i punti stazionaridi J .

Prova.

dW =∂W

∂µ(µ)dµ = dJ(u)

∣∣∣u=g(µ+d(m,µ))

dµg(µ+ d(m,µ)),

dW = 〈(

∆u− εF (u))∣∣∣

u=g(µ+d(m,µ)), dµg(µ+ d(m,µ))〉,

ora, dal ruolo operativo (definizione) del punto fisso d(m,µ) e dalla defi-nizione della mappa g abbiamo

Qm

(µ+ d(m,µ)− εF

(g(µ+ d(m,µ))

))= 0,

∆(g(µ+ d(m,µ))

)= µ+ d(m,µ),

quindi:

Qm

(∆u− εF (u)

)∣∣∣u=g(µ+d(m,µ))

= 0.

Pertanto

dW = 〈µ− εPmF (µ+ d(m,µ)),Pm dµg(µ+ d(m,µ))〉.

Da g(f) = −∑+∞

j>0ujλj〈f, uj〉L2 , e facile vedere che

Pm dµg(µ+ d(m,µ)) = −m∑j>0

ujλjdµj,

cosicchedW = 0,

se e solo seµ− εPmF (µ+ d(m,µ)) = 0,

che e precisamente l’equazione finita (∗∗) caratterizzante le soluzioni µ.

Esercizio. Dimostrare che per piccoli ε, l’equazione non lineare finitodimensionale µ − εPmF (µ + d(m,µ)) = 0, ammette soluzioni µ = µ(ε) conµ(0) = 0. (Sugg.: usare il t. della funzione implicita, localmente a (ε∗, µ∗) =(0, 0))

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Capitolo 8

Trasformata di Fourier e TAC

8.1 Euristica: dalle serie all’integrale di Fou-

rier

Riconsideriamo la serie di Fourier di f su di un intervallo limitato di ampiezzaT , per convenienza, scegliamo [−T/2, T/2]:

f(x) =∑k∈Z

fk ei 2πkTx ()

dove fk e la componente di f lungo il ‘vettore’ base ei2πkTt:

fk =1

T

∫ T/2

−T/2f(x)e−i

2πkTtdx ()

Supponiamo ora di avere una funzione x 7→ f(x) definita su tutto l’asse reale,con delle proprieta di integrabilita che via via preciseremo.

• L’idea e di indagare su cosa accade quando si fa tendere T → +∞.

Premessa tecnica/euristica: Consideriamo una funzione R 3 ξ 7→ g(ξ) ∈R sommabile su R; per T grande, la seguente quantita qui sotto (nella sini-stra) appare una approssimazione (‘somma di Riemann’ su intervalli (piccoli)di ampiezza 1/T ) via via sempre piu fedele dell’integrale qui sotto scritto(nella destra): ∑

k∈Z

1

Tg( kT

)≈T→+∞

∫ +∞

−∞g(ξ)dξ.

Dunque, tornando alla rappresentazione di Fourier:

f(x) =∑k∈Z

[ 1

T

∫ T/2

−T/2f(t)e−i

2πkTtdt]ei

2πkTx,

89

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T → +∞ : f(x) =

∫ T/2

−T/2f(t)

(∑k∈Z

1

Tei

2πkT

(x−t))

︸ ︷︷ ︸qui si identifica: gt,x(ξ) := ei2πξ(x−t)

dt =

=

∫ T/2

−T/2f(t)

(∑k∈Z

1

Tgt,x

(k

T

)dξ

)dt =T→+∞

∫ t=+∞

t=−∞f(t)

∫ ξ=+∞

ξ=−∞ei2πξ(x−t)dξ dt =

=

∫ ξ=+∞

ξ=−∞

(∫ t=+∞

t=−∞f(t)e−i2πξtdt

)︸ ︷︷ ︸

f(ξ): f e detta trasformata di Fourier di f

ei2πξxdξ

8.2 Trasformata di Fourier

8.2.1 Serie e Trasformate di Fourier multiple: rispetti-vamente in [0, T ]n e in Rn

Data una funzione

f : [0, T ]n → C, x = (x1, . . . , xn) 7→ f(x) ∈ C

si introduce (estendendo) la rappresentazione in serie di Fourier multi-dimensionale:

f(x) =∑k∈Zn

fkei 2πTk·x (k · x :=

n∑j=1

kjxj)

dove ora le componenti di Fourier sono date da

fk =1

T n

∫[0,T ]n

f(x)e−i2πTk·xdx

Analogamente, per funzioni f : Rn → R, velocemente decrescenti all’infinito(come nel caso 1-dim, si veda subito qui sotto), si definisce la trasformata diFourier

f(ξ) :=

∫x∈Rn

f(x)e−i2πξ·xdx, f : Rn → C

cosicche vale la rappresentazione

f(x) =

∫ξ∈Rn

f(x)ei2πξ·xdξ

90

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8.2.2 Generalita analitiche & topologiche

