MODELLAZIONE STAZIONARIA E NON...

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PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA E TERMICA MEDIANTE MICRORETI CON GASSIFICAZIONE DEL CARBONE MODELLAZIONE STAZIONARIA E NON STAZIONARIA FABIO SERRA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA INDUSTRIALE XXII CICLO

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PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA E TERMICA MEDIANTE MICRORETI CON

GASSIFICAZIONE DEL CARBONE MODELLAZIONE STAZIONARIA E NON STAZIONARIA

FABIO SERRA

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA INDUSTRIALE

XXII CICLO

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PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA E TERMICA MEDIANTE MICRORETI CON

GASSIFICAZIONE DEL CARBONE MODELLAZIONE STAZIONARIA E NON STAZIONARIA

TESI DI DOTTORATO

FABIO SERRA

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA INDUSTRIALE

XXII CICLO

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Questa tesi è stata presentata su proposta del Tutore scientifico: Prof. Daniele Cocco Questa tesi è stata svolta nell’ambito del progetto di ricerca

CARBOMICROGEN: Programma di ricerca e sviluppo di tecnologie per l’impiego del CARBONE ad emissioni quasi nulle nella MICROGENERAZIONE distribuita. Finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) coinvolge i seguenti partner: ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), DIMECA (Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Università degli Studi di Cagliari), Sotacarbo (Società Tecnologie Avanzate Carbone S.p.A.), CSM (Centro Sviluppo Materiali S.p.A.), ARI (Ansaldo Ricerche Srl), e AFC (Ansaldo Fuel Cells S.p.A.)

Questa Tesi può essere utilizzata, nei limiti stabiliti dalla

normativa vigente sul Diritto d’Autore (Legge 22 aprile 1941 n. 633 e succ. modificazioni e articoli da 2575 a 2583 del Codice civile) ed esclusivamente per scopi didattici e di ricerca; è vietato qualsiasi utilizzo per fini commerciali. In ogni caso tutti gli utilizzi devono riportare la corretta citazione delle fonti. La traduzione, l'adattamento totale e parziale, sono riservati per tutti i Paesi. I documenti depositati sono sottoposti alla legislazione italiana in vigore nel rispetto del Diritto di Autore, da qualunque luogo essi siano fruiti.

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RINGRAZIAMENTI Durante questi tre anni ho avuto il piacere di collaborare con diverse persone che hanno

contribuito alla mia crescita umana e professionale, vorrei quindi esprimere a loro tutta la mia gratitudine.

Un ringraziamento particolare va al mio Tutor, il Prof. Daniele Cocco. Sempre presente, la sua guida e i suoi consigli mi hanno permesso di portare a termine questo lavoro.

Altrettanto vivamente ringrazio il Prof. Piero Colonna, per avermi ospitato presso il Process and Energy Laboratory della University of Technology di Delft, per la disponibilità ed il supporto scientifico fornito alla mia tesi.

Con piacere e simpatia ringrazio il Prof. Pierpaolo Puddu, sempre pronto a dedicarmi parte del suo tempo in chiarimenti sulla dinamica dei sistemi energetici e non solo.

Grazie a tutti gli amici e colleghi del gruppo di ricerca di cui ho fatto parte, Vittorio, Michele e Stefano, e ai restanti colleghi del DIMECA, tutti insieme hanno contribuito a rendere la sala dottorandi un luogo in cui è stato piacevole recarsi quotidianamente. Infine grazie a Martina, Andrea L., Gianluca e Ryan, che ho avuto il piacere di conoscere durante il periodo trascorso a Delft, sono sempre stati ottimi colleghi e soprattutto carissimi amici, e ad Andrea S., che a Delft mi ha preceduto e ha condiviso con me parte delle sue conoscenze sulla modellazione dei sistemi dinamici.

Alla mia famiglia e a Marianna: grazie di tutto.

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PREFAZIONE Come è noto, oggi l’Italia, oltre ad utilizzare in modo limitato il carbone e non possedere

impianti nucleari, importa la quasi totalità delle fonti energetiche utilizzate. Ciò la rende soggetta agli eventi che condizionano il mercato internazionale, quindi ne consegue un prezzo dell’energia elettrica sensibilmente più alto rispetto alla media europea. Per contenere questo fenomeno occorrere incoraggiare il risparmio energetico e diversificare le fonti, con particolare attenzione verso quelle tecnologie in grado di sostituire nel tempo i combustibili fossili, che come è noto non avranno durata infinita. In questo periodo di transizione il carbone diviene una opzione piuttosto interessante. Infatti questo combustibile, ampiamente disponibile nel mondo (si stima che agli attuali ritmi di consumo possa durare ancora circa 140 anni) e distribuito in modo più uniforme rispetto al petrolio e al gas naturale, permette una maggiore stabilità dei prezzi e rappresenta una risorsa sicura dal punto di vista strategico. Inoltre, le sempre più attuali problematiche ambientali, hanno recentemente portato allo sviluppo delle “clean coal technologies”, progettate per aumentare sia l’efficienza che la riduzione dell’impatto ambientale dell’estrazione del carbone e del suo utilizzo per la produzione di energia.

Questa tesi, propone a partire dallo studio del processo di gassificazione, la sua applicazione in microreti nelle quali si ha una produzione combinata di energia elettrica e termica. Le microreti, oltre ad avere minori perdite legate alla distanza dall’utenza rispetto alla generazione centralizzata, sono in grado di recuperare al meglio l’energia termica che deriva dai processi di produzione dell’energia elettrica. Inoltre, nelle microreti è possibile produrre energia elettrica mediante sistemi energetici avanzati, come le celle a combustibile (anche in soluzioni integrate con microturbine a gas), che hanno efficienze migliori rispetto ai sistemi tradizionali di produzione dell’energia. È noto come ogni risparmio di energia primaria si traduca, oltre che in un risparmio economico, in conseguenti benefici ambientali in termini di riduzione delle emissioni. Anche il processo di gassificazione è di per se una tecnologia di conversione dell’energia in grado di soddisfare i più stringenti standard ambientali, dal momento che dal syngas prodotto possono essere rimossi gli inquinanti e i vari precursori. Inoltre questa tecnologia dovrebbe essere fra le prime a sperimentare soluzioni per il contenimento delle emissioni della CO2, soprattutto per quanto riguarda il sequestro ed il confinamento. In un futuro prossimo, quindi, l’utilizzo dei gassificatori per alimentare delle microreti o la possibilità di utilizzare syngas per produrre idrogeno potrebbe rendere la gassificazione una tecnologia interessante anche per applicazioni di taglia medio-piccola.

Il primo capitolo di questo lavoro è dedicato al riepilogo dello stato dell’arte di quelle tecnologie ritenute più adatte per operare in sistemi cogenerativi di taglia medio-piccola, e potenzialmente in grado di utilizzare gas di sintesi. Nel secondo capitolo, nell’ottica di un utilizzo diretto del syngas, sono state valutate le prestazioni di impianti costituiti dalla sezione di gassificazione, dalla sezione di potenza (composta da celle a combustibile ad alta temperatura e microturbine a gas) e dall’unità di recupero termico. Per questo scopo, è stata utilizzata, ottimizzata e integrata la modellistica a disposizione del DIMECA, sviluppata nel corso di precedenti attività di ricerca nel settore dei sistemi energetici integrati. Ci si è avvalsi quindi di modelli statici zerodimensionali sviluppati con l’ausilio del software commerciale Aspen Plus. È stato pertanto simulato il funzionamento degli impianti di gassificazione integrati con celle a

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combustibile e microturbine a gas in condizioni di progetto e fuori progetto sia con gas naturale che con combustibili derivati dalla gassificazione del carbone. Inoltre è stato proposto uno studio in cui si valuta la variazione delle prestazioni del gassificatore nel caso venga utilizzato come agente gassificante l’ossigeno al posto dell’aria, accompagnato dall’introduzione di CO2, vapore o ricircolo di syngas come diluenti al posto dell’azoto, in modo da valutare la possibilità almeno teorica di produrre un syngas con un maggiore contenuto di idrogeno. Il terzo ed ultimo capitolo è stato dedicato allo studio del comportamento dinamico di un gassificatore a letto fisso attraverso un modello teorico monodimensionale, in modo da valutare le migliori modalità di integrazione del gassificatore all’interno delle microreti. Infatti, le simulazioni dinamiche sono un ausilio indispensabile in sede di gestione e di progetto del sistema di controllo. Questo studio è stato impostato durante il periodo trascorso presso il Process and Energy Laboratory della University of Technology di Delft (Paesi Bassi). Il modello è stato sviluppato nell’ambiente Dymola di Dynasim, che consente la modellazione a oggetti secondo lo standard Modelica, e permette l’integrazione del modello del gassificatore con altri modelli di sistemi energetici complessi, quali celle a combustibile, microturbine e motori a combustione interna, in modo da valutare il comportamento dinamico di una intera microrete e mostrarne i margini di gestione. Il modello realizzato riproduce le caratteristiche termodinamiche del gassificatore lungo l’asse verticale del reattore, attraverso la suddivisione del letto in un numero opportuno di blocchi studiati a parametri concentrati.

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Produzione di energia elettrica e termica mediante microreti con gassificazione del carbone. Modellazione stazionaria e non stazionaria.

CAPITOLO -1-

Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

1

1.1 Verso la gassificazione di piccola taglia. 1

1.2 La cogenerazione: significato, normative e principi generali. 4

1.3 Motori primi potenzialmente in grado di utilizzare syngas da combustibili fossili. 10

1.3.1 Motori a combustione interna. 10

1.3.2 Microturbine a gas. 14

1.3.3 Celle a combustibile: generalità e soluzioni per dispositivi ad alta temperatura. 18

Bibliografia Capitolo 1 29

CAPITOLO -2-

Modellazione stazionaria del gassificatore integrato con impianti ibridi FC/GT

31

2.1 Modello del gassificatore a letto fisso. 33

2.2 Modello della cella a combustibile a carbonati fusi. 35

2.3 Modello della cella a combustibile ad ossidi solidi. 41

2.4 La configurazione IG-MCFC. 44

2.5 Valutazione delle prestazioni dell’impianto IG-MCFC/GT. 45

2.6 Schemi degli impianti integrati IG-MCFC/GT e IG-SOFC/GT utilizzati per il confronto delle prestazioni. 52

2.7 Confronto delle prestazioni tra gli impianti integrati IG-MCFC/GT e IG-SOFC/GT. 53

2.8 Prestazioni del gassificatore alimentato con ossigeno. 59

Bibliografia Capitolo 2 65

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CAPITOLO -3-

Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore a letto fisso

67

3.1 Concetti preliminari sulla gassificazione. 67

3.2 Reazioni che caratterizzano il processo di gassificazione. 69

3.3 Schema di principio e diagramma di causalità del modello. 71

3.4 Descrizione del blocco di essiccazione e pirolisi. 73

3.5 Descrizione del blocco di gassificazione e combustione. 77

3.6 Le cinetiche di reazione. 82

3.7 Descrizione del modello realizzato nell’ambiente Dymola di Dynasim. 85

3.8 Inizializzazione e prove effettuate con il modello. 87

Bibliografia Capitolo 3 103

CONCLUSIONI 105

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CAPITOLO 1

Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi.

In questo capitolo vengono riepilogate le caratteristiche delle tecnologie che possono essere impiegate all’interno di microreti nelle quali, a partire da un combustibile fossile, si utilizza il syngas prodotto attraverso il processo di gassificazione per la produzione di energia elettrica e termica, qualora richiesta.

1.1 – Verso la gassificazione di piccola taglia.

Dal punto di vista industriale il processo di gassificazione venne sviluppato soprattutto in Germania circa 70 anni fa e da circa 50 anni ha una significativa diffusione nell’industria chimica. Il processo di gassificazione in se è un modo versatile di conversione dell’energia in grado di soddisfare i più stringenti standard ambientali, infatti dal gas prodotto possono essere rimossi gli inquinanti in modo che possa essere utilizzato con il minimo impatto ambientale. Oggi esistono diversi tipi di gassificatori, a letto fisso o mobile, a letto fluido o a letto trascinato, e diverse case costruttrici come Lurgi, BG/Lurgi, Shell, Texaco, Dynergy, Krupp Uhde e Noell. I più grossi impianti del mondo si trovano in Sud Africa dove la Sasol utilizza oltre 90 gassificatori della Lurgi (slagging gasifiers) per convertire il carbone in diversi prodotti finali. La crescente rilevanza della gassificazione nell’industria petrolifera ed il fatto che questa tecnologia dovrebbe essere tra le prime a sperimentare soluzioni per il contenimento delle emissioni della CO2, soprattutto per quanto riguarda il sequestro ed il confinamento, portano ad accrescere gli interessi industriali verso questa soluzione. Ad oggi nel mondo sono operativi oltre 350 gassificatori commerciali (Dati 1998, [1]). L’utilizzo della gassificazione per la produzione di energia elettrica è stata dietro le quinte per anni, una tecnologia per il futuro che molti ritengono complessa, costosa e poco consolidata. Nel caso in cui come combustibile primario si utilizzi il carbone, si ritiene che questa tecnologia possa divenire realmente competitiva per la produzione di energia elettrica solamente quando il prezzo del gas naturale sarà salito notevolmente o in alternativa si dovranno utilizzare delle turbine a gas di grande taglia. L’integrazione del gassificatore con la turbina a gas può avvenire in differenti modi, in funzione del tipo di turbina e della configurazione impiantistica adottata, ma in ogni caso sarà il risultato di un compromesso tra costi e prestazioni.

L’applicazione più nota della gassificazione per produrre energia elettrica è data dagli impianti IGCC (Integrated Gasification Combined Cycle). Tre fattori devono comunque essere considerati al momento di valutare i primi impianti dimostrativi realizzati: la taglia del gassificatore deve essere compatibile con le grosse taglie delle turbine a gas utilizzate, la camera di combustione ha una

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Capitolo 1

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dimensione in volume tre volte superiore ad una camera di combustione per turbine che adottano gas naturale e le turbine adottate per i primi impianti IGCC dimostrativi erano dei modelli degli anni ’80. Tutte le case costruttrici hanno oggi introdotto modelli più grandi ed efficienti, che altereranno gli aspetti economici dei nuovi impianti IGCC rendendoli più sostenibili. Nella Tabella 1.1 sono indicati alcuni tra i più interessanti impianti IGCC operativi, e si può osservare che in alcuni casi, come per l’impianto della Sarlux in Sardegna, si arrivi a soluzioni che prevedono anche il recupero dell’energia termica.

Impianto Anno MWe Applicazione e alimentazione Gassificatore Blocco di

potenza SCE Cool Water, USA 1984 120 Power, Coal Texaco – O2 GE 107E Plaquemine, USA 1987 160 Power, Lignite Dow/Destec GE 107E Buggenum, Netherlands 1993 250 Power, Coal Shell-O2 KWU V 94.2 PSI/Destec, Wabash River, USA 1995 260 Repower, Coal Destec – O2 GE 7FA

Schwarze Pumpe, Germany 1995 60 Coal, Wastes Noell – O2 GE 6B Tampa Electric, USA 1996 260 Power, Coal Texaco – O2 GE 107FA Puertollano, Spain 1996 335 Power, Coal / Petcoke Prenflo – O2 KWU V 94.3 Sierra Pacific, USA 1996 100 Power, Coal KRW – Air GE 106F Texaco, El Dorado, USA 1996 40 Cogen, Petcoke Texaco – O2 GE 6B ILVA, Italy 1996 500 Power, BF Gas Blast furnace GE 3x9E Shell Pernis, Netherlands 1997 120 Cogen, H2 / Oil Shell/Lurgi– O2 GE 2x6B Sarlux, Italy 1999 550 Cogen, H2 / Oil Texaco – O2 GE 3x109E API Energia, Italy 1999 280 Power, Oil Texaco – O2 ABB ISAB, Energy, Italy 2000 512 Power, Oil Texaco – O2 KWU V 94.3 Fife, Scotland 1999 100 Power, Wastes BGL – O2 GE 106FA IBIL/Sanghi, India 1999 60 Power, Lignite Tampella – air GE 106B Exxon, Singapore 2000 180 Cogen, H2/Oil Texaco – O2 GE 2x8FA GSK, Japan 2001 550 Power, Oil Texaco – O2 GE 2x9EC

Tabella 1.1 – Alcuni tra i più interessanti impianti IGCC operativi (Dati 1998) [1].

Da questo punto di vista, in Italia c’è un crescente interesse verso iniziative volte a promuovere l’uso di energie rinnovabili e di tecnologie di risparmio energetico, inclusa la cogenerazione e la generazione distribuita. Questo perché oggi l’Italia, oltre ad utilizzare in modo limitato il carbone e non possedere impianti nucleari, importa la quasi totalità delle fonti energetiche utilizzate ed è soggetta agli eventi che condizionano il mercato internazionale, da ciò ne consegue un prezzo dell’energia elettrica sensibilmente più alto rispetto alla media europea. Nel 2007 l’energia elettrica lorda è stata per il 55.0% prodotta da gas naturale, il 14.1% da carbone, il 12.3% dalle centrali idroelettriche, il 7.3% è stata di derivazione petrolifera e il 3.5% ottenuta da fonti rinnovabili quali eolico, fotovoltaico, geotermico, biomasse e rifiuti urbani [2]. Se poi si analizza lo scenario complessivo [3], si vede come nel 2006 siano stati complessivamente importati dal nostro Paese 198.7 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), con un incremento dello 0.7% rispetto al 2005, mentre il consumo è stato pari a 196.2 Mtep con un

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Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

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decremento dello 0.8% rispetto al 2005. Quindi se si escludono le 28.7 Mtep prodotte, l’Italia importa l’85.4% delle fonti energetiche necessarie a soddisfare il suo fabbisogno. Per quanto riguarda esclusivamente i prodotti petroliferi, ne sono stati importati una quantità pari a 107.0 Mtep, con un decremento dell’1.3% rispetto al 2005, mentre il consumo si è attestato a 85.2 Mtep mantenendo il valore dell’anno precedente. Se si considerano i 5.7 Mtep di petrolio prodotto, nel 2006 l’Italia si è approvvigionata per il 93.3% dall’estero, e si colloca ai primi posti tra i Paesi più esposti alle turbolenze del mercato petrolifero, e quindi più a rischio nella prospettiva di un esaurimento delle riserve petrolifere o dello stabilizzarsi del mercato su prezzi molto elevati. Da questa analisi emerge la necessità di liberare la produzione di energia dall’utilizzo del petrolio e del gas naturale; cosicché la necessità di diversificare le fonti sta rendendo il carbone sempre più interessante. Questo combustibile, ampiamente disponibile nel mondo e distribuito in modo più uniforme rispetto al petrolio e al gas naturale, permette una maggiore stabilità dei prezzi e rappresenta una risorsa sicura dal punto di vista strategico [4]. Inoltre, il crescente interesse per la situazione ambientale, ha recentemente portato allo sviluppo delle “clean coal technologies”, progettate per aumentare sia l’efficienza che la riduzione dell’impatto ambientale dell’estrazione del carbone e del suo utilizzo per la produzione di energia [5]. In un futuro prossimo, l’utilizzo dei gassificatori per alimentare delle microreti o la possibilità di utilizzare syngas per produrre idrogeno potrebbe rendere la gassificazione una tecnologia interessante anche per applicazioni di taglia medio piccola. A tal fine [6], la Sotacarbo, insieme all’Ansaldo Ricerche, all’ENEA e al Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università di Cagliari, è impegnata in delle ricerche su un impianto pilota per la gassificazione del carbone da 700 kg/h e su un impianto da laboratorio da 35 kg/h, costituiti ognuno da un gassificatore a letto fisso up-draft Wellman-Galusha, per testare l’utilizzo della gassificazione per la produzione combinata di idrogeno ed energia elettrica in impianti di scala medio-piccola. In particolare l’impianto più piccolo è dotato della linea di trattamento del syngas, inclusa la depolverizzazione, la desolforazione, l’apparato per la CO water-gas shift conversion, la separazione della CO2 e la purificazione dell’idrogeno. Come si può vedere dalla Figura 1.1, che mostra lo schema semplificato del modello sperimentale da laboratorio, il gassificatore da 35 kg/h è seguito da un wet scrubber per un primo lavaggio dalle polveri del syngas e il raffreddamento fino a circa 50°C. Successivamente, con l’ausilio di precipitatori elettrostatici (ESP) viene rimosso il particolato di più piccole dimensioni. Il gas in uscita dall’ESP viene diviso in due flussi: il principale, circa l’80%, va a produrre il syngas, ed è inviato verso il processo di desolforazione a freddo, mentre, il restante 20% viene inviato nel processo di desolforazione a caldo, che precede la sezione di produzione dell’idrogeno. Il compressore a monte delle due linee incrementa la pressione fino a 1.4 bar, in modo da far fronte alle cadute di pressione del processo. Nel processo di desolforazione a freddo, che precede la sezione di potenza, viene assorbito il solfito di idrogeno (H2S). La linea secondaria include un riscaldatore, seguito dal processo di desolforazione a caldo e a secco, un successivo sistema nel quale avviene la reazione di shift del CO, un

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Capitolo 1

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sistema per l’assorbimento della CO2 e uno successivo per la purificazione dell’idrogeno, basato sulla tecnologia denominata PSA (Pressure Swing Adsorption). L’impianto da laboratorio è stato studiato per operare anche con aria arricchita di ossigeno. L’idrogeno prodotto dalla linea secondaria può confluire verso la linea primaria in modo da poter generare un syngas arricchito; tale arricchimento può in alternativa avvenire per mezzo di una scorta collocata in prossimità della sezione di potenza. Un altro elemento di flessibilità dell’impianto è legato alla quantità di syngas che in uscita dal processo di desolforazione a freddo può essere inviato nella linea secondaria, in modo da poter gestire le proprietà del syngas o dell’idrogeno prodotti. Il gas in uscita dal processo di desolforazione a caldo va ad alimentare la prima delle sezioni WGS (Water Gas Shift), nelle quali avviene la reazione di shift del CO, ed una sezione intermedia ed una finale nelle quali avviene la rimozione della CO2. Il tutto è ottimizzato in modo da massimizzare la conversione del CO in CO2, con l’obiettivo di produrre un gas ricco di idrogeno. Il primo dei due reattori catalitici opera ad alta temperatura, circa 400°C, e converte la maggior parte di CO in idrogeno e CO2, grazie alle favorevoli cinetiche di reazione; il secondo, opera a temperature inferiori, circa 250°C e ultima la conversione del CO in modo che la concentrazione finale sia inferiore all’1% in volume. La quantità di idrogeno finale dipende fortemente dall’ossidante utilizzato nel processo di gassificazione. Il gas in uscita dalla sezione di rimozione della CO2 è fondamentalmente composto da idrogeno e azoto.

Figura 1.1 – Schema semplificato dell’impianto da laboratorio installato presso il centro ricerche Sotacarbo [6].

1.2 – La cogenerazione: significato, normative e principi generali.

Come è noto per cogenerazione, denominata anche CHP (Combined Heat and Power), si intende la produzione combinata di energia elettrica e calore. Alla base della cogenerazione c’è la considerazione che ogni ciclo termodinamico

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Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

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motore, che genera energia meccanica a partire da energia termica ad alta temperatura (solitamente ottenuta dalla combustione di un combustibile fossile), deve necessariamente cedere calore ad una sorgente a temperatura inferiore, solitamente identificabile con l’ambiente. Questo calore ceduto è una quota rilevante del calore introdotto nel ciclo, ed è a tutti gli effetti una perdita di energia del ciclo motore. In un impianto cogenerativo questo calore viene in parte recuperato da un utilizzatore termico in modo da migliorare l’efficienza termodinamica del processo. Nelle definizioni normative, un processo cogenerativo per essere riconosciuto tale deve consentire un risparmio energetico del combustibile fossile significativo rispetto alla generazione separata di energia elettrica e calore. Ovviamente una migliore efficienza nell’utilizzo dei combustibili fossili porta a minori costi per l’approvvigionamento dello stesso e minori emissioni di gas inquinanti e climalteranti (CO2). È anche importante sottolineare che gli impianti di cogenerazione sorgono di solito in prossimità di utilizzatori termici. Infatti, trasmettere il calore a grande distanza non è conveniente, a causa soprattutto degli elevati costi che sarebbero necessari per evitare una dissipazione eccessiva durante la trasmissione. Se il calore che viene prodotto ha una temperatura relativamente bassa, avrà impieghi di tipo civile, come il riscaldamento di ambienti o il teleriscaldamento urbano, e in questi casi il fluido vettore è quasi sempre acqua. Se invece il calore viene prodotto a temperatura elevata, potrà essere utilizzato, sotto forma di vapore, in lavorazioni industriali. Sono inoltre possibili situazioni miste, in cui si ha produzione contemporanea di calore a vari livelli di temperatura, anche molto diversi fra loro. In tali casi, di solito, vi è un unico luogo di utilizzo (ad esempio, uno stabilimento industriale), dove il vapore più pregiato viene destinato alle lavorazioni, e quello a bassa temperatura al riscaldamento degli ambienti produttivi. In alcuni casi, l'utilizzatore termico produce, a sua volta, gas residui con un contenuto energetico significativo, i quali sono ceduti all'impianto di cogenerazione per essere utilizzati come combustibili. Ciò accade, ad esempio, negli impianti petrolchimici o siderurgici e nelle raffinerie.

Oggi, la cogenerazione consente di ottenere quei benefici energetici e ambientali che possono giustificare un (indispensabile) quadro normativo e tariffario incentivante. La normativa vigente in Italia [7] stabilisce che un impianto di produzione combinata può essere considerato impianto di cogenerazione soltanto se soddisfa determinati requisiti tecnici. Il Parlamento Europeo, attraverso la Direttiva 2004/8/CE ha individuato nella diffusione progressiva della cogenerazione ad alto rendimento una delle priorità comunitarie. Questa direttiva ha stabilito, a partire dalla produzione totale di energia elettrica di un dato impianto, la metodologia per calcolare la relativa quota di produzione in cogenerazione, ed ha inoltre stabilito le condizioni che tale quota deve soddisfare per poter essere definita “Cogenerazione ad Alto Rendimento” (CAR). In generale, affinché ad un impianto venga riconosciuta la produzione in regime di CAR, il suo indice di risparmio di energia primaria (“Primary Energy Saving”, PES) deve essere maggiore di un valore limite prefissato. Questo indice stabilisce il risparmio percentuale di combustibile primario che l’impianto in esame ha realizzato durante

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Capitolo 1

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un anno solare. La valutazione del risparmio avviene confrontando il consumo della sezione in esame con il consumo di due ipotetici impianti in grado di produrre uno esclusivamente energia elettrica e l’altro soltanto energia termica. Inoltre, in base alla tensione di utilizzazione dell’energia, il PES considera anche le mancate perdite altrimenti generate dalla trasformazione e dal trasporto dell’energia elettrica prodotta. La Direttiva 2004/8/CE è stata recepita dalla legislazione italiana con il Decreto Legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, nel quale viene stabilito, tra le altre cose, che le condizioni per la definizione della CAR stabilite dalla Direttiva si applicheranno soltanto a partire dal al 31 dicembre 2010, e fino ad allora resteranno in vigore i criteri attualmente previsti dalla normativa (Delibera AEEG n.42/2002), concettualmente analoghi a quelli. Di seguito sono elencati i principali benefici oggi riconosciuti dalla legislazione italiana all’energia elettrica prodotta in CAR [7]:

• Esenzione dall’obbligo di acquisto di Certificati Verdi (obbligo che grava, in generale, sull’energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili).

• Diritto all’utilizzazione prioritaria, dopo l’energia elettrica strettamente prodotta da fonti rinnovabili.

• Diritto al servizio di “scambio sul posto” (per impianti con potenza nominale non superiore a 200 kW).

• Possibile ottenimento di “titoli di efficienza energetica” commerciabili.

• Ottenimento di Certificati Verdi (solo per impianti di CAR associati a reti di teleriscaldamento, e purché siano soddisfatti alcuni requisiti riguardanti la data di entrata in esercizio).

Per avvalersi dei benefici sopra elencati, i produttori dichiarano ogni anno al GSE le quantità di energia elettrica e termica prodotte durante l’anno solare precedente, e la quantità di energia primaria utilizzata per produrle. Queste dichiarazioni devono inoltre essere accompagnate da informazioni tecniche riguardanti l’impianto. Sulla base di tutti questi dati e in base agli esiti di verifiche periodiche effettuate sugli impianti, il GSE accerta che, nell’anno considerato, la produzione dell’impianto si sia svolta secondo i requisiti di efficienza necessari per poter usufruire dei benefici previsti dalla CAR. Gli impianti che nel 2007 hanno prodotto in regime di CAR rappresentano una potenza elettrica installata di 9800 MW complessivi, approssimativamente il 10% del parco totale di generazione italiano ed il 13% del solo parco termoelettrico [7]. La potenza installata è risultata inferiore a 10 MW nel 75% del totale censito, inferiore ad 1 MW nel 30% dei casi (piccola cogenerazione) e intorno all’1% inferiore a 50 kW (microcogenerazione) [7]. Inoltre sempre nel corso del 2007, in Italia, sono stati prodotti in CAR circa 23 TWh elettrici e 32 TWh termici (a fronte dei circa 108 TWh elettrici e 57 TWh termici complessivi prodotti in cogenerazione, le produzioni in CAR sono dunque solo una parte). L’energia elettrica prodotta in CAR è stata pari all’8% dell’intera produzione elettrica nazionale 2007, ed al 9% della produzione di origine

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Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

7

termoelettrica [2]. Nella Figura 1.2 è riportata la potenza installata negli impianti di CAR suddivisa in funzione del tipo di motore primo impiegato, mentre la Figura 1.3 identifica le differenti tipologie di combustibile utilizzate da impianti di CAR. Dalla Figura 1.3 si può osservare come alcuni combustibili siano residui di lavorazione di stabilimenti industriali, luoghi nei quali spesso gli impianti di CAR si trovano.

