Misure di prevenzione dei danni da fauna selvatica

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Misure di prevenzione dei danni da fauna selvatica a coltivazioni di bietola da seme in “area contigua” della Pineta di Classe, località Savio. Project work elaborato nell’ambito del corso per “Tecnico esperto nella programmazione di interventi faunistico ambientali” – Bologna, Febbraio Luglio 2013 www.studioagrotecnicogiordani.wordpress.com giulianogiordani

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remessa

Misure di prevenzione dei danni da

fauna selvatica a coltivazioni di

bietola da seme in “area contigua”

della Pineta di Classe, località Savio.

Project work elaborato nell’ambito del corso per

“Tecnico esperto nella programmazione di

interventi faunistico ambientali” – Bologna,

Febbraio Luglio 2013

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L’attuazione di misure di prevenzione dei danni da fauna selvatica alle colture agricole ed il

miglioramento del territorio agrario per la gestione delle specie cacciabili nell’ambito di un

corretto utilizzo faunistico-venatorio, sono argomenti oggi di grande interesse nel mondo agricolo:

ciò vale sia per i soggetti economici privati (Aziende agricole, Aziende faunistico venatorie ed

Aziende agrituristico venatorie), che per gli enti pubblici (Regioni e Provincie) chiamati a sostenere

adeguate iniziative ed a legiferare in merito.

Ho approfondito tali aspetti nel corso per “Tecnico esperto nella programmazione di interventi

faunistico-ambientali” attuato dalla Regione Emilia-Romagna con il concorso del Fondo Sociale

Europeo (febbraio-luglio 2013, 300 ore), al termine del quale ho conseguito la relativa qualifica

professionale (ai sensi del DGR. 530/06).

Nell’ambito dello svolgimento del corso ho elaborato questo Project work che ha preso in esame

un caso reale di danni da fauna selvatica su coltivazioni di riproduzione di seme monogerme

genetico di barbabietola da zucchero in “area contigua” della Pineta di Classe in località Savio e le

opportune strategie difensive di prevenzione.

Spero che questo lavoro, oltre che per i contenuti tecnici, possa interessare per la visione innovativa

della determinazione estimativa del danno poiché prende in esame anche i “danni indiretti LOP

(loss of profit)”, ovvero la perdita di profitto lordo conseguente all’accadimento dannoso subito -

oltre che dall’azienda agricola produttrice - anche dalla società sementiera committente della

coltivazione, a seguito della indisponibilità del prodotto agricolo oggetto di successiva

trasformazione agroindustriale.

Un ringraziamento in particolare al Dott. Gabriele Ferrari, naturalista e Tutor del corso, per i consigli

e l’assistenza prestatami nella stesura di questo Project work.

Giuliano Giordani

I miei riferimenti:

web: www.studioagrotecnicogiordani.wordpress.com

e-mail: [email protected]

profilo Linkedin: http://it.linkedin.com/in/giulianogiordani

Mi presento: mi chiamo Giuliano Giordani, sono laureato in Scienze Agrarie,

35 anni di carriera in aziende multinazionali, per formazione e vocazione

specializzato nell’ agribusiness. Il mio percorso lavorativo mi ha portato a

diventare l’amministratore delegato della consociata italiana della Maribo

Seed, azienda sementiera di lunga tradizione specializzata nella selezione,

produzione e commercializzazione del seme di barbabietola da zucchero ed

ora esercito come Agrotecnico libero professionista.

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Indice

Premessa ….………………………………………………………………………………………………………. 5

Introduzione ………………………………………………………………………………………….…………. 5

Analisi del territorio: cartografia e georeferenziazione …………………………………….. 7

Il Parco Delta del Po

La Pineta di Classe e l’ “area contigua” dove sono localizzati i danni

Localizzazione cartografica del vivaio ospitante nel 2012/13 la produzione dei fittoni

Localizzazione georeferenziata del vivaio ospitante nel 2012/13 la produzione dei fittoni

Fotografie della zona di coltivazione e dei “boschetti”

L’analisi del territorio contiguo alla Pineta di Classe: la vocazione agricola, faunistico-venatoria,

biotica e agroforestale ……………………………………………………………………………………… 11

La vocazione agricola

La vocazione faunistico venatoria

La vocazione biotica e agroforestale

L’analisi della specie: il Daino (Dama dama) …………………………………………………….. 13

Caratteristiche morfologiche

Caratteristiche generali

Alimentazione

Status e distribuzione

L’analisi della specie: la Nutria (Myocastor coypus) …………………………………………. 15

Caratteristiche morfologiche

Caratteristiche generali

L’alimentazione

Status e distribuzione

Le coltivazioni oggetto dei danni …………………………………………………………………...... 16

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Le tecniche colturali in vivaio

La problematica della protezione dai danni da gelo

La Produzione Lorda Vendibile dell’Azienda vivaistica

Le tecniche colturali nei campi di moltiplicazione

La Produzione Lorda vendibile dell’Azienda moltiplicatrice

Il Valore creato per la Società sementiera committente

I danni arrecati dai daini e dalle nutrie alle coltivazioni ……………………………………. 19

Descrizione e natura dei danni

Entità dei danni in funzione dei soggetti economici coinvolti

L’analisi dell’obiettivo da raggiungere …………………………………………………………….. 22

Sistemi di prevenzione dei danni da Daini ……………………………………………………….. 22

Azioni di scaccio

Utilizzo di repellenti

I recinti

Campi a perdere

Messa a disposizione di alimenti

Gestione faunistica e Piani di controllo

Sistemi di prevenzione dei danni da Nutrie ……………………………………………………… 27

Utilizzo di trappole

Abbattimento con sparo

Valutazione dell’efficacia delle azioni di prevenzione ………………….………………….. 28

Analisi delle situazioni che limitano il raggiungimento degli obiettivi ………………. 29

Riassunto e Proposte conclusive …………………………………..…………………………………. 30

Bibliografia, Fotografie ed Immagini ………………………………………………………………… 32

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Premessa

Questo Project work, elaborato nell’ambito del corso “Tecnico esperto nella programmazione di

interventi faunistico ambientali” prende in esame l’evento dannoso avvenuto ad opera di fauna

selvatica su coltivazioni di produzione di seme monogerme genetico di barbabietola da zucchero o

più brevemente “bietola da seme”, sia nella fase di vivaio che in quella - a seguito di trapianto - di

successiva moltiplicazione, in “area contigua” della Pineta di Classe, più precisamente in comune

di Ravenna, località Savio.

Dopo l’analisi del territorio e delle sue vocazioni, della specie maggiormente coinvolta e di altre

potenzialmente dannose e della quantificazione dei danni subiti dalle coltivazioni sopra menzionate,

si giungerà alla proposta conclusiva di misure di prevenzione atte a minimizzare o - se possibile - ad

eliminare la rischiosità connessa alla incidenza delle specie selvatiche esaminate nell’area di

riferimento.

Per motivi di opportunità si ometterà di menzionare il nome delle Aziende agricole e delle Società

sementiere coinvolte (i dati di georeferenziazione sulle mappe sono stati mascherati), anche se tali

eventi sono stati ripresi da articoli apparsi su testate giornalistiche nazionali quali il Resto del Carlino

(17/11/2011) e l’organo di stampa della CIA, Confederazione Italiana Agricoltori (26/04/2012).

