Modellazione costitutiva dei terreni a grana grossa ...

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RIVISTA ITALIANA DI GEOTECNICA 3/2008 Modellazione costitutiva dei terreni a grana grossa impiegati per la realizzazione delle dighe di materiali sciolti Giuseppe Modoni* Sommario I terreni a grana grossa sono impiegati per la formazione dei rinfianchi delle dighe zonate con nucleo di tenuta o per l’intero corpo del rilevato nelle dighe con manto impermeabile. La modellazione costitutiva di questi materiali rappresenta quindi uno degli aspetti più importanti, anche se spesso trascurati, nella previsione del comportamento delle dighe in ma- teriali sciolti. Questa osservazione assume un rilievo ancora maggiore se si considera la complessità del regime di sollecita- zioni a cui le dighe sono normalmente sottoposte. La necessità di definire correttamente i legami costitutivi dei terreni a grana grossa non trova tuttavia adeguato riscontro nella letteratura, principalmente a causa della difficoltà di coniugare la complessità e l’accuratezza delle procedure sperimentali con le inusuali dimensioni delle apparecchiature di laboratorio. Con la presente nota si intende fornire un contributo, di carattere sperimentale e teorico, all’analisi della risposta mecca- nica dei materiali ghiaiosi. La fase sperimentale dello studio ha comportato l’esecuzione di numerose prove triassiali su campioni di grandi dimensioni ricostituiti in laboratorio. Il programma di prove è stato articolato con l’intento di indagare la risposta dei terreni compattati a diversi livelli di addensamento, sottoponendo questi ultimi a percorsi di tensione mo- notonici e ciclici molto differenti tra loro. La notevole precisione della strumentazione di laboratorio adoperata ha consen- tito di svolgere tale analisi a partire da livelli di deformazione molto piccoli. Per l’inquadramento teorico dei risultati spe- rimentali si è formulato un modello costitutivo elasto-plastico, basato sulla teoria dello stato critico. Il modello è stato con- cepito, combinando tra loro alcune relazioni ricavate dalla letteratura con altre introdotte specificatamente in questa sede, per ottenere la migliore simulazione possibile del comportamento osservato sperimentalmente. Nell’ultima parte della no- ta si riporta una prima applicazione di tale modello. Parole chiave: diga in materiali sciolti, ghiaia, legame costitutivo, carico ciclico, stato critico. 1. I materiali a grana grossa nelle dighe di terra Tra le varie tipologie di opere di sbarramento idraulico, le dighe di materiali sciolti costituiscono tradizionalmente uno dei capitoli di maggiore inte- resse tecnico e scientifico, sia per l’elevato numero di esempi realizzati in tutto il mondo, sia per le di- mensioni ragguardevoli che essi raggiungono in al- cuni casi, sia per la notevole complessità del com- portamento idraulico e meccanico delle diverse componenti. Nelle tipologie di dighe di materiali sciolti più comunemente realizzate, siano esse a corpo omoge- neo rivestite sul paramento di monte con un manto impermeabile, oppure dotate di nucleo in argilla o di diaframma plastico, il compito di assorbire gli sforzi prodotti dal peso proprio del rilevato e dalle azioni esterne è affidato a porzioni del rilevato costi- tuite da terreni a grana grossa (ghiaie e sabbie, o rockfill). Questi materiali possiedono un assortimento di caratteristiche fisiche, idrauliche emeccaniche tali da rendere il loro impiego particolarmente vantag- gioso. Ne è una testimonianza il fatto che la più an- tica diga in rockfill conosciuta risale al 2600 a. c. [KE- RISEL, 1985] e che le dighe di dimensioni più impo- nenti sono attualmente realizzate con materiali ghiaiosi [KOLICHKO e FIL, 1985]. Si aggiunga inoltre che essendo questi materiali lavorabili e reperibili con relativa facilità, è possibile ottenere costi di ap- provvigionamento e posa in opera spesso conve- nienti. A differenza delle ghiaie che, nelle diverse nor- mative, sono definite chiaramente in funzione della loro composizione granulometrica [e. g. ASTM D2487, 2000], non esiste una definizione altrettanto netta per i rockfill. Genericamente si tratta di mate- riali di cava ottenuti senza particolari operazioni di selezione granulometrica. BREITENBACH [1993] pro- pone di classificare come rockfill quei materiali che non rispettano i limiti posti dalle normative ASTM per la determinazione della densità massima e del contenuto di acqua ottimo. Rientrano quindi in que- sta categoria quei materiali granulari per i quali la percentuale in peso di trattenuto allo staccio da * Università degli Studi di Cassino

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RIVISTA ITALIANA DI GEOTECNICA 3/2008

Modellazione costitutiva dei terreni a grana grossa impiegati per la realizzazione delle dighe di materiali sciolti

Giuseppe Modoni*

SommarioI terreni a grana grossa sono impiegati per la formazione dei rinfianchi delle dighe zonate con nucleo di tenuta o per

l’intero corpo del rilevato nelle dighe con manto impermeabile. La modellazione costitutiva di questi materiali rappresentaquindi uno degli aspetti più importanti, anche se spesso trascurati, nella previsione del comportamento delle dighe in ma-teriali sciolti. Questa osservazione assume un rilievo ancora maggiore se si considera la complessità del regime di sollecita-zioni a cui le dighe sono normalmente sottoposte. La necessità di definire correttamente i legami costitutivi dei terreni agrana grossa non trova tuttavia adeguato riscontro nella letteratura, principalmente a causa della difficoltà di coniugare lacomplessità e l’accuratezza delle procedure sperimentali con le inusuali dimensioni delle apparecchiature di laboratorio.Con la presente nota si intende fornire un contributo, di carattere sperimentale e teorico, all’analisi della risposta mecca-nica dei materiali ghiaiosi. La fase sperimentale dello studio ha comportato l’esecuzione di numerose prove triassiali sucampioni di grandi dimensioni ricostituiti in laboratorio. Il programma di prove è stato articolato con l’intento di indagarela risposta dei terreni compattati a diversi livelli di addensamento, sottoponendo questi ultimi a percorsi di tensione mo-notonici e ciclici molto differenti tra loro. La notevole precisione della strumentazione di laboratorio adoperata ha consen-tito di svolgere tale analisi a partire da livelli di deformazione molto piccoli. Per l’inquadramento teorico dei risultati spe-rimentali si è formulato un modello costitutivo elasto-plastico, basato sulla teoria dello stato critico. Il modello è stato con-cepito, combinando tra loro alcune relazioni ricavate dalla letteratura con altre introdotte specificatamente in questa sede,per ottenere la migliore simulazione possibile del comportamento osservato sperimentalmente. Nell’ultima parte della no-ta si riporta una prima applicazione di tale modello.Parole chiave: diga in materiali sciolti, ghiaia, legame costitutivo, carico ciclico, stato critico.

