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1 Alzheimer il corpo calloso del cervello come biomaker Obesità riparte la corsa alla pillola anti-obesità Omeopatia mensile medico scientifico come combattere le allergie stagionali M croScopio Medicina Chirurgia Salute&Benessere Nutraceutica Omeopatia Cosmesi Pubblicazione Mensile in abbonamento • Anno I - Num. III - Maggio 2010

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Microscopio - Rivista Medico Scientifica - Maggio 2010. www.microscopionline.it

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Alzheimeril corpo calloso del cervello come biomaker

Obesitàriparte la corsa alla pillola anti-obesità

Omeopatia

mensile medico scientifico

come combattere le allergie stagionali

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Notizie Flash

Alcol responsabile di tumori al senoUno studio della Washington University School of Medicine pubblicato recentemente sulla rivista Pediatrics, ha evidenziato che le adolescenti e le giovani donne che eccedono col consumo di bevande alcoliche sono mag-giormente predisposte a lesioni rappresentate da forme benigne riconducibi-li a tumori al seno che potrebbero trasformarsi nel tempo anche in tumori maligni.

Lo studio è stato condotto tra il 1996 e il 2007 su una popolazione di set-temila adolescenti di età compresa fra i 9 ed i 15 anni ed ha mostrato che nelle giovani abituate a bere molto, tali patologie erano di cinque volte e mezzo superiori rispetto alle loro coetanee astemie o che bevevano in quan-tità moderata.

“Che l’alcol sia un fattore di rischio nelle donne adulte era già noto“, ha spiegato Graham Colditz, autore dello studio, “ma molte iniziano a bere già in adolescenza, proprio quando il tessuto del seno è in rapida formazione, quindi volevamo capire se l’alcol può essere un fattore di rischio anche a questa età, e i risultati l’hanno confermato”.

Per concludere, l’alcol determinerebbe i propri effetti negativi in queste gio-vani donne a causa dei danni che arreca al tessuto in formazione qual è di fatto quello delle adolescenti. Eppure, proprio in quest’epoca, si assiste sempre di più all’evidenza di come si sia drammaticamente abbassata l’età d’ingresso nel mondo dell’alcol da parte di giovanissimi che non solo bevo-no, ma che finiscono con l’ubriacarsi con pericolosa disinvoltura.

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SOMMARIOM croScopio

mensile medico scientifico

Pubblicazione Mensile in abbonamento Anno I - Num. III - Maggio 2010

Direttore EditorialeAntonio Guerrieri

Direttore ResponsabileMauro Piergentili

Capo redattore e coordinatriceCinzia Mortolini

RedazioneStefania Legumi, Caterina Guerrieri, Francesco Fiumarella CollaboratoriPaolo Nicoletti, Marco Nicoletti

Le opinioni espresse impegnano solo la responsabilità dei singoli autori. Tutto il materiale inviato, anche se non pub-blicato, non sarà restituito e resterà di proprietà dell’editore.

OrtopediaX Congresso Nazionale S.I.C.O.O.P pag. 6

Il Paziente Ortopedico pag. 7

RicercaAlzheimer, il corpo calloso del cervello come un biomarkerpag. 12

Tossine vegetali per sconfiggere le leucemie pag. 15

DieteticaRicerca: Riparte la corsa alla pillola anti-obesità pag. 17

OmeopatiaAllergie stagionali e Omeopatia pag. 18

Europa: i principali disturbi allergici pag. 19

Si ringraziaProfessor Eugenio Marasco, Dottor Aniello De Rosa, IRCCS Fondazione Santa Lucia – respon-sabile Ufficio Stampa Flavio Massimo Amadio, Ufficio Stampa CNR, Dottor Umberto Pagotto e Ufficio Stampa Università di Bologna Luigi Valeri, Dottor Arturo Fabra, Dottoressa Anto-nietta Cervo, Dottoressa Anna Pavone

Progetto GraficoMarco Brugnoni - [email protected]

EditoreE.G.I s.r.l.Reg. Tribunale di PerugiaN. 12/2010 del 10/02/2010

Direzione e AmministrazioneE.G.I. s.r.l. Via Hanoi, 2 • 06023 Bastia Umbra (PG) Tel. 075.800.66.05 - Fax 075.800.42.70 [email protected]

Marketing & PubblicitàGuerrieri Antonio, Altea NatalinoTel. 075.800.53.89

StampaProperzio s.r.l - Perugia

PediatriaL’educazione alimentare nel bambino pag. 22

inForma10° congresso di Primaverapag. 23

Centri d’eccellenza nell’Italia del 21° secolo pag. 26

DermatologiaMalattie cutanee di natura allergica pag. 24

CosmesiCollagene pag. 28

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Ortopedia

Coordinatore Scientifico di questo X Congresso Nazio-

nale della Società Italiana Chi-rurghi Ortopedici dell’Ospeda-lità Privata, è il professor Euge-nio Marasco Primario Speciali-sta in Ortopedia Clinica Villa Esther di Avellino.Professor Marasco nel conve-gno “Le innovazioni tecnolo-giche nella Patologia Trauma-tico-Degenerativa Articolare” si parlerà di innovazione nel campo ortopedico e di tecnolo-gie. Quanto le une e le altre se-gnano il progresso nel campo della patologia traumatica de-generativa delle articolazioni?Le innovazioni tecnologiche sono legate ai mezzi che abbia-mo, alle nuove tecniche, alla chirurgia mini-invasiva per in-tenderci, a materiali sempre nuovi. Noi siamo molto legati ad impianti protesici, mezzi di sin-tesi, alle f ibre ottiche per quanto riguarda la chirurgia endoscopi-ca. Con questo congresso si vuol fare il punto delle tecniche che riguardano le patologie più im-portanti, anca, ginocchio, spal-la, mano, piede. L’Ortopedia è un settore medico sempre in evoluzione anche perché il pa-ziente richiede prestazioni fun-zionali sempre maggiori. Tecni-che, nuovi materiali, mini-inva-sività sono fondamentali perché il paziente oggi ha bisogno di risultati eccellenti, bisogna es-sere sempre professionalmente competitivi. Questo convegno “sull’Ospedalità Privata” è ca-ratterizzato dal fatto che molti

X Congresso Nazionale S.I.C.O.O.P“Le innovazioni tecnologiche nella Patologia Traumatico-Degenerativa Articolare” a Castellammare di Stabia dal 6 all’8 maggio Crowne Plaza Hotel, Presidente Emilio Lalla, Clinica Villa Esther Avellino, Nuova Clinica Santa Rita, Benevento, Presidente Onorario Marco Pasquali Lasagni, Coordinatore Scientifico Eugenio Marasco

interventi si fanno nelle Case di Cura che cercano sempre di es-sere all’avanguardia. I tempi di recupero con queste nuove tecnologie sono sempre più brevi? Certo, anche perché il paziente è sempre più giovane c’è quindi l’esigenza di una maggiore pre-stazione.Professor Marasco si parla tanto di farmaci “Condropro-tettori”, sono veramente una terapia di fondo?Certamente, in particolar modo nelle fasi iniziali ma anche dopo un intervento di endoscopia, soprattutto dove ci sono delle micro-lesioni della cartilagine. Sembrerebbe che abbiano un di-screto risultato. É una terapia di appoggio, ci sono quelle situa-zioni borderline in cui l’inter-vento chirurgico diciamo che è un po’ eccessivo, ecco, in questo tipo di terapia questo tipo di far-

maco può portare giovamento.Professore nella presentazione del convegno si sottolinea la professionalità delle strutture private accreditate...Stiamo parlando di privato con-venzionato. Bisogna evidenziare infatti che le persone scelgono queste strutture, non c’è il 118 che li porta. C’è una professio-nalità sempre più accurata del medico, del chirurgo perché se non ci sono risultati i malati non si affidano alla struttura. È sem-pre il paziente che sceglie di es-sere trattato, operato, curato da “quel chirurgo”.

Professor Eugenio MarascoPrimario Specialista in OrtopediaClinica Villa Esther di Avellinotel. 0825 772111 – 0825 772156

intervista a cura di Cinzia Mortolini

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L ’argomento che potrebbe essere da noi sviluppato in tale trat-

tazione è il “Paziente ortopedico”. Negli anni che ci han preceduto fino agli attuali, l’antinfiammatorio l’ha fatta da padrone. Noi, laureati nell’ormai non più vicino 1982, ab-biamo constatato come nell’arco de-gli anni (ne son passati ormai quasi trenta...) che nulla di nuovo è stato proposto dagli informatori di turno: chi con aria di Nuovo Messia a pro-fetar chissacché, chi con velleità di

Il Paziente ortopedicoQuanto si leggerà in questo compendio è quel che esce da un dibattere, nel discutere tra amici, di noi desiderosi all’ascolto dei “perché” del paziente quando ti si pone davanti, alla scrivania, nel tuo studio, luogo dell’officiare quotidiano a lenir le pene altrui

lezione magistrale a propor panacea reale ove accanto ai vari -fenac, -xi-cam, -profene e chi più ne ha avuti più ne ha usati; noi da allora ad oggi abbiamo seguito gli albori dei -ro-lac, -malolo ed in ultimo dei Coxx 2. In primis a proporre con il -brex o il Vioxx: esso dei due già defun-to per risorgere come Araba Fenice dalle sue ceneri in -eterocoxib- (si legga Nostro articolo descritto nel 2001 dopo caduta delle Torri Ge-melle in rivista Focus dell’epoca...).