Introduzione

Negli ultimi anni si è rilevata in misura crescente un’attività di prelievo di parti vegetali per scopo

alimentare da parte di una popolazione di Daini (Dama dama) in area contigua della Pineta di Classe

(la stazione più a Sud del Parco del Delta del Po), in comune di Ravenna - località Savio, a scapito di

coltivazioni di bietola da seme, sia durante il periodo invernale (fase culturale dei vivai) che nel

periodo primaverile-estivo (fase della riproduzione del seme). I danni subiti sono stati facilmente

attribuiti al daino, sia per i continui avvistamenti di animali sulla cultura e nei dintorni, che - in sua

assenza - per averne rilevate le impronte che sono di facile individuazione (vedi foto a pagina 13).

La presenza dei daini nella Pineta di Classe, dovuta sia ad introduzioni da parte dell’uomo che da

spostamenti dalla zona nord del Parco, è progressivamente aumentata in quanto questi ungulati

hanno trovato un habitat particolarmente favorevole sia in pineta che nei numerosi “boschetti” che

sono stati creati in anni non recentissimi su superfici private a seguito di finanziamenti pubblici. Si

stima, a seguito di censimenti della Provincia di Ravenna, che oggi in pineta la popolazione di daini

abbia raggiunta una consistenza di 300 individui ed oltre, quindi in misura superiore al Bosco della

Mesola dove vivono circa 270 esemplari, e che nei citati boschetti limitrofi locati a sud della Pineta

- accanto alle coltivazioni - vivano stabilmente piccoli nuclei di 25-30 animali.

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Se inizialmente le attenzioni alimentari dei daini venivano rivolte per lo più alle coltivazioni ortive

(carote) ed ai prati (erba medica), da almeno con certezza l’anno 2011 hanno incominciato ad essere

segnalati danni a carico delle coltivazioni di bietola da seme.

Questa predilezione da parte dei daini per la bietola da seme rispetto ad altre specie vegetali, trova

le sue motivazioni in almeno un paio di cause. In primo luogo i fittoni delle barbabietole hanno un

tenore zuccherino più alto delle carote e sono dunque maggiormente graditi. Poi bisogna tenere

conto della maggior facilità con cui i daini riescono ad avere accesso alle bietole nella fase di

piantone (vivaio) rispetto alle carote: infatti mentre i primi nel periodo invernale vengono protetti

da coperture di “tessuto non tessuto”, sulle seconde si stendono teli di polietilene di tipo soffice,

che è allo stesso tempo resistente ed elastico. E’ proprio tale elasticità che rende meno facile la

rottura del polietilene rispetto al “tessuto non tessuto”, pur considerando che alla fine lo zoccolo

del daino non trova comunque un reale ostacolo alla rottura della protezione.

Il vero problema è che i daini hanno progressivamente rivolta la loro attenzione ad una coltura

agricola, appunto quella della produzione di seme monogerme genetico, che ha un valore

economico ben superiore a quello delle carote, tanto che è già stato paventato da parte di società

sementiere operanti in zona l’abbandono dell’area, se si non riuscirà a giungere ad almeno la

minimizzazione di tali danni.

A questo punto è opportuno segnalare che in tale vicenda mondo agricolo e mondo ambientalistico

sono le due componenti sociali che - tramite i media come già ricordato in premessa - hanno

utilizzato la stampa ed il web facendo sentire la loro voce. Ma non dovrà però sfuggire l’esistenza di

almeno altre due importanti componenti le cui esigenze dovranno venire prese in considerazione,

ovvero le già ricordate società sementiere che rappresentano la committenza nell’esecuzione delle

coltivazioni e la filiera di servizio quali bracciantato agricolo, trasportatori, fornitori di mezzi tecnici

ed altri, che insieme alle aziende agricole avrebbero un notevole danno dallo spostamento di queste

profittevoli attività economiche ad altre zone.

Infine si vuole ricordare che la coltivazione di bietola da seme può essere fatta oggetto di

“attenzioni” da parte di numerose altre specie di fauna selvatica potenzialmente dannose, quali la

Lepre, la Nutria, il Fagiano, l’Istrice, il Verdone, il Cardellino, il Verzellino, il Passero d’Italia e la

Passera mattugia. Tra queste specie ci limiteremo a prendere in considerazione - oltre al Daino - la

Nutria (Myocastor coypus), quale efficiente divoratore di fittoni di piantine (ed anche dell’apparato

fogliare per quanto ridotto) sia nella fase di vivaio che in quella successiva di moltiplicazione: a

riprova di ciò va sottolineato che oltre ad averne rilevate le impronte ( vedi foto di pagina 15), ogni

qualvolta le aziende agricole in zona hanno posto in atto - in piano di controllo - misure di

prevenzione quali trappole, hanno realizzato catture numerose e di individui di notevoli dimensioni.

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Analisi del territorio: cartografia e georeferenziazione

Il Parco Delta del PO Il Parco Regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna è stato istituito nel 1988 con apposita Legge Regionale (L.R. 27/88) e fa parte del sistema delle aree protette della regione. Il Parco si estende su una superficie di circa 54.000 ettari, è articolato in sei "Stazioni" che si sviluppano intorno alla porzione meridionale del Delta del Po, la parte nord del quale appartiene alla Regione Veneto. Dal gennaio 2012, in virtù della Legge regionale n. 24 del 23/12/2011, il Parco è gestito dall'Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità - Delta del Po. Il parco protegge 11 Zone umide di importanza internazionale (Convenzione di Ramsar), 18 Siti di interesse comunitario (Direttiva 92/43/CEE), 16 Zone a protezione speciale (Direttiva 79/409/CEE) per la conservazione degli uccelli. Nel Parco sono presenti 374 specie di vertebrati, di cui 297 specie di uccelli. Tra i mammiferi, presenti con 41 specie, vanno ricordati il cervo nobile, il daino, la volpe, l'istrice ed aumentano sempre più le nutrie. I rettili sono presenti con 15 specie ed i pesci con 53 specie.

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La Pineta di Classe e l’area contigua dove sono localizzati i danni

La Pineta di Classe, che è la Stazione più meridionale del Parco del Delta del Po, è un grande bosco planiziale che si trova a sud di Ravenna, vicino alla frazione di Classe e alle località di Fosso Ghiaia e Savio. È classificata come sito di interesse comunitario (SIC) e zona di protezione speciale (ZPS) ed occupa una superficie di 1.082 ettari, di cui 900 a bosco di conifere (pino domestico, leccio, farnia, carpino). Nonostante sia area protetta e faccia parte del Parco del Delta, vi è permesso il prelievo venatorio regolamentato, che viene gestito dalla ATC RA2.

La coltivazione di bietola da seme che nel 2012/13 è stata oggetto dei danni da parte dei Daini è localizzata in “area contigua” come risulta dalla Mappa di Perimetro e Zonizzazione, ed è sopra individuata dal circolo rosso e dalle coordinate satellitari. Siamo in comune di Ravenna, località Savio. In zona sono presenti numerosi “boschetti” (vedi foto pagina 9) creati artificialmente per usufruire di finanziamenti comunitari, dove i daini fuoriusciti dalla pineta di rifugiano. Anche nelle aree contigue della Stazione l’esercizio venatorio è ammesso, nel rispetto delle Leggi vigenti in regime di caccia programmata.

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Localizzazione cartografica del vivaio ospitante nel 2012/13 la produzione dei fittoni di

barbabietola da zucchero, oggetto dei danni da Daini. Mappa estratta dal Geoportale della Regione

Emilia Romagna.

