©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte · 2019-03-04 · che,, la I?emona...

4
LIBRI E. ALLEGRI - A. CECCHI, Palazzo Vecchio e i Medici. Guida storica, Firenze rg8o, pp. XXXI-418. mostra su Collezionismo e mecenatismo medicei che si è tenuta l'anno scorso a Palazzo Vecchio ha riba- inequiyocabile l'importanza dell'antico edific10 fiorentmo. ChiUsa la mostra e ritornati alle sedi i q,uasi ?ttocento ad . essa presenti, e. forse ques,ta l occas10ne per nvlSltare gh ambienti che h hanno cosi È fortuna pertanto che,, la I?emona ancora di arazzi, sculture, dipinti, armi, pietre dure, oreficene, porcellane ecc. possiamo addentrarci in questa avventura con uno 'strumento nuovo. ed aggiornato come la guida storica che Ettore ed Cecchi hanno dedicato a- Palazzo Vecch10 sotto I Medici. Quanto ci viene offerto è il risul- tato di una ricerca fervida e rigorosa, come osserva Paola nella prefazione. al volume. Con tanta maggiore attenz10ne va letto e discusso, perché non sia lettera morta. ma un dialogo in divenire. Il s Impone mnanzltutto per la chiarezza della esposiziOne e la conseguente comodità di consultazione. Ad ogni intervento mediceo nel Palazzo è dedicata una scheda. Ogni scheda è organizzata secondo una struttura costante, che permette di dar conto con la stessa evi- denza di interventi modesti e di interventi complessi. Nel cas? più una scheda può comprendere dieCI voci. I!l t?tale le schede sono settanta, ripar- tite. m. ai quattro penodi pnncipah m cui gh auton hanno suddiviso la attività medicea in Palazzo Vecchio e sono corredate di. una e di specifiche a gruppi omogenei di problemi. Una tale orgamzzaz10ne del materiale rende semplice sia il farsi un'idea generale, ad esempio, dell'opera del Vasari, sia il informazioni dettagliate su un ambiente specifico, ad esempio sulla Sala di Opi. Quando ciò che è così legato ad una persona- hta di nhevo o ad un ambiente importante soccorrono altri. indice dei nomi degli artisti e mdice topografico ed una serie di piante dei smgoh piam del Palazzo agevolano il reperimento di notizie relative, ad esempio, alla porta della Sala delle carte o. a Bastiano. di Gio':anni scalpellino. non del mestiere, abbia bisogno di un mdmzzo nella VISita, sono presenti anche tre diverse proposte di itinerari. E per chi, interessato al Palazzo al . di là mediceo, reclami qualche mform.az10ne . s.ulle yicende . di Palazzo Veechio prima e dopo I Medici, un appendice ed una cronologia gene- gli avvenimenti più importanti. Anche le SI sottomettono al principale obiettivo di chiarezza e concorrono a realizzarlo visualizzando l'argo- di volta in volta. trattato. Mentre nelle premesse sto. nche la scelta. delle Immagini non segue un criterio umforme, nelle smgole schede ad una veduta d'insieme d'angolo, succedono quasi sempre uno P!ù dettagh, spesso inediti, e la riproduzione di alcuni dise.gni. Si tratta di foto in bianco e nero, in gran parte reahzzate per l'occasione, il cui unico difetto è di essere, fo rs e, un po' troppo scure e contrastate. Quattro tavole a colori, invero piuttosto belle, compensano del resto questo lieve il fatto che, nonostante la ricchezza d.el molte delle quasi infinite figura- di Vecchio non si siano ovviamente potute nprodurre e compensato a sua volta dalla presenza sosti- tutiva schemi grafici, utili, specie nel caso della com- plessa Iconografia dei quartieri vasariani, ad individuare agevolmente i soggetti intricatissimi. Una simile chiarezza di esposizione è il risultato di un lavoro serio ed approfondito su una vasta gamma di materiali. Opere, disegni, documenti, fonti, letteratura artistica, bibliografia vecchia e recente sono stati inda- gati dagli autori con accuratezza e dedizione. Una voce che compare quasi in ogni scheda, quella relativa ai do- cumenti, non si sarebbe potuta compilare con la ricchezza presente in quest'opera sulla base della sola bigliografia. L'Allegri e il Cecchi hanno ripreso in mano polverose filze di documenti d'archivio (se ne veda un opportuno elenco alle pp . 403-406) e sono arrivati non solo ad offri- re un quadro più completo relativamente ad avvenimenti già noti, ma anche a trovare importanti notizie inedite. Così, ad esempio, sappiamo di un intervento di restauro opera nel I 565 dal B.ronzino nella Cappella di Eleo- nora di Toledo ') da lut stesso dipinta vent'anni prima (p. 28) , oppure che lo " scrittoio d'in sul terrazzo , di cui parla il Vasari non è quello identificato dal Lensi bensì quello che gli autori chiamano di Minerva {p. uo). D'altro lato, il contributo di prima mano di un validissimo gruppo di specialisti ha permesso, tra l'altro di ricostruire la successione originale delle tavole Studiolo (Michael Rinehart). Una simile varietà di fonti d'informazione non ha tuttavia generato squilibri. Il lavoro è talmente organico che una separazione netta delle responsabilità tra l'Allegri e il Cecchi è contraria allo spirito stesso dell'opera (p. VIII). È lecito comunque pensare che l'Allegri abbia riportato nella collaborazione soprattutto il suo vivo interesse per la storia del Palazzo e il Cecchi tutta la forza della sua sicura formazione filologico-figurativa. Solo la ben nota competenza del Cecchi in merito alla grafica vasariana e dell'ambiente vasariano, infatti, può aver condotto a felici scoperte come, per rimanere entro l'arco dei primi interventi vasariani, la serie di disegni di Marco da Faenza per i Mesi della Sala di Opi (p. 88) o l'importantissimo stu- dio del Vasari per un arazzo perduto della Sala di Cerere (p. 78) o quello, pure notevole, per la figura di Cosimo il Vecchio in uno dei riquadri della volta della Sala dedi- cata al pater patriae (p. 134). Analogamente, solo la cono- scenza diretta che l'Allegri mostra di avere della Guarda- roba medicea può aver dettato l'utile capitolo ad essa relativo (pp. 287-302) e solo la sua responsabile valuta- zione storica delle vicende del Palazzo nella sua totalità può aver sorretto l'attento scrupolo con cui ricostruisce episodi apparentemente minori della tarda manipolazione medicea del monumento (pp. 353-369). Ma si legga tutto intero il volume, e ci si renderà conto dell'importanza dei singoli contributi dell'Allegri e del Cecchi ben al di là di una esemplificazione forzatamente stringata e parziale. Se considerazioni di spazio e di opportunità impedi- scono di elencare tutti i pregi di questo notevole libro, l'intrinseca venialità e l'inevitabilità stessa, in un'opera così vasta, di mancanze e imprecisioni, rendono odioso II5 ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

