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ARMANDO AUFIERO EDIZIONI CVS “Misericordia io voglio…” (Matteo 9,13) I sofferenti testimoni di misericordia Schede per i Gruppi Anno pastorale 2015-2016

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ARMANDO AUFIERO

EDIZIONI CVS

“Misericordiaio voglio…”

(Matteo 9,13)

I sofferenti testimonidi misericordia

Schede per i Gruppi

Anno pastorale 2015-2016

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ISBN 978-88-8407-229-0

I testi biblici sono tratti dalla Bibbia nuova traduzione CEI.

Per la preziosa collaborazione nella stesura del libro si ringraziano:Annalisa Caputo, Angela Petitti, Resy Rizzini.

Il presente sussidio è stato realizzato dai Silenziosi Operai della Croce peril cammino apostolico del Centro Volontari della Sofferenza nell’ambitodell’apostolato per la valorizzazione della persona sofferente. La formula-zione del testo è stata generalizzata per favorirne l’utilizzo in contesti piùampi, mettendo a disposizione i frutti maturati in oltre sessant’anni diesperienza.

Per segnalazioni o suggerimenti sul presente volume scrivere a:

Edizioni Centro Volontari della SofferenzaSilenziosi Operai della Croce - Via di Monte del Gallo, 105/111 - 00165 RomaTel. 06.45.43.77.64 - 06.39.67.42.43 - Fax 06.39.63.78.28www.luiginovarese.org - [email protected]

Tutti i diritti sono riservati.È pertanto vietata la riproduzione, l’archiviazione o la trasmissione, in qualsiasiforma e con qualsiasi mezzo, comprese la fotocopia e la digitalizzazione, senzal’autorizzazione scritta delle Edizioni CVS

© 2015 Edizioni CVS Roma

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Presentazione ............................................................................................................................................ 5

SCHEDE1a Tappa: Avvento - Natale

1a Scheda: “Venite a me, e io vi darò ristoro”............................... 102a Scheda: Il nome di Dio è misericordia ......................................... 153a Scheda: La misericordia di Dio verso i peccatori .................... 21

Celebrazione: Realizzatori della misericordia di Dio........................... 27

2a Tappa: Quaresima - Pasqua4a Scheda: La tenerezza materna di Dio........................................... 345a Scheda: La compassione di Gesù per l’uomo che soffre...... 406a Scheda: La misericordia di Dio per credere nella

riconciliazione .......................................................................... 45Celebrazione: La Coroncina alla divina misericordia ......................... 53

3a Tappa: Tempo Pasquale7a Scheda: La misericordia di Dio per una speranza viva........ 618a Scheda: La misericordia di Dio per un amore gratuito....... 679a Scheda: La misericordia di Dio per imparare

la compassione...................................................................... 75Celebrazione: «Rigenerati dalla Tua misericordia»............................... 81

Appendice ................................................................................................................ 91

Indice

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Carissimi, ci apprestiamo ad iniziare la nuova tappadel nostro cammino pastorale nella vicinanza di unevento che Papa Francesco ha voluto come necessa-rio, salutare e fortificante aiuto per la vita della Chiesa,e la sua presenza e missione nel mondo: il Giubileodella misericordia.

Come abbiamo ben capito, l’essenza del carismaaffidatoci dal Beato Luigi Novarese, e la forza dell’a-zione apostolica da vivere come appartenenti al CVS,un’esortazione di Cristo dovrebbe ora suonarci piùche mai vicina ed interpellante: “Misericordia io voglioe non sacrificio” (Mt 9,13).

Una sola frase, che riassume perfettamente il sensodel nostro impegno, ne delinea l’orizzonte di infinitagrandezza, ed esclude ciò che lo impoverirebbe,secondo una sua possibile lettura troppo “letterale”, ascapito dello Spirito.

“Noi dobbiamo essere canali che uniscano la mise-ria finita dell’uomo, alla misericordia di Dio, infinita”(Beato Luigi Novarese).

Considerando che Dio è misericordia infinita... è evi-dente la profondità e la grandezza di portata dell’acquaviva della grazia richiesta alla nostra vita! Quindi l’im-pegno di pulizia e cura del “canale” che se è ingombrodi detriti e rovi, la grazia ha molto meno spazio perscorrervi ed irrigare il deserto dei nostri cuori.

“Gesù Cristo è il volto della misericordia delPadre. Il mistero della fede cristiana sembra trovarein questa parola la sua sintesi”. Così Papa Francesco,nella “Misericordiae Vultus”, la Bolla di Indizione delGiubileo, che ne motiva la ragione. “Ci sono momen-

Presentazione

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ti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamatia tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diven-tare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. Èper questo che ho indetto un Giubileo straordinariodella misericordia come tempo favorevole per laChiesa, perché renda più forte ed efficace la testimo-nianza dei credenti” (Misericordiae Vultus, n. 3).

Anche per noi, credenti chiamati a vivere e testi-moniare lo specifico carisma del CVS, sarà necessariain questo anno una rinnovata consapevolezza dellamissione che ci è propria, ed uno scatto di gioiosa,contagiosa fecondità apostolica nel viverla!

Noi non avremmo però avuto quel Volto da con-templare, per concretizzare ed illuminare la nostrafede, senza il Sì di una giovane Madre che ha datocarne e vita al sogno di Dio, generando il nostroSalvatore: Maria, Madre di misericordia.

“Nella «pienezza del tempo» (Gal 4,4), quando tuttoera disposto secondo il suo piano di salvezza, Eglimandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivela-re a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Luivede il Padre (cfr. Gv 14,9). Gesù di Nazareth con lasua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua personaè la misericordia di Dio” (Misericordiae Vultus, n. 1).

Il Beato Luigi Novarese ha accolto nella propria esi-stenza, tramite Maria, il germe fecondo dell’opera dalui nata, anzitutto per rispondere ai Suoi appelli diMamma che solo vuole la salvezza e la felicità di ogniuomo. “La Madonna è come una madre che non si dàpace finché non vede tutti i figli seduti in armoniaattorno al padre, presso la mensa di casa” (Beato LuigiNovarese). Così spesso egli commentava il senso deimessaggi di Lourdes e Fatima. Col nostro conseguen-te mandato di strumenti di riconciliazione, e costrut-tori di comunione. “Voi avete seguito l’apostolatodella valorizzazione del dolore per attrattiva non di un

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programma personale, ma di un progetto completa-mente impostato sulle richieste rivolte dalla Madonnaa Lourdes ed a Fatima” (Beato Luigi Novarese).

La realizzazione di questo progetto, di santità e diapostolato, non è quindi un fatto puramente perso-nale, bensì l’insostituibile anello di una catena che cilega all’eterno disegno di salvezza che Dio da sempree per sempre ha in cuore per l’uomo. Con Mariacome “aggancio” tra noi e Lui, tra il divino e l’uma-no, aldilà di ogni nostro possibile limite, consapevol-mente percepito o meno.

“Misericordia: è la legge fondamentale che abitanel cuore di ogni persona quando guarda con occhisinceri il fratello che incontra nel cammino della vita.Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, per-ché apre il cuore alla speranza di essere amati persempre nonostante il limite del nostro peccato”(Misericordiae Vultus, n. 2).

Il nostro Beato Fondatore, nella sua concreta fran-chezza evangelica, (mi è stato riferito) che diceva:“scandalizzarsi del peccato altrui non è segno di san-tità, ma di stupidità”! Non certo come invito a chiu-dere gli occhi davanti al male, agli errori connaturatialla nostra umanità, bensì quale esortazione a “nongiudicare, ma inserirci nel disegno della Redenzione,pregando e riparando per chi sbaglia e cade” (BeatoLuigi Novarese). “Fate dunque molta attenzione alvostro modo di vivere, comportandovi non da stoltima da saggi, facendo buon uso del tempo, perché igiorni sono cattivi. Non siate perciò sconsiderati, masappiate comprendere qual è la volontà del Signore”(Ef 5,15-17). In altre parole: i limiti, la fragilità che ciabitano o circondano, devono anzitutto essere richia-mo e sprone al nostro maggior e più coerente impe-gno apostolico! Ed avremo addirittura un Giubileodella misericordia quale tempo favorevole per rio-

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rientare e ridefinire l’ambito d’azione che già ci ècarismaticamente proprio.

“L’Anno Santo si aprirà l’8 dicembre 2015, solenni-tà dell’Immacolata Concezione. Questa festa liturgicaindica il modo dell’agire di Dio fin dai primordi dellanostra storia. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dionon ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia delmale. Per questo ha pensato e voluto Maria santa eimmacolata nell’amore (cfr. Ef 1,4), perché diventas-se la Madre del Redentore dell’uomo. Dinanzi allagravità del peccato, Dio risponde con la pienezza delperdono. La misericordia sarà sempre più grande diogni peccato, e nessuno può porre un limite all’amo-re di Dio che perdona” (Misericordiae Vultus, n. 3).

Sarà quindi Maria, Madre della misericordia adaprire questo anno straordinario per il nostro cammi-no umano e spirituale nel CVS. Ci aiuti la Donna delSì senza riserve al progetto di Dio, a divenire come econ Lei collaboratori coscientemente attivi, fedeli egioiosi del disegno di redenzione che abbraccia tuttal’umanità. Ed al mattino di ogni nostra Pasqua, potre-mo con Lei cantare la gioia dei già rinati in Cristo:“Corriamo per portare Cristo al mondo”!

Maria, Assunta in Cielo, chiedi alla Trinità di benedi-re il nuovo tratto di strada che stiamo per iniziare, per-sonalmente e nei nostri Gruppi d’Avanguardia, ed ottie-nici l’intercessione del nostro Beato Luigi Novarese edei nostri Seminatori di Speranza, raggiunti ora, nellasolennità dell’Assunzione di Maria, 13 agosto 2015,anche dall’indimenticabile Don Remigio, per la cui vitasacerdotale ed apostolica rendiamo grazie.

Buon apostolato.

Resy RizziniDelegata del CVS in Italia

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Schede

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1ª tappaAvvento - Natale

(Ottobre – Novembre – Dicembre)

1ª Scheda“Venite a me, e io vi darò ristoro”

In ascolto di noi

Ci poniamo in cammino non come ‘singoli’, ma co-me ‘gruppo’. E, quindi, per prima cosa, vogliamoprendere consapevolezza di questo ‘noi’.

Scegliamo di dedicare un tempo ampio a questoprimo momento (di accoglienza e ascolto reciproco),che sicuramente ci aiuterà a vivere meglio la fraterni-tà e a prepararci all’incontro con la Parola di Dio.

Ci conosciamo già tutti? C’è qualche persona nuo-va? Se sì, perché è venuta? Chi le ha parlato di noi?Con quali aspettative arriva? E noi… che cosa abbia-mo fatto durante l’estate? Perché abbiamo deciso ditornare a seguire questo percorso insieme? Quali sonoi desideri con cui ci mettiamo in ascolto della Parola?

In ascolto di Te

Dal Vangelo secondo Matteo (11,25-30)

25In quel tempo Gesù disse: “Ti rendo lode,Padre, Signore del cielo e della terra, per-ché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai

dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché“10

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così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è statodato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio senon il Padre, e nessuno conosce il Padre se non ilFiglio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e iovi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi eimparate da me, che sono mite e umile dicuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Ilmio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”.

Gesù invita le persone che incontra: “Venite a me,voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi daròristoro”. Ha davanti al suo cuore la gente che incon-tra ogni giorno per le strade della Galilea: gente sem-plice, giovani, bambini, poveri, malati, emarginati,peccatori… Questa gente ha sempre rincorso ilSignore per incontrarlo, per ascoltare la Sua parola,per ritrovare speranza e senso per la propria vita.Gesù ora li chiama a Sé: “Venite a me”, e prometteloro sollievo e ristoro.

Questo invito di Gesù si estende fino ai nostri gior-ni, per raggiungere anche noi, oppressi da condizio-ni di vita precarie, da situazioni difficili e a volte privedi validi punti di riferimento. Anche nelle nostre par-rocchie e quartieri si trovano persone stanche e sfini-te sotto il peso insopportabile dell’abbandono e del-l’indifferenza. Ancora oggi sono tante le emargina-zioni che schiacciano la vita di tante persone e le ren-dono sfiduciate. Sono segnate da insoddisfazionidella vita e da frustrazioni.

A ciascuno di questi figli del Padre celeste, Gesùripete: “Venite a me, voi tutti”. Ma lo dice anche a chiha tutto nella vita, ma il suo cuore è vuoto e senza Dio.Anche a costoro rivolge questo invito: “Venite a me”.

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SCHEDA 1

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Gesù promette di dare ristoro a tutti, ma ci faanche un invito, che è come un comandamento:“Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me,che sono mite e umile di cuore”. Il “giogo” delSignore consiste nel caricarsi del peso degli altri conamore fraterno. Una volta ricevuto il ristoro ed il con-forto di Cristo, siamo chiamati a nostra volta a diven-tare ristoro e conforto per i fratelli, con atteggiamen-to mite ed umile, a imitazione del Maestro. La mitez-za e l’umiltà del cuore ci aiutano non solo a farci cari-co del peso degli altri, ma anche a non pesare su diloro con le nostre vedute personali, i nostri giudizi, lenostre critiche o la nostra indifferenza.

Verifica e programmazione dell’apostolato

I sapienti, i dotti e i piccoli. Un primo momento diverifica potrebbe essere personale: dove mi colloco?Chi credo di essere? Come vorrei essere? Se Gesù fauna distinzione, non è certo per censurare e allonta-nare da sé qualcuno. Infatti, subito dopo dirà: venitea me, tutti.

Però il regno dei cieli è per i piccoli e, tra l’altro,solo questi sono in grado di apprezzarne le dinami-che e di comprenderle. Per questo, la verifica perso-nale ci porta a chiederci se desideriamo essere piccolie poi anche stare con i piccoli, con chi non ha vocein capitolo, con chi non è importante.

Venite, prendete, imparate. Sono tre verbi conse-quenziali, pronunciati da Gesù, che desiderano crea-re dentro di noi uno spazio qualificato per Dio, per laconoscenza e la familiarità necessaria a instaurare unrapporto duraturo e approfondito. È come entrarenella vita di Dio (venite), ricevere i suoi doni (pren-

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dete), comprendere le sue vie, il suo modo di agire, isuoi comportamenti, i suoi sentimenti (imparate).

Andate, portate, insegnate. Si tratta di programma-re l’azione apostolica partendo da quello che abbia-mo ricevuto da Dio, dalla sua Parola. Nessun donoviene da Dio e rimane tale se è custodito ma noncondiviso. Dunque, andiamo tra i piccoli della nostraparrocchia, sentendoci anche noi piccoli. Andiamo acondividere ciò che abbiamo ricevuto gratuitamente.Andiamo con il desiderio e la speranza di portare tuttia incontrare Gesù, il Maestro. Egli dirà, a loro comea noi: ‘Io vi darò ristoro’.

Preghiera

Signore, tu provi compassione per la folla che sta con te ormai da tre giorni; offri il pane a tutti. Non fai distinzione di persone, chiedi soltanto che si lascino radunare da te, che stiano con te, ascoltino la tua Parola, accolgano il “pane della vita”. Concedimi di comprendere che il “pane vero”, che nutre, è la tua compassione, per la quale hai offerto te stesso. Aiutami a venire più frequentemente a te, per ascoltare la tua Parola e ricevere il “pane di vita”, che tu generosamente intendi donarmi. Tu o Signore, sei il mio pane, senza di te non posso vivere; non saprei dove andare senza di te, non saprei cosa fare e cosa dire senza di te. Signore, tu sei il mio nutrimento, tu sei la forza per la quale tu mi darai la grazia

SCHEDA 1

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di spezzare con i fratelli questo nutrimento giornoper giorno. Saremo anche noi il pane del Signore, pane distribuito, pane diventato ostia di umiltà.