Localizzazione georeferenziata del vivaio ospitante nel 2012/13 la produzione dei fittoni di

barbabietola da zucchero oggetto dei danni da Daini. Evidenti anche i “boschetti”. Foto satellitare

estratta da Google Maps.

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La Pineta vista dalla zona di coltivazione

L’ambiente agricolo contiguo alla Pineta ed i «boschetti»

L’ambiente agricolo contiguo alla Pineta ed i «boschetti»

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L’analisi del territorio contiguo alla Pineta di Classe: la vocazione

agricola, faunistico-venatoria, biotica e agroforestale

La vocazione agricola

Il territorio contiguo alla Pineta di Classe, per la vicinanza alla fascia litoranea ha terreni che hanno

una tessitura che va dal medio impasto al sciolto-molto sciolto, questi ultimi con alti contenuti

percentuali in sabbia. Tale composizione del terreno rende l’ambiente agrario altamente vocato per

le colture vivaistiche, in quanto nella fase di estirpo della piantina destinata al successivo trapianto,

non si ha la rottura del fittone (esempio bietola da seme); ma anche nel caso di specie poco o per

nulla fittonanti (asparago, fragola, frutticole) si hanno indubbi vantaggi. Stesso discorso vale anche

per colture ortive fittonanti (esempio carota) ed anche nella produzione di tappeti erbosi in zolla.

Anche il microclima costituisce un plus per la zona, in quanto caratterizza come scarsamente o per

nulla piovosa la seconda metà del mese di luglio, epoca ideale per la raccolta del seme di

barbabietola da zucchero. La raccolta viene effettuata in due fasi, ovvero il taglio delle piante con

essicazione naturale sul terreno ed il successivo passaggio dopo 4-5 giorni della mietitrebbiatrice

per la definitiva operazione di raccolta.

Sono ovviamente presenti cereali, colture da rinnovo, sarchiate e prati di leguminose (erba medica),

anche al fine di assicurare adeguati avvicendamenti colturali (rotazioni) tra l’altro richiesti dalle

normative in materia di produzioni sementiere (sia vivaistiche che di moltiplicazione). Ci troviamo

dunque di fronte ad una zona ad alta vocazione agricola, di filiere agricole altamente specializzate e

con P.l.v. per ettaro di elevata consistenza, in altre parole a colture di pregio.

La vocazione faunistico venatoria

Estratto dalla carta “Istituti faunistico-venatori della provincia di Ravenna”, portale della Regione Emilia-Romagna

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La zona contigua della Pineta di Classe è zona di Parco. Si riportano di seguito estratti dal “Piano

faunistico-venatorio della provincia di Ravenna 2012-2013” riferiti alla Pineta ed alla gestione

faunistica delle due specie interessate incidenti sull’area.

Daino…” introdotto a scopo venatorio e ornamentale in alcune aree … e accidentalmente, nella

pineta di Classe. Il piccolo nucleo in aumento della pineta di Classe dovrà quanto prima essere

oggetto di studio e controllo, per evitare danni alle pineta, dove, comunque, è attualmente libera la

nicchia trofica occupata da questo cervide. Azioni: probabile graduale scomparsa naturale della

specie in assenza di interventi di conservazione dall’Appennino; nella pineta sarebbe opportuno

intervenire immediatamente per allontanare totalmente la specie, prima di dover affrontare

problemi di maggiore portata.”

Nutria…” Si è in breve tempo largamente diffusa, divenendo molto comune in tutti gli ecosistemi con

acque lentiche della Provincia. Danni: causa seri danni agli Uccelli nidificanti, di cui distrugge i nidi

utilizzandoli come piattaforma o rovesciandone il contenuto al proprio passaggio; altera gli equilibri

vegetazionali … causando gravi danni agli ecosistemi legati a tali ambienti; scava tane negli argini

causando fontanazzi e instabilità delle arginature stesse. Azioni: tendere all’eradicazione della

specie, mantenendo il piano di controllo (cattura mediante trappole e soppressione; abbattimenti

diretti in casi di particolare urgenza).”

La vocazione biotica e agroforestale

Non essendo disponibili le carte di vocazione biotica ed agroforestale del daino, in quanto specie

alloctona, si esaminano qui di seguito le carte di vocazione faunistica relative alle altre specie di

ungulati ruminanti di interesse faunistico-venatorio ed oggetto di gestione faunistica in Emilia-

Romagna, ovvero il capriolo ed il cervo.

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Dall’esame delle carte è evidente come per ambedue gli ungulati ruminanti citati e per similitudine

al daino (che si colloca in posizione intermedia alle due specie richiamate in quanto ad esigenze

alimentari), sia la vocazione biotica che agroforestale dell’areale preso in esame è praticamente

nullo nei confronti della specie.

L’analisi della specie: il Daino (Dama dama)

Caratteristiche morfologiche

Lunghezza testa - tronco: 155 - 160 cm (maschi), 130 - 135 cm (femmine)

Lunghezza coda: 19 - 20 cm

Altezza al garrese: 85 - 95 cm (maschi), 70 - 80 cm (femmine)

Peso corporeo medio: 70 - 90 kg (maschi), 45 - 55 kg (femmine)

Caratteristiche generali

Il daino è un cervide di medie dimensioni, è riconoscibile per la pomellatura estiva e la coda

relativamente lunga. Il maschio adulto ("palancone") possiede tipicamente un palco palmato.

Estremamente adattabile, tende a preferire i boschi mediterranei e submediterranei ed a evitare

zone a forte e persistente innevamento. La buona fertilità deriva anche della duttilità nelle strategie

riproduttive del maschio. Il culmine degli amori è a ottobre. Intorno a fine maggio-inizi giugno le

femmine danno alla luce un piccolo.

Alimentazione

Il daino può essere considerato come un ruminante pascolatore di tipo intermedio tendente al

pascolatore puro con poche preferenze per quanto riguarda il posto dove vivere e pascolare; si

accontenta infatti del cibo che trova, che consiste in erba, foglie, arbusti, germogli e frutta che cade

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dalle piante (mele, pere, prugne, albicocche, susine, uva, castagne, ghiande, ecc.), funghi di ogni

specie, sia quelli velenosi che quelli mangerecci. L'alimentazione avviene durante tutta la giornata,

anche se dei picchi di ingestione del cibo si hanno durante le prime ore del mattino e al tramonto.

Status e distribuzione

Il daino è originario della penisola anatolica, esportato nel bacino del Mediterraneo già in epoca

protostorica, oggi è diffuso in una quarantina di paesi del mondo.

In Italia è considerata specie alloctona. Infatti dopo una prima introduzione ad opera dei Romani, è

scomparso per poi ricomparire nel Medio Evo. Pertanto il periodo di tempo che intercorre tra il

Medio Evo ad oggi non è sufficiente per farlo considerare specie autoctona.

In Italia la specie è stata introdotta in molte parti e sia liberazioni deliberate che fughe dai recinti

hanno permesso al daino di diffondersi raggiungendo consistenze ragguardevoli, creando problemi

di sovra pascolo e di competizione con altri ungulati.