La Trasformata di Fourier in Rn agisce ‘naturalmente’ in uno spazio di fun-zioni C∞ molto decrescenti all’infinito, assieme alle loro derivate, piu di qua-lunque inverso di polinomio, di ogni grado. Tale spazio di funzioni e detto diSchwartz S(Rn;R): f ∈ S(Rn;R) se e solo se, per ogni k,m ∈ N e per ognih1 + h2 + · · · = k, esistono costanti Ck,m > 0 per cui∣∣∣ ∂k

∂h1x1∂h2x2 ....f(x)

∣∣∣ ≤ Ck,m1

1 + |x|m

La trasformata di Fourier e cosı definita

∀f ∈ S(Rn;R) : f(ξ) = F(f)(ξ) =

∫x∈Rn

f(x)e−i2πξ·xdx

Si verifica cheF : S → S

Denotiamo con ∗ la convoluzione in S:

(f ∗ g)(x) :=

∫y∈Rn

f(x− y)g(y)dy

Valgono:

||f ||L2 = ||f ||L2 (f ∗ g)(ξ) = f(ξ) g(ξ)

F e unitaria F e un morf. d’alg. : F : (S, ∗)→ (S, ·)

L’Anti-trasformata e, ∀f ∈ S:

F−1(f)(x) =

∫ξ∈Rn

f(ξ)ei2πξ·xdξ

E vale la fondamentale Formula di inversione:

F−1 F = idS(Rn;R)

(F−1 Ff)(x) =

∫ξ∈Rn

(∫y∈Rn

f(y)e−i2πξ·ydy)ei2πξ·xdξ =

=

∫y∈Rn

(∫ξ∈Rn

ei2πξ·(x−y)dξ)

︸ ︷︷ ︸:=δ(y−x)

f(y)dy = f(x)

91

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da cui una rappresentazione del (funzionale) δ di Dirac:∫y∈Rn

δ(y − x)f(y)dy = f(x)

Le funzioni regolari a supporto compatto C∞c (Rn;R) sono evidentemente unsottoinsieme di S(Rn;R), e poiche C0

c (Rn;R) e denso in L2(Rn;R), si trae cheS(Rn;R) e denso in L2(Rn;R). Inoltre l’isomorfismo (cioe, lineare e biiettivo)F : S→S e un omeomorfismo ove pensiamo alla topologia della struttura diFrechet indotta su S dalle costanti Ck,m.

8.3 Tomografia Assiale Computerizzata

8.3.1 Teorema di invarianza per rotazioni di FSia

f : R2 → R (x1, x2) 7→ f(x1, x2) ∈ R

una funzione definita in R2 con un fissato sistema cartesiano (x1, x2). Consi-deriamo un nuovo sistema (x1, x2), con ugual origine, ottenuto dal precedentemediante una rotazione degli assi di un angolo Θ in senso anti-orario,

x = R(Θ)x in dettaglio:

(x1

x2

)=

(cos Θ − sin Θsin Θ cos Θ

)(x1

x2

)Si osserva che R(Θ) e una matrice di rotazione ( T denota la ‘trasposizione’,cambiare righe con colonne: ATij = Aji),

R(Θ)T R(Θ) = 1, cioe R−1 = RT e detR(Θ) = +1.

Denotiamo con fΘ, fΘ(x), la nuova rappresentazione della stessa funzionef, f(x), nel sistema ruotato:

fΘ(·) := f(R(Θ)·), fΘ(x) := f(R(Θ)x)

e consideriamo la medesima rotazione anche nello spazio (il piano R2) degliimpulsi (forme) ξ,

ξ = R(Θ)ξ

Teorema (d’invarianza) Sulla base della costruzione sopra indicata, vale:

fΘ(ξ) = f(R(Θ)ξ)

92

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[In altre parole: la trasformata ˆ di Fourier della funzione rappresenta-

ta nel sistema ruotato, fΘ, e esattamente la trasformata di Fourier dellarappresentazione originale di f , valutata in ξ = R(Θ)ξ.

]Prova. Qui n = 2,

fΘ(ξ) =

∫x∈Rn

f(R(Θ)x)e−i2πξ·xdx

realizziamo il cambio di variabili d’integrazione x = R(Θ)x,

fΘ(ξ) =

∫x∈Rn

f(x)e−i2πξ·R(Θ)T x| detR| dx =

vale: ξ · R(Θ)Tx = R(Θ)ξ · x,

=

∫x∈Rn

f(x)e−i2πR(Θ)ξ·x dx = f(R(Θ)ξ)

8.3.2 TAC: ricostruzione della densita

Siamo ora interessati (sara chiaro il motivo tra poco) al calcolo della tra-sformata di Fourier, nel sistema Θ-ruotato, valutata per vettori-impulsi delseguente tipo: sono solo sull’asse delle ascisse ruotato, cioe per impulsi deltipo

ξ = (ξ1, ξ2) = (R, 0) per −∞ < R < +∞

Si osservi che (R cos ΘR sin Θ

)︸ ︷︷ ︸

ξ

=

(cos Θ − sin Θsin Θ cos Θ

)︸ ︷︷ ︸

R(Θ)

(R0

)︸ ︷︷ ︸

ξ

Il teorema di invarianza ci dice che

ξ = (R, 0) : fΘ(ξ) = fΘ((R, 0)) = f(R(Θ)(R, 0)) = f(R cos Θ, R sin Θ)(?)