Transcript of ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte · 2019-03-04 · che,, la I?emona...

Page 1: ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte · 2019-03-04 · che,, la I?emona ancora pie~a di arazzi, sculture, dipinti, armi, pietre dure, oreficene, porcellane

LIBRI

E. ALLEGRI - A. CECCHI, Palazzo Vecchio e i Medici. Guida storica, Firenze rg8o, pp. XXXI-418.

~a mostra su Collezionismo e mecenatismo medicei che si è tenuta l'anno scorso a Palazzo Vecchio ha riba­di~o ~n manier~ inequiyocabile l'importanza dell'antico edific10 fiorentmo. ChiUsa la mostra e ritornati alle ~ingole sedi i q,uasi ?ttocento ?~g~tti ad . essa presenti, e. forse ques,ta l occas10ne per nvlSltare gh ambienti che h hanno cosi ~egnamente .accolt~. È u~a fortuna pertanto che,, la I?emona ancora pie~a di arazzi, sculture, dipinti, armi, pietre dure, oreficene, porcellane ecc. possiamo addentrarci in questa avventura con uno 'strumento nuovo. ed aggiornato come la guida storica che Ettore Allegr~ ed Al~ssand~o. Cecchi hanno dedicato a- Palazzo Vecch10 sotto I Medici. Quanto ci viene offerto è il risul­tato di una ricerca fervida e rigorosa, come osserva Paola Baroc~hi nella prefazione. al volume. Con tanta maggiore attenz10ne va letto e discusso, perché non sia lettera morta. ma v~ce autor~vole ~i un dialogo in divenire.