Carlo Maria Martini

Il mio impegno

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2a SchedaIl nome di Dio è misericordia

In ascolto di noi

È passato un po’ di tempo dall’ultimo incontro digruppo. Proviamo a guardarci in viso. Ci siamo tuttio manca qualcuno? Abbiamo un elenco dei parteci-panti al gruppo? Possiamo stilarlo e magari scambiar-ci i numeri di telefono?

Dall’ultimo incontro ad oggi che cosa ci è capita-to? Proviamo a condividere un’esperienza bella e unatriste di quest’ultimo periodo.

In ascolto di Te

Dal libro dell’Esodo (33,18-34,10)

33,18Mosè disse al Signore: “Mostrami la tuaGloria!”. 19Rispose: “Farò passare davanti ate tutto il mio splendore e proclamerò il mio

nome: Signore, davanti a te. Farò grazia a chi vorròfar grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver mise-ricordia”. 20Soggiunse: “Ma tu non potrai vedere ilmio volto, perché nessun uomo può vedermi e restarevivo”. 21Aggiunse il Signore: “Ecco un luogo vicino ame. Tu starai sopra la rupe: 22quando passerà la miaGloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti copriròcon la mano finché sarò passato. 23Poi toglierò lamano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo sipuò vedere”.34,1Poi il Signore disse a Mosè: “Taglia due tavole di pie-tra come le prime. Io scriverò su queste tavole le paro-

SCHEDA 2

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le che erano sulle tavole di prima, che hai spezzate.2Tieniti pronto per domani mattina: domani mattinasalirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cimaal monte. 3Nessuno salga con te, nessuno si trovi sullacima del monte e lungo tutto il monte; neppurearmenti o greggi vengano a pascolare davanti a que-sto monte”. 4Mosè tagliò due tavole di pietra come leprime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai,come il Signore gli aveva comandato, con le due tavo-le di pietra in mano. 5Allora il Signore scese nellanube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome delSignore. 6Il Signore passò davanti a lui proclamando:“Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso,lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, 7che conser-va il suo favore per mille generazioni, che perdona lacolpa, la trasgressione e il peccato, ma non lasciasenza punizione, che castiga la colpa dei padri neifigli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quartagenerazione”. 8Mosè si curvò in fretta fino a terra e siprostrò. 9Disse: “Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mioSignore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, èun popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostracolpa e il nostro peccato: fa di noi la tua eredità”. 10IlSignore disse: “Ecco io stabilisco un’alleanza: in pre-senza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, qualinon furono mai compiute in nessun paese e in nessu-na nazione: tutto il popolo in mezzo al qualeti trovi vedrà l’opera del Signore, perché ter-ribile è quanto io sto per fare con te.

È il racconto di un secondo ritorno di Mosè sulSinai. Disceso dal monte, la prima volta, con le tavo-le incise che dovevano essere il trionfo della fedeltà ela conferma della preferenza di Dio per questo popo-

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lo, nel campo degli Israeliti è avvenuto l’inimmagina-bile: costruzione di idoli con l’oro di famiglia portatodall’Egitto, rifiuto dell’autorità di Mosè, guerra internache si scatena per avere una vittoria o un predominio.

Mosè vince una vera battaglia, compiendo con isuoi un’opera di ravvedimento. Ma, a questo punto,è convinto che la sconfitta più terribile se l’è procu-rata davanti a Dio. E’ convinto del rifiuto di Dio, dellalacerazione di un’alleanza prefigurata. E’ convinto dinon avere futuro e di doversi preparare ad un desti-no di abbandono e di morte nel deserto.

E invece Mosè è invitato da Dio a ritornare sulmonte. Dio vuole rifare una copia della prima leggeche era andata distrutta nella disperazione di untempo senza futuro. Le prime tavole erano stateopera di Dio, scritte da Dio e donate. Qui Dio nonrecede e accetta di scrivere, ancora una secondavolta, la legge ma le nuove tavole di pietra debbonoessere preparate da Mosè stesso: la legge nasce e sipropone in collaborazione.

Il Signore mantiene la misericordia con fedeltà eamore; e questa è la sorpresa per tutti, ma soprattut-to per Mosè, che sta imparando a conoscere Dio. Einfatti Dio gli si ferma accanto, nascosto e palese, esi proclama per ciò che Mosè deve capire sulla iden-tità di Dio stesso. Il Signore, infatti, è fondamental-mente “misericordioso e pietoso, lento all’ira e riccodi fedeltà” (v. 6). Questa proclamazione è rivelazionedi Dio, gioiosa intuizione per Mosè che ormai si sentelegato al suo popolo e quindi solidale, nel bene e nelmale; e tuttavia pienamente unito a Dio e all’esigen-za di fedeltà. La misericordia del Signore fa intuireuna profondità di legame e di coinvolgimento impen-sabile. Così Mosè, che teme di restare solo e ango-sciato in questa scelta di solidarietà, scopre che è

SCHEDA 2

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possibile riprendere una speranza grande e un pro-getto interrotto.

Questo Dio fa prevalere il perdono anche se con-tinua, nella giustizia, la punizione. Mosè accoglie e “sicurva in fretta fino a terra” (v. 8) e riprende la suapreghiera di intercessione. Chiede che “il Signorecammini in mezzo a noi, che perdoni la nostra colpae ci faccia sua eredità” (v. 9). Si ritrovano continua-mente uniti il richiamo del cammino vittorioso, laprotezione della presenza divina, la gloria di esserecustodi ed eredi nella scelta di Dio. Mosè comunque,fino in fondo, si sente mediatore e fa le scelte pre-ziose di solidarietà con il popolo, prende su di sé ilpeccato del popolo. Viene così educato ad assumereil sentire misericordioso di Dio.

Verifica e programmazione dell’apostolato

Dal testo dell’Esodo ricaviamo tre realtà guida peril nostro apostolato: il volto, le parole, il nome. Si trat-ta delle realtà di cui Dio stesso parla con il suo servoMosè.

Dio dice di non poter mostrare il suo volto ma allafine è come se lo mostrasse poiché, più che rivelareun volto di carne, egli mostra a Mosè la sua profon-da e incancellabile identità: la sua misericordia.

Le sue parole sono parole di alleanza, continua-mente riscritte ormai sulla tavola del nostro cuore,con il Dito di Dio che è lo Spirito santo.

Il suo nome, che dura in eterno, è il nome checontiene in sé tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno:misericordia, pietà, grazia e fedeltà.

Ammaestrati da questo dialogo di Dio con Mosè,anche noi ci proponiamo di conoscere il volto, le

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parole e il nome di Dio, nel nostro spazio interiore.Nella programmazione apostolica, teniamo poi

presente che le persone che desideriamo avvicinarehanno il loro volto, cioè la loro identità. Hanno unnome, cioè il loro essere persone reali e uniche.Hanno le loro parole che in nessun caso ci è con-sentito censurare e giudicare. Andiamo dunque versogli altri pieni di rispetto e di attenzione, guardandocon simpatia i volti, ascoltando con interesse le paro-le, accogliendo con cordialità i nomi, instaurando contutti relazioni piene di misericordia e di grazia.

Preghiera

La vera anima dell’alleanza è l’amore che Dio ha per l’uomo e che desidera dall’uomo. Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, canteremo il canto nuovo. Dal profondo dell’abisso grido a te, Signore, Padre. Io sono miseria, ma il tuo nome è misericordia!

Nell’attesa di te, aiutami a riconoscere i momenti del tuo passaggio. Apri in me una capacità di ascolto. Il tuo nome è misericordia!

Sento tutta la mia povertà, tu conosci la mia miseria, eppure mi chiami a un rapporto di alleanza.La tua fedeltà è la sorgente da cui scaturiscono la mia forza e la mia gioia. Il tuo nome è misericordia!

Guidami sulla via dell’abbandono: avanzando con speranza sempre rinnovata,

SCHEDA 2

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Signore, so che posso contare su di te. Vieni a prendermi per mano, per condurmi a te. Il tuo nome è misericordia!

La nostra vita sia come una festa senza fine dove l’incontro con te si rinnova incessantemente, come una danza fra le braccia della tua grazia nellamusica che riempie l’universo d’amore. Signore, il tuo nome è misericordia!

Il mio impegno

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3a SchedaLa misericordia di Dio verso i peccatori

In ascolto di noi

Riprendiamo in mano l’elenco dei partecipanti algruppo. Forse manca qualcuno. Perché? Chi può farsipresente presso di lui (o di lei)? Probabilmente cisono delle persone che non possono partecipareall’incontro perché sono allettate o impedite. Comepossiamo organizzarci per andare a trovarle e farlesentire parte di ‘noi’?

Qualcuno ha qualcosa di speciale da raccontare,successa nelle ultime settimane? In particolare pro-viamo a pensare se abbiamo vissuto in quest’ultimoperiodo un’esperienza di misericordia (ricevuta odonata) e condividiamola.

In ascolto di Te

Dal libro di Giona (3,1-10)

1Fu rivolta a Giona una seconda volta que-sta parola del Signore: 2«Alzati, va’ aNinive, la grande città, e proclama ad essa

il proclama che io ti dirò». 3Giona si alzò e andò aNinive secondo la parola del Signore. Ninive era unacittà grande per Dio; larga tre giornate di cammino.4Giona cominciò a percorrere la città per un giornodi cammino e proclamava: «Ancora quaranta giornie Ninive verrà rovesciata!». 5I cittadini di Ninive cre-dettero a Dio e bandirono un digiuno, si vestirono disacco, dal più grande al più piccolo. 6Giunta la noti-

SCHEDA 3

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zia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolseil mantello, si coprì di sacco e si mise a sedere sullacenere. 7Poi fu proclamato in Ninive questo decreto,per ordine del re e dei suoi grandi: «Uomini e anima-li, grandi e piccoli, non mangino nulla, non pascoli-no, non bevano acqua. 8Uomini e bestie si coprano disacco e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno siconverta dalla sua condotta malvagia e dalla violen-za che è nelle sue mani. 9Chi sa che Dio non torniindietro, si penta, ritorni dalla fiamma della sua col-lera, così che noi non veniamo distrutti?». 10Dio vide leloro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro con-dotta malvagia, e Dio si pentì riguardo al male cheaveva minacciato di fare loro e non lo fece. 10Dio videle loro opere, che cioè si erano convertiti dalla lorocondotta malvagia, e Dio si impietosì riguar-do al male che aveva minacciato di fare loroe non lo fece.

Per Giona si apre una nuova possibilità. Dio loinvita ancora: «Alzati, va’ a Ninive, la grande città». Maquesta volta c’è una differenza: non si tratta più digridare “contro di essa” (1,2), ma “ad essa”. La sfu-matura è importante: il proclama che Giona deveannunciare a Ninive per conto di Dio non è necessa-riamente qualcosa di negativo, ma piuttosto causa disalvezza per la città.

Prima della predicazione di Giona, il narratoreinserisce un dettaglio curioso: Ninive era una città“molto grande”, tre giorni di cammino. Nessuna cittàantica è grande in questo modo. Ma il punto è unaltro: Ninive è “una città grande per Dio”. Se la inten-diamo in senso ironico, essa significa forse cheNinive è una città troppo grande persino per Dio; se

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Dio trova difficoltà a gestirla, che cosa potrà mai fareil povero Giona? E d’altra parte il testo si può ancheintendere come il segno della considerazione di Dioper Ninive; essa è “grande per Dio”, ovvero è stima-ta da lui, Dio se ne interessa.

Il messaggio di Giona consta in ebraico di appenacinque parole: “Ancora quaranta giorni e Ninive verràrovesciata!” (v. 4). Il verbo “rovesciare” è di per séambiguo; può significare certo la distruzione, ma l’i-ronia del narratore lascia intendere che il “rovescia-mento” di Ninive, con buona pace delle attese diGiona, sarà di tutt’altra natura: sarà piuttosto la suaconversione. Indica i prodigiosi “rovesciamenti” cheDio provoca nella vita dell’uomo.

La menzione dei quaranta giorni ci orienta verso untempo di attesa, di penitenza, verso uno spazio e unrimando che vengono offerti a Ninive perché possaaccogliere il messaggio divino. E tuttavia l’annuncio diGiona, nella sua estrema sinteticità, conserva un tonosevero: il tempo della violenza e della grandezza èfinito; Dio annuncia le sue scelte irrevocabili.

Gli abitanti di Ninive, iniziando dal re, dal piùpotente della città, subito “credettero a Dio” (v. 5),fin dal primo giorno della predicazione di Giona,con una prontezza che contrasta con la precedentefuga del profeta. La fede degli abitanti di Ninive èsottolineata da due gesti penitenziali molto concreti:il digiuno e il vestirsi di sacco. Il digiuno richiama lavera fame dell’uomo, fame della parola di Dio (Dt8,3); il sacco richiama invece l’umiltà e la miseria.Non si tratta dunque di una conversione fittizia; igesti degli abitanti di Ninive svelano la loro inten-zione profonda. Essi credono dunque che si merita-no il castigo, e che tuttavia è possibile evitarlo conla penitenza.

SCHEDA 3

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“Chi sa che Dio non torni indietro, si penta, ritor-ni dalla fiamma della sua collera, così che noi nonveniamo distrutti?” (v. 9). Per due volte, a propositodi Dio, si utilizza lo stesso verbo che è stato usato aproposito degli uomini. Chi sa che Dio non si con-verta? Dio può cambiare, se cambia l’uomo.

La conversione di Dio! Il libro di Giona è certa-mente molto ardito; Dio ha bisogno di convertirsi? Dipentirsi, persino? Il Dio della Bibbia non si vergognaa presentarsi con sentimenti umani. E d’altra parte ilcuore del v. 9 sta nella domanda «chi sa?». Il Dio dellaBibbia sfugge a ogni determinazione umana. Nonsiamo noi a dovergli suggerire come comportarsi neinostri confronti. Il Dio della Bibbia non è la proie-zione di desideri umani; è talmente libero da poteressere descritto come qualcuno in grado di pentirsi,di convertirsi, di cambiare idea.

Entriamo davvero nel mistero dell’agire di Dio: Diovede che la conversione dei Niniviti è reale e si pentedi aver voluto far loro del male.

Qual è il vero volto di Dio? Un Dio di pura giusti-zia oppure un Dio di misericordia? Il grande messag-gio è che mentre i Niniviti si convertono, mentre siconverte lo stesso Dio, l’unico a non volersi conver-tire è proprio il profeta. I nemici di Israele sono pron-ti ad accogliere la parola di Dio, non così Giona, l’i-sraelita fedele!

Verifica e programmazione dell’apostolato

Alzati. Va’. Proclama. Sono tre verbi che il Signore pronuncia per invita-

re Giona a non dimenticare la sua missione di profe-ta. Tre imperativi per vincerne la riluttanza e l’indeci-

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sione. Riflettiamo se anche noi siamo tentati diabbandonare e, invece di essere “primizia e profezia”per il mondo dell’umana sofferenza, cerchiamo disfuggire alle sollecitazioni del vangelo.

Comprendiamo ancora una volta che non andiamoa nome nostro, né per dire pensieri ricavati dallanostra intelligenza. Andiamo in nome di Dio, procla-mando le sue parole, facendoci mediatori della suasalvezza.