D’altra parte, mediante la definizione diretta di trasformata, tale quantita siscrive pure nel seguente modo:

fΘ((R, 0)) =

∫x∈R2

fΘ(x)e−i2π(R x1+0·x2)dx1 dx2 =

93

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=

∫x1∈R

[ ∫x2∈R

fΘ(x1, x2)dx2

]e−i2πR x1dx1

Ecco un punto importante: nell’espressione (?) interpretiamoξ1 = R cos Θ

ξ2 = R sin Θ

R ∈ (−∞,+∞), Θ ∈ [0, π)

come alla rappresentazione del piano (non ruotato) dei vettori impulsi (ξ1, ξ2)in coordinate Polari (R,Θ)!

Sia ora f(x1, x2) ≥ 0, a supporto compatto, la densita superficiale di massa(p.e. grammi/cm2) di una ‘fetta’ (slide) di un corpo 3-dim. B ottenuta (ma-tematicamente) intersecando B con un ben preciso e fissato piano. La TACsi propone di ricostruire la densita f mediante misure opportune sulla slide;piu precisamente, per ogni fissato angolo Θ vengono emessi raggi X paral-lelamente all’asse (Θ-ruotato) x2 e, per ogni fissato x1, su di uno schermo(ortogonale a x2), si rileva quando complessivamente e densa la materia delloslide percorsa da tale radiazione, in sostanza si misura su di uno schermo laquantita:

PΘ(x1) :=

∫x2∈R

fΘ(x1, x2) dx2

che e esattamente l’espressione sopra scritta entro le parentesi quadrate[. . .]. Poi, si cambia Θ, si rifanno le analoghe misure, ecc.

Procediamo infine da queste informazioni, avendo misurato PΘ(x1) perogni Θ ∈ [0, π), nel ricostruire f(x1, x2) mediante la formula dell’anti-trasfor-mata:

f(x1, x2) =

∫(ξ1,ξ2)∈R2

f(ξ1, ξ2)ei2πξ·xdξ,

usiamo la rappresentazione in coordinate polari sopra introdotte per il piano(non ruotato) delle (ξ1, ξ2),

f(x1, x2) =

=

∫R∈(−∞,+∞)

∫Θ∈[0,π)

f(R cos Θ, R sin Θ)ei2π(R cos Θx1+R sin Θx2

)|R| dR dΘ,

abbiamo poco sopra interpretato il termine f(R cos Θ, R sin Θ) come∫x1∈R PΘ(x1)e−i2πR x1dx1, cosı infine:

f(x1, x2) =

94

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=

∫R∈(−∞,+∞)

∫Θ∈[0,π)

∫x1

PΘ(x1)e−i2πR x1dx1

ei2π(x1R cos Θ+x2R sin Θ

)|R| dR dΘ,

la funzione integranda e nota, PΘ(x1) e dedotta da misure sperimentali,dunque possiamo infine realizzare il calcolo e ottenere esattamente f(x1, x2).

Il calcolo ora esposto e un esempio della cosiddetta trasformata di Radon.

Schema sintetico di acquisizione dati

Sia K una sezione piana di C, di densita f (x , y).

Paolo Dulio, Politecnico di Milano Seminario di cultura matematica

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Programma di ModelliFisico-Matematici: 2012/13

Parte svolta da F. Cardin:• Metodo delle Caratteristiche: Cap. 1.• Ottica Ondulatoria asintotica elementare e Ottica Geometrica: Cap. 2.

Della deduzione dell’equazione iconale e sufficiente sapere le premesse, cioele equ. di Maxwell e le ipotesi di struttura sulla soluzione asintotica che siricerca.• Propagazione per Onde nei Sistemi di PDE di Leggi di Bilancio: Cap.

3, tranne 3.2.• Cap. 4 (Friedrichs - Lax - Godounov - Boillat): No.• Cap. 5: Dal 5.4 compreso, tutto, tranne il 5.7.4.• Serie di Fourier ed equazione del calore: Cap. 6, tutto (Grotta-cantina:

leggere).• Riduzione finito-dimensionale esatta in teoria dei campi: Cap. 7, tutto.• Cap. 8 (Tr. di Fourier e TAC).

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