Il !I~ro s Impone mnanzltutto per la chiarezza della esposiziOne e la conseguente comodità di consultazione. Ad ogni intervento mediceo nel Palazzo è dedicata una scheda. Ogni scheda è organizzata secondo una struttura costante, che permette di dar conto con la stessa evi­denza di interventi modesti e di interventi complessi. Nel cas? più ~ompleto, una scheda può comprendere ~no ~ dieCI voci. I!l t?tale le schede sono settanta, ripar­tite . m. qu~ttr? S~ZI?m. que~te cor~ispondono ai quattro penodi pnncipah m cui gh auton hanno suddiviso la attività medicea in Palazzo Vecchio e sono corredate ~iascuna. di. una prem~ssa storie~ g~nerale e di specifiche mtro~UZ10';11 a gruppi omogenei di problemi. Una tale orgamzzaz10ne del materiale rende semplice sia il farsi un'idea generale, ad esempio, dell'opera del Vasari, sia il r~ccogliere informazioni dettagliate su un ambiente specifico, ad esempio sulla Sala di Opi. Quando ciò che i!l~ere~sa. ~on è così strettam~nte legato ad una persona­hta di nhevo o ad un ambiente importante soccorrono altri. acc.o~git?enti.. ~n indice dei nomi degli artisti e de~h .artlg~an~, ~n mdice topografico ed una serie di piante dei smgoh piam del Palazzo agevolano il reperimento di notizie relative, ad esempio, alla porta della Sala delle carte ~eografiche o. a Bastiano. di Gio':anni scalpellino. ~er. ~hi, non prop~Io del mestiere, abbia bisogno di un mdmzzo nella VISita, sono presenti anche tre diverse proposte di itinerari. E per chi, interessato al Palazzo ~nche al . di là dell'i!ltervent~ mediceo, reclami qualche mform.az10ne . s.ulle yicende . di Palazzo V e echi o prima e dopo I Medici, un appendice ed una cronologia gene­~ale rip?rt~no . gli avvenimenti più importanti. Anche le !ll~straz10m SI sottomettono al principale obiettivo di chiarezza e concorrono a realizzarlo visualizzando l'argo­me~to di volta in volta. trattato. Mentre nelle premesse sto.nche la scelta. delle Immagini non segue un criterio umforme, nelle smgole schede ad una veduta d'insieme g~neralmen~e d'angolo, succedono quasi sempre uno ~ P!ù dettagh, spesso inediti, e la riproduzione di alcuni dise.gni. Si tratta di foto in bianco e nero, in gran parte reahzzate per l'occasione, il cui unico difetto è di essere, forse, un po' troppo scure e contrastate. Quattro tavole a colori, invero piuttosto belle, compensano del resto

questo lieve ~ifetto. ~ il fatto che, nonostante la ricchezza d.el ~or.redo tllustratlv~, molte delle quasi infinite figura­z~om di Pa~zzo Vecchio non si siano ovviamente potute nprodurre e compensato a sua volta dalla presenza sosti­tutiva ~i schemi grafici, utili, specie nel caso della com­plessa Iconografia dei quartieri vasariani, ad individuare agevolmente i soggetti intricatissimi.

Una simile chiarezza di esposizione è il risultato di un lavoro serio ed approfondito su una vasta gamma di materiali. Opere, disegni, documenti, fonti , letteratura artistica, bibliografia vecchia e recente sono stati inda­gati dagli autori con accuratezza e dedizione. Una voce che compare quasi in ogni scheda, quella relativa ai do­cumenti, non si sarebbe potuta compilare con la ricchezza presente in quest'opera sulla base della sola bigliografia. L'Allegri e il Cecchi hanno ripreso in mano polverose filze di documenti d'archivio (se ne veda un opportuno elenco alle pp. 403-406) e sono arrivati non solo ad offri­re un quadro più completo relativamente ad avvenimenti già noti, ma anche a trovare importanti notizie inedite. Così, ad esempio, sappiamo di un intervento di restauro opera t~ nel I 565 dal B.ronzino nella Cappella di Eleo­nora di Toledo ') da lut stesso dipinta vent'anni prima (p. 28), oppure che lo " scrittoio d'in sul terrazzo , di cui parla il Vasari non è quello identificato dal Lensi bensì quello che gli autori chiamano di Minerva {p. uo). D'altro lato, il contributo di prima mano di un validissimo gruppo di specialisti ha permesso, tra l'altro di ricostruire la successione originale delle tavole dell~ Studiolo (Michael Rinehart). Una simile varietà di fonti d'informazione non ha tuttavia generato squilibri. Il lavoro è talmente organico che una separazione netta delle responsabilità tra l'Allegri e il Cecchi è contraria allo spirito stesso dell'opera (p. VIII). È lecito comunque pensare che l'Allegri abbia riportato nella collaborazione soprattutto il suo vivo interesse per la storia del Palazzo e il Cecchi tutta la forza della sua sicura formazione filologico-figurativa. Solo la ben nota competenza del Cecchi in merito alla grafica vasariana e dell'ambiente vasariano, infatti, può aver condotto a felici scoperte come, per rimanere entro l'arco dei primi interventi vasariani, la serie di disegni di Marco da Faenza per i Mesi della Sala di Opi (p. 88) o l'importantissimo stu­dio del Vasari per un arazzo perduto della Sala di Cerere (p. 78) o quello, pure notevole, per la figura di Cosimo il Vecchio in uno dei riquadri della volta della Sala dedi­cata al pater patriae (p. 134). Analogamente, solo la cono­scenza diretta che l'Allegri mostra di avere della Guarda­roba medicea può aver dettato l'utile capitolo ad essa relativo (pp. 287-302) e solo la sua responsabile valuta­zione storica delle vicende del Palazzo nella sua totalità può aver sorretto l'attento scrupolo con cui ricostruisce episodi apparentemente minori della tarda manipolazione medicea del monumento (pp. 353-369). Ma si legga tutto intero il volume, e ci si renderà conto dell'importanza dei singoli contributi dell'Allegri e del Cecchi ben al di là di una esemplificazione forzatamente stringata e parziale.