Tre giorni di cammino era la misura della città diNinive. E noi, abbiamo già “misurato” il nostro terri-torio parrocchiale? Lo conosciamo? Verifichiamo glispazi geografici della nostra zona e proviamo a met-terci in cammino verso quelle che finora abbiamoeventualmente trascurato.

Ma proviamo anche a progettare eventuali “esplo-razioni” al di fuori della nostra zona: parrocchie vici-ne, gruppi o associazioni che si dedicano al mondodella sofferenza.

Preghiera

Da sempre, Signore, tu parli in me nel linguaggio semplice e sereno della mia profondaesistenza. Ma spesso non riesco, o mi rifiuto di ascoltarti: perché non usi il linguaggio dei miei poveri desideri, delle mie tristi soddisfazioni, della felicità chespero... Ti ostini a interpellarmi attraverso gli avvenimentidella vita, attraverso disagi e fallimenti e soprattutto attraverso tutti i miei poveri tentativi di fare a menodi te.

SCHEDA 3

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Non è che in fondo alla mia miseria, isolato nellamia sofferenza, annientato dall’impotenza, che mi abituo alla tuavoce. A poco a poco essa mi penetra, si infiltra, mi lavora. Allora la vita ricomincia a circolare in me. Io so di nuovo chi sono e non mi arrischio più achiederti chi sei, perché so bene che tu sei il mio Signore.

Louis Evely

Il mio impegno

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Celebrazione

Realizzatori della misericordia di Dio

La festa dell’adesione segna un momento importante per cia-scuno di noi e per tutta l’Associazione e ci chiede di essere vis-suta nella consapevolezza che ciascuno, attraverso il proprio sìal Centro Volontari della Sofferenza, diventa apostolo, consape-vole e sollecito di quella attività di annuncio e di testimonianzache sappiamo essere necessariamente urgente.

In questa prospettiva, risuona il richiamo del beato LuigiNovarese: “Gesù ci chiama ad essere dei costruttori con Lui e adessere gioiosi. Per questo bisogna imparare la strada per costrui-re, diventando come lui è diventato: mite ed umile di cuore. È lasua scuola, alla quale impareremo la regale via della croce vis-suta nel silenzio. Inoltre, bisogna imparare ad essere credibili:non annunciatori, ma realizzatori. Non possiamo limitarci aripetere le richieste dell’Immacolata, non possiamo limitarci afare una consacrazione all’Immacolata. Dobbiamo vivere lerichieste dell’Immacolata. La Madonna deve diventare realmen-te la Mamma del cielo, vivente, che ci guarda costantemente, cisostiene, ci guida, interviene per la nostra formazione”.

I nuovi iscritti accompagnati dal capogruppo del Gruppod’Avanguardia di appartenenza o dalle persone che li hannoseguiti nel cammino di conoscenza e adesione, entrano inChiesa processionalmente con il Celebrante (possibilmente ilVescovo), e prenderanno posto ai primi banchi.

Segni all’offertorio: il pane, il vino, lo Statuto, le tessere d’i-scrizione, i sussidi dei gruppi d’avanguardia e i sussidi dei set-tori giovanili. (Se si ritiene opportuno si possono aggiungere altridoni).

RITO DI ADESIONE

Terminata l’Omelia e dopo una breve pausa di silenzio, si intro-duce il Rito di adesione al CVS.

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1. RITO DI ACCOGLIENZA DEI NUOVI MEMBRI

NELL’ASSOCIAZIONE

Celebrante: Sorelle e fratelli, oggi il Centro Volontaridella Sofferenza rinnova la sua vocazione e missioneattraverso l’adesione. Siamo qui per esprimere, o perdichiarare per la prima volta, la nostra volontà diappartenere al Centro Volontari della Sofferenza.L’Associazione è nata dalla profondità carismatica delbeato Luigi Novarese, per dare significato di salvezzaalla realtà del dolore umano e dignità alla personasofferente.

Tutti: Siamo qui con tutta la mente, tutto il cuore etutta la gioia e davanti al Signore, sull’esempio diMaria, vogliamo essere strumenti utili e responsabili,offrendo la nostra vita come dono e ricchezza per laChiesa e per la società, per la venuta del suo regnoin mezzo a noi. Amen.

Guida: “Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli chevoleva ed essi andarono da lui” (Mc 3, 13).

Se ci sono persone che si iscrivono per la prima volta, vengonochiamate per nome dal celebrante. Ciascun nominato risponde:ECCOMI e si porta davanti all’altare. Al termine il celebrante dice:

Celebrante: Volete valorizzare il dono dell’amoreche lo Spirito Santo ha effuso in voi nel giorno delBattesimo e che nell’Eucaristia si ravviva e diventasegno visibile della presenza di Dio, realizzando l’in-tuizione carismatica del beato Luigi Novarese, chevede nella sofferenza offerta al malato una parteci-pazione al mistero pasquale di Cristo e lo rende apo-stolo e perciò primizia e profezia per la valorizzazio-ne di ogni situazione di sofferenza presente nella vita

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dell’uomo, aderendo alle richieste di preghiera e dipenitenza proprie della spiritualità mariana diLourdes e Fatima, che riconosce come momenti e luo-ghi carismatici dell’Associazione? (dallo Statuto delCVS, Cap. 1, identità – finalità).

Nuovi membri dell’Associazione: Sì, con la graziadi Dio e l’aiuto della Vergine Immacolata, lo voglio.

Il celebrante consegna ad ogni nuovo iscritto, lo statuto del CVSe la corona del rosario dicendo:

Celebrante: - Ricevi lo Statuto. Amalo e osservalocon fedeltà; sarà strada sicura per latua santificazione.- Ecco la corona del Rosario: in unionecon Maria, annuncia ai fratelli i misteridi Cristo, vita, morte e risurrezione checonducono alla sorgente della Vita.

Nuovo membro dell’Associazione: Amen.

Celebrante: Accogliamo questi nostri fratelli e sorel-le nel loro desiderio di aderire al Centro Volontaridella Sofferenza per partecipare pienamente alla mis-sione della Chiesa che è in … (nome della Diocesi).

Tutti: Rendiamo grazie a Dio.

2. PROFESSIONE DEGLI IMPEGNI ASSOCIATIVI

Celebrante: Carissimi, l’impegno che state per accet-tare liberamente è una risposta alle richieste di pre-ghiera e di penitenza presentate dalla Vergine Santa aLourdes e a Fatima, per riparare i tanti peccati che

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offendono il Cuore di Gesù ed il suo CuoreImmacolato; per la conversione dei peccatori; per ilPapa, per i Sacerdoti ed il loro ministero. Volete sce-gliere Maria come madre che genera e sostiene gior-no per giorno il vostro proposito di fedeltà secondoil carisma e lo stile del Centro Volontari dellaSofferenza a servizio della Chiesa?

Tutti: Sì, lo vogliamo.

Celebrante: Questa vostra risposta vi chiama e viimpegna ad approfondire l’adesione a Cristo e allasua Chiesa per mezzo di Maria Santissima; e a viver-la come testimonianza che conferma la vostra parola.Vivete con gioia i doveri che ci legano a questa nostraincomparabile Madre, doveri di appartenenza, didevozione, di ascolto, di ubbidienza, di imitazionefedele, costante, senza posa. Allora: Gesù vi chiamaad essere dei costruttori con Lui… vi invita ad esseregioiosi… Gesù vuole che voi operiate, portiate frutti(cfr. Gv 15,8). Ed allora sempre nella gioia, costrutto-ri con Dio, fare cose grandi con Dio, salvare le anime,operosi nella gioia che nessuno ci potrà mai rapire(dagli scritti del beato Luigi Novarese).

Tutti: Sì, e noi così, in questo atteggiamento di figliansiosi per il regno di Dio, attuato per mezzo diMaria, vogliamo restare oggi e sempre.

Celebrante: Alla Vergine Immacolata, affidiamo orail nostro impegno e chiediamo sostegno perché pos-siamo instaurare un regno sicuro, tranquillo, nellapace, anche se attorno a noi, o dentro di noi, imper-versa la bufera, scatenata dalla nostra debolezza e dalmale che ci circonda.

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Tutti: Consapevole della mia vocazione cristiana, iorinnovo oggi nelle tue mani o Maria gli impegni delmio Battesimo. Rinuncio a Satana, alle sue seduzioni,alle sue opere, e mi consacro a Gesù Cristo, per por-tare con Lui, la mia croce, nella fedeltà di ogni gior-no alla volontà del Padre. Alla presenza di tutta laChiesa ti riconosco come mia Madre e sovrana. A teoffro e consacro la mia vita, la mia persona, e il valo-re delle mie buone opere, passate, presenti e future.Disponi di me e di quanto mi appartiene, per la mag-gior gloria di Dio, nel tempo e nell’eternità. Amen.

Celebrante: Signore, guida nella tua verità questi fra-telli e sorelle: sappiano essere sereni e decisi nell’af-frontare con coerenza l’impegno a vivere con gene-rosità il carisma del Centro Volontari della Sofferenzache il beato Luigi Novarese ha voluto e consegnatoad ognuno. Sempre nella gioia, siano costruttori conte, operando nella gioia che nessuno potrà mai rapi-re. Annuncino il tuo amore per l’umanità; annuncinola bellezza della grazia faticosamente conquistata.Annuncino la possibilità di essere costruttori del tuoRegno. Siano sempre nella gioia, senza timore, per-ché tu sarai sempre costruttore del Regno di Dio.

Tutti: Amen.

Segue la Preghiera dei fedeli

Presentazione dei doniDurante la processione vengono portati il pane e ilvino, lo Statuto, le tessere d’iscrizione, i sussidi deigruppi d’avanguardia e i sussidi dei settori giovanili.Si può preparare un breve commento nell’accompa-gnare i doni.

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3. CONSEGNA DELLE TESSERE ASSOCIATIVE

Benedizione e consegna delle tessere d’iscrizionePrima della Benedizione finale o al termine della S.Messa: il responsabile diocesano, un capogruppo edun rappresentante dei settori giovanili si recanodavanti all’altare e presentano le tessere per la bene-dizione.

Celebrante: Padre misericordioso, tu che hai man-dato il tuo Figlio per riconciliare gli uomini con te etra loro e doni lo Spirito Santo perché il tuo popolosia segno e strumento di un amore premuroso e infa-ticabile, benedici quanti esprimono, attraverso questetessere, un impegno di vita a servizio della tuaChiesa; fa’ che siano testimoni della novità di vita delVangelo e collaborino alla costruzione di una comu-nità cristiana che sia segno vivo del tuo amore eluogo di accoglienza premurosa per ogni persona.Per Cristo nostro Signore. Amen.

Il celebrante benedice le tessere.

4. RITO DEL MANDATO A TUTTI GLI ISCRITTI

Guida: “Ne costituì Dodici, che chiamò apostoli, per-ché stessero con lui e per mandarli a predicare con ilpotere di scacciare i demoni” (Mc 3,14-15).

Celebrante: Il Signore vi ha chiamati per una dupli-ce missione: “stare con lui”, cioè formare gruppi dicui lui è il centro, e di “andare in missione”, cioèannunciare la Buona Novella. Vi ha scelto, vi invia evi affida i fratelli che incontrerete. Trasmettete loro lo

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stile di vita cristiana che il Centro Volontari dellaSofferenza propone, affinché sentano il bisogno diriscoprire l’originalità e la freschezza di gesti sempli-ci, capaci di parlare al cuore e alla mente di ciascu-no, rivelando le profondità divine in cui siamo accol-ti come figli dall’unico Padre.

Tutti: Guidaci, dove Tu vuoi, ma tienici presso di Te!(dagli scritti del beato Luigi Novarese).

Benedizione finale.

Durante il canto il responsabile diocesano con gli altri rappre-sentanti distribuiscono le tessere agli associati.

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2ª tappaQuaresima - Pasqua

(Gennaio – Febbraio – Marzo)

4ª SchedaLa tenerezza materna di Dio

In ascolto di noi

Torniamo a guardarci negli occhi e a verificare semanca qualcuno (perché? come raggiungerlo?).

Qualcuno di noi è andato a far visita a qualcheammalato del gruppo o della parrocchia? Può rac-contare l’incontro?

Proviamo a fare un passo in avanti. La prossimavolta che andremo a trovare qualcuno impossibilita-to ad uscire, oltre a portargli la nostra vicinanza,chiediamogli di mandarci un messaggio (che poileggeremo nel gruppo). Potrebbe essere un’ideaanche per vivere diversamente la Giornata mondia-le del malato. Chiediamo agli ammalati della nostraparrocchia che cosa pensano della misericordia diDio, che cos’è per loro la misericordia e se possonoraccontarci un’esperienza in cui hanno dato o rice-vuto misericordia.

E ora, per prepararci all’ascolto della Parola, chie-diamoci: abbiamo vissuto in queste ultime settimaneun episodio in cui abbiamo sentito in particolare latenerezza materna di Dio? (condividiamo).

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In ascolto di Te

Dal libro del profeta Isaia (49,8-17)

8Così dice il Signore: «Al tempo della bene-volenza ti ho risposto, nel giorno della sal-vezza ti ho aiutato. Ti ho formato e ti ho

stabilito come alleanza del popolo, per far risorgere laterra, per farti rioccupare l’eredità devastata, 9perdire ai prigionieri: “Uscite”, e a quelli che sono nelletenebre: “Venite fuori”. Essi pascoleranno lungo tuttele strade, e su ogni altura troveranno pascoli. 10Nonavranno né fame né sete e non li colpirà né l’arsurané il sole, perché colui che ha misericordia di loro liguiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua. 11Io trasformerò i miei monti in strade e le mie viesaranno elevate. 12Ecco, questi vengono da lontano,ed ecco, quelli vengono da settentrione e da occiden-te e altri dalla regione di Sinìm». 13Giubilate, o cieli,rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché ilSignore consola il suo popolo e ha misericordia deisuoi poveri. 14Sion ha detto: «Il Signore mi ha abban-donato, il Signore mi ha dimenticato». 15Si dimenticaforse una donna del suo bambino, così da non com-muoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costo-ro si dimenticassero, io invece non ti dimenticheròmai. 16Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegna-to, le tue mura sono sempre davanti a me. 17Ituoi figli accorrono, i tuoi distruttori e i tuoidevastatori si allontanano da te.

Il testo di Isaia può essere interpretato con unagrandissima ricchezza, in cui Dio non solo non haabbandonato il suo popolo, ma ha corrisposto alla

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propria parola di alleanza in una misura stupefacen-te e indeducibile.

Il contesto è quello del Secondo Isaia, un contestodrammatico perché è quello del grande esilio. Noioggi non conosciamo tanto l’esilio fisico, come i tantiimmigrati che continuamente vediamo – e talvoltagiudichiamo negativamente – ma viviamo in un con-testo in cui ci sentiamo lontani dalle nostre radici ecome prigionieri, non a casa, nel mondo che fre-quentiamo. Si tratta di una spiritualità dell’esilio, checi rende consapevoli di abitare in una terra e patrianella quale non sempre ci identifichiamo fino infondo. Il profeta Isaia costruisce pertanto una teolo-gia della fedeltà di Dio nell’esilio a partire non dariflessioni astratte, ma dalla condizione del popolopiagato e piegato da chi con i mezzi del denaro, del-l’economia e della violenza delle armi lo ha di fattoumiliato. E Isaia è il profeta della consolazione: haricevuto la missione da Dio di consolare il popolo.