Nella Regione Emilia-Romagna il daino è stato caratterizzato da una distribuzione piuttosto

localizzata fino alla prima metà degli anni '80; poi si è in seguito espanso notevolmente,

raggiungendo anche densità elevate ed entrando in competizione alimentare e spaziale con specie

autoctone come il capriolo e il cervo, sui quali ha avuto decisamente la meglio. La specie mostra

grande adattabilità, frequentando gran parte degli ambienti presenti e tendendo ad evitare solo le

aree oltre i 900 - 1.000 metri. Nel Ferrarese è presente un consistente nucleo di daini nella Riserva

Naturale Gran Bosco della Mesola: nel 1980 contava 280 capi, divenuti 470 nel 1983, poi dal 1985

al 1995 questa popolazione ha fluttuato tra i 500 e i 1.000 esemplari, quindi con densità di 50 - 100

capi per kmq: a tal punto si è proceduto ad abbattimenti in piano di controllo. Nella Pineta di Classe,

come già ricordato esiste un nucleo stimato in oltre 300 esemplari.

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L’analisi della specie: la Nutria (Myocastor coypus)

Caratteristiche morfologiche

Lunghezza testa - corpo 420 - 600 mm

Coda 300 - 450 mm

Piede posteriore 125 - 140 mm

Peso 7 - 10 kg.

Impronta zampa anteriore: lunghezza ~6 cm; larghezza ~6 cm

Impronta zampa posteriore: lunghezza ~12 cm; larghezza ~7 cm

Caratteristiche generali

Appartiene all’ordine dei Roditori, famiglia Miocastoridi. E’ simile al Topo muschiato, ma di maggiori

dimensioni; ha coda cilindrica con peli radi; mammelle in posizione caratteristica (dorsolaterali);

piedi posteriori palmati; escrementi cilindrici con solcature longitudinali, galleggianti sull'acqua.

L’habitat ideale è costituito da paludi, corsi d'acqua a lento decorso, laghi. Può vivere vicino ad acque

salmastre.

Ha abitudini notturne. E’ un abile sommozzatore con apnee anche di 5 minuti. Costruisce tane

ipogee, è gregario formando piccoli clan matriarcali. Il periodo riproduttivo è variamente esteso,

con 1 - 2 nidiate; dopo 4 mesi e mezzo nascono 2 - 6 piccoli di 50 - 200 g rivestiti di pelo e con occhi

aperti, capaci di nuotare appena a 24 ore dalla nascita. La maturità sessuale è raggiunta a 3 - 5 mesi.

In natura vive fino a 4 anni, in cattività fino a 8.

Alimentazione

Si nutre principalmente di parti vegetali, tra le quali preferisce le radici, i tuberi e i rizomi. Nelle

regioni dove è stata introdotta si ciba delle colture agricole dei campi coltivati in prossimità dei canali

e dei fiumi che popola Ha necessità di cibarsi di 700 - 1500 gr di materiale vegetale al giorno, pari al

25 % del proprio peso. Si nutre a scapito delle coltivazioni di barbabietole, soia, ortaggi, riso, grano,

mais, cortecce di giovani piante da frutto, ecc.

Status e distribuzione

Originaria dell’America meridionale, viene introdotta in Europa per la produzione della pelliccia ed

in seguito a fughe da allevamenti e rilasci volontari si è diffusa un po’ ovunque. In Italia è presente

in Emilia-Romagna, Veneto, nella Toscana centro-meridionale, in Lazio e in Campania. In Emilia

Romagna è largamente diffusa, specie in tutta la zona planiziale.

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Le coltivazioni oggetto dei danni

Le coltivazioni oggetto dei danni riscontrati, consistono in colture di riproduzione in natura di seme

monogerme genetico di barbabietola da zucchero (Beta Vulgaris varietà Saccharifera), attività che

- come molti anni di esperienze hanno dimostrato - ha quali sue zone di elezione la regione Emilia

Romagna in Italia ed il sud-ovest della Francia e che solo in tali zone in Europa viene praticata con

successo.

I committenti sono direttamente società sementiere, per lo più costitutori del materiale genetico

oggetto della riproduzione, aziende appartenenti a gruppi multinazionali impegnati nella selezione,

produzione e commercializzazione di sementi certificate a livello mondiale. Tali società affidano - su

base contrattuale interprofessionale - ad aziende agricole singole od associate in cooperativa

l’esecuzione di tutte le fasi colturali, eseguendo però continui controlli di tipo agronomico tramite

proprio personale tecnico.

La barbabietola da zucchero è pianta a ciclo biennale e pertanto la riproduzione del seme avviene

in due fasi ben distinte, in campi ed epoche diverse ovvero a cavallo di due annualità: danni

consistenti da fauna selvatica sono stati riscontrati in ambedue le fasi colturali.

La prima fase consiste nella la produzione dei piantoni (o fittoni), che inizia nell’agosto del primo

anno con la semina in vivaio del seme di base e termina in febbraio quando le piantine di bietola

vernalizzate vengono trapiantate nei campi di moltiplicazione.

La seconda fase ha luogo nei campi di moltiplicazione: i piantoni vengono raccolti a partire

dall’inizio di febbraio, quindi trapiantati. Dopo un periodo di crescita che dura un paio di mesi e la

produzione dello scapo fiorale, inizia la fase di fioritura vera e propria e dalla metà di giugno il seme

incomincia a svilupparsi e maturare ed infine si procede alla raccolta nella seconda metà di luglio.

Dunque queste coltivazioni, non consistono né nella normale produzione di vegetali destinati a

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consumo (per esempio carote, insalata, frutta) od agroindustriale (per esempio grano, soia, orzo,

etc.) che sono facilmente riproducibili con i materiali disponibili continuativamente, ma consistono

invece nella riproduzione di materiali genetici esclusivi che serviranno successivamente a

riprodurre in campo aperto sementi certificate. Dunque tali materiali genetici non sono reperibili

sul mercato e né immediatamente nuovamente riproducibili, dovendosi utilizzare per il loro

ottenimento il cosiddetto “seme di base” che viene ottenuto in specifiche coltivazioni in purezza e

con più passaggi colturali: dunque materiali che sono di proprietà di ogni singolo costitutore e

relativi a specifiche combinazioni genetiche registrate dagli enti certificatori transnazionali

(registrazione di ibridi varietali sia in zona CEE che OECD).

Vivaio al termine del periodo estivo Piantine in primavera dopo il trapianto

Le tecniche colturali in vivaio

Come già menzionato il ciclo di riproduzione inizia ad agosto con la semina in vivaio del “seme di

base” e termina in febbraio-marzo dell’anno successivo quando le piantine vengono estirpate:

germinazione, sviluppo, irrigazione, concimazione, temperature invernali hanno una grande

influenza sul numero e sulla qualità dei piantoni ottenuti.

La problematica della protezione dei danni da gelo

Al fine di evitare o di limitare il più possibile i danni da gelo, le superfici destinate a vivaio devono

venire protette con “tessuto non tessuto” di grammatura 21-22 gr/mq.

La funzione del “tessuto non tessuto” - che è una copertura permeabile all’acqua ed all’aria - è

quella di trattenere al di sotto della copertura il calore generato autonomamente dalle piantine di

bietola, permettendo nel contempo il passaggio dei raggi del sole e dunque creando un effetto serra

favorevole alla crescita dei piantoni. In presenza e mantenimento di tale calore la cultura viene

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preservata dall’attività del gelo invernale, presentandosi quindi integra, quando verso la fine

dell’inverno i teli vengono rimossi e i piantoni estirpati e destinati al trapianto nei campi di

moltiplicazione del seme.