Se considerazioni di spazio e di opportunità impedi­scono di elencare tutti i pregi di questo notevole libro, l'intrinseca venialità e l'inevitabilità stessa, in un'opera così vasta, di mancanze e imprecisioni, rendono odioso

II5

©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

Page 2: ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte · 2019-03-04 · che,, la I?emona ancora pie~a di arazzi, sculture, dipinti, armi, pietre dure, oreficene, porcellane

un loro censimento accanito. Credo giusto tuttavia rile­vare una sola mancanza che mi sembra spiccare: intendo la mancanza di una scheda specifica relativa al bagno di Cosimo I (primo piano, accanto alla Sala dei Du­gento). È questo infatti l'unico caso in cui un ambiente del Palazzo interessato da un intervento mediceo venga semplicemente citato, e di sfuggita, nel corso di una delle premesse (pp. 221-222). Ad esso si riferiscono verosi­milmente i pagamenti ad Andrea di Domenico e a Battista di Girolamo legnaiolo (p. 221) per una fontana " al piano delle camere del duca , " in uno andito a lato alla sala de' Dugento , . Si tratta di una notevole testimonianza di de­corazione privata, diretta discendente delle " stufe , ro­mane sul tipo di quella raffaellesca per il Cardinal Bibbiena. Come tale avrebbe meritato maggior attenzione.

Ma torniamo ai pregi del libro. Conseguenza diretta dell'estrema razionalità con cui esso è composto è la possibilità di una lettura variamente funzionale delle sche­de (cfr. su tale aspetto anche la premessa della Barocchi, p. X). Ciò significa che ad esso possono attingere sia lo storico interessato alle idee politiche, sia il letterato cu­rioso di complessi programmi allegorici, sia lo storico del­l'arte impegnato nei delicati problemi dell'arte monumen­tale. Per !imitarci a questi ultimi, non è forse inutile esporre qui qualche considerazione e qualche glossa, sorte o rinfrescate nel corso della lettura della guida.

Una prima riflessione riguarda in generale il significato dei vari interventi decorativi (e, come corollario, due problemi di attribuzione). Nella fase prevasariana i singoli maestri sembrano riproporre quella stessa varietà di solu­zioni che aveva caratterizzato la lunga storia del Palazzo repubblicano. Tre ambienti strettamente legati tra loro come la Camera verde di Ridolfo, la Cappella del Bronzino e lo Scrittoio della duchessa del Salviati :a) presentano decorazioni diversissime non solo per impegno e pro­gramma ma anche per stile. È chiaro che si interpreta ancora ogni singolo ambiente per sé, slegato da un pro­getto più ampio e generale di decorazione. Con l'arrivo del Vasari le cose cambiano. La sua unità di misura non è il singolo ambiente, ma il quartiere. Entità inter­media tra il singolo ambiente e la totalità dell'edificio, il quartiere diviene per lui il mezzo per lasciare definiti­vamente un criterio di interventi episodici e per pensare seriamente a ridefinire nella sua interezza la decorazione del Palazzo. Ciò comporta necessariamente una nuova organizzazione del lavoro. Al maestro che opera in un campo specifico (pittorico o scultoreo) succede l'abile regista 3) che mette a punto l'invenzione e dispone di una grande quantità di esecutori, pronti a tradurre e ad adat­tare in marmo, stucco, colori, legno ecc. le sue idee. Proprio questo atteggiamento generale da parte del Vasari mi fa dubitare che possa essergli anche lontanamente col­legato un apax come la porta della Cappella di Eleonora (p. 28). A ciò si oppone già il fatto che la porta reca delle iscrizioni relative ai lavori del Bronzino nel corso degli anni 1541-1542, iscrizioni che non avrebbe senso pensare posteriori a quella data. Il suo stile inoltre pare a me che si ambienti benissimo verso gli anni Quaranta. Infatti il peso notevole che assume la parte alta della porta s'accorda in pieno con il carattere delle architetture dipinte dal Bronzino nella Cappella, mentre una certa qualità lignea nel cartiglio e nelle parastine rastremate e il modulo ad architrave rientrante del timpano richiamano la Loggia del mercato del Tasso; e ciò senza voler suggerire un nome preciso, ma solo una temperie culturale. Al contra­rio, non penso che il concetto di libertà nell'atelier vasa­riano si sia esteso fino al punto di permettere allo Stra-