Il popolo esiliato aveva perso quanto di più caropossedeva: la terra, la dinastia davidica – quindi lapossibilità di veder realizzata la promessa di Dio – ela città santa, ossia il luogo del culto, che racconta emostra la predilezione di Dio nei confronti del popo-lo.

Il verso 13, centrale nel nostro brano, presenta l’a-nalisi della rassegnazione di Sion, popolo dell’allean-za. Infatti afferma: “Il Signore mi ha abbandonato, miha dimenticato”. Abbandonare e dimenticare qui ven-gono usati come sinonimi. La realtà dimenticata è unarealtà lontana, non è più presente e quindi abbando-nata. Il popolo riconosce di essere in una situazionedi perdita – quella dell’esilio – e ciò vuol dire che Diolo ha dimenticato. L’affermazione del popolo è unarassegnazione teologica: l’unico che potrebbe portar-

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ci a vita, ci ha dimenticato. Non solo si tratta di unacondizione oggettiva, l’esilio, ma addirittura è ancheuna realtà spirituale che dice che il popolo è assentenella mente di Dio e si sente solo.

E qual è la risposta di Dio? I versetti 15-17 la pre-sentano. Dio risponde con un interrogativo che pren-de a paragone la mamma: “Si dimentica forse unadonna del suo bambino, così da non commuoversiper il figlio delle sue viscere?” (v. 15). Commuoversinon è solo una esperienza mentale e di cuore, madice riferimento fisico alle viscere, al sentirsi ribolliredello stomaco. La prima risposta di Dio alla rasse-gnazione del popolo dice che se una mamma nonpuò dimenticarsi dei figli, lo stesso vale per Dio, checonsidera tutti i membri del popolo come suoi figli!Dio non può mai essere come una madre sventuratache si dimentica.

La sua assicurazione però si basa solo sulla suaParola. Solo la Parola di Dio è contro la percezionenormale che dice tutt’altro, che cioè anche la mammasi può dimenticare dei figli. Dio è tenace e afferma:“Io non ti dimenticherò mai!” (v. 15). Ed insiste nel-l’avvalorare questa Parola: “Ecco, sulle palme dellemie mani ti ho disegnato” (v. 16). Il riferimento aCristo, alla luce della sua passione e risurrezione, cidice che Dio per l’eternità non cancellerà mai più ildisegno della presenza degli uomini, della storia. Larisurrezione di Gesù non toglie dalle mani di Dio isegni, lo stigma di questa presenza del popolo e dellafedeltà di Dio, perché in tutto ciò che fa e compie –e le mani sono il segno dell’azione dell’uomo nellarealtà e quindi di Dio nella storia – porta il marchiodella sua presenza. E’ un modo di affermare anche lapresenza del popolo davanti a Dio, anticipando lasua liberazione. E anche la ricostruzione inizia con la

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parola rassicurante del Signore. Possiamo ritenereanche noi che ogni opera spirituale, ogni momentodi fatica nella preghiera è questa opera di ricostru-zione, è permettere a Dio che compia la promessadella sua Parola.

Verifica e programmazione dell’apostolato

Sentiamo innanzitutto dette per noi le parole delSignore: ti ho risposto, ti ho aiutato, ti ho formato. Lericeviamo con gioia perché sappiamo che esprimonola vicinanza di Dio nella nostra vita, la sua compagniafedele. Subito dopo, tuttavia, ci rendiamo conto chequeste gesta formative di Dio nei nostri confrontisono per la missione, per dire ai prigionieri: “Uscite”,e a quelli che sono nelle tenebre: “Venite fuori”.Parole di salvezza, di apertura, direbbe monsignorNovarese, perché nessuno si senta imprigionato nelleanguste prospettive del non senso.

Qual è l’annuncio da dare? il Signore consola il suopopolo e ha misericordia dei suoi poveri. Proviamo acomprendere in cosa consiste il ministero della con-solazione, di cui magari abbiamo sentito parlare.Proviamo ad approfondirne le dinamiche valutandose è una realtà che possiamo condividere.

Preghiera

Teneramente amati

Tenerezza e libertà: questo si incontra quando si sperimenta il tuo amore, Dio dell’universo. Tenerezza e instancabile determinazione:

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questo porta con sé il tuo perdono. E io, o Padre, tentenno e combatto, impedendo, spesso, al tuo amore di raggiungermi. Nel peccato, ho sentito le tue braccia risollevarmi, nel dubbio, ho sentito la tua voce farsi luce, nell’errore, ho sentito la tua mano accompagnarmi e nella gioia, ho visto i tuoi occhi sorridere. Quanto è umano, nella sua fisicità, il tuo amore e quanto è divino, nella sua instancabile fedeltà. Eppure spesso non lo sento e mi accontento. Prendo a schiaffi la vita perché vorrei di più, ma poi la tua tenerezza mi spaventa e mi allontana: perché gratuita, perché totale, perché per sempre. Convincimi, Padre, in nome dell’amore, abbraccia la mia paura, accarezza le mie ferite e insegnami a fidarmi del tuo amore. Amen.

Suor Mariangela fsp

Il mio impegno

SCHEDA 4

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5a SchedaLa compassione di Gesùper l’uomo che soffre

In ascolto di noi

Iniziamo l’incontro raccontandoci che cosa ci èaccaduto di particolare nelle ultime settimane e leg-giamo i messaggi che ci sono arrivati da parte degliammalati (o comunque da parte di chi non può par-tecipare fisicamente all’incontro). Condividiamo lereazioni a quanto abbiamo letto. Qualcuno potrebbeprendere l’incarico di rispondere (a nome del grup-po) e portare agli ammalati questa ‘lettera’ di gruppo?

Per prepararci all’ascolto della Parola ci chiediamo:che cos’è per me la compassione? Condividiamo unricordo in cui abbiamo dato (o ricevuto) compassio-ne.

In ascolto di Te

Dal Vangelo di Luca (7,11-17)

11In seguito Gesù si recò in una città chia-mata Nain, e con lui camminavano i suoidiscepoli e una grande folla. 12Quando fu

vicino alla porta della città, ecco, veniva portato allatomba un morto, unico figlio di una madre rimastavedova; e molta gente della città era con lei.13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassio-ne per lei e le disse: «Non piangere!». 14Si avvicinò etoccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi

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disse: «Ragazzo, dico a te, alzati!». 15Il morto si miseseduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a suamadre. 16Tutti furono presi da timore e glorificavanoDio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e:«Dio ha visitato il suo popolo». 17Questa famadi lui si diffuse per tutta quanta la Giudea ein tutta la regione circostante.

Il miracolo conferma che attraverso il gesto diGesù, Dio visita il suo popolo. L’episodio ci ponedavanti al potere di Gesù senza precedenti, espres-sione della sua assoluta gratuità. L’entrata di Gesù aNain coincide con l’uscita di un funerale. La narra-zione sottolinea l’iniziativa di Gesù, che vede la vedo-va e il suo stato di bisogno, perciò sente compassio-ne, si avvicina al feretro e tocca il morto, gli ordinadi alzarsi e lo consegna a sua madre. Gesù ha sana-to senza guardare la fede della madre, però obbligail figlio all’obbedienza. E’ il primo trionfo del Signoresopra la morte. Nessuno lo aveva chiesto; nessunoimmaginava che Gesù avesse un tale potere, un pote-re riservato solo a Dio. Non fu per la necessità dellamadre e neppure per la sua misura di fede, ma uni-camente per la commozione di Gesù, per la sua com-passione verso la donna, che portò a rivelare questopotere tanto divino.

La vedova di Nain, avendo perso sposo e figlio, sitrovava esposta alla maggiore insicurezza e allapovertà totale; socialmente non aveva nessun valoree non contava nulla. Questa è la persona che Gesùincontra: una persona insignificante, e l’unica cosache possiede è il suo dolore e l’angoscia per il futu-ro senza un figlio. A questa vedova, che non chiedeil miracolo Gesù consegna il figlio ritornato in vita.

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SCHEDA 5

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L’episodio ci ricorda che se è vero che non c’èstata nessuna richiesta da parte della vedova, peròessa ha provocato commiserazione nel cuore diGesù: “Al vederla Gesù ebbe compassione e le disse:non piangere”. Non desiderava vederla soffrire. Primadi dirigersi verso il morto e ordinargli di ritornare dinuovo alla vita, proibì a sua madre di essere triste. Leimpose di non piangere, perché sapeva che potevariconsegnarle il figlio vivo. La gioia della madre fupossibile, perché ebbe la fortuna di incontrare nelsuo cammino quel Gesù che ebbe compassione di leisenza averla mai vista. Così fece Gesù per la vedovaun tempo e così può farlo anche per noi oggi.

Noi pure, che ricordiamo questo episodio dellavita di Gesù, dobbiamo entusiasmarci nel sapere chepossiamo contare in un Dio che non rimane insensi-bile quando siano desolati, che ha compassione dinoi; un Dio che non rimane insensibile quando civede soffrire; che si decide ad intervenire quando ciscopre soli e infermi, anche se non lo abbiamo chie-sto. Se quella madre non nascose la sua pena, ancheGesù non poté nascondere la sua compassione.

Poter contare su un Dio compassionevole, ci aiutaa scoprire che lui ci accompagna nelle nostre pene,che non siamo soli nel dolore, che soffre per la nostraperdita e che è disposto a ridarcela un giorno. Perònon basta vantarsi di avere un Dio compassionevole.Chi non apprende la misericordia, non è degno di Lui.

Sicuramente una delle opere più urgenti oggi, unadelle testimonianze più necessarie che il cristianodeve dare, è la compassione verso quelli che mag-giormente soffrono. Noi cristiani, spesso, davanti allasocietà, diamo l’immagine di quelli che hanno la sen-sibilità più dura, senza alcuna misericordia. Passiamooltre, osservando le disgrazie degli altri senza com-

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muoverci, giustifichiamo il dolore degli altri comemeritato, senza considerare che tutta la sofferenzaumana ci appartiene.

Com’è possibile che noi cristiani ci distinguiamoper esser più sensibili alla durezza che alla miseri-cordia, alla condanna che alla comprensione, al ricor-do di un’offesa che alla volontaria dimenticanza? Lagente, oggi, benché abbia imparato a nasconderlo,soffre di solitudine e disprezzo: dedichiamo unaparte del nostro tempo a curare le ferite e a sanare lospirito. Così il mondo saprà che Cristo gli è vicino,che Dio lo ha visitato e che noi lo teniamo custoditonel nostro cuore.

Verifica e programmazione dell’apostolato

Gesù cammina con i suoi discepoli ed è circonda-to da una folla. Nonostante ciò, non gli sfugge ildolore della donna vedova che ha perso l’unicofiglio. Non solo non gli sfugge ma si sente talmentecoinvolto in questo dolore da fermarsi e da interve-nire con la sua potenza.

Questo suggerisce anche a noi che ogni personasofferente ha “diritto” di ricevere da noi attenzionevera e parole di condivisione sincere. Non possiamoconsolare in modo stereotipato e convenzionale.

Certo, non possiamo risuscitare i morti. Sappiamoperò, dal beato Luigi Novarese, che se si rimane chiu-si nel proprio dolore, si rischia di non riuscire più adinteressarsi della vita.

Ci facciamo portavoce di Dio in ogni situazione tri-ste; condividiamo non solo i funerali ma poi tentiamoanche di essere compagnia profetica nel tempoaccanto a chi soffre.

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Preghiera

Vedendo la vedova piangere amaramente,Signore, tu ti impietosisti, e il figlio di lei che veniva condotto al sepolcro tu risuscitasti: così sii pietoso anche di me, o amico degli uomini, e risuscita il mio spirito, reso morto dai peccati, che ti invoca: Alleluia! Gesù, Figlio di Dio, pietà di me.

Inno Akatisto

Il mio impegno

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6a SchedaLa misericordia di Dio

per credere nella riconciliazione

In ascolto di noi

Senza dimenticare di verificare presenze e assenze(e di preoccuparci di chi manca), iniziamo l’incontrocondividendo la nostra idea di riconciliazione e ilnostro rapporto con questo ‘particolare’ sacramento.Potrebbe essere utile (se decidiamo di continuare lo‘scambio’ epistolare con le persone impossibilitate aduscire) chiedere anche agli ammalati che cosa pensa-no della riconciliazione. Ci ricorderemo, poi, nelprossimo incontro di leggere le loro risposte.

In ascolto di Te

Dal Vangelo di Luca (15,1-3.11-32)

1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani ei peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gliscribi mormoravano dicendo: «Costui

accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disseloro questa parabola: 11«Un uomo aveva due figli. 12Ilpiù giovane dei due disse al padre: “Padre, dammila parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divisetra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figliopiù giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per unpaese lontano e là sperperò il suo patrimonio viven-do in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto,sopraggiunse in quel paese una grande carestia edegli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a

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mettersi al servizio di uno degli abitanti di quellaregione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare iporci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cuisi nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla.17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di miopadre hanno pane in abbondanza e io qui muoio difame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19nonsono più degno di essere chiamato tuo figlio.Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò etornò da suo padre. Quando era ancora lontano,suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incon-tro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse:“Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; nonsono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma ilpadre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito piùbello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al ditoe i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso,ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perchéquesto mio figlio era morto ed è tornato in vita, eraperduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a farfesta. 25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Alritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e ledanze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò checosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fra-tello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitellograsso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli siindignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscìa supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, ioti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a untuo comando, e tu non mi hai mai dato un caprettoper far festa con i miei amici. 30Ma ora che è torna-to questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostan-ze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitellograsso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre

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con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognavafar festa e rallegrarsi, perché questo tuo fra-tello era morto ed è tornato in vita, era per-duto ed è stato ritrovato”».

L’intento principale della parabola è segnalare ilcomportamento del tutto insolito del padre, messomeglio in rilievo dalla condotta spregiudicata deidue figli, dalla scellerataggine dell’uno come dallagrettezza e dall’egoismo dell’altro.

Il centro della parabola è “il Padre” (nominato 14volte): lui davanti ai suoi figli e i due figli davanti alui. Il padre è la figura che dà unità all’intera narra-zione. Le due vicende – quella del figlio minore equella del figlio maggiore – si scontrano con l’origi-nalità della sua paternità misericordiosa.

Il brano è facilmente divisibile in tre fasi: ladegradazione (vv. 11-16), la reintegrazione (vv. 17-24), la contestazione (vv. 25-32).

Il processo di conversione del figlio perduto consiste:- nel rientrare in sé (“Allora rientrò in se stesso”):

la scoperta dell’interiorità e nel riflettere sulle pro-prie disgrazie: “Io qui muoio di fame” (v. 17);

- nel ricordarsi di suo padre (la custodia dellamemoria): “Quanti salariati in casa di mio padrehanno pane in abbondanza…”, confrontando ilmodo in cui il padre tratta i lavoratori giornalieri eil modo in cui ora è trattato lui;

- nel decidere di tornare da suo padre: “Mi leve-rò e andrò da mio Padre”(v. 18). La volontà di ritor-no si esprime in una decisione, nella determinazio-ne di ritornare all’intimità dal Padre;

- nel confessare umilmente e sinceramente il suopeccato: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro

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SCHEDA 6

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di te” (v. 21). Rigettare l’amore incondizionato delpadre, è guastare il suo capolavoro;

- nell’essere disposto ad accettare ciò che gli sioffrirà, a vivere come un lavoratore giornaliero,perché non merita più di essere trattato come unfiglio: “Non sono più degno di essere chiamato tuofiglio. Trattami come uno dei tuoi garzoni”.

