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Migrazioni nel Mediterraneo: una storia antica Matteo Sanfilippo Disucom - Università della Tuscia 4 maggio 2015

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Migrazioni nel Mediterraneo: una storia antica

Matteo Sanfilippo Disucom - Università della Tuscia

4 maggio 2015

La storia come storia dell’emigrazione

La storia dell'umanità, non sto in forse a dirlo, è la storia delle migrazioni: mutano forma, ma sono sempre emigrazioni (Geremia Bonomelli, L'emigrazione, in Esposizione Generale Italiana - Esposizione delle missioni, Gli italiani all'estero, 1899). Bonomelli credeva in una storia umana aperta dalla cacciata di Adamo ed Eva. La sua tesi non era soltanto un’applicazione in senso stretto del dettato biblico, ma rifletteva quanto storici e archeologi venivano scoprendo

Geremia Bonomelli (1831-1914), vescovo di Cremona (1871-1914) fondatore dell’Opera di assistenza per gli italiani emigrati in Europa e nel Levante (1900)

Origine dell’uomo

•  Sulla scia di Charles Darwin, Thomas Huxley affermò la discendenza dell’uomo dalla scimmia (Evidence as to Man's Place in Nature, 1863). Tale tesi fu confermata nel 1871 dallo stesso Darwin e suscitò la protesta di Chiese (compresa quella cattolica) e movimenti cristiani. Gli archeologi iniziarono a chiedersi quando dove fosse avvenuto il passaggio dalle grandi scimmie all’uomo e negli anni 1920 trovarono le prime prove dell’origine africana dell’umanità

Lucy (o chi per lei)

•  Il dibattito e le ricerche sull’origine umana sono ancora molto intensi, ma sembrano confermare l’ipotesi africana. Se dunque l’umanità nasce in Etiopia, la successiva diffusione della specie è fondata sulle migrazioni. Secondo studi genetici e scavi archeologici, un milione di anni fa, gli uomini preistorici si sono mossi dall’Africa verso l’Eurasia e da qui si sono poi sparsi in tutto il globo

Le invasioni indoeuropee

•  In una prospettiva migratoria possiamo leggere non soltanto la diffusione dei nostri antenati sui cinque continenti, ma anche le successive ondate dei cro-magnon, che di nuovo hanno coperto il pianeta a partire dall’Africa, e poi degli indo-europei, che hanno rimodellato il continente euroasiatico. E ancora, non possiamo giudicare i popoli dalle origini mitiche (gli etruschi, per esempio) come il frutto di melting pot post-migratori?

Un’ipotesi sull’espansione indo-europea: l’area fucsia è quella di origine

Migrazioni multiple

•  La letteratura antica è ricca di rimandi a origini migratorie: L'armi canto e 'l valor del grand'eroe / che pria da Troia, per destino, a i liti / d'Italia e di Lavinio errando venne; / e quanto errò, quanto sofferse, in quanti / e di terra e di mar perigli incorse / … / e con che dura e sanguinosa guerra fondò la sua cittade, e gli suoi dèi / ripose in Lazio: onde cotanto crebbe / il nome de' Latini, il regno d'Alba,/ e le mura e l'imperio alto di Roma (Virgilio, Eneide, I, 7-10 e 14-18). Inoltre è conscia che una migrazione può incrociarsi con altre. Quando Enea incontra Didone, regina cartaginese il poeta chiosa: Grande, antica, possente e bellicosa / colonia de' Fenici era Cartago, / posta da lunge incontr'Italia e 'ncontra / a la foce del Tebro (ivi, 27-30). Il mondo classico conosce già una globalizzazione mediterranea, d’altronde confermata dal dominio romano

Le invasioni barbariche

•  Il melting pot mediterraneo è spezzato dalle invasioni barbariche, che possiamo considerare grandi fenomeni migratori, come la successiva espansione araba, che taglia in due l’area mediterranea, ma non divide completamente le due aree

La conquista dell’America

•  Milioni di europei si trasferiscono nelle Americhe per desiderio di ricchezza o per spirito di avventura. Per molti tale decisione non ha connotati eroici: è solo un nuovo passo in un circuito migratorio già affermato. Ci si sposta cercando lavoro e alla fine, trovandosi in un porto, ci si imbarca per il Nuovo Mondo. Molti di questi porti sono mediterranei: Genova, Marsiglia, Barcellona. Il piccolo mare al centro del Vecchio Mondo si collega al grande oceano che porta al Nuovo Mondo.