u6

dano un'ideazione decisiva dal punto di vista iconografico quale la grande scritta intrecciata di putti che percorre la parte alta delle pareti della Sala di Ester (p. 199, dove però il pensiero degli autori non è molto chiaro). La tra­duzione in termini monumentali di uno schema ornamen­tale di matrice miniatoria e silografica può essere parsa inedita, e ciò avere suggerito il nome dell'artista citra­montano come ideatore. In realtà il Vasari stesso ci attesta fin dalla prima edizione delle Vite il suo entusiasmo per un " fregio di lettere antiche ... et fra esse un numero di fanciulli, dipinto dal Pordenone a Mantova e oggi perduto. L'idea dunque rientra in pieno in 9.uella rimedi­tazione di modelli veneziani e mantovani dt cui Palazzo Vecchio offre più di un esempio; sicché solo l'esecuzione, in cui alle " lettere antiche , si sostituisce una grafia più nordica, può spettare allo Stradano.

A commento della decorazione monumentale, l'arredo monumentale. Anche a proposito di questa seconda serie di note va fatta una rapida precisazione cronologica. Il legame stretto tra statua, nicchia e parete che caratterizza l'Udienza del Bandinelli non ci permette di parlare di arredo scultoreo in senso specifico. È piuttosto un caso di decorazione, perfettamente assimilabile al grande ciclo ad affresco del Salviati o a quello ad arazzo su cartoni del Bronzino, del Salviati e del Pontormo. Le cose cambiano anche qui solo con l'arrivo del Vasari. Certi ambienti particolarmente importanti vengono ora nobilitati dalla presenza di un oggetto perspicuo e significativo, non mserito nell'architettura parietale ma ad essa collegato mediante svariati riferimenti. È interessante a questo pro­posito che la Chimera d'Arezzo, nel documento 4) che ne ricorda la consegna al Vasari perché la collochi nella Sala di Leone X, venga descritta come " uno lione di bronzo con una testa di charpicorno, . Il significato comune del­l'immagine ha evidentemente ceduto il posto ad una com­plicata, doppia allusione all'ascendente zodiacale di Co­simo I e al nome del pontefice nella sala dedicata al quale il bronzo etrusco trova degna sistemazione (più estesa­mente, questa interpretazione verrà avanzata anche nei vasariani Ragionamenti). In tal modo tra l'iconografia com­plessa della sala e quella attribuita all'arredo non esiste frattura, come non esiste frattura tra l'uso della pietra viva negli elementi architettonici e l'uso della pietra viva nella base della Chimera. 5) Analogamente, nella Sala delle carte geografiche un gran magpamondo riassume al centro quello che è il soggetto e l aspetto visivo delle pareti. Mi è grato poter presentare anche per questo oggetto un documento inedito, 6> il quale, registrando il pagamento per l'oro macinato che servì a scrivere i nomi dei vari paesi, segna un valido termine per datare il completa­mento dell'opera (ricordata in fieri nelle Vite del 1568). Il documento ci ricorda che il mappamondo costituisce un caso di mecenatismo, come tale radicalmente diverso dal caso di collezionismo costituito dalla Chimera. La distinzione ha un suo peso, perché nel Salone dei Cinque­cento i due paradigmi sembrano per un momento incon­trarsi. Mi riferisco alle statue di Michelangelo e del Giam­bologna, collocate sotto la " gran macchina, del soffitto in occasione delle feste per il matrimonio di Francesco I e Giovanna d'Austria. La ' Vittoria ' è un oggetto da poco entrato nelle collezioni di Cosimo I, ed il suo inse­rimento nel programma vasariano importa semplicemente, come per la Chimera, un adattamento del significato iconografico (da allegoria morale a manifesto politico). La ' Fiorenza ' ?l nasce invece proprio in rapporto a quel programma, come pendant dell'opera del Buonarroti. A chi pensi che la commissione che la riguarda segue a ruota