E qual è la condotta del padre? Nei vv. 20-24 la condotta del padre manifesta in

essa il suo grande cuore, l’amore immenso verso ilfiglio:

- lo vede quando ancora è lontano, segno che intutti questi giorni non aveva fatto che pensare a lui,uscire ad attenderlo, tendere gli occhi all’orizzonte;l’iniziativa è del Padre, del tutto gratuita;

- si commuove (“commosso”). Il significato è cheil padre fu “sconvolto fin nelle sue viscere”. Il padrenon ha mai abbandonato il figlio. Al contrario, hacontinuato a portarselo nel cuore, nelle profonditàdel suo essere, nelle sue “viscere materne”;

- corre ad abbracciarlo, prima ancora che egli gliriveli il suo pentimento; “Gli si gettò al collo e lobaciò” (v.20). Anche il bacio del Padre è carico disenso: indica comunicazione del respiro, partecipa-zione di vita; richiama l’effusione dello SpiritoSanto (= la vita di Dio);

- quando il figlio inizia il suo discorso per rive-larglielo, non lo lascia finire;

- si volge subito ai servi, ordinando che lo vesta-no come si conviene: “Presto, portate qui il vestitopiù bello… Mettetegli l’anello al dito e i calzari aipiedi!”. Il padre ridà al figlio la sua dignità di esse-re umano (il vestito), la sua dignità di figlio (l’anel-lo), la sua dignità di persona libera (i calzari, per-ché gli schiavi andavano scalzi);

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- comanda che si celebri un banchetto di festa,senza attendere che torni a casa l’altro figlio;

- la ragione che dà del proprio comportamento ètipica di un grande padre: perché questo tuo fratel-lo era morto ed è tornato in vita, era perduto ed èstato ritrovato;

- e cominciarono a far festa: indica chiaramentecome la gioia si è impossessata del padre e nonammette indugi a manifestarsi all’esterno.

La lamentela del figlio maggiore: Ecco, io ti servoda tanti anni e non ho mai trasgredito un tuocomando, e tu non mi hai dato mai un capretto perfar festa con i miei amici (v. 29) serve a fare risal-tare l’eccezionalità del banchetto di festa celebratoper il ritorno del figlio prodigo.

Il padre ama entrambi di un amore uguale.L’amore per il maggiore si manifesta nel metteretutti i suoi beni in comune con lui, l’amore per ilminore nel gioire per il suo ritorno.

Chi è il figlio maggiore? Non “peccatore”, ma“giusto”; non “perduto”, ma nemmeno “ritrovato”;vive in casa, ma non nell’intimità, infatti non dicemai “Padre”.

La conversione del “giusto” è difficilissima per-ché la sua lontananza dalla gratuità è enorme.

“Il figlio maggiore, quello restato a casa che,dopo tanti anni di convivenza col padre, è incapa-ce di comprenderne la logica di amore e di perdo-no. Prigioniero della sua solitudine e schiavo deisuoi interessi (“non mi hai dato mai un capretto!” v.29), il figlio maggiore non è meno lontano dalpadre del figlio andato via di casa: la vicinanza fisi-ca non è vicinanza del cuore. Si può abitare nellacasa del padre e ignorarlo coi fatti. Si può ritornarea parlare di Dio, ma non incontrarLo e non farne

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alcuna esperienza profonda e vivificante” (CarloMaria Martini).

L’amore del Padre si riversa anche su di lui:- “Uscì per consolarlo (uscì a pregarlo)” (v. 28):

lo invita a convertirsi alla gioia di Dio; di quanta neha bisogno il “giusto”!

- “Il tuo fratello”: lo educa alla fraternità.- “Figlio”: lo riporta alla sua verità più profonda;

tutto gli è donato, non deve conquistarlo.

Verifica e programmazione dell’apostolato

Il padre della parabola è una figura veramentestraordinaria, che esprime il suo immenso amoremisericordioso.

Egli lascia andare il figlio per la sua strada, senzafargli osservazioni, tanto meno rimproveri. Dallasua bocca non escono mai parole di biasimo. Èforse questa sua bontà che aprirà alla fine l’animodel figlio alla fiducia, al pentimento, fino al deside-rio del ritorno.

Il suo comportamento rischia di essere tacciatodi debolezza, è invece frutto di un grande amore.Un amore che è esistito prima ancora che fossepossibile qualsiasi rifiuto e starà ancora lì dopo chetutti i rifiuti si saranno consumati.

Diventare il padre

La parabola evangelica ci chiama a diventare ilpadre che accoglie a casa e chiede che si faccia festa.“La mia vocazione ultima consiste, in realtà, neldiventare simile a lui e vivere la sua divina compas-sione nella mia vita quotidiana. Sebbene io siaentrambi, tanto il figlio minore che quello maggiore,

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non devo rimanere come loro, ma diventare il padre.Nessun padre o madre sono mai diventati padre omadre senza essere stati figlio o figlia, ma ogni figlioe figlia deve scegliere consapevolmente di compiereun passo più in là della propria infanzia e diventarepadre e madre per altri. È un passo difficile e solita-rio, – specialmente in un’epoca della storia in cui lacondizione di genitore è così difficile da vivere –, maè un passo essenziale per il completamento del per-corso spirituale” (Henri Nouwen).

Perché prestare tanta attenzione ai figli quando èil padre ad essere al centro (della parabola) e quan-do è con il padre che mi devo identificare? Perchéparlare tanto di essere come i figli quando la veradomanda è: ti interessa essere come il padre?

Voglio essere non solo colui che è perdonato, maanche colui che perdona; non solo colui che è accol-to festosamente a casa, ma anche colui che accoglie;non solo colui che ottiene compassione, ma anchecolui che la offre?

Diventare il padre misericordioso è lo scopo ulti-mo della vita spirituale, com’è espresso dalla parabo-la. La paternità spirituale non ha niente a che fare conil potere o l’autorità. È una paternità di misericordia.

In quanto Padre, non sono più chiamato a tornarea casa come il figlio minore o quello maggiore, maad essere lì come colui dal quale i figli ribelli posso-no tornare ad essere accolti con gioia.

È molto difficile essere in casa e aspettare. È un’at-tesa nel dolore per coloro che sono partiti, e un’atte-sa con la speranza di offrire perdono e vita nuova acoloro che torneranno.

Entrambi i figli in me possono allora essere tra-sformati gradualmente nel Padre misericordioso.

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Preghiera

Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me e io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero da te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo e io l’ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho sete di te, mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace.

S. Agostino

Il mio impegno

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Celebrazione

La Coroncina alla divina misericordia

La Domenica dopo Pasqua è il giorno in cui la Chiesa cele-bra la Festa della divina misericordia, istituita da San GiovanniPaolo II. Il culto della divina misericordia consiste nella fiducia,nell’infinita bontà di Dio e nelle opere di misericordia verso ilprossimo. Questa festa ricca di grazie straordinarie è stata volu-ta da Gesù tramite suor Faustina Kowalska.

SALUTO

Celebrante: Nel nome del Padre e del Figlio e delloSpirito Santo.

Tutti: Amen.

Celebrante: La Pace sia con voi.

Tutti: E con il tuo spirito.

Celebrante: Dio ricco di misericordia è colui cheGesù Cristo ci ha rivelato come Padre: proprio il suoFiglio, in se stesso, ce l’ha manifestato e fatto cono-scere. Memorabile al riguardo è il momento in cuiFilippo, uno dei dodici apostoli, rivolgendosi a Cristo,disse: «Signore, mostraci il Padre e ci basta»; e Gesùcosì gli rispose: «Da tanto tempo sono con voi, e tunon mi hai conosciuto...? Chi ha visto me, ha visto ilPadre». Queste parole furono pronunciate durante ildiscorso di addio, al termine della cena pasquale, acui seguirono gli eventi di quei santi giorni durante iquali doveva una volta per sempre trovar conferma ilfatto che «Dio, ricco di misericordia, per il grandeamore con il quale ci ha amati, da morti che erava-mo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo».

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PREGHIERA CORALE (dal Salmo 136):

1° Coro: Lodate il Signore, egli è buono, eterno è ilsuo amore per noi,

confidiamo nella sua misericordia.

2° Coro: Lodate Dio, più grande degli dèi, eterno èil suo amore per noi,

confidiamo nella sua misericordia.

1° Coro: Lodate il Signore, più potente dei signori,eterno è il suo amore per noi,

confidiamo nella sua misericordia.

2° Coro: Lui solo fa grandi prodigi: eterno è il suoamore per noi,

confidiamo nella sua misericordia.

1° Coro: Ha fatto i cieli con sapienza: eterno è il suoamore per noi,

confidiamo nella sua misericordia.

2° Coro: Ha disteso la terra sulle acque: eterno è ilsuo amore per noi,

confidiamo nella sua misericordia.

1° Coro: Nella nostra miseria si è ricordato di noi:eterno è il suo amore per noi,

confidiamo nella sua misericordia.

2° Coro: Ci ha strappato ai nostri oppressori: eternoè il suo amore per noi,

confidiamo nella sua misericordia.

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ATTO DI FIDUCIA VERSO LA DIVINA MISERICORDIA

Tutti: O Gesù misericordioso, la Tua bontà è infinita e le ricchezze delle Tue grazie sono inesauribili. Confido totalmente nella Tua misericordia che supera ogni Tua opera. A Te dono tutto me stesso senza riserve per vivere e tendere alla perfezione cristiana. Desidero adorare ed esaltare la Tua misericordia compiendo opere di misericordia sia verso il corpo sia verso lo spirito, cercando soprattutto la conversione dei peccatori e portando consolazione a chi ne ha bisogno, dunque agli ammalati e agli afflitti. Custodiscimi o Gesù, poiché appartengo solo a Te e alla Tua gloria. La paura che mi assale quando prendo coscienza della mia debolezza è vinta dalla mia immensa fiducia nella Tua misericordia. Possano tutti gli uomini conoscere in tempo L’infinita profondità della Tua misericordia, abbiano fiducia in essa e la lodino in eterno. Amen.

RECITA DELLA CORONCINA

Padre NostroAve MariaCredo

Sui grani del Padre nostro si recitano le seguenti parole:

Eterno Padre, Ti offro il Corpo e il Sangue,l’Anima e la Divinità del Tuo Dilettissimo Figlioe Signore nostro Gesù Cristoin espiazione dei nostri peccatie di quelli del mondo intero.

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Sui grani dell’Ave Maria si recitano le seguenti parole:

Per la Sua dolorosa Passione,abbi misericordia di noi e del mondo intero.

Per finire si ripete per tre volte:

Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale,abbi pietà di noi e del mondo intero.

DISCORSO DI SAN GIOVANNI PAOLO IIA CRACOVIA (7 GIUGNO 1997)

Lettore: Di nulla l’uomo ha bisogno quanto delladivina misericordia - di quell’amore che vuol bene,che compatisce, che innalza l’uomo sopra la suadebolezza verso le infinite altezze della santità di Dio.[…] Guardando questo quadro di Gesù Misericor -dioso, il suo Cuore che irradia le grazie, possiamoudire nel profondo del suo animo quanto udì laBeata: “Non aver paura di nulla. Io sono sempre conte”. E se risponderà con cuore sincero: “Gesù, confi-do in Te!”, troverà conforto in ogni sua angoscia e inogni paura. In questo dialogo di abbandono, si stabi-lisce tra l’uomo e Cristo un particolare legame chesprigiona amore. E “nell’amore non c’è timore - scrivesan Giovanni - al contrario l’amore perfetto scaccia iltimore”. La Chiesa rilegge il Messaggio della miseri-cordia per portare con più efficacia a questa genera-zione e a quelle future la luce della speranza. Senzamai cessare, essa chiede a Dio, misericordia per tuttigli uomini.

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LITANIE DELLA DIVINA MISERICORDIA

Signore, pietà.Cristo, pietà.Signore, pietà.Cristo, ascoltaci.Cristo, esaudiscici.

Padre celeste, Dio, abbi pietà di noiFiglio, Redentore del mondo che sei Dio,Spirito Santo, Dio,Santa Trinità, unico Dio,

Misericordia di Dio, che scaturisci dal seno del Padre,confidiamo in te

Misericordia di Dio, massimo attributo della Divinità,Misericordia di Dio, mistero incomprensibile,

Misericordia di Dio, sorgente che emani dal misterodella Trinità,Misericordia di Dio, che nessuna mente umana néangelica può scrutare,Misericordia di Dio, da cui proviene ogni vita e felicità,

Misericordia di Dio, sublime più dei cieli,Misericordia di Dio, sorgente di stupende meraviglie,Misericordia di Dio, che abbracci tutto l’universo,

Misericordia di Dio, che scendi nel mondo nella per-sona del Verbo Incarnato,Misericordia di Dio, che scorresti dalla ferita apertadel Cuore di Gesù,Misericordia di Dio, racchiusa nel Cuore di Gesù pernoi e soprattutto per i peccatori,Misericordia di Dio, imperscrutabile nell’Eucaristia,

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Misericordia di Dio, che fondasti la santa Chiesa,Misericordia di Dio, che istituisti il Battesimo,

Misericordia di Dio, che ci giustifichi attraverso Gesù,Misericordia di Dio, che per tutta la vita ci accompagni,Misericordia di Dio, che ci abbracci specialmente nel-l’ora della morte,

Misericordia di Dio, che ci doni la vita immortale,Misericordia di Dio, che ci segui nella nostra esistenza,Misericordia di Dio, che converti i peccatori induriti,

Misericordia di Dio, che ci proteggi dall’inferno,Misericordia di Dio, meraviglia per gli angeli, incom-prensibile ai santi,Misericordia di Dio, presente in tutti i divini misteri,

Misericordia di Dio, che ci sollevi da ogni miseria,Misericordia di Dio, sorgente d’ogni nostra gioia,Misericordia di Dio, che ci chiamasti all’esistenza,

Misericordia di Dio, che abbracci tutte le opere,Misericordia di Dio, che coroni tutto ciò che esiste,Misericordia di Dio, in cui tutti siamo immersi,

Misericordia di Dio, amabile conforto dei cuori disperati,Misericordia di Dio, in cui i cuori riposano e gli spau-riti trovano pace,Misericordia di Dio, che ispiri speranza contro ognisperanza,

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,perdonaci, o Signore.

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,ascoltaci, o Signore.

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Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,abbi pietà di noi.

Preghiamo:

Dio eterno, la cui misericordia è infinitae in cui il tesoro della compassione è inesauribile,rivolgi a noi uno sguardo di bontàe moltiplica in noi la tua misericordia,affinché, nei momenti difficili, non ci perdiamo d’animoe non smarriamo la speranza,ma, con la massima fiducia,ci sottomettiamo alla tua santa volontà,la quale è amore e misericordia. Amen.

BENEDIZIONE CONCLUSIVA

Celebrante: Il Signore sia con voi.

Tutti: E con il tuo spirito.

Celebrante: Dio, che nella risurrezione del Cristo haoperato la nostra salvezza e ci ha fatto suoi figli, vidia la gioia della sua risurrezione.

Tutti: Amen.

Celebrante: Il Redentore, che ci ha dato il dono dellavera libertà, vi renda partecipi dell’eredità eterna.

Tutti: Amen.

Celebrante: E voi, che per mezzo del Battesimo sieterisorti in Cristo, possiate crescere in santità di vita per

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incontrarlo un giorno nella patria del cielo.

Tutti: Amen.

Celebrante: E la benedizione di Dio onnipotente,Padre e Figlio + e Spirito Santo, discenda su di voi econ voi rimanga sempre.