1. I materiali a grana grossa nelle dighe di terra

Tra le varie tipologie di opere di sbarramentoidraulico, le dighe di materiali sciolti costituisconotradizionalmente uno dei capitoli di maggiore inte-resse tecnico e scientifico, sia per l’elevato numerodi esempi realizzati in tutto il mondo, sia per le di-mensioni ragguardevoli che essi raggiungono in al-cuni casi, sia per la notevole complessità del com-portamento idraulico e meccanico delle diversecomponenti.

Nelle tipologie di dighe di materiali sciolti piùcomunemente realizzate, siano esse a corpo omoge-neo rivestite sul paramento di monte con un mantoimpermeabile, oppure dotate di nucleo in argilla odi diaframma plastico, il compito di assorbire glisforzi prodotti dal peso proprio del rilevato e dalleazioni esterne è affidato a porzioni del rilevato costi-tuite da terreni a grana grossa (ghiaie e sabbie, orockfill).

Questi materiali possiedono un assortimento dicaratteristiche fisiche, idrauliche emeccaniche talida rendere il loro impiego particolarmente vantag-gioso. Ne è una testimonianza il fatto che la più an-tica diga in rockfill conosciuta risale al 2600 a. c. [KE-RISEL, 1985] e che le dighe di dimensioni più impo-nenti sono attualmente realizzate con materialighiaiosi [KOLICHKO e FIL, 1985]. Si aggiunga inoltreche essendo questi materiali lavorabili e reperibilicon relativa facilità, è possibile ottenere costi di ap-provvigionamento e posa in opera spesso conve-nienti.

A differenza delle ghiaie che, nelle diverse nor-mative, sono definite chiaramente in funzione dellaloro composizione granulometrica [e. g. ASTMD2487, 2000], non esiste una definizione altrettantonetta per i rockfill. Genericamente si tratta di mate-riali di cava ottenuti senza particolari operazioni diselezione granulometrica. BREITENBACH [1993] pro-pone di classificare come rockfill quei materiali chenon rispettano i limiti posti dalle normative ASTMper la determinazione della densità massima e delcontenuto di acqua ottimo. Rientrano quindi in que-sta categoria quei materiali granulari per i quali lapercentuale in peso di trattenuto allo staccio da* Università degli Studi di Cassino

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19 mm è superiore al 30% e la percentuale di pas-sante allo staccio da 75 μm è inferiore al 15%. Sitratta in definitiva di terreni a grana grossa, costitu-iti in prevalenza da ghiaie e sabbie, nei quali è pos-sibile la presenza di blocchi a patto che le dimen-sioni di questi non eccedano lo spessore degli stratidel rilevato (mediamente 30 cm).

La posa in opera di questi terreni ha subito unaradicale evoluzione a partire dagli anni ’50 del se-colo scorso, da quando cioè si è passati da una posain opera alla rinfusa del materiale, talora favorita dagetti d’acqua, ad un controllo accurato del conte-nuto d’acqua ed ad un compattamento in strati dimodesto spessore, mediante rulli vibranti, gommatio metallici. Queste nuove tecniche hanno avuto ilpregio di rendere il materiale più omogeneo ri-spetto al passato, consentendo un controllo abba-stanza accurato della sua densità. Quale conse-guenza pratica più significativa, si è ottenuto di con-tenere le deformazioni medie del rilevato derivantidal peso proprio e dall’invaso del serbatoio, a valoriin alcuni casi prossimi a 0.1 %, a fronte di valori su-periori a 1% tipicamente osservati per le dighe incui il materiale era posto in opera senza compatta-mento [VEIGA PINTO, 1991].

2. Modellazione costitutiva

Gli aspetti richiamati in precedenza sulle dighedi materiali sciolti pongono la necessità di preve-dere, nella fase di progettazione, il comportamentodelle opere correlandolo alle caratteristiche dei ma-teriali adoperati ed alle modalità di posa in opera.Riferendosi più esplicitamente alla previsione deglispostamenti e degli sforzi all’interno del corpo delrilevato, occorre definire in maniera adeguata i le-gami costitutivi dei terreni a grana grossa. Per que-sti materiali, al contrario degli altri terreni a granu-lometria più fine, i modelli disponibili in letteraturaed impiegati nelle simulazioni sono generalmentepiuttosto semplificati.

Il presente lavoro rientra nell’ambito di un’atti-vità di ricerca mirata a chiarire, con l’aiuto di unadettagliata sperimentazione di laboratorio, i carat-teri fondamentali del comportamento meccanicodei materiali ghiaiosi ed a sintetizzare tali osserva-zioni in opportuni modelli costitutivi. Poiché la basedi partenza sperimentale è costituita dai risultati diprove triassiali, le analisi teoriche svolte di seguitosono limitate a questa categoria di stati tensionali edeformativi. Le tensioni sono quindi espresse me-diante i classici invarianti p’ e q, le deformazioni coni rispettivi invarianti coniugati εp e εq:

(1. a)

(1. b)

Con lo spirito di valutare gli effetti della posa inopera dei materiali sul loro comportamento mecca-nico si è considerata, dapprima nella sperimenta-zione ed in seguito nella modellazione, l’influenzadel grado di addensamento dei terreni. Tenendopoi conto del fatto che i rilevati subiscono azioni va-riabili in maniera non strettamente crescente, si èprestata particolare cura all’analisi dei legami costi-tutivi in campo ciclico.