La grande emigrazione

•  Sempre mettendo al centro del nostro interesse il mondo occidentale, il periodo che va dalla fine delle guerre napoleoniche alla crisi economica del 1929 è caratterizzato da una grande migrazione europea. Si calcola che in tale periodo siano partiti dal Vecchio Continente 50-60 milioni di emigranti, in parte provenienti dall’Europa mediterranea e dalle sue propaggini medio-orientali e nordafricane: Turchia ed Egitto

Mulberry Street (New York ai primi del Novecento

Le altre emigrazioni

La grande emigrazione europea non è il solo fenomeno di questo tipo. Se prendiamo lo stesso periodo, ci accorgiamo che, tra il 1840 e il 1940, 55-58 milioni di europei partono verso le Americhe, 52 milioni di indiani e di cinesi si ridistribuiscono nell’Asia sud-orientale, 50 milioni di migranti si spostano dall’Asia nord-orientale e dalla Russia in Manciuria, Siberia, Asia centrale e Giappone. A fianco a questi enormi flussi, se ne notano altri: dall’Europa e dall’Asia verso il Medioriente per l’apertura del Canale di Suez e la costruzione delle grandi dighe; da Cina, Giappone e dallo stesso Medioriente verso le Americhe; dall’India verso i Caraibi e il Nord America; dalla Cina verso il Nord America e l’Europa

I rifugiati: una novità del Novecento •  Nel 1951 le Nazioni Unite

stabiliscono che un “rifugiato” è qualcuno che: temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese, di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese: oppure che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi

Rifugiati in Afghanistan refugeemap.wikidot.com

Genocidio degli armeni

•  Il Novecento è stato caratterizzato molto più di altri secoli dal problema del profugato generato dal tentativo di sterminare popoli interi. Gii armeni sono eliminati dall’impero ottomano durante la prima guerra mondiale. I sopravvissuti sono raccolti in campi per rifugiati situati in Libano e Siria, anche se alcuni hanno preferito emigrare verso la Grecia, la Francia e gli Stati Uniti

Dopo la seconda guerra mondiale è stato definito giuridicamente il termine “genocidio” per indicare l'annientamento sistematico totale o parziale d'un popolo o di un gruppo etnico o religioso

Rifugiati greci

•  I greci dell’Asia minore sono evacuati dopo la guerra greco-turca del 1919-1922. Sulla base del Trattato di Losanna del 24 luglio 1923 che stabilisce i nuovi confini di Grecia, Bulgaria e Turchia, più di 2 milioni di greci devono essere ri-insediati in Grecia, ma alcuni optano per l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Coloro che si recano nell’antica madrepatria sono ospitati per un lungo periodo in strutture temporanee, che anticipano i nostri campi profughi

Salonicco: monumento ai rifugiati

Dall’Europa all’Europa

•  La grande crisi economica degli anni 1930 e la difficile situazione politica di quegli stessi anni influenza i flussi del periodo: da una parte, infatti, si partirebbe di meno; dall’altra, si deve invece migrare per sfuggire a regimi repressivi o addirittura esiziali. Antifascisti e antinazisti, nonché tutti coloro che sono perseguitati dai regimi totalitari fuggono verso occidente. Sovrapponendosi e contrapponendosi a coloro che sfuggono alle grandi purghe staliniste in Unione Sovietica

Arthur Koestler (1895-1983) prende parte a più migrazioni: ebraica in Palestina; repubblicani spagnoli in Francia; abbandono del mondo stalinista; fuga dalla Francia di Vichy e rifugio in UK