Tutti: Amen.

Celebrante: Andate in pace. Alleluia, alleluia.

Tutti: Rendiamo grazie a Dio. Alleluia, alleluia.

Regina Coeli.

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3ª tappaTempo Pasquale

(Aprile – Maggio – Giugno)

7ª SchedaLa misericordia di Dioper una speranza viva

In ascolto di noi

Partiamo dalle risposte che ci hanno dato i nostrifratelli ammalati (assenti all’incontro di gruppo).Condividiamo quello che ci colpisce della loro ideadi riconciliazione.

Il tempo di Pasqua viene propizio a ricordarci chesiamo qui per portare frutto. C’è ancora qualche tri-stezza che ci portiamo dentro? Che cosa in noi non èancora risorto? Proviamo a raccontarcelo. Agli amma-lati che visiteremo, porremo poi la stessa domanda…

In ascolto di Te

Dalla Prima Lettera di Pietro (1,1-9)

1Pietro, apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli chevivono come stranieri, dispersi nel Ponto,nella Galazia, nella Cappadocia, nell’Asia

e nella Bitinia, scelti 2secondo il piano stabilito da DioPadre, mediante lo Spirito che santifica, per obbedirea Gesù Cristo e per essere aspersi dal suo sangue: a voigrazia e pace in abbondanza. 3Sia benedetto Dio e

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Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella suagrande misericordia ci ha rigenerati, mediante larisurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una spe-ranza viva, 4per un’eredità che non si corrompe, nonsi macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieliper voi, 5che dalla potenza di Dio siete custoditimediante la fede, in vista della salvezza che sta peressere rivelata nell’ultimo tempo. 6Perciò siete ricolmidi gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ ditempo, afflitti da varie prove, 7affinché la vostra fede,messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – desti-nato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni avostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo simanifesterà. 8Voi lo amate, pur senza averlo visto eora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate digioia indicibile e gloriosa, 9mentre raggiun-gete la mèta della vostra fede: la salvezzadelle anime.

Anzitutto il mittente, Pietro.È un pescatore di Galilea diventato poi apostolo;

come sappiamo dai Vangeli, ha avuto la grazia di pro-clamare Gesù Cristo Figlio di Dio, Messia; è colui chel’ha rinnegato ed è stato perdonato; che ha seguito ilcammino delle primitive comunità da Gerusalemme,a Giaffa, a Cesarea.

L’epistola è messa sotto l’autorità di Pietro, «aposto-lo di Gesù Cristo». La sua missione è quella di inviatoda Gesù e tutta la sua dignità è relativa appunto a lui.

A chi scrive Pietro?«Agli eletti dispersi». «Eletti» richiama la grande digni-

tà del popolo di Israele, il popolo eletto; propone lagrande dignità di essere scelti da Dio, con amore, dal-

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l’eternità, per una missione. Mentre «dispersi» evocapovertà e fragilità, indica la sofferenza di gente chenon ha una patria ed è messa ai margini della società.Costituiscono perciò la parte un po’ disprezzata dellapopolazione, come lo sono oggi molti profughi e lavo-ratori stranieri che non hanno diritto di cittadinanza.

Interessanti le indicazioni geografiche. Il percorsodi questa lettera è circolare, rivolta cioè non a unacomunità, ma a molte, a cristiani sparsi in mezzo aipagani, abbandonati a se stessi e quindi privi di unaforte esperienza comunitaria. È bello notare l’amorecon cui un apostolo da lontano, cioè da Roma, vuoleessere vicino a questi cristiani nella loro situazionestorica, geografica e culturale.

Osserviamo ancora che l’elezione, l’essere amatida Dio, viene subito specificata trinitariamente, ed èmolto importante perché sta a dire che il pensierodella Trinità riempiva il cuore dei primi cristiani: elet-ti «secondo la prescienza di Dio Padre» (cioè DioPadre da sempre vi ha amato e vi ha scelto); «median-te la santificazione dello Spirito» (lo Spirito opera invoi, siete lavorati, santificati, mossi dallo Spirito); «gra-zie all’obbedienza e al sangue di Gesù» (è l’obbe-dienza che Gesù ha vissuto rispetto al Padre che cirende eletti; l’aspersione del sangue consacrava l’arcadell’alleanza e indicava l’elezione di Israele).

Queste parole rispondono sia in Pietro che scrive,sia nei cristiani dispersi che leggono, a una fortecoscienza di un Dio che ci ha amato per primo, operain noi per mezzo dello Spirito e ci salva grazie all’ob-bedienza di Gesù. Potremmo dire, una straordinariacoscienza battesimale: Dio ci ha amati per primo, loSpirito santo ci santifica nel battesimo, Gesù ci redi-me donando la sua vita per noi.

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Oggi purtroppo abbiamo spesso di noi una visio-ne ristretta, un po’ grigia e rassegnata. Il nostro cri-stianesimo consiste nel fare certe cose, nel compierecerti obblighi, nel portare certi pesi, nell’eseguirecerte osservanze; e ci consideriamo una piccola epovera realtà rispetto alla potenza mondana. Tuttoquesto lo viviamo con smarrimento e non con lacoscienza della grazia di Dio. Se la nostra coscienzabattesimale è scarsa, è dunque urgente chiedere lagrazia che venga ravvivata.

Possiamo essere i più disperati o disgraziati uomi-ni della terra, non contare niente, e però siamo amatida Dio dall’eternità e lo Spirito opera in noi per unagrande missione.

Pietro vuole indicarci appunto le conseguenzedella straordinaria elezione trinitaria del semplice cri-stiano, che vive in condizioni di solitudine o di debo-lezza: l’altissima dignità del cristiano che gli permettedi essere fiero, gioioso, contento, ottimista, anche insituazioni di marginalità sociale e culturale, e addirit-tura nell’umiliazione e nella sofferenza.

Verifica e programmazione dell’apostolato

Pietro parla ai fedeli cristiani inserendoli in tre let-ture della loro situazione esistenziale: rigenerati dallasperanza, ricolmi di gioia, afflitti da varie prove.

Rigenerati dalla speranza. È una considerazionemolto forte, poiché essere rigenerati è come dire rina-ti: una seconda possibilità di vita, diversa dalla prima.Difatti, non è poco essere nella speranza come uomi-ni nuovi, lasciando indietro, definitivamente, tutto ciòche contrasta questo dono di Dio: angoscia, dispera-zione, grigiore… Sappiamo tuttavia che, per quanto ci

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riguarda, non è una situazione acquisita per sempre,ma un punto di partenza che Dio ci offre per non cre-dere che siamo abbandonati e soli nella disperazione.

Ricolmi di gioia. Anche questa considerazione èmolto profonda. Cosa è mai la gioia e come si fa adesserne ricolmi? Talvolta pensiamo che dipenda danoi e da ciò che facciamo o da come ci comportia-mo. Ma la gioia è la realtà di Dio, di cui sono ricol-me tutte le creature umane che hanno deciso di com-piere la sua volontà. Piuttosto, è necessario farle spa-zio, svuotando il cuore da ciò che le va contro.

Afflitti da varie prove. Forse questa è la situazionein cui più spesso ci ritroviamo. Le difficoltà non man-cano mai. Dobbiamo però fare attenzione a non leg-gere questo versetto in senso negativo, come se Dioci mandasse delle sofferenze che noi chiamiamoprove. Piuttosto, il contrario: leggiamo le difficoltàcome se fossero in grado di suscitare in noi una rea-zione di lotta e di coraggio. Non è la sofferenza cheè prova della fede, ma la fede prova della sofferenzavissuta e affrontata in modo cristiano.

Tutto questo dove ci porta? Chiaramente Pietrorisponde: in missione, verso la meta della nostra fedeche è la salvezza delle anime. Non dell’anima. Cosìcrederemmo di doverci mettere al lavoro per salvarenoi stessi. Invece si tratta della salvezza “delleanime”. Al plurale. La fede serve per credere che èbello aiutare Dio a compiere la sua opera di salvezzanel mondo.

Preghiera

Signore, tu vedi come la tua Chiesa è spesso oppres-sa dalle fatiche di ogni giorno e rischia di perdere la

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speranza e la gioia della vita eterna. Viviamo talvoltarassegnati, portando la nostra croce, ma senza ren-derci conto che questa croce è fonte di gioia e dipurificazione per un ideale, in vista del quale vale lapena di spendere tutta la nostra vita. Allarga il nostrocuore e quello di tutti i cristiani, perché possiamoconoscere la speranza a cui siamo chiamati. E conce-di che ogni Eucaristia sia esperienza e pregustazionedella pienezza che tu ci prepari.

Carlo Maria Martini

Il mio impegno

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8a SchedaLa misericordia di Dioper un amore gratuito

In ascolto di noi

Probabilmente questo incontro di gruppo si collo-cherà nel mese mariano. Potrebbe essere bello ini-ziare raccontandoci chi è per noi Maria Santissima eche posto occupa nella nostra vita. Potremo poi pro-vare a scrivere una risposta di gruppo, che conse-gneremo agli ammalati che andremo a visitare (nondimenticandoci di chiedere anche a loro di raccon-tarci il loro rapporto con la Mamma celeste).

In ascolto di Te

Dal Vangelo di Giovanni (2,1-12)

1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze aCana di Galilea e c’era la madre di Gesù.2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i

suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre diGesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose:«Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la miaora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vidica, fatela». 6Vi erano là sei anfore di pietra per lapurificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascunada ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro:«Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono finoall’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e porta-tene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene por-

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tarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino,colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapevada dove venisse, ma lo sapevano i servitori che aveva-no preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tuttimettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando siè già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece haitenuto da parte il vino buono finora». 11Questo, a Canadi Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; eglimanifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero inlui. 12Dopo questo fatto scese a Cafarnao,insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoidiscepoli. Là rimasero pochi giorni.

Giovanni, avendo personalmente scelto di raccon-tare l’episodio delle nozze di Cana, ha inteso inserirenel racconto un particolare significato in ordine allamanifestazione del mistero di Cristo:

- quello di Cana fu il primo miracolo compiuto daGesù. Non è uno dei tanti, ma quello che inaugura lamanifestazione di Gesù. Si tratta perciò di una primi-zia che contiene in sé quasi il preludio e l’anticipo ditutto quello che verrà in seguito;

- il miracolo di Cana è posto non a caso in un “set-timo giorno” a partire dalla prima testimonianza delBattista su Gesù al Giordano. Questa è chiaramenteun’allusione sia al completamento della creazione, siaalla celebrazione della Pasqua. In ogni caso attira lanostra attenzione sul significato cosmico e pasqualedell’episodio.

Viene così ulteriormente confermato il significatopasquale di questo episodio evangelico, con il cennodi Gesù alla sua “ora” (2,4). Questa parola, che costi-tuisce nel Vangelo di Giovanni un motivo di grandeimportanza, indica chiaramente il momento pasquale

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della missione del Figlio di Dio. Rispondendo a suamadre, Gesù afferma fin dall’inizio che egli è venutoa compiere la volontà del Padre nella “ora” stabilita.

L’episodio si conclude con questa notazione del-l’evangelista: «... e i suoi discepoli credettero in lui»(2,11). Siamo idealmente proiettati verso il fine ulti-mo della manifestazione del mistero di Cristo: l’atto difede da parte dei discepoli. Con questo atto di fede siconcludono quasi tutti gli altri episodi rilevanti delvangelo di Giovanni, a conferma del fatto che l’in-tenzione dell’evangelista è proprio quella di condur-ci, attraverso l’esperienza dei discepoli, a condivider-ne la fede.

«Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea». Identità econdizione degli sposi non interessano; si vuole sola-mente indicare la natura dell’incontro: una festa rac-colta intorno alla bellezza e alla gioia di un amoreumano che celebra il suo inizio, così come Cristo“celebra” l’inizio della sua donazione sponsale allefolle e ai discepoli.

«C’era la madre di Gesù... fu invitato anche Gesùcon i suoi discepoli». Come mai viene citata, tra i pre-senti, Maria per prima, mentre invece Gesù e i suoidiscepoli vengono quasi in second’ordine? D’altraparte Maria non è citata con il suo nome, ma come“madre di Gesù”. Si vuol indicare il ruolo e la mis-sione del tutto singolare di Maria nella storia della sal-vezza, e insieme si vuol dire che questo ruolo dipen-de totalmente dal fatto che ella è la madre delSignore. La sua presenza e il suo intervento sonodecisivi al fine di creare le condizioni per la manife-stazione messianica del Figlio di Dio.

«Venuto a mancare il vino». La gioia della festanuziale di Cana (come del resto ogni altra gioiaumana) è fragile, instabile e continuamente esposta al

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rischio di spegnersi. Il vino “che dà gioia al cuore del-l’uomo” (sal 104,15) può venire a mancare da unmomento all’altro. Quale garanzia può dare un pro-getto di felicità basato esclusivamente sulle scortedella cantina di famiglia? Possiamo immaginarci l’ine-vitabile seguito di questa situazione: l’imbarazzo degliinvitanti, il disappunto degli invitati, le critiche e i giu-dizi severi, l’affannosa ricerca di qualcuno cui attri-buire la colpa... Insomma: lo squallore tipico che siconstata quando è proprio una festa “a finire male”.Sembra che il contrasto tra la bellezza delle promessee l’evidenza del fallimento renda la delusione ancorapiù forte. Quante sono le “feste” umane (anche quel-le nuziali!) che in breve volger di tempo finisconocosì! E forse nessuna di esse è esente dal dover attra-versare, prima o poi, in un modo o in un altro, que-sta fase in cui il “vino di casa” viene a mancare.

«Non hanno più vino!». Le parole della madre diGesù hanno un destinatario e un contenuto. In primoluogo esse sono rivolte esplicitamente al Figlio. Mariasa fin dall’inizio chi è la persona che può intervenirea risolvere la situazione e si rivolge direttamente aGesù. Il contenuto della sua frase è insieme un’acco-rata constatazione della penuria della condizioneumana e un appello, discreto ma chiaro, rivolto alFiglio perché intervenga. La missione mediatrice diMaria, che si fa carico delle difficoltà che insidiano lafelicità degli uomini, appare in queste sue parole.

«Che ho da fare con te, donna? Non è ancora giun-ta la mia ora». Il termine un po’ inconsueto con cuiGesù si rivolge alla sua mamma, oltre a esprimeredeferenza e rispetto, ci ricollega al momento decisivodella sua “ora”. Infatti, in tutto il Vangelo di Giovanniil Signore chiamerà “donna” sua madre solo un’altravolta: dall’alto della croce, quando le affiderà il disce-

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polo prediletto, e lei a lui. Il senso della frase di Gesùè quello di richiamare la verità del suo messianismo.Egli è il Salvatore non in quanto risolve immediata-mente i guai e le contraddizioni della vita, ma attra-verso i “segni” che anticipano la donazione incondi-zionata di se stesso per amore del Padre e dell’uma-nità; donazione che sarà realizzata una volta per tuttenella morte di croce.

«Fate quello che vi dirà!». Al di là delle parole delFiglio, che sembrano severe e quasi scostanti, Mariaintuisce la volontà del Signore di manifestare - attra-verso un segno straordinario - la sua gloria ai disce-poli. Maria non sa in che modo il Signore intendeintervenire; non azzarda previsioni né anticipa l’ini-ziativa del Figlio. Enuncia semplicemente il principioal quale ella per prima ha ispirato le sue scelte e l’in-tera sua vita: fare quello che il Signore ci rivela attra-verso la sua parola.

«Vi erano là sei giare». Si tratterebbe di qualcosacome duecentocinquanta litri! Ci troviamo di frontead una sovrabbondanza che potrebbe sembrarci esa-gerata se dimenticassimo che qui Gesù intende offri-re una pallida idea della ricchezza e magnificenzadella gioia messianica che si effonderà da lui croci-fisso e risorto, dal suo costato aperto da cui scaturi-scono sangue ed acqua sparsi sulla croce, per disse-tare il mondo intero. L’acqua contenuta nelle sei giareera stata predisposta da mani umane “per la purifica-zione dei giudei” (v. 6). Gesù prende spunto da que-sto segno dell’antica legge e lo trasforma nel segnodella nuova ed eterna alleanza, nel vino nuovo dellavera gioia del banchetto delle nozze eterne di Diocon l’umanità.

«Le riempirono fino all’orlo... “Attingete e portate-ne...”». Gesù sollecita e quasi attende la collaborazio-

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ne umana. Essa risulta sempre sproporzionata rispet-to all’esito miracoloso della volontà divina. CertoGesù avrebbe potuto riempire direttamente di vino lesei giare senza chiedere nulla a nessuno; ma eglidesidera che i discepoli ricordino la loro responsabi-lità e la vivano con generosa fedeltà: toccherà a loro“riempire, attingere e portare” la bevanda della sal-vezza e della gioia, sapendo bene che la loro obbe-dienza alla Parola non ha prodotto il miracolo (v. 9),ma lo ha semplicemente accolto nella fede e ne haveicolato i frutti verso la custodia e la promozionedella piena felicità di tutti i commensali.

«Hai conservato fino ad ora il vino buono». Lo stu-pore del maestro di tavola, che viene sottolineato dal-l’evangelista, anticipa lo stupore del credente. Ildiscepolo si meraviglierà sempre della sovrabbon-dante quantità e della sublime qualità della gioiamessianica, anche se essa arriva “dopo” la insoddi-sfazione di tante altre gioie, dopo l’esperienza dellafragilità e precarietà delle sicurezze umane; anzi:dopo il versamento del Sangue e lo spezzamento delCorpo che saranno al centro del banchetto dellanuova ed eterna alleanza.

«Diede inizio... manifestò... e i suoi discepoli cre-dettero in lui». Il miracolo di Cana ha manifestato perla prima volta la “gloria” del Messia, e ha prodotto ilsuo esito, cioè la fede dei discepoli. Il lettore del van-gelo può ripetere la stessa esperienza, solo che silasci persuadere dalla Madre a fare quello che Gesùdice. Ogni momento della sua vita, ogni desiderio difelicità e di pienezza potranno essere appagati e infi-nitamente superati dal buon vino nuovo del vangelo,che annuncia il “miracolo” per eccellenza: la manife-stazione gloriosa dell’amore crocifisso del Dio fattouomo.

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Verifica e programmazione dell’apostolato

Prendiamo l’ultima frase del testo evangelico,quasi a conclusione del nostro itinerario annuale: là(a Cafarnao) rimasero pochi giorni. Da Cana aCafarnao, da Nazareth a Gerusalemme, dal desertoalla città, dalla solitudine alle folle, dal Padre agliuomini-fratelli… la vita di Gesù sulla terra è stata unavita perennemente in cammino.

Dopo aver manifestato, su sollecitazione dellaMadre, la sua realtà divina, inizia per lui il tempo datrascorrere in mezzo agli uomini, con la missione dicondurli alla conversione e all’amore del Padre.

Dopo i trent’anni della quiete lavorativa diNazareth, ci sono gli incontri e gli scontri con chicrede in lui e con chi gli si opporrà e lo metterà amorte.

Quasi al termine di un anno pastorale, proviamo atirare un po’ le fila del lavoro svolto, ringraziando ilSignore per quanto ha fatto maturare come fruttoapostolico.

Allo stesso tempo, tuttavia, teniamo viva lacoscienza che la vita missionaria non conosce soste.Il nostro pensiero e la nostra sollecitudine va semprea cercare chi non ha più vino, mentre noi stessi cipreoccupiamo di contenere dentro di noi sempre ilvino buono, fino alla fine.

Gli Esercizi spirituali che ci aspettano, inoltre, pos-sono essere quel momento fecondo in cui ci è datodi riempire fino all’orlo le anfore del cuore, per poterpoi essere quei servi del regno mandati da Maria adistribuire la vita di Dio.

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Preghiera

O Dio nostro Padre, origine e fonte della vita,nel tuo Figlio fatto uomo hai toccato la nostra carne e hai sentito la nostra fragilità; nel Figlio crocifisso e risorto hai vinto la nostra paurae ci hai rigenerati a una speranza viva. Guarda con bontà i tuoi figli che cercano e lottano, soffrono e amano, e accendi la speranza nel cuore del mondo. Cristo Gesù, Tu, obbediente, hai vissuto la pienezza dell’amore; Tu, rifiutato, sei divenuto pietra angolare; Tu, agnello condotto alla morte, sei il buon pastore che porta l’uomo stanco e ferito. Rivolgi il tuo sguardo su di noi, fa’ di noi pietre scelte e preziose, e la tua Chiesa sarà lievito di speranza nel mondo.

Preghiera alla TrinitàConvegno di Verona

Il mio impegno

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9a SchedaLa misericordia di Dio

per imparare la compassione

In ascolto di noi

Siamo all’ultimo incontro dell’anno. Non dimenti-chiamoci di fare una verifica. Com’è andata? Iniziarel’incontro con questo momento (che abbiamo chia-mato “In ascolto di noi”) ci ha aiutato a cementare ilgruppo (e il rapporto con le persone che fisicamentenon hanno potuto essere presenti)? Ci ha aiutato acrescere nella fraternità? Che cosa possiamo fare permigliorare ancora in questa direzione?

Come vivere sempre meglio la compassione(all’interno del gruppo e fuori del gruppo)?Condividiamo.

In ascolto di Te

Dal Vangelo di Matteo (18,23-35)

23Per questo, il regno dei cieli è simile a unre che volle regolare i conti con i suoi servi.24Aveva cominciato a regolare i conti,

quando gli fu presentato un tale che gli doveva die-cimila talenti. 25Poiché costui non era in grado direstituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui conla moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse ildebito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplica-va dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituiròogni cosa”. 27Il padrone ebbe compassione di quel

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SCHEDA 9

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servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi com-pagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per ilcollo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello chedevi!”. 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo prega-va dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”.30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione,fino a che non avesse pagato il debito. 31Visto quelloche accadeva, i suoi compagni furono molto dispia-ciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’ac-caduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell’uomoe gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tuttoquel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevianche tu aver pietà del tuo compagno, così come ioho avuto pietà di te?”. 34Sdegnato, il padrone lo diedein mano agli aguzzini, finché non avesse restituitotutto il dovuto. 35Così anche il Padre mioceleste farà con voi se non perdonerete dicuore, ciascuno al proprio fratello».

E’ l’ultima parte del capitolo 18 riguardante l’im-pegno di fare una comunità, della parabola dellamisericordia illimitata. E’ il commento alla preghieradei figli: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi lirimettiamo ai nostri debitori» (6,12).

Il tema del perdono chiude questa regola dellacomunità: come vivere da fratelli che si accolgono,che sono piccoli, che hanno bisogno di protezione,che si perdonano come hanno ricevuto loro stessi ilperdono iniziale. L’atto che fonda la comunità è sì lachiamata, ma la chiamata è perdono, è l’apertura delcuore di Dio misericordioso che ha avuto pietà di noi.

Il racconto è molto bello ed è diviso in tre parti. L’agire sovrano di Dio è come quello di un re che

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vuole fare i conti con i suoi servi. Il primo servo sipresenta come debitore di diecimila talenti. Per com-prendere la forza e l’impatto di questo racconto diGesù, bisogna tenere presente che il talento vale sei-mila dracme; la dracma è la paga giornaliera di unbracciante agricolo. Diecimila talenti sono un debitoincalcolabile e insolvibile. Allora vi è l’ordine del reaffinché sia venduto lui e la sua famiglia. Quel servo«lo supplicava: ‘Abbi pazienza con me e ti restituiròogni cosa’». E’ una richiesta assurda: non è possibilesaldare un debito di tale entità.

«Impietositosi»: questa è la parola chiave! Dunque ilre si impietosisce, è colpito nell’intimo; è l’impulsoistintivo ad agire non in base alla corresponsioneeconomica, ma secondo una regola che è data dalcuore, dall’intimo della compassione.

Secondo quadro: uscito, il servo trova un suo col-lega che gli deve cento denari. Il denaro è la pagagiornaliera di un bracciante: pur se con fatica, centodenari si possono raggranellare. Considerando unguadagno di circa 360 denari in un anno, cento pos-sono essere saldati.

«Abbi pazienza con me e ti salderò il tuo debito»;ma non volle e lo fece mettere in prigione con lamoglie e i figli finché non avesse pagato.

Terzo quadro: i servi vanno a raccontare al re l’ac-caduto. Il re allora «fece chiamare quell’uomo e glidisse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debitoperché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu averepietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà dite?». E’ da notare la perfetta corrispondenza: «Ho avutopietà di te». Non è solo il modello, ma è il metro, il cri-terio dei rapporti: il servo doveva avere pietà.

«Sdegnato» il re lo fece quindi gettare in prigione fin-ché non avesse pagato. È l’ira di Dio di fronte a que-

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sto comportamento disumano, che reagisce davanti aquesta durezza dei rapporti umani.

Matteo conclude su questo tono molto negativo.Forse sarebbe stato più bello un finale gioioso, nelquale tutti si vogliono bene e che afferma che Dio ciaccoglierà tutti nel suo Regno... Invece Matteo devescuotere la comunità che si illude; si sta rivolgendosoprattutto ai capi, a coloro che sono forti e sicuri.

«Così il Padre mio farà a ciascuno di voi, se nonsaprete perdonare di cuore»: il perdono deve essere«di cuore», non finto! E’ possibile questo? Le personeperdonano oppure fingono: al massimo pensano chenon si vogliono vendicare, ma che neppure possonodimenticare. E’ vero: umanamente non è possibileperdonare; il perdono è soltanto dono di Dio, cioè undono intenso. Per questo si chiama “per-dono”: signi-fica, appunto, “dono profondo”. «Se non perdoneretedi cuore al vostro fratello»: si può e si deve perdona-re perché siamo stati perdonati. Si può perdonare eperdonare è possibile grazie a questo dono che pre-viene ogni nostra iniziativa e risposta ad un amoreche è più grande.

Verifica e programmazione dell’apostolato

L’itinerario che abbiamo percorso in quest’anno cilascia con l’immagine del Regno dei cieli e dei servi.

Terminiamo, dunque, con la visione della nostrameta, per la quale, come direbbe Paolo, ci affatichia-mo e ci preoccupiamo. Meta da non perdere mai divista per non pensare di agire a vuoto.

Di questo regno dei cieli noi siamo i servi.Innanzitutto debitori incapaci di colmare ciò che dob-biamo restituire: tutti i doni infiniti di Dio, il suo

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amore che non può essere misurato. Chi di noipotrebbe mai pensare di colmare questo divario,semplicemente con il suo agire? Ma sappiamo che èil Signore stesso a colmare ogni distanza, a riempireogni vita con l’incarnazione del Figlio. In lui ognidebito viene annullato con il segno della Croce.

Ci rimane solo il debito dell’amore. È per questoche andiamo in missione, per testimoniare con lanostra vita che Dio è amore e che noi ci facciamostrumenti gratuiti di questo amore. Disposti a donar-lo pur non ricevendone perché l’amore è sufficienteall’amore e la missione è la ricompensa per la mis-sione.

Non vogliamo certo essere chiamati “servo malva-gio”, ma servo buono e fedele.

Chiudiamo quindi il nostro itinerario annullandoogni eventuale debito in sospeso e programmandoinsieme al gruppo gli eventuali appuntamenti estivi.

Preghiera

Signore, pronuncia anche sui miei peccati la parola di perdono del tuo incomprensibile amore. Di’ anche per me al Padre: “Perdonalo, perché non sa quello che fa”. Concedimi di pensare alla prima parolache dicesti sulla croce, anche quando nel “Padre Nostro” affermo distrattamente di perdonare ai miei debitori. O mio Dio, io non so se qualcuno mi debba realmente qualcosa che io possa rimettergli. Ma in ogni caso mi occorre la tua forza,

SCHEDA 9

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affinché io sappia perdonare di cuore a coloro che il mio orgoglio e il mio egoismo considerano nemici.

Karl Rahner

Il mio impegno

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Celebrazione

Adorazione eucaristica«Rigenerati dalla tua misericordia»

«Restiamo prostrati a lungo davanti a Gesù presente nell’euca-restia, riparando con la nostra fede e il nostro amore le trascura-tezze, le dimenticanze e persino gli oltraggi che il nostro salvatoredeve subire in tante parti del mondo» (San Giovanni Paolo II).

ESPOSIZIONE DEL SS. SACRAMENTO

Invochiamo lo Spirito Santo

Tutti: Vieni, Santo Spirito di Dio, soffia sulla Chiesa!Sei vento: spazza il cielo dalle nubi del timore;sei fuoco: sciogli il gelo e accendi il nostro ardore.Spirito creatore, scendi su di noi!Vieni come fuoco, ardi in noi e con Te saremo veritestimoni di Gesù.

Guida: Un amore straordinariamente immenso: que-sto è l’amore di Dio. Con il dono giubilare della mise-ricordia, con tutta la Chiesa siamo invitati a stupirci eda scoprire la forza dell’amore divino, la sorgente deldono e della felicità per la nostra vita. Tutti siamo invi-tati a fare festa ed è Dio stesso a prepararla. Il verocibo è il suo pane di vita; il vestito nuovo è il suo per-dono e la sua fiducia che, toccandoci, ci rende belli.

PREGHIERA DI ADORAZIONE

Lettore: Sono davanti a te Signore Gesù: mi presen-to con il mio vissuto, le speranze e le delusioni, gli

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incontri e le chiusure che hanno reso nuovo e opacoquesto giorno.

Tutti: Siamo davanti a te, Pane di vita eterna: la tuapresenza viva, vera e feconda rinnova il nostro amore,ci spinge ad essere testimoni e seminatori di speranza.

Lettore: Sono davanti a te, Signore della mia vita,con l’unico desiderio di adagiare nel tuo cuore ciòche sono: la mia vita, la mia storia, il mio futuro, sem-plicemente me stesso.

Tutti: E tu, Maestro buono, ci chiami a restare con te,ad aprirci al dono totale che tu sei per noi, a usciresospinti solo dalla fiducia in te.

Lettore: Sono davanti a te, Figlio mandato dal Padre,perché da te voglio accogliere la sua misericordia, inte voglio scorgerne la profondità, in te vorrei impara-re a viverla.

Tutti: Signore Gesù, mandato dal Padre per avere inte la vita vera, tu sei per noi la possibilità di vivere dafigli, di scoprirci amati, redenti, salvati.

Lettore: Sono davanti a te, amico dei peccatori, persentir risuonare nella tua Parola la voce del Padreche, sul peccato, proclama il perdono.

Tutti: Figlio amato, donato e spezzato: così ti con-templiamo nel dono dell’Eucaristia. In te sperimen-tiamo l’abbraccio paterno di Dio, che ci colma di vitae ci insegna a percorrere le strade della fiducia.

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Adorazione silenziosa e personale.

Guida: Ci hai fatto dono, con la parabola del padremisericordioso, di un insegnamento speciale. L’im -magine del padre buono, che dopo aver assecondatoil desiderio del figlio più giovane, assiste impotente alsuo allontanamento e, in forza dell’amore, attende ilsuo ritorno. Ci riveli lo straordinario amore di Dio, chemette tra le nostre mani “tutto ciò che ci spetta” pervivere e mette in noi la libertà, per scegliere comevivere. Tu resti lì ad aspettare, a scrutare l’orizzonte.Ed io? E noi? C’è chi va e svende; c’è chi resta e bloc-ca… Ma chi si è lasciato veramente amare?

ASCOLTO DELLA PAROLA

Celebrante: Dal Vangelo di Gesù secondo Luca(Lc 15,11-32)

Gesù disse a tutti i pubblicani e i peccatori che sierano avvicinati per ascoltarlo: «Un uomo aveva duefigli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre,dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed eglidivise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, ilfiglio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì perun paese lontano e là sperperò il suo patrimoniovivendo in modo dissoluto. Quando ebbe spesotutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestiaed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andòa mettersi al servizio di uno degli abitanti di quellaregione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare iporci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui sinutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Alloraritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre

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hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, hopeccato verso il Cielo e davanti a te; non sono piùdegno di essere chiamato tuo figlio. Trattami comeuno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbecompassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo elo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso ilCielo e davanti a te; non sono più degno di esserechiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi:“Presto, portate qui il vestito più bello e fateglieloindossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali aipiedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, man-giamo e facciamo festa, perché questo mio figlio eramorto ed è tornato in vita, era perduto ed è statoritrovato”. E cominciarono a far festa.Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno,quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fossetutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui etuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perchélo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e nonvoleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo.Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tantianni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, etu non mi hai mai dato un capretto per far festa coni miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio,il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute,per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose ilpadre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che èmio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perchéquesto tuo fratello era morto ed è tornato in vita, eraperduto ed è stato ritrovato».

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Omelia del Celebrante

Adorazione silenziosa e personale.

Guida: Rispondiamo alla Parola di Dio dicendo:Il tuo amore, Signore, ci doni la libertà del cuore

Lettore: Torniamo a te, Signore, piegati dall’errore,bloccati e irrigiditi da tutto ciò che abbiamo preferitoa te. Torniamo a te, con il cuore di schiavi che hannobisogno del proprio padrone per vivere. Rit.

Lettore: Torniamo a te, Signore, appesantiti dai tantibisogni umani che ci hanno spinto, e forse continue-ranno a farlo, verso orizzonti lontani da te. Rit.

Lettore: Torniamo a te, Signore, mossi dal solo ricor-do della tua presenza, dalla liberante sensazione deltuo amore. Rit.

Lettore: Torniamo a te, Signore, perché il nostrocuore non ha pace, la nostra anima è stanca di cer-care quel pane che continua a non sfamare. Rit.

Lettore: Torniamo a te, Signore, perché il resto nonci basta, non ci sfama, non ci disseta, non può farvolare i nostri sogni, non può dare spessore allenostre speranze, non può riempirci senza chiederci ilconto, non può amarci disinteressatamente. Rit.

Tutti: Padre buono, torniamo a te pronti e dispostiad essere trattati da schiavi, a portare in noi un segno dell’essere andati fuori daltuo amore.Ogni volta, i nostri ritorni sono segnati da tristezza edelusione…

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Siamo stanchi e amareggiati, segnati da relazioni esituazioni;torniamo a te sospinti da un inappagabile desideriodi pace e libertà,di pienezza e di dono, di gioia e, semplicemente, di te.Padre, siamo qui! Abbiamo peccato contro di te.Accoglici, anche solo come schiavi,perché non possiamo meritare la dignità dei figli…Dignità che resta sempre più oscurata dal ripetersicontinuo delle cadute,del peccato, del non volerti nella nostra vita.

Riflessione (Lettera Enciclica Dives in Misericordia diGiovanni Paolo II)

La Chiesa proclama la verità della misericordia di Diorivelata in Cristo crocifisso e risorto, e la professa invari modi. Inoltre, essa cerca di attuare la misericor-dia verso gli uomini attraverso gli uomini, vedendo inciò un’indispensabile condizione della sollecitudineper un mondo migliore e «più umano», oggi e doma-ni. Tuttavia, in nessun momento e in nessun periodostorico la Chiesa può dimenticare la preghiera che ègrido alla misericordia di Dio dinanzi alle moltepliciforme di male che gravano sull’umanità e la minac-ciano. Quanto più la coscienza umana, soccombendo allasecolarizzazione, perde il senso del significato stessodella parola «misericordia», quanto più, allontanando-si da Dio, si distanzia dal mistero della misericordia,tanto più la Chiesa ha il diritto e il dovere di farappello al Dio della misericordia «con forti grida».Queste «forti grida» debbono essere proprie dellaChiesa dei nostri tempi, rivolte a Dio per implorare la

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sua misericordia, la cui certa manifestazione essa pro-fessa e proclama come avvenuta in Gesù crocifisso erisorto, cioè nel mistero pasquale. È questo mistero che porta in sé la più completa rive-lazione della misericordia, cioè di quell’amore che èpiù potente della morte, più potente del peccato e diogni male, dell’amore che solleva l’uomo dalle abis-sali cadute e lo libera dalle più grandi minacce. Nel nome di Gesù Cristo crocifisso e risorto, nellospirito della sua missione messianica che continuanella storia dell’umanità, eleviamo la nostra voce esupplichiamo perché, in questa tappa della storia, siriveli ancora una volta quell’amore che è nel Padre,e per opera del Figlio e dello Spirito Santo, si dimo-stri presente nel mondo contemporaneo e più poten-te del male: più potente del peccato e della morte.

GESÙ, VIA AL PADRE, RIVELA IL VOLTO DELLA MISERICORDIA

Lettore: «Eccomi a te: un padre... nient’altro! Questoè il volto che ho scelto, che ho voluto divenisse visi-bile, questo è ciò che ho desiderato comunicarti.Arrivare a te e bussare alla porta della tua vita con ilsemplice e fragile volto di un padre, con il cuore fortee tenace di chi sa di voler amare. È così che amo pre-sentarmi a te in ogni singolo istante della tua vita. Ementre il mondo mi invoca come onnipotente o,come onnipotente, mi accusa, io resto qui, viandanteinstancabile lungo le strade delle tante libertà, delleinfinite opportunità, dei sempre nuovi desideri che tiabitano e che ti dirigono oltre te stesso, e spesso fuorida te stesso.Ti conosco, figlio generato nell’amore! Ti amo, figliosalvato nell’amore! Ti benedico figlio, nell’amore,

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perdonato... ti aspetto qui, in questo buio e solitarioangolo del tuo cuore, perché quando ti sembrerà diaver sprecato tutto, quando le lacrime della paurariempiranno il tuo cuore soffocando ogni speranza,quando tutto di te sembrerà perduto, quando ilrimorso ti impedirà di guardare la luce... quando tisembrerà di non poter trovare altri spazi per amare,se non il buio della tua solitudine... allora quel gior-no, tuffandoti in te stesso, tu possa cadere tra le miebraccia, instancabilmente aperte.Io ti aspetto, figlio immensamente amato, ti aspetto eresto qui, vigile nella tua notte, pronto nella tua stan-chezza, aperto nelle tue chiusure, amante nei tuoirinnegamenti. Sono qui e resterò qui, per te! Tra latue mani anche oggi ho posto una vita nuova, undono nuovo, una nuova fiducia, un nuovo amore.Nuovo! Perché nuovo sarà ciò che vivrai. Perchénuovo sarà ciò che la vita ti chiederà. Perché l’oggi ènovità da vivere in pienezza.Vai figlio, la mia fiducia ti sostenga, il mio amore tiaccompagni, la mia vita ti rinnovi, il mio attendere tidia il coraggio del futuro».

Tutti: Grazie, Signore,perché tu non ci tieni prigionieri, ma ci lasci andare,anche se sai che ci perderemo.Grazie, perché quando torniamo da te,tu ci corri incontro, non ci rinfacci niente,ma ci butti le tue braccia al collo.Grazie, Signore,perché con noi tu hai sempre pazienzae la tua pazienza è già il segno di una festa. Grazie, Signore,perché tu sei esagerato, sei eccessivo nel volerci bene ma l’amore vero è sempre così. Come te.

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Perché tu sei l’amore e amandoci ci doni la tua vita. Amen.

PADRE NOSTRO

Al momento del “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimet-tiamo ai nostri debitori” si può compiere il gesto di alzare lemani verso il cielo, come segno dell’impegno a imparare da DioPadre a perdonare.

BENEDIZIONE EUCARISTICA

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Lettera autografa di Sua Santità GIOVANNIPAOLO II inviata a Monsignor LUIGI NOVARESE,Direttore del Centro «Volontari della Sofferenza» inoccasione del Convegno di Re (9-13 marzo 1983)promosso come risposta degli ammalati all’indi-zione dell’Anno Giubilare della Redenzione.Il Santo Padre invita tutti gli ammalati ad esseresanti ed apostoli per la fecondità e lo sviluppo dellaChiesa e per il buon esito dell’Anno Giubilare.

Al Reverendo SignoreMonsignor LUIGI NOVARESEDirettore del Centro «Volontari della Sofferenza»

Ho appreso con vivo compiacimento la notizia dellosvolgimento del prossimo Convegno Internazionale deiSilenziosi Operai della Croce - Centro «Volontari dellaSofferenza», che si terrà a Re, in diocesi di Novara, pres-so il Santuario della Madonna del Sangue, sul temagenerale: «Gli ammalati realizzatori ed apostolidell’Amore misericordioso del Cuore di Gesù».

A Lei, Monsignore, ed a quanti con Lei si sono fattipromotori di codesta opportuna iniziativa, nel quadrodell’Anno Giubilare della Redenzione, voglio anzitut-to esprimere la mia grata benevolenza, assicurandoaltresì la mia presenza spirituale all’incontro, che èstato posto all’insegna luminosa della Croce.

Mi auguro che gli argomenti che saranno presenta-ti alla riflessione di un così singolare uditorio, quale èquello degli ammalati che hanno fondato la loro vitaspirituale sull’accettazione del sacrificio, sulla santifi-cazione del dolore e sulla capacità di donarsi agli altri,

Appendice

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siano di stimolo e di conforto non solo per saper sop-portare coraggiosamente le proprie infermità, maanche perché, uscendo dal loro isolamento, possanoancor meglio temprarsi nello spirito ed essere cosìsempre più in grado di dare agli altri fratelli infermicoraggio, sostegno, speranza e gioia di vivere.

Essi che portano nel loro corpo le «stigmate diCristo» (cfr. Gal 6,17) e che hanno imparato ad ante-porre le ragioni della vita alla stessa vita, sono certa-mente più consapevoli della grandezza dell’amoremisericordioso che Dio ha testimoniato al mondo inCristo Gesù, Crocefisso e Risorto. Che la grazia di Diodilati sempre più tale amore, che purifica e redime,secondo la larghezza, l’altezza e la profondità di quel-lo di Gesù, che, morendo per gli altri, è diventatocausa di salvezza e fonte di misericordia.

Solo se essi porteranno a tale vertice l’amore, faran-no trionfare quella giustizia superiore, di cui il Maestrodivino è, nel Vangelo, protagonista e banditore. Sesapranno effettivamente saldare il loro cuore col Cuoredi Gesù, squarciato per amore degli uomini, allorasaranno con lui apostoli e benefattori dell’umanità.Naturalmente tutta l’efficacia di questa missione, chetocca l’intimo della Chiesa, dipende dalla misura in cuiessi sapranno guardare al Crocefisso e «contemplarecon gli occhi dell’anima le sue ferite, le sue cicatrici, ilsuo sangue di morente», se sapranno «configgere nelloro cuore Colui che per loro è stato confitto sulla croce»(cfr. S. Agostino, De Sancta Virginitate, nn. 54-55: PL40,427-428). Questa contemplazione mistica darà allasofferenza una nota caratteristica e’ a prima vista, para-dossale, quella cioè della gioia, come confessava l’a-postolo Paolo: «sovrabbondo di gioia in mezzo alle tri-bolazioni» (2 Cor 7,4).

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Tale vertice di amore misericordioso è tutt’altro cheraro anche ai nostri giorni: è nota infatti la figura delServo di Dio Giunio Tinarelli, Silenzioso Operaio dellaCroce, che ha saputo così eloquentemente testimonia-re l’autentica gioia cristiana, pur in mezzo ad atrocisofferenze; così pure la Serva di Dio FaustinaKowalska, vissuta a Wilno, la quale nel Natale del 1937ebbe a dire: «Nel momento delle crisi più acute, vado inspirito al Tabernacolo, prendo il ciborio, prego, soffro epiango, e quando il calice è pieno di lacrime mi sentomeglio e sono felice vicino al Signore» (cfr. MariaWinowska, Icona dell’Amore Misericordioso, p. 309).

Esorto i cari ammalati a scoprire queste ricchezzesoprannaturali, che costituiscono le trame segrete, sucui poggiano la vita e la fecondità della Chiesa, corpomistico del Cristo Crocefisso e Risorto. La Chiesa siattende molto da questo apporto spirituale che èessenziale alla sua vitalità e al suo espandersi in tuttala terra: occorre raddoppiare tale impegno, perchéanche il buon esito dell’Anno Giubilare dellaRedenzione dipenderà in gran parte dalle «preghiere,privazioni e sofferenze» di quanti sono provati daldolore, come ho già detto nella Bolla di Indizione«Aperite portas Redemptori» (n. 6).

Implorando su di Lei, su ciascun ammalato, sugliorganizzatori, sui relatori e in particolare su MonsignorEnrico Romolo Compagnone, che presiede alConvegno, abbondanti grazie celesti, di gran cuoreimparto la confortatrice Benedizione Apostolica, insegno della mia benevolenza.

Dal Vaticano, 24 Febbraio 1983

Giovanni Paolo II

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Preghieraper l’Anno della Misericordia

Signore Gesù Cristo,tu ci hai insegnato ad essere misericordiosi come il Padreceleste,e ci hai detto che chi vede te vede Lui.Mostraci il tuo volto e saremo salvi.Il tuo sguardo pieno di amore libero’ Zaccheo e Matteodalla schiavitu’ del denaro;l’adultera e la Maddalena dal porre la felicita’ solo in unacreatura;fece piangere Pietro dopo il tradimento, e assicuro’ ilParadiso al ladrone pentito.Fa’ che ognuno di noi ascolti come rivolta a se’ laparola che dicesti alla samaritana:Se tu conoscessi il dono di Dio!

Tu sei il volto visibile del Padre invisibile,del Dio che manifesta la sua onnipotenza soprattutto conil perdono e la misericordia:fa’ che la Chiesa sia nel mondo il volto visibile di Te,suo Signore, risorto e nella gloria.Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch’essi rivestiti didebolezzaper sentire giusta compassione per quelli che sononell’ignoranza e nell’errore;fa’ che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso,amato e perdonato da Dio.

Manda il tuo Spirito e consacraci tutti con la sua unzioneperché il Giubileo della Misericordia sia un anno digrazia del Signoree la sua Chiesa con rinnovato entusiasmo possa portareai poveri il lieto messaggioproclamare ai prigionieri e agli oppressi la libertàe ai ciechi restituire la vista.

Lo chiediamo per intercessione di Maria Madre dellamisericordiaa te che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo pertutti i secoli dei secoli.Amen.

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Finito di stampare nel mese di settembre 2015

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