Noi, si è avuta scuola in quel di Na-poli per Ortopedia e per Fisiotera-pia (erano gli anni ove già balenava l’europeismo attuale, a tal proposi-to si attende responso legale per le due specializzazioni ottenute tra gli anni 1982 e 1991, ne è tutt’ora in corso dibattimento con l’assistenza di Consulcresi Health del foro della capitale). Sotto l’ala protettrice del nostro Maestro, Guida, oltre che di professione, maestro di vita: Il pa-ziente, per noi tutori della salute, è elemento trainante di tutto un si-stema che, non va mai dimenticato, deve avere un rapporto interperso-nale ed interdisciplinare, UMANO. Vero è che la tecnologia ormai ci ha sopraffatti, ma le diagnosi non le fanno né le TAC, né le RMN, né le ECO, né le Scinti – paccotto con cui viene da noi il malcapitato sfortunato per trovare conforto e lenimento delle proprie sofferenze. L’ARTROSI: Parola che rimbomba di continuo nei nostri ambulato-ri, riceve giammai, or come prima, risposta dovuta? Ci piace ricordare quanto si affermava ai corsi seguiti, sia da studente in medicina e poi da novello specializzando, negli anni tra i ‘70 e gli ‘80 (beninteso alla nostra età non si è ancora arrivati ad essere vetusti) con il nostro mai dimenticato Professore, il buon, più volte burbero, Del Torto a cui piaceva definir tale locuzione ”un sovraccarico, vuoi funzionale, vuoi meccanico continuo per le artico-lazioni dovuto al peso – peggio se obesità ...”. Oggi la risposta si vuo-le trovare nel rimaneggiamento e quindi consumo della cartilagine (certamente conviene di più anche

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poter introdurre il tema attuale del-la “visco supplementazione”, tanto cara – alle case produttrici dell’aci-do jaluronico di turno, più o meno costoso – e cara – per le tasche del povero paziente, che per essere ulte-riormente raggirato gli si dice che si sta consumando... la cartilagine, ar-gomento che qui verrà solo sfiorato, potrà essere argomentazione futura ove ne venga richiesta trattazione). Visto quant’è bella la nostra madre-lingua? Usi lo stesso aggettivo e ne esce significato del tutto diverso(!) n.d.r.A Noi piace definirci artigiani del nostro mestiere, ponendo sempre l’uomo davanti a tutto ciò che non è richiesta e mistificazione. Negli in-viti fin ora ricevuti si è sempre svi-luppato tema mai serioso ma usan-do schema di Storia... Romanzata... per gli argomenti richiesti, usando a volte un atteggiamento tra il serio e il faceto, a noi consono per esse-re soggetti cui piace più sorridere, che non (vedi storia Romanzata... sull’Osteoporosi ove si è volutamen-te avuto un atteggiamento distacca-to, quasi sornione, iniziando a de-finirne l’etimologia, dall’Ellenismo significato, vedi Rivista osteo News anno 1, Num.2 al sommario Reda-zione Regionale).Certamente non si ha velleità di as-surgere a vena poetica sublime del compianto Professor Buccafusca, ma certamente almeno aprire uno spiraglio nella letteratura scientifica e non, che vuol trattare di Ortope-dia; come quella di cantore – scritto-re ad argomento Romanzato, come d’altronde è la nostra vita... ove ogni giorno si rivisita quanto i nostri Avi abbian già provato, a rivisitar quasi ciò che profferiva il Mimnerno nei suoi αναϰυϰλοsiϚ o il G. B. Vico nei corsi e ricorsi storici ripresi in era illuministica. (Ne furon appunti dettati al liceo da tal Professor Cer-velli estroso ellenista...)Forse siamo usciti un po’ fuori

tema; per ritornare a parlar d’Artro-si qualcosa di nuovo abbiamo letto qualche tempo fa in un articolo a firma del Professor Silvano Adami su (Reum. 2001-53(1):18,20). L’Au-tore da noi conosciuto di persona in quel di Valeggio sul Mincio nel no-stro girovagare, quasi da nomade a discernere il sapere, per un corso di qualche anno fa, su argomentazioni di Osteoporosi (anch’esso di possi-bile trattazione futura); Il professore ha voluto descrivere come l’Artrosi venga considerata dal punto di vi-sta eziologico multifattoriale con-correndovi elementi eredo familiari (Artrosi primarie), flogistici (Artrosi in corso di Artriti) o meccanici (Ar-trosi da abuso articolare). A tal pro-posito va puntualizzato quanto noi italiani affermiamo a confronto con i nostri amici anglosassoni che par-lano sempre di Artrite; al contrario noi, come ivi si è proposto, usiamo i termini di Artrosi ed Artriti spie-gandone i motivi come appunto si è fatto poc’anzi. Ritorna alla mente quando pure avea proposto il Del Torto Ugo. Essa vien descritta ed identificata per la perdita di carti-lagine articolare e la riduzione del-lo spazio articolare cui fan seguito alterazioni a carico della Sinovia, della capsula articolare e soprattut-to del tessuto osseo periarticolare. Per la patogenesi lo stesso autore ne definisce il consumo/erosione della cartilagine come l’unico vero even-to patogenetico cui fan seguito tutti gli altri eventi. Gli stessi possibili a riepilogare su: danno meccanico/ invecchiamento – flogosi – dege-nerazione cartilaginea (Osteopo-rosi- sclerosi sub condrale) deficit funzionale - dolore. Ma un ruolo patogenetico importante, e forse questa è l’argomentazione nuova, è quello attribuibile alla reattività del tessuto osseo sottostante la cartila-gine articolare. A noi piace prenden-do ad esempio il ginocchio, quanto accade a questa articolazione, specie

se presenta Varismo - come d’al-tronde è per frequenza più rilevan-te dell’opposto Valgismo - (sono le forme a Taralluccio su l’opposto a quelle ad x – ics – per usare afori-smi spesso presenti nel linguaggio di noi... Napoletani). La definiamo la componente dell’Emirima me-diale con un carico almeno del 70% rispetto a quella laterale (l’inverso succederebbe nel Valgismo). E’ per noi intesa come “Mensola di carico” con l’osso ivi ad essa sottostante, cioè quello tibiale mediale epifisa-rio, sub-condrale sottoponentesi ad ispessimento:il danno cartilagineo e l’eburneizzazione subcondrale – ap-punto – sembrano procedere in pa-rallelo; anche la sequenza temporale non è stata mai studiata in detta-glio. Certamente è noto che è l’osso sub-condrale e non la cartilagine ad assorbire la maggior parte dell’im-patto da carico e le micro fratture Trabecolari sono state associate al primo comparire dell’Artrosi, con una prevalenza crescente con l’età. Uno spinoso aumento del riassorbi-mento osteoclastico è stato osserva-to nell’osso sub-condrale asportato per artroprotesi dell’anca. Più di recente Mansell e Bailey hanno os-servato che nell’osso sub-condrale – ed in modo particolare in quello più prossimo al margine cartilagineo di soggetti con grave Coxartrosi – la produzione di collagene di tipo 1 e l’attività -Alcalino -Fosfatasica sono aumentate di 10-50 volte rispetto alla norma. In soggetti in accre-scimento i microdanni ricevuti da un carico esagerato determinano l’allargamento del piatto epifisario ed il suo riallineamento rispetto ai carichi prevalenti, con conseguente miglioramento omeostatico della resistenza agli stress meccanici.Alla luce di quanto detto, lo sforzo per identificare una possibile tera-pia di fondo dell’Artrosi si è sempre concentrata su sostanze con poten-ziale attività “Condroprotettrice”.

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Premesso che l’uso dei FANS non e stata la panacea di questo spino-so argomento, forse l’uso corrente di sostanze quali la glucosamina, il Condroitin Solfato, il Collageno, l’MSM, l’Ornitina etc. cioè tut-to quanto riesca ancora a curare le articolazioni prima di prendere in considerazione l’eventuale sostitu-zione chirurgica, ove mai, le no-stre povere giunture siano arrivate al capolinea... della funzione. Noi, come si diceva non si è interventisti per forza, ma quando occorre è essa la strada maestra. Nel nostro mon-do si fanno troppe protesi; invece deve essere precisa l’indicazione, ed

il risultato sarà quello atteso, il ri-sultato non sarò quello sperato, con-seguenza diretta, per l’indicazione ad operarsi ricevutane, errata. Per stilare una classifica di frequenza e di numeri per casi osservati e cioè: un’anca – un ginocchio – una spal-la – un gomito – una caviglia e per finire alle piccole articolazioni si po-tranno pure sostituire ma saranno ben... usate... dal paziente se per esse ne era giusta l’indicazione – quante volte vengono da Noi gli “operati” e non… camminano... eppure chi aveva fatto... la sua opera d’arte... aveva loro detto “tutto a posto”- a posto che cosa? Forse l’RX. Noi

in tal caso si è coniato il detto “sì bella la protesi, ma tale a guardar-si solo in radiografia, NON idem per istrada... Il povero malcapitato non deve diventare un numero delle 10.100.1000 protesi ed ingrandir la casistica di questo o quel Professore. Da qualche anno si collabora con l’amico Professor Giuliano Cerul-li in quel di Perugia e/o di Arezzo quasi a far che il tempo non si sia fermato, a rifiorir seconda giovi-nezza al confronto di quando negli anni ‘80, come già dinanzi riferito, frequentammo la Clinica Ortope-dica in quel di Napoli, allora in-contrando, ed ora reincontrando, l’uno (nostro Maestro Professor G. Guida) che l’altro (il Cerulli amico, fratello maggiore) entrambi aperti al viver scientifico – mai abbastan-za da Noi conosciuto, sol per una goccia dell’Oceano immenso… che è il SAPERE entrambi accomuna-ti da Umiltà – da Umanità verso il paziente, da considerarsi sem-pre l’elemento cardine del nostro operato – con immensa ed intensa disponibilità al lavoro, sempre con l’orecchio e lo sguardo attento alle richieste di chi soffre, onde aiutare lo stesso... a rialzarsi – ne è proprio il caso, per noi operatori preposti acché il paziente non debba invece esser abbandonato al suo destino; per dirla in sintonia con questo tem-po pasquale, a veder Nostro Signore sull’irto Golgota ove cadde, ricad-de, e poi... giacque; per il paziente invece a rialzarsi. Oggi nell’era ove la chimica la fa padrone... a spalla... con la tecnolo-gia; la farmacologia, sua, della pri-ma destinataria, deve essere per Noi d’ausilio acché chi soffra si senta protetto – aiutato – sorretto, e mai dimenticato – trascurato, obliato.