Figura 1.2 - Potenza installata in impianti di CAR suddivisa in funzione del ciclo termico impiegato (anno 2007) [7].

Figura 1.3 - Principali tipi di combustibile, e relative quantità totali, impiegati da impianti di CAR nel 2007 [7].

Un impianto di cogenerazione è generalmente composto dai seguenti elementi [9]:

• Un motore primo adatto alla cogenerazione (per esempio motore alternativo a combustione interna, turbina a gas, fuel cell).

• Un sistema di recupero termico dei gas di scarico e/o dal circuito di raffreddamento del motore primo, con produzione di calore utile.

Le Figure 1.4 e 1.5 mostrano dei classici sistemi CHP di grossa taglia presenti in impianti centralizzati o in grossi siti industriali. Come si può osservare vengono utilizzate tecnologie sviluppate da decine di anni e quindi relativamente mature. L’impianto proposto nella Figura 1.4 si basa su una caldaia ed una turbina a vapore, mentre quello di Figura 1.5 su una turbina a gas. L’approccio proposto nella Figura 1.4 è sempre stato quello maggiormente utilizzato. In questo caso una caldaia produce vapore ad alta pressione che espande in turbina per produrre energia elettrica. La turbina viene progettata in modo che sia possibile spillare del vapore da inviare a dei processi industriali, mentre il condensatore può essere sostituito sempre da processi industriali o da una rete di teleriscaldamento. In questi sistemi tipicamente l’energia termica prodotta è anche cinque volte quella elettrica, sono quindi particolarmente adatti in quei contesti nei quali l’energia elettrica è un sottoprodotto.

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Capitolo 1

8

~AIR

FUEL BOILER

EXHAUST GAS STEAM

TURBINE

GENERATOR

STEAM TO PROCESS

CONDENSATE FROM PROCESS

~GENERATOR

COMPRESSOR GAS

TURBINE

AIR

COMBUSTOR

FUEL

EXHAUST GAS

HRSG

CONDENSATE FROM PROCESS

STEAM TO PROCESS

Figura 1.4 - Impianto CHP con turbina a vapore in contropressione [8].

Figura 1.5 – Impianto CHP con turbina a gas [8].

In più recenti, più grossi e centralizzati sistemi CHP, una turbina a gas, come in Figura 1.5, è utilizzata per generare elettricità (ma può anche essere utilizzato un motore diesel), mentre l’energia termica viene recuperata dai gas di scarico per produrre vapore. In questi sistemi l’energia termica è tipicamente una o due volte l’energia elettrica generata. In Figura 1.6 è mostrato il più avanzato ciclo combinato gas/vapore, chiamato anche CCGT (Combined Cycle Gas Turbine), ed è oggi il più utilizzato nelle grosse centrali. L’affidabilità dei cicli combinati è dell’80-85%, la disponibilità media annuale è pari al 77-85% e il ciclo di vita economico è di 15-25 anni. L’efficienza elettrica è all’interno dell’intervallo 35-45% (può essere incrementata), mentre l’efficienza totale varia tra 70-88% e il rapporto energia elettrica su termica va da 0.6 a 2 [8].

~GENERATOR

COMPRESSOR GAS

TURBINE

AIR

COMBUSTOR

FUEL

EXHAUST GAS

HRSG

~

STEAM TURBINE

GENERATOR

STEAM TO PROCESS

CONDENSATE FROM PROCESS

Figura 1.6 - Impianto CHP con ciclo combinato e turbina a vapore in contropressione[8].

In ogni caso, per l’integrazione con gassificatori di piccola taglia si ritiene siano più idonei sistemi CHP di piccola media scala. Generalmente i sistemi CHP di media grandezza si trovano nei siti industriali. Attualmente l’attenzione è maggiormente rivolta agli impianti medio piccoli che potrebbero migliorare ulteriormente il bilancio energetico delle realtà cittadine, in particolare dei grandi centri urbani. Spinte da questo nuovo trend, nuove tecnologie come fuel cell, microturbine e motori Stirling sono sempre più studiate e realizzate, in quanto

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Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

9

possiedono caratteristiche promettenti e interessanti, incluse basse emissioni ed alta efficienza.

Figura 1.7 – Possibilità di recupero termico in un motore alternativo [10].

La Figura 1.7 riporta una configurazione largamente seguita dai sistemi CHP che prevedono l’utilizzo di un motore alternativo come motore primo. In questo caso l’acqua calda può essere prodotta dal gas esausto, dal fluido di raffreddamento o dal sistema di lubrificazione. La Figura 1.8 mostra un tipico schema di sistema CHP basato su una microturbina. Il ciclo rigenerato diventa in questo caso necessario se si vogliono conseguire rendimenti accettabili, ed il sistema di recupero termico è spesso integrato nel package della microturbina.

~GENERATOR

COMPRESSOR TURBINE AIR

EXHAUST GAS

NATURAL GAS

FUEL COMPRESSOR

COMBUSTOR

RECUPERATOR

LOW TEMPERATURE WATER / AIR

HEAT TO USER

Figura 1.8 – Schema di un impianto CHP con microturbina a gas [8].

Le fuel cell sono ancora in una fase commerciale iniziale, e i sistemi CHP basati su questi dispositivi presentano costi elevati ed elevati rischi derivanti da una non provata durata e affidabilità. Fino ad ora sono stati commercializzati semplici sistemi CHP basati su PAFC (Phosphoric Acid Fuel Cell) [8].

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Capitolo 1

10

1.3 – Motori primi potenzialmente in grado di utilizzare syngas da combustibili fossili.

I motori primi hanno nei sistemi CHP un ruolo determinante, e per certi versi, sono loro che determinano la fattibilità o meno dell’integrazione con altre tecnologie. La ricerca di motori primi che bene si integrino con gassificatori di piccola taglia ha portato a restringere il campo a tre dispositivi in particolare: le microturbine a gas (Micro Gas Turbine, MGT), i motori alternativi a combustione interna (Internal Combustion Engine, ICE) e le celle a combustibile ad alta temperatura, celle ad ossidi solidi (Solid Oxide Fuel Cell, SOFC) ed a carbonati fusi (Molten Carbonate Fuel Cell, MCFC), in relazione anche alla possibilità di una loro integrazione con le microturbine a gas.

1.3.1 – Motori a combustione interna. I motori a combustione interna sono stati impiegati nella cogenerazione

industriale a partire dalla metà del secolo scorso. Solo più recentemente, grazie alla disponibilità sul mercato di modelli di piccola potenza, sono stati utilizzati anche nei settori civile e terziario. Le taglie dei motori disponibili per cogenerazione attualmente vanno da 1 kWel a 60 MWel, se si includono anche i grandi Diesel lenti di derivazione navale [9]. Questi motori termici sono di gran lunga i più utilizzati in impianti con potenze inferiori al MW. I motori a combustione interna, come è noto, si possono dividere in due tipologie, i motori ad accensione comandata ed i motori ad accensione spontanea (Diesel). A seconda del numero di corse effettuate dal pistone in ogni ciclo di lavoro, si parla in entrambi i casi di motori a due tempi e motori a quattro tempi; questi ultimi sono di gran lunga più diffusi anche nel campo della cogenerazione. I motori ad accensione comandata utilizzati per cogenerazione, vengono alimentati principalmente con gas naturale, propano oppure anche gas con basso potere calorifico come il biogas o i gas ricavati da rifiuti. Il gas naturale è di gran lunga il combustibile più utilizzato per il costo relativamente contenuto, per le sue caratteristiche di compatibilità ambientale e la disponibilità assicurata dalla capillare rete di distribuzione che consente di evitare l’utilizzo di serbatoi ed elimina i rifornimenti periodici. Inoltre l’utilizzo del gas naturale prolunga la vita dei motori e consente una dilatazione degli intervalli di manutenzione, con una conseguente riduzione dei costi di gestione. I motori ad accensione spontanea nelle applicazioni stazionarie possono essere alimentati con gasolio, biodiesel, o nel caso di motori “dual fuel” gas naturale in miscela con gasolio, oltre che, come avviene per i Diesel lenti a due tempi, con oli pesanti, ma in quest’ultimo caso è comunque incompatibile con gli obiettivi ecologici alla base della cogenerazione. Oltre ad essere disponibili in un’ampia varietà di taglie adottano una tecnologia consolidata e richiedono bassi investimenti iniziali. Richiedono tempi relativamente brevi per l’avviamento e sono adatti a lavorare in condizioni ambientali molto diverse, hanno una buona affidabilità e alta efficienza anche a carico parziale, sono quindi adatti a lavorare con carichi variabili.

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Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

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Dopotutto l’elevata flessibilità di utilizzo è una caratteristica indispensabile nella propulsione, dove si passa rapidamente da una condizione di funzionamento ad un’altra con differenti regimi di rotazione e frazioni del carico. In ogni caso, se utilizzati in impianti CHP, gli ICE vengono fatti generalmente funzionare a giri costanti, variando semplicemente la potenza richiesta. La velocità di rotazione è quindi scelta in base alla frequenza di rete richiesta e alle caratteristiche dell’alternatore utilizzato. Il parametro che maggiormente condiziona il rendimento e la potenza è la temperatura ambiente, in quanto determina la densità dell’aria aspirata nel cilindro (quindi la potenza). Questo effetto è tuttavia più contenuto rispetto al caso delle turbine a gas [9]. Altri svantaggi sono le forti vibrazioni, che devono essere assorbite, e la rumorosità generata dal funzionamento che costringe ad adottare apposite barriere. Inoltre il gran numero di parti in movimento li rende soggetti a frequenti intervalli di manutenzione, che incrementano i costi di gestione e compensano i vantaggi legati alle alte efficienze. Gli alti livelli di emissioni di inquinanti, soprattutto NOx (ma anche CO), sono un aspetto implicito di questa tecnologia che deve essere migliorato, in modo da essere confrontabili con quelli delle migliori tecnologie concorrenti, come le MGT. Per l’abbattimento degli inquinanti, oltre ai sistemi di selezione selettiva catalitica (Selective Catalytic Reduction, SCR), diverse case costruttrici sono costantemente impegnate nel sviluppare nuovi motori con minori emissioni. Nel caso dei motori ad accensione comandata, è possibile avere basse emissioni di NOx e alti rendimenti utilizzando miscele magre, con rapporto aria/combustibile superiore al valore stechiometrico. In questo caso si parla di motori “lean burn” [9]. In questo modo si hanno emissioni inferiori di circa il 50% rispetto ai motori tradizionali. I motori “lean burn” dispongono di una pre-camera nella quale avviene l’accensione di una miscela ricca che, successivamente, entra nel cilindro e consente la combustione della rimanente carica. Lo stesso effetto può essere ottenuto realizzando una carica stratificata. In quest’ultimo caso solamente la miscela a contatto con la candela presenta valori del rapporto aria/combustibile vicini a quello stechiometrico, mentre il resto della carica è costituito da una miscela magra. Molti motori a gas per cogenerazione derivano costruttivamente da motori Diesel realizzati per altri scopi. L’impiego del gas impone l’aggiunta di una candela per l’accensione. È necessaria inoltre la diminuzione della potenza nominale del motore (al 60-80%) per evitare il fenomeno della detonazione. Queste modifiche portano il costo unitario del kWel installato a valori più elevati rispetto ai Diesel da cui derivano. Nel caso dei motori a gas naturale a ciclo Diesel dual fuel, si ha l’introduzione di una piccola percentuale di gasolio (1-10% della carica) che ha la funzione di provocare l’auto accensione della carica e di favorire la lubrificazione di alcuni componenti del motore. Tutti gli ICE con potenza superiore ai 200 kWel sono inoltre dotati di sovralimentazione mediante turbo-compressore, e la tendenza attuale del mercato è quella di dotare della sovralimentazione anche le taglie inferiori [9]. In questi sistemi i gas di scarico del motore alimentano un turbo-compressore di tipo radiale. Il compressore, trascinato dalla turbina calettata sullo stesso albero, innalza la pressione dell’aria aspirata dal pistone, ne incrementa la densità e di conseguenza la

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Capitolo 1

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potenza del motore. Una ulteriore miglioria la si ottiene raffreddando l’aria tra le due fasi di compressione, del turbo-compressore e del pistone, ponendo tra di esse uno scambiatore di calore (detto intercooler). Questa interrefrigenerazione aumenta ulteriormente la densità dell’aria in ingresso al pistone e riduce il lavoro di compressione del motore, diminuendo i costi specifici. Nella maggior parte dei casi l’intercooler migliora il rendimento e riduce le emissioni inquinanti allo scarico (in particolar modo gli NOx). Il rapporto di compressione realizzato dal turbo compressore è normalmente dell’ordine di 1.5-2.5:1, ma esistono realizzazioni in cui si arriva a un rapporto 4:1 [9].

Il rendimento elettrico dei motori a gas ad accensione comandata va dal 27% delle piccole unità (<50 kWel) fino al 38% circa di quelli da 500 kWel, mentre i motori multi MW hanno rendimenti anche superiori al 45% [9]. La Figura 1.9 riporta i risultati di una analisi sui modelli di ICE disponibili sul mercato, si può osservare come esista un legame tra la taglia del motore e il suo rendimento elettrico.

10 100 1000Potenza Elettrica (kW)

0.26

0.28

0.30

0.32

0.34

0.36

0.38

0.40

0.42

Ren

dim

ento

Ele

ttri

co

Figura 1.9 – Rendimento elettrico in funzione della taglia del motore [9].

La Figura 1.10 riporta il grafico che mette in relazione il costo specifico al kWel installato con la taglia del motore. Il costo è riferito al motore in assetto cogenerativo, ed è inoltre comprensivo dell’impianto di recupero termico e del sistema di controllo. Molto spesso, anche quando il confronto tecnico economico suggerirebbe una tecnologia differente, gli imprenditori preferiscono utilizzare gli ICE, in modo da evitare i rischi legati all’impiego di tecnologie e soluzioni tecniche poco note.

Nella Tabella 1.2 sono riportati alcuni gruppi cogeneratori basati sull’utilizzo di motori a ciclo Otto alimentati a biogas, con potenze inferiori a 1000 kW. È tra questi motori che vanno cercati i candidati a lavorare con syngas ottenuto da gassificazione del carbone, una volta eliminati i composti dello zolfo, del fluoro e del cloro, che creerebbero problemi di corrosione.

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Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

13

1 10 100 1000Potenza Elettrica [kW]

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

4000

4500

cost

o [€

/kW

]

Figura 1.10 – Costo specifico in funzione della taglia per alcuni ICE [9].

Produttore Distributore

in Italia Modello Configurazione

Giri Minuto

Potenza elettrica (kWe)

Potenza termica (kWt)

Rendimento elettrico (%)

MDE – Decentrale Energiesysteme GmbH

Mattei 100 - 400 39

1500 249 - 329 295 - 400 38.6 - 39.1 J208 GS 8 cilindri in linea 1800 335 391 36.2 1500 526 - 625 566 - 702 39.7 - 40.4 J312 GS 12 cilindri a V 1800 540 - 633 682 - 811 36.7 - 38.1 1500 835 934 39.9 J316 GS 16 cilindri a V 1800 848 1020 - 1081 36.9 - 38.2 1500 1064 1104 40.8

GE Jenbacher Jenbacher Italia

J320 GS 20 cilindri a V 1800 1060 1258 - 1367 36.9 - 39

TBG 616 V8 K 8 cilindri a V 1800 336 35.6 TBG 616 V12 K 12 cilindri a V 1800 505 36.6 Deutz Energy Tessari, Mattei TBG 616 V16 K 16 cilindri a V 1800 676 36.5 GE 8281 SRG 8 cilindri a V 1500 200 IVECO Motors Iveco GE 8291 SRG 12 cilindri a V 1800 220 GE 3508 LE 8 cilindri a V 1500 460 764 31.6 GE 3512 LE 12 cilindri a V 1500 770 1296 31.6 GE 3516 LE 16 cilindri a V 1500 1030 1378 31.8

Caterpillar C.G.T.

GE 3516 LE 16 cilindri a V 1500 1100 1371 36.7 E2876 E302 6 cilindri in linea 116 186 32.4

E2876 LE302 6 cilindri in linea 181 251 35.7 MAN Engines Tessari, Cogenco

E2876 LE312 6 cilindri in linea 342 430 37.1 1500 30 - 75 GG 1800 25 - 150 1500 315 Cummis Cummis Italia

QSK19G 6 cilindri in linea 1800 334 1500 230 VGF18GLD 6 cilindri in linea 1800 280 1500 310 VGF24GLD 8 cilindri in linea 1800 375 1500 475 VGF36GLD 12 cilindri in linea 1800 560 1500 625 VGF48GLD 16 cilindri in linea 1800 750 900 322 VHP2895GL 6 cilindri in linea 1200 430 900 645 VHP579 12 cilindri in linea 1200 1025 900 4533

Dresser Waukesha

VHP7042 12 cilindri in linea 1200 1050

Tabella 1.2 - Alcuni gruppi cogeneratori basati sull’utilizzo di motori a ciclo Otto alimentati a biogas, con potenze inferiori a 1000 kW [11].

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Capitolo 1

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Per esempio la Tedom (http://cogeneration.tedom.eu/) ha installato nel mondo più di 1300 unità cogenerative con potenze che vanno da 5 kWel a 2 MWel, alimentabili sia a metano che con biogas, ma in quest’ultimo caso la percentuale di metano deve avere un valore nominale che va dal 55% al 65%, e comunque superiore al 50%. Come riportato nella Tabella 1.2 anche la Caterpillar produce diversi modelli in grado di lavorare con biogas o gas a basso contenuto energetico e adatti ad essere impiegati in impianti di cogenerazione. La Tabella 1.3 riporta come variano le prestazioni del motore G3516 LE da 1 MW (per gas da discarica) al variare della composizione del combustibile in funzione del numero di metano.

FUEL USAGE GUIDE DERATE FACTOR/ENGINE TIMING vs METHANE NUMBER

<65 70 75 80 85 90 95 100 125 130 135 140 to 150 0/-- 0/-- 0/-- 0/-- 0/-- 0/-- 0/-- 0.88/24 0.88/24 1.0/24 1.0/25 1.0/26 Tabella 1.3 – Variazione delle prestazioni in funzione della tipologia del combustibile nel motore G3516 LE [12].

1.3.2 – Microturbine a gas. Con il termine MGT si è soliti indicare un sistema di generazione di potenza

di piccola taglia, solitamente inferiore ai 500 kWel. Una importante caratteristica è la possibilità di creare sistemi costituiti da unità multiple. Dal punto di vista tecnologico, non sono solo un semplice scale down delle normali turbine a gas, ma sono state concettualmente ripensate sia dal punto di vista dell’architettura che dell’utilizzo [9]. A partire dall’esperienza sviluppata nella progettazione di macchine tradizionali, come turbocompressori dell’industria automobilistica, unità di potenza ausiliari per aeromobili e applicazioni militari, piccoli motori a reazione dell’industria aeronautica, si è quindi passati da un ciclo semplice con compressore e turbina assiali all’impiego di un ciclo recuperativo con macchine radiali monostadio, notevolmente più economiche ed operanti ad un numero di giri elevatissimo. Come schema concettuale di funzionamento di una MGT si può fare riferimento allo schema proposto nella Figura 1.8. In questo caso il turbocompressore è costituito da un compressore centrifugo e da una turbina radiale centripeta, l’albero sui quali sono calettati opera a velocità dell’ordine dei 50000 - 120000 giri/minuto, ed è sostenuto da cuscinetti in alcuni casi privi di lubrificante (magnetici o ad aria). Queste tipologie di turbomacchine consentono limitati rapporti di compressione, circa 4 rispetto a 10-15 del caso di turbine industriali, quindi lo scambiatore di calore aria/gas di scarico (recuperatore) diviene indispensabile per raggiungere rendimenti di ciclo accettabili. Rispetto alla normale tecnologia delle turbine a gas il combustore non presenta particolari peculiarità, e le emissioni di NOx sono, senza la necessità di impiegare sistemi di abbattimento dedicati allo scarico, indicativamente un ordine di grandezza in meno rispetto ai motori alternativi a gas. Come per il modello riportato in Figura 1.11 il sistema di recupero termico è spesso integrato nel package della MGT, e consente di

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Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

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recuperare per applicazioni cogenerative parte dell’energia termica dei gas allo scarico, che generalmente si trovano a temperature superiori ai 250°C.

Figura 1.11 – Sistema di recupero termico del modello Capstone C200 [13].

La MGT può operare a carichi parziali a giri variabili. La possibilità di operare ad una velocità di rotazione variabile, grazie all’impiego di un sistema di conversione della frequenza, consente di limitare notevolmente il marcato decadimento delle prestazioni ai carichi parziali tipico delle turbine a gas. Difatti in questi sistemi, l’energia elettrica ad alta frequenza, prodotta solitamente da un generatore a magneti permanenti che ruota solidale all’albero della turbina (per evitare l’impiego di riduttori), viene riportata alla frequenza di rete mediante un convertitore statico a raddrizzatore ed inverter. La Figura 1.12 mostra come, nel caso sia necessario seguire i carichi imposti dall’utenza, il decadimento delle prestazioni sia pari a poco più del 20% a fronte di una variazione del carico del 70%, e comunque inferiore al 5% per una variazione del carico del 30%. Per contro, le MGT sono piuttosto sensibili alle condizioni ambientali. Difatti, come avviene per le turbine a gas di grande dimensione, le variazioni di pressione e temperatura ambiente condizionano le prestazioni del ciclo a gas aperto che caratterizza questi dispositivi. Un esempio di quanto detto è riportato in Figura 1.15. Si può osservare come una temperatura esterna di 30°C generi una diminuzione del rendimento elettrico dell’8-9% circa rispetto alle condizioni nominali (15°C, 1 atm). L’effetto è opposto se si lavora al di sotto delle condizioni nominali, anche se al di sotto di certe temperature (intorno ai 5°C) la potenza cessa di aumentare per l’insorgere di limitazioni sul campo di funzionamento ammissibile delle turbomacchine e per l’intervento di sistemi di sicurezza contro il rischio della formazione di ghiaccio. Per quanto riguarda l’effetto della pressione ambiente, la sua diminuzione genera un decremento pressoché lineare della potenza prodotta. Nel caso di installazione in altura, a circa 1000 m rispetto al livello del mare si ha una riduzione di circa il 10% della potenza elettrica prodotta [9].

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Capitolo 1

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30 40 50 60 70 80 90 100Potenza elettrica erogata (% di nominale)

70

75

80

85

90

95

100

Ren

dim

ento

ele

ttri

co (%

di n

omin

ale)

Figura 1.12 – Esempio di prestazioni a carico parziale di una microturbina a gas, elaborazione dati relativi a modelli Capstone [9].

-20 -10 0 10 20 30 40Temperatura ambiente

70

80

90

100

110

120

Ren

dim

ento

ele

ttri

co e

pot

enza

(%

di n

omin

ale)

Potenza ElettricaRendimento Elettrico

Figura 1.13 – Influenza della temperatura ambiente sul rendimento elettrico e sulla potenza elettrica generata da una microturbina a gas (elaborazione su dati relativi al modello Turbec T100) [9].

Nella Figura 1.14 è riportato uno schema contenente i principali elementi funzionali presenti nella microturbina a gas C200 della Capstone. Nel blocco Microturbine Engine sono inclusi compressore, camera di combustione, turbina, generatore e recuperatore. I componenti rotanti sono montati su un singolo albero tramite cuscinetti ad aria e vengono raggiunte velocità di 60000 RPM. Il generatore a magneti permanenti viene utilizzato come motore durante la fase di avviamento e durante i cicli di raffreddamento. La microturbina include un sistema di controllo e iniezione del combustibile e in funzione del modello può utilizzare in modo efficace diversi combustibili gassosi a base di idrocarburi. Il blocco power electronics controlla l’output elettrico della microturbina, preleva la potenza

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Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

17

erogata dalla turbina in alternata e a frequenza variabile e trasforma la tensione in continua, per poi riottenere una tensione alternata a frequenza costante. La microturbina può essere completamente gestita dall’operatore attraverso il System Controls.

Figura 1.14 – Principali elementi funzionali del modello Capstone C200 [14].

Dopo diversi anni di attività prevalentemente sperimentale i costruttori sono oggi in grado di proporre sul mercato, nell’ottica di un esercizio prolungato, dei generatori piuttosto robusti ed affidabili. Al contrario non risultano ancora soddisfacenti gli aspetti economici, con costi di investimento che per le MGT cogenerative a gas naturale si aggirano intorno ai 1100-1200 €/kWel, e con costi di manutenzione prossimi a 10-15 €/MWh [9]. Questi costi riguardano l’intero package cogenerativo con microturbina a gas, cioè comprendono oltre alla microturbina gli apparecchi di condizionamento della potenza, il sistema di controllo, il sistema di recupero termico ed il compressore del gas, indispensabile in applicazioni non industriali. In una prospettiva di medio periodo, nell’ipotesi di una completa maturità industriale del prodotto e della creazione di un mercato dai volumi consistenti, si può pensare che le MGT possano conseguire significative riduzioni di costo, fino a 600 €/kWel, cifra obiettivo di diversi costruttori [9].

Le turbine commerciali disponibili o comunque in fase avanzata di sviluppo vengono prodotte principalmente da Capstone, Elliot, Bowman Power Systems, IR Power Works e Turbec (dal 2004 parte del gruppo italiano API Com).

Per quanto riguarda le turbine potenzialmente alimentabili con syngas ottenuto da gassificazione del carbone, tra le diverse case costruttrici la Capstone propone la serie Renewable, una linea di microturbine progettate in modo specifico per lavorare con gas a bassa densità energetica e contenenti impurità come il solfito di idrogeno H2S. Questi gas introducono problematiche del tutto particolari e solo

Fuel System

Microturbine Engine

High Power Electronics

System Controls

Main Output

Aux Output

Combustion Air

Fuel Source

Exhaust

User Interface and Communications

Electrical Output

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Capitolo 1

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soluzioni ad hoc consentono di ottenere sistemi affidabili e limitare il numero di interventi di manutenzione. La serie Renewable propone microturbine da 30, 65, 200 e 1000 kWel, in grado di accettare elevati livelli di contaminanti, da 70000 ppm per la CR30 a 5000 ppm per le altre. Ciò in alcuni casi può consentire di evitare l’adozione di sistemi appositi per la rimozione dell’H2S, con conseguente diminuzione dei costi complessivi. La CR65 è in questo caso l’unica disponibile con la sezione di recupero termico.

1.3.3 – Celle a combustibile: generalità e soluzioni per dispositivi ad alta temperatura.

Le celle a combustibile (Fuel Cells, FC) sono sistemi silenziosi e compatti, in grado di produrre energia elettrica e termica in modo estremamente efficiente, e non necessitano di parti in movimento. La particolarità delle FC rispetto ai generatori tradizionali, come riporta lo schema di Figura 1.15, è che operano una conversione elettrochimica del combustibile senza l’intervento intermedio di un ciclo termodinamico. Quindi il combustibile e l’ossidante non reagiscono in un processo di combustione rapida, ma la reazione avviene in forma controllata ed isoterma, nella quale sono assenti le tipiche irreversibilità della combustione.

ENERGIA CHIMICA DEL COMBUSTIBILE

ENERGIA TERMICA

ENERGIA MECCANICA

ENERGIA ELETTRICA

COMBUSTIONE CICLO TERMODINAMICO

CONVERSIONE TERMODINAMICA

ENERGIA CHIMICA DEL COMBUSTIBILE

ENERGIA ELETTRICA

CONVERSIONE ELETTROCHIMICA

Figura 1.15 – Differenti tipologie di conversione dell’energia

Similmente a quanto presentato nello schema di Figura 1.16, da un punto di vista strutturale, solitamente una cella ha una conformazione piatta a tre strati, secondo pareti a film sottili, di cui quello centrale, compreso fra il catodo e l'anodo, costituisce o contiene l'elettrolita. Una singola cella produce normalmente una tensione di circa 0,7 V e correnti comprese tra 100 e 800 mA/cm2, quindi per ottenere la potenza ed il voltaggio desiderato più celle sono disposte in serie, a mezzo di piatti bipolari, a formare il cosiddetto “stack”. I piatti bipolari, come evidenziato nella Figura 1.16 fanno sia da collettori della corrente sia da distributori dei gas reagenti. Per ottenere generatori della potenza richiesta gli stack sono a loro volta assemblati in moduli. Le superfici delle facce vengono tarate in base alla corrente massima di lavoro, che è uguale per ogni cella e percorre lo stack nella

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Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

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direzione del suo asse principale. Si può così arrivare, in funzione dell'applicazione e della filiera di celle, a superfici dell'ordine dei decimetri quadrati, che consentono di ottenere, date le sezioni elevate, basse resistenze ohmiche. L’elevata modularità dell’impianto, che può crescere a seconda della potenza richiesta dall’utente, permette notevoli risparmi in termini di capitale investito, e il ridottissimo impatto ambientale, sia in termini di emissioni gassose che acustiche, consente l’installazione anche in siti residenziali.

COMBUSTIBILE

PIATTO BIPOLARE

PIATTO BIPOLARE

ANODO ELETTROLITA

CATODO CELLA

CARICO ELETTRICO STACK DI

CELLE

Figura 1.16 – Stack di celle a combustibile [15].

Una cella a combustibile può essere dunque considerata come un tipo particolare di batteria elettrica in cui si ha un rifornimento continuo sia di combustibile sia di ossidante, e solo una progressiva degradazione o malformazione dei componenti pone un limite alla sua vita utile. Difatti, mentre la batteria cesserà di produrre energia elettrica quando i reagenti chimici saranno consumati, nella cella a combustibile si può, almeno in linea teorica, produrre energia elettrica finché gli elettrodi sono alimentati da combustibile e comburente. In una tipica cella a combustibile il combustibile gassoso è quindi alimentato con continuità nel comparto anodico (elettrodo negativo, dove avviene l’ossidazione del combustibile e la produzione di elettroni), mentre il comburente (per esempio aria) può essere rifornito al catodo (elettrodo positivo, dove avviene la riduzione dell’ossigeno con gli elettroni provenienti dal circuito esterno collegato con l’anodo). La reazione chimica avviene mediante scambio di ioni attraverso l’elettrolita, che chiude il circuito tra gli elettrodi, ed è in pratica un conduttore ionico. I materiali utilizzati per gli elettrodi generalmente non partecipano alle reazioni chimiche, ma la loro scelta è comunque critica, viste le diverse funzioni che devono adempiere all’interno della cella (devono essere conduttori elettrici e catalizzatori, solo per citare le più evidenti). La principale funzione degli elettrodi porosi è quella di fornire una adeguata zona per lo svolgersi delle reazioni con un

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Capitolo 1

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minimo ostacolo alla diffusione dei gas reagenti e alla rimozione dei prodotti della reazione. Le proprietà dell’elettrolita condizionano fortemente le principali caratteristiche delle celle, come la temperatura di esercizio, la tipologia di reazioni chimiche che possono avvenire, la loro cinetica e i loro equilibri, il tipo di ioni e la direzione in cui diffondono attraverso la cella, la natura dei materiali costruttivi, le caratteristiche di resistenza meccanica e di utilizzo, la vita stessa della cella, la composizione dei gas reagenti nonché la tolleranza alle impurità. Una panoramica delle caratteristiche basilari dei cinque tipi principali di celle a combustibile è stata riportata nella Tabella 1.4, nella quale sono state considerate le PEFC (Polymer Electrolyte Fuel Cell) e AFC (Alkaline Fuel Cell) per quanto riguarda le celle a bassa temperatura, le PAFC (Phosphoric Acid Fuel Cell) per le celle a media temperatura, e le MCFC (Molten Carbonate Fuel Cell) e SOFC (Solid Oxide Fuel Cell) per le celle ad alta temperatura.

CELLE A BASSA TEMPERATURA CELLE AD ALTA TEMPERATURA

PEFC AFC PAFC MCFC SOFC

ELETTROLITA Membrana polimerica

Idrossido di potassio Acido fosforico Carbonato di litio

e potassio Ossido di zirconio

drogato IONE CHE PROMUOVE LA REAZIONE DI CELLA

+H −OH +H

=3CO

=O

TEMPERATURA [°C] 40 - 80 65 -220 205 650 600 – 1000 CATALIZZATORE Platino Platino Platino Materiale elettrodo Materiale elettrodo

COMBUSTIBILE IMPIANTI Idrogeno Gas riformati

Idrogeno puro (99.99%)

Idrogeno Gas riformati

Idrogeno Gas riformati

Gas da carbone

Idrogeno Gas riformati

Gas da carbone NECESSITA DI REFORMING ESTERNO PER IDROCARBURI

Si Si Si Solo per alcuni combustibili

Solo per alcuni combustibili e

tipologie di celle NECESSITA DI CONVERSIONE ESTERNA DELLA CO IN H2

Si, ed è necessario rimuovere le tracce

di CO

Si, ed è necessario rimuovere le tracce

di CO e di CO2 Si No No

OSSIDANTE O2 / Aria Ossigeno (puro) O2 / Aria O2 / Aria O2 / Aria EFFICIENZA ELETTRICA (PCI), %

40 - 60 60 40 - 50 45 - 55 45 - 60

DENSITA' DI POTENZA, [mW/cm2]

300 - 900 300 - 500 150 - 300 150 150 - 270

TEMPO DI AVVIAMENTO Minuti Minuti 1 - 4 h 5 - 10 h 5 – 10 h

APPLICAZIONI

Piccoli generatori per cogenerazione e usi residenziali, trasporto

Applicaz. spaziali, gener. portatili, trasporto

Cogenerazione, potenza distribuita

Cogenerazione industriale, potenza distribuita

Cogenerazione industriale, potenza distribuita

VANTAGGI

Elettrolita non volatile Minimi problemi di materiali e corrosione Alta densità di potenza Resistenza a CO2 Bassi tempi di avviamento

Densità di potenza elevata

Resistenza a CO2 Alta efficienza globale in applicazioni cogenerative Tecnologia matura

Disponibilità di calore ad alta temperatura CO è un combustibile Rendimento elevato Possibilità di reforming interno

Disponibilità di calore ad alta temperatura CO è un combustibile Rendimento elevato Possibilità di reforming interno

SVANTAGGI

Bassa tolleranza a CO Problemi di gestione dell’H2O

Nessuna resistenza al CO, scarsa alla CO2 Estrema purezza gas di alimentazione

Bassa tolleranza al CO

Problemi di vita e stabilità dei materiali Richiesto un ricircolo di CO2 Alto tempo di avviamento

Sollecitazioni termiche elevate nei materiali Alto tempo di avviamento

Tabella 1.4 – Principali tipi di celle e loro caratteristiche [15].

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Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

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In ogni caso, come si può osservare sempre dalla Tabella 1.4, poiché la reazione dominante nelle FC è l’ossidazione di idrogeno, l’elettrolita in uso dovrà sempre trasportare una specie ionica contenente atomi di idrogeno o di ossigeno, funzionando a seconda dei tipi di FC mediante trasporto di ioni contenenti idrogeno dal lato combustibile al lato aria, o mediante trasporto di ioni contenenti ossigeno dal lato aria al lato combustibile. Inoltre, mentre nelle celle a bassa temperatura si deve ricorrere a costosi catalizzatori (Pt, Au, Ag) affinché le reazioni possano svolgersi in modo veloce ed efficace, a temperature più elevate possono essere sufficienti materiali meno nobili (ad esempio Ni) o è addirittura possibile che non sia richiesto alcun catalizzatore poiché le reazioni possono attivarsi spontaneamente. Oltre che con l’idrogeno, alcune FC possono essere alimentate con una vasta gamma di combustibili primari come metano, metanolo, gas da biomasse, gas da discarica o gas di sintesi. In questo senso, la Tabella 1.5 riporta gli effetti provocati delle diverse sostanze che possono essere introdotte sottoforma di combustibile od ossidante nelle FC. Si può per esempio osservare come il CO, uno dei composti principali nei gas di sintesi, sia dannoso per le celle a bassa temperatura, in quanto si lega con i materiali catalizzatori avvelenandone le proprietà catalizzanti o con l’elettrolita stesso bloccandone il funzionamento (stesso discorso per la CO2 nel caso delle AFC), mentre può essere introdotto senza problemi nelle celle ad alta temperatura, nelle quali il CO è a tutti gli effetti un combustibile. Quindi nelle celle a medio bassa temperatura diventa necessario convertire esternamente tutta la CO in H2. Dalla Tabella 1.4 si può ancora osservare come i rendimenti siano piuttosto elevati, dal 40% al 60%, e come le celle ad alta temperatura richiedano dei tempi di avviamento notevoli rispetto a quelle a bassa temperatura, difatti si passa dalle 5-10 ore per le MCFC e le SOFC ai pochi minuti richiesti dalle PEFC e dalle AFC.

GAS PEFC AFC PAFC MCFC SOFC

2H Combustibile Combustibile Combustibile Combustibile Combustibile

CO Avvelenante

(effetto reversibile) 50 ppm per stack

Avvelenante Avvelenante < 1% vol Combustibile1 Combustibile

4CH Diluente Avvelenante Diluente Diluente2 Combustibile1

OH&CO 22 Diluente Avvelenante Diluente Diluente Diluente

COSSHS 2  e  come  Avvelenante Avvelenante < 50ppm

Avvelenante < 0.5 ppm

Avvelenante < 1 ppm

HCl Avvelenante < 1 ppm

Avvelenante < 1 ppm

3NH Avvelenante < 1% vol

Avvelenante < 1000 ppm

1 – Il CO reagisce con l’H2O per formare H2 e CO2, il CH4 reagisce con l’H2O per formare H2 e CO 2 – Combustibile nel caso di reforming interno

Tabella 1.5 – Quantità e specie tollerabili nelle Fuel Cells [15,16].

Nella Figura 1.17 viene mostrato un confronto tra le FC e le altre tecnologie. Si può osservare come nel caso delle FC sia possibile ottenere efficienze elevate

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Capitolo 1

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anche per piccole taglie. Inoltre, dalla figura emerge come le celle ad alta temperatura siano la tecnologia che garantisce sempre le prestazioni migliori, soprattutto se combinate con delle microturbine a gas, operazione questa, che resta comunque complessa.

Figura 1.17 –. Differenti tipologie di conversione dell’energia [15].

Si possono individuare due tipologie di impianti base FC/GT, con integrazione diretta e indiretta, dai quali concettualmente derivano tutti gli impianti più complessi. Nel caso di integrazione diretta, mostrata in Figura 1.18, i gas esausti che fuoriescono dalla cella a combustibile espandono direttamente nella turbina.

DC AC FC

C T ~

Aria

RC

Gas Combusti

Combustibile

Figura 1.18 – Integrazione FG/GT diretta.

In questo tipo di impianto, il combustibile residuo che fuoriesce dall’anodo a temperatura elevata viene miscelato con l’ossigeno residuo proveniente dal catodo all’interno di un post combustore (interno al blocco FC), si ha quindi un ulteriore incremento della temperatura dell’esausto gassoso. Solitamente il sistema viene

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Cogenerazione da gassificazione: soluzioni e motori primi

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dimensionato in modo da impedire che vengano raggiunte le temperature che consentirebbero agli NOx di formarsi in quantità eccessive. Sia la cella a combustibile che la turbina generano energia elettrica, mentre uno scambiatore di calore recupera parte del calore dei gas che escono dalla turbina per preriscaldare il combustibile in ingresso all’anodo e l’aria diretta al catodo e proveniente dal compressore. La pressione del combustibile dovrebbe coincidere con quella dell’aria in modo da evitare squilibri all’interno della cella che genererebbero dei trafilamenti. Nella Figura 1.19 è mostrato lo schema dell’impianto indiretto, in cui lo scambiatore di calore trasferisce parte del calore posseduto dai gas in uscita dalla cella all’aria compressa che va poi ad espandere in turbina, da qui viene inviata al catodo. In questo sistema la pressione della cella e della turbina sono indipendenti, ciò comporta una maggiore libertà nella scelta della pressione di esercizio della turbina.

Gas Combusti DC

AC FC

C T ~

Aria

Combustibile SC

Figura 1.19 – Integrazione FG/GT indiretta.

La tecnologia delle celle ad alta temperatura si sviluppò di pari passo fino intorno agli anni ’50. Ma mentre lo sviluppo delle SOFC rallentò a causa dei problemi di conduttività elettrica degli elettroliti ad ossidi solidi e per via dei problemi causati da reazioni chimiche indesiderate fra gli stessi elettroliti e i gas contenenti CO, verso gli anni ‘60 i tedeschi G.H.J. Broers e J.A.A. Ketelaar sperimentarono delle MCFC che funzionarono continuativamente per sei mesi, usando appunto come elettrolita una miscela di carbonati di litio, sodio e potassio impregnata su un disco poroso di ossidi di magnesio. Successivamente la ricerca si concentrò sugli elettroliti di sali di carbonati fusi, e sempre durante gli anni ’60, negli stati uniti il MERDC (Army’s Mobility Equipment Research and Development Center) sperimentò sul campo i primi generatori a celle a carbonati fusi, costruiti dalla Texas Instruments. L’elevata temperatura di funzionamento di queste celle ha suggerito un loro impiego in impianti di (relativamente) elevata potenza, come generatori (o cogeneratori) stazionari. Negli anni ’90 si sono moltiplicate le applicazioni in tal senso, come ad esempio il generatore da 1 MWel della Ishikawajima Heavy Industries (Giappone) che ha funzionato per 10000 ore continuative.

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Le attuali celle a carbonati fusi hanno una temperatura operativa che va dai 600 ai 700°C, necessaria per ottenere la giusta conduttività nell'elettrolita. Infatti una temperatura così elevata, oltre a garantire cinetiche di reazione più veloci, consente di mantenere fusi i carbonati e permette la conduzione degli ioni CO3=. L’elevata temperatura è per contro causa di problemi legati alla resistenza alla corrosione degli elettrodi, alla stabilità dei materiali e alla vita utile dei componenti della cella. Gli elettrodi sono entrambi a base di nickel e non necessitano di metalli nobili come catalizzatori. L’elettrolita è costituito da una miscela di carbonati alcalini (litio, potassio, sodio) trattenuta in una matrice porosa di litio-alluminio, la struttura della quale risulta fondamentale per le prestazioni della cella; infatti le caratteristiche fisiche e chimiche dovute ai materiali ceramici che la costituiscono, sottoforma di particelle più o meno grossolane e di fibre, e la grandezza dei pori che trattengono i carbonati fusi tramite forze capillari, determinano la capacità della matrice di garantire le performance della cella in termini di conducibilità elettrica, resistenza all’elevata temperatura e alla corrosività dell’ambiente. I piatti bipolari usati nelle MCFC sono prodotti con fogli sottili (circa 0.4 mm) di leghe (Incoloy 805, acciaio inox AISI 310S o 316L) ricoperti, dalla parte esposta ai gas, con uno strato di nichel.

Questa tecnologia si presta bene ad essere utilizzata in impianti di cogenerazione, ma il calore recuperabile ad alta temperatura, oltre i 600°C, può anche essere utilizzato in impianti integrati con microturbine a gas. I segmenti di mercato più promettenti per i sistemi con celle a carbonati fusi sono, nel medio termine, la generazione di energia elettrica e la cogenerazione ad alta temperatura, per taglie comprese tra 250 kW e 20-30 MW [15]. Tali applicazioni sono infatti quelle che consentono di utilizzare al meglio le caratteristiche positive di questi sistemi, con significativi vantaggi energetici ed ambientali rispetto alle principali tecnologie concorrenti. Impianti di taglia superiore ai 30-50 MW sono prevedibili solo nel lungo termine, se le loro prestazioni saranno comparabili con quelle, sempre più interessanti, dei cicli combinati. Le pile a carbonati fusi, pur richiedendo ancora affinamenti tecnologici e miglioramenti nei materiali, possono ritenersi molto vicine alla commercializzazione a seguito delle esperienze dimostrative, già effettuate o in corso, a livello mondiale, e dell'intensificazione dell'impegno in importanti programmi di sviluppo industriale e precommerciale.

Negli Stati Uniti i programmi principali sono quelli perseguiti da ERC (Energy Research Corporation) e da MC Power, oggi fuse per costituire la Fuel Cell Energy (FCE). Oggi la Fuel Cell Energy propone (http://www.fuelcellenergy.com) i modelli DFC300, DFC1500 e DFC3000, rispettivamente da 300, 1200 e 2400 kW, alimentabili con diverse tipologie di gas tra i quali i gas da carbone e con rendimenti elettrici superiori al 47%. Questi moduli effettuano il reforming interno allo stack (tecnologia proprietaria DFC, Direct Fuel Cell). Il primo impianto realizzato in configurazione DFC di potenza 250 kWel è rimasto in esercizio, nella sede FCE di Danbury, dal febbraio 1999 al giugno 2000. L’unità, connessa agli edifici della FCE e alla rete elettrica, ha totalizzato 11800 ore di esercizio, durante

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le quali ha generato 1.906 MWhel, dimostrando un’efficienza elettrica del 45% e una disponibilità del 93%. La FCE è stata in passato coinvolta in numerosi progetti, tra i quali in quello approvato dal DoE ha previsto la costruzione di un impianto a fuel cells da 2 MWel funzionante con gas derivante dalla gassificazione del carbone, realizzato nel 2004 presso l’impianto di gassificazione del carbone di Wabash River (Indiana, USA) [17]. Uno schema semplificato dell’impianto è mostrato in Figura 1.20.

Figura 1.20 – Schema semplificato dell’impianto FCE di Wabash River [17].

L’impianto da 2 MW è costituito dall’assemblamento di otto stack prodotti dalla FCE. Il syngas viene inizialmente depurato in modo che possa essere utilizzato con la FC senza comprometterne le prestazioni, quindi alimenta l’impianto MCFC all’interno del quale avvengono le reazioni di reforming e CO shift. Il gas che fuoriesce dall’anodo viene introdotto in un combustore in cui avviene il completamento della combustione con aria in modo da fornire al catodo l’ossigeno e la CO2. L’esausto catodico fornisce energia termica per l’acqua ed il combustibile in ingresso alla cella, e può successivamente essere impiegato per scopi cogenerativi. Oltre che con syngas è prevista anche l’alimentazione con gas naturale. Il costo complessivo del progetto per i 2 MW di FC è stato di 37.5 M$, inclusi la progettazione, la fabbricazione, l’installazione e la messa in opera, 17.3 M$ messi a disposizione dal DoE e 20.2M$ dalla FCE.

L’azienda è impegnata anche nello sviluppo di un impianto combinato fuel cell - turbina a gas (nome commerciale DFC/T), in collaborazione con il DoE e nell’ambito del programma di ricerca “Vision 21 Program”, in cui si utilizzano microturbine modello 330 della Capstone da 60 kWel. Lo scopo è quello di provare le prestazioni di questo tipo di impianti su scala ridotta per realizzare successivamente una centrale di produzione da 40 MWel con l’obiettivo ambizioso

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di raggiungere un rendimento elettrico del 75%. Numerosi sono tuttavia gli impianti pilota di questo tipo che hanno funzionato negli anni recenti o che sono sotto test oggi in America, Giappone ed Europa. In Giappone vi è una forte incentivazione pubblica tramite il NEDO (New Energy and industrial technology Development Organization) e il MITI (Ministry of International Trade and Industry). Hitachi e IHI hanno realizzato un impianto pilota da 1 MWel, costituito da quattro moduli da 250 kWel, entrato in esercizio nel luglio del 1999 fino a marzo 2000; la sperimentazione ha conseguito 4916 ore di funzionamento con 2103 MWhel generati, dimostrando una efficienza del 45%. In Italia l’Ansaldo FC è impegnata nello sviluppo di tecnologie fuel cells dagli anni ’80. Il programma sviluppato in associazione con altri partner italiani ed europei, ha dato la luce ad una tecnologia interamente europea, che si pone l’obiettivo di penetrare il mercato degli impianti di piccola/media taglia (da alcune decine di kW a qualche MW). Nell’ambito di questo programma, è stato sperimentato il primo stack di nuova concezione a geometria rettangolare, che costituisce il cuore dell’impianto Serie 2TW della potenza nominale di 500 kWel se alimentato a metano. Questa soluzione è costituita da 2 moduli elettrochimici, ciascuno contenente 2 stack (integrati con i relativi sistemi ausiliari) ed accoppiati fra loro secondo la configurazione originale “TWINSTACK®”. In parallelo alla realizzazione del primo impianto sono in corso di realizzazione alcuni altri impianti dimostrativi, per differenti segmenti di mercato e alimentati da differenti combustibili. I principali punti di forza della configurazione “TWINSTACK®” sono (http://www.ansaldofuelcells.com): flessibilità nella scelta del combustibile, grazie allo sviluppo di un reformer integrato modulare in grado di sfruttare parte del calore prodotto dallo stack e adattabile in base al combustibile prescelto; possibilità di integrazione con una microturbina a gas in configurazione ibrida, con ulteriore aumento del rendimento; compattezza; standardizzazione dei componenti di cella, che consente di beneficiare di economie di scala anche per piccole numerosità a livello di stack; facilità di intervento sullo stack, anche grazie alla soluzione con collettori esterni.

Il maggiore ostacolo allo sviluppo della filiera delle MCFC sembra oggi essere il raggiungimento di una vita utile adeguatamente lunga, in relazione ai citati problemi di corrosione (40000 ore di funzionamento a pressione atmosferica con alimentazione a gas naturale). Alcuni prototipi hanno raggiunto comunque decadimenti di tensione inferiori allo 0.3% ogni 1000 h [18]. L’obiettivo, per quel che riguarda i costi, sulla base dei volumi crescenti di produzione e dei programmi di sviluppo in corso, è di raggiungere i 1000 - 1500 $/kWel per un impianto completo [18].

Nonostante i problemi legati alla conduttività elettrica dell’elettrolita e alla sua reazione indesiderata con il CO presente nel gas in ingresso all’anodo, la ricerca sulle SOFC non fu abbandonata, e dai primi anni ’60 la Westinghouse iniziò lo sviluppo di una cella tubolare con elettrolita formato da ossido di zirconio e di calcio, ottenendo risultati incoraggianti. Il progressivo sviluppo della tecnologia e l’alta qualità del calore di scarto messo a disposizione hanno permesso la

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realizzazione di sistemi che combinano l’uso di SOFC e turbine a gas. Infatti, in modo da assicurare una sufficiente conducibilità dell’elettrolita, le temperature di esercizio vanno dai 900°C ai 1000°C. L’efficienza elettrica attesa per questi impianti è superiore al 60%, con l’obiettivo, così come indicato dal maggior produttore di celle ad ossidi solidi, la Siemens Westinghouse, addirittura del 70%. Sarà quasi sicuramente la soluzione a più alta efficienza per la generazione distribuita di energia elettrica per i prossimi anni e può ricoprire un intervallo di potenza che va da 250 kW ad oltre 25 MWel [15]. L’elevata temperatura di esercizio, oltre a renderla ideale per la configurazione ibrida, consente una riduzione delle perdite di polarizzazione e fa si che non occorrano catalizzatori di metallo nobile per alimentare la reazione, di conseguenza il costo di esercizio non e' troppo elevato. Si possono realizzare sistemi in cui, come nel caso delle celle a carbonati, il combustibile è direttamente inviato in cella, con notevoli semplificazioni impiantistiche. Come visto in precedenza non è necessario lo shift reforming del CO in CO2 in quanto esso, a tali temperature, non è un agente avvelenante ma un combustibile. Si può comunque affermare che l’alta temperatura, pur essendo all’origine dei molti vantaggi sopra elencati, costituisce anche l’unico svantaggio. Purtroppo questo è un aspetto negativo che, allo stato attuale delle conoscenze, compensa ampiamente gli aspetti positivi delle SOFC [18]. I problemi sono quindi legati al degrado dei materiali ed al loro assemblaggio, e hanno finora impedito, tranne che per il caso Siemens Westinghouse, la realizzazione di sistemi di potenza superiore a qualche kW [15]. La ricerca attualmente si sta concentrando verso una più efficace progettazione della cella che permetta l’uso di componenti già esistenti alla temperatura di 1000°C. Contemporaneamente si sta studiando la possibilità di impiegare materiali alternativi (miscele di metalli e ceramici) che permettano di lavorare a temperature inferiori, fra i 600°C e gli 800°C, in modo da limitare i problemi di stress meccanici dovuti ai differenti coefficienti di espansione termica dei vari materiali costituenti la cella, senza con questo provocare sensibili degradi nelle prestazioni, ma ancora nessuno sembra esserci riuscito con risultati soddisfacenti [18]. L’elettrolita solido ha permesso lo sviluppo di diverse configurazioni che si differenziano per forma della cella, dimensioni e spessore dei componenti e geometria dei canali di flusso per i gas reagenti. Accanto alla cella classica a configurazione tubolare, sviluppata dalla Siemens Westinghouse, si hanno celle di tipo planare e monolitiche. In ogni caso, i materiali costituenti i componenti di cella e i requisiti ad essi richiesti, sono per lo più indipendenti dalla configurazione adottata. Nelle celle tubolari i componenti di cella (catodo, interconnessione, elettrolita ed anodo) sono in forma di film sottili (50-100 µm) depositati uno sull’altro e sinterizzati in modo da formare la struttura tubolare. Il gas ossidante è introdotto nello stack attraverso un tubo centrale di iniezione in Al2O3, il combustibile viene fatto passare all’esterno del tubo. In questo modo, poiché il tubo in Al2O3 si estende fin quasi all’estremità chiusa del tubo poroso, l’ossidante fluisce all’indietro, in equicorrente con il combustibile. Entrambi i flussi esausti si incontrano all’uscita e possono reagire in modo da fornire il calore necessario per preriscaldare l’aria in ingresso.

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Capitolo 1

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Attualmente i tubi vengono prodotti fino a una lunghezza di 150 cm [18]. Questa ad oggi è la configurazione maggiormente sviluppata, ed oltre che dalla Siemens Westighouse, viene prodotta in Giappone dalla Mitsubishi Heavy Industries. Un grosso limite sono comunque i costi di produzione ancora elevati e difficilmente riducibili, a causa dei processi di fabbricazione piuttosto complessi, come la deposizione elettrochimica in fase vapore, oggi utilizzata solo per la deposizione dell’elettrolita. In ogni caso la Siemens Westinghouse continua a sviluppare la tecnologia delle celle tubolari, anche mediante programmi dimostrativi con sistemi di potenza fino a 200 kWel. Il primo impianto da 100 kWel è entrato in funzione nel dicembre 1997 in Olanda, nell’ambito di una collaborazione con un consorzio di utilities olandesi e danesi (EDB / ELSAM) e con la partecipazione del DoE. Formato da 1125 celle tubolari (2.2 cm di diametro, 150 cm di lunghezza attiva), ha funzionato fino al giugno 1998 con un rendimento elettrico netto del 43%, usando come combustibile gas naturale [18].

Attualmente l’impegno della Siemens Westinghouse è rivolto al mercato della generazione stazionaria, e sta sviluppando un impianto di cogenerazione stazionaria, l’ SFC-200 (http://www.powergeneration.siemens.com), da 125 kWel, alimentato con gas naturale e operante a pressione atmosferica con una efficienza elettrica a pieno carico del 44-47%. Per l’impianto nel suo complesso si stima una efficienza superiore all’80% e una disponibilità superione al 98%. Nella Figura 1.21 sono riportati lo schema di principio e descrittivo dell’impianto di cogenerazione ibrido SOFC/TG (BCHP 250) in sviluppo presso la Siemens Westinghouse, che entrerà a breve nel mercato della generazione stazionaria. Lavorerà a pressioni di 3-4 bar, nelle taglie da 250 a 500 kWel; si prevedono rendimenti elettrici dell’ordine del 58-70%. Un impianto di questo tipo, da 320 kWel, è stato installato nel 2002 in Italia, a Spinetta Marengo (Al). Per impianti dell’ordine di 1-3 MWel l’obiettivo è raggiungere i 1300 $/ kWel [18].

Figura 1.21 – Schema di principio e descrittivo dell’impianto di cogenerazione ibrido in sviluppo presso la Siemens Westinghouse [19].

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CAPITOLO 2

Modellazione stazionaria del gassificatore integrato con impianti ibridi FC/GT.

L’interesse di questo capitolo è rivolto allo studio delle prestazioni di possibili soluzioni impiantistiche nelle quali siano presenti, oltre al gassificatore a letto fisso, dei sistemi in grado di produrre energia elettrica e termica. L’obiettivo principale sono i sistemi di media-piccola taglia. In particolare, per quanto riguarda il gassificatore, si è fatto riferimento alle caratteristiche del gassificatore da 700 kg/h presente nel centro ricerche Sotacarbo di Carbonia, mentre, per quanto riguarda la sezione di potenza, sono state prese in considerazione, oltre che le turbine a gas, le celle a combustibile ad alta temperatura (Solid Oxide Fuel Cells, SOFC, e Molten Carbonate Fuels Cell, MCFC), una delle tecnologie più attraenti per la produzione di energia elettrica distribuita, soprattutto per via della loro elevata efficienza e delle emissioni estremamente basse. Le celle a combustibile ad alta temperatura acquisiscono un interesse particolare quando vengono impiegate in configurazioni ibride, una delle più promettenti soluzioni a breve termine. Difatti quando integrate con altri sistemi di produzione di energia possono raggiungere una efficienza elettrica tra il 60-65% anche per sistemi di piccola taglia. Quando si ha una produzione combinata di energia termica ed energia elettrica (sistemi CHP), l’efficienza totale può arrivare fino all’80-85%. I sistemi ibridi attualmente sviluppati sono alimentati principalmente con gas naturale, che necessita di essere sottoposto a reforming (esternamente o internamente al sistema), per produrre l’idrogeno necessario per le reazioni elettrochimiche delle celle a combustibile [1-11]. Ad ogni modo, possono anche essere alimentate con altri combustibili liquidi o gassosi come metanolo, etanolo, biogas da digestione anaerobica, syngas da carbone o biomassa [12-16].

Come è noto il carbone è oggi uno dei combustibili più importanti per la produzione di energia elettrica, e si suppone lo rimarrà ancora per parecchio tempo. Il carbone è ampiamente disponibile e piuttosto ben distribuito in tutto il mondo, caratteristica che lo rende una opzione con meno rischi dal punto di vista strategico. Tra le differenti tecnologie che utilizzano il carbone in modo “pulito”, la gassificazione sta acquisendo un crescente interesse sia per la produzione di “chemicals” che combustibili puliti come idrogeno, metanolo e dimetilene. I più recenti impianti in cui la sezione di gassificazione alimenta dei cicli combinati (IGCC) raggiungono efficienze del 43-45%. L’integrazione della gassificazione del carbone con cicli combinati avanzati o celle a combustibile renderà possibile raggiungere efficienze superiori al 50% [17]. Per ragioni tecniche ed economiche gli attuali sistemi di gassificazione sono usati principalmente in IGCC di grandi dimensioni (250-500 MW). Comunque, sono notevoli gli sforzi della ricerca che si focalizzano verso applicazioni di piccola o media taglia, basati su gassificatori a

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Capitolo 2

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letto fisso o fluido, che utilizzano aria (o aria arricchita di ossigeno) come ossidante o ossigeno puro. In questo contesto, Il Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università di Cagliari (DIMECA) è coinvolto, in collaborazione con alcuni partner istituzionali ed industriali (ENEA, Sotacarbo, Ansaldo Ricerche, CSM, et al.) in diversi progetti per lo sviluppo di tecnologie in grado di utilizzare il carbone con impatto ambientale quasi nullo, e in particolare sullo sviluppo di processi di gassificazione di piccola-media taglia per la produzione combinata di energia elettrica ed idrogeno. Il sostegno del progetto di ricerca da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha permesso la realizzazione di un impianto pilota nel centro ricerche Sotacarbo di Carbonia. L’intera struttura include un gassificatore pilota da 700 kg/h e un gassificatore da laboratorio da 35 kg/h, entrambi a letto fisso e controcorrente. In particolare, il più piccolo è stato equipaggiato con una linea di trattamento del syngas per la produzione di idrogeno, e allo stato attuale, il gassificatore pilota non comprende la linea di depurazione del syngas e la sezione di generazione elettrica [18]. Le prossime ricerche sono pianificate per l’utilizzo di syngas per la produzione combinata di energia termica ed elettrica in impianti di piccola-media taglia. Tra le differenti possibilità di integrazione (motori a combustione interna, turbine a gas e celle a combustibile) una attenzione particolare è appunto rivolta ai sistemi ibridi costituiti dall’integrazione di turbine a gas e celle a combustibile ad alta temperatura.

Per questo motivo, inizialmente è stata effettuata una valutazione delle prestazioni di una soluzione impiantistica comprendente il processo di gassificazione del carbone integrato con un impianto ibrido costituito da una MCFC e da una microturbina a gas (impianto IG-MCFC/GT). In particolare, si è cercato di valutare le prestazioni di questa tipologia di impianti se alimentati con un carbone con basso ed alto contenuto di zolfo, ed è stata infine proposta una analisi comparativa dello stesso impianto alimentato con gas naturale. In seguito è stata proposta una soluzione impiantistica che consentisse il confronto delle prestazioni tra le configurazioni IG-MCFC/GT e IG-SOFC/GT. Infine, sono stati riportati i risultati di una analisi condotta sul gassificatore a letto fisso in cui si sostituisce l’azoto presente nell’aria con altri diluenti (CO2, vapore e syngas ricircolato), in modo da valutare gli effetti sulle prestazioni e sulla composizione del syngas.

Per la valutazione sull’opportunità di un utilizzo diretto del syngas prodotto da carbone è stata utilizzata, ottimizzata e integrata la modellistica a disposizione del DIMECA, sviluppata nel corso di precedenti attività di ricerca nel settore dei sistemi energetici integrati. I modelli sono stati realizzati attraverso l’utilizzo del software commerciare ASPEN PLUS™, versione 14.1 [19]. In particolare, i modelli presenti nella libreria ASPEN, che include diversi componenti standard utilizzati dai sistemi per la conversione energetica (scambiatori di calore, pompe, turbine reattori, etc.), sono stati integrati con specifici modelli per il gassificatore e le celle a combustibile.

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

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2.1 – Modello del gassificatore a letto fisso

Il processo di gassificazione è senza dubbio piuttosto complesso, ma allo stesso tempo si possono individuare all’interno di un gassificatore a letto fisso quattro principali zone, in ognuna delle quali prevale un determinato fenomeno fisico. Quindi, a partire dall’estremità superiore del reattore, si ha la zona di essiccazione, nella quale il carbone libera il vapore contenuto al suo interno, la zona di devolatilizzazione, all’interno della quale si ha la separazione della materia volatile, e le zone di gassificazione e combustione, nelle quali la parte solida residua, a meno degli inerti, reagisce per divenire gas. Il gassificatore a letto fisso preso in considerazione opera in controcorrente, quindi, mentre il carbone fluisce dall’alto verso il basso viene scaldato dal gas che fluisce dal basso verso l’alto. Inizialmente il gas è costituito solamente da aria e vapore, anche detti agenti gassificanti, che dopo essere stati preriscaldati dal raffreddamento delle ceneri sul fondo, vanno a reagire nella zona di gassificazione e combustione. Le ceneri sul fondo del gassificatore vengono infine rimosse attraverso delle grate. Il modello realizzato mediante l’ausilio del software ASPEN PLUS, come mostrato in Figura 2.1, considera quindi le diverse zone di reazione precedentemente descritte, nelle quali l’essiccazione, la devolatilizzazione, la gassificazione, la combustione e il preriscaldamento degli agenti gassificanti hanno luogo [20].

Nella parte superiore del gassificatore il carbone viene essiccato dal raffreddamento del syngas caldo che fuoriesce dal gassificatore (DRYING). Il carbone viene quindi decomposto nei tre componenti restanti dell’analisi approssimata: il carbonio fisso (fixed carbon), le ceneri (ash) e la materia volatile (volatile matter). La materia volatile viene quindi separata, scaldata dal syngas caldo che arriva dalla zona di gassificazione e a sua volta decomposta in acqua, gas da volatili e TAR (DEC-VOL). L’acqua, i gas da volatili e l’umidità vengono miscelati con il syngas prodotto nella zona di gassificazione, mentre il TAR viene decomposto in C, H, O, ed N, inglobato nel carbonio fisso ed inviato (char) nella zona di gassificazione (REACTOR). In aggiunta al char, entrano nella zona di gassificazione

l’aria e il vapore preriscaldati dal raffreddamento delle ceneri che fuoriescono dal gassificatore (ASH-COOL). Nella zona di gassificazione, il modello realizzato su ASPEN determina la composizione del syngas in uscita attraverso la minimizzazione dell’energia libera di Gibbs in condizioni di equilibrio termodinamico. Viene in questa fase considerata possibile la formazione di 20

Figura 2.1 –Schema semplificato del modello del gassificatore a letto fisso realizzato su ASPEN PLUSTM.

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Capitolo 2

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specie gassose (CO, CO2, H2O, H2, OH, O2, O, H, N2, NO, N, N2O, NO2, SO2, SO3, CH4, H2S, COS, NH3, Ar). Il modello non è in grado di prevedere il contenuto di TAR nel syngas, ma se si considera che il TAR viene separato nella sezione di depurazione del syngas e ricircolato nel gassificatore, il syngas prodotto può esserne considerato privo.

Il modello del Gassificatore richiede come input l’analisi immediata del carbone (viene fornita sottoforma di carbonio fisso, materia volatile, umidità e ceneri), l’analisi elementare (carbonio, idrogeno, zolfo, azoto, ossigeno, umidità e ceneri), la composizione della materia volatile (acqua, TAR e gas da volatili), e la composizione dei gas da volatili (CO, CO2, H2, CH4). Inoltre il modello richiede i rapporti massici aria/carbone e vapore/carbone e l’impostazione delle perdite energetiche. La Tabella 2.1 fornisce i valori di ingresso per le due tipologie di carbone considerate, a basso (LS) ed alto (HS) contenuto di zolfo, rispettivamente denominati Carbone Sudafricano e Carbone Sulcis.

Analisi Immediata (%Wt) HS coal LS coal Carbonio Fisso 34.14 54.00 Materia Volatile 37.36 23.00 Ceneri 17.00 15.00 Umidità 11.50 8.00

Analisi Elementare (%Wt) Carbonio 53.17 65.84 Idrogeno 3.89 3.71 Zolfo 5.98 0.55 Azoto 1.29 1.50 Cloro 0.10 0.05 Ossigeno 6.75 5.35 Ceneri 17.31 15.00 Umidità 11.51 8.00 Potere Calorifico Inf. (MJ/kg) 21.2 25.4

Materia Volatile (%Wt) Acqua 5.00 15.00 TAR 55.00 50.00 Gas da Volatili 40.00 35.00

Gas da Volatili (%Vol) CO 31.40 9.50 CO2 6.70 2.00 H2 15.50 76.20 CH4 46.40 12.30

Condizioni Operative Rapporto Vapore/Carbone [kg/kg] 0.26 0.34 Condizioni Vapore (°C/bar) 120/1.30 120/1.30 Rapporto Aria/Vapore [kg/kg] 1.91 2.43 Condizioni Aria (°C/bar) 120/1.30 120/1.30 Perdite Energia Gassificatore (%) 2.5 2.0 Tabella 2.1 – Composizione del carbone e parametri operativi del gassificatore

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

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2.2 – Modello della cella a combustibile a carbonati fusi

La Figura 2.2 riporta in sintesi il funzionamento della MCFC. Come per ogni cella a combustibile possono essere individuate le camere anodica e catodica, all’interno della quale fluiscono rispettivamente il combustibile e l’ossidante. All’interno della camera anodica avviene la reazione (2.1), che permette all’idrogeno di combinarsi con lo ione carbonato e consente di liberare gli elettroni nel circuito esterno alla cella:

−= ++→+ eCOOHCOH 22232 (2.1)

In realtà avviene anche la reazione di ossidazione del CO, ma è molto più lenta rispetto alla (2.1), quindi si può ritenere che il CO partecipi indirettamente alla reazione elettrochimica anodica, in quanto viene convertito in idrogeno per mezzo della reazione di CO shift. Dalla parte opposta, nella camera catodica, avviene la formazione dello ione carbonato secondo la reazione (2.2):

=− →++ 322 221 COeCOO (2.2)

Quindi, la reazione complessiva della cella diviene:

anodocatodo COOHCOOH ,22,222 2

1+→++ (2.3)

Figura 2.2 – Schema di funzionamento MCFC [1].

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Capitolo 2

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In queste celle la CO2 in uscita dall’anodo viene riciclata al catodo e riutilizzata a tutti gli effetti come parziale carburante. Si ha per questa tipologia di celle rispetto alle celle a bassa temperatura una maggiore flessibilità nell’impiego dei combustibili, con possibilità di alimentare la cella direttamente con gas naturale o distillati leggeri, senza stadio di riforma esterna del combustibile in quanto esistono sistemi che operano lo steam reforming interno del metano sfruttando il solo effetto catalizzante del nichel. Le MCFC sono quindi solitamente alimentate con metano che, miscelato con acqua, viene inviato all’unità di recupero termico per generare il vapore necessario per il processo di reforming interno. Utilizzando il syngas, principalmente costituito da CO, H2, CO2, H2O e piccole quantità di CH4, può non essere necessaria l’introduzione di acqua dall’esterno. La miscela metano/vapore (o il syngas) fluiscono quindi attraverso la cella a combustibile dove le reazioni di reforming e le reazioni elettrochimiche hanno luogo. Come è noto, il processo di reforming del metano è basato sulla seguente reazione endotermica:

kmolkJHCOOHCH /3.2063 224 −+↔+ (2.4)

Ad ogni modo questa reazione è sempre accoppiata con la reazione di CO-shift (esotermica):

kmolkJHCOOHCO /4.41222 ++↔+ (2.5)

La reazione (2.5) consuma ulteriore vapore e porta il minimo rapporto vapore/carbone richiesto per raggiungere il reforming completo del metano a 2.

Le Figure 2.3, 2.4 e 2.5 mostrano i diversi modi in cui il reforming può avvenire, si passa dalla configurazione di Figura 2.3 nella quale il reforming avviene esternamente alla cella (External Reforming, ER), alle configurazioni di Figura 2.4 e 2.5, nelle quali il reforming avviene internamente alla cella (Internal Reforming, IR). La realizzazione di MCFC con reforming interno del combustibile consente di ottenere sistemi più efficienti, semplici ed affidabili e contribuisce a ridurne i costi d’impianto. Il miglioramento che si registra nelle IRMCFC è da attribuire principalmente al fatto che l’energia termica necessaria per sostenere la reazione di reforming (reazione endotermica) non deve essere trasferita dalla cella ad un reattore esterno, come in Figura 2.3, ma viene scambiata e utilizzata nella cella stessa (dove avviene la reazione di ossidazione dell’idrogeno, esotermica), assicurando in tal modo un controllo termico del sistema ed il sostegno entalpico per la reazione di reforming. In una IRMCFC il catalizzatore (in genere nichel supportato su MgO o su LiAlO2) per la reazione di reforming è nella camera anodica o in una zona separata adiacente all’anodo; le due diverse soluzioni

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

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vengono indicate rispettivamente come internal reforming diretto (DIR) ed internal reforming indiretto (IIR).

CH4+H2O

H2 CO

O2 CO2

CO2 H2O

650°C

800°C

H2+CO

Aria, CO2

H2O+ CO2

Figura 2.3 –. Schema di funzionamento MCFC con reforming esterno (ER) [21].

Nel caso di reforming interno diretto l’attività del catalizzatore, posto nel canale del gas dell’anodo, subisce una progressiva riduzione dovuta al diretto contatto con i vapori dell’elettrolita. Questo infatti tende a favorire la sinterizzazione delle particelle di nichel riducendone l’attività. Per risolvere tali problemi si è pensato di operare la conversione in modo indiretto, vale a dire immettendo il combustibile in un canale separato ma in stretto contatto con la cella per sfruttare nel miglior modo possibile il suo calore di scarto. In questo modo si evita l’interazione con l’elettrolita anche se, per contro, si ha una riduzione nell’utilizzo dell’energia termica e l’acqua prodotta all’anodo non potrà essere sfruttata direttamente nella reazione di conversione.

CH4+H2O

650°C

O2 CO2

H2 COCO2 H2O

Aria, CO2

H2O+ CO2

H2+CO650°C

O2 CO2

H2 COCO2 H2O

Aria, CO2

CH4+H2O

Figura 2.4 –. Schema di funzionamento MCFC con reforming interno diretto (DIR) [21].

Figura 2.5 –. Schema di funzionamento MCFC con reforming interno indiretto (IIR) [21].

In questo studio, il modello della cella a combustibile è stato sviluppato facendo riferimento alla Direct Fuel Cell (DFC®) prodotta dalla FCE Inc.. Questa cella opera a pressione atmosferica, e può essere quindi integrata con il processo di gassificazione senza la necessità di comprimere il syngas. Il modello può essere

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Capitolo 2

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facilmente modificato per simulare differenti tipi di MCFC. Una delle particolarità delle celle sviluppate dalla FCE è la combinazione del reforming interno indiretto e diretto, all’interno dello stesso stack. Infatti, in questi stack, il reforming interno indiretto avviene ogni 6-8 celle in una cella dedicata. Questo permette una migliore conversione degli idrocarburi e un controllo del raffreddamento dell’intero stack [22-24]. Dato che le celle a combustibile attualmente commercializzate sono principalmente alimentate con gas naturale, il modello è stato sviluppato e validato facendo riferimento all’utilizzo di gas naturale e successivamente adattato all’utilizzo di syngas. Nel modello realizzato su ASPEN, la composizione del gas in uscita dalla sezione di reforming interno indiretto è stata valutata attraverso le reazioni (2.4) e (2.5), considerato l’equilibrio termodinamico alla temperatura operativa della cella. Il gas così ottenuto, composto principalmente da H2, CO, CO2 e H2O, fluisce attraverso l’anodo, dove ha luogo il reforming interno diretto e l’idrogeno reagisce con lo ione carbonato proveniente dal catodo.

Secondo il bilancio energetico dello stack, il calore prodotto dalle reazioni che avvengono nella cella a combustibile è internamente recuperato dal riscaldamento dell’aria e dal processo di reforming. Le perdite energetiche dello stack sono state valutate come una frazione dell’energia a disposizione della cella.

La soluzione dei bilanci di massa e di energia complessivi della cella richiede la valutazione della tensione e della corrente prodotte dallo stack. Come è noto, l’efficienza della Fuel Cell dipende dalla tensione ai suoi capi, in quanto, come riporta la relazione (2.6), la potenza in uscita è data dal prodotto tra la tensione V, la densità di corrente J e l’area attiva A:

AJVIVPFC ⋅⋅=⋅= (2.6)

I valori comuni della tensione per le MCFC vanno da 750 a 900 mV, mentre la densità di corrente solitamente varia tra 100 e 200 mA/cm2 [1]. La corrente prodotta dalle celle a combustibile è strettamente dipendente dalle moli di idrogeno consumate nella reazione anodica:

( ) FnIConsumateH ⋅⋅= 2

2 (2.7)

Nella quale F è la costante di Faraday (96439 C/mol).

Per una data tensione e potenza, le equazioni (2.3) e (2.7) permettono di calcolare il consumo di idrogeno, ossigeno e anidride carbonica. Dal momento che l’idrogeno presente nel combustibile e l’ossigeno nel gas in ingresso al catodo non sono completamente consumati dalle reazioni elettrochimiche, vengono definiti i fattori di utilizzazione dell’aria e del combustibile. In particolare, il fattore di

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

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utilizzazione del combustibile UF è stato in questo caso definito come il rapporto tra la portata molare di idrogeno consumata nella reazione anodica e il valore dell’idrogeno equivalente in ingresso all’anodo [23]:

( )( )

odoIngressoAnCHCOH

ConsumataHF nnn

nU

42

2

4++= (2.8)

In modo analogo, il fattore di utilizzazione dell’aria UA è dato dal rapporto tra le portate molari dell’ossigeno consumato dalle reazioni al catodo e la portata molare dell’ossigeno in ingresso al catodo:

( )( )

inletCathodeO

ConsumedOA n

nU

2

2= (2.9)

Comunemente UF assume valori che vanno dal 75% all’85%, mentre UA varia dal 15% al 30%. La composizione e le portate dei differenti flussi sono state calcolate utilizzando le precedenti equazioni insieme ai bilanci di massa ed energia.

La relazione (2.10) fornisce l’efficienza complessiva dello stack, che è stata come il rapporto tra la potenza elettrica in alternata PFC,AC e l’energia chimica del combustibile:

AC/DC

FFFF

AC,FCFC

LHVm

IV

LHVm

Pηη ⋅

⋅=

⋅= (2.10)

in cui mF e LHVF sono rispettivamente la portata massica e il potere calorifico inferiore del combustibile all’ingresso dello stack, e ηDC/AC è il rendimento di conversione da corrente continua (DC) a corrente alternata (AC). Dal momento che la potenza è proporzionale alla portata consumata dalle reazioni elettrochimiche, l’efficienza della cella, assegnati i valori degli altri parametri operativi, dipende linearmente dalla tensione di cella. Come è noto, a sua volta la tensione V dipende dal tipo di cella e dai principali parametri operativi (densità di corrente, pressioni e temperature operative, composizione dell’ossidante e del combustibile, fattori di utilizzazione dell’aria e del combustibile, etc.). In questo studio, la variazione di tensione in funzione dei principali parametri operativi è stata calcolata a partire da un dato set di parametri operativi utilizzando le correlazioni presenti in letteratura [1].

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Capitolo 2

40

Come è noto, la tensione prodotta da una cella decresce all’aumentare della densità di corrente. La variazione di tensione, ΔVJ (mV) prodotta dall’incremento della densità di corrente rispetto al valore di riferimento può essere determinata per mezzo delle seguenti equazioni:

( )( ) 25015076.1

1505021.1

≤≤−⋅−=Δ

≤≤−⋅−=Δ

JforJJV

JforJJV

refJ

refJ (2.11)

Tensioni più elevate sono raggiunte all’aumentare della temperatura operativa della MCFC e della pressione. La variazione della tensione (mV) al variare della temperatura T(°C) e della pressione p (atm) può essere determinata attraverso le relazioni (2.12) e (2.13):

101log5.76 10 ≤≤⋅=Δ pforppVref

p (2.12)

( )( )( ) 70065025.0

65060040.1

60057516.2

≤<−⋅=Δ

≤≤−⋅=Δ

<≤−⋅=Δ

TforTTVTforTTV

TforTTV

refT

refT

refT (2.13)

La composizione del combustibile e il fattore di utilizzazione del combustibile influiscono sulla tensione di cella in quanto producono variazioni nelle pressioni parziali dell’idrogeno, dell’anidride carbonica e dell’acqua all’anodo rispetto ai valori di riferimento. Questa influenza è stata valutata tramite la seguente relazione:

( )( )

OHCO

Han

refan

anan

ppp

pcon

ppV

22

2

10log173

⋅=

⋅=Δ

(2.14)

dove pH2, pCO2 e pH2O sono le pressioni parziali medie all’anodo. In modo analogo l’influenza sulla tensione di cella della composizione del gas in ingresso al catodo e del fattore di utilizzazione dell’aria sono stati valutati attraverso le seguenti relazioni:

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

41

( )( )( )( )

22

28.011.0log99

11.004.0log250

10

10

OCOcat

catrefcat

catcat

catrefcat

catcat

pppcon

pforppV

pforppV

⋅=

≤≤⋅=Δ

≤≤⋅=Δ

(2.15)

In cui con pO2 e pCO2 sono state indicate le pressioni parziali medie nella sezione catodica dello stack rispettivamente dell’ossigeno e dell’anidride carbonica. La tensione attuale dello stack può essere quindi determinata sommando le variazioni di tensione calcolate utilizzando le equazioni da (2.11) a (2.15) alla tensione di riferimento. Infine, la Tabella 2.2, mostra il set di parametri di riferimento utilizzati [22-24]:

Tensione di cella, Vref 785 mV Densità di corrente, Jref 131 mA/cm2 Temperatura operativa di cella, Tref 650 °C Pressione operativa di cella, pref 1.04 atm Fattore di utilizzazione del combustibile, UF,ref 73.4% Fattore di utilizzazione dell’aria, UA,ref 33.9% Composizione del combustibile (%vol) 33% CH4, 67% H2O Tabella 2.2 – Set di parametri operativi di riferimento per la MCFC.

2.3 – Modello della cella a combustibile ad ossidi solidi

Il modello della cella ad ossidi solidi è stato realizzato facendo riferimento alla cella tubolare sviluppata dalla Siemens-Westinghouse, ma anche in questo caso può essere facilmente modificata per simulare il comportamento di differenti tipologie di celle [1-6]. La SOFC può essere utilizzata a differenti pressioni di esercizio e le prestazioni dello stack migliorano al crescere della pressione. Nel caso in cui la si voglia integrare con una turbina a gas, la pressione della cella dovrà coincidere con la pressione operativa della turbina a gas. Analogamente alle MCFC, le SOFC sono solitamente alimentate con metano, che anche in questo caso subisce un reforming secondo le reazioni (2.4) e (2.5). Il gas riformato, composto da H2, CO, CO2, H2O e CH4 non convertito o in alternativa il syngas, fluiscono attraverso la camera anodica all’interno della quale avvengono le reazioni elettrochimiche. In questo caso, gli esausti anodico e catodico sono convogliati in un postcombustore per completare la conversione del combustibile e successivamente inviati nella turbina a gas. Il modello realizzato su ASPEN prevede che il reforming avvenga esternamente alla cella e anche in questo caso le reazioni (2.4) e (2.5) sono state considerate all’equilibrio alla temperatura di funzionamento dello stack. Come riportato in Figura 2.6, all’interno della camera anodica l’idrogeno reagisce con lo ione O= proveniente dal catodo.

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Capitolo 2

42

=− →+ Oe4O 2

−=

−=

+→+

+→+

e4OH2O2H2

e4CO2O2CO2

22

2

CATODO

ANODO

ELETTROLITA SOLIDO

O=

FUEL

AIR

e-

e-

Figura 2.6 –. Reazioni all’interno di una cella ad ossidi solidi.

Come per la cella a carbonati fusi l’unica reazione di ossidazione considerata è quella dell’idrogeno (2.16), in quanto la reazione di ossidazione del CO avviene molto più lentamente. Ad ogni modo anche in questo caso il CO partecipa indirettamente alla reazione anodica attraverso la reazione (2.5). Le reazioni (2.16) e (2.17) sono quindi rispettivamente le reazioni anodiche e catodiche:

−= +=+ eOHOH 221

222 (2.16)

=− =+ 22 212

21 OeO (2.17)

Quindi, la reazione complessiva della cella diviene:

OHOH 222 21

=+ (2.18)

Anche per questo modello le perdite energetiche dello stack sono state valutate come una frazione dell’energia a disposizione della cella, e restano anche valide le reazioni (2.6) che fornisce la potenza della cella, (2.7) per la corrente prodotta, (2.8) e (2.9) per i fattori di utilizzazione del combustibile e dell’aria e (2.10) per il rendimento della cella. I valori comuni di tensione per le SOFC tubolari vanno da 500 a 800 mV, mentre la densità di corrente solitamente varia tra i 100 e i 500 mA/cm2 [1]. Per quanto riguarda i fattori di utilizzazione UF varia tra 70 e 90% mentre UA tra il 15 e il 30%.

Come per la MCFC la variazione di tensione è stata calcolata a partire da un dato set di parametri operativi utilizzando le correlazioni presenti in letteratura [1].

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

43

La variazione di tensione ΔVJ (mV) prodotta dall’incremento della densità di corrente rispetto al valore di riferimento può essere valutata attraverso le relazioni (2.19):

2275508.0cmmAJperJVJ ≤≤Δ⋅−=Δ

23502750.1cmmAJperJVJ ≤≤Δ⋅−=Δ

( ) 2400350752,00.1cmmAJperJJVJ ≤≤−Δ⋅−Δ⋅−=Δ

(2.19)

Le relazioni (2.20) e (2.21) forniscono rispettivamente la variazione della tensione (mV) al variare della temperatura T(°C) e della pressione p (atm):

( ) CTperJTTV refT °≤≤⋅−⋅=Δ 1050900008.0 (2.20)

atmpperppVref

p 101log59 10 ≤≤⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛⋅=Δ (2.21)

La variazione di tensione (mV) generata dalla variazione della composizione del combustibile è stata valutata attraverso la relazione (2.22):

9.69.0log1722

2

2

2

2

2

10 ≤≤⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

⋅=ΔOH

H

refOH

H

OH

H

an pp

per

pp

pp

V

(2.22)

dove pH2 e pH2O sono le pressioni parziali medie all’anodo. In modo analogo per il catodo si ha:

20.016.0)()(

log92 2

2

210 ≤≤⋅=Δ

pp

perpp

V O

refO

OA

(2.23)

In cui con pO2 è stata indicata le pressioni parziale media dell’ossigeno nella sezione catodica. La tensione attuale dello stack è quindi determinata dalla somma alla tensione di riferimento le variazioni di tensione calcolate utilizzando le

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Capitolo 2

44

relazioni da (2.19) a (2.23). Per concludere, nella Tabella 2.3 è riportato il set di parametri di riferimento utilizzati.

Tensione di cella, Vref 615 mV Densità di corrente, Jref 275 mA/cm2 Temperatura operativa di cella, Tref 900 °C Pressione operativa di cella, pref 1 atm Fattore di utilizzazione del combustibile, UF,ref 85 % Fattore di utilizzazione dell’aria, UA,ref 25 % Composizione del combustibile (%vol) 89% H2, 11% H2O

Tabella 2.3 – Set di parametri operativi di riferimento per la SOFC.