Al contrario, in assenza di tale protezione assicurata dal “tessuto non tessuto”, sono sufficienti 2

o 3 notti con gradiente termico tra i -6°/-8° C. (condizioni facilmente riscontrabili in zona) per

provocare danni da gelo irreversibili, quantificabili da un minimo del 20% fino alla totale

distruzione della coltura.

Il “tessuto non tessuto” è confezionato in rotoli continui di 250 metri di lunghezza per 12,75 metri

di larghezza che vengono posati con macchine agevolatrici tra la fine del mese di novembre ed i

primi di dicembre, quando il terreno ne consente l’entrata in campo. Ogni rotolo è formato da teli

termosaldati, in quanto la cucitura non si presta ad una buona gestione dello stesso: infatti la fila

continua di fori praticati dalla macchina cucitrice nel tessuto per il passaggio del cucirino ne

provocherebbe l’indebolimento e il conseguente strappo quando sottoposto a forte tensione. Una

volta lacerati i teli non sono riparabili e devono venire eliminati come rifiuto speciale in discarica.

Oltretutto dopo la posatura, di solito le piogge e le nevicate che arrivano tra fine dicembre e fine

febbraio impediscono ogni successiva entrata in campo dei mezzi meccanizzati per procedere ad

una eventuale rimozione e sostituzione con nuova copertura.

I bordi dei teli vengono ricoperti da uno strato di terreno per evitare che il vento, tra l’altro

abbondante nelle zone litoranee, infilandosi al di sotto dei teli ne provochi per effetto “vela” il

sollevamento e la conseguente scopertura anche parziale della coltura, che si troverebbe così

inesorabilmente soggetta all’azione del gelo. E’ quindi importante sottolineare che tali coperture

per essere efficaci - ovvero per evitare danni da gelo parziali o totali alle piantine - devono

mantenersi integre durante il periodo di coltivazione, evitando di essere sollevate o strappate.

In normali condizioni di utilizzo il telo ha una vita di 3 - 4 anni, per cui al termine dell’utilizzo annuale

viene riarrotolato a macchina e riposto nei magazzini. Un rotolo di tessuto non tessuto direttamente

importato dal paese produttore in quantitativi importanti ha un costo di circa 350 euro e oltre (tipo

20-21 gr/mq, a bordo rinforzato, UV). Per coprire un ettaro di vivaio sono necessari circa 3,5 rotoli.

La produzione lorda vendibile dell’Azienda vivaistica

Da un ettaro di vivaio, in assenza di gelate e altre avversità parassitarie, si ricavano mediamente

300-360.000 piantoni idonei al trapianto, che saranno sufficienti al trapianto di dieci/dodici ettari

di moltiplicazione di seme di barbabietola da zucchero. Un ettaro di piantine assicura all’ azienda

agricola vivaista una produzione lorda vendibile di circa 6.500 €/ha oltre IVA, dove si può ipotizzare

un “tornaconto” variabile tra i 1.000 ed i 2.000 €/ha.

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Le tecniche colturali nei campi di moltiplicazione

Come sopra accennato dal mese di febbraio si procede al trapianto dei piantoni ed al loro sviluppo

che avverrà in un arco di 5 mesi fino alla produzione del seme. In tale arco di tempo alle coltivazioni

verranno assicurate tutte le cure agronomiche necessarie al fine di ottenere il miglior risultato

possibile: tra queste ricordiamo la continua irrigazione (con ala gocciolante su ogni fila) necessaria

a mantenere il turgore della parte verde, ma anche per un buon sviluppo della parte fittonante,

che è necessario sia al buon ancoramento della pianta al terreno che diventerà alta oltre 150 cm,

che alla normale funzione quale apparato radicale.

La produzione lorda vendibile dell’Azienda moltiplicatrice

Da un ettaro di moltiplicazione, in assenza di avversità parassitarie ed atmosferiche, a seconda della

vocazione dell’azienda agricola e degli ibridi riprodotti, si ricavano mediamente 2.000 - 3.800 kg di

seme selezionato (dedotta una tara di selezione variabile tra 3,00 - 6,00 mm) che assicurano all’

azienda agricola una produzione lorda vendibile variabile tra i 5.000 e gli 7.000 €/ha oltre IVA a

seconda del contratto, dove si può ipotizzare un “tornaconto” variabile tra i 1.000 ed i 2.000 €/ha.

Il valore creato per la Società sementiera committente

Secondo le produttività qui sopra indicate, per ogni ettaro di moltiplicazione del seme è possibile

ricavare in stabilimento - considerando un output medio del 33% - tra i 660 ed i 1.250 kg di seme

lavorato, con i quali si potranno produrre tra le 600 e le 1.100 “unità” di seme monogerme genetico

confettato (100.000 semi +_ 5%). Qui di seguito si riportano i valori di vendita medi (con

trattamento) per “unità” in alcuni paesi europei utilizzatori:

Francia 195 €

Germania 175 €

Polonia 135 €

Cecoslovacchia 175 €

I danni provocati dai Daini e dalle Nutrie alle coltivazioni

Descrizione e natura dei danni

I danni provocati dall’attività dei daini e dalle nutrie sulle coltivazioni di bietola da seme è di doppia

natura, ovvero diretta per prelievo di parti vegetali a scopo alimentare (sui piantoni in vivaio e sulle

piante portaseme nei campi di moltiplicazione) ed indiretta di tipo comportamentale ovvero

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indotta dall’attività dell’animale (calpestio e rottura dei teli di “tessuto non tessuto” con

conseguente scopertura parziale o totale della coltura che viene così ad essere esposta ai danni da

gelo invernale, danni irreversibili e quantificabili come già ricordato nella misura dal 20% al 100%).

Da quanto fin qui esposto si può comprendere come i danni indiretti possano superare di gran lunga

i danni diretti, appunto a causa della eliminazione della protezione dalle avversità atmosferiche del

vivaio. Inoltre il danno sarà economicamente diverso a seconda del soggetto economico

coinvolto, potendo arrivare nel caso delle società sementiere ad importi molto rilevanti a seguito

dell’indisponibilità “commerciale” del prodotto, trattandosi come più volte ricordato di materiali

genetici non riproducibili immediatamente.

Entità dei danni in funzione dei soggetti economici coinvolti

Azienda vivaistica produttrice dei piantoni

I danni consistono nel mancato reddito lordo (P.L.V.) a seguito dell’estirpo dei piantoni per

fini alimentari quantificabili in 6.000 - 7000 € per ettaro.

Inoltre ogni telo squarciato, in quanto non riparabile, deve venire eliminato con una perdita

di circa 350 € e oltre.

Azienda moltiplicatrice produttrice del seme

In danni consistono nel mancato reddito lordo (P.L.V.) a seguito dell’estirpo delle piante

portaseme per fini alimentari (fittone), quantificabili in 5.000 - 7000 € per ettaro.

Società sementiera

A causa dell’indisponibilità “commerciale” del prodotto (seme riprodotto) il danno per la

società consiste nel mancato fatturato di vendita, quantificabile tra 120.000 € e 200.000 €

per ettaro di moltiplicazione, a seconda dei quantitativi producibili e dei mercati a cui sono

destinati gli ibridi varietali. Si noti però come tale importo possa assumere

complessivamente valori molto rilevanti, poiché come già menzionato ad ogni ettaro di

vivaio corrispondono 10 - 12 ettari di moltiplicazione. Quindi per ogni ettaro di vivaio

distrutto (per danni diretti od indiretti) si può arrivare per la società ad una perdita di valore

tra 1.200.000 € e 2.400.000 €.