Dottor Aniello De RosaAsl Na 3 sudCastellammare di Stabia NA

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Nuovo passo avanti nella cono-scenza dei meccanismi neu-

rodegenerativi che sono alla base della malattia di Alzheimer. Grazie ad uno studio tutto italiano si sono potute evidenziare le progressive modificazioni che subisce il corpo calloso del cervello nelle persone colpite da forme iniziali di demen-za (Mild Cognitive Impairment o MCI) e successivamente da Alzhei-mer di grado lieve. Il corpo calloso è il fascio di sostanza bianca più gran-de presente nel cervello umano e le fibre che lo compongono collegano formazioni corticali dei due emisfe-ri perlopiù omologhe, cioè con la stessa funzione. I risultati scientifici scaturiti da questa ricerca potranno avere una ricaduta in ambito clini-co, poiché offrono la possibilità di avvalersi dell’osservazione del corpo calloso come di un “biomarker” del cambiamento cerebrale che avviene durante tutto lo sviluppo dell’Al-zheimer: dalla fase preclinica (la MCI) a quella di demenza di grado lieve, fino a quella di grado più se-vero.A coordinare la ricerca, pubblicata sull’importante rivista internazio-nale Neurology, è stata la neuropsi-cologa Margherita Di Paola*, giova-ne ricercatrice presso il Laboratorio di Neurologia Clinica e Compor-tamentale** dell’IRCCS Fondazio-ne Santa Lucia di Roma e presso il Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica della Facoltà di Medicina dell’Università de L’Aquila. Al la-

Alzheimer, il corpo calloso del cervello come un biomarker: si modifica progressivamente a partire dalla fase precoce

Studio coordinato dalla Fondazione Santa Lucia e pubblicato su Neurology

Grazie alle più recenti tecniche di Risonanza Magnetica se ne potrà evidenziare il decorso

voro scientifico hanno collaborato il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Roma Tor Ver-gata e la Clinica della Memoria di due nosocomi della Capitale: il San Camillo-Forlanini e il San Giovan-ni Addolorata. Il progetto si è svolto sotto la supervisione del prof. Car-lo Caltagirone, Direttore Scienti-fico della Fondazione Santa Lucia, coadiuvato Gianfranco Spalletta, psichiatra dello stesso Istituto spe-cializzato nella riabilitazione neuro-motoria. Da circa venti anni si studia con in-teresse il corpo calloso nei soggetti affetti da Alzheimer ma l’omoge-neità dei pazienti è stato un aspetto spesso trascurato nella letteratura scientifica, a causa della difficoltà di recuperare gruppi numerosi di

individui caratterizzati dalla stessa fase della malattia. La novità nel lavoro dei ricercatori romani è di aver indagato gruppi di pazienti omogenei e suddivisi per severità di patologia, applicando due tra le più recenti tecniche di Risonanza Ma-gnetica strutturale: la Voxel Based Morphometry e il Diffusion Tensor Imaging. Proprio la suddivisione dei pazienti in gruppi omogenei è stata la premessa per mettere in luce la presenza di due processi di dege-nerazione della sostanza bianca del corpo calloso, individuando dove e come questo subisce cambiamenti durante il corso della malattia.In particolare, lo studio ha messo in evidenza una precoce modificazio-ne delle porzioni anteriori del corpo calloso nei pazienti con MCI am-

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Alzheimer, il corpo calloso del cervello come un biomarker: si modifica progressivamente a partire dalla fase precoce

Studio coordinato dalla Fondazione Santa Lucia e pubblicato su Neurology

Grazie alle più recenti tecniche di Risonanza Magnetica se ne potrà evidenziare il decorso

nesico: questi soggetti presentano, generalmente, una compromissio-ne lieve della memoria, associata o meno a quella di un’altra funzione cognitiva ma sempre senza compro-missione globale e con conservazio-ne della capacità di condurre le atti-vità della vita quotidiana. Quando tale patologia evolve in malattia di Alzheimer di grado lieve, avvengo-no modificazioni anche nelle por-zioni posteriori del corpo calloso. A questo cambiamento sembrano contribuire due meccanismi: il pro-cesso di retrogenesi e la degenera-zione Walleriana.La retrogenesi è un processo di de-generazione che colpisce primaria-mente la sostanza bianca e che si può manifestare nella regione an-teriore del corpo calloso dove sono presenti fibre che mielinizzano tardi nel corso dello sviluppo cerebrale; secondo questo processo, infatti, è proprio tale tipo di fibre quello più suscettibile di andare incontro ad una degenerazione. La degenerazione Walleriana invece colpisce secondariamente la sostan-za bianca e si manifesta soprattut-to nelle regioni posteriori del corpo calloso. In tale processo la degenera-zione delle fibre sarebbe secondaria alla morte dei neuroni presenti nella corteccia cerebrale. Quindi, ad una atrofia cerebrale (con conseguente sofferenza neuronale) conseguireb-be una degenerazione delle fibre che da quei neuroni si originano. Nella parte posteriore del corpo calloso si

proiettano le fibre che originano dai neuroni della corteccia dei lobi tem-porali e parietali: tali cortecce sono proprio quelle che si atrofizzano più precocemente nella malattia di Al-zheimer.“Il cambiamento del corpo calloso – sottolinea la dottoressa Margheri-ta Di Paola - è una caratteristica mi-surabile e valutabile obiettivamente. Tale misura, può fornire informa-zioni riferibili a processi biologici normali o alla presenza di processi patogeni, ad un costo relativamente contenuto, quello di una risonanza magnetica, esame ormai entrato ap-pieno nella routine diagnostica”. Questa ricerca, condotta interamen-te in Italia, rappresenta un’impor-tante evoluzione di un precedente progetto nato dalla collaborazio-ne tra la Fondazione Santa Lucia e il Laboratorio di NeuroImaging dell’UCLA School of Medicine di Los Angeles negli USA che pochi mesi fa aveva già prodotto altri inte-ressanti risultati scientifici.

Fondazione Santa LuciaIstituto di ricovero e cura a carattere scientificoOspedale di rilievo nazionale e di alta specializzazione per la riabilitazione neuromotoriaIRCCS Fondazione Santa LuciaVia Ardeatina 30600179 Roma Tel. 39 06.50.32.073Fax 39 065032097www.hsantalucia.it

Flavio Massimo AmadioResp. Ufficio Stampa [email protected]

* Margherita Di Paola è laureata in Psicologia presso l’Università de-gli Studi di Palermo e specializzata in Neuropsicologia presso l’Univer-sità di Roma La Sapienza. Dal 1999 lavora nel campo delle Neuroimma-gini applicate allo studio dei cam-biamenti cerebrali nelle patologie neurodegenerative. Membro di so-cietà scientifiche internazionali, ha numerose collaborazioni con altri istituti di vari paesi ed è autrice di ricerche sul cambiamento del corpo calloso in differenti patologie, pub-blicate su primarie riviste scientifi-che.

** Il Laboratorio di Neurologia Cli-nica e Comportamentale dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia, diretto dal professor Carlo Caltagirone, è fo-calizzato principalmente ai deficit neurologici: diagnosi funzionale, ricerca degli indici predittivi di ef-ficacia riabilitativa, individuazione delle metodiche innovative per la diagnosi, riabilitazione. Attualmen-te vi lavorano circa 20 ricercatori con differenti competenze profes-sionali: neurologi, psichiatri, ra-diologi, biologi, psicologi e fisici. Il Laboratorio ha instaurato numerose collaborazioni in ambito nazionale ed internazionale.

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È una speranza concreta per la terapia dei tumori. Studiosi

del gruppo di ricerca anglo-italiano RICG, Recombinant Immunotoxin Collaborative Group, di cui fa parte anche l’Istituto di biologia e biotec-nologia agraria del Consiglio na-zionale delle ricerche (Ibba-Cnr) di Milano, utilizzando le tecniche del DNA ricombinante hanno ottenuto l’espressione di molecole ibride che veicolano selettivamente l’attività tossica di saporina contro le cellu-le tumorali, uccidendole. I risultati sono stati illustrati su Faseb Journal, la rivista della Federazione america-na di scienze sperimentali.“Le molecole ibride”, spiega Aldo Ceriotti, dell’Ibba-Cnr di Milano, “sono state create unendo saporina, una tossina vegetale identificata in origine nei semi di Saponaria offi-cinalis, a un frammento proteico che serve ad indirizzare la tossina verso le cellule tumorali. Quando la molecola ibrida entra nella cellula bersaglio, la sintesi delle proteine si arresta e la cellula viene così elimi-nata”. Il network RICG, con i suoi labo-ratori del Cnr di Milano, delle Uni-versità di Verona e dell’Aquila e del Southampton General Hospital, collabora dal 2005 - grazie al finan-ziamento dalla fondazione no profit inglese ‘Leukaemia Buster’ di David e Bee Flavell - per sviluppare farma-

Tossine vegetali per combattere le leucemie

Prodotte con metodologie innovative - oggetto di una richiesta di brevetto europeo - molecole ibride in grado di uccidere cellule tumorali senza danneggiare quelle sane. La scoperta, ad opera anche dei ricercatori dell’Ibba-Cnr, porterà a una fase di studio pre-clinico per confermarne l’efficacia terapeutica. Parte di questo lavoro di ricerca è stato pubblicato su Faseb Journal.