La guerra

•  La seconda guerra mondiale e la sua preparazione accelera questo processo e allo stesso tempo crea nuove forme migratorie: accordi fra gli stati nazifascisti (gli italiani inviati in Germania), rastrellamento di manodopera nei paesi vinti, lavoro forzato (in alcuni casi sino all’esaurimento vitale) di prigionieri militari, politici e civili

L’espulsione dei tedeschi Dopo la sconfitta tedesca, la Conferenza di Potsdam autorizza l’espulsione della popolazione di origine germanica da alcuni paesi dell’Europa centro-orientale. In pratica oltre 12 milioni di persone di origine tedesca devono essere riallocate sui territori occupati dagli Alleati. Contemporaneamente una parte degli abitanti dei paesi invasi dall’Armata Rossa vogliono sfuggire alla morsa comunista, mentre gli ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento vogliono raggiungere gli Stati Uniti o Israele. Tutti, o quasi, arrivano in Italia

Tedeschi espulsi dai Sudeti

Nel dopoguerra

Nel dopoguerra i fenomeni appena ricordati non irrobustiscono soltanto le schiere dei profughi, ma imbastiscono alcune linee di sviluppo. Abbiamo già accennato al problema dei profughi, ma altrettanto vitale è quello degli accordi fra le nazioni. L’Italia, per esempio, ne firma numerosi con stati bisognosi di manodopera (Belgio 1946, Francia 1947, Svizzera 1948, Germania federale 1955). La Germania a sua volta ne sigla anche con Spagna e Grecia (1960), Portogallo (1964) e Jugoslavia (1968)

Lo scambio uomini contro carbone porta a tragedie quali quella di Marcinelle In Belgio, 1956

Da fuori Europa

•  La Germania non firma accordi per importare lavoratori soltanto con stati europei e ricorre pure ad Asia ed Africa (Turchia 1961, Marocco 1963, Tunisia 1965). Imita così quanto realizzato da alcuni stati, ex colonizzatori nella fase della decolonizzazione: Francia e Inghilterra, nonché Spagna, Portogallo, Belgio e Olanda recuperano nei decenni manodopera dello loro antiche colonie

Travasi di popolazione

•  Sia la partenza dall’Europa meridionale verso quella settentrionale, sia l’arrivo di lavoratori asiatici e africani non è una novità, ma aumentano le masse in movimento e soprattutto si creano i percorsi lungo i quali l’Europa e il Nord America diventano i grandi collettori di lavoro legale e clandestino. La nascente comunità europea e gli stati nordamericani si trovano così prima a liberalizzare il mercato della manodopera, favorendone la mobilità, e poi ad erigere barriere, quando i flussi appaiono ingovernabili, oppure è troppo violenta la reazione della società ospitante

Migrazioni in movimento

Non è facile fermare e neanche censire i migranti, anche perché il loro movimento non è sempre facile da prevedere. Un paese può essere il trampolino per un altro: gli italiani sono andati in Belgio per poi passare in Canada o negli Stati Uniti; i polacchi sono arrivati in Italia negli anni 1980 per proseguire verso il Nord America; gli africani arrivano in Italia per entrare nella Comunità europea; i I latino-americani vengono in Italia perché possono averne il passaporto, in quanto discendenti di antichi emigrati, ma poi vogliono andare in Spagna o in Portogallo. Molti infine si sono mossi, per esempio dall’Italia, a causa della recente crisi economica

Fortezza Europa

•  Intanto l’impatto dei rifugiati, che ormai provengono da ogni continente, si abbina per l’Europa a quello di una immigrazione non più pilotata e spesso nutrita di disperazione. A una prima ondata legata agli inizi della decolonizzazione si sono sostituite nuove ondate frutto delle crisi del Terzo Mondo e dell’attrazione del primo. L’Europa sceglie allora di divenire una fortezza e di spostare i suoi bastioni addirittura fuori dai propri confini: in Turchia o in Libia, per esempio. E ai migranti spesso non resta che morire, appena fuori delle mura fortificate, che oggi si vorrebbero costruite sul Mediterraneo