Perdita di immagine della società presso la clientela per l’indisponibilità “commerciale”

dell’ibrido varietale: entità economica del danno non direttamente quantificabile.

Ritardo nella disponibilità commerciale di nuovi ibridi varietali da immettere sul mercato:

entità economica del danno non direttamente quantificabile.

Utilizzo di costoso “seme di base” a cui non corrisponde produzione: danno di difficile stima.

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Filiera agricola di zona

Spostamento dell’attività vivaistica in altre zone in cui tale problema non è presente e quindi

perdita di valore della filiera di zona (agricoltori, braccianti agricoli).

Azienda Agricola consumatrice finale

Indisponibilità sul mercato di un ibrido varietale che avrebbe potuto costituire maggiore

risorsa (alta produttività) o minor costo (per esempio tollerante a malattie).

Vivaio di produzione di piantine per la moltiplicazione di seme di barbabietola da zucchero (il materiale genetico è relativo a specifici ibridi ed appartenente alla società sementiera, come da dichiarazione a Inran-Ense). I Danni procurati dai daini consistono nella lacerazione alla copertura di “tessuto non tessuto” e successivo asporto di piantine a fini alimentari.

Qui sono ben evidenti gli squarci provocati dai daini a carico della copertura di tessuto non tessuto. Nel caso di venti sostenuti, la copertura potrà sollevarsi e scoprire parzialmente o totalmente ampie aree di vivaio e, venendo così a mancare la protezione del tessuto non tessuto, la coltura potrà essere assoggettata a pesanti danni da gelo (20-100%).

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L’analisi dell’obiettivo da raggiungere

Il primo obiettivo della gestione faunistica in una zona in cui convivono attività antropiche e animali

con rischio di impatto sulle colture, consiste nel portare le densità degli animali stessi su valori

compatibili con gli interessi economici: si parla quindi di “densità agro-forestali” o

“economicamente tollerabili”. Naturalmente se si riducono le presenze faunistiche su simili livelli, i

danni alle colture non scompaiono, ma diventano semplicemente più gestibili, anche attraverso il

ricorso a misure di prevenzione del rischio di danno.

Tuttavia, nel caso descritto in questo Project work, stante le caratteristiche della coltura di

riproduzione del seme di bietola che - specie nella fase vivaistica di ottenimento dei piantoni - si

avvale di campi di dimensioni limitate ad elevato contenuto economico, anche l’attività di un solo

daino o di poche nutrie può provocare danni enormi ed irreversibili. Dunque la densità obiettivo

da raggiungere in questo caso dovrebbe essere zero ed il conseguente obiettivo della gestione

dovrebbe essere correttamente il totale allontanamento della fauna selvatica dannosa od in

alternativa - se tecnicamente possibile - la messa in sicurezza delle coltivazioni in modo tale da non

lasciare margini a possibili errori che - come evidenziato - potrebbe portare a conseguenze

economiche disastrose per più soggetti.

A supporto di tale asserzione si ricorda - come già in precedenza evidenziato - che ci si trova in

presenza di due specie alloctone e dunque meno significative dal punto vista faunistico e

naturalistico e dunque si potrebbe procedere senza remore alla totale eradicazione della specie

dalla zona interessata come normalmente previsto in tali casi: ma su tale punto si ritornerà più

avanti dopo avere analizzato i diversi possibili sistemi di prevenzione dei danni e la loro efficacia in

relazione al caso fin qui descritto.

Sistemi di prevenzione dei danni da Daini

Esistono diversi sistemi di prevenzione dei danni da ungulati ruminanti, anche se talune soluzioni -

come vedremo - sono poco efficaci in quanto temporanee o non adatte all’ambiente preso in

considerazione. Per ogni sistema si daranno brevi cenni descrittivi.

Azioni di scaccio

Gli animali possono venire allontanati dalle colture attraverso azioni di “scaccio” con dispositivi

acustici, ma i comportamenti d'allarme e di fuga si fanno via via meno frequenti per un fenomeno

di assuefazione e gli animali, superato il senso di timore, tendono dopo qualche tempo a visitare

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nuovamente le colture, anche dopo pochi giorni. I sistemi producono detonazioni intermittenti la

cui cadenza dovrebbe essere di una ogni 45-60 minuti circa. Un solo detonatore può coprire da 5 a

15 ettari.

Tra i sistemi di scaccio i più efficaci sono quelli attivati dalla presenza degli animali, basati

sull’utilizzo di cellule fotoelettriche o sensori di presenza passivi. Questi sistemi riproducono in

maniera alternata diversi tipi di rumore: per esempio abbaiare aggressivo di cani, spari di carabine,

versi di allarme di ungulati, ecc., e possono venire anche rafforzati dall’illuminazione di una figura

umana.

Utilizzo di repellenti

I repellenti sono sostanze che per odore o sapore producono disgusto e allontanamento, ma i

prodotti perdono di efficacia col tempo sia per l'azione di dilavamento in caso di pioggia e di

ossidazione per contatto con l’aria, ma anche - come nel caso dei dispositivi acustici - inducono

assuefazione nell’animale.

I recinti

L’utilizzo di recinti con pali e rete metallica e di recinti con rete elettrificata rappresentano la

soluzione più valida per impedire sistematicamente agli animali di raggiungere le colture da

difendere, in particolare appunto se le superfici da proteggere sono relativamente piccole come

appunto i vivai (ma non i campi di moltiplicazione che sono estesi 10-12 volte i vivai).

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Per contro tali recinti hanno costi elevati dei materiali e della messa in opera, impatto sul paesaggio

ed inoltre, fatto da tenere assolutamente in considerazione nel nostro caso, costituiscono ostacolo

alla movimentazione dei mezzi meccanici utilizzati per le coltivazioni, se non a costo di prevedere

ampi margini non coltivati ai bordi dei campi per le manovre dei mezzi, con conseguente mancato

reddito per non coltivazione.

I recinti di tipo tradizionale hanno una minore efficacia di quelli elettrificati in quanto non “danno

memoria” all’animale che “non è opportuno avvicinarsi”, come invece avviene appunto nel caso del

recinto elettrificato. E’ importante ricordare che la recinzione per essere efficace deve avere

un’altezza di 200-220 cm ed inoltre deve prevedere una rete di grande resistenza del tipo invertita,

cioè con le maglie più larghe in basso e quelle più strette in alto.

Come già ricordato le recinzioni elettrificate danno i risultati migliori, in termini di apporto costi-

benefici, rispetto agli altri sistemi per i danni da ungulati. Per potere ottenere esiti soddisfacenti, le

recinzioni elettrificate vanno correttamente sistemate ed esigono una continua manutenzione che

consideri, oltre alla cura delle strumentazioni, anche il diserbo al di sotto delle stesse per impedire

che le malerbe entrino in contatto con la linea elettrificata o che producano l’effetto di arco voltaico.

La recinzione elettrificata si compone di due elementi: un alimentatore collegato in rete o a batteria,

capace di fornire tensione di corrente di almeno 3.500 volt (ma fino a 15.000) e di elargire almeno

300 mjoule di energia; uno o più cavi da elettrificare, in rame o in acciaio, il cui contatto provoca

sugli animali una scarica elettrica di bassa intensità, che genera solo un leggero dolore. I cavi, che

dovrebbero essere 4 o 5 in modo che la recinzione arrivi come già ricordato ad una altezza di 200 -

220 cm, vanno montati su picchetti muniti di isolatori. La rete deve seguire la conformazione del

terreno, anche se normalmente gli appezzamenti nella zona considerata sono in piano, fatto che

inoltre non favorisce l’animale nel superare di slancio la rete.

Recinto tradizionale a protezione di coltivazione di erba medica. Si noti subito dietro un “boschetto” in cui vive stabilmente una comunità di daini. La palificazione è sufficientemente alta, ma manca una ultima porzione di rete al fine di rendere veramente efficace questa recinzione.

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Come già ricordato è essenziale per il successo di questo sistema di prevenzione una continua e

corretta manutenzione, che deve essere prevista fin dalla fase di pianificazione dell’azione

preventiva. Questo anche durante il periodo invernale con presenza di neve, perché è proprio in

tale periodo che i daini sono particolarmente attivi nei confronti dei vivai di bietola da seme.

Campi a perdere

Tale sistema si basa sul concetto di trattenere gli animali il più lontano possibile dalle colture

sensibili, offrendo fonti alternative di alimentazione aprendo dei cosiddetti campi a perdere: si

tratta di campi coltivati con essenze appetite dall’alto contenuto nutritivo, da predisporre nella

fascia confinante col bosco.

Si segnala che nel nostro caso la coltura oggetto dei danni è contigua all’area boscata e non ne è

spazialmente separata e quindi un “campo a perdere” sarebbe di facile superamento da parte

dell’animale, a meno che di prevedere campi molto ampi. Tra l’altro si è osservato che i daini non si

accontentano di alimentarsi a scapito del fronte della coltivazione (come invece fanno le Nutrie),

ma che invece entrano anche nel mezzo del campo (vedi foto a pag. 20).

Foraggiamento dissuasivo

Consiste nel portare nell’ambiente dove l’animale vive una fonte energetica alternativa oppure la

stessa oggetto dei danni se disponibile, per evitare lo spostamento della popolazione verso le

colture. Esperienze hanno dimostrato che tale pratica aumenta però la fertilità della popolazione ed

in definitiva l’entità dei danni. Nel nostro caso inoltre, viste le dimensioni delle Pineta ed i numerosi

boschetti in cui i daini si rifugiano, questa soluzione appare di difficile applicazione.

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Gestione faunistica e Piani di controllo

La Legge n° 157 del 1992 denominata “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e

per il prelievo venatorio “, all’articolo 19, comma 2 “Controllo della fauna selvatica”, al fine anche

di tutelare le produzioni agricole assegna alle Regioni il controllo della fauna selvatica,

autorizzandole ad effettuare azioni pianificate:

“Le regioni, ...omissis… per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al

controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo,

esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere

dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (nota: oggi ISPRA). Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia

dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere

attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno

altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché

muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali

munite di licenza per l'esercizio venatorio.”

La Regione Emilia Romagna, nell’ambito dei compiti assegnatigli dalla succitata legge dello Stato, ha

provveduto a legiferare in materia, in particolare in merito agli “Indirizzi per la pianificazione

faunistico venatoria provinciale” di cui all’art. 5 della L.R. 8/94 (Deliberazione dell’Assemblea

Legislativa del 31 Maggio 2006 n. 60)” predisponendo adeguati strumenti a sostegno dell’attività

delle Provincie che sono i soggetti incaricati di redigere i Piani faunistico Venatori. In particolare la

Regione elabora la Carta delle vocazione faunistiche che tracciano per ogni specie le linee di

Gestione faunistica. Per quanto riguarda il daino, ritenendolo di interesse ai fini di questo Project

work e delle successive proposte conclusive, si riporta di seguito un estratto:

“Il daino si può senza dubbio definire specie non autoctona. …. Come si è visto, il daino è oggi

presente in Emilia-Romagna con una distribuzione tutt'altro che limitata. Nell'ultimo decennio,

grazie anche alle strategie riproduttive differenziate, alla particolare organizzazione spaziale, alle

modalità di dispersione delle classi giovanili, si è passati da presenze episodiche con piccoli nuclei

isolati e sparsi sul territorio collinare e montano ad areali ampi e continui…. Il contenimento del

daino rappresenta uno degli obbiettivi a medio termine più importanti della strategia gestionale di

riassetto delle presenze di Ungulati in Emilia-Romagna. …….. Quanto all'areale vero e proprio, i

possibili impatti sulle colture impongono la necessità di programmare le presenze mantenendo

bassa la densità di popolazione: un risultato ottenibile alzando gradualmente il tasso di prelievo e

talvolta anche diminuendo la soglia di abbattibilità. Inoltre, nel caso di nuclei circoscritti, in aree

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con elevato sviluppo della rete viaria, centri abitati e colture pregiate, con rischi di collisioni e danni

consistenti, è possibile prendere in considerazione l'eradicazione completa della specie. Nel caso

particolare della Riserva Naturale Gran Bosco della Mesola, visti i problemi legati alla conservazione

del cervo, la soluzione più consigliabile è la rimozione completa del daino. ….”. Le linee di gestione

citate sono consultabili all’indirizzo: http://www.sterna.it/CartavocER/book/home.htm

I sistemi di prevenzione dei danni da Nutrie

La prevenzione dei danni provocati da questo animale può essere attuata esclusivamente attraverso

il controllo numerico delle popolazioni, ovvero riducendo il numero degli individui per arrivare se

possibile all’eradicazione, impresa ardua considerando l’alta potenzialità demografica della specie.

Paradossalmente la specie non è cacciabile in Italia pertanto, come accade nelle altre province

italiane, si procede a limitarne il numero attuando il “controllo” previsto dall’art. 19 della legge

157/92. Il Piano di controllo - anche sulla base di indicazioni fornite dall’Ispra - avviene attraverso

l’ausilio di due fondamentali strumenti: la trappola ad esca o a passaggio e l’abbattimento con sparo.

Utilizzo di trappole

Le gabbie-trappole danno buoni risultati: si tratta di sfruttare l’abitudine che ha la nutria ad

utilizzare i propri passaggi per raggiungere tra la tana ed i luoghi di alimentazione. Tali transiti sono

facilmente individuabili a causa dei sentieri lasciati dai numerosi andirivieni dell’animale:

difficilmente la nutria cercherà di evitare l’ostacolo, ma proseguirà lungo il proprio percorso ormai

memorizzato. Una volta catturato, l’animale verrà abbattuto secondo un protocollo prestabilito che

non ne determini inutili sofferenze.

Gabbia-trappola munita di doppia entrata e con sistema di scatto centrale

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Abbattimento con sparo

Tale modalità prevede l’abbattimento con sparo attuato dalla Polizia Provinciale e dagli operatori

abilitati al controllo. Per ottenere migliori risultati gli abbattimenti possono concentrati in inverno

quando il freddo intenso li costringe ad essere più attivi e visibili durante il giorno: tuttavia le nutrie

imparano ad avvertire il pericolo divenendo più guardinghe nei confronti dell’uomo.

Valutazione dell’efficacia delle azioni di prevenzione

Al fine di valutare l’efficacia delle azioni di prevenzione, devono essere presi in considerazione tre

fattori principali (Monaco et al., 2010):

• la scelta adeguata dei metodi in relazione alle caratteristiche ambientali ed alla specie che causa

il danno;

• la corretta messa in opera delle strutture di prevenzione;

• la costante manutenzione delle strutture.

Dunque è soltanto dopo aver verificato la correttezza delle scelte effettuate sia sulla base delle

esperienze pregresse che degli interventi tecnici effettuati, che è possibile analizzare i risultati

ottenuti in base alla riduzione dell’impatto causato dalla specie.

Pertanto qui possiamo solo provare a dare una valutazione delle criticità che presentano i diversi

sistemi di prevenzione descritti e non in termini assoluti, ma bensì relativamente alla specie ed alle

caratteristiche ambientali dell’area di riferimento.

Daino

SISTEMA DI PREVENZIONE

Criticità da assuefazione

Criticità da corretta messa in opera

Criticità da corretta manutenzione

Azioni di scaccio SI SI SI

Uso di repellenti SI NO SI

Recinti tradizionali SI NO

Recinti elettrificati SI SI

Criticità da

contiguità coltura Criticità da

ampiezza zona Criticità da periodo

invernale (neve)

Campi a perdere SI NO SI

Foraggiamento NO SI SI

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Nutria

SISTEMA DI PREVENZIONE

Criticità da assuefazione

Criticità da corretta messa in opera

Criticità da corretta manutenzione

Utilizzo di trappole NO NO NO

Abbattimento con sparo SI

Analisi delle situazioni che limitano il raggiungimento degli obiettivi

Dan quanto fin qui esposto, sia in conseguenza all’alta dannosità potenziale delle due specie nei

confronti della bietola da seme che per il fatto che sia Daino che Nutria sono classificate come specie

alloctone, la loro parziale o totale eradicazione non dovrebbe trovare alcuna situazione che limiti il

raggiungimento dell’obiettivo che ci si è posto.

Tuttavia così come può avvenire anche per altre specie alloctone, dalla componente sociale

ambientalista viene riconosciuto al daino quello che si chiama “valore culturale-estetico”, se non

altro per l’identificazione dell’animale con la figura del “bambi”, figura capace di evocare un senso

di maggior pietas verso l’animale stesso rispetto anche ad altri ungulati ben più significativi dal

punto di vista naturalistico.

Ciò non avviene nei confronti della Nutria, pur essendo paradossalmente una specie non cacciabile

in Italia, e semplicemente per il fatto che nell’immaginario collettivo evoca più la figura di un ratto

(a causa della coda) che non a quella ben più piacevole allo sguardo di un castoro e che quindi non

viene ad assumere alcun valore culturale-estetico per nessuna componente sociale, come invece

avviene per il daino.

Già nella premessa di questo Project work si erano menzionati gli articoli comparsi sulla stampa

nazionale e locale riportanti pressanti richieste della componente agricola per la cattura o per

l’abbattimento dell’animale ed ora è opportuno richiamare le risposte delle associazioni

ambientaliste che - oltre che utilizzare i consueti mezzi di informazione per opporsi agli

abbattimenti sia che siano in piano di controllo od in normale attività venatoria - sfruttano le

potenzialità del web con video postati su “Youtube” per cercare di costruire un movimento di

opinione capace di opporsi in modo efficace a qualsiasi tipo di eradicazione della specie dalla zona

interessata. Queste associazioni oltre ad esprimere la loro netta contrarietà agli abbattimenti ne

asseriscono anche l’inefficacia, suggerendo altre soluzioni quali dissuasori olfattivi e recinzioni,

ponendo quindi di fatto una barriera al raggiungimento dell’obiettivo, in quanto come si è analizzato

in precedenza sono soluzioni non adeguate a raggiungere la densità obiettivo zero.

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Riassunto e Proposte conclusive

In “area contigua” della Pineta di Classe si sono riscontrati danni diretti ed indiretti da fauna

selvatica a coltivazioni di riproduzione seme di barbabietola da zucchero. I danni sono stati attribuiti

all’attività di prelievo di parti vegetali a scopo alimentare da parte di Daini e Nutrie, oltre a danni di

natura comportamentale dovuti al calpestio dei Daini alle colture (lacerazione delle coperture a

protezione dal gelo).

La potenzialità del danno è elevatissima, sia per il mancato reddito subito dalle aziende agricole,

che - visto il carattere di unicità del materiale genetico riprodotto - per la insostituibilità delle

produzioni e la conseguente indisponibilità commerciale del prodotto per il committente (società

sementiera).

Le caratteristiche peculiari della produzione agricola presa in esame - distinta nella fase di vivaio e

di successiva moltiplicazione del seme a seguito di trapianto e la potenziale elevata dannosità

dell’attività di anche un solo daino o di poche nutrie, indicano quale obiettivo da raggiungere per

l’area indicata una densità agroforestale economicamente sostenibile pari a zero.

L’analisi dei tradizionali sistemi di prevenzione ha dimostrato una loro insufficienza od

inapplicabilità - a seconda dei casi - atta a garantire il raggiungimento dell’obiettivo densità zero.

Pertanto, a seconda della specie di fauna selvatica responsabile dei danni, in linea con la già

richiamata Legislazione Nazionale e Regionale vigente e secondo quanto previsto dal Piano

Faunistico Venatorio della Provincia di Ravenna, si formulano le seguenti proposte di gestione

faunistico venatoria, ritenendole quali miglior soluzione ai problemi di dannosità:

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giulianogiordani Misure di prevenzione dei danni da fauna selvatica a coltivazioni di bietola da seme

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www.studioagrotecnicogiordani.wordpress.com

per il Daino per la Nutria

Nel periodo consentito dal calendario

venatorio della provincia di Ravenna

procedere nella zona individuata dell’area

contigua della Pineta di Classe (sia nei

terreni agricoli che nei “boschetti”) al

prelievo venatorio secondo il piano

ordinario di caccia.

Al di fuori del summenzionato calendario

venatorio sarà opportuno istruire Progetto

per Piano di controllo selettivo ad opera

della provincia di Ravenna (previo parere

dell’ISPRA), che potrà essere effettuato

tramite catture o piani di abbattimento.

Tali azioni combinate dovranno portare

alla totale eradicazione della specie.

Trattandosi di specie non cacciabile sarà

sempre necessario istruire un Progetto per

Piano di controllo selettivo, fermo restando

che stante l’alto potenziale demografico

dell’animale, a differenza del Daino

l’obiettivo più realistico da raggiungere non

sarà la totale eradicazione della specie, ma

bensì il maggior contenimento possibile

della popolazione esistente nell’area.

L’azione del danno diretto provocato

dall’animale negli appezzamenti posti in

prossimità di canali mediante verrà

contrastato mediante l’utilizzo di trappole a

cattura opportunamente posizionate, da

realizzarsi secondo le normative o fornite

direttamente dalla Provincia.

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giulianogiordani Misure di prevenzione dei danni da fauna selvatica a coltivazioni di bietola da seme

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Bibliografia

Impatto degli ungulati sulle coltivazione agricole e forestali: proposte per linee guida

nazionali - Ispra 2011

Materiale didattico messo a disposizione dai seguenti Docenti del corso:

Dott. Gabriele Ferrari

Sig. Sandro Nicoloso

Dott. Davide Zanin

D.ssa Maria Luisa Zanni

Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Ravenna 2009/13

Testi diversi tratti da “E-R Il portale della Regione Emilia Romagna / Politiche Faunistiche e

venatorie”

Guida alla moltiplicazione del seme di barbabietola - Giuliano Giordani, dicembre 2012

Fotografie ed immagini

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