©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

Page 3: ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte · 2019-03-04 · che,, la I?emona ancora pie~a di arazzi, sculture, dipinti, armi, pietre dure, oreficene, porcellane

r le esequie fiorentine del gran vecchio, non parrà inop­portuno fermarsi brevemente su questo fatto. E non per ripetere l'osservazione, pur importante, che la ' Fiorenza ' riprende in controparte la serpentina del prototipo miche­langiolesco; ma per dire anche che il mutamento dal maschile al femminile della figura vincente, se da un lato si modella su una polarità " nuziale , inspiegabile senza gli esempi delle tombe laurenziane, dall'altro favorisce un'accentuazione del tutto tondo circolare che è, credo, collegata alla querelle sulla " maggioranza , tra pittura e scultura rinverdita proprio a seguito di quelle esequie. Mi sembra di poter trovare conferma di ciò nel fatto che il Vasari, dipingendo qualche anno dopo dietro e sopra la ' Fiorenza ' il grande affresco con ' Massimiliano che toglie l'assedio a Livorno ' , inserisce proprio in primo piano due cavalli, atteggiati allo stesso modo ma ritratti da punti di vista diametralmente opposti (come se si trat­tasse dello stesso cavallo di cui si vogliono offrire due "vedute, complementari}. Ci troviamo probabilmente di fronte all'applicazione di un argomento tradizionale dei pittori in tutte le dispute sul " paragone , , felicemente mascherato qui in una specie di carosello che commenta ed amplifica la circolarità della statua sottostante (ed è forse in ciò una qualche dose di senile ironia). È un'ipotesi storica, alla quale si può sempre preferire il criterio tante volte legittimo della casualità.

Non abbiamo ancora accennato allo Studiolo. Ma questo, che costituisce oggi forse il più famoso intervento del Va­sari nel Palazzo, è talmente originale da meritare che gli si dedichi a parte qualche appunto (terzo gruppo di note}. A conferma di questa affermazione va detto innanzitutto che lo Studiolo inverte il sistema decorativo prevalente nei quartieri vasariani, riservando l'affresco alla copertura e la pittura a olio alle pareti. Ciò comporta una maggiore autonomia degli autori dei singoli pannelli rispetto alla collaborazione svolta in anni assai vicini sugli affreschi del Salone dei Cinquecento ; ed un rapporto con la scultura anch'esso più definito che nel Salone, giacché la decora­zione stessa delle pareti prevede l'inclusione di otto statue, in precisa alternanza alle pitture. Per quanto riguarda il primo problema, basterà accennare che una situazione di buona autonomia ha luogo, contemporaneamente, anche nel rinnovamento vasariano di Santa Croce e di Santa Maria Novella (qui pure, una volta definito lo schema decorativo, le pale sono opera dei singoli pittori o di sin­gole e circoscritte situazioni di collaborazione). Il secondo problema non trova invece un confronto nell'orbita vasa­riana se non nei grandi complessi di architettura effimera, ultimamente sperimentati per le già citate nozze di Fran­cesco I e Giovanna d'Austria. Come in questi, anche nello Studiolo sembra incarnarsi la teoria vasariana che riserva alla pittura e alla scultura la funzione precipua di decorare l'architettura. È chiaro che un così stretto con­tatto tra le due arti sorelle non può n .1 far risorgere, nel­l'acceso ambiente accademico, la questione del "para­gone , . Ce lo conferma la presenza variamente segnalata di statue e gruppi statuari all'interno di molti dei dipinti dello Studiolo, ma soprattutto il puntuale ricorso del modesto Fedini alla riproduzione prospettica di fronte-di lato e da tergo della " stessa, statua. Nel campo della scultura, le soluzioni proposte vanno dall'accettazione piena della logica della nicchia da parte di Vincenzo de' Rossi, che si limita a dare corpo tridimensionale al verso sostanzialmente bidimensionale di una medaglia del Leo­ni, B) all'idea tipicamente Wunderkammer, non a caso applicata all' ' Apollo ' del Giambologna, di fornire la statuetta di un " bilico , per permetterne la rotazione mec-