Il mezzo granulare è stato assimilato ad un con-tinuo le cui deformazioni sono costituite da unacomponente elastica ed una plastica:

(2)

Per comprendere meglio il significato di questaposizione si riportano, a titolo di esempio, i risultatidi una prova triassiale eseguita sulla ghiaia di Chiba,dalla quale si osservano alcune importanti peculia-rità del comportamento di questi materiali. In gene-rale, le deformazioni volumetriche εp sviluppatenella fase di compressione isotropa (Fig. 1a) e le de-formazioni distorsionali εq prodotte nella fase di ta-glio (Fig. 1b) sono molto contenute; la risposta

Fig. 1 – Risultati di una prova triassiale su ghiaia di Chibacompattata artificialmente con un indice dei vuoti inizialeeo=0.213 (a. compressione isotropa; b. taglio a tensioneradiale efficace costante σ’h= 638 kPa).Fig. 1 – Results of a triaxial tests on Chiba gravel artificially compacted with an initial void ratio eo=0.213 (a. isotropic compression; b. shear at constant σ’h= 638 kPa).

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tenso-deformativa del terreno è, in entrambi i casi,marcatamente non lineare.

Tale circostanza si verifica sia durante la fase diprimo carico, sia nel corso dei successivi scarichi ericarichi. Per confronto si riportano sugli stessi dia-grammi gli andamenti delle deformazioni elastichecalcolate nel seguente modo:

(3a)

(3b)

in cui κ e G rappresentano funzioni interpolantidei valori sperimentali rispettivamente di Δp’/Δεp eΔq/Δεq, calcolati con cicli di scarico e ricarico dipiccola ampiezza (Δε<0.001%). Questa operazioneè stata compiuta nell’ipotesi che le prime defor-mazioni sviluppate in seguito all’inversione delpercorso tensionale siano reversibili e che, quindi,il comportamento del terreno in questa fase sia as-similabile a quello di un mezzo elastico [TATSUOKA

et al., 1997].Il confronto di queste deformazioni con quelle

totali rivela che, almeno fino a livelli di carico consi-derati, il comportamento tenso-deformativo del ter-reno in fase di compressione isotropa è quasi inte-gralmente reversibile ed è assimilabile a quello di unmezzo elastico non lineare. Viceversa, durante la fasedi taglio, le deformazioni elastiche rappresentanosoltanto un’aliquota delle deformazioni totali, inquanto è presente una deformazione irreversibile siadurante il primo carico, sia nel corso dei successiviscarichi e ricarichi. Comunque, in tutti i casi esami-nati si osserva il peso non trascurabile della compo-nente elastica sulla risposta meccanica complessivadel terreno.

La seguente trattazione teorica è stata svilup-pata separando nettamente le componenti elastichee plastiche della deformazione e ritenendo che nonvi sia alcuna correlazione tra di esse. Nella realtà siassiste ad un evidente decadimento dei moduli ela-stici del terreno a seguito dello sviluppo di elevatedeformazioni distorsionali [e. g. THOMANN E HRYCIW,1992]. Nel caso particolare delle ghiaie [MODONI,1999], questi effetti si sono manifestati in manieraevidente soltanto in prossimità della condizione dirottura dei terreni. Pertanto, nell’intento di model-lare il comportamento dei terreni a livelli di defor-mazione contenuti, lontani dalle condizioni di rot-tura, si è ritenuto di potere trascurare tale correla-zione senza per questo motivo introdurre erroriparticolarmente significativi.

2.1. Deformazioni elastiche

A seguito dello sviluppo di apparecchiature dilaboratorio sempre più sofisticate, una copiosaesperienza è stata maturata nello scorso decenniosul comportamento dei terreni a piccoli livelli di de-formazione [e. g. BURLAND, 1989; STOKOE et al., 1995;TATSUOKA E SHIBUYA, 1992]. In particolare, la speri-mentazione sui terreni sabbiosi e ghiaiosi [KOHATA etal., 1997] ha contribuito a definire quantitativa-mente il ruolo del compattamento artificiale sulleloro proprietà elastiche, evidenziando che ad unariduzione dell’indice dei vuoti dei terreni corri-sponde un generale aumento dei moduli di rigi-dezza. Tale dipendenza si trova in sostanziale ac-cordo con quella osservata molti anni prima da HAR-DIN e RICHART [1963] sulla sabbia di Ottawa sottopo-sta a prove di colonna risonante. Parallelamente si èanche osservato che il compattamento, esercitatocon azioni prevalentemente verticali, contribuisce agenerare una sostanziale anisotropia dei moduli dirigidezza dei terreni [JIANG et al., 1997]. A questa ani-sotropia “intrinseca” se ne aggiunge un’altra, in-dotta dallo stato tensionale corrente, che scaturiscedalla dipendenza [JIANG et al., 1997] dei moduli di ri-gidezza normali dalle componenti normali dellatensione ad essi parallele e dalla scarsa influenzaesercitata sugli stessi moduli della altre componentidella tensione.

Tutti questi aspetti osservati sperimentalmentetrovano un’esauriente formulazione analitica in unmodello introdotto da TATSUOKA e KOHATA [1995]. Li-mitando la trattazione agli stati tensionali e defor-mativi assialsimmetrici, i legami costitutivi di talemodello sono espressi dalle seguenti relazioni:

(4. a)

in cui:

(4. b)

pr è posta pari a 1 kPa e rappresenta una pressionedi riferimento, f(e) è una funzione dell’indice deivuoti, Io quantifica l’anisotropia intrinseca del mate-riale. E1, νo, m e n sono parametri da valutare speri-mentalmente per il terreno in esame.