ci antileucemici basati su anticorpi ricombinanti, in grado di indiriz-zare le tossine contro le cellule leu-cemiche senza danneggiare quelle sane. “Un approccio molto diverso dalla chemioterapia convenzionale”, prosegue Ceriotti, “che il gruppo sta sviluppando contro particolari tipi di leucemie e linfomi, diffusi in età sia adulta sia pediatrica. Analoghe ricerche negli Usa hanno già porta-to alla registrazione, da parte della Food and Drug Administration, di una molecola ibrida contenente la tossina difterica per il trattamento di T-linfomi”. Già una decina d’anni fa alcuni ri-cercatori RICG avevano espresso una molecola di fusione tra sapori-na e il dominio di legame ATF, in grado di legare recettori dell’urochi-nasi umana coinvolti nella metasta-si di diversi tumori. “Purtroppo le proteine produttrici di tossine vei-colate verso cellule tumorali erano in grado di uccidere anche le cellule eucariotiche usate per produrle”, ag-giunge Serena Fabbrini (Ibba-Cnr). “Oggi invece le nuove fusioni sono state prodotte con successo in cel-lule di lievito, utilizzando metodo-logie innovative: il microrganismo eucariote utilizzato, Pichia pastoris, è un lievito che è stato già usato per esprimere numerose proteine con attività terapeutica e che si presta a processi di fermentazione in larga

scala con costi contenuti”. Lo sviluppo di un sistema di espres-sione in Pichia pastoris adatto per produrre proteine di fusione in cui saporina è indirizzata verso speci-fiche popolazioni cellulari, quali le tumorali, è oggetto di una richiesta di brevetto europeo. “Questa tecno-logia”, conclude Ceriotti, “apre la possibilità di utilizzare i lieviti come bioreattori in larga scala per la pro-duzione di questo tipo di molecole e permetterà di dare inizio a studi pre-clinici per confermarne l’effica-cia terapeutica”.

Ufficio Stampa CnrMaria Teresa [email protected] Capo ufficio StampaMarco [email protected]

Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibba-Cnr) di MilanoPer informazioni: Aldo Ceriotti, Ibba-Cnr Referenze: (Lombardi et al. “Pichia pastoris as a host for secretion of to-xic saporin chimaeras”, FASEB J. vol. 24, pp. 253-265, 2010).

Ricerca

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Dietetica

P illola anti-obesità di nuovo in pista, ma stavolta senza dare

alla testa. Dopo la delusione del Rimonabant, promessa mancata di elisir di magrezza che riduceva sì il peso in eccesso (del 10% in media) ma col rischio di incorrere in ansia e depressione, e per questo ritirato dal mercato nel 2008, una nuova ricerca internazionale a guida ita-liana riapre i giochi e riaccende le speranze. In ballo, non solo i chili di troppo di oltre 4 milioni di con-nazionali obesi (16 quelli sovrap-peso), ma anche un folto corredo di seri problemi di salute stretta-mente correlati all'obesità, quali diabete, pressione e colesterolo alti e, a lungo andare, infarto e ictus. Nuovi farmaci anti-grasso simili al Rimonabant, si è infatti scoperto, potrebbero risultare pienamente ef-ficaci anche senza agire sul cervel-lo, ma solo sul resto del corpo. O almeno così accade nei topi, come dimostra una ricerca coordinata da Uberto Pagotto, endocrinologo dell'Università di Bologna, e pub-blicata sull'ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica Cell metabolism. "Il risultato segna un punto di svolta - spiega Pagotto -. Senza azione sul cervello, si elimi-na infatti il problema degli effetti collaterali sulla psiche. Si tratta quindi di usare farmaci che non vi penetrino, come quelli recente-mente sviluppati e già testati con successo sugli animali. Se si di-mostrano validi anche sull'uomo il gioco è fatto. Dopo il ritiro, un mese fa, anche dell'altro importan-te principio attivo in campo contro l'obesità, la sibutramina, la novità risulta ancora più interessante".Pagotto e colleghi - un network europeo di scienziati (una ventina gli italiani, alcuni dei quali stabil-

Ricerca: Riparte la corsa alla pillola anti-obesità"Efficace anche senza dare alla testa". Studio Italiano su Cell Metabolism

mente all'estero) - hanno simulato l'azione anti-grasso di farmaci si-mili al Rimonabant su una popo-lazione di circa 180 topi. Li hanno divisi in quattro gruppi: uno ha continuato a seguire una dieta ma-gra, come gruppo di controllo, gli altri tre una dieta super-calorica. Di questi, il gruppo che non ha virtualmente assunto alcun farma-co ha aumentato del 30 per cento il grasso corporeo, mentre gli altri due, sia quello che simulava l'assun-zione di farmaci ad azione anche cerebrale, che quello che simulava l'assunzione esclusivamente perife-rica, hanno mantenuto il peso ini-ziale, senza scostarsi da quelli a die-ta magra, nonché livelli più conte-nuti di colesterolo (-27%), glicemia (-28%) e trigliceridi (-50%). Da qui la dimostrazione che l'efficacia del-le molecole anti-grasso non è solo legata all'azione encefalica, ma può manifestarsi anche a livello perife-rico, interagendo con le termina-zioni nervose del tessuto adiposo, del fegato e dei muscoli.Si parla di simulazione perché gli scienziati, a dire il vero, non hanno fatto ricorso a farmaci, ma a topini

geneticamente modificati, apposi-tamente generati nei laboratori di Bordeaux da Giovanni Marsica-no e di Magonza da Beat Lutz, e studiati presso il Centro di ricerca biomedica applicata del policlini-co Sant'Orsola di Bologna, presso la cui Unità operativa di endocri-nologia sono attivi Pagotto e altri studiosi. "Alcuni di noi - ricorda il ricercatore - si sono conosciuti anni fa lavorando al Max Planck Insti-tute di Monaco di Baviera, e anco-ra adesso collaboriamo a distanza grazie a finanziamenti dell'Unione europea".Le molecole per perdere peso come il Rimonabant, agiscono su dei re-cettori del sistema nervoso, disatti-vandoli. L'intuizione alla base dello studio è stata quella di utilizzare to-pini concepiti in partenza per non possedere tali recettori. E' così che si è visto che i roditori che non li avevano in testa, rimanevano ma-gri quanto quelli che ne erano privi sia in testa sia nel resto del corpo, mentre quelli che li avevano ovun-que ingrassavano vistosamente.I ricercatori in realtà hanno fatto molto di più. Sono riusciti non solo

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Dietetica

a localizzare le zone del corpo a cui agiscono i medicinali, ma anche a spiegarne il meccanismo di azione. L'efficacia di Rimonabant e mole-cole cugine non sembra tanto do-vuta al contenimento dell'impulso a mangiare, come fino a qualche tempo fa si credeva, quanto ad un maggior dispendio energetico a li-vello degli organi periferici. L'azio-ne è sul metabolismo energetico, e sul consumo di calorie. In partico-lare, hanno osservato gli scienziati, i topini che rimanevano magri no-nostante la dieta iper-calorica, ten-devano ad accumulare meno grasso bianco (quello più persistente) e a bruciare più grasso bruno (che offre energia immediata). Questo secon-do tipo di grasso è più abbondante negli animali, ma recenti studi ne hanno evidenziato l'importanza anche negli uomini. La rilevazione è stata possibile grazie all'impiego di avanzate e costose apparecchia-ture presso il policlinico di Bolo-gna tra cui una micro-Tac e una micro-Pet per piccoli animali che hanno consentito di misurare il grasso e di rilevare la sua trasfor-mazione in energia.Il recettore assente nei topolini della sperimentazione e disattivato dai farmaci anti-grasso è chiamato cb1, e fu lo stesso Pagotto nei primi anni 2000 a dimostrare la sua pre-senza non solo nel cervello ma an-che in alcuni organi specifici. Cb si riferisce agli endocannabinoidi, le sostanze cui è sensibile. Queste sostanze, prodotte naturalmente dal nostro organismo, sono così chiamate perché sortiscono un ef-fetto simile a quello del principio attivo della canapa indiana: rilas-samento, benessere, propensione alla voluttà e acuto stimolo a man-giare. Nonostante le loro proprietà benefiche - un altro recentissimo studio dell'Università di Bologna su The Journal of Biological Che-mistry, ad esempio, mette in luce il

loro ruolo nello sviluppo cerebrale - rappresentano i maggiori indiziati per lo sviluppo di grasso in ecces-so, soprattutto quello distribuito tra i visceri dell'addome: il grasso che fa male. E non è un caso che i soggetti obesi a rischio di infarto e ictus, quelli con tanto grasso nella pancia, presentino più alti livelli di endocannabinoidi nel sangue ri-spetto a persone magre e ad obesi con grasso solo su cosce e glutei. Per questo, bloccare gli endocanna-binoidi sembra sia d'efficacia non solo sull'obesità ma anche sulle tue temibili complicanze cardiovasco-lari. Dimostrato che la partita non si gioca nel cervello, ma a livello delle innervazioni periferiche, che regolano muscoli, fegato, grasso e pancreas, le speranze sono ora ri-sposte, secondo gli endocrinologi di Bologna, nei farmaci anti-grasso che, a differenza del Rimonabant, non entrano nel cervello, protetto da una speciale e compatta mem-brana, impermeabile a molte mo-lecole, che ne riveste internamente i vasi sanguigni (barriera emato-encefalica). Sarà su di essi che si concentreranno ora le attenzione dei ricercatori.