Il>

canica (su ciò cfr. pp. 338 e 347). Fin qui il " paragone , . In tutt'altro giro di problemi va inserito il fatto che, in una figura della sua ' Miniera dei diamanti ' per la quale il Cecchi ha pubblicato un bellissimo disegno in contro­parte, Maso da San Frediano citi, variandola, una statua come il ' Bacco ' di Michelangelo. Considerato che questi sono gli anni dell'acquisto del marmo michelangiolesco da parte di Francesco I, g) è probabile infatti che ci tro­viamo di fronte a un caso di cortigiana allusione ad un'ope­ra celebre e al suo principesco possessore analogo a quanto avviene nel ' San Giovanni Battista ' del Clovio recen­temente identificato dalla Meloni-Trkulja (dove il colle­zionista è Cosimo I e l'opera citata la ' Vittoria' di Mi­chelangelo, che al tempo in cui va presumibilmente datata la miniatura del Clovio •ol era da poco entrata in possesso del duca). Si tratta di un espediente tipico dei generi di piccolo formato, dove il carattere stesso (diretto e perso­nale) della fruizione suggerisce all'artista un qualche rife­rimento alla persona del mecenate.

Ed eccoci alla quarta ed ultima considerazione. Dalla mitologia del Quartiere degli Elementi alla celebrazione cittadina e principesca del Salone il Vasari sembra costel­lare l'iconografia di Palazzo Vecchio di una continua allusione a quelle " arti del disegno, delle quali contem­poraneamente va stendendo per la seconda volta la storia e proponendo con tenacia l'organizzazione accademica. Si tratta di un aspetto della gemalte Kunsttheorie n) vasariana, in sordina rispetto ai grandi cicli della Cappella degli Artisti all'Annunziata e delle case Vasari ad Arezzo e a Firenze, ma ugualmente valido per penetrare il pensiero dell'aretino. Il materiale è stato episodicamente sfruttato, eppure meriterebbe uno studio complessivo. Ovviamente io non sono in grado, qui, di fare ciò. Ritengo tuttavia utile segnalare la cosa ed offrire un contributo a proposito di due problemi in qualche modo correlati. Il primo riguarda l'iconografia della volta del cosiddetto T esoretto. Non credo che sia il caso di parlare di disorganicità (p. 193). Al centro sta la Sapienz;a Divina, rappresentata dai simboli dei Quattro Evangelisti raggruppati intorno ad una figurazione oggi scomparsa ma probabilmente identificabile con un simbolo della Trinità (o forse dello Spirito Santo). Attorno, le scienze e le arti umane, divise a seconda della categoria cui appartengono. E cioè: negli scomparti rettangolari, le discipline della parola e del numero, ' 2 ) in quelli ovali, quelle " del disegno , e del suono. Le citazioni dalla Stanza della Segnatura sono tal­mente esplicite da indurre a pensare che ci troviamo di fronte ad una summa in miniatura del sapere cinquecen­tesco. Con una novità però rispetto alla Segnatura, costi­tuita dalla rilevante presenza che qui assumono le " arti del disegno, (tre scomparti su nove). Non credo che ciò sia mai stato osservato, né che si sia mai accennato alla relazione che unisce qui la tripartizione delle " arti del disegno, alla tripartizione agostiniana '3) della musica (sulla quale è chiaramente costruita l'iconografia dell'ovale relativo a questa disciplina). È invece ormai noto che una componente trinitaria ed una derivante dalla tripartizione della poesia e della musica sono fondamentali nella for­mazione del sistema, probabilmente già michelangiolesco e sicuramente accademico, delle " tre arti del disegno , . Le implicazioni che questo sistema comporta nella valu­tazione vasariana dei lavori in Palazzo Vecchio costituisce il secondo dei problemi sopra accennati. Esse sono sim­bolicamente espresse in quell'aspetto dell'iconografia del soffitto del Salone che riguarda i ritratti dei collaboratori del Vasari. Questi sono infatti divisi in due gruppi. I pittori di storia Vasari, Naldini, Stradano e Zucchi com-

©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

Page 4: ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte · 2019-03-04 · che,, la I?emona ancora pie~a di arazzi, sculture, dipinti, armi, pietre dure, oreficene, porcellane