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2.2. Deformazioni plastiche

Il ruolo della densità sulla risposta tenso-defor-mativa dei terreni fu identificato sperimentalmentegià da CASAGRANDE [1936], il quale osservò che mate-riali granulari compattati a diversi gradi di adden-samento e sottoposti alla medesima prova di tagliosi comprimevano e/o dilatavano tendendo verso unidentico valore finale dell’indice dei vuoti. Tale os-servazione, successivamente estesa alle tensioni effi-caci agenti sul terreno, diede luogo al concetto piùgenerale di stato critico [SCHOFIELD e WROTH, 1968].Un’ampia classe di modelli costitutivi è oggi definitabasandosi sul principio che le deformazioni distor-sionali portino lo stato tensionale e volumetrico delterreno verso una condizione stazionaria, definitanello spazio p’-q-e dalle seguenti relazioni:

(5a)

(5b)

in cui M, Γ e λ rappresentano tre parametri costitu-tivi del terreno.

Con particolare riferimento ai terreni sabbiosiJEFFERIES [1993] considera nel piano e-p’ la curva de-finita dalla relazione (5b) come un riferimento ecorrela la risposta tenso-deformativa del terreno aduna variabile di stato ψ computata nel seguentemodo:

(6)

Questa strategia è stata ripresa in seguito da nu-merosi altri autori, tra i quali MUIR WOOD et al.[1994], che hanno identificato una superficie limitesuperiore dello spazio p’-q-e, comprendente illuogo di stato critico, verso la quale tende lo statodel terreno sottoposto a deformazioni distorsionalicrescenti. Nel presente lavoro si è mutuato il mede-simo concetto per definire l’incrudimento plasticodel terreno.

2.2.1. INCRUDIMENTO PLASTICO

Per esprimere la non linearità del comporta-mento del terreno ed il progressivo decadimentodella rigidezza fino alla condizione di rottura si èfatto riferimento al concetto di superficie limite [DA-FALIAS e POPOV, 1975]. La formulazione matematicadi questa superficie, analogamente a quella delle su-perfici di snervamento, è espressa in funzione dellavariabile tensionale S che, per stati tensionali assial-simmetrici, dipende dagli invarianti p’ e q (Eq. 1a)mediante la seguente relazione:

(7)

La scelta di tale variabile risiede nel fatto che, ri-spetto al più convenzionale rapporto tra invariantiη=q/p’, essa presenta il vantaggio di fornire, con-gruentemente con le osservazioni sperimentali, le-gami tensioni-deformazioni simmetrici per i rami discarico e di ricarico delle prove cicliche.

Il limite superiore Su. b. della variabile preceden-temente definita è espresso in funzione della varia-bile di stato ψ, mediante la seguente relazione:

(8)

in cui sinφ’cs, rappresenta il seno dell’angolo di attri-to di stato critico del terreno e k un parametro cos-titutivo del terreno. Si osservi che tale relazione de-scrive nello spazio p’-q-e la superficie limite e chequesta comprende il luogo di stato critico definitodalle relazioni (5).

L’evoluzione della superficie di snervamento incondizioni di primo carico è legata alle deforma-zioni distorsionali plastiche εp

q tramite la seguenterelazione:

(9)

Nel caso considerato di deformazioni assialsim-metriche εp

q (Eq. 1b) risulta positiva se εpv>εp

h

(compressione triassiale), negativa se εpv<εp

h

(estensione triassiale). Le costanti B e c rappresen-tano due parametri costitutivi da determinare attra-verso un confronto con i risultati sperimentali. Inparticolare, si osservi che la costante c, alla quale de-vono essere attribuiti valori inferiori all’unità, con-sente di ottenere una pendenza iniziale verticaledelle curve tensioni-deformazioni ed è stata quindiintrodotta con l’intento di migliorare l’interpola-zione dei risultati sperimentali.

Un ultimo parametro di calibrazione è rappre-sentato dal fattore I, introdotto nella relazione (9)per quantificare le differenze osservate sperimental-mente nei percorsi di compressione ed estensione.Più in generale esso esprime il ruolo dell’anisotro-pia del comportamento del terreno e la funzionedella tensione principale intermedia, non contem-plata nella variabile S. In un formulazione più estesaesso dovrebbe quindi essere funzione anche delladirezione del percorso tensionale seguito. Nel casoin esame, in cui la sperimentazione ha previsto sol-tanto prove triassiali di compressione o di esten-sione, esso è stato valutato con riferimento a questi

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due stati tensionali e deformativi (I=Icom perσ’v>σ’h; I=Iext per σ’v<σ’h).

La relazione (9) definisce implicitamente unafamiglia di superfici di snervamento primario nelpiano p’-q-e, a ciascuna delle quali compete un asse-gnato livello di deformazione distorsionale plastica.

È possibile osservare (Fig. 2b) che le sezioni ditali superfici con piani paralleli agli assi p’ e q(e=costante) presentano un andamento curvilineo,uscente dall’origine del sistema di assi coordinati,congruente con le osservazioni sperimentali rica-vate su terreni incoerenti [TATSUOKA e ISHIHARA,1974].

Nella formulazione del modello si è ipotizzatoche le superfici di snervamento corrispondenti astati tensionali con q>0 e con q<0, evolvano con-temporaneamente (Fig. 2b) essendo legate l’unaall’altra dalla seguente proporzione:

(10)

Se, a partire da una condizione di primo carico,si inverte il percorso tensionale (tratto 1-2 in Fig.2a), si genera un incrudimento plastico secondariodescritto dalla seguente relazione:

(11)

I valori della variabile tensionale (S/Su. b. ) e delladeformazione εp

q sono computati nella relazione(11) a partire dal punto di inversione del percorsotensionale. Si viene così a formare una superficie disnervamento di secondo livello (2 in Fig. 2b) cheevolve nello spazio p’-q-e internamente alla por-zione confinata dalle superfici di snervamento pri-marie.

Se si inverte nuovamente il percorso tensionale(2-3 in Fig. 2a) si ha un’ulteriore incrudimento eduna nuova superficie di snervamento di terzo livello(3 in Fig. 2b), legati tra loro dalla relazione (11).Analogamente si procede per ulteriori inversionidel percorso tensionale (es. 3-4 in Fig. 2a). Pertantola storia tensionale del terreno viene descritta, comenel modello introdotto da PREVOST et al. [1985], dauna serie di superfici di snervamento annidate. Cia-scuna superficie può evolvere isotropicamente nellaporzione di spazio p’-q-e compresa tra quelle deidue livelli precedenti. Se una generica superficie(es. la 4 in Fig. 2b) ne intercetta una di livello supe-riore (la 2 in Fig. 2b), lo stato tenso-deformativo delterreno evolve con la legge di incrudimento checompete a quest’ultima (vedi Fig. 2a). Tale condi-zione permane fino a quando non si intercettano lesuperfici di snervamento primario, dopodichè lalegge di incrudimento evolve con le modalità de-scritte dalla relazione (9). Si noti che, in virtù dellerelazioni di incrudimento (9) e (11), la condizione(10) che correla l’evoluzione delle superfici di sner-vamento primarie, equivale ad una traslazionedell’origine delle curve tensioni-deformazioni pla-stiche primarie (vedi Fig. 2a). Su tale principio è ba-sato il modello di incrudimento definito da MASUDA

et al. [1999].

2.2.2. LEGGE DI FLUSSO

L’esistenza di una relazione tra le variazioni diforma e di volume in un mezzo granulare furono ri-conosciute sin dal 1885 [Reynolds, citazione di COL-LINS e MUHUNTAN, 2003]. Per stabilire relazioni ana-litiche tra queste due componenti della deforma-zioni ci si basa tipicamente su considerazioni di ca-rattere energetico [TAYLOR, 1948]. In termini gene-rali, il lavoro fornito ad un elemento di terreno è inparte accumulato sotto forma di energia elastica, inparte speso per produrre deformazioni plastiche.

Fig. 2 – Modello di incrudimento plastico (a. legame ten-sioni deviatoriche – deformazioni distorsionali plastiche;b. sezione delle superfici di snervamento con un piano diequazione e = cost. ).Fig. 2 – Plastic hardening rule (a. deviator stress vs plastic distortional strain; b. yield surfaces sections on e=constant plane).

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Riferendosi soltanto a questa ultima aliquota, è pos-sibile scrivere la seguente relazione:

(12)

THURAIRAJAH [1961] ha osservato sperimental-mente che gli incrementi di energia plastica δΦp

possono essere espressi come prodotto della ten-sione efficace media p’, del rapporto tra gli inva-rianti q e p’ in condizioni di stato critico (M) e degliincrementi di deformazione distorsionale plasticadεp

q. Tale posizione conduce a scrivere la nota rela-zione:

(13)

in cui Dp rappresenta il rapporto tra gli incrementiinfinitesimi delle deformazioni volumetriche e dis-torsionali plastiche (dεp

p/dεpq). In una formulazione

leggermente differente, proposta da NOVA [1982],viene introdotto un termine aggiuntivo N*Dp (vediFig. 3) che JEFFERIES [1997] attribuisce ad una formadi energia accumulata dal terreno e restituita nellesuccessive fasi di scarico. Comunque, entrambe lerelazioni postulano l’esistenza di una relazione uni-ca tra il rapporto degli invarianti di tensione η equello degli incrementi degli invarianti di defor-mazione Dp. Le osservazioni sperimentali ricavatesu terreni incoerenti sabbiosi [NEGUSSEY et al., 1988]o ghiaiosi [FLORA e MODONI, 1998] mostrano inveceche tale relazione dipende dallo stato tensionale evolumetrico del terreno. Infatti, con particolareriferimento alle fasi di primo carico, mentre i terre-ni scarsamente addensati manifestano una tendenzaalla riduzione di volume simile a quella evidenziatadalla relazione (14), i terreni più densi dilatano inmisura maggiore (Fig. 3). I meccanismi deformativiche competono ai terreni sciolti e densi sono quindi

molto diversi tra loro. In particolare, se si ri-guardano in termini energetici (Eq. 12) i comporta-menti schematizzati nella figura 3 per terreni densie sciolti si osserva che nei primi l’energia dissipataper effetto di una deformazione distorsionale asseg-nata aumenta progressivamente al crescere di η;all’inizio si dissipa un’aliquota molto contenuta; alcrescere delle deformazioni distorsionali, la dissi-pazione aumenta fino al valore osservato da THURAI-RAJAH [1961].

L’effetto di tale fenomenologia nel piano η-Dp

consiste in una sostanziale differenza tra il valoredel rapporto η in condizioni di stato critico (M) e dimassima contrazione (Dp=0). Sperimentalmente sirileva che tale differenza risulta maggiore per bassivalori dell’indice dei vuoti (e) e della tensione effi-cace media (p’), ovvero per valori minori della varia-bile di stato ψ.

Nelle fasi di scarico e ricarico delle prove cicli-che, dove si hanno forme di incrudimento seconda-rie, la dissipazione dell’energia avviene in misuraancora più ridotta. Ne consegue che le curve speri-mentali nel piano η-Dp intersecano l’asse delle ordi-nate a valori più bassi di η [MODONI et al., 2003]. Per-tanto, per tenere conto di tali osservazioni, nel pre-sente lavoro si propone la seguente relazione:

(14)

Si noti che il primo termine del secondo mem-bro rappresenta il valore del rapporto η tra gli inva-rianti in corrispondenza del punto di massima con-trazione (Dp=0). Esso dipende dallo stato tensionalee volumetrico del terreno (ψ), dalla fase di carico (J= 1 per incrudimento primario, J < 1 per i succes-sivi livelli di incrudimento), dal verso delle deforma-zioni distorsionali plastiche (+ per Δεp

q>0 ; - perΔεp

q<0) e da tre parametri costitutivi del terreno (J,β e kD) da determinare mediante confronto con i ri-sultati sperimentali.

3. Calibrazione e validazione del modello

La verifica sperimentale della relazioni costitu-tive introdotte nei precedenti paragrafi è stata com-piuta con i risultati di numerose prove triassiali.Queste prove, eseguite presso i laboratori dell’Uni-versità di Tokyo, sulla ghiaia di Chiba [MODONI,1999] sono state concepite con l’obiettivo di inda-gare il comportamento della ghiaia nel più ampiointervallo possibile di condizioni sperimentali. In-fatti, i campioni di forma prismatica, con baseuguale a 23 cm ed altezza pari a 47 cm, sono staticompattati a diversi indici dei vuoti (Tab. I) suddivi-dendoli in strati di uguale spessore e sottoponendo

Fig. 3 – Relazioni teoriche e sperimentali tra η=q/p’ e di-latanza.Fig. 3 – Theoretical and experimental relations between stress ratio η and dilatancy.

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ciascuno strato ripetutamente alla caduta di un pesoda un’altezza prefissata fino ad ottenere lo spessore,e quindi l’addensamento, desiderato.

Inoltre, le diverse prove sono state eseguite va-riando le tensioni radiali efficaci (da un minimo di49 ad un massimo di 638 kPa) ed i percorsi tensio-nali. Sono stati inoltre applicati cicli di carico di di-versa ampiezza.

L’adozione di strumenti per la misura locale de-gli spostamenti [GOTO et al., 1991] ha consentito dieliminare alcuni importanti errori sperimentali, icui effetti sono risultati particolarmente evidenti sulcomportamento dei materiali da costruzione delledighe [DENDANI et al., 1988], e di garantire così unabuona ripetitività dei risultati. Sfruttando l’elevataaccuratezza di tali strumenti si sono valutate le ca-ratteristiche di rigidezza della ghiaia di Chiba a pic-coli livelli di deformazione (ε < 10-3 %), e si è così ca-librato il modello elastico (vedi Tab. II).

Nella figura 4 si riporta, a titolo di esempio,l’andamento dei moduli di rigidezza valutati in dire-

zione verticale in funzione della tensione verticaleefficace.

Per simulare le deformazioni plastiche con lerelazioni precedentemente introdotte occorre in-dividuare la posizione del luogo di stato critico edeterminare i relativi parametri. Tale operazionenon può essere compiuta riferendosi semplice-mente ai valori dell’indice dei vuoti o delle compo-nenti della tensione al termine delle prove poichéè noto che, nei campioni di ghiaia addensata, larottura avviene in maniera fragile e, a partire dellacondizione di picco, si verifica una localizzazionedelle deformazioni che inficia l’ipotesi di mezzocontinuo. Nel presente lavoro si è quindi adottatala strategia di individuare la posizione del luogo distato critico osservando, per le diverse prove [MO-DONI, 1999; JIANG, 1998], la tendenza manifestatadai punti rappresentativi dello stato tensionale evolumetrico del terreno prima che sia raggiunta lacondizione di picco. In particolare, si è ricavatadapprima la posizione della curva di stato criticonel piano e-p’ (Fig. 5a). Successivamente, avendocalcolato i valori della variabile di stato ψ, si sonodiagrammati in funzione di tale variabile i valoridel rapporto q/p’ in condizione di massima contra-zione (ηmc) ed in condizione di picco (ηp) (Fig. 5b).Il rapporto η in condizioni di stato critico(M=1.756) è stato quindi valutato come limite su-

Tab. I – Caratteristiche fisiche della ghiaia di Chiba.Tab. I – Physical characteristics of Chiba gravel.

Dmax (mm)

D50 (mm) Uc = D60/D10<0.4mm

(%)eo

35.8 7.8 10 8 0.197 – 0.311

Tab. II – Parametri del modello elastico per la ghiaia diChiba.Tab. II – Parameters of the elastic model for Chiba gravel.

E1 (1-Io) m n νo f(e)

18480 0.59 0.5 0.25 0.17(2.17-e)2/(1+e)

(Hardin e Richart, 1963)

Fig. 4 – Moduli di rigidezza verticale a piccoli livelli di de-formazione.Fig. 4 – Vertical stiffness moduli at small strain level.

Fig. 5 – Determinazione dei parametri di stato critico (a.andamento dei risultati di diverse prove nel piano e-p’; b.valori di ηmc e ηp in funzione della variabile di stato ψ).Fig. 5 – Evaluation of critical state parameters (a. trends observed from different tests in the e-p’ plane; b. ηmc and ηp values as a function of the state variable ψ).

36 MODONI

RIVISTA ITALIANA DI GEOTECNICA

periore dei valori di ηmc e, contemporaneamente,come limite inferiore dei valori di ηp. La valuta-zione del parametri da introdurre nella relazionedi incrudimento (9) è stata quindi successivamentericavata combinando i risultati di diverse provetriassiali con percorsi di compressione (εp

q>0) edestensione (εp

q>0).I risultati delle prove, ovviamente differenti in

funzione dell’indice dei vuoti e della tensione ini-ziale (Fig. 6a) sono stati dapprima normalizzati in-dividuando il valore più opportuno della costante kda introdurre nella relazione 8 (Fig. 6b). Successiva-mente si sono determinati i parametri B, C e Iext daintrodurre nella relazione (9) per l’interpolazionedelle curve sperimentali. L’ultimo aspetto riguardala determinazione dei parametri della relazione(14), necessari a quantificare la dipendenza dei va-lori di ηmc dalla variabile di stato ψ, che è stata con-seguita come mostrato in figura 5. La lista completadei parametri introdotti per simulare le deforma-

zioni plastiche con i rispettivi valori per la ghiaia diChiba è riportata nella tabella III.

Un confronto tra curve sperimentali e teoricheè riportato in figura 7 per tre prove caratterizzateda indici dei vuoti iniziali dei campioni, livelli epercorsi tensionali differenti. Nelle prime dueprove, svolte a tensione orizzontale efficace co-stante, si sono applicati diversi cicli di scarico e ri-carico delle tensioni deviatoriche a partire da va-lori iniziali differenti. Queste prove si differen-ziano tra loro per l’indice dei vuoti iniziale del ter-reno e per la tensione orizzontale efficace appli-cata e rappresentano gli estremi opposti del campotensionale e volumetrico indagato, in quanto adesse competono rispettivamente il valore inizialeminimo e massimo della variabile di stato ψ. Perentrambe le prove si può osservare una forte simi-litudine tra le curve q-εq che εp-εq sperimentali e leloro simulazioni teoriche.