2.4 – La configurazione IG-MCFC/GT

La configurazione IG-MCFC/GT è stata ricavata a partire dall’attuale layout per il gassificatore pilota da 700 kg/h installato nel centro ricerche Sotacarbo [18]. Dallo schema riportato in Figura 2.7 si può notare come nell’impianto siano presenti, oltre al gassificatore, una sezione di depurazione del syngas, uno stack di celle a combustibile a carbonati fusi (MCFCs) integrato con una microturbina a gas ed una unità per il recupero dell’energia termica. A partire dalla sezione di gassificazione, il carbone alimenta il gassificatore a letto fisso in controcorrente e fluisce verso il basso, da dove vengono introdotti gli agenti gassificanti (aria e vapore), precedentemente preriscaldati attraverso il recupero di energia termica dall’esausto in uscita dalla cella a combustibile (scambiatori H4 e H5). Il gassificatore opera a pressione prossima a quella atmosferica. Il syngas grezzo in uscita dal gassificatore viene quindi inviato alla sezione di depurazione, qui viene rimosso il particolato, il TAR residuo e i composti dello zolfo. La sezione di depurazione del syngas è composta da un wet scrubber e da un precipitatore elettrostatico. La temperatura del syngas, privato del particolato e del TAR, passa in questo modo da 300°C a 30°C. Successivamente, sempre all’interno della linea di depurazione del syngas, si ha un processo di desolforazione per rimuovere i composti dello zolfo (principalmente H2S e COS). Il processo di desolforazione considerato è basato su un processo di absorbimento chimico-fisico dell’H2S, dal quale si ottiene una mistura di acqua e metil-dietanolamina a circa 30°C. Il syngas privo delle impurità viene quindi inviato all’impianto ibrido MCFC-GT, che è basato sulla tecnologia DFC/T® sviluppata dalla Fuel Cell Energy Inc. (FCE), ed include uno stack di MCFC integrato in modo indiretto con una turbina a gas [7, 9, 22-24]. Il gas viene quindi riscaldato nell’unità di recupero termico (HRU) attraverso il raffreddamento dell’esausto catodico (scambiatori H1 ed H3) ed inviato all’anodo, dove le reazioni elettrochimiche hanno luogo. L’aria è inizialmente pressurizzata dal compressore (C), poi scaldata nella HRU (scambiatore H2) prima di essere introdotta nella turbina (T). Dopo l’espansione l’aria viene inviata al post-combustore catalitico (oxidizer) in cui l’esausto anodico completa la combustione del combustibile residuo in modo da produrre la CO2

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

45

necessaria alle reazioni catodiche. Infine, il contenuto energetico dell’esausto catodico viene recuperato dall’unità di recupero termico HRU, in cui l’esausto catodico viene raffreddato per produrre il vapore e scaldare l’aria in ingresso al processo di gassificazione e l’acqua calda per le utenze esterne (scambiatore H6). Lo scambiatore pressurizzato PHE è presente solamente se la MCFC viene alimentata con gas naturale, a causa delle più basse temperature che si ottengono all’uscita del post combustore nel caso in cui si utilizzi syngas.

Figura 2.7 – Schema semplificato dell’impianto IG-MCFC per la produzione di energia elettrica e termica.

Le prestazioni dell’impianto IG-MCFC/GT qui considerato sono state valutate attraverso l’utilizzo del software commerciare ASPEN PLUS™, versione 14.1 [19], integrando la libreria ASPEN con i modelli per il gassificatore e la cella a combustibile descritti nei paragrafi precedenti.

2.5 – Valutazione delle prestazioni dell’impianto IG-MCFC/GT.

La valutazione delle performance dell’impianto IG-MCFC/GT è stata effettuata per i due tipi di carbone e per i parametri operativi del gassificatore considerati in Tabella 2.1. Nella Tabella 2.4 sono riportate le prestazioni della sola sezione di gassificazione, che include il gassificatore e la sezione di depurazione del syngas, lungo la quale vengono rimossi il particolato, il TAR e i composti dello zolfo. In ogni caso, una più dettagliata descrizione del modello di simulazione, così come l’analisi delle prestazioni del gassificatore a letto fisso è riportata in [20]. Dalla Tabella 2.4 si può osservare come i gassificatori a letto fisso abbiano un elevato rendimento di gas freddo (intorno all’ 89-92%, dato dal rapporto tra l’energia chimica del syngas e quella del combustibile), e come la quantità di azoto presente nel syngas sia piuttosto elevata (37-38%); ciò è dovuto all’utilizzo di aria come agente gassificante (in alternativa potrebbe essere utilizzato ossigeno). Il contenuto di CO e H2, così come il potere calorifico inferiore del syngas

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Capitolo 2

46

potrebbero essere aumentati dall’arricchimento del flusso d’aria con ossigeno. Per esempio, se si porta la quantità di ossigeno nell’aria al 40-45%, il potere calorifico inferiore passa da circa 8 MJ/kg (HS) a 9 MJ/kg (LS), con 40-45% di CO e 25-30% di H2 [18].

HS coal LS coal Portata massica carbone (kg/s) 0.1944 0.1944 Potenza carbone ingresso (MW) 4.12 4.94 Portata massica aria (kg/s) 0.3713 0.4724 Portata massica vapore (kg/s) 0.0506 0.0700 Portata massica syngas (kg/s) 0.5977 0.7515 Temperatura uscita syngas (°C) 30.0 30.0 Pressione uscita syngas (bar) 1.20 1.20 Potere calorifico inf. syngas (MJ/kg) 6.14 6.07 Rendimento di gas freddo (%) 89.1 92.3 Composizione del syngas (%vol)

CO 27.62 29.20 CO2 2.26 1.11 H2 16.36 18.61 N2 38.29 37.62

CH4 2.64 0.80 H2S traces traces COS traces traces Ar 0.45 0.44

H2O 12.38 12.22 Tabella 2.4 – Composizione del Syngas e prestazione della sezione di gassificazione

A partire dal syngas prodotto dalla sezione di gassificazione, le prestazioni dell’impianto ibrido MCFC/GT sono state valutate a partire dai parametri operativi riportati in Tabella 2.5. La Figura 2.8 mostra, per entrambi i tipi di carbone, come la potenza in uscita dalla MCFC, dalla turbina a gas e dall’impianto ibrido MCFC/GT sia funzione del rapporto di compressione. Dal momento che la MCFC è integrata in modo indiretto con la turbina a gas, la pressione operativa dello stack non dipende dal rapporto di compressione β della turbina a gas. Ciò consente una maggiore libertà nella ricerca di un rapporto di compressione ottimale. Per una data temperatura in ingresso nella turbina a gas (circa 570°C in questo caso), l’aumento di β produce un aumento della potenza richiesta dal compressore e della potenza prodotta dalla turbina. In definitiva si può notare come la turbina a gas fornisca la potenza massima per un rapporto di compressione pari a circa 2.5. Inoltre, all’aumentare di β decresce la temperatura in uscita dalla turbina, e di conseguenza la temperatura in ingresso al catodo. Questo provoca una riduzione della portata d’aria ed un aumento del fattore di utilizzazione, con un valore di tensione corrispondente più elevato, come si può vedere nella Figura 2.9.

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

47

MCFC Stack Temperatura ingresso anodo 550 °C Temperatura operativa stack 650 °C Temperatura uscita MCFC 650 °C Densità di corrente 150 mA/cm2 Fattore di utilizzazione combustibile 0.75 Perdita di pressione (% pressione ingresso) 1.0% Potenza dissipata (% potenza ingresso) 3.0% Efficienza conversione DC/AC 95%

Gas Turbine and HRU Rapporto di compressione 3 Rendimento politropico compressore 84.0% Rendimento politropico turbina 82.0% Efficienza generatore (inclusi ausiliari) 91% Minima differenza temperatura HRU 50 °C Minima differenza temperatura PHE 20 °C Perdita pressione HRU (lato aria) 3.0 % Perdita pressione HRU (gas) 3.0 % Perdita pressione post combustore 5.0 % Potenza dissipata post comb. (% pot. ing.) 2%

Tabella 2.5 – Principali parametri operativi della sezione MCFC/GT

2.0 3.0 4.0 5.0 6.0 7.0 8.0

1300

1400

1500

1600

1700

1800

1900

2000

2100

Pow

er [k

W]

MCFC STACKMCFC GT

2.0 3.0 4.0 5.0 6.0 7.0 8.0Pressure Ratio

0

100

200

300

400

Pow

er [k

W]

HS COALLS COAL

GAS TURBINE

2.0 3.0 4.0 5.0 6.0 7.0 8.0Pressure Ratio

650.0

675.0

700.0

725.0

750.0

775.0

Vol

tage

[mV

]

0.0

5.0

10.0

15.0

20.0

25.0

Air

util

izat

ion

fact

or (%

)

2.0 3.0 4.0 5.0 6.0 7.0 8.0

HS COALLS COAL

Figura 2.8 – Prestazioni della Turbina a Gas, della MCFC e del sistema ibrido al variare del rapporto di compressione.

Figura 2.9 – Tensione di cella e fattore di utilizzazione dell’aria in funzione del rapporto di compressione.

Dal momento che la corrente è costante, un incremento del rapporto di compressione provoca un aumento della potenza in uscita della MCFC (Figura

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Capitolo 2

48

2.8). Ovviamente, il maggiore valore della potenza prodotta nel caso con carbone a basso contenuto di zolfo è dovuto alla maggiore portata massica di syngas.

Infine, nella Figura 2.8 viene mostrato come la maggiore potenza prodotta dall’impianto MCFC/GT (e di conseguenza la maggiore efficienza di conversione, dato che la potenza in ingresso resta costante) si ottiene per un rapporto di compressione tra 3.0 e 3.5 per entrambi i carboni. Anche il sistema DFC/T® attualmente proposto dalla FCE Inc. e alimentato con gas naturale utilizza un rapporto di compressione all’interno di questo range.

La Tabella 2.6 mostra le principali prestazioni del sistema ibrido MCFC/GT alimentato con syngas prodotto da carbone ad elevato contenuto di zolfo (HS) e basso contenuto di zolfo (LS) per un rapporto di compressione pari a 3. A scopo comparativo, sempre nella Tabella 2.6, sono mostrate le prestazioni dell’impianto ibrido MCFC/GT alimentato con metano, con una portata calcolata in modo che la potenza in ingresso al sistema sia pari a quella in ingresso all’impianto MCFC/GT alimentato con syngas ottenuto dalla gassificazione del carbone ad elevato contenuto di zolfo.

HS coal gas LS coal gas Methane Portata massica combustibile (kg/s) 0.5977 0.7515 0.0734 Potenza combustibile ingresso (kW) 3670.3 4561.3 3670.3 Portata massica aria (kg/s) 7.368 9.470 5.953 Rapporto vapore/carbonio - - 2.0 Portata massica acqua (kg/s) - - 0.1650 Temperatura ingresso catodo (°C) 546 539 601 Temperatura ingresso anodo (°C) 550 550 550 Temperatura uscita post combustore (°C) 546 539 639 Temperatura ingresso turbina (°C) 568 568 619 Temperatura uscita turbina (°C) 408 408 460 Fattore di utilizzazione aria (%) 10.6 9.9 16.9 Tensione di cella (mV) 720 714 715 Area di cella (m2) 1390 1675 1765 Densità di potenza (mW/cm2) 102.6 101.7 101.9 Potenza MCFC (kW) 1426.2 1703.0 1798.0 Rendimento MCFC (%) 38.9 37.3 49.0 Potenza GT (kW) 264.7 341.0 216.6 Potenza impianto MCFC/GT (kW) 1690.9 2044.0 2014.6 Potenza termica prodotta (kW) 701.2 880.0 388.1 Rendimento impianto MCFC/GT (%) 46.1 44.8 54.9 Rendimento impianto CHP (%) 65.2 64.1 65.5

Tabella 2.6 – Principali prestazioni della sezione MCFC-GT

Come precedentemente affermato, il sistema ibrido alimentato con metano include uno scambiatore di calore pressurizzato (PHE in Figura 2.7) che incrementa la temperatura dell’aria in ingresso in turbina e riduce la temperatura del gas in ingresso al catodo. Il PHE non è presente nelle soluzioni con syngas a causa delle temperature inferiori del gas in uscita dal post combustore; infatti, a causa della notevole quantità di azoto presente nel syngas, la temperatura del gas

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

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che ha completato la combustione passa da circa 640°C del caso con metano a circa 540-545°C. Inoltre, nel caso con metano, la sezione di recupero termico ha una differente configurazione a causa dell’assenza degli scambiatori H4 e H5, altrimenti utilizzati per riscaldare gli agenti gassificanti. Con queste premesse, nella Tabella 2.6 viene mostrato come l’utilizzo di syngas al posto del metano riduca significativamente la potenza in uscita e il rendimento, sia della MCFC che dell’impianto ibrido nel suo complesso. Ciò avviene a causa della differente composizione del combustibile e del valore del suo potere calorifico inferiore. Infatti, il syngas è principalmente composto da N2, H2 e CO, con solo il 2.64% di CH4 per il syngas prodotto da carbone HS e 0.8% per syngas prodotto da carbone LS. Secondo la reazione (2.1), la corrente prodotta è funzione della quantità di idrogeno che reagisce all’anodo, che per un dato fattore di utilizzazione del combustibile, è a sua volta dipendente dalla portata massica di idrogeno equivalente disponibile all’anodo. Quindi, per una data potenza termica in ingresso, la portata massica di idrogeno equivalente dipende sia dalla composizione chimica che dal potere calorifico inferiore del combustibile. In particolare, 1 GJ di metano corrisponde a circa 20 kg (1.25 kmol), ed è in grado di produrre 5 kmol di idrogeno equivalente (che è pari circa a 10 kg). In modo analogo, 1 GJ di CO corrisponde a circa 7.14 kg di idrogeno equivalente, e 1 GJ di idrogeno corrisponde a circa 8.33 kg. Per questa ragione, per un dato input energetico della cella, la sostituzione di metano con syngas prodotto da carbone riduce la massa di idrogeno equivalente disponibile per le reazioni elettrochimiche e di conseguenza la corrente di cella. Sempre dalla Tabella 2.6 si può osservare come metano e syngas producano quasi la stessa tensione di cella e quasi la stessa densità di potenza, ma la minore quantità di corrente prodotta dalla MCFC alimentata con syngas riduce la potenza prodotta e l’area della cella. Inoltre, con gas di sintesi il reforming interno gioca un ruolo marginale a causa del basso contenuto di metano. Ciò significa che l’utilizzo di syngas riduce la porzione di calore recuperato dalla reazione di reforming (endotermica). Per mantenere la temperatura dello stack costante, una maggiore quantità di calore deve essere rimossa dal gas che fluisce al catodo; a questo proposito è necessaria una maggiore portata di aria, che di conseguenza riduce il fattore di utilizzazione dell’aria e l’efficienza dello stack. In particolare, la sostituzione di metano con syngas prodotto da carbone HS riduce la potenza sviluppata dalla MCFC di circa il 20% e l’efficienza di circa 10 punti. A causa del più basso contenuto di CH4, la sostituzione del metano con syngas prodotto da carbone LS riduce la potenza prodotta dallo stack del 24% circa e l’efficienza di 12 punti. Inoltre, nei casi con syngas, la più elevata portata di aria incrementa l’output della turbina a gas. In particolare, sempre dalla Tabella 2.6, la turbina a gas produce circa il 22% di potenza in più con syngas prodotto da carbone HS e circa il 37% in più con syngas prodotto da carbone LS rispetto al caso con metano. Nel complesso, dato che la potenza prodotta dalla turbina a gas è solamente il 16-17% della potenza complessiva del sistema MCFC/GT, la sostituzione del metano con il syngas riduce l’efficienza di circa 9 punti (da 54.9% a 46.1%) nel caso di carbone HS e di circa 10 punti (da 54.9% a 44.8%) per carbone LS. Infine, si può osservare

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Capitolo 2

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come l’efficienza dell’impianto di cogenerazione dei differenti impianti ibridi MCFC/GT considerati sia simile (intorno al 65%). Ciò è abbastanza ovvio se si pensa che nelle varie configurazioni ciò che non si ottiene sottoforma di potenza elettrica lo si ha sottoforma di potenza termica, e la potenza termica prodotta dallo scambiatore di calore H6 (disponibile sottoforma di acqua a 85°C) è notevolmente più elevata nel caso in cui si utilizzi gas di sintesi. Come precedentemente affermato, nel caso in cui si utilizzi syngas il processo di reforming assume un ruolo secondario. Comunque, è stato osservato che le reazioni (2.4) e (2.5) permettono un incremento della frazione molare di H2 in ingresso all’anodo, e in questo modo si ha un incremento della tensione di cella. La Tabella 2.7 mostra le principali prestazioni del sistema ibrido MCFC/GT valutate senza considerare la presenza delle reazioni di reforming del metano, che sono le reazioni (2.4) e (2.5) nel caso di reforming interno indiretto (IIR) e (2.4) nel caso DIR (la reazione (2.5) all’interno della camera anodica avviene in ogni caso).

HS coal gas LS coal gas Portata massica combustibile (kg/s) 0.5977 0.7515 Potenza combustibile ingresso (kW) 3670.3 4561.3 Portata massica aria (kg/s) 8.888 10.179 Temperatura ingresso catodo (°C) 551 543 Temperatura ingresso anodo (°C) 550 550 Temperatura ingresso turbina (°C) 573 570 Temperatura uscita turbina (°C) 412 410 Fattore di utilizzazione aria (%) 7.1 8.6 Tensione di cella (mV) 668 686 Aria di cella (m2) 1121 1570 Densità di potenza (mW/cm2) 95.2 97.8 Potenza MCFC (kW) 1067.0 1534.5 Rendimento MCFC (%) 29.1 33.6 Potenza GT (kW) 327.2 370.2 Potenza impianto MCFC/GT (kW) 1394.3 1904.7 Potenza termica prodotta (kW) 856.6 953.1 Rendimento impianto MCFC/GT (%) 38.0 % 41.8 % Rendimento impianto CHP (%) 61.3 % 62.7 % Tabella 2.7 – Principali prestazioni della sezione MCFC-GT senza il processo di reforming interno

Dal confronto tra le Tabelle 2.6 e 2.7 si può notare come l’assenza del processo di reforming interno riduca la tensione di cella, in particolar modo nel caso con carbone HS. Inoltre, l’assenza di reforming interno riduce il fattore di utilizzazione dell’aria e di conseguenza la potenza prodotta dallo stack e il rendimento. Nel complesso, il rendimento della MCFC decresce di circa 8 punti per il sistema alimentato con syngas prodotto da carbone HS e di circa 3 punti nel caso di carbone LS. In ogni caso, la presenza della sezione di reforming consente una maggiore flessibilità dell’impianto, sia nel caso in cui lo si voglia utilizzare con un syngas miscelato con gas naturale sia nel caso in cui si è costretti ad utilizzare esclusivamente il gas naturale (per esempio quando il gassificatore è fermo e non

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

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può essere interrotta la fornitura di energia elettrica e termica alla microrete). Per questo motivo, tra le poche celle attualmente disponibili sul mercato la scelta è caduta sulla DFC. La Tabella 2.8 riassume le prestazioni complessive dell’impianto IG-MCFC/GT alimentato con syngas prodotto da carbone HS e LS, valutate assumendo che la potenza richiesta dagli ausiliari sia il 5% della potenza netta prodotta dall’impianto MCFC/GT. Nel complesso, l’integrazione di un gassificatore a letto fisso con un impianto ibrido MCFC/GT consente di ottenere efficienze pari a circa il 39% per entrambi i tipi di carbone considerati, anche se il carbone LS garantisce prestazioni leggermente migliori. Ovviamente, per una data portata di carbone, il valore più elevato del potere calorifico inferiore del carbone LS porta ad ottenere maggiori potenze in uscita (1.94 MW contro 1.61 MW). Se richiesto, l’impianto IG-MCFC/GT può anche produrre energia termica per applicazioni a bassa temperatura (acqua calda a 85°C). In questo caso l’efficienza complessiva dell’impianto CHP diventa pari al 56% nel caso di carbone HS e 57% nel caso di carbone LS.

HS coal gas LS coal gas Portata massica carbone [kg/s] 0.1944 0.1944 Potenza combustibile ingresso [MW] 4120.0 4940.0 Temperatura gas [°C] 120.0 120.0 Potenza impianto MCFC/GT [kW] 1690.9 2044.0 Consumo ausiliari impianto IG-MCFC/GT (kW) 84.5 102.2 Potenza impianto IG-MCFC/GT (kW) 1606.4 1941.8 Potenza termica impianto IG-MCFC/GT (kW) 701.2 880.0 Rendimento impianto IG-MCFC/GT [%] 39.0 39.3 Rendimento impianto IG-MCFC/GT CHP [%] 56.0 57.1

Tabella 2.8 – Principali prestazioni dell’impianto IG-MCFC

Le prestazioni dell’impianto IG-MCFC/GT appaiono quindi molto interessanti in contesti in cui si pensa di utilizzare il carbone in applicazioni di piccola e media scala. È anche vero che per la generazione distribuita diversi altri sistemi possono produrre energia con efficienze maggiori, come celle a combustibile o motori a combustione interna, anche se sono spesso alimentati con combustibili più pregiati, come gas naturale. Anche se l’integrazione con processi di gassificazione di grossa taglia con cicli combinati avanzati o celle a combustibile può portare ad efficienze superiori al 50%, gli impianti IG-MCFC/GT di piccola media taglia possono permettere di raggiungere efficienze prossime al 40%. Tutto questo studio è basato sull’assunzione di densità di corrente costante e pari a 150 mA/cm2. Ovviamente, i risultati dovrebbero essere differenti se i valori della tensione e della corrente fossero stati presi in modo da massimizzare la densità di potenza e minimizzare l’area attiva.

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Capitolo 2

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2.6 – Schemi degli impianti integrati IG-MCFC/GT e IG-SOFC/GT utilizzati per il confronto delle prestazioni.

La valutazione delle prestazioni degli impianti nei quali la sezione di gassificazione del carbone è integrata con celle a combustibile ad alta temperatura è stata effettuata in base alle soluzioni impiantistiche proposte dagli schemi riportati nella Figura 2.10 (IG-MCFC/GT) e nella Figura 2.11 (IG-SOFC/GT).

Come riportato nella Figura 2.10, l’impianto integrato IG-MCFC/GT include il gassificatore, la linea di depurazione del syngas, la cella a combustibile integrata con la turbina a gas (impianto ibrido MCFC/GT) e l’unità di recupero termico (HRU).

~ T C

Air

MCFC

AC DC

Cathode

Anode

Flue gases

CleanSyngas

Coal Gasifier

Syngas Cleaning

ParticulateH2S + TAR

Coal

Air Water

Raw syngas

Hot water

Water

HRU

H3 H2 H1

Ash

Steam Hot air

Water

H6

H5

B

Steam

OX H4

Figura 2.10 – Schema dell’impianto IG-MCFC.

~ T C

Air

Flue gases SOFC

AC DC

SOFC exhaust

Cathode

Anode

Flue gases

CleanSyngas

Coal Gasifier

Syngas Cleaning

ParticulateH2S + TAR

Coal

Air Water

Raw syngas

Hot water

Water

HRU

H3 H2 H1

Ash

Steam Hot air

Water

H4

H5

SC

Steam

Figura 2.11 – Schema dell’impianto IG-SOFC.

Come per lo schema in Figura 2.7 il gassificatore lavora a pressione atmosferica e gli agenti gassificanti (aria e vapore) sono portati alla temperatura di ingresso del gassificatore dal recupero dell’energia termica dal gas che fuoriesce

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

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dalla cella per mezzo degli scambiatori H2 e H3. Il syngas grezzo fluisce attraverso la linea di depurazione lungo la quale viene rimosso il particolato, il TAR e i composti dello zolfo. Come per l’impianto di Figura 2.7 l’impianto ibrido MCFC/GT si basa sull’unità DFC/T® sviluppata dalla Fuel Cell Energy Inc. (FCE), che include uno stack MCFC integrato con una turbina a gas in configurazione indiretta. Il syngas, una volta privato delle impurità, viene inviato per mezzo di un ventilatore (B) alla camera anodica della MCFC, all’interno della quale avvengono le reazioni elettrochimiche, dopo essere stato scaldato dai due scambiatori H4 e H5 posti in serie. Prima dell’ingresso nello scambiatore H5 viene introdotta nel syngas una opportuna quantità di vapore, in modo da impedire la formazione di carbonio nella cella durante il processo di reforming. L’aria viene inizialmente pressurizzata dal compressore C, riscaldata nella unità di recupero termico dallo scambiatore H6 e inviata nella turbina T. Dopo l’espansione viene convogliata nell’ossidatore catalitico OX in modo da completare l’ossidazione del combustibile e produrre la CO2 necessaria per le reazioni al catodo. L’esausto catodico viene raffreddato lungo la HRU e, in modo da ottimizzare il recupero di energia termica, la portata del gas in uscita dal catodo viene opportunamente divisa tra gli scambiatori H5 ed H6, per poi venire riunita e convogliata all’interno dei successivi scambiatori che provvedono a scaldare il syngas (H4), a produrre il vapore (H3), a scaldare l’aria (H2) e l’acqua per uso esterno (H1).

Come riportato nella Figura 2.11, l’impianto IG-SOFC/GT si basa sulla stessa sezione di gassificazione e linea di depurazione del syngas. A differenza della precedente configurazione, dato che la SOFC opera alla stessa pressione della turbina a gas, il syngas depurato viene inviato all’impianto ibrido SOFC/GT tramite un compressore (SC). Anche in questo caso del vapore viene introdotto nel syngas per impedire la formazione di carbonio. Successivamente il gas viene scaldato tramite lo scambiatore H5 ed inviato all’anodo, dove le reazioni elettrochimiche hanno luogo. L’aria in ingresso al catodo viene inizialmente pressurizzata dal compressore C e successivamente scaldata dallo scambiatore H4. Dopo l’espansione attraverso la turbina T, l’esausto gassoso della SOFC viene raffreddato nella unità di recupero termico (HRU). Anche in questo caso, in modo da ottimizzare il recupero termico, la portata in uscita dalla SOFC viene opportunamente suddivisa tra gli scambiatori H4 ed H5. Il gas quindi fluisce nella restante parte della HRU in modo da produrre il vapore (H3) e scaldare l’aria (H2) in ingresso al gassificatore, oltre che scaldare l’acqua da inviare alle utenze esterne (H1).

2.7 – Confronto delle prestazioni tra gli impianti integrati IG-MCFC/GT e IG-SOFC/GT.

Le prestazioni degli impianti ibridi MCFC/GT e SOFC/GT sono state valutate con riferimento alla composizione del syngas riportata in Tabella 2.9, che contiene inoltre le prestazioni della sezione di gassificazione (completa della linea

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Capitolo 2

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di depurazione del syngas), e fa riferimento ai parametri operativi riportati nella Tabella 2.10. Dal momento che la MCFC è integrata in modo indiretto con la turbina a gas, la pressione operativa dello stack non dipende dal rapporto di compressione della turbina a gas. Al contrario, nell’impianto SOFC/GT la pressione di esercizio della cella è strettamente legata al rapporto di compressione, dal momento che al catodo arriva l’aria in uscita dal compressore. Il rapporto di compressione considerato in Tabella 2.10 corrisponde al valore ottimo emerso da una analisi parametrica per i due impianti ibridi.

Portata massica carbone (kg/s) 0.1944 Potenza carbone ingresso (MW) 4.938 Portata massica aria (kg/s) 0.4726 Portata massica vapore (kg/s) 0.0661 Portata massica syngas (kg/s) 0.6924 Temperatura uscita syngas (°C) 30.0 Pressione uscita syngas (bar) 1.20 Potere calorifico inf. syngas (MJ/kg) 6.27 Composizione syngas (%vol)

CO 30.23 CO2 2.61 H2 19.13 N2 42.48

CH4 1.52 Ar 0.50

H2O 3.53 Tabella 2.9 – Prestazioni della sezione di gassificazione.

La Figura 2.12 mostra i risultati di questa analisi e riporta l’andamento della potenza prodotta dagli impianti SOFC/GT e MCFC/GT in funzione del rapporto di compressione per una data portata di syngas in ingresso (0.6924 kg/s, corrispondenti a 4340 kW). Oltre alla potenza degli impianti completi, sono state riportate anche quelle relative agli stack, nonché quelle richieste per la compressione del syngas. Per una data temperatura in ingresso nella turbina, con l’aumento del rapporto di compressione si ha l’incremento sia della potenza prodotta dalla turbina (T) che della potenza richiesta dal compressore (T). Si può quindi notare come l’impianto di turbina a gas fornisca il valore massimo per un rapporto di compressione pari a 2.5 per la configurazione MCFC/GT e da 3 a 4 per la soluzione SOFC/GT. Inoltre, l’incremento della pressione genera un incremento della tensione della cella e di conseguenza un aumento dell’efficienza e della potenza prodotta per la MCFC e la SOFC. Ovviamente, l’incremento del rapporto di compressione comporta anche un valore maggiore della potenza richiesta dal compressore del syngas per l’impianto SOFC/GT, mentre, la potenza richiesta dal ventilatore presente nella configurazione con la MCFC oltre che assumere un valore piuttosto basso resta costante.

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

55

2 3 4 5 6Gas Turbine Pressure Ratio

0

250

500

750

1000

1250

1500

1750

2000

2250

2500

Pow

er (k

W) Fuel Cell Stack

Gas TurbineSyngas Comp.Hybrid System

MCFCSOFC

Figura 2.12 – Prestazione delle sezioni relative agli impianti ibridi al variare del rapporto di compressione.

Nel complesso, il valore più elevato della potenza fornita dalle sezioni ibride (e di conseguenza la più elevata efficienza dato che l’energia in ingresso resta costante) è raggiunta per un valore del rapporto di compressione prossimo a 3 per entrambe le configurazioni; per questo motivo questo valore è stato assunto per le successive analisi.