Il teamGiovane l'età media del team inter-nazionale responsabile dello studio. Insieme al coordinatore Uberto Pa-gotto, cinque giovanissimi biotec-nologi italiani. Il primo firmatario, Carmelo Quarta, classe '82, che ha materialmente prodotto tra l'altro l'importante risultato tecnologico con Pet e Tac sui topi, sarà per que-sto premiato a fine aprile a Praga, nell'ambito del 12° Congresso eu-ropeo di endocrinologia. A seguire la lista completa dei nomi: Carme-lo Quarta, Luigi Bellocchio, Gia-como Mancini, Roberta Mazza, Cristina Cervino, Luzie J Braulke, Csaba Fekete, Rocco Latorre, Cri-

stina Nanni, Marco Bucci, Laura E. Clemens, Gerhard Heldmaier, Masahiko Watanabe, Thierry Le-ste-Lassere, Marlène Maitre, Laura Tedesco, Flaminia Fanelli, Stefan Reuss, Susanne Klaus, Raj Ka-mal Srivastava, Krisztina Monory, Alessandra Valerio, Annamaria Grandis, Roberto De Giorgio, Re-nato Pasquali, Enzo Nisoli, Danie-la Cota, Beat Lutz, Giovanni Mar-sicano, and Uberto Pagotto.

L'Italia sulla bilanciaIn Italia è obeso circa il 10 per cen-to degli adulti (oltre 4 milioni di persone) mentre il 34 per cento è in sovrappeso (circa 16 milio-ni). Non si tratta solo di un fat-tore estetico, bensì di un fenome-no cor-r e l a t o ad una serie di disturbi che si manifestano con aumentata frequenza nei sogget-ti obesi (la mortalità aumenta del 45%). Nei paesi occidentali il co-sto socio-economico dell'obesità è tra il 2 e l'8 per cento della spesa sanitaria.

Riferimenti studio: "CB1 signalling in forebrain and sympathetic neu-rons is a key determinant of endocan-nabinoid actions on energy balance", Cell Metabolism, 7 aprile 2010, by Uberto Pagotto et al.

Per approfondimenti: Dr. Uberto Pagotto [email protected]

Uff. stampa: Luigi Valeri, tel. +39 051 2099 232 [email protected]

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Omeopatia

Non tutti vivono l ’arrivo del-la primavera con allegria.

Infatti per qualcuno la nuova stagione rappresenta il ritor-no puntuale di un problema: l ’allergia. Almeno dal dieci al quindici per cento della popo-lazione italiana ( circa 7 milioni di persone ) è colpita da feno-meni allergici. L’allergia è una reazione di difesa eccessiva del sistema immunitario di fronte a sostanze considerate errone-amente nocive. L’errore avviene nella prima fase di confronto tra sostanza e sistema immu-nitario, quest’ultimo non solo viene riconosciuta come non compatibile con l ’organismo ma la reazione ad essa è anche spro-positata. Le sostanze allergiche entrano in contatto con l ’or-ganismo soprattutto attraverso l ’aria respirata, i più comuni e noti sono i pollini delle piante e delle erbe presenti nell ’aria da metà gennaio a f ine settembre. L’allergia può interessare tutte le persone a qualsiasi età e sen-za differenze di sesso; si mani-festa principalmente con questi sintomi. Sintomi nasali: star-nuti ripetuti, secrezioni acquo-se nasali, naso chiuso, prurito. Sintomi oculari: prurito, arros-

Allergie stagionali e Omeopatia

samento, gonfiore, lacrimazio-ne, fastidio alla luce. Sintomi respiratori: senso di mancanza d’aria, tosse di origine irritati-va, respiro affannoso e accor-ciato. Sintomi cutanei: prurito, gonfiori, arrossamenti, ponfi. Sintomo frequente in tutti: la stanchezza e l ’irritabilità. Tut-ti i sintomi possono presentar-si singolarmente o variamente associati nei casi più gravi, so-prattutto in quelle persone che presentano allergie stagionali da molti anni può comparire l ’asma bronchiale. L'omeopatia è un metodo di cura olistico, alternativo e com-plementare. Olistico, nel senso che considera la persona nella sua totalità f isica, emotiva e mentale; alternativa, in quanto la metodologia di cura è total-mente diverso da quella offer-ta dalla medicina tradizionale; complementare, poiché, nono-stante si opponga totalmente alla medicina convenzionale, può essere applicata in associa-zione a questa. La persona con allergia quindi viene considera-ta nella sua unicità e totalità. Non viene considerato solo il tipo di allergia ma soprattutto vengono presi in considerazione

i sintomi strani, rari e peculiari della persona durante l'attacco di allergia cercando inoltre di capire dove e per quale moti-vo il sistema immunitario è in disequilibrio. Sarà quindi pos-sibile che a tre pazienti che si presentano con la stessa allergia da parietaria, per esempio, ver-ranno prescritti tre rimedi di-versi. Dal punto di vista omeopatico le allergie sono disturbi cronici, per cui è vivamente sconsigliata l'auto-medicazione. Come abbiamo già detto uno stato allergico è una risposta esagerata dell ’organismo a so-stanze normalmente presen-ti nell ’ambiente ma che per la maggior parte degli individui sono del tutto innocue. Quan-do un soggetto allergico entra in contatto con una di queste sostanze, chiamate ‘allergeni’, il suo sistema immunitario re-agisce come se fosse aggredito da un pericolosissimo nemico. I mastociti, le cellule di difesa, liberano quindi istamina che scatena nell ’organismo la rispo-sta allergica e tutti i sintomi che abbiamo elencato sopra.

Il trattamento omeopatico dell ’allergia può avvenire in due modi:

1. Somministrare il rimedio omeopatico più idoneo alla ma-nifestazione ‘acuta’ dello stato allergico, non tenendo quindi in considerazione la persona nella sua totalità ma interve-nendo considerando i sintomi con i quali l ’individuo manife-sta la sua sensibilità.

2. Il trattamento costituziona-le, che invece tiene conto della persona nella sua totalità.La somministrazione del rime-

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Omeopatia

dio in fase acuta dell ’episodio allergico non garantisce la ‘cura’ della persona ma senza dubbio rappresenta un’ottima alterna-tiva ai farmaci convenzionali (antistaminici, cortisonici, ecc). Il trattamento costituzionale è consigliabile quando lo stato al-lergico non sia in corso e porta alla cura permanente dell ’aller-gia. I tempi di cura sono diver-si, variano a seconda del singolo individuo. Alcune volte richie-de due o tre stagioni, altre volte si può ottenere un risultato sor-prendente nell ’arco di una sola

stagione. Inoltre ad ogni stagio-ne può essere necessario som-ministrare un rimedio comple-tamente diverso dal precedente, ecc. Alcuni dei rimedi più co-muni ad esempio sono Allium Cepa nelle riniti con abbondan-te produzione di muco f luido; Apis Mellif ica quando il sinto-mo centrale è rappresentato dal gonfiore; Arsenicum Album per tosse e starnuti che compaiono in attacchi parossistici; Euphra-sia per i sintomi che riguardano gli occhi. Tuttavia va ribadita l ’importanza di sottoporsi ad

L a suscettibilità genetica e l’espo-sizione agli allergeni sono gli in-

gredienti necessari per l’insorgenza dei disturbi allergici nei bambini. Infatti, mentre i fattori genetici predispon-gono i bambini all’asma, l’evidenza scientifica ha dimostrato che diversi fattori ambientali – quali fumo pas-sivo, cattiva qualità dell’aria all’aperto o in luoghi chiusi, il clima e alcuni allergeni – contribuiscono all’insor-gere dei disturbi allergici. Una vol-

una visita omeopatica per poter ricevere un trattamento perso-nalizzato, e soprattutto mani-festando all ’omeopata qual è lo scopo che ci pref iggiamo nella consultazione: iniziare una te-rapia che porti alla scompar-sa dell ’allergia, integrare con l ’omeopatia una terapia medica con farmaci tradizionali o sem-plicemente risolvere una serie di crisi acute davvero insopporta-bili.

Dr. Arturo Fabradiplomato presso

la S.I.M.O.H

ta che il disturbo si stabilizza, questi fattori possono attivarne i sintomi. Ciò suggerisce un’interazione tra fat-tori genetici e ambientali. Le allergie generalmente si riferiscono ad una condizione o malattia associata alla presenza specifica di anticorpi IgE. La manifestazione di un disturbo allergi-co avviene nella maggior parte dei casi prima dei 4-5 anni di età, dopo i quali l’incidenza diminuisce rapidamente. Inoltre, la gamma dei sintomi varia

con l’età. Nella prima infanzia, si ha una sensibilizzazione soprattutto verso il latte di mucca e le proteine dell’uovo. In età prescolare e scolare diventa più frequente la sensibilizzazione agli acari della polvere, ai peli di gatto e ad altri allergeni presenti in luoghi chiusi. In età scolare con picchi nell’adolescenza aumentano le riniti allergiche stagio-nali (febbre da fieno) e la sensibilizza-zione alle allergie da polline. Recen-temente, l’inquinamento atmosferico urbano è stato sempre più incriminato come uno dei potenziali agenti causali o aggravanti. Altri possibili fattori alla base dell’aumentata prevalenza inclu-dono sensibilità dovuta all’etnia, classe sociale, numero di membri della fami-glia e abitudine al fumo della madre. Uno dei disturbi più frequenti è l’asma, un’infiammazione cronica del-le vie respiratorie che, negli individui suscettibili, causa episodi ricorrenti di sibili, mancanza di respiro, costrizione toracica e tosse, specialmente durante la notte e/o nel primo mattino. Due terzi dei bambini asmatici diventano asintomatici prima dell’età scolare.

Fonte: Organizzazione Mondiale della Sanità Europa

Europa: i principali disturbi allergici

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Dottoressa Cervo quanto agiscono i fattori ambientali e nutrizionali nelle patologie allergiche e non del bambino?Tantissimo. Un bambino su tre ha problemi di difese immunitarie so-prattutto per quanto riguarda la loro reattività alle forme allergiche sia nu-trizionali, sia respiratorie. Ho in cura 1300 bambini e specialmente in que-sta zona dell’Agro Nocerino Sarnese dove c’è molta umidità, molto inqui-namento ambientale e atmosferico la patologia che in questo momento sta al primo posto è data da inquinamen-to ambientale e nutrizionale. I polivi-

L’educazione alimentare nel bambinoLa Dottoressa Antonietta Cervo, Pediatra, sottolinea l’importanza della prevenzione dalle cattive abitudini alimentari, origine della sempre crescente obesità. Una dieta sana, genuina, fin dallo svezzamento del bambino è garanzia di una crescita equilibrata, di benessere fisico e psichico

taminici a gocce e a sciroppo fanno sì che i bambini affrontino tutto questo molto meglio ma bisogna intervenire con l’anti-staminico o un pro-dotto come a base di echinacea, complesso B e complesso C. Nei bambini queste so-stanze agiscono come una barriera, sia sulle difese immunitarie ma anche rispetto agli inquinanti ambien-tali. I bambini che lo prendono costan-temente reagiscono meglio a tutta questa patologia allergica. C’è Dottoressa una correlazione tra la nutrizione e lo sviluppo cerebrale,

emozionale del bambino?Sì, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione al seno materno, sia per la nutrizione, sia per il lato psico-logico-affettivo. Tutti i bambini allat-tati al seno crescono meglio a livello di sviluppo cerebrale, relazionale, comu-nicativo. I polivitaminici aiutano i bambini inappetenti? Certo, è un dato di fatto, perché con-tengono il complesso vitaminico B che fa funzionare bene il fegato, fun-zionando bene il fegato si digerisce meglio e si sviluppa anche l’appetito. Andrebbero assunti specialmente nelle

stagioni intermedie. La patologia dell’obesità è un feno-meno sempre in crescita nei bambi-ni...E’ importantissimo lavorare sulla pre-venzione, parlare alle famiglie a livel-lo mediatico, per immagini. Nel mio studio ho sempre molto materiale car-taceo informativo ma vedo che spesso le mamme sono poco sensibili, prefe-riscono notizie “pronte”, immediate, è per questo motivo che parlo di pre-venzione a livello di media. E’ neces-saria una prevenzione sia a livello am-bientale che a livello alimentare. Sono una Pediatra che lotta contro l’obesità perché ci sono tanti bambini obesi, ci sono cattive abitudini nutrizionali per-ché le mamme più tempo passa meno cucinano. La prevenzione dell’obesità è legata all’educazione alimentare in genere, bisogna tornare in cucina a fare i brodini naturali dove non ci sono ad-ditivi, a preparare il pesce e la carne in un certo modo, come si cucinava una volta, con l’olio extra vergine di oliva. Oggi invece i bambini sono educa-ti a tutti questi piatti pronti, pieni di additivi, congelati, scongelati. Tutti i cibi confezionati non hanno un sapore naturale, io comincio lo svezzamento senza abituare il bambino agli omo-genizzati che ci sono in commercio. A sette, otto mesi devono scoprire il sapore vero del cibo, insisto molto sul cucinare a casa, sul vero sapore delle pietanze. Crescendo i bambini devo-no fare merenda con frutta, latte e non con merendine o panini. Un’altra cosa molto importante è l’abuso dei farma-ci, se il piccolo ha la febbre ed è di ori-gine virale deve stare a casa tre giorni, basta un antinfiammatorio, invece si ricorre a troppi farmaci in modo che passi tutto e subito.

Dottoressa Antonietta CervoPediatra • Tel. 081 915334 • (SA)

intervista a cura di Cinzia Mortolini

Pediatria

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Catania 6/8 maggio 2010Presidente: Prof. Francesco Basile

RAZIONALE SCIENTIFICO

Il Congresso Nazionale di Prima-vera, appuntamento annuale della Società Italiana di Chirurgia, ha l’obiettivo di puntualizzare i nuovi orientamenti sul trattamento chi-rurgico open e laparoscopico delle principali patologie di pertinenza chirurgica, e quello di aggiornare i chirurghi sulle attuali indicazioni all’utilizzo di farmaci, di presidi sa-nitari e di attrezzature tecnologica-mente avanzate. Il programma scientifico del con-gresso, rivolto prevalentemente a medici specialisti in chirurgia, ma esteso anche ai medici di base ed ai chirurghi specialisti, si svolgerà in tre giornate (6, 7 e 8 maggio 2010) e si articolerà in sessioni scientifiche, suddivise in diverse aule, che avran-no una durata complessiva di circa 50 ore. Nel corso delle giornate, le sessioni scientifiche ed i workshop saranno dedicati ai seguenti argo-menti: trattamento laparoscopico

10° Congresso di PrimaverainForma

Società Italiana di Chirurgia • Giornate scientifiche in onore di Attilio Basile

delle patologie interessanti il giunto esofago-gastrico; trattamento del-le patologie maligne colo-rettali; riparazione delle ernie della parete addominale e del laparocele; trat-tamento chirurgico dell’obesità e delle patologie benigne del giunto esofago-gastrico; diagnosi e terapia chirurgica delle malattie neoplasti-che del pancreas; il trattamento che-mioterapico nei tumori della mam-mella; profilassi e trattamento delle tromboembolie in chirurgia gene-rale; antibiotico-terapia nelle infe-zioni intraddominali; la sala ope-ratoria tecnologicamente avanzata, valutazione dei materiali protesici; ultrasuoni e radiofrequenza. Si svol-geranno, inoltre, delle sessioni con presentazione di casi clinici partico-larmente complessi ed una sessione di video-forum, il tutto con l’inten-zione di definire dei percorsi dia-gnostico terapeutici che conducano al trattamento medico-chirurgico più corretto.

Alcuni simposi, infine, saranno dedicati a tematiche concernenti la gestione della Sala Operatoria,

il rischio clinico, la formazione del chirurgo, l’impatto delle nuove tec-nologie sulla chirurgia, il ruolo del-la governance aziendale, la riforma della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale.

Le tematiche scientifiche verranno trattate dai più noti chirurghi in ambito nazionale, con la partecipa-zione di alcuni chirurghi stranieri.

Il Congresso si svolgerà presso il Centro Fieristico Congressuale “Le Ciminiere” di Catania.Segreteria organizzativaEtna Congressi s.r.l. Piazza Duca di Genova, 18 95131 CataniaTel. 095 313232fax 095 2500789e-mail: [email protected] web site: www.etnacongressi.itAddetto stampa:Anna PavoneFacoltà di Medicina e Chirurgiavia S. Sofia 78 – 95100 Cataniatel. 0953781335; fax 0953781311; e-mail: [email protected]

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C ’è sempre, per ogni malattia allergica, un denominatore co-

mune. Quest’ ultimo consiste in un meccanismo d’azione insito in tutte le malattie allergiche. Mi concentre-rò prima su questo meccanismo. Poi compierò un rapido sguardo globa-le, a volo d’uccello, sulle malattie allergiche a dislocazione cutanea. E infine mi compiacerò di illustra-re alcuni dettagli circa un test im-muno-allergico denominato ISAC. Cominciamo dunque dal meccani-smo d’azione. Le cellule della serie bianca del sangue umano prendono il nome di leucociti. Questi ultimi sono composti da cinque sotto-tipi. Cosa è un sotto-tipo? E’ una vera e propria popolazione di cellule, che ha qualche caratteristica del tutto sua particolare. Nel caso dei leuco-citi, queste cinque popolazioni di cellule della serie bianca, apparente-mente sono tutte uguali. Ma è soltanto un’apparenza. Infatti, se guardiamo una goccia di sangue al microscopio, vediamo subito che una di queste cinque popolazioni ha una forma del tutto specifica. Anche le altre quattro popolazioni hanno delle caratteristiche particolari, ma in questo caso abbiamo un’imme-diata e felice evidenza. I linfociti, che sono una di queste cinque popo-lazioni, hanno una forma lievemen-te globosa, con la superficie piena di minutissime “spine”. Chi avesse la fortuna di poter usare un’antico mi-croscopio Schutz, avrà una nitidez-za di visione stupenda. Lo Schutz è un microscopio tedesco, ma di ma-nifattura olandese. Gli anni in cui questo meraviglioso microscopio di

Malattie cutanee di natura allergicaUna malattia allergica può essere originata da qualcosa che si è respirato, oppure che sia stato toccato, bevuto, o mangiato. Mi limiterò, per brevità, alle malattie allergiche cagionate da un qualcosa che sia stato toccato dal paziente. C’è tuttavia sempre, per ogni malattia allergica, un denominatore comune

ottone e ghisa raggiunse le sue for-me più belle, furono quelli dal 1860 al 1880. Ma chiudendo questa breve parentesi, che era destinata agli ap-passionati della microscopia ottica, torniamo alle funzioni dei linfociti. Queste cellule possono avere funzio-ni di memoria, e funzioni effettrici, chiamando come tali le funzioni di eliminazione di eventuali antigeni.

Gli antigeni sono sostanze estra-nee all’organismo e possono avere diversi confini di peso molecolare. I linfociti di memoria riconoscono l’antigene e sono all’origine dei vari meccanismi di allergia. Se l’antige-ne si ripresenta nell’organismo, an-che dopo lunga distanza, e se aveva creato una sensibilizzazione, viene riconosciuto dai linfociti di me-moria. Questo era il denominatore comune, come avevo detto. Ma ve-niamo ora alle malattie allergiche a dislocazione cutanea. Una volta avvenuto il riconoscimen-to da parte dei linfociti di memoria, i linfociti effettori, che cercano di eliminare l’antigene, causano talora un danno non solo per il composto

estraneo, ma anche per le cellule normali della cute. Producono in-fatti delle linfochine, cioè dei fattori solubili, che eliminano il composto (o la sostanza singola) ma possono creare il “primum movens” di una dermatite eczematosa da contatto. Le linfochine creano infatti una flo-gosi (infiammazione), che si estrin-seca negli eventuali sintomi della

dermatite eczematosa da contatto : eritema, edema, vescicole sotto trac-cia, ed in seguito anche desquama-zione e prurito più o meno intenso. Una delle cure più razionali delle dermatiti eczematose da contatto è spesso l’allontanamento del pazien-te dall’allergene responsabile. Tra i numerosissimi allergeni da contatto desidero ricordare, in particolare, le sostanze chimiche professionali. Rientrano in queste ultime i nichel-derivati, i cromo-derivati, i cobalto-derivati, le resine epossidiche, l’ ani-lina, la parafenilendiamina, etc. Poi vengono, in ordine di frequen-za, i cosmetici. Questi ultimi posso-no contenere balsamo del Perù, che costituisce un allergene da contatto

Dermatologia

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assai frequente. I cosme-tici possono contenere profumi naturali e sinte-tici, causa (purtroppo) di eventuali sensibilizzazio-ni. Sempre al mondo dei cosmetici appartengono la colofonia, i coloranti e conservanti, gli anti-traspiranti e deodoran-ti, etc. Con frequenza minore, ma tuttavia ben presenti, nella lista de-gli allergeni da contatto rientrano le fibre tessili e gli accessori per abbi-gliamento. In queste due categorie rinveniamo fi-bre naturali e sintetiche, con i relativi coloranti, mordenti ed apprettanti. Sono inclusi negli acces-sori per l’ abbigliamento le pelli, il cuoio, ed i relativi collanti. In que-ste ultime due categorie troviamo indumenti in gomma o materiale plastico, ed anche metalli e leghe metalliche inclusi negli accessori per abbigliamento, etc. Meno frequenti ancora, ma causa di dermatosi allergiche perfino negli ambienti ospedalieri, sono i detersi-vi. Inclusi in questi ultimi troviamo i bicromati, ed i sali di cromo e di nichel. Poi vengono i farmaci per uso topico. Tra questi, sono causa di sensibilizzazioni gli anestetici locali, gli antibiotici per uso topico, e gli antisettici. Ma anche rinveniamo in questo gruppo i fenotiazinici, gli antimicotici, ed i cerotti a base di colofonia. E’ giusto includere all’ul-timo posto di questa lista, ma tutta-via non trascurabili, le sostanze ve-getali. Tra di esse esistono in natura i derivati terpenici di varie specie di piante, i benzochinoni di legni di-versi, ed il lattice naturale. Merita alcuni dettagli un test im-munoallergico il cui nome è “ISAC”. Per eseguire questo test, il paziente deve soltanto compiere la semplice

analisi di un prelievo di sangue. Sul siero del paziente , inserito in un piccolo piastrino, vengono poi di-retti degli anticorpi anti Ig-E fluore-scinati. Siccome sul piastrino, in cui era stato posto il siero del paziente, si trovano delle minuscole cellette, ognuna di esse consiste in una sola proteina il cui estratto è stato puri-ficato, è possibile un’analisi colori-metrica.Il meccanismo d’azione è molto semplice. Ognuna delle cellette in-site nel piastrino, è tanto piccolo da stare comodamente in un vetrino da microscopio, ha una forma circolare e corrisponde ad una sola protei-na il cui estratto è stato purificato. Quando avviene l’incontro con gli anticorpi anti Ig-E fluorescinati, se la reazione è positiva ciò vuol dire che il paziente è allergico a quella data proteina. Quella tale celletta di forma circolare, allora, assume il colore verde.Tale colore vuol dire che si è verifica-to l’incontro tra quella determinata proteina e l’anticorpo fluorescinato. Il legame dell’anticorpo fluorescina-to, con quella determinata proteina,

ci dà quel colore verde smeraldo sol-tanto se il paziente è stato in prece-denza sensibilizzato nei confronti di quella particolare proteina, previa registrazione da parte del linfocita della memoria di quel particolare elemento classificato come antigene e comunque considerato come un intruso rispetto all’organismo. C’è poi un costoso analizzatore di colori, peraltro efficientissimo. Un computer di elevata complessità stende poi il rapporto, positivo o ne-gativo, in base al rapporto che gli ha fornito l‘analizzatore di colori . C’è da precisare che una proteina, a cui il paziente risulta essere al-lergico, può essere comune a più di un elemento del regno animale o vegetale. Per esempio, “Bet v 1” è una proteina che risiede sia nelle betulle che nella cryptomeria japo-nica (quest’ultima è molto usata per i bonsai, ed è una cupressacea che arriva a 40 metri di altezza, famosa per resistere a marciumi e decompo-sizioni).

Dott. Marco Nicoletti Dermatologo – Tor Vergata

Dermatologia

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A i tanti giornalisti esperti del ramo, agli svariati Enti pub-

blici e privati che prendono a cuore i nostri problemi, agli or-gani ispettivi e giudiziari deputati alle indagini ed a tutti coloro che quotidianamente si occupano per lavoro di Sanità Pubblica, a tut-ti costoro lasciamo volentieri il compito di indagare sui difetti e disfunzioni del nostro Sistema Sa-nitario nazionale.Noi, in questa serie di articoli, ci occuperemo soprattutto dei co-siddetti Centri d’Eccellenza che fortunatamente esistono e la-vorano in modo costruttivo, talvolta anche al di fuori della luce abbagliante delle cronache televisive. E se un giorno la nostra rivista si adopererà per il lancio di qualche pubblicazione sull’argomento, ci augu-riamo che tale lavoro sia dedicato a coloro che di not-te nella solitudine di qualche Pronto Soccorso o di giorno nella angosciante routine della quoti-dianità si adoperano anche al di là del proprio dovere per assistere o risolvere un caso umano.Ciò premesso, passiamo subito al concetto di “Centri d’Eccellenza”, nel nostro caso “Ospedali o luo-ghi di cura d’eccellenza”. Anche in questo caso, come nel caso delle vitamine, si è arrivati a parlare di Centri d ‘ eccellenza partendo dal-la constatazione di carenze e man-canze ed applicandosi a ricercare le situazioni prive delle suddette mancanze e carenze, magari inda-gando anche sulle cause del buon

Centri d’eccellenza nell’Italia del 21° secolo A dimostrazione che l’Italia della Sanità è piena di posti e situazioni pregevoli quanto,

a volte, inaspettati. Tanto da renderne difficile una graduatoria. O da esigerne

svariate, con diversi criteri di valutazione

funzionamento di alcune struttu-re ospedaliere rispetto ad altre, o rinunciando talvolta in toto al la-voro di indagine giornalistica nei casi in cui ci si è trovati di fronte ad una situazione generalizzata di apprezzamento e plauso.L’approccio tipico a questa tema-tica ha subito previsto onerosi lavori preliminari, spesso consi-stenti nell’enucleare i criteri in base ai quali sarebbe stato

possibile assegnare una graduato-ria seria ed attendibile in un con-testo locale, o regionale, o nazio-nale, e perfino continentale.Negli Stati Uniti ad esempio è stato messo a punto il famoso “In-dice Medicare”, che è un vero e proprio indicatore della validità e complessità globale del lavoro di una struttura o di un reparto ospe-daliero, basato su circostanze di fatto come il numero dei ricoveri e degli interventi eseguiti ed altre elaborazioni dati facilmente veri-

ficabili, come le dimissioni ospe-daliere. Ci sono infatti contesti in cui esiste la BANCA Dati SDO (scheda di dimissioni ospedaliere), generalmente nelle regioni, a cui aff luiscono le schede di cui sopra dalle singole strutture ospedaliere.La ricerca di tali criteri è stata quindi assegnata, il più delle volte, a commissioni di addetti ai lavori, che spesso sono stati trovati nel-lo stesso ambiente che si andava a gratificare di una graduatoria, con il rischio di arrivare a criteri in-completi o auto referenzianti.

Ad ogni modo, in tale spinta cognitiva sono state create negli ambienti più disparati varie commissioni di esper-ti, che comunque hanno condotto lodevoli lavori di ricerca ed individuazione di criteri certi ed obietti-vi, ed alla fine si è potuti

giungere ad una congerie di scale di valutazione spesso

analoghe ed addirittura coinci-denti tra di loro.

Oggi, finalmente e fortunatamen-te, tali scale di valutazione per-mettono ogni anno di conferire, in autorevoli ambienti pubblici o privati, sanitari o giornalistici, le graduatorie e talvolta i premi ai Centri d’Eccellenza ospedalieri, sia in Italia che in Europa.Pur con inevitabili lacune e recri-minazioni, queste graduatorie co-stituiscono una preziosa linea di aiuto ed assistenza per i malati, i pazienti ed i loro parenti alla ri-cerca di quello che una volta ve-niva chiamato “consulto”, il lume di specialisti e colleghi che inter-

inForma

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venivano in ausilio del medico di famiglia nei casi altamente com-plicati e difficili.Ad esempio, varie ASL tengono una propria graduatoria dei cen-tri d’eccellenza che operano nel proprio ambito di competenza, as-segnando premi, encomi etc.Il premio, assegnato dalla Fonda-zione Veronesi costituisce un faro nelle notte, che ogni anno vede l’attribuzione di una stella agli ospedali con reparti d’eccellenza.Anche il sito web della FADOI (Federazione Associazioni Diri-genti Ospedalieri Internisti) of-fre un proprio spazio ai centri di eccellenza, permettendo anzi una agevole ricerca di essi con un mo-tore di ricerca apposito, che a sua volta ha un collegamento con i vari siti internet delle singole strutture a cui viene tributata la qualifica eccellenziale .E vediamo anche che per l’ente indipendente CERM l’Umbria è una regione che merita essa stessa la graduatoria per i centri d’eccel-lenza per qualità, efficienza e spesa pro-capite”. Il CERM (Competiti-vità, Regolazione, Mercati) è una struttura indipendente, il cui fine istituzionale è l’innalzamento del-

la qualità e della trasparenza delle varie strutture, e si trova a Roma in Via Poli, via generalmente as-sociata ad istituzioni comunitarie e diplomatiche di livello europeo. D’altra parte il contesto dei Cen-tri d’eccellenza non è avulso dal discorso dei finanziamenti, tanto che sul sito di “ricercaitaliana.it” è possibile apprendere che i “Cen-tri di eccellenza universitari nella ricerca sono stati finanziati per la prima volta tramite il Decreto Ministeriale del 13 gennaio 2000 n.11 “. L’obiettivo di tale decreto sarebbe stato quello di incentivare e sostenere la costituzione di cen-tri di eccellenza in una data area, mettendo insieme docenti e ricer-catori collegati da parametri signi-ficativi come: a) interdisciplinarietà delle specia-lizzazioni di riferimento;b) integrazione delle attività di ri-cerca con attività di alta formazione; c) situazioni di scienza-industria partners tra di loro e con capacità di attrazione di finanziamenti in-ternazionali; d) sviluppo di reti di cooperazione in ambito nazionale ed interna-zionale, tanto da attirare in Italia i ricercatori italiani già emigrati

all’estero od offrire ai ricercato-ri situazioni di mobilità tra i vari enti esistenti in Italia. L’obiettivo di tale decreto è anche quello di assicurare un livello ragionevole di auto-sostenibilità allo scade-re dei tre anni di finanziamenti assicurati dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ri-cerca ) e dalle Università. Ricor-rendo anche alla valutazione di esperti internazionali, sono stati finanziati a tutt’oggi ben 55 cen-tri d’eccellenza. Di questi, quat-tro sono attivi presso l ‘Università degli Studi di Torino che, come ricorderemo, può vantare Premi Nobel come quelli di Salvador Lu-ria, Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini. Per concludere ci si permetta di sottolineare la parti-colarità del Progetto Alias, Ospe-dale virtuale per le zone alpine, o comunque montagnose e sperdute. Tale progetto, finanziato anche con fondi europei, consiste in una rete di ospedali e centri diagnosti-ci individuati tra le sette regioni alpine, con il compito di garantire servizi di telemedicina e garanti-re consulti medici a distanza .In casi di emergenza, anche i posti più inaccessibili e sperduti del-le regioni partecipanti potranno avere servizi e procedure a livello di strutture ospedaliere avanzate, e godere ad esempio del consulto di un cardiologo anche negli ospe-dali in cui mancasse tale servizio. Alias risulterà un progetto storico e memorabile in quanto destina-to ad essere ampliato e replicato, nell’ambito della vera medicina del futuro. Ebbene, esso al mo-mento risulta un caso unico e, pur meritando l‘attribuzione di centro virtuale in cui vengono prestate cure d’eccellenza, ne risulta im-possibile una vera graduatoria in mancanza di altri centri analoghi.

di Paolo Nicoletti

inForma

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D a più di nove anni il col-lagene è stato impiegato

in creme e preparazioni cosme-tiche, in concentrazioni più o meno ampie, per il suo docu-mentato effetto “anti-aging”. Detto in parole povere, il colla-gene contrasta gli eventuali dan-ni connessi alle età avanzate, e in seguito gli inconvenienti rela-tivi alla senescenza. Alcune, tra le prime creme cosmetiche pro-dotte circa dieci anni fa avevano una percentuale di collagene che oscillava tra lo 0,2 e lo 0,4 %. Il motivo? La risposta era insita nei gruppi zolfo contenuti nella mo-lecola del collagene. Il sentore degli atomi di zolfo non confe-riva alle prime creme cosmetiche un profumo gradevole, e questo fu il motivo per cui, inizialmen-te, la percentuale di collagene fu ridotta, se non allo 0,2% , a per-centuali minime o molto ridotte. Naturalmente il beneficio di tali creme cosmetiche era, sebbene innegabile, minimo anch’esso. Perché minima era la percentua-le di collagene impiegata.Ma ovviamente il mondo dei cosmetici non poteva fare im-piego di creme le quali avessero, per 10 minuti buoni, un odore sgradevole. Per cui la percentua-le di collagene impiegata rima-se per diversi anni molto bassa.

Da rammentare che il collagene è un costituente naturale del derma e dell’ ipoderma. Si trova sotto forma di f ibrille, e, all’esa-me del Microscopio Elettronico, esse risultano composte da pro-tofibrille. Se lo forniamo dall’ esterno, applicando la molecola del collagene (una volta inclusa in creme e pomate) tramite un delicato massaggio, il beneficio sarà evidente. Sarà infatti come se noi dessimo ad una bellissi-ma borsa di cuoio del grasso di foca. La borsa di cuoio, in virtù del grasso di foca, non diventerà né più lucida né più splendente, ma si manterrà morbida ed in condizioni ottimali. E’ quello che succede alla cute umana in seguito ad un delicato automas-saggio con una crema a base di collagene. Noi arricchiamo infatti la cute di uno dei suoi principali costituenti naturali, migliorandone al tempo stesso il grado di idratazione, e le sue capacità respiratorie. Ovviamente la cute non respira con dei polmoni, ma tramite la catena respiratoria delle cellu-le che la compongono. Prende il nome di “catena respiratoria” l’insieme dei citocromi all’in-terno delle cellule cutanee, ed il complesso delle loro funzio-ni. Ma cosa sono i citocromi?

Correnti autorevoli del pensie-ro scientifico attuale, essendo i citocromi degli organuli di dimensioni submicroscopiche all’interno dei mitocondri, han-no addirittura considerato que-sti ultimi come virus simbionti a livello cellulare. Il termine “sim-bionti” vuol dire che vivono in-sieme alla cellula cutanea. Dun-que, ricapitolando, i mitocondri sono dei piccoli organi all’ in-terno della cellula, ed hanno la forma di un gomitolo allungato. I mitocondri contengono nel loro interno degli organi ancora più piccoli, che quindi prendo-no il nome di organuli. Questi ultimi prendono il nome di ci-tocromi, e sono dei corpiccioli submicroscopici di forma sferoi-dale. I citocromi respirano pro-ducendo energia. L’apporto di quest’ultima è possibile per tutta la cellula, perché il citocromo la rende prontamente disponibile, se occorre. Le molecole prodotte dai citocromi, come magazzino di energia per la cellula, sono le molecole di ATP. Applicare del collagene sulla cute umana vuol dire migliorare queste varie fasi della respirazione delle cellule cutanee.

L’applicazione di collagene sulla cute umana contrasta i danni delle età avanzate e provvede a un migliore grado di idratazione. La cute, tenuta nella migliore efficienza, respira meglio e traspira

di sovente in modo più corretto

Cosmesi

COLLAGENE

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Altra questione è poi quella del-la composizione di queste creme al collagene. Infatti, se si consi-derano queste ultime nella sola composizione di un eccipiente e di almeno un 3% di collage-ne, esse possono essere allora chiamate creme terapeutiche. L’eccipiente è un composto che serve unicamente per contenere la molecola (o le molecole) che fanno da principio attivo. Sotto questi due termini ricade qua-lunque molecola che svolga un effetto terapeutico o cosmetico, ma comunque positivo. Tornan-do ora alla crema al collagene (di tipo terapeutico o cosmetico), se essa si limita alla composizione semplice dell’eccipiente e del principio attivo (il collagene), il beneficio della sua applicazio-ne sarà completo, ed il rischio di reazioni allergiche sarà pra-ticamente nullo. Ma più questa crema sarà “arricchita” di altri elementi, come additivi, antimi-crobici, conservanti e profumi, e minore sarà l’effetto positivo del collagene. Molto maggiore di-venterà poi il rischio di reazioni allergiche. Per cui il mio consiglio, appli-cando delle creme al collagene sulla cute, è quello di impiega-re il minor numero di additivi possibile. Se proprio si vuole in-serire in tale crema al collagene un antimicrobico, si potrebbero preferire antimicrobici di origi-ne naturale come il Tea-tree-oil (olio ottenuto per semplice spre-mitura della pianta chiamata Melaleuca Alternifolia). Consiglio anche di non mesco-lare profumo ad una crema tera-peutica al collagene. Infatti, alla percentuale del 3% di collagene, lo sgradevole odore che si origi-na in concomitanza dell’appli-cazione di questo tipo di crema durerà solo una decina di minu-

ti. Ma sarà poi seguito da un to-tale effetto positivo: quello che inerisce gli effetti del collagene sulla respirazione della cute. Se si è tenacemente attacca-ti all’idea di unire un profu-mo ad una crema terapeutica al collagene, la mia indicazione è quella di impiegare percentuali minime di olio essenziale (otte-nuto con la banale spremitura a freddo) di Hamamelis Virginia-na. E’ molto difficile infatti che questa pianta causi delle reazioni allergiche. Ed infine consiglio (sia per le creme terapeutiche che per le creme cosmetiche) di impiegare soprattutto collagene marino, preferibilmente di ori-gine vegetale, o anche collagene vegetale terrestre, come possono essere i tipi estratti da acacia o carota. Riguardo al collagene estratto anche da alghe marine, tra le quali principalmente tro-vo ideale il Fucus Vesciculosus. L’odore sgradevole dei primi 10 minuti di applicazione sarà mol-

to minore. Il collagene estratto dal Fucus contiene anch’esso dei gruppi zolfo, ma sono molti di meno. Tralasciando per un atti-mo l’azione terapeutica del col-lagene, e considerandone a volo d’ uccello l’azione cosmetica, esso renderà più tardiva la for-mazione delle rughe, perché una cute che respira bene è una cute più soffice, nella quale la sene-scenza è ritardata. L’ applicazione costante di colla-gene sulla cute umana permette a tutti gli strati della nostra pel-le dei migliori scambi di energia e combatte i danni causati dai radicali liberi. Questi ultimi, come è noto, sono i metaboliti dannosi derivati dall’ossigeno. Contrastare il danno relativo ai radicali liberi vuol dire rallen-tare efficacemente la senescenza cutanea.

Dott. Marco Nicoletti Dermatologo – Tor Vergata

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