Nella terza prova [BALAKRISHNAIYER, 2000] si èapplicato un percorso tensionale particolarmentecomplesso, costituito da un’alternanza di tratti atensione verticale σ’v, orizzontale σ’h, mediaσ’m=(σ’v+σ’h)/2 e sferica (p’) costante. Anche perquesta terza prova il modello proposto simula inmaniera egregia la curva q-εq. Le curve εp-εq speri-mentali e teoriche presentano una similitudine ne-gli andamenti, con una più spiccata tendenza allariduzione di volume da parte delle prime.

4. Applicazione del modello

Uno dei metodi tradizionalmente più utilizzatiper simulare la non linearità del comportamentotenso-deformativo del materiale nelle analisi sismi-che di dighe in rockfill è rappresentato dal modellolineare equivalente [GAZETAS e DAKOULAS, 1992].Esso assimila la risposta del terreno ad un mezzo li-neare i cui parametri di rigidezza e di smorzamentosono variabili in funzione del livello di deforma-zione.

Sfruttando le potenzialità del modello illustratonei paragrafi precedenti si sono simulate diversecurve q - εq della ghiaia di Chiba conseguenti a per-corsi di primo carico, scarico e successivo ricarico. .Le simulazioni sono state eseguite mantenendo

Fig. 6 – Determinazione dei parametri di incrudimento(a. curve q-εp

q da diverse prove; b. normalizzazione con larel. 9).Fig. 6 – Evaluation of the hardening parameters(a. experimental q-εp

q curves; b. normalisation by Eq. 9).

Tab. III – Taratura del modello plastico per la ghiaia diChiba.Tab. III – Plastic model parameters for Chiba gravel.

φ’cs Γ λ k B C

42.8 1.52 0.17 1 0.08 0.9

Icom Iext kD β J

1 0.85 0.7 0.3 0.5

37MODELLAZIONE COSTITUTIVA DEI TERRENI A GRANA GROSSA IMPIEGATI PER LA REALIZZAZIONE DELLE DIGHE DI MATERIALI SCIOLTI

LUGLIO - SETTEMBRE 2008

inalterata la tensione efficace p’ ed applicando va-riazioni cicliche della tensione deviatorica Δq (Δq/Δp’=∞) al variare dell’ampiezza di deformazioneΔεq.

Per ciascun ciclo di carico si sono quindi calco-lati i valori dei moduli di rigidezza ed i fattori dismorzamento equivalenti nel seguente modo:

(15a)

(15b)

in cui Acyc e Ap. c. rappresentano rispettivamente l’ar-ea del ciclo di isteresi e l’area sottesa al ramo di pri-mo carico nel piano εq-q.

Nella figura 8 si riporta un esempio di simula-zioni effettuate con eo = 0.215 e p’=600 kPa; lecurve q - εq (Fig. 8a) sono relative a diverse ampiezzedei cicli di deformazione (Δεq= 0.001%, 0.01%,0.1%, 1%); la figura 8b mostra i classici andamentidei moduli di rigidezza equivalente (Geq) e dei fat-tori di smorzamento (D) al crescere di Δεq. Per valu-tare l’influenza dello stato tensionale e volumetricodel terreno tali analisi sono state eseguite combi-nando sistematicamente diversi valori di p’ (variabilitra 20 e 800 kPa) e dell’indice dei vuoti iniziale delterreno (eo variabile tra 0.2 e 0.4).

Fig. 7 – Confronto tra curve teoriche e risultati sperimentali (a. prova a tensione radiale efficace costante σ’h= 49 kPa eo=0.215; b. idem con σ’h=490 kPa eo=0.311; c. prova a percorso tensionale variabile eo=0.219).Fig. 7 – Comparison between model and experimental curves (a. test at constant radial effective stress σ’h= 49 kPa eo= 0.215; b. same with σ’h=490 kPa eo=0.311; c. test performed with variable stress path eo=0.219).

38 MODONI

RIVISTA ITALIANA DI GEOTECNICA

I legami tra Geq e D con le deformazioni distor-sionali Δεq sono stati successivamente interpretatiutilizzando le seguenti relazioni analitiche [HARDIN

e DRNEVICH, 1972]:

(16a)

(16b)

In queste relazioni i valori di Geq_max, sono statiposti uguali ai moduli di rigidezza equivalenti cor-rispondenti a Δεq=0.001%, mentre i valori di α,Δεq r e Dmax, sono stati ricavati interpolando i risul-tati delle simulazioni (come mostrato in Fig. 8. b).La figura 9 mostra che la dipendenza delle rela-zioni (16) dallo stato tensionale e volumetrico delterreno può essere efficacemente espressa permezzo della variabile di stato ψ precedentemente

definita. Al crescere di quest’ultima, ovvero al cre-scere dell’indice dei vuoti iniziale del terreno edella tensione efficace media p’, si registra un piùlento decadimento della rigidezza equivalente edun più rapido sviluppo della capacità di smorza-mento del terreno.

Conclusioni

Partendo dai risultati di una vasta sperimenta-zione di laboratorio si sono inquadrati con un mo-dello costitutivo i caratteri fondamentali del com-portamento tenso-deformativo di una ghiaia. L’ana-lisi effettuata ha mostrato che le deformazioni deiterreni risultano formate da due componenti, unareversibile e dipendente unicamente dallo stato ten-sionale attuale, l’altra non reversibile e variabile infunzione del percorso tensionale e deformativo pre-gresso. Si è quindi scelto di distinguere queste duecomponenti e di modellare la prima con l’ausilio diun mezzo elastico non lineare, la seconda con un

Fig. 8 – Rigidezze e fattori di smorzamento per cicli di di-versa ampiezza ricavati teoricamente per la ghiaia di Chi-ba (eo = 0.215; p’ = 600 kPa; Δq/Δp’= ∞).Fig. 8 – Stiffness and damping ratio theoretically evaluated on Chiba gravel for different amplitude loading cycles (eo = 0.215; p’ = 600 kPa; Δq/Δp’= ∞).

Fig. 9 – Dipendenza dei coefficienti α, Δεq r (rel. 16. a) eDmax (rel. 16. b) dalla variabile di stato ψ per la ghiaia diChiba.Fig. 9 – Dependency of coefficients α, Δεq r (rel. 16. a) and Dmax (rel. 16. b) from the state variable ψ for Chiba gravel.

39MODELLAZIONE COSTITUTIVA DEI TERRENI A GRANA GROSSA IMPIEGATI PER LA REALIZZAZIONE DELLE DIGHE DI MATERIALI SCIOLTI

LUGLIO - SETTEMBRE 2008

modello di incrudimento plastico a superfici disnervamento multiple, basato sull’ipotesi di statocritico e di superficie limite. Le relazioni introdottehanno consentito di riprodurre il comportamentosperimentale osservato al variare delle condizioniiniziali e dei livelli di sollecitazione del terreno. Conil modello precedentemente definito si sono quindicalcolati i moduli di rigidezza equivalenti ed i coef-ficienti di smorzamento considerando cicli di caricoe scarico ad ampiezza di deformazione crescente.Questo esperimento ha mostrato che le leggi classi-camente introdotte nei modelli lineari equivalentidipendono dallo stato tensionale e volumetrico ini-ziale del terreno per mezzo della variabile di stato ψ,ad ulteriore riprova del fatto che il luogo di stato cri-tico rappresenta un utile riferimento per compren-dere la risposta meccanica dei terreni a granagrossa. In ultimo occorre considerare che una piùcorretta applicazione del modello nelle simulazionial finito del comportamento delle dighe richiede-rebbe la considerazione di alcuni aspetti che sonostati trascurati nel presente lavoro a causa dei limitidella strumentazione di laboratorio impiegata. Ilprimo di essi riguarda l’anisotropia dei legami ten-sioni-deformazioni che certamente rappresenta unelemento importante della risposta meccanica deiterreni compattati artificialmente e che è stato trat-tato nel presente lavoro soltanto con riferimento astati tensionali e deformativi assialsimmetrici. Unaltro fattore di rilievo riguarda la frantumazione deigrani, che nella sperimentazione eseguita si è mani-festata in misura trascurabile ma che non può essereesclusa a priori su terreni aventi granulometria piùgrossolana rispetto a quella indagata. Infine la spe-rimentazione condotta, e di conseguenza la model-lazione presentata, non hanno riguardato l’accu-mulo di deformazioni che si osserva quando cicli dicarico e scarico sono applicati ripetutamente [ANH

DAN e KOSEKI, 2004]. La natura di questo fenomeno,non del tutto chiarita, richiede ulteriori sviluppidelle indagini sperimentali e della modellazione te-orica.

Elenco dei simboli

Acyc = area compresa nel diagramma εq-q delleprove cicliche

Ap. c. = area sottesa al diagramma εq-q nella fase diprimo carico

B = parametro di incrudimento del modello plas-tico

c = parametro di incrudimento del modello plasticoD = fattore di smorzamento equivalenteDmax = fattore di smorzamento di riferimento [HAR-

DIN e DRNEVICH, 1972]

Dp = = dilatanza

e = indice dei vuoti del terrenoE1 = parametro di rigidezza di riferimento del mod-

ello elasticoGeq =modulo di rigidezza tangenziale equivalenteGeq _max= modulo di rigidezza tangenziale di riferi-

mentoIcom, Iext = fattori di anisotropia del modello plas-

ticoIo = fattore di anisotropia intrinseca del modello

elasticoJ = parametro costitutivo della legge η-Dp

k = parametro di incrudimento del modello plas-tico

kD = parametro costitutivo della legge η-Dp

m = esponente della legge di variazione dei modulidi elasticità normale con la tensione normale

M = rapporto tensionale q/p’ allo stato criticon = esponente della legge di variazione del coeffi-

ciente di Poisson con le tensioni agentiN = parametro della legge η-D introdotto da NOVA

(1982)p’= tensione efficace mediapr = tensione di riferimento = 1 kPaq= tensione deviatorica

S = variabile tensionale =

Su. b. = limite superiore della variabile SΓ = parametro che individua la posizione della retta

di stato critico nel piano e - ln p’α = fattore di variazione della legge di decadimento

dei moduli di rigidezzaβ= parametro della legge η-Dp

δΦp = incremento di energia plasticaεv= deformazione assialeεe

p = deformazione volumetrica elasticaεe

q = deformazione distorsionale elasticaεp

p = deformazione volumetrica plasticaεp

q = deformazione distorsionale plasticaεh= deformazione radialeφ’cs =angolo di stato critico del terrenoη = variabile tensionale q/p’ηmc = variabile tensionale η in condizioni di dila-

tanza nullaηp = variabile tensionale η in condizioni di piccoλ = pendenza della retta di stato critico nel piano e

- ln_p’νo = coefficiente di Poisson di riferimento del mod-

ello elasticoσ’v= tensione efficace assialeσ’h= tensione efficace radialeψ = variabile di stato del terreno

40 MODONI

RIVISTA ITALIANA DI GEOTECNICA

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Constitutive modelling of coarse grained soils for the construction of embankment dams

SummaryConstitutive modelling of coarse grained soils is a

paramount factor for the prediction of the dam response. Such observation is particularly relevant when considering the complexity of loading conditions on dams, mostly determined by water level fluctuations and seismic excitations. The present work is aimed to provide, based on an experimental campaign and on a subsequent theoretical analysis, a contribution to define the main characters of the stress-strain response of coarse grained soils under complex testing conditions. In the experimental programme several triaxial tests have been performed on artificially reconstituted samples, with the aim of detecting the effects of compaction, stress level, history and path on the stress-strain response of soil. Taking advantage of particularly high precise laboratory measurements, a theoretical analysis has been carried out in the framework of elasto-plasticity, starting from very low strain levels. The elastic stress-strain response has been modelled with a cross-isotropic model defined in the literature. A critical state, plastic hardening model has been defined for simulating the plastic strains developed under monotonic and cyclic loading. Hardening function and flow rules are expressed as a function of a soil state variable ψ, combining the volumetric and the stress state of soil. A satisfactory agreement has been observed between theoretical and experimental curves for different stress levels, stress paths and initial soil density. Finally the stiffness decay and the damping increase with shear strains have been modelled for different amplitude cyclic loading, finding a strong correlation with the soil state variable ψ.

Keywords: embankment dam, gravel, constitutive relation, cyclic loading, critical state.