MCFC/GT SOFC/GT FC Stack

Densità di corrente 150 mA/cm2 300 mA/cm2 Fattore di utilizzazione combustibile 0.75 0.85 Temperatura operativa stack 650 °C 900 °C Temperatura ingresso anodo 550 °C 900 °C Temperatura uscita stack 650 °C 900 °C Perdita pressione stack (% pressione ingresso) 1.0% 4.0% Potenza dissipata stack (% potenza ingresso) 3.0% 3.0% Efficienza conversione DC/AC 95% 95% Perdita pressione post comb. (% pres. ing.) 5.0 % - Potenza dissipata post comb. (% en. ing.) 2% -

GT e HRU Rapporto di compressione 3 3 Rendimento politropico compressore 84.0% 84.0% Rendimento politropico turbina 82.0% 82.0% Temperatura ingresso turbina 600 °C 950 °C Efficienza generatore (inclusi ausiliari) 90% 90% Minima differenza temperatura HRU 50 °C 50 °C Perdita pressione HRU (lato aria) 3.0 % 3.0 % Perdita pressione HRU (lato gas) 5.0 % 5.0 % Tabella 2.10 – Principali parametri operativi per gli impianti MCFC/GT e SOFC/GT.

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Capitolo 2

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La Tabella 2.11 mostra le principali prestazioni dei sotto sistemi MCFC/GT e SOFC/GT con riferimento ai parametri operativi di Tabella 2.10. Sempre in Tabella 2.11 è stato riportato anche il caso in cui le sezioni ibride siano alimentate con metano, introdotto con una portata massica calcolata in modo da ottenere lo stesso input energetico del caso con gas derivato da carbone.

MCFC coal gas

MCFC Methane

SOFC coal gas

SOFC Methane

Portata massica combustibile (kg/s) 0.6924 0.0868 0.6924 0.0868 Potenza combustibile ingresso (kW) 4338.7 4338.7 4338.7 4338.7 Portata massica aria (kg/s) 10.27 8.035 7.482 6.021 Rapporto vapore/carbonio 0.5 2.0 0.5 2.0 Temperatura ingresso catodo (°C) 552.0 603.3 690.6 690.6 Temperatura ingresso anodo (°C) 550.0 550.0 690.6 690.6 Temperatura uscita post comb. (°C) 552.0 603.3 950 950 Temperatura ingresso turbina (°C) 600.0 600.0 950 950 Temperatura uscita turbina (°C) 438.0 438.0 740.6 740.6 Fattore di utilizzazione combustibile (%) 75 75 85 85 Fattore di utilizzazione aria (%) 8.7 14.7 13.2 23.1 Tensione di cella (mV) 698.7 704.2 603.9 575.2 Area di cella (m2) 1611.7 2087.1 919.8 1294.8 Densità di potenza (mW/cm2) 99.6 100.4 169.5 163.9 Potenza stack (kW) 1604.6 2094.4 1558.8 2122.5 Rendimento stack (%) 37.0 48.3 36.5 48.8 Potenza GT (kW) 393.6 308.0 961.1 672.9 Potenza impianto FC/GT (kW) 1998.2 2402.4 2412.5 2795.4 Rendimento elettrico imp. FC/GT (%) 46.1 55.4 55.6 64.3 Tabella 2.11 – Principali prestazioni delle sezioni ibride MCFC/GT e SOFC/GT.

Si può subito osservare come l’utilizzo di syngas al posto del metano riduca significativamente la potenza prodotta e il rendimento dell’intera sezione e della cella, a causa della differente composizione del combustibile (il syngas è principalmente composto da N2, H2 e CO) e potere calorifico (6.3 MJ/kg per il syngas e 48 MJ/kg per il metano). Come noto, per un dato valore di UF, la corrente dipende dalla portata di idrogeno equivalente disponibile all’anodo e la sostituzione di metano con gas di sintesi riduce la portata equivalente di idrogeno disponibile per le reazioni elettrochimiche e di conseguenza la corrente prodotta dalla cella. Dalla Tabella 2.11 si può infatti vedere come il metano ed il syngas producano valori simili per la tensione di cella (circa 700 mV per la MCFC e 575-600 mV per la SOFC) e per la densità di potenza (circa 100 mW/cm2 per la MCFC e 164-170 mW/cm2 per la SOFC), mentre il minore valore della corrente genera in entrambi i casi in cui l’alimentazione avviene con syngas una riduzione della potenza dello stack e dell’aria attiva di cella. Nel caso si utilizzi gas di sintesi il processo di reforming interno gioca un ruolo marginale a causa del basso contenuto di metano; di conseguenza si ha una riduzione della porzione di energia termica recuperata dalla reazione di reforming (endotermica). In queste condizioni, per mantenere la temperatura dello stack costante, una maggiore quantità di energia termica deve

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

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essere rimossa dal gas che fluisce al catodo, con conseguente incremento della portata d’aria. La maggiore portata d’aria porta in questo caso ad una riduzione del fattore di utilizzazione dell’aria del 40-43% circa, con conseguente riduzione della tensione e dell’efficienza dello stack, che diminuisce di circa 11-12 punti (da 48-49% con metano a 36-37% con syngas). Inoltre, nel caso con syngas, la maggiore portata d’aria necessaria (cresce del 24-28% rispetto al caso con metano) porta ad un aumento della potenza prodotta dalla turbina a gas (di circa il 28% per la MCFC e del 43% per la SOFC), e nello specifico il rapporto tra la potenza elettrica prodotta dalla turbina e quella prodotta dallo stack passa da 0.147 a 0.245 per l’impianto MCFC/GT e da 0.317 a 0.617 per la SOFC/GT. Infine, la sostituzione di metano con syngas riduce l’efficienza dell’intera sezione ibrida di circa 9.3 punti (da 55.4% a 46.1%) per il sistema MCFC/GT e di circa 8.7 punti (da 64.3% a 55.6%) per la soluzione SOFC/GT.

0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9Fuel Utilization Factor

0

10

20

30

40

50

60

Elec

tric

al e

ffici

ency

(%)

Fuel Cell StackHybrid System

MCFCSOFC

Figura 2.13 – Variazione dell’efficienza elettrica in funzione del fattore di utilizzazione del combustibile.

La Figura 2.13 evidenzia l’influenza del fattore di utilizzazione del combustibile sull’efficienza dello stack e dell’impianto ibrido nei due casi considerati. Come era prevedibile si può osservare come un incremento di UF porta ad una maggiore efficienza e di conseguenza ad una maggiore potenza elettrica prodotta. È interessante notare come per un dato UF l’efficienza della MCFC sia leggermente più elevata di quella della SOFC, in particolare per alti valori di UF, ma in genere il fattore di utilizzazione del combustibile di una SOFC è maggiore rispetto a quello di una MCFC. Ad ogni modo, nell’impianto SOFC/GT la temperatura del flusso in ingresso nella turbina è notevolmente più elevata rispetto alla soluzione con la MCFC. Per questo motivo l’efficienza complessiva del sistema ibrido SOFC/GT è usualmente più elevata rispetto a quella del sistema MCFC/GT. Anche nel caso in cui gli UF coincidano, la soluzione con SOFC mantiene una efficienza più elevata di circa 6-7 punti.

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Capitolo 2

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Infine, nella Tabella 2.12 sono riportate le prestazioni complessive degli impianti IG-MCFC/GT e IG-SOFC/GT, valutate assumendo che la potenza richiesta dagli ausiliari presenti nella sezione di gassificazione (compresa la linea di depurazione del syngas) sia pari al 5% della potenza elettrica prodotta dall’impianto ibrido. Nel complesso, l’integrazione del gassificatore a letto fisso con l’impianto ibrido FC/GT consente di ottenere una efficienza del 38.4% per il caso con MCFC e del 46.4% se si considera la soluzione con SOFC.

Dal confronto tra i valori riportati nella Tabella 2.11 e nella Tabella 2.12 si può osservare come l’impianto IG-FC abbia una efficienza inferiore rispetto all’impianto FC/GT alimentato con metano, con una penalizzazione di 16 punti nel caso con MCFC e di 18 punti nel caso con SOFC.

IG-MCFC IG-SOFC Portata massica carbone [kg/s] 0.1944 0.1944 Potenza carbone ingresso [kW] 4940.0 4940.0 Temperatura gas [°C] 120.0 120.0 Potenza sezione ibrida [kW] 1998.2 2412.5 Consumo ausiliari (kW) 99.9 120.6 Potenza netta prodotta (kW) 1898.3 2291.9 Potenza termica (kW) 589.5 397.2 Rendimento elettrico netto [%] 38.4 46.4 Rendimento impianto CHP [%] 50.4 54.4 Tabella 2.12 – Principali prestazioni degli impianti IG-FC.

Quando richiesto, gli impianti IG-FC proposti possono anche produrre energia termica per applicazioni a bassa temperatura (forniscono acqua calda a 85°C). La Tabella 2.12 riporta una efficienza complessiva per l’impianto cogenerativo pari al 50.4% nel caso con MCFC e 54.4% nel caso con SOFC.

Per concludere, si può ritenere che l’integrazione degli impianti di gassificazione con le celle ad alta temperatura può essere una soluzione interessante per la produzione di energia, soprattutto se si considerano soluzioni di piccola-media taglia. Infatti, i sistemi IG-SOFC/GT mostrano efficienze superiori al 46%, mentre per gli impianti con MCFC si arriva intorno al 38%. Questi dati assumono un valore maggiore, soprattutto nel caso delle SOFC, se confrontati con l’efficienza del 50% attesa per i grossi impianti di gassificazione integrati con cicli combinati avanzati o con celle a combustibile ad alta temperatura.

È quindi importante osservare come i sistemi di gassificazione del carbone integrati con celle a combustibile ad elevata temperatura possano essere una opzione molto interessante per l’immediato futuro, specialmente se si utilizza il carbone in applicazioni di piccola media scala. Ovviamente, per la generazione distribuita diversi altri sistemi (celle a combustibile, motori a gas, …) alimentati con combustibili pregiati (gas naturale, metanolo, etanolo,…) possono raggiungere efficienze di conversione notevolmente superiori.

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

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2.8 – Prestazioni del gassificatore alimentato con ossigeno.

È noto come i gassificatori che utilizzano come agente gassificante l’aria producano un syngas che oltre ad avere un basso potere calorifico inferiore (circa 6-7 MJ/kg) ha una concentrazione volumetrica piuttosto elevata di azoto (intorno al 40-50%). Se invece dell’aria si utilizza ossigeno o aria arricchita con ossigeno si ottiene un syngas più pregiato, con un valore del potere calorifico più elevato e con una composizione che rende più agevole l’eventuale conversione completa del syngas in idrogeno. I gassificatori alimentati con solo ossigeno sono normalmente utilizzati negli impianti IGCC di grossa taglia, dove l’ossigeno viene prodotto in una apposita unità denominata ASU (Air Separation Unit). In queste unità si raggiunge una purezza dell’ossigeno pari al 95-96%, nel caso in cui la ASU separi solo l’azoto dall’aria, e del 98-99% nel caso in cui la ASU oltre all’azoto separi anche l’argon. L’ossigeno prodotto quindi contiene ancora in piccole percentuali azoto e argon, ma le considerazioni che seguono sono state fatte considerando per semplicità ossigeno puro.

Per un dato valore dei rapporti massici caratteristici ossigeno/carbone e vapore/carbone, la sostituzione di aria con ossigeno porta ad un incremento notevole della temperatura del gassificatore. In modo da mantenere la temperatura all’interno del gassificatore al di sotto del massimo valore consentito, al posto dell’azoto deve essere quindi introdotto un altro diluente che comunque consenta di ottenere evidenti vantaggi in termini di composizione del syngas in uscita e di prestazioni. A questo proposito è stato valutato il comportamento del gassificatore nel caso in cui l’azoto sia sostituito da una maggiore quantità di vapore, da un flusso di CO2 o da una porzione del syngas ricircolato.

Le Figure da 2.14 a 2.16 riportano rispettivamente la temperatura media della zona di gassificazione e combustione e la temperatura di uscita del syngas prodotto, il potere calorifico inferiore del syngas (LHV) e il rendimento di gas freddo del gassificatore a letto fisso al variare della quantità di vapore, CO2 e syngas ricircolato introdotti al posto dell’azoto una volta che l’azoto è stato completamente rimosso. L’analisi è stata effettuata variando il parametro NSR (nitrogen substitution ratio), definito come il rapporto tra il nuovo agente diluente introdotto e la quantità di azoto rimosso. In particolare, le prestazioni riportate nelle Figure da 2.14 a 2.16 sono state ricavate per valori di NSR che vanno da 0 (nessuna quantità di nuovo diluente al posto dell’azoto rimosso) ad 1 (l’azoto rimosso è stato completamente sostituito dal nuovo diluente). Quando il gassificatore viene alimentato con ossigeno puro, senza introduzione di CO2, vapore o syngas ricircolato, la portata di syngas all’uscita del gassificatore risulta circa la metà rispetto al caso in cui il gassificatore sia alimentato con aria (esattamente il 48.5% rispetto al caso di riferimento). Se si utilizzano vapore o CO2, la portata di syngas in uscita cresce all’aumentare dell’NSR e per NSR pari ad 1 eguaglia quella del caso in cui si utilizzi aria. Invece, nel caso in cui si ricircoli parte del syngas stesso, al variare del parametro NSR non si ha variazione della

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Capitolo 2

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portata di syngas in uscita dal gassificatore, in quanto si ha solamente un aumento della portata all’interno del gassificatore.

Figura 2.14 – Temperatura media del blocco di gassificazione e combustione e del syngas prodotto in funzione della quantità di azoto sostituita.

Figura 2.15 – Variazione del potere calorifico inferiore in funzione della quantità di azoto sostituita.

Dalla Figura 2.14 si vede come l’utilizzo di ossigeno puro senza l’aggiunta di un agente diluente (NSR=0) produce un notevole aumento della temperatura media della sezione di gassificazione e combustione (circa 1300°C). Un valore così elevato (è tra l’altro un valore medio) conferma la necessità di introdurre un agente diluente al posto dell’azoto. Sempre nella Figura 2.14 si vede come il vapore, la CO2 e il syngas ricircolato, in caso di completa sostituzione dell’azoto (NSR=1), riducano la temperatura media della sezione di gassificazione e combustione, e quindi, per ottenere le stesse temperature raggiunte nel caso con aria, è richiesta una minore quantità di diluente. Nel caso specifico, i 740°C vengono raggiunti per un NSR pari a 0.86 nel caso con vapore, 0.7 con syngas ricircolato o CO2.

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

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Nonostante per bassi NSR si abbia una temperatura media della zona di gassificazione e combustione piuttosto elevata la temperatura di uscita del syngas aumenta solamente di 100-200°C rispetto al caso di riferimento (gassificazione con aria); ciò si verifica in quanto la portata di syngas è più bassa rispetto al caso nominale mentre la portata di carbone resta costante. A causa della sua capacità termica più elevata, se il vapore viene utilizzato come diluente produce in uscita un syngas con temperatura più elevata rispetto agli altri due casi.

Figura 2.16 – Variazione del rendimento di gas freddo in funzione della quantità di azoto sostituita.

È abbastanza intuibile, come confermato dalla Figura 2.15, che l’introduzione di vapore o CO2 produca una riduzione del potere calorifico inferiore del syngas, in quanto entrambe agiscono come diluenti. Si passa da 13.2 MJ/kg del caso con solo ossigeno (NSR=0), a 6.3 MJ/kg nel caso si introduca CO2, fino a 5.9 MJ/kg nel caso con vapore, considerando NSR pari ad 1. Al contrario, il ricircolo di syngas, permette di mantenere elevati LHV al crescere di NSR, infatti si ha circa 12.7 MJ/kg per NSR=1, ciò è dovuto alla minore presenza di sostanze diluenti. Nel caso con ricircolo di syngas, insieme a CO2 e vapore viene ricircolata anche una significativa quantità di CO e H2; in questo modo viene incrementata la frazione molare di questi ultimi due elementi all’interno del syngas e conseguentemente l’LHV, rispetto ai casi con solo vapore o CO2.

La Figura 2.16 riporta l’andamento del rendimento di gas freddo. Nel caso in cui si ricircoli il syngas o si introduca vapore il rendimento di gas freddo decresce all’aumentare dell’NSR rispetto al caso con solo ossigeno, con diminuzione rispettivamente di 4 e 6 punti. Dato che nel caso con syngas ricircolato la portata in uscita resta costante, la riduzione del rendimento di gas freddo è semplicemente dovuta alla leggera riduzione del valore dell’LHV riportata in Figura 2.16. Invece, quando si introduce vapore, l’incremento della portata di syngas con l’NSR non è sufficiente a bilanciare la diminuzione di LHV e quindi si ha una riduzione del rendimento di gas freddo. Al contrario, utilizzando CO2 il rendimento di gas

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Capitolo 2

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freddo assume un valore sempre superiore al caso con aria (90-91% contro 88.5%), e nella curva si rileva la presenza di un massimo. In definitiva, se si introduce vapore o si ricircola syngas il rendimento di gas freddo assume valori superiori al caso con aria per NSR più bassi rispettivamente a 0.22 e 0.63. Infine, nel caso in cui si abbia la completa sostituzione dell’azoto (NSR=1), il rendimento di gas freddo è di circa il 90% per il caso con CO2, leggermente più elevato dell’84% nel caso con vapore e dell’86% nel caso in cui si effettui il ricircolo di syngas.

L’utilizzo di ossigeno puro influenza significativamente l’equilibrio chimico nel modulo di gassificazione e combustione, e di conseguenza la composizione del syngas prodotto. Le Figure da 2.17 a 2.19 mostrano come varia la composizione del syngas al variare dell’NSR per i tre casi in cui si ha introduzione di vapore, CO2 e syngas ricircolato. Nel caso in cui si ha ossigeno puro (NSR=0) il syngas prodotto è principalmente composto da CO (54.4%) e idrogeno (32.1%), vapore (9%), e piccole quantità di metano (1.9%), CO2 (1.8%), azoto (0.6%, deriva dal carbone) e H2S (0.2%).

La Figura 2.17 mostra come l’incremento della portata di vapore favorisca le reazioni di gassificazione e di CO shift, in modo da incrementare la frazione molare della CO2 e diminuire quella del CO, mentre la quantità di idrogeno resta più o meno costante (leggermente al di sopra del 30%). Quando si arriva ad una quantità di vapore pari alla quantità di azoto (NSR=1), il syngas è principalmente composto da vapore (40.6%) e idrogeno (31.7%), mentre il CO si riduce all’8.6% e la CO2 sale al 17.7%, mentre il metano resta intorno all’1%.

Figura 2.17 – Composizione del syngas al variare dell’NSR con integrazione di vapore.

Nella Figura 2.18, riferita al caso in cui si utilizzi la CO2 come diluente, si osserva come al crescere dell’NSR si abbia una riduzione del CO, dell’H2 e quindi dell’HLV. Per NSR pari ad 1 il syngas è principalmente composto da CO (39.9%), CO2 (30.4%) e H2 (17.7%).

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Modellazione degli impianti IG-FC/GT

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Figura 2.18 – Composizione del syngas al variare dell’NSR con integrazione di CO2.

Il caso con ricircolo di syngas è riportato nella Figura 2.19, nella quale si può osservare come la composizione resti piuttosto costante. In particolare, all’aumentare dell’NSR aumentano le frazioni molari della CO2 e del CH4 e si riduce leggermente quella del CO e dell’H2O, mentre la curva relativa all’idrogeno mostra un massimo per NSR circa 0.5. Questa leggera variazione della composizione del syngas causa la diminuzione del valore dell’LHV riportata in Figura 2.16. Per NSR pari ad 1 il syngas è composto per il 48.2% da CO, per il 31.5% da H2, con bassi contenuti di CO2 (8.2%), vapore (6.4%) e metano (4.8%).

Figura 2.19 – Composizione del syngas al variare dell’NSR con integrazione di syngas ricircolato.

Per concludere, si può ritenere che la CO2, il vapore ed il syngas ricircolato siano idonei ad agire come diluenti nel caso in cui il gassificatore lavori con

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Capitolo 2

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ossigeno puro e il loro utilizzo possa effettivamente migliorare le caratteristiche del syngas. Come visto, nel caso si utilizzino CO2 o vapore come diluenti si ha una riduzione dell’LHV e un incremento della portata massica del syngas, mentre, il ricircolo del syngas non genera effetti significativi sull’LHV e sulla portata. Inoltre, nel caso in cui si ha il ricircolo di syngas si ottengono piccole variazioni nella composizione del syngas, mentre negli altri due casi si hanno percentuali minori di CO e H2, ma l’utilizzo della CO2 porta ad un migliore rendimento di gas freddo. Per questi motivi, e con tutte le ipotesi fatte, la sostituzione dell’azoto con la CO2 appare come la soluzione migliore. Per contro, questa tecnica imporrebbe maggiori complicazioni impiantistiche e consumi energetici addizionali dovuti al recupero della CO2 stessa. Se poi si punta alla produzione di solo idrogeno, in tutti e tre i casi il bassissimo contenuto di azoto facilità la rimozione della CO2, ma la soluzione migliore appare quella con vapore, che produce un syngas povero di CO2 (che non favorisce la produzione di idrogeno) e caratterizzato da un rapporto molare H2/CO piuttosto elevato (uguale a 2-3, circa 5 volte più elevato che nel caso con aria). Invece, il caso con syngas è intermedio agli altri due, con rapporto molare H2/CO pari a circa 0.6, valore tipico per i gassificatori a letto fisso di piccola taglia.

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[24] Fuel Cell Energy Inc., 2007, “Project Fact Sheet Direct FuelCell/Turbine® Power Plant”, http://www.fuelcellenergy.com, last accessed November 2007.

Il contenuto di questo capitolo è riportato anche nelle seguenti memorie:

Daniele Cocco, Fabio Serra, Vittorio Tola, FIXED-BED COAL GASIFIERS INTEGRATED WITH MCFC-GT HYBRID SYSTEMS FOR DISTRIBUTED POWER AND HEAT GENERATION, ASME Turbo Expo 2008, June 9-13, 2008, Berlin, Germany.

Giorgio Cau, Daniele Cocco, Fabio Serra, Vittorio Tola, PERFORMANCE ANALYSIS OF COAL GASIFICATION PROCESSES INTEGRATED WITH HIGH TEMPERATURE FUEL CELLS AND GAS TURBINE HYBRID POWER PLANTS, CCT 2009, Dresden, Germany 18-21 May 2009.

Giorgio Cau, Daniele Cocco, Fabio Serra, Vittorio Tola, PERFORMANCE ANALYSIS OF UPDRAFT COAL GASIFIERS FED BY OXYGEN WITH STEAM, CO2 OR RECIRCULATED SYNGAS MIXTURES, Dresden, Germany 18-21 May 2009.

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CAPITOLO 3

Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore a letto fisso.

In questo capitolo viene affrontato lo studio del comportamento dinamico del gassificatore a letto fisso. Uno studio di questo tipo può risultare di estremo interesse nell'ambito delle analisi tese a valutare le migliori modalità di integrazione del gassificatore all’interno delle microreti. Difatti, se il syngas prodotto viene utilizzato per coprire i fabbisogni energetici di piccoli distretti territoriali, la presenza di utenze con caratteristiche piuttosto variabili nel tempo, e quindi con differenze anche molto marcate nei profili dei carichi elettrici e termici (ed eventualmente frigoriferi), potrebbe suggerire un utilizzo del gassificatore legato alla richiesta attuale di energia. In ogni caso, il controllo di sistemi così complessi presenta intrinseche difficoltà, e le simulazioni dinamiche del sistema restano un ausilio indispensabile in sede di gestione e di progetto del sistema di controllo.

Il modello è stato realizzato nell’ambiente Dymola di Dynasim, che consente la modellazione ad oggetti secondo lo standard Modelica. Tale approccio permette di produrre dei modelli attraverso la scrittura in forma implicita delle equazioni differenziali rappresentative dei sistemi che si intende studiare. Inoltre, per come è stato strutturato il lavoro, il gassificatore a letto fisso potrà essere facilmente integrato con i diversi modelli presenti nella libreria ThermoPower, sviluppata all’interno del Politecnico di Milano, oltre che con nuovi modelli di altri sistemi energetici complessi come le celle a combustibile.

In questo capitolo viene quindi descritto come è stato sviluppato il modello dinamico monodimensionale del gassificatore a letto fisso, che riproduce le caratteristiche termodinamiche del gassificatore lungo l’asse verticale del reattore attraverso la suddivisione in un numero opportuno di blocchi studiati a parametri concentrati. Ad un utilizzo di un numero maggiore di blocchi corrisponderà una maggiore accuratezza del modello, ma per contro si avranno tempi di calcolo più lunghi. Lungo l’asse verticale del reattore è possibile monitorare la composizione dei gas e la quantità di char residua, oltre ai differenti profili di temperatura per il solido e per il gas.

3.1 – Concetti preliminari sulla gassificazione.

La gassificazione è una tecnologia impiegata soprattutto per il carbone ma è in continua crescita la sua applicazione anche per le biomasse. La diffusione su larga scala deve essere accompagnata da una continua ottimizzazione, e in questa fase divengono estremamente utili i modelli matematici in grado di prevedere le performance, analizzare i transienti ed esaminare le strategie per il controllo.

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Capitolo 3

68

COAL

ASHES AIRSTEAM

SYNGAS

DRYNG

PYROLYSIS

GASIFICATION

COMBUSTION

Fino ad oggi per il reattore a letto fisso sono stati proposti numerosi modelli, dato che l’89% dei sistemi di gassificazione del carbone nel mondo si basa su questa tecnologia (10% letto trascinato e letto fluido 1%) [1].

In passato, lo stato dell’arte riguardo i processi di conversione del carbone è stato attentamente sviluppato dall’Advanced Combustion Engineering Research Center della Brigham Young University (Provo, UT) [2]. Nella parte relativa al riepilogo delle caratteristiche dei diversi modelli fino ad allora realizzati, viene messo in evidenza come raramente compaiono delle validazioni dei modelli e delle analisi di sensitività. Inoltre, si fa notare come tra i modellatori sia consuetudine utilizzare un’unica forma e dimensione per le particelle, trascurare l’equazione di conservazione del momento, mantenere costante la porosità lungo tutto il letto, considerare istantanea la fase di essiccazione e istantanea o molto semplificata la fase di devolatilizzazione. Gli autori mettono anche in evidenza come l’apporto dei modelli realizzati non sia mai stato significativo ai fini dello sviluppo della tecnologia, anche se, alcune analisi successive presentate dallo stesso gruppo di ricerca [1,3], hanno contribuito in modo efficace a questo proposito, attraverso la realizzazione di un modello statico monodimensionale che considera una porosità del letto variabile e una approfondita modellazione dell’essiccazione e della pirolisi.

Nella Figura 3.1 è riportato lo schema del processo di gassificazione in un gassificatore a letto fisso controcorrente. In questo tipo di reattore il carbone viene introdotto nella parte superiore, si deposita sul letto e fuoriesce dal basso sottoforma di ceneri. L’agente gassificante (vapore e aria o ossigeno) viene invece introdotto dal basso. Come mostrato nello schema, il reattore è concettualmente diviso in diverse zone all’interno delle quali avvengono distinti eventi chimici e fisici. Il processo può essere sintetizzato come segue: l’agente gassificante in ingresso dal basso si preriscalda durante l’attraversamento dello strato di ceneri, l’ossigeno presente reagisce con il char (ciò che resta del carbone dopo che sono avvenuti i processi di pirolisi ed essiccazione) e sviluppa il calore necessario per sostenere le reazioni di gassificazione. Il syngas caldo in uscita riscalda il carbone in ingresso e permette che avvengano le reazioni di pirolisi ed essiccazione.

La Figura 3.2 riporta alcuni risultati del lavoro sperimentale di Bunt et al. (2008) [4], svolto su un gassificatore a letto fisso prodotto dalla Lurgi. Dalla Figura 3.2 si può facilmente osservare come nella realtà le diverse zone precedentemente

Figura 3.1 – Schema del processo di gassificazione in un gassificatore a letto fisso controcorrente.

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

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descritte non siano esattamente ben definite. Si vede come, per esempio, la pirolisi avvenga in buona parte in contemporanea ai processi di gassificazione, e come una piccola percentuale della materia volatile si trovi anche nelle zone basse del letto.

Figura 3.2 – Profilo di distribuzione della materia volatile, del carbonio fisso e delle ceneri lungo l’altezza del gassificatore Sasol-Lurgi MK IV [4].

3.2 – Reazioni che caratterizzano il processo di gassificazione.

Nell’ampia letteratura a disposizione vengono utilizzate, in funzione di ciò che si vuole mettere in evidenza del processo, differenti reazioni sia per tipologia che per numero. In accordo con la configurazione proposta nella Figura 3.1 si possono quindi individuare le seguenti reazioni principali:

ESSICCAZIONE

Si ha la separazione dell’umidità dal carbone “tal quale” o “come ricevuto”:

MOISTURECOALDRYCOALWET +→ __

DEVOLATILIZZAZIONE

Durante il processo di pirolisi il carbone essiccato libera la materia volatile e lascia come residuo il char:

MATTERVOLATILECharCOALDRY __ +→

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Capitolo 3

70

La materia volatile, in funzione della composizione del solido, della temperatura e del tempo, è costituita principalmente da TAR, sono inoltre presenti altri gas come H2O, H2, CO, CO2, CH4, ed in generale composti CXHX. Il TAR viene coinvolto in altre due reazioni secondarie [5], e può, sempre in funzione della temperatura e del tempo a disposizione, scomporsi in altri gas attraverso una pirolisi secondaria o ricombinarsi con il char.

GASSIFICAZIONE

Le reazioni riportate di seguito sono quelle che più spesso si trovano in letteratura, e in particolare le reazioni eterogenee g1-g3 sono quelle considerate da Wen et al. (1979) [6]:

( ) 2222 22NSHHCOOHSNOHC δσσβγααγασδγβα ++⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛ −+−+→−+ (g1)

2222

2

222 NSHHOHCO

COSNOHC

δσγσβγα

ασδγβα

++⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −−++→

→+ (g2)

2224

2

2

22

NSHOHCH

HSNOHC

δσγα

βσγασδγβα

+++→

→⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −+++

(g3)

Contemporaneamente alle reazioni tra solido e gas ne avvengono altre nella sola fase gassosa, le più importanti sono la reazione di shift del CO (wgs, water gas shift) e la reazione di reforming del metano (msr, methane steam reforming):

222 COHCOOH +↔+ (wgs)

224 3HCOOHCH +↔+ (msr)

Mentre le reazioni char-H2O, char-CO2 e msr sono endotermiche, le reazioni char-H2 e wgs sono esotermiche. Tra le altre reazioni di gassificazione lo smr non è sempre previsto nei modelli presenti in letteratura, per semplicità si è preferito non considerarla nel modello realizzato.

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

71

COMBUSTIONE

Le reazioni di combustione forniscono l’energia termica necessaria per la gassificazione. Sempre facendo riferimento al lavoro di Wen et al. (1979) [6], la reazione eterogenea c1 è la più importante, ma ce ne possono essere altre secondarie omogenee, come la c2 e la c3:

2222

2

2212112

22

NSHOHCOCO

OSNOHC

δσσβαφ

αφ

σβγφα

σδγβα

++⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −+⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛−+⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛−→

→⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−+−+

(c1)

OHOH 222 21

→+ (c2)

2221 COOCO →+ (c3)

In questo caso, in accordo con altri modelli presenti in letteratura, viene considerata solamente la reazione c1.

3.3 – Schema di principio e diagramma di causalità del modello.

Nella Figura 3.3 è riportato lo schema di principio del modello completo, in cui è presente un blocco all’interno del quale avvengono l’essiccazione e la devolatilizzazione, e da una serie di blocchi tutti uguali che simulano la gassificazione e la combustione. In questo caso vengono anche riportati i blocchi relativi alle pareti del gassificatore e alla camicia di raffreddamento, non considerati nel diagramma di causalità di Figura 3.4, che fornisce gli input e gli output per il modello semplificato ed effettivamente realizzato, in cui per lo scambio termico con l’esterno viene considerata una temperatura costante per la parete del gassificatore. Nella Figura 3.4 è inoltre riportato come input anche la velocità di uscita delle ceneri, che è solitamente impostata in modo che l’altezza del letto resti invariata.

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Capitolo 3

72

iMW iCJ

1+i

1−i

DRYING AND PYROLYSIS

GASIFICATION AND COMBUSTION

FBeWC , FBlSyn ,

FBlAsh , FBeGA , FBeW ,

FBlW ,

iMWT

iMWQ&

iCJT

iCJQ&

Figura 3.3 – Schema concettuale del modello del gassificatore a letto fisso.

1+i

D & P

G & C

FBeSw , FBe

Sh , FBeSX ,

GCDPSw , GCDP

Sh , GCDPSX , Up

iiSw ,1+ ii

Sh ,1+ iiSX ,1+ Up

1, −iiSh1, −ii

Sw 1, −iiSX Up

FBlSw , FBl

Sh , FBlSX , Up

FBlSynw , FBl

SynP , FBlSynh , FBl

SynX ,

DPGCSynw , DPGC

SynP , DPGCSynh , DPGC

SynX ,

1, +iiSynw ii

SynP ,1+ 1, +iiSynh 1, +ii

SynX

iiSynw ,1− 1, −ii

SynP iiSynh ,1− ii

SynX ,1−

FBeGAw , FBe

GAP , FBeGAh , FBe

GAX ,

1−i

SOLID GAS

iSRwiSRhiSGQ&

iGT

gsw ,

DQ&

gsh ,

gsX ,SOLID GAS

Figura 3.4 – Diagramma di causalità del modello del gassificatore a letto fisso realizzato.

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

73

3.4 – Descrizione del blocco di essiccazione e pirolisi.

Questi due fenomeni, come avviene in un gran numero di modelli, vengono considerati istantanei e collocati fisicamente all’estremità superiore del letto. Il fatto che i due fenomeni siano considerati istantanei comporta che questo blocco sia attivo solo al momento in cui il carbone viene alimentato, andando a condizionare la composizione del gas in uscita solo in questa circostanza e in funzione della portata di carbone in ingresso. È inoltre possibile simulare una alimentazione del gassificatore di tipo discontinuo, ma sebbene questa tipologia di alimentazione sia senza dubbio più vicina alla realtà, le simulazioni effettuate hanno mostrato come le composizioni del syngas ottenute siano piuttosto differenti rispetto ai dati rilevati sperimentalmente. Per questo motivo si è preferito modellare il sistema considerando una alimentazione continua, in modo analogo a quanto avviene in tutti i modelli presenti in letteratura. Quindi l’unico momento in cui questo blocco non è attivo sarà, come si vedrà in seguito, durante la fase di avviamento.

Nel blocco in esame vengono considerati separatamente i bilanci di massa e di energia per il gas e per il solido, i due stati vengono quindi racchiusi da due volumi di controllo distinti.

Se si fa riferimento alla simbologia di Figura 3.4 il bilancio di massa per il solido diventa:

0,,, =−− gsGCDPs

FBes www (3.1)

Dove la quantità di materia trasferita dal solido al gas è data dalla quantità di umidità evaporata e dalla quantità di materia volatile prodotta:

VMMgs www +=, (3.2)

Come frazioni massiche di umidità e materia volatile sono state considerate quelle fornite dall’analisi immediata [7]. I prodotti della devolatilizzazione sono stati stimati utilizzando le relazioni di Loison e Chauvin (1964) [8], che determinano la frazione massica delle specie generate dalla devolatilizzazione rapida:

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Capitolo 3

74

( )( )( )( )( )( )2

2

2

2

2

2

884.12279.7325.0

241.0469.0201.0

906.1900.0135.0

845.4653.2423.0

554.4389.2409.0

338.1869.0157.0

4

2

2

2

DAFVM

DAFVM

VMTAR

DAFVM

DAFVM

VMCH

DAFVM

DAFVM

VMCO

DAFVM

DAFVM

VMCO

DAFVM

DAFVM

VMOH

DAFVM

DAFVM

VMH

XXX

XXX

XXX

XXX

XXX

XXX

−+−=

+−=

+−=

+−=

+−=

+−=

(3.3)

In alcuni casi, il TAR che fuoriesce dal gassificatore viene prelevato dal syngas e ricircolato [9]. Nel caso in cui il TAR sia coinvolto in reazioni specifiche (solitamente pirolisi secondaria o combustione), viene modellato come CHOx [10,11] e fatto reagire nella zona di gassificazione e combustione [7,12]. Nel modello realizzato è stato ipotizzato, in modo approssimato, di non considerarlo coinvolto in reazioni specifiche, ed è stato considerato come non separato dal char a meno della frazione presente nel syngas in uscita, modellata come benzene [6].

Note quindi le quantità di umidità e la composizione della materia volatile è possibile ricavare la composizione del char in uscita dal blocco di essiccazione e pirolisi, che resterà costante lungo tutta la zona di gassificazione e combustione, e la nuova proporzione tra char e ceneri (frazioni massiche):

⎟⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜⎜

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

GCDPS

GCDPN

GCDPO

GCDPH

GCDPC

GCDPChGCDP

Ash

GCDPChGCDP

s

XXXXX

XXX

X

,

,

,

,

,

,,

,,

rr

r (3.4)

Il bilancio di massa complessivo per la parte gassosa è dato da:

0,,, =−− gsDPGCSyn

FBlSyn www (3.5)

Mentre per ogni singola specie gassosa, escluso il vapore, si ha:

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

75

VMVMi

DPGCSyn

DPGCi

FBli wXwXw += ,,, (3.6)

mentre la quantità di vapore in uscita è data da:

MVMVM

OHDPGC

SynDPGC

OHFBlOH wwXwXw ++=

222

,,, (3.7)

Per quanto riguarda i bilanci di energia, quello relativo al solido è riportato nella relazione (3.8), in cui l’entalpia del gas che viene rilasciato dal solido sottoforma di vapore e materia volatile viene valutata alla temperatura di uscita del solido.

0,,,,,, =+−− DgsgsGCDP

sGCDP

sFBe

sFBe

s Qhwhwhw & (3.8)

Dato che il calore associato alla reazione di pirolisi è stato considerato trascurabile [7], come unica quantità di calore scambiata è stata considerata il calore di essiccazione, fornito dalla relazione (3.9):

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⋅=

kgkJwQ MD 2500& (3.9)

La temperatura del solido in uscita viene valutata attraverso le relazioni di Merrick, che forniscono il valore dell’entalpia e della capacità termica in funzione della temperatura [13]:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎥⎥

⎢⎢

−+

ℜ=

kgJ

eea

hTT

Ch

1

3600

1

3801800380 (3.10)

Nella relazione (3.10) la temperatura è espressa in K e si ha:

∑=

=5

1

1i i

DAFi

MwX

a (3.11)

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Capitolo 3

76

con XiDAF frazioni massiche rispettivamente di carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno e zolfo nel carbone privo di ceneri e umidità divise per il loro peso

atomico, e ⎥⎦⎤

⎢⎣⎡

⋅=ℜ

KkmolJ4,8314 è la costante universale dei gas.

Per quanto riguarda le ceneri viene fornito il valore della capacità termica:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⋅

⋅+=Kkg

JTCAsh 586.0754 (3.12)

Nella relazione (3.12) la temperatura deve essere introdotta in gradi Celsius, quindi se si integra e si considera la temperatura in K si ottiene:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⋅+=

kgJTThAsh 9,593

2586.0

2

(3.13)

La relazione (3.14) permette quindi di ottenere il valore finale della temperatura del solido in uscita dal blocco:

GCDP

AshGCDP

AshGCDP

ChGCDP

ChGCDP

s hXhXh ,,,,, += (3.14)

Per quanto riguarda il gas il bilancio di energia sarà dato da:

0,,,,,, =+−− DgsgsDPGC

SynDPGC

SynFBl

SynFBl

Syn Qhwhwhw & (3.15)

In cui, come detto in precedenza, l’entalpia del gas che dallo stato solido passa allo stato fluido è calcolata alla temperatura di uscita del solido.

Infine in questo blocco viene calcolata istantaneamente la variazione di altezza del letto, costituito da un insieme di particelle di uguale dimensione che si muovono verso il basso tutte alla stessa velocità. Così la variazione istantanea di altezza sarà data dalla differenza della velocità di salita del letto, provocata dall’introduzione di nuova carica, e di abbassamento, pari alla velocità di uscita del solido dal gassificatore e input per il modello:

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

77

pGCDPss

GCDPSdownupb U

Aw

dtdZ

dtdZ

dtdZ

−=−= ,

,

ρε (3.16)

In cui εs è la frazione di volume occupata dal solido nel letto, ρ è la densità del solido dopo la fase di essiccazione e devolatilizzazione e A è la superficie del gassificatore.

3.5 – Descrizione del blocco di gassificazione e combustione.

Anche per questo blocco sono stati considerati separatamente i bilanci di massa e di energia per gli stati solido e gassoso. Come schematizzato nella Figura 3.5 il letto è stato suddiviso in un numero opportuno di blocchi di sezione pari alla sezione del gassificatore. Ogni blocco è stato studiato a parametri concentrati,

quindi al suo interno le proprietà chimiche, fisiche e termodinamiche, sono state considerate omogenee. A sostegno di quanto detto, nel lavoro di Yoon et al. (1978) [7] viene messo in evidenza come, per questo tipo di reattori, lungo una sezione orizzontale del letto il profilo di temperatura possa essere considerato costante eccetto per quelle zone molto prossime alle pareti. Il numero di blocchi che costituiscono il letto è stato scelto in modo da avere una buona descrizione del fenomeno senza eccedere con il numero di equazioni da sottoporre al solutore.

Nella realtà l’altezza del letto in questo tipo di gassificatori è più o meno costante. In questo lavoro, contrariamente a quanto si trova in letteratura, si è comunque preferito non legare la portata di uscita delle ceneri a quella di ingresso del carbone, e di introdurre nei bilanci di massa e di energia dei termini che consentano di prevedere l’altezza del letto in funzione delle due portate. Quindi, per prendere in considerazione la variabilità del volume di controllo le leggi di conservazione sono state elaborate mediante la regola di Leibniz e il teorema della divergenza. Un esempio per questo tipo di trattazione lo si trova nel lavoro di Ahnert et al. (2003) [14]. Premesso ciò, se si fa riferimento al diagramma di causalità riportato nella Figura 3.4 il bilancio di massa per il solido diviene:

1

2

i-1

n

i

Zi

Zi-1

Zn = Zb

Figura 3.5 – Schema della suddivisione in blocchi del letto del gassificatore a letto fisso.

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Capitolo 3

78

( )

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −+−−=

=−

−−+−+

1,1,11,,1

1

iis

iiis

is

iSR

iis

iis

iiis

s

dtdZ

dtdZAKwww

dtZZdA

ρρε

ρε (3.17)

In cui K, che moltiplica la quantità di solido reagita, è un coefficiente che tiene conto della presenza o meno di char nel blocco, e nel caso non sia presente inibisce le reazioni eterogenee. Nota la quantità di char reagita nello specifico blocco, è possibile calcolare la nuova proporzione tra char e ceneri nel blocco stesso.

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

+

++

iiAsh

iiChii

s XX

X ,1

,1,1

r (3.18)

La variazione dell’altezza è la stessa per tutti i blocchi, che quindi, se si fa riferimento alla Figura 3.5, si ripartiscono equamente la variazione di altezza complessiva secondo le seguenti relazioni:

dtdZ

ni

dtdZ bi =

dtdZ

ni

dtdZ bi 11 −

=−

(3.19)

Un unico accorgimento va preso per il blocco n, in cui la densità in ingresso viene per semplicità posta a pari a zero non essendoci blocchi soprastanti. Ciò è possibile perché la portata in ingresso è un input del blocco soprastante, mentre la portata in uscita è calcolata in base alla velocità di uscita delle ceneri secondo la formula:

pii

ssii

s UAw 1,1, −− = ρε (3.20)

Analogamente a quanto visto per il solido, per il gas si ha:

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

79

( )

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −++−=

=−

−−++−

iig

iiig

ig

iSR

iig

iig

iiig

g

dtdZ

dtdZAKwww

dtZZd

A

,111,1,,1

1

ρρε

ρε

(3.21)

A questa equazione vanno aggiunti i bilanci per le singole specie α:

( )

iGR

iiiig

iiiiig

ig

igsisgiig

iig

iiii

gg

wXdt

dZXdt

dZA

KwKwwwdt

ZZXdA

ααα

ααααα

ρρε

ρε

,,1,111,1,

,,1,,

,1,

1

+⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −+

+−+−=−

−−−++

+−−

(3.22)

In cui εg è la frazione di vuoto del letto, data dal rapporto tra volume occupato dal gas e volume del letto, isgw ,

α sono i prodotti delle reazioni

eterogenee, igsw ,α sono i reagenti gassosi delle reazioni eterogenee e i

GRw α, sono le quantità di α prodotte o consumate nelle reazioni omogenee. Come avviene in gran parte dei modelli disponibili in letteratura in questo bilancio viene trascurato il termine legato alla diffusività.

Per quanto riguarda i bilanci di energia, per il solido si ha:

( )

iSW

iSG

iSR

iis

iis

iiis

iis

is

iSR

iSR

iis

iis

iis

iis

isii

is

s

QQQudt

dZudt

dZA

hKwhwhwdt

uZZdA

&&& −−+⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −+

+−−=−

−−−++

−−++−

,1,111,1,

1,1,,1,11

ρρε

ρε (3.23)

In cui iSRQ& è l’energia termica generata o richiesta dalle reazioni eterogenee,

iSGQ& è l’energia termica che si scambiano solido e gas a causa della loro differenza

di temperatura, iSWQ& fornisce lo scambio termico con le pareti.

Dato che le reazioni eterogenee hanno luogo sulla superficie del solido, si ipotizza che il contributo dovuto alle loro energie di reazione, i

SRQ& , sia interamente

considerato nel bilancio di energia del solido [15]. iSGQ& può essere calcolata

attraverso la seguente espressione [2]:

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Capitolo 3

80

( ) ⎥⎦⎤

⎢⎣⎡−=

smJTTdhQ gsppsgSG 3

2ηπζ& (3.24)

In cui, ζ è un coefficiente che assume un valore compreso tra 0.02 e 1.00 e modula il coefficiente di scambio termico hSG, dp è il diametro delle particelle, mentre ηp è la densità numerica delle particelle (particle number density).

È stato dimostrato come valori bassi di ζ [1,15] producano profili di temperatura in accordo con quelli rilevati. Von Fredersdorf e Elliott (1963) [16] riportano come il coefficiente di scambio termico tra solido e gas in un sistema reattivo possa essere anche 50 volte più basso rispetto ad un sistema non reattivo. Hobbs et al. (1992) [17] mostrano come, per un gassificatore Wellman-Galusha che opera a pressione atmosferica e alimentato con diversi tipi di carbone, un valore per ζ differente da 0.1, produca un profilo di temperatura del solido che si allontana dai valori rilevati sperimentalmente, e consigliano di utilizzare questo valore in mancanza di altri dati disponibili. Inoltre, sempre in [17] viene mostrato come al diminuire di ζ si abbia una diminuzione della temperatura massima del solido e un incremento della zona di reazione. Cho e Joseph (1981) [15] nel loro lavoro individuano come valore ottimale 0.3.

Il coefficiente di scambio termico hSG tiene conto dello scambio termico per conduzione, convezione e radiazione, e a sua volta vale:

⎥⎦⎤

⎢⎣⎡=

−−

sKmJUCp

hg

gggsg 2

32

575.0 PrRe06.2

ερ

(3.25)

In cui Cpg è la capacità termica a pressione costante del gas, ρg è la densità del gas, Ug è la velocità del gas, Re e Pr sono rispettivamente i numeri di Reynolds e Prandtl, mentre εg è la frazione di vuoto del letto.

Infine, la densità numerica delle particelle vale:

( )⎥⎦⎤

⎢⎣⎡−

= 33116

md pp π

εη (3.26)

In questo bilancio non viene considerato lo scambio di energia tra blocchi adiacenti dovuto alla loro differente temperatura, in quanto, dato il numero elevato di blocchi utilizzati, lo si è ritenuto trascurabile rispetto alle altre quantità

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

81

considerate. Anche nel blocco di gassificazione e combustione l’entalpia del solido viene calcolata tramite le relazioni proposte da Merrick [13], che nello stesso lavoro propone anche una relazione per calcolare l’entalpia di formazione del char:

∑∑==

−=Δ5

1

5

1

0

i

DAFii

i

DAFiif XXH

Charφλ (3.27)

con XiDAF frazioni massiche rispettivamente di carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno e zolfo nel carbone privo di ceneri e umidità, λi sono dei coefficienti espressi in MJ/kg che valgono rispettivamente 33.62, 141.93, -14.53, 0, 9.42, mentre Φi sono altri coefficienti sempre espressi in MJ/kg e rispettivamente valgono 32.76, 141.77, 0, 0, 9.26.

L’entalpia di formazione così calcolata è stata utilizzata per ricavare le entalpie di reazione delle reazioni eterogenee:

( ) ( )∑∑==

−=Δnr

ireagenti

fi

np

iprodotti

fi

R HHH11

υυ (3.28)

Per quanto riguarda il bilancio di energia del gas si ha:

( )

iGW

iSG

iGR

iig

iig

iiig

iig

ig

iSR

iSR

iig

iig

iig

iig

igii

ig

g

QQQudt

dZudt

dZA

hKwhwhwdt

uZZdA

&&& −++⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −

++−=−

−−−++

++−−−

,1,111,1,

1,1,,1,11

ρρε

ρε

(3.29)

In cui iGRQ& è l’energia termica generata dalle reazioni omogenee considerata

interamente nel bilancio del gas in quanto avvengono in fase gassosa [15], iSGQ& è

l’energia termica che si scambiano solido e gas a causa della loro differenza di temperatura e i

GWQ& fornisce lo scambio termico con le pareti, considerato pari a zero nel caso di sistema adiabatico.

Lo scambio termico con le pareti del gassificatore è stato considerato in base alle considerazioni riportate nel lavoro di Hobbs et al. (1992) [17], in cui si afferma che circa il 95% delle perdite è dovuto allo scambio termico della fase gassosa, quindi nel modello viene considerata solo i

GWQ& e calcolata attraverso la relazione:

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Capitolo 3

82

( ) ⎥⎦⎤

⎢⎣⎡−=

smJTT

DhQ WALLg

gW

GW 34& (3.30)

In cui gWh è il coefficiente di scambio termico tra gas e pareti mentre D è il

diametro del reattore. Sempre in [17] sono riportate le relazioni per calcolare il coefficiente di scambio termico tra gas e pareti, che in ogni caso varia tra 15 e 35 W/m2K, quindi in questo lavoro è stato scelto per semplicità di utilizzare un valore all’interno di questo intervallo compatibile con le informazioni che si hanno a disposizione sulla dispersione del gassificatore considerato.

Per abbreviare i tempi di calcolo del modello, dato che il sistema lavora a bassa pressione, i termini di accumulo nei bilanci della fase gassosa non vengono considerati [18], ma restano comunque quelli legati alla variazione dell’altezza.

3.6 – Le cinetiche di reazione

Il modo più comune per determinare la velocità delle reazioni eterogenee è considerare il shrinking-core model, che considera tre differenti resistenze: alla diffusione attraverso lo strato limite, alla diffusione attraverso lo strato di ceneri e alla cinetica di reazione sulla superficie del nucleo che non ha ancora reagito [7]. Esperimenti sulla validità di questo modello per carboni bituminosi (carboni che, quando riscaldati, liberano una quantità considerevole di materia volatile) furono portati avanti da Abdel-Hafez [19]. Così il shrinking-core model fu considerato adatto per particelle con diametro maggiore di 3 mm, e la sua efficacia migliora al crescere del diametro [19]. Il carbone adatto al gassificatore in esame ha una pezzatura intorno ai 20 mm, per questo motivo si ritiene il shrinking-core model la scelta migliore. La velocità della reazione eterogenea, per ogni reagente gassoso α, è quindi data da:

⎥⎦⎤

⎢⎣⎡

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −++

=scm

g

YkYkk

pr

ashsdiff

Ch 2

2

,

11111α

α (3.31)

In cui pα è la pressione parziale del reagente gassoso coinvolto nella reazione eterogenea, kdiff è relativa alla diffusione del reagente nello strato limite attorno alla particella, ks è la velocità della reazione che avviene sullo strato superficiale della particella che non ha ancora reagito, kash è legata alla diffusione dentro lo strato di ceneri, mentre Y è il rapporto tra il raggio del nucleo che non ha ancora reagito e il

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

83

raggio della particella iniziale. Nella Tabella 3.1 vengono riportate le formule per il calcolo di questi parametri [6].

Reazione ⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡satmcm

gkS 2 ⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡satmcm

gkdiff 2

Char - O2 ( )ST/17967exp8710 − ( )ptg

g

dpT

T

75.1

180026.4292.0 ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛φ

Char - H2O ( )ST/21060exp247 − ( )ptdpT 75.0

4

20001010 ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛⋅

Char - CO2 ( )ST/21060exp247 − ( )ptdpT 75.0

4

20001045.7 ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛⋅

Char - H2 ( )ST/17921exp12.0 − ( )ptdpT 75.0

3

20001033.1 ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛⋅ −

Tabella 3.1 – Parametri per il calcolo delle velocità di reazione per le reazioni eterogenee [6].

Nelle relazioni riportate in Tabella 3.1 le temperature sono espresse in K e T è la temperatura media tra gas e solido. Nell’espressione del kdiff per la reazione tra char e O2 compare il coefficiente Φ, che è lo stesso che compare nella reazione c1, ed indica la quantità di CO e CO2 che si formano nella reazione di combustione. Per particelle che hanno un diametro maggiore di 0.1 cm questo coefficiente vale 1 [6], e quindi non si ha formazione di CO.

Per tutte le reazioni eterogenee kash vale:

5.2

ashdiffash kk ε= (3.32)

In cui εash è la frazione di vuoto dello strato di ceneri, e può essere valutata attraverso l’espressione [20]:

( )0175.025.0 Ashash X−+=ε (3.33)

Dove 0AshX è la frazione massica iniziale delle ceneri.

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Capitolo 3

84

Infine Y può essere espressa in funzione della quantità di char reagita:

31

11

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡−−

=fxY (3.34)

Dove x corrisponde alla quantità istantanea di materia organica convertita una volta che la pirolisi è stata completata, basata sul carbone originale d.m.m.f. (dry mineral matter free), e f equivale alla conversione quando la pirolisi è completata, basata sul carbone originale d.m.m.f..

Esistono due tipi di modelli shrinking core, shell progressive (SP) model e ash segregation (AS) model, e si differenziano per la differente metodologia di descrizione delle ceneri. Nel modello SP le ceneri restano intatte, quindi l’ossidante è costretto a diffondersi attraverso il film gassoso e lo strato di ceneri. Nel modello AS le ceneri si sbriciolano e si separano dalla particella di char, in questo modo l’ossidante deve diffondere solamente attraverso il film gassoso. In quest’ultimo caso, nella relazione (3.31), la terza resistenza viene posta pari a zero (quella che contiene il termine kash) [2].

Il modello AS può essere scelto se si è osservata una discontinuità nel profilo di pressione rilevato, se la zona di ossidazione è molto piccola con un ripido gradiente di temperatura, o se gli incombusti sono pochi e contemporaneamente la zona di essiccazione è elevata, come avviene comunemente con le ligniti (alto contenuto di umidità). La scelta tra il modello SP o AS dipende soprattutto dall’esperienza, ma in ogni caso il modello SP è raccomandato se non sono disponibili altri dati [17].

In questo caso, tra i modelli SP, è stato scelto quello in cui le particelle mantengono il diametro costante, e la particella può essere vista come circondata da un guscio di materiale inerte che racchiude il nucleo di materia organica, come mostrato in Figura 3.6.

Ash

Core

Figura 3.6 – Rappresentazione della particella di carbone.

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

85

Per quanto riguarda le reazioni omogenee, si riporta solamente la relazione relativa alla reazione di water gas shift, che è stata l’unica effettivamente considerata:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−= 3

,

2 2

2 msmol

KCC

CCkrwgsE

HCOOHCOwgsgwgs ε (3.35)

In cui le concentrazioni C sono in mol/m3, mentre la kwgs è data da [21]:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−=

molsm

Tk

Gwgs

31515exp78.2 (3.36)

Infine, per la KE si ha [7]:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

GwgsE T

K 7914exp0265.0, (3.37)

3.7 – Descrizione del modello realizzato nell’ambiente Dymola di Dynasim.

La Figura 3.7 riporta come appare il modello sviluppato nell’ambiente Dymola di Dynasim. Si possono distinguere i due blocchi principali D&P e G&C che sono rispettivamente di essiccazione e pirolisi e di gassificazione e combustione. Tutto intorno sono posizionati i vari blocchi che consentono di impostare gli input e rilevare gli output. L’aria ed il vapore vengono introdotti separatamente e successivamente miscelati in un mixer, in modo da poter variare separatamente i rapporti aria/carbone e vapore/carbone. Per ogni flusso può quindi essere decisa la portata, la temperatura, la pressione e la composizione. La portata oltre che in modo continuo può essere ipotizzata variabile, introducendo appositi blocchi che consentono di ottenere la caratteristica desiderata (segnale a rampa, triangolare, trapezoidale o quadratico…). L’introduzione degli input e l’impostazione dei parametri principali può avvenire da listato oppure attraverso un menù a tendina che si apre con un doppio click sullo specifico blocco. La Figura 3.8 riporta l’interno del blocco di gassificazione e combustione, e mostra i 40 sottoblocchi (tutti identici) in cui è stato suddiviso il letto. L’altezza iniziale di ogni blocco è 5 cm, in modo da poter simulare il comportamento di un letto di 2 m.

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Capitolo 3

86

Il blocco D&P e il sottoblocco del blocco G&C sono stati scritti utilizzando il linguaggio di modellazione Modelica.

Figura 3.7 – Modello sviluppato nell’ambiente Dymola di Dynasim.

Figura 3.8 – Suddivisone in blocchi del letto.

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

87

3.8 – Inizializzazione e prove effettuate con il modello.

Nella Tabella 3.2 sono riportate l’analisi immediata ed elementare del carbone utilizzato per le simulazioni (Rosebud Subbituminous), mentre nella Tabella 3.3 sono riportati i valori dei parametri impostati nei blocchi D&P e G&C dove richiesti. Questo set di parametri è stato scelto in modo da poter confrontare i risultati ottenuti con quelli sperimentali riportati nel lavoro di Radulovic et al. (1995) [1]. Come riportato nella Tabella 3.2, dopo una analisi sui dati a disposizione, è stato ipotizzato che solo un terzo del TAR presente nella materia volatile si separi e finisca all’interno del syngas prodotto dal gassificatore, mentre la restante parte è stata considerata inglobata nel char, e partecipa ai processi di gassificazione e combustione (come se venisse ricircolata). Sempre dalla Tabella 3.2, la frazione di vuoto del letto è stata posta pari al valore medio dei valori rilevati sperimentalmente e riportati in [17], il coefficiente ζ, che tiene conto dell’ambiente reattivo nello scambio termico tra solido e gas, è stato posto pari a quello utilizzato per sviluppare il modello proposto in [17], come diametro delle particelle è stato considerato un valore medio tra il diametro finale ed il diametro che dovrebbero assumere le particelle superata la zona di essiccazione e combustione, l’altezza del letto è stata posta pari a 2 m, come riportato in [17], e infine il coefficiente di scambio termico è stato scelto in modo da avere delle perdite compatibili con quelle sperimentali considerata una temperatura di parete di 310 K.

Analisi Immediata (%Wt) Carbonio Fisso 40.10 Materia Volatile 26.80 Ceneri 11.80 Umidità 21.30

Analisi Elementare (%Wt) Carbonio 52.64 Idrogeno 3.28 Zolfo 0.87 Azoto 0.74 Ossigeno 9.37 Ceneri 11.8 Umidità 21.3 Tabella 3.2 – Analisi immediata ed elementare per il carbone Rosebud Subbituminous [17].

Nella Tabella 3.4 sono riportati i valori degli input, così come indicati in Figura 3.4, al tempo zero. L’avviamento avviene a partire dall’ipotesi che il gassificatore sia pieno di carbone che si trova ad una temperatura di 700 K, a parte i primi 4 blocchi (20 cm) a partire dal fondo, nei quali la temperatura è stata posta pari a 1000 K. In questo modo si cerca di riprodurre un innesco non troppo

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Capitolo 3

88

differente da quanto avviene nella realtà. Durante le prime due ore di funzionamento non si ha quindi introduzione di carbone ed estrazione delle ceneri, e solamente a partire dalla seconda ora la portata di carbone è stata posta pari al suo valore nominale (0.179 kg/s); la velocità di uscita delle ceneri è stata impostata in modo da tenere costante l’altezza del letto.

Quantità di TAR presente nel syngas 35% Densità del carbone 1310 kg/m3 Frazione di vuoto del letto εg 0.28 Coefficiente ζ 0.05 Diametro delle particelle dp 15 mm Altezza iniziale del singolo blocco 5 cm Coefficiente di scambio termico tra gas e pareti 18 W/m2K Temperatura della parete 310 K

Tabella 3.3 – Parametri impostati nei blocchi D&P e G&C.

FBeSw , Nulla al tempo zero.

FBeSh , Calcolata a T=298.15K con riferimento a T=298.15K.

FBeSX , Analisi immediata ed elementare, Tabella 3.2.

PU Nulla al tempo zero. FBe

GAw , 0.385 kg/s, di cui 0.335 kg/s di aria e 0.05 kg/s di vapore FBe

GAh , Calcolata a T=336 K con riferimento a T=298.15 K. FBe

GAX , Calcolata considerando la composizione dell’aria secca. FBl

SynP , 1 bar

Tabella 3.4 – Parametri iniziali.

La Figura 3.9 riporta le curve della temperatura del solido e del gas, oltre che l’indicazione della densità del solido lungo il letto, dopo due ore di funzionamento, quando ancora le portate di carbone e ceneri sono nulle. Si può notare come dopo due ore siano stati consumati circa 35 cm del letto, e come da subito il profilo di temperatura del solido assuma l’andamento caratteristico per questo tipo di gassificatore. La Figura 3.10 riporta le stesse curve presentate in Figura 3.9 ma dopo 30 ore di funzionamento, quindi dopo 28 ore di funzionamento con la portata di carbone pari al suo valore nominale. In questo caso si può osservare come i profili di temperatura si trovino leggermente al di sotto di quelli rilevati sperimentalmente. Inoltre, a partire da queste condizioni iniziali, si ha una stima piuttosto buona dell’altezza del picco di temperatura per il solido e quindi dello

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

89

strato di ceneri, che come si vede dal valore assunto dalla densità del solido inizia poco al di sotto.

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800

Temperatura [K] - Densità [kg/m3]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Exp DataSolidGasDensity

Figura 3.9 – Profili di temperature e densità lungo l’asse del reattore dopo due ore di funzionamento senza introduzione di carbone ed estrazione delle ceneri.

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Temperatura [K] - Densità [kg/m3]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Exp DataSolidGasDensity

Figura 3.10 – Profili di temperature e densità lungo l’asse del reattore dopo trenta ore di funzionamento, con introduzione di carbone ed estrazione delle ceneri dopo la seconda ora.

La Figura 3.11 riporta invece come varia nel tempo il profilo di temperatura del solido; si può osservare una progressiva riduzione del valore massimo, e come,

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Capitolo 3

90

sebbene dopo 8 ore di funzionamento il sistema non sia ancora arrivato a regime, il profilo di temperatura relativo non si discosti troppo da quello finale.

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800Temperatura [K]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Exp Data30h8h4h2h

Figura 3.11 – Profilo di temperatura del solido al variare del tempo.

Nella Figura 3.12 viene proposto il confronto tra la composizione ottenuta dal modello una volta a regime e quella rilevata sperimentalmente, dal quale si può osservare come il modello preveda piuttosto bene la composizione attesa.

26,1

3,89

1,39

14,3

13,0

40,5

25,9

4,16

0,76

15,5

12,8

39,7

0

10

20

30

40

50

CO CO2 CH4 H2 H2O N2

SPECIES

COM

POSI

TIO

N (%

v)

Exp. DataModel

Figura 3.12 – Confronto tra la composizione ricavata con il modello (a regime) e la composizione attesa.

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

91

La Tabella 3.5 ripropone in modo completo il confronto tra i dati sperimentali ed i dati ricavati mediante il modello nella condizione di regime. Si può osservare come la portata di TAR presente nel syngas sia prossima al valore atteso. Quindi, l’ipotesi di separarne solo circa un terzo dal char fornisce, almeno in questo specifico caso, un risultato che approssima bene il caso reale. Si fa infine notare come in pratica non vi sia presenza di incombusti, pari all’1.16% della materia organica introdotta (carbone DAF).

% vol Model Exp Data CO 25.9 26.1 CO2 4.16 3.89 CH4 0.76 1.39 H2 15.5 14.3

H2O 12.8 13.0 N2 39.7 40.5 H2S 0.0021 NA Ar 0.0047 NA

TAR [C6H6] 0.0049 NA TAR [kg/s] 0.0088 0.0080

Syngas [kg/s] 0.542 NA Ceneri [kg/s] 0.023 NA

% inc. 1.16 1.00 Qwall [MW] 0.160 0.169

Tabella 3.5 –Confronto tra i dati sperimentali a disposizione e i dati ricavati dal modello in condizioni di regime.

La Figura 3.13 riporta i valori delle concentrazioni di O2, H2 e CO presenti nel syngas lungo l’asse verticale del reattore. Da questa figura, si può intuire come la regione in cui avvengono i fenomeni principali sia localizzata tra 0.3 e 0.6 metri. Al di sotto di questa fascia la combustione non è ancora iniziata, mentre al di sopra non si ha quasi più ossigeno, quindi la combustione è quasi del tutto avvenuta, e avvengono solamente le reazioni di gassificazione ma con fenomeni secondari, che comunque permettono di aumentare, anche se di poco, la quantità di idrogeno presente. Ciò può essere apprezzato anche dalla Figura 3.14, nella quale sono riportate le velocità delle reazioni eterogenee e della reazione di CO shift lungo l’asse verticale del reattore. Si può osservare come le reazioni tra char e vapore e tra char e CO2 abbiano effettivamente luogo dopo che la combustione è iniziata, in entrambi i casi per via delle più elevate temperature e, nel caso della reazione con CO2, anche grazie all’incremento della quantità di CO2 stessa presente nel syngas per effetto della combustione. Se la combustione può considerarsi completamente conclusa poco prima di 0.7 metri di altezza, le altre due reazioni eterogenee

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Capitolo 3

92

precedentemente citate continuano a consumare char in modo significativo almeno fino a 1.1 metri. La reazione di CO shift, nella zona di combustione, date le alte temperature procede in modo inverso, quindi consuma idrogeno e produce CO, mentre dopo 1.2 metri, con le temperature più basse, diventa la reazione prevalente e consuma CO per produrre idrogeno.

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2Altezza [m]

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

Com

posi

zion

e (%

vol)

O2H2CO

Figura 3.13 – Variazione della concentrazione di ossigeno, idrogeno e monossido di carbonio presenti nel syngas lungo l’asse verticale del reattore, senza considerare l’essiccazione e la pirolisi, dopo 30 ore di funzionamento.

0 0.4 0.8 1.2 1.6 2Altezza [m]

02

46

-11

35

Rat

es [m

ol/m

3 *s]

Char-O2Char-H2OChar-CO2Char-H2COsh

Figura 3.14 – Variazione delle velocità delle reazioni eterogenee e della reazione di CO shift lungo l’asse verticale del reattore, dopo 30 ore di funzionamento.

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

93

Uno degli scopi principali di questo studio è la valutazione delle migliori modalità di integrazione del gassificatore all’interno delle microreti. A questo proposito, si vuole ora valutare la possibilità e l’opportunità, almeno dal punto di vista teorico, di variare le condizioni di funzionamento in funzione della quantità di syngas richiesta dall’utenza. Nella Figura 3.15, è riportato il profilo di temperatura del solido nel caso in cui la portata di carbone vari all’interno di un intervallo piuttosto ampio che va da +20% a -60% rispetto alla portata nominale. In questo caso si è ipotizzato di mantenere costanti i rapporti aria/carbone e vapore/carbone. I profili di temperatura riportati nella Figura 3.15 fanno riferimento alla trentesima ora successiva allo scostamento dalle condizioni nominali. Si può osservare come ridurre la portata di carbone porti ad un profilo in cui si hanno valori di temperatura mediamente più bassi lungo l’asse verticale del gassificatore, ma allo stesso tempo comporti un incremento della temperatura massima e dello strato di ceneri. Come si può osservare nella Tabella 3.6 ciò non comporta variazioni apprezzabili nella composizione chimica del syngas. Come riportato nella Figura 3.16 ciò porta ad avere un rendimento di gas freddo che varia di poco, di soli 0.7 punti percentuali se si passa da una variazione delle portate da +20% a -60%, in quanto il potere calorifico inferiore del combustibile resta più o meno costante. Difatti, se si confrontano i valori tra la condizione nominale e quella in cui la riduzione della portata è pari al 60%, si ha che il CO passa dal 25.9% al 24.7%, mentre l’idrogeno dal 15.5% al 16.5%. La diminuzione del CO è quindi compensata dall’incremento di H2, che a sua volta è dovuto alle temperature più basse che favoriscono proprio la conversione del CO in H2 attraverso la CO shift.

% vol - 60% CN + 20% CO 24.7 25.9 26.1 CO2 5.27 4.16 3.96 CH4 0.75 0.76 0.76 H2 16.5 15.5 15.3

H2O 11.8 12.8 13.0 N2 39.8 39.7 39.7

Altri 1.18 1.18 1.18 Syngas [kg/s] 0.216 0.542 0.650

% inc. 1.02 1.16 1.20 Tabella 3.6 – Percentuale di incombusti, composizione e portata del syngas in uscita dal gassificatore dopo 30 h dalla variazione della condizione nominale.

Quindi il gassificatore può comunque ben comportarsi nel caso in cui si operi con una riduzione simultanea delle portate in ingresso, carbone ed agente gassificante, anche se ci si allontana dalle condizioni ottimali e si utilizza in modo parziale un sistema in grado di fornire una potenza maggiore. Nel caso in cui il

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Capitolo 3

94

sistema venga sollecitato con portate maggiori rispetto a quelle nominali, si ha che le prestazioni si mantengono costanti, ma si va incontro a quelli che potrebbero essere limiti tecnici e strutturali.

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800Temperatura [K]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2A

ltezz

a [m

]

+20%CN-30%-60%

Figura 3.15 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel caso in cui a partire dalla condizione di regime si abbia un aumento o una diminuzione delle portate, dopo 30 h dalla variazione della condizione nominale.

-60 -40 -20 0 20Variazione % rispetto alle condizioni nominali

0.850

0.855

0.860

0.865

0.870

Ren

dim

ento

di g

as fr

eddo

0.200

0.400

0.600

0.800

1.000

Por

tata

di s

ynga

s [k

g/s]

ηGF

Syngas

Figura 3.16 – Variazione del rendimento di gas freddo e della portata di syngas prodotta dopo 30 ore dalla variazione delle condizioni nominali.

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

95

La regolazione di tutte le portate potrebbe essere complessa dal punto di vista tecnico. Una soluzione più semplice potrebbe essere far variare solamente gli agenti gassificanti mantenendo costante la portata di carbone. Le Figure 3.17 e 3.18 riportano il profilo di temperatura del solido nel caso in cui, a partire dalla condizione di regime, si abbia un incremento della portata di agente gassificante rispettivamente del 10% e del 20% rispetto alle condizioni nominali. Dalle due figure si può solamente osservare come la temperatura massima resti costante e come lo strato di ceneri aumenti, tanto più rapidamente quanto è maggiore l’incremento della portata dell’agente gassificante. La Figura 3.18 mostra che un incremento del 20%, se prolungato per una giornata intera, porta al consumo quasi completo del letto.

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Temperatura [k]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Regimedopo 6hdopo 12hdopo 24h

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Temperatura [k]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Regimedopo 6hdopo 12hdopo 24h

Figura 3.17 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel tempo per un incremento del 10% della portata dell’agente gassificante a partire dalla condizione di regime.

Figura 3.18 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel tempo per un incremento del 20% della portata dell’agente gassificante a partire dalla condizione di regime.

Le Figure 3.19 e 3.20 danno una indicazione sulla composizione chimica del syngas nel caso in cui si abbia un incremento della portata di agente gassificante del 20%. Le curve riportate hanno un carattere leggermente ondulato a causa dell’aumento dell’altezza dello strato di ceneri, che comporta il consumo successivo e completo (a meno degli incombusti) del char nei blocchi coinvolti. La progressiva diminuzione del potere calorifico inferiore (Figura 3.19) si giustifica con la progressiva diminuzione della quantità di CO e H2 presenti nel syngas (Figura 3.20), causata dalla sempre minore quantità di char disponibile per la reazione. Si fa comunque notare che, anche dopo 27 ore di funzionamento, il potere calorifico inferiore del syngas, anche se tende a diminuire, assume un valore sempre superiore rispetto a quello assunto durante il funzionamento a regime.

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Capitolo 3

96

0 4 8 12 16 20 24 28Tempo [h]

4

4.4

4.8

5.2

5.6

6

Pote

re c

alor

ifico

infe

riore

[MJ/

kg]

0

2

4

6

8

10

% d

i inc

ombu

sti

Hi [MJ/kg]% inc

0 4 8 12 16 20 24 28Tempo [h]

0.12

0.15

0.18

0.21

0.24

0.27

0.3

Com

posi

zion

e [%

vol

]

H2

CO

Figura 3.19 – Variazione nel tempo del potere calorifico inferiore del syngas e della percentuale di incombusti, nel caso in cui si abbia un incremento del 20% della portata dell’agente gassificante.

Figura 3.20 – Variazione nel tempo della quantità di H2 e CO contenuti nel syngas, nel caso in cui si abbia un incremento del 20% della portata dell’agente gassificante.

Le Figure 3.21 e 3.22 riportano il profilo di temperatura del solido nel caso in cui, questa volta, a partire dalla condizione di regime, si abbia un decremento della portata di agente gassificante rispettivamente del 10% e del 20% rispetto alle condizioni nominali.

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800

Temperatura [k]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Regimedopo 6hdopo 12hdopo 24h

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800

Temperatura [k]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Regimedopo 6hdopo 12hdopo 24h

Figura 3.21 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel tempo per una riduzione del 10% della portata dell’agente gassificante a partire dalla condizione di regime.

Figura 3.22 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel tempo per una riduzione del 20% della portata dell’agente gassificante a partire dalla condizione di regime.

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

97

Dalla Figura 3.21 si può osservare come una condizione di lavoro di questo tipo non sia sostenibile per periodi troppo lunghi. Infatti, la diminuzione dell’agente gassificante produce una minore quantità di char reagito e, dato che la quantità di carbone in ingresso resta costante, si ha una progressiva diminuzione dello strato di ceneri, fino ad ottenere una fuoriuscita di incombusti sempre più consistente. Dal modello si ricava una quantità di incombusti pari al 5% dopo la 22° ora di funzionamento e pari al 7.8% dopo 24 ore. La Figura 3.22 mostra come una riduzione della portata di agente gassificante del 20% sia ovviamente sostenibile per ancora meno tempo, difatti in questo caso si ha una quantità di incombusti pari al 5% dopo sole 8 ore di funzionamento per arrivare dopo circa 17 ore alla nuova condizione di regime con circa il 19% di incombusti. Si può osservare inoltre un progressivo aumento della temperatura massima per il solido con la diminuzione dell’altezza dello strato di ceneri. Ciò in generale avviene perché la quantità di ossigeno che reagisce è maggiore rispetto al caso con portate nominali, e man mano che il blocco con la temperatura massima è collocato sempre più in basso, diminuisce la quantità di CO2 disponibile per la reazione eterogenea, quindi il calore richiesto dalle reazioni di gassificazione. Nella nuova condizione di regime il picco si ha nel blocco 1, in cui reagisce circa il 54% dell’ossigeno in ingresso (in massa), ma il blocco 1 è anche in questo caso il primo blocco di combustione, quindi la CO2 disponibile per la reazione eterogenea è solo quella presente nell’aria. Il progressivo aumento di temperatura del solido non è del tutto apprezzabile nella Figura 3.21, infatti in questo caso non si raggiunge dopo 24 ore una nuova condizione di regime, e la composizione delle ceneri in uscita ha carattere ondulatorio, con quindi una quantità variabile di solido che interagisce con il gas. Le Figure 3.23 e 3.24 sono relative al caso in cui la portata di agente gassificante viene ridotta del 20%, e riportano il potere calorifico inferiore e la percentuale di incombusti la prima, la quantità di H2 e CO presenti nel syngas la seconda. Per entrambe le figure l’asse del tempo parte dall’ottava ora successiva alla variazione delle condizioni di regime, e non riporta il transitorio iniziale. Dalla Figura 3.23 si vede come alla nuova condizione di regime corrisponda una maggiore quantità di incombusti e un valore inferiore del potere calorifico del syngas rispetto alle condizioni nominali. La Figura 3.24 mostra come la causa della diminuzione del potere calorifico sia essenzialmente dovuta alla minore quantità di CO presente nel syngas, mentre la quantità di idrogeno resta praticamente costante.

Un altro modo per far variare la portata di syngas prodotta è dato dalla variazione della sola portata d’aria. In questo modo viene mantenuta costante la produzione di vapore. Le Figure 3.25 e 3.26 riportano quindi i casi analoghi a quelli mostrati nelle Figure 3.17 e 3.18, ma con la variazione della sola portata d’aria. Dalla Figura 3.25 si può osservare come in questo caso si abbia una temperatura leggermente più elevata rispetto a quella ottenuta a regime, in quanto, per esempio rispetto al caso riportato in Figura 3.17, una minore quantità di vapore comporta una minore quantità di char coinvolto nella reazione di gassificazione relativa, che come è noto è endotermica. Inoltre, la quantità minore di char reagito, fa si che lo

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Capitolo 3

98

strato di ceneri sia in quest’ultimo caso leggermente più basso. Le stesse considerazioni sono valide anche nel caso riportato in Figura 3.26 e per il confronto con l’analogo caso di Figura 3.18.

8 12 16 20 24 28

Tempo [h]

5.1

5.2

5.3

5.4

5.5

5.6

Pote

re c

alor

ifico

infe

riore

[MJ/

kg]

0

10

20

30

40

50

% d

i inc

ombu

sti

Hi [MJ/kg]% inc

8 12 16 20 24 28

Tempo [h]

0.1

0.13

0.16

0.19

0.22

0.25

Com

posi

zion

e [%

vol

]H2CO

Figura 3.23 – Variazione nel tempo del potere calorifico inferiore del syngas e della percentuale di incombusti, nel caso in cui si abbia una riduzione del 20% della portata dell’agente gassificante.

Figura 3.24 – Variazione nel tempo della quantità di H2 e CO contenuti nel syngas, nel caso in cui si abbia una riduzione del 20% della portata dell’agente gassificante.

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Temperatura [k]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Regimedopo 6hdopo 12hdopo 24h

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800

Temperatura [k]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Regimedopo 6hdopo 12hdopo 24h

Figura 3.25 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel tempo per un incremento del 10% della portata d’aria partire dalla condizione di regime.

Figura 3.26 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel tempo per un incremento del 20% della portata d’aria a partire dalla condizione di regime.

Al caso relativo all’incremento della portata d’aria del 20% fanno riferimento anche le Figure 3.27 e 3.28. Dal confronto tra le Figure 3.27 e 3.28 con le Figure

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

99

3.19 e 3.20 si può osservare come un rapporto aria/vapore più alto consenta di ottenere un valore più elevato del potere calorifico. Difatti, come riportato nella Figura 3.28, il syngas prodotto ha una concentrazione di CO maggiore rispetto al caso di Figura 3.20 a scapito di una quantità di H2 leggermente più bassa.

0 4 8 12 16 20 24 28Tempo [h]

4

4.4

4.8

5.2

5.6

6

Pote

re c

alor

ifico

infe

riore

[MJ/

kg]

0

2

4

6

8

10

% d

i inc

ombu

sti

Hi [MJ/kg]% inc

0 4 8 12 16 20 24 28Tempo [h]

0.12

0.15

0.18

0.21

0.24

0.27

0.3

Com

posi

zion

e [%

vol

]

H2

CO

Figura 3.27 – Variazione nel tempo del potere calorifico inferiore del syngas e della percentuale di incombusti, nel caso in cui si abbia un incremento del 20% della portata d’aria.

Figura 3.28 – Variazione nel tempo della quantità di H2 e CO contenuti nel syngas, nel caso in cui si abbia un incremento del 20% della portata d’aria.

Infine, le Figure 3.29 e 3.30 riportano i casi in cui le portate d’aria vengano ridotte rispettivamente del 10% e del 20%, in modo analogo a quanto visto nelle Figure 3.21 e 3.22. Anche in questo caso, una riduzione delle portate d’aria porta ad un funzionamento accettabile solo per un periodo limitato di tempo a causa dell’alta percentuale di incombusti.

Quindi, quando vengono incrementati entrambi gli agenti gassificanti o solamente l’aria, il nuovo assetto operativo non può essere tollerato a lungo dal gassificatore, in quanto si ha un progressivo incremento dell’altezza dello strato di ceneri, fino al consumo del letto. Nel caso opposto, una portata minore porta ad un nuovo stato di equilibrio che presenta una quantità maggiore di incombusti. Le simulazioni finora proposte danno una indicazione sul comportamento del gassificatore se si permane nella condizione di off-design per un dato periodo di tempo, ma non danno nessuna informazione su cosa accade quando dalla situazione di off-design si passa nuovamente alla condizione nominale. A questo proposito, la Figura 3.31 riporta il caso in cui si ha un incremento della portata d’aria del 10% rispetto alla portata nominale per cinque ore, per poi ritornare alle condizioni nominali.

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Capitolo 3

100

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Temperatura [k]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Regimedopo 6hdopo 12hdopo 24h

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Temperatura [k]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Regimedopo 6hdopo 12hdopo 24h

Figura 3.29 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel tempo per una riduzione del 10% della portata dell’aria a partire dalla condizione di regime.

Figura 3.30 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel tempo per una riduzione del 20% della portata dell’aria a partire dalla condizione di regime.

0 4 8 12 16 20 24Tempo [h]

1

1.1

1.2

Por

tata

d'a

ria /

Por

tata

d'a

ria n

omin

ale

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Temperatura [K]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Regimedopo 5hdopo 24h

Figura 3.31 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel tempo quando la portata d’aria viene incrementata del 10% rispetto alla portata nominale per cinque ore.

Dalla Figura 3.31 si può osservare, a parte l’ovvia riduzione dei valori della temperatura causata dalla minore quantità di ossigeno introdotta dopo la quinta ora, come il gassificatore abbia trovato una nuova condizione di regime, nella quale l’altezza delle ceneri resta pari all’altezza acquisita dal sistema dopo che cessa l’incremento della portata d’aria. In pratica, una curva di carico come quella riportata in Figura 3.31 (a sinistra) non può essere ripetuta quotidianamente, a meno che non contenga al suo interno una riduzione della portata d’aria in grado di ristabilire le condizioni di regime entro la 24° ora. Diverso è il caso in cui la portata venga ridotta del 10% per 5 ore e non incrementata, come riportato dalla

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Modellazione del comportamento dinamico del gassificatore

101

Figura 3.32. In questa specifica situazione il sistema riesce a tornare nelle condizioni di regime precedenti entro le 24 ore dall’inizio del disturbo e senza necessità di controlli particolari. Analogo al caso riportato in Figura 3.31 è invece il caso riportato in Figura 3.33, in cui si ha una riduzione della portata d’aria del 20% per 5 ore, in queste condizioni viene trovato un nuovo equilibrio e la nuova curva di temperatura del solido sta al di sotto della curva di temperatura che si aveva nella condizione di regime iniziale.

0 4 8 12 16 20 24Tempo [h]

0.8

0.9

1

1.1

Por

tata

d'a

ria /

Por

tata

d'a

ria n

omin

ale

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Temperatura [K]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Regimedopo 5hdopo 24h

Figura 3.32 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel tempo quando la portata d’aria viene ridotta del 10% rispetto alla portata nominale per cinque ore.

0 4 8 12 16 20 24Tempo [h]

0.7

0.8

0.9

1

1.1

Por

tata

d'a

ria /

Por

tata

d'a

ria n

omin

ale

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Temperatura [K]

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

2.2

Alte

zza

[m]

Regimedopo 5hdopo 24h

Figura 3.33 – Variazione del profilo di temperatura del solido nel tempo quando la portata d’aria viene ridotta del 20% rispetto alla portata nominale per cinque ore.

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Capitolo 3

102

In generale l’adattamento del funzionamento di un gassificatore a letto fisso ad una curva di carico giornaliera appare una operazione piuttosto complessa. In ogni caso, la curva di carico seguita dal gassificatore sarà basata sulla curva di carico dell’utenza ma non coinciderà con questa. Infatti solitamente le utenze presentano delle curve di carico fortemente variabili, e sarà compito dei sistemi che garantiscono la flessibilità della microrete assecondare la domanda. Il gassificatore dovrà pertanto garantire che i sistemi di accumulo siano in grado di soddisfare la richiesta dell’utenza, in modo che l’integrazione con altri combustibili o con la rete elettrica classica (macrorete) qualora possibile, siano delle eccezioni, a meno di una convenienza di tipo economico dovuta a particolari condizioni contrattuali.

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103

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104

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CONCLUSIONI In questo lavoro è stata valutata l’opportunità dell’integrazione del processo di gassificazione

nelle microreti, ed eventualmente, quali potrebbero essere le migliori modalità di inserimento. Per effettuare tale studio sono stati utilizzati diversi modelli matematici, in grado di riprodurre le prestazioni di soluzioni impiantistiche complesse, in condizioni di design e off design.

Dall’applicazione dei modelli stazionari è emerso come le prestazioni degli impianti nei quali la sezione di gassificazione è integrata con la sezione ibrida (cella a combustibile e microturbina a gas), appaiano molto interessanti in contesti in cui si pensa di utilizzare il carbone in applicazioni di piccola e media scala. Infatti, per esempio, le soluzioni proposte che includono le celle a carbonati fusi sono in grado di raggiungere efficienze prossime al 40%, mentre quelle con celle ad ossidi solidi possono raggiungere efficienze superiori al 46%. Questi dati appaiono di particolare interesse, soprattutto nel caso delle celle ad ossidi solidi, se confrontati con l’efficienza del 50% attesa per i grossi impianti di gassificazione integrati con cicli combinati avanzati o con celle a combustibile ad alta temperatura. Si può quindi sostenere che i sistemi di gassificazione del carbone integrati con celle a combustibile ad elevata temperatura possano essere una opzione molto interessante per l’immediato futuro. L’applicazione del modello non stazionario del gassificatore ha mostrato come l’adattamento del suo funzionamento in base alla richiesta dell’utenza sia una operazione piuttosto complessa. In ogni caso, noti i limiti tecnici del gassificatore, il modello proposto può essere un valido strumento per stabilire i limiti di gestione durante il funzionamento in off-design, in modo da individuare la migliore condizione di lavoro in funzione del carico richiesto dall’utenza.

Fino a quando non vi saranno delle valide alternative ai combustibili fossili, in grado di penetrare gradualmente nel mercato fino a sostituirli, il carbone, se utilizzato in sistemi come gli impianti di gassificazione, potrà fornire con un limitato impatto ambientale un valido apporto nel processo di diversificazione delle fonti energetiche, e, accompagnato da un utilizzo razionale dell’energia, limitare l’esposizione del nostro Paese alle speculazioni del mercato internazionale.