paiono, accanto ai letterati Adriani e Borghini, nel riqua­dro che celebra il ' Trionfo della guerra di Siena' ; il pittore di grottesche Marco da Faenza, '4) invece, s'affaccia, assieme al muratore Bernardo di monna Mattea, al le­gnaiolo Battista Botticelli e al doratore Stefano Veltroni, nell'angusto sfondato sopra l' ' Udienza' del Bandinelli, al di fuori del grande ciclo storico come gli uccellini raffaelleschi che svettano negli sfondati della Sala di Ester. Le "tre arti del disegno costituiscono dunque una categoria che non intende '~ver nulla a che fare con i mestieri manuali e con gli aspetti manuali del mestiere; una categoria che fa parte delle professioni intellettuali, dove non è sufficiente la competenza tecnica ed è disdi­cevole l'occuparsi di " cose basse e vili , come l'ornato. Dico tutto ciò avendo coscienza di quanto stia estremiz­zando il pensiero reale del Vasari (e penso alla simpatia con cui certi ornatisti sono citati ancora nella seconda edi­zione delle Vite). Ma credo che l'aver ricordato in qual giro di idee sorga e si affermi la rigida selezione storie­grafica della quale siamo tuttora vittime ci stimoli ad una indagine che, come quella che ci hanno offerto l'Allegri e il Cecchi, sappia ricostruire, su una vasta gamma di testimonianze, la reale vicenda in cui sorsero le più com­plesse opere d'arte del passato.

MARCO CoLLARETA

I) Non credo che a questo intervento vadano riferiti i peducci delle Virtù (p. 2I). Per la datazione della porta della Cappella cfr. più avanti.

2) Desidero accennare almeno in nota anche ai due ambienti dipinti dal Bachiacca (pp. 49-5I). Di questi, il Terrazzo di Eleo­nora è affine alle spalliere tessute su cartoni del Bachiacca per la Sala dell'Udienza mentre lo Scrittoio di Cosimo I ha un carattere tra l'erbario e il bestiario. Per questo cfr. quanto dice il Varchi già nel I547 in P. BAROCCHI, Trattati d'arte del Cinquecento, Bari Ig6o-62, vol. l, p. 39·

u8

3) Questa calzante espressione è usata da P. BAROCCHI, Vasari pittore, Milano I964, passim.

4) ASF, GM, g, c. 52 r : "[Il I7 giugno I558] ebe m giorgio dipintore uno lione di bronzo con una testa di charpicorno e messj nelle stanze nove sopra una basa di pietra , .

5) L'uso di porre statue bronzee su basi lapidee è costante a Firenze fino dai tempi del ' David ' di Donatello, mentre non si registra ad esempio ad Urbino (cfr. l' ' Idolino ').

6) ASF, DG, 776, c. LXIII : "Sabato 2 dicembre [I57o] A Spese della Guardaroba del sermo Gran Duca Nro Sig'• ss dua di m'" s vi pii pagati a frate ignazio danti frate di st• maria novella porto contanti per il costo di 500 pezzi doro battuto per macinare per fare le lettere doro nello appamondo grande di detta guardaroba , . Un altro documento sul mappamondo in DG, 773, c. 50.

7) Che il soggetto della statua del Giambologna sia ' Firenze trionfante su Pisa ' mi sembra confermato, oltre che dalla testimo­nianza del Sermartelli, dal fatto che la figura vinta si qualifica come Pisa per la presenza, fra le gambe, della volpe. La volpe compare infatti come attributo di Pisa anche nell'allegoria della città to­scana presente nella sala di Cosimo I (p. I47) e fin dai tempi di Dante (Purgatorio, XIV, 53) i pisani erano detti " volpi, .

8) Se ne veda la riproduzione in G. HABICH, Die Medaillen der italienischen Renaissance, Stuttgart-Berlin I922-23, tav. XCII, 5· La medaglia rappresenta 'Ercole e i mostri' e il bronzetto 'Vul­cano', ma il confronto fra le due immagini rivela che si tratta solo di una differenza di soggetto che non infirma la chiara derivazione stilistica. Ciò è provato dal fatto che Vincenzo de' Rossi adottò l'iconografia della medaglia anche nel suo 'Ercole e Caco ' visibile nel salone dei Cinquecento.

g) Il pagamento relativo a questo acquisto, imprecisamente se­gnalato nella letteratura recente, è in ASF, DG, 590, c. iir (22 mar­zo I57I (s. f.]).

Io) E cioè negli anni I566-67, quando tramite il Vasari il miniatore riprende i contatti con la corte medicea dopo una pausa di oltre dieci anni.

II) Traggo l'espressione dal fondamentale articolo di M . WINNER, Gemalte Kunsttheorie, in ]ahrbuch der Berliner Museen, Ig62, pp. I52-I85.

I2) Sulla loro identificazione cfr.: W. LIEBENWEIN, Studiolo, Berlin I9771 p. I5I che riconosce nella "Composizione illeggibile " degli autori (p. I92) la geometria e interpreta la loro " Geometria " come Astronomia.

13) De ordine, II, I4· 14) Una distinzione tra pittore di storia e pittore di grottesche e

tra scultore di figure e scultore di ornati è presente pure nelle vite vasariane di Andrea di Cosimo e del Mosca.

...

©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte