MICROSCOPIO AUSILIARIO” o LENTE di AMICI•• Lente di Amici o di Bertrand o “di...

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1 G. Sini, Febbraio 2015 Art. n° 44 – “MICROSCOPIO AUSILIARIO” o LENTE di AMICI ? In questo sito, nella stessa serie dedicata alla “Microscopia ottica”, si è parlato varie volte di quei metodi che consentono di osservare il piano focale superiore dell’obbiettivo in un micro- scopio ottico e ne abbiamo descritto qualche applicazione. Potrebbe essere utile approfondire il principio sotteso a quei metodi, le loro potenzialità, e soprattutto mostrare alcuni esempi di realizzazioni proposte da vari costruttori. Cominciamo dal concetto di “piano focale superiore”: è il “secondo piano focale” o “piano fo- cale immagine”, quello che si trova nello spazio-immagine del sistema ottico, quello in cui si for- ma l’immagine di un oggetto posto nello spazio-oggetto a distanza infinita. Nel caso nostro, l’oggetto “a distanza infinita” potrebbe essere l’immagine (virtuale) del diaframma d’apertura for- mata dal condensatore in un microscopio correttamente regolato. La (seconda, reale) immagine di quel diaframma si forma subito sopra l’obbiettivo, appunto nel suo “piano focale superiore”. Spesso si parla anche di osservazione della “pupilla d’uscita”: in generale, in un sistema otti- co, la pupilla d’uscita è l’immagine (reale o virtuale) del diaframma del sistema, vista da un pun- to qualunque del piano immagine. Se, fra diaframma e piano immagine, si trova qualche elemen- to ottico, l’immagine che si osserva è quella creata da quegli elementi. In parole povere, se metto l’occhio al posto dell’oculare e guardo verso l’obbiettivo (correttamente illuminato) vedrò un di- sco chiaro, immagine di qualche diaframma interno all’obbiettivo. In un microscopio ottico, spesso l’obbiettivo non contiene un diaframma appositamente pre- disposto, ma la sua funzione è assunta dal barilotto di qualcuna delle lenti di quello. Lo stesso ragionamento si applica alla “pupilla d’ingresso” di un sistema ottico. In realtà, la funzione del “microscopio ausiliario” o della “lente di Amici”, di cui vogliamo parlare, non è tanto quella di osservare la pupilla d’uscita dell’obbiettivo, ma piuttosto il suo pia- no focale superiore. E le due cose sono, concettualmente, molto diverse. In pratica, però, i due punti di vista si equivalgono nel senso che, negli obbiettivi formati da almeno due membri (in genere, con ingrandimento da 10:1 in su), la posizione dei due piani è quasi coincidente. Solo se l’obbiettivo è formato da un solo membro, il diaframma coincide all’incirca col barilotto di quel membro, ed il secondo piano focale si trova qualche millimetro o centimetro più su. Ripensiamo ora a tutte le informazioni che si possono trarre dall’osservazione del piano fo- cale superiore dell’obbiettivo in un microscopio ottico, supponendo che vi sia realizzato corret- tamente lo schema dell’illuminazione sec. Köhler. Fig. 1 a/b A) – In quel piano si forma una seconda immagine (reale) del diaframma d’apertura del condensatore – l’abbiamo già notato; se ne può valutare la corretta centratura in relazione al diametro della pupilla d’uscita dell’obbiettivo e gli eventuali errori; osservando quell’immagine e manovrando il diaframma, si vedrà che essa varia di diametro. In queste condizioni, si allarghi il diaframma finché gli orli della sua immagine sfiorano gli orli della pupilla dell’obbiettivo. Se la centratura fra le due immagini non è buona, si

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G. Sini, Febbraio 2015

Art. n° 44 – “MICROSCOPIO AUSILIARIO” o LENTE di AMICI ? In questo sito, nella stessa serie dedicata alla “Microscopia ottica”, si è parlato varie volte di

quei metodi che consentono di osservare il piano focale superiore dell’obbiettivo in un micro-scopio ottico e ne abbiamo descritto qualche applicazione.

Potrebbe essere utile approfondire il principio sotteso a quei metodi, le loro potenzialità, e soprattutto mostrare alcuni esempi di realizzazioni proposte da vari costruttori.

Cominciamo dal concetto di “piano focale superiore”: è il “secondo piano focale” o “piano fo-

cale immagine”, quello che si trova nello spazio-immagine del sistema ottico, quello in cui si for-ma l’immagine di un oggetto posto nello spazio-oggetto a distanza infinita. Nel caso nostro, l’oggetto “a distanza infinita” potrebbe essere l’immagine (virtuale) del diaframma d’apertura for-mata dal condensatore in un microscopio correttamente regolato. La (seconda, reale) immagine di quel diaframma si forma subito sopra l’obbiettivo, appunto nel suo “piano focale superiore”.

Spesso si parla anche di osservazione della “pupilla d’uscita”: in generale, in un sistema otti-

co, la pupilla d’uscita è l’immagine (reale o virtuale) del diaframma del sistema, vista da un pun-to qualunque del piano immagine. Se, fra diaframma e piano immagine, si trova qualche elemen-to ottico, l’immagine che si osserva è quella creata da quegli elementi. In parole povere, se metto l’occhio al posto dell’oculare e guardo verso l’obbiettivo (correttamente illuminato) vedrò un di-sco chiaro, immagine di qualche diaframma interno all’obbiettivo.

In un microscopio ottico, spesso l’obbiettivo non contiene un diaframma appositamente pre-disposto, ma la sua funzione è assunta dal barilotto di qualcuna delle lenti di quello.

Lo stesso ragionamento si applica alla “pupilla d’ingresso” di un sistema ottico. In realtà, la funzione del “microscopio ausiliario” o della “lente di Amici”, di cui vogliamo

parlare, non è tanto quella di osservare la pupilla d’uscita dell’obbiettivo, ma piuttosto il suo pia-no focale superiore. E le due cose sono, concettualmente, molto diverse.

In pratica, però, i due punti di vista si equivalgono nel senso che, negli obbiettivi formati da almeno due membri (in genere, con ingrandimento da 10:1 in su), la posizione dei due piani è quasi coincidente. Solo se l’obbiettivo è formato da un solo membro, il diaframma coincide all’incirca col barilotto di quel membro, ed il secondo piano focale si trova qualche millimetro o centimetro più su.

Ripensiamo ora a tutte le informazioni che si possono trarre dall’osservazione del piano fo-

cale superiore dell’obbiettivo in un microscopio ottico, supponendo che vi sia realizzato corret-tamente lo schema dell’illuminazione sec. Köhler.

Fig. 1 a/b A) – In quel piano si forma una seconda immagine (reale)

del diaframma d’apertura del condensatore – l’abbiamo già notato; se ne può valutare la corretta centratura in relazione al diametro della pupilla d’uscita dell’obbiettivo e gli eventuali errori; osservando quell’immagine e manovrando il diaframma, si vedrà che essa varia di diametro.

In queste condizioni, si allarghi il diaframma finché gli orli della sua immagine sfiorano gli orli della pupilla dell’obbiettivo.

Se la centratura fra le due immagini non è buona, si

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ritoccherà la centratura del condensatore, ove possibile. Focheggiando il condensatore, si troverà una posizione in cui l’orlo del suo diaframma appare colorato in blu e la centratura del condensatore può diventare assai precisa.

Questa tecnica presuppone che il diaframma d’apertura sia perfettamente centrato rispetto al condensatore, il che è ragionevolmente verificato nei casi pratici, per via delle grandi dimensioni dei due elementi.

B) – In assenza di filtri smerigliati, nello stesso piano si

può formare una (seconda, reale) immagine del filamento o di qualunque altro corpo luminoso della microlampada, sia pure affetta da numerose aberrazioni; se ne potrà valutare la corret-ta focalizzazione e centratura.

Fig. 2 a/b In particolare, è importante verificare se, con quel certo

condensatore e quel certo obbiettivo, l’immagine del corpo luminoso copre almeno la massima parte della pupilla d’uscita dell’obbiettivo – nel caso presente, questa condizione non è del tutto verificata. Il tutto ovviamente legato alla focalizza-zione del collettore ed alla centratura di vari elementi inter-medi.

Per questa verifica è bene aprire tutto il diaframma di campo e chiudere il diaframma d’apertura in relazione all’apertura dell’obbiettivo.

Quando la sorgente è esterna al microscopio (anche una finestra) e sul piede vi è uno specchietto orientabile, l’osser-vazione della pupilla può aiutare nel muovere lo specchietto stesso: occorre che la pupilla sia uniformemente e totalmente illuminata, pena l’instaurarsi della “illuminazione obliqua”.

Fig. 3 a/b

C) – In quel piano focale dell’obbiettivo si forma l’immagine di eventuali diaframmi anulari presenti nel pri-mo fuoco del condensatore.

I diaframmi anulari so-no destinati a realizzare il contrasto di fase o il campo scuro; esistono altri “modu-latori” per il contrasto d’am-piezza di Hoffman e simili tecniche di contrasto; si po-trà allora verificare la cen-tratura di tali diaframmi.

Affinché sia visibile l’anello di fase dell’obbiet-tivo è bene inserire un prepa-rato leggermente diffondente.

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D) – Nelle osservazioni in luce polarizzata, nel piano fo-cale superiore dell’obbiettivo si formano le “figure d’inter-ferenza” quando si osserva un’opportuna lamina birifrangente con il condensatore a piena apertura (osservazioni in cono-scopia)1. Qui, un cristallo biasse – mica muscovite.

Fig. 4 a/b/c In assenza di oggetto, vi

si può osservare anche la “croce di Malta” e le sue al-terazioni (vedi l’art. “Intro-duzione alla microscopia in radiazione polarizzata”, pag. 14).

Sempre fra “Nicol incrocia-ti”, si mette in evidenza l’even-tuale residuo di birifrazione propria dell’obbiettivo, spesso causata dalla presenza di lenti in fluorite naturale (figura a sini-stra).

Tale minerale, per la sua bassa dispersione, è favorito nel progetto degli obbiettivi, ma si tende a sostituirlo con cristalli sin-tetici, anche per la sua ridotta disponibilità.

E) – Disponendo un filtro polarizzatore prima

dell’obbiettivo ed uno dopo, ed “incrociandoli” (ruotando l’uno o l’altro fino ad avere la minima luminosità, la “estinzione”) si rivelano sotto forma di zone irregolari chiare o colorate le tensioni interne nei vetri delle lenti ed altri difetti (figura a destra – croce di Malta irregolare).

In particolare, i grani di polvere sono in genere birifrangenti (frammenti vegetali a base di cellulosa o lignina, frammenti minerali, in genere birifrangenti) e, in estinzione appaiono come punti luminosi ed abbassano il contrasto.

Nella figura qui a destra, un buon obbiettivo reso inu-tilizzabile in radiazione polarizzata per carenza di pulizia. Solo un’attento uso della lente di Amici consente di rivelare questo ed altri difetti.

Fig. 5 a/b

1 Il fatto di dover lavorare a piena apertura, cioè di attraversare l’oggetto con un fascio conico molto aperto, giusti-fica il termine "conoscopìa" o "luce convergente" dato a queste osservazioni.

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F) – In sede di controllo dell’obbiettivo, si possono

identificare macchie scure dovute ad olio o corpi estranei (a sinistra), sudiciume, scollature delle lenti incollate (al centro), scheggiature, degassamenti (a destra), ecc.

Fig. 6 a/b/c Per capire se tali difetti sono situati all’interno

dell’obbiettivo o di parti vicine (lenti di tubo, condensatore, ecc.) si allentano tali parti e le si ruotano una alla volta; per queste osservazioni è spesso utile chiudere tutto il diaframma d’apertura oppure quello di campo, eventualmente realiz-zando l’illuminazione obliqua o la “fessura decentrata” (art. n° 41).

G) – Oltre alla pupilla, è possibile mettere a fuoco un

certo tratto delle superfici interne dei barilotti dell’obbiettivo o del tubo e verificare l’esistenza di parti lucide che riflettono i raggi obliqui; si è detto a suo tempo come questi riflessi nuocciano al contrasto (tre frecce rosse in questo esempio; obbiettivo Wild Pol 50:1). Per eliminare questi riflessi, sempre osservando il piano focale superiore dell’obbiettivo, può bastare chiudere i diaframmi di campo e d’apertura secondo le regole di Köhler.

Fig. 7 H) – Nell’uso di obbiettivi ad immersione, l’osservazione

della pupilla rivela a colpo d’occhio la presenza di bolle d’aria o corpi estranei nell’olio.

Fig. 8

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I) – Se il condensatore è affetto da forte aberrazione

sferica, la pupilla non apparirà uniformemente illuminata (chiudere il diaframma di campo e focheggiare il conden-satore). Se vi è aberrazione cromatica, l’immagine non sarà priva di colori vivaci.

Anche in strumenti d’alto rango, raramente il condensatore è ben corretto.

Fig. 9 J) – Nella pupilla d’obbiettivo si osservano i “massimi di

diffrazione” e si possono ricavare informazioni sulle strutture dell’oggetto, pecialmente se dotate di periodicità (vedi il manuale: “Problemi Tecnici della Microscopia Ottica”, § 18.8). In genere, conviene chiudere il diaframma di campo.

Fig. 10 a/b Nella figura a destra si vede il piano focale superiore di

un obbiettivo forte nell’osservazione di una diatomea con striature quasi parallele (Pinnularia opulenta, Hust)

Fig. 11 (sotto)

K) – All’interno di un obbiettivo si formano molte “catadiottriche” (vedi l’art. n° 31) dalle quali è possibile apprezzare la centratura delle sue varie lenti fra loro e rispetto al condensatore. Occorrerà realizzare un’illumina-zione molto obliqua.

Questa tecnica non è molto sensibile, ma può essere molto utile.

Il microscopio ausiliario o la lente di Amici hanno poi un’uso poco praticato: l’osservazione

a basso ingrandimento, capace di mostrare anche l’intera larghezza di un vetrino, circa 25 mm. Quegli organi, infatti, sono in genere focalizzabili in modo da poter dare un’immagine nitida

del piano focale superiore di obbiettivi di qualunque focale e di piani vicini. Ebbene, se si svita dal revolver un obbiettivo qualunque e si pone il foro vuoto in posizione

di lavoro, attraverso quel foro si può in genere mettere a fuoco il piano del tavolino e del vetrino con la semplice regolazione del microscopio ausiliario o della lente di Amici.

Questi organi non sempre vengono progettati per un’elevata correzione delle loro aberrazioni – la loro funzione abituale non lo richiede – ma ne può risultare comunque un’osser-vazione proficua. Si può in sostanza osservare l’oggetto con bassissimo ingrandimento, inferiore

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a quello ottenibile cogli obbiettivi più deboli. Prima di passare alla descrizione dei dispositivi utili all’osservazione del piano focale superio-

re dell’obbiettivo, e per evitare ripetizioni, è bene rinviare il lettore agli artt. n° 18 e 41 in questo sito: in essi vengono descritte varie possibilità d’indagine sullo stato di un obbiettivo che vengono da un’oculata osservazione del suo piano focale superiore.

I DISPOSITIVI REALI Per cominciare, il piano focale superiore di un obbiettivo da microscopio già montato sul

suo stativo si può osservare ad occhio nudo, attraverso il tubo, semplicemente togliendo l’oculare. Le sue dimensioni saranno tanto maggiori quanto maggiore è l’apertura dell’obbiettivo e la sua focale (e quindi tanto minore è l’ingrandimento). Il suo diametro, come si intuisce da semplici considerazioni trigonometriche, è: d = 2 NA × f , in cui f è la focale.

Date però che le sue dimensioni sono comunque piccole, si consiglia l’uso di un qualunque mezzo d’ingrandimento, di cui esistono quattro tipi fondamentali che esaminiamo separatamente, e che è bene conoscere poiché ognuno presenta vantaggi e svantaggi e può essere preferibile in relazione allo scopo che ci si prefigge.

•• Lente d’ingrandimento debole (circa 2 ×), da appoggiare semplicemente sull’orlo supe-riore del tubo, dopo tolto l’oculare. Non sempre ha la potenza necessaria: dovrebbe possedere non meno di 150 mm di focale, cioè non più di + 5 / + 6 diottrie. Va bene una lente sferica positiva da occhiali.

•• Lente di Amici o di Bertrand o “di Amici-Bertrand”. È la “lente di Amici” degli autori italiani e la “lente di Bertrand” degli autori di lingua ingle-

se. G. B. Amici2 aveva utilizzato una lente per questo scopo già nel 1844, ma lo sviluppo è dovu-to a E. Bertrand3 (1878). Gli autori che trattano questo argomento usano in genere citare entram-bi i nomi.

Si tratta di una lente convergente di media potenza che si interpone fra oculare ed obbiettivo, anche senza aprire il tubo, cioè con un comando esterno. La sua potenza e la sua posizione sono tali da produrre un’immagine reale e rovesciata della pupilla d’obbiettivo, con ingrandimento circa unitario, nella posizione dell’immagine intermedia. Tale immagine della pupilla si vede dunque a fuoco nell’oculare, senza spostare quest’ultimo.

In questo modo l’oculare, assieme alla lente di Amici, si comporta come un piccolo microscopio ausiliario, cioè un microscopio “composto” a basso ingrandimento che fa vedere ingrandita la pupilla dell’obbiettivo: la lente di Amici funge da obbiettivo di questo microscopio ausiliario. Questo dispositivo ha la stessa funzione e struttura del “microscopio ausiliario” che descriveremo fra poco.

Poiché la posizione assiale del piano focale superiore non è generalmente la stessa in obbiettivi diversi, per vedere sempre a fuoco la sua immagine nell’oculare è necessario di solito focheggiare la lente di Amici o modificando assialmente la sua posizione o variando la sua potenza (per es. variando la distanza fra gli elementi che la compongono). Vi sarà all’esterno un apposito comando, che generalmente serve anche ad inserire od estrarre la lente. Solo i modelli economici di microscopi polarizzatori hanno una lente di Amici a fuoco fisso, supponendo che l’osservazione conoscopica si esegua solo con l’obbiettivo più forte. Ed in genere è così. (“Problemi Tecnici della Microscopia Ottica”, cap § 30.7).

Come vedremo, la lente di Amici può essere contenuta come parte integrante del tubo d’osservazione di uno strumento (in genere quelli per radiazione polarizzata), oppure come componente opzionale di certi “tubi intermedi” contenenti elementi con altre funzioni (cambiatori d’ingrandimento, filtri, ecc.).

Data la sua funzione, la lente di Amici deve essere facilmente inseribile ed estraibile dal cammino ottico. Essa inoltre è in genere centrabile con apposite viti.

2 Giovanni Battista Amici (Modena, 1786, Firenze, 1863), modenese ma operante a Firenze, anche nel campo dell’astronomia e della botanica. 3 Emile BERTRAND, ingegnere francese (1844 - 1909).

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Da: H. BEYER e H. RIESENBERG - Handbuch der Mikroskopie - Veb Verlag Technik, Berlin, 1988. (modif.)

Fig. 12 – In questa figura si confronta lo schema ottico generale di un microscopio (polarizzatore) con e

senza lente di Amici. Sono facilmente riconoscibili elementi e piani dell’illuminazione sec. Köhler: 2 = collettore; 3 = diaframma di campo; 7 = diaframma d’apertura (complanare con un’immagine del filamento); 8 = condensatore; 9 = oggetto; 10 = obbiettivo; 17 = piano focale superiore dell’obbiettivo (complanare con una seconda immagine reale del filamento); 11 = lente di tubo; 13 e 16 = diaframma di campo visivo (13), complanare con l’immagine inermedia (16); 14 = oculare; 15 = pupilla d’uscita del microscopio.

6 e 20 sono due polarizzatori. In rosso la lente di Amici (12). In questa figura sono usati alcuni elementi grafici

significativi. Un piccolo avvolgimento orizzontale indica un’imma-

gine del filamento. Una specie di rete irregolare indica l’immagine di un oggetto costituito da

un aggregato cristallino (sezione di roccia vulcanica intrusiva). Un cerchio con croce di Malta indica l’immagine d’interferenza formata nel piano focale su-

periore dell’obbiettivo, osservando in conoscopia un cristallo uniasse con l’asse ottico parallelo all’asse del microscopio. In tratteggio i fasci che convergono nelle immagini coniugate col fila-mento. In tratto intero i fasci che convergono nei piani coniugati con l’oggetto.

Nel piano focale superiore dell’obbiettivo (17) si formano in ogni caso un’immagine reale del filamento (1 – 7) e del diaframma d’apertura (7).

Nella sezione sinistra della figura (A) è illustrato lo schema del microscopio in osservazione normale (in pola-rizzazione si direbbe “ortoscopica”), con la lente di Amici esclusa. Si noti l’immagine intermedia (16) formata nel piano del diaframma di campo visivo dell’oculare (13).

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Nella figura a destra (B) è stata indicata la lente di Amici (12, in rosso): l’immagine dell’oggetto non si forma più in 13, nell’oculare, ma più in basso, in corrispondenza di un diaframma ad iride (19)(diaframma di Wright) di cui parliamo subito sotto. Nel piano del diaframma dell’oculare (13) si forma allora un’ulteriore immagine del fila-mento e del piano focale superiore dell’obbiettivo, in questo caso contenente un’immagine d’interferenza (lo schema si riferisce ad uno strumento polarizzatore).

Ecco che l’introduzione della lente di Amici consente di osservare nell’oculare non più l’oggetto, ma tutto ciò che si trova presso la pupilla d’uscita dell’obbiettivo. È questa la sua funzione.

Lo schema di fig. 12 presuppone quindi un semplice sistema che consenta d’inserire una lente convergente di opportuna focale all’interno del tubo, fra obbiettivo ed oculare. L’oculare di servizio rimane al suo posto.

Come detto nella didascalia della figura precedente, accoppiato alla lente di Amici vi può es-

sere un diaframma ad iride, detto “di Wright”4. Tale accessorio non serve direttamente all’osser-vazione del piano focale dell’obbiettivo, ma può essere prezioso nei microscopi polarizzatori. Ecco perché.

Essendo convergente, la lente di Amici forma un’immagine reale dell’oggetto più in basso dell’immagine intermedia, quale si formerebbe normalmente nel piano focale dell’oculare; essa cioè trasporta l’immagine intermedia verso l’obbiettivo; nel piano di quest’immagine intermedia ravvicinata (19 in figura) si pone un diaframma ad iride; esso non risulta visibile nell’oculare (così come non risulta visibile l’immagine dell’oggetto in presenza della lente di Amici) poiché esso si trova assai lontano dal piano focale di quello. La funzione del diaframma è quindi di limi-tare l’immagine dell’oggetto posto sul tavolino senza diaframmare l’immagine della pupilla d’obbiettivo. In questo modo è possibile limitare il campo visivo ad una porzione limitata dell’oggetto e formare le figure d’interferenza in base ad un solo cristallo elementare presente in una sezione sottile di una roccia od altro agglomerato cristallino.

Di solito, il diaframma è adiacente, subito sopra, alla lente di Amici; Esso non ha bisogno generalmente di essere centrabile: l’immagine del cristallo da osservare in conoscopia si può far coincidere con l’apertura del diaframma spostando il vetrino. È bene però che esso sia regolabile in modo da occupare la massima parte dell’immagine del cristallo in esame.

In stativi economici, in luogo della lente di Amici + diaframma di Wright, si trova un foro “stenopeico” (un foro piccolo, un “pinhole”) che funge da diaframma ma anche da lente di Ami-ci: un piccolo foro non opera per convergenza e pertanto non ha piani focali definiti.

Tornando alla lente di Amici, bisognerebbe anche che essa fosse un po’ corretta, almeno di

sferica e cromatica poiché le immagini conoscopiche in radiazione polarizzata possono avere e-levato valore diagnostico. Un controllo si può eseguire infilando la punta di una matita sotto al condensatore ed osservandone l’immagine nella pupilla d’uscita. L’aberrazione sferica produce aloni sfumati senza colore; la cromatica aloni colorati. Un giudizio soggettivo può bastare a defi-nire questi aloni come accettabili o non. Purtroppo, in questi casi, più che le aberrazioni della lente di Amici si rivelano quelle del condensatore.

Ma, almeno per la sferica, nei microscopi muniti di diaframma di Wright, un rimedio parzia-le c’è. Infatti, nella fig. 13 che segue sono visibili due immagini della pupilla d’uscita di un ob-biettivo forte con relativi riflessi interni, l’una ripresa con un diaframma di Wright tutto aperto (a sinistra), l’altra con il diaframma piuttosto chiuso (a destra). Questo diaframma non giace nel piano della lente di Amici, e quindi non si configura come diaframma d’apertura per quella lente, ma non ne è molto lontano; pertanto alcune aberrazioni della lente, almeno la sferica, si riducono riducendo il diametro del diaframma. La figura 13 a destra è, infatti, assai più nitida di quella a sinistra.

4 Frederick Eugene Wright, (Michigan, 1877, Ontario, 1953), petrografo statunitense; studiò ad Heidelberg.

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Fig. 13 – Come si presentano

vari riflessi nella pupilla d’uscita di un obbiettivo forte, male allineato rispetto al condensatore.

L’immagine di destra è stata ri-presa chiudendo parzialmente il dia-framma di Wright (vedi sopra).

•• Microscopio ausiliario Gli autori tedeschi chiamano il microscopio ausiliario “Hilfsmikroskop”, vale a dire “micro-

scopio d’assistenza”, visto che, ad occhio nudo, la pupilla d'uscita dell’obbiettivo appare molto piccola ed è bene ingrandirla. Alcuni autori americani parlano di “eyepiece telescope” o “cente-ring telescope”. Nei vecchi cataloghi della Galileo (1960–70) si leggeva: “cannocchiale ausilia-rio di centramento” o “cannocchialetto”.

Questo è un vero e proprio microscopio composto con tanto di obbiettivo e di oculare. Date le sue modeste mansioni, l’obbiettivo e l’oculare di questo accessorio sono molto semplici, una lente composta o addirittura una lente semplice, con modesto campo ed apertura. Anche il suo ingrandimento è modesto (intorno a 10 ×). Questo dispositivo è un accessorio, nel senso che è esterno al microscopio e lo si inserisce al bisogno in luogo dell’oculare, all’estremità superiore del tubo. Esso ha lo stesso diametro, e lunghezza di poco superiore, a quelli di un normale oculare, col quale è facile confonderlo (come vedremo, la lente inferiore dell’oculare è però sempre molto grande, mentre quella del microscopio ausiliario è generalmente molto piccola). Tutto è predisposto affinché questo sistema composto, invece dell’oculare che presenta all’occhio un’immagine virtuale ingrandita dell’immagine intermedia, presenti un’immagine di poco ingrandita della pupilla dell’obbiettivo.

Abbiamo detto che questo strumento può essere definito col termine “oculare”: tale termine

è improprio, ed è giustificato solo perché lo strumento si pone in luogo dell’oculare normale. In realtà è un sistema ottico doppio, dotato di un semplice obbiettivo e di un oculare.

Un tale schema è quello del normale microscopio composto, che però contiene un obbiettivo a focale corta e distanza di lavoro altrettanto piccola; ed è lo stesso schema del cannocchiale o telescopio, che invece usano un obbiettivo a grande focale e distanza di lavoro elevata, come s’intuisce dal prefisso “tele”5. La distanza di lavoro del microscopio ausiliario lo pone a metà strada fra microscopio e telescopio; pertanto entrambi i termini sono legali; l’aggettivo “ausilia-rio” è sempre valido; l’aggiunta “di centramento” è valida nel caso della centratura dei diafram-mi anulari per il contrasto di fase, ma non nell’osservazione conoscopica in radiazione polarizza-ta.

Anche qui vi è il problema di focalizzare, risolto in genere variando la lunghezza del microscopio ausiliario, che ha infatti una struttura telescopica, con due tubi che scorrono l’uno nell’altro, come vedremo nelle pagine che seguono.

Affinché i due tubi scorrano fra loro facilmente e rimangano in posizione, si ricorre di solito allo “sfregamento dolce”, un lieve attrito dovuto alla reazione elastica di una sezione del tubo in-terno che viene isolata dal resto del tubo stesso con due tagli paralleli (1d in fig. 47b a pag. 21). In altri casi si ricorre semplicemente ad una vite di blocco laterale (3 in fig. 46a, pag. 20), oppure ad un movimento a vite, ecc.

Un microscopio ausiliario in quasi tutti i casi può svolgere le funzioni della lente di Amici; esso non contiene in genere sistemi di centratura né diaframmi.

5 Dal greco “tele” = a distanza.

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•• Lente di Klein. Per osservare la pupilla, si può anche servirsi del “disco di Ramsden”, che è un’immagine

impiccolita della pupilla d’obbiettivo che si forma nella pupilla d’uscita dell’oculare (15 nella fig. 12)6: per meglio osservarla (è molto piccola) si può usare un oculare forte rovesciato o una forte lente convergente (lente di Klein7) posti sopra l’oculare.

Raramente i costruttori offrono questo accessorio, ma è facile auto-costruirlo disponendo una forte lente convergente (5 – 10 mm di focale) all’interno di un supporto focheggiabile, telescopico, da inserire sull’oculare.

Fig. 14 – Due esempi di lenti di Klein ottenute per

tornitura da una barra di PVC. In entrambi i casi il supporto della lente è formato da due parti scorrevoli l’una nell’altra per consentire un’ampia focheggiatura sulla pupilla dell’oculare, che può stare ad una distanza variabile dalla lente oculare: da 5 a 20 mm (poco sopra il piano focale superiore dell’oculare).

Il sistema ottico può essere ricavato da un normale obbiettivo da microscopio, con ingrandimento di 20:1 circa, con la lente frontale rivolta in basso. Sarà probabilmente necessario smontare il barilotto generale dalla montatura.

REALIZZAZIONI PRATICHE

Lente di Amici in tubi intermedi La lente può essere contenuta all’interno di un tubo intermedio, da inserire fra braccio e tubo

porta-oculari, come nella figura seguente (freccia rossa: le due parti si possono separare allen-tando una vite laterale, 1 nella fig. 16 e 17).

Fig. 15 (a destra) – Poiché questo stativo è di uso generico (La-

boval 2), il tubo intermedio è previsto specificatamente per l’uso in po-larizzazione e pertanto prevede una chiave d’orientamento (una spina sporgente da una parte ed un piccolo incavo (10) dall’altra). Prodotto Zeiss Jena, 1970 circa. Vedere la scheda tecnica n° 77.

Fig. 16 (a destra) La lente di Amici

s’inserisce estraendo il tirante 2. Il tirante 3 inserisce un analizza-tore. Una coppia di lenti (la superiore: 12) costituisce un sistema Telan che evita la perdita di messa a fuoco con l’inseri-mento del tubo (vedi l’articolo seguente).

Tutto sommato, il tubo intermedio qui figurato è abbastanza sofisticato visto che, oltre ad in-

serire l’analizzatore nel corretto orientamento (3), consente l’inserimento di una lente di Amici (sia pure non focheggiabile, per l’osservazione delle figure d’interferenza in conoscopia)(2) e di un compensatore opzionale (5). La lente di Amici consente comunque l’osservazione della pupil-la d’uscita dell’obbiettivo e la centratura dei diaframmi anulari per il contrasto di fase.

6 Anche sul piano di principio, la pupilla d’uscita dell’oculare è anche la pupilla d’uscita del microscopio. 7 Karl KLEIN (pron. klàin), mineralista tedesco (1842 - 1907).

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Fig. 17 – Il tubo intermedio di cui sopra,

montato su uno stativo Epival, della serie Mi-kroval della casa Zeiss Jena (1970 circa).

Qui sotto vediamo un classico “tubo

intermedio” della casa Zeiss W., adatto a numerosi stativi: l’Optovar.

Si tratta di un cambiatore d’ingran-dimento con lente di Amici ed analizza-tore inseribili a scelta.

Fig. 18 – Un disco superiore (4) consente

d’inserire a scelta un sistema ottico per variare l’ingrandimento (con fattori 1 ×, 1,25 ×, 1,6 ×, 2 ×) o una lente di Amici (posizione “PH”, 6 in figura). Il disco inferiore (5) consente di focaliz-zare la lente, ma non di centrarla.

Una levetta sul retro consente d’inserire un analizzatore ad orientamento prefissato.

Questo accessorio è stato previsto,

con lievi variazioni, per differenti stativi. Fig. 19 – L’Optovar sul classico stativo

biologico GFl, il modello tuttofare della Zeiss W. per decenni.

È evidente la levetta 3 per l’inserimento dell’analizzatore.

Manca il diaframma di Wright, che però è inutile per il contrasto di fase, cui è specifica-mente adibito questo modello.

NB: La data che si legge di fianco al nome del modello è la data di uno degli opuscoli che il costruttore ha pubblicato per illustrare il modello stesso.

Curiosità: un modello GFl compare in una

scena onirica del film “Il posto delle fragole” di I. Bergman (1957).

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Fig. 20 – Su uno stativo concepito col

criterio “modulare”, per adattarlo agli usi più vari, non poteva mancare qualcosa di simile all’Optovar (freccia rossa).

Photomicroscope II – Prod. Zeiss W., 1971.

Fig. 21 a/b – Anche in uno stativo spe-

cificamente predisposto per l’osservazione in polarizzazione (Standard 18 Pol), la lente di Amici è contenuta in un tubo intermedio, as-sieme ad altri accessori.

Prod. Zeiss W., 1981. NB: non deve stupire che il concetto di “tu-

bo intermedio” come accessorio per stativi di va-rio tipo sia stato ampiamente utilizzato; qui sotto un prodotto giapponese (Olympus, 1980) che monta sullo stesso disco una lente di Amici as-sieme a sistemi per il cambio dell’ingrandi-mento.

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Fig. 22 – Questo è uno stativo di uso ge-

nerale, in versione Pol (Orthoplan); anche qui la lente di Amici è contenuta in un tubo intermedio.

In questo caso, la lente è formata da due membri la cui distanza reciproca può essere va-riata a fini di focalizzazione. La lente è anche centrabile.

Presso la lente si trova pure il “pinhole stop” (diaframma di Wright) e l’analizzatore gi-revole.

Prod. Leitz Wetzlar, 1986.

Lente di Amici integrata in strumenti per uso specifico

Anche per questa categoria, presentiamo solo qualcuno degli innumerevoli esempi presi dal-

la produzione, specialmente europea. In molti casi, il costruttore fornisce un tubo d’osservazione, monoculare, bioculare o triocu-

lare, in cui è presente come parte integrante la lente di Amici; spesso si tratta di strumenti per ra-diazione polarizzata, e quindi il tubo contiene altri accessori per quell’uso.

Se lo strumento è di tipo economico, la lente di Amici potrà essere non centrabile né focheg-giabile e l’eventuale diaframma di Wright può avere un diametro fisso.

Fig. 23 – Nello stesso catalo-

go della casa Zeiss W. (1974) erano descritti semplici tubi monoculari con lente di Amici integrata. Si noti-no sull’orlo superiore del tubo due tacche destinate all’orientamento preciso degli oculari che contengono un crocefilo.

Fig. 24 – Qualcosa di molto

simile in una produzione Leitz We-tzlar, negli stessi anni (1975).

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Fig. 25 – Un prodotto posteriore della

stessa Leitz (Laborlux Pol, 1986) è più completo. In 3 la manopolina per mettere in opera la lente di Amici; in 4 s’inserisce la chiavetta per foca-lizzarla. In 2 la manopola per inserire il dia-framma di Wright.

In 5 la leva per bloccare il tubo nella sua sede.

Fig. 26 – Uno strumento ancora più com-

pleto (prod. Lomo, anni ’60). Anche qui, il tubo porta-oculare mostra sul

suo orlo due tacche, a 45° l’una dall’altra, che servono da riferimento per il corretto orienta-mento del crocefilo dell’oculare. Nell’oculare 8 × esiste un’apposita chiave (“Ch”), da infilare in una delle tacche.

La lente di Amici serve per la conoscopia. La si inserisce o la si esclude ruotando il disco LA. L’immagine prodotta da questa lente si cen-tra in direzione verticale ruotando la manopolina “Vert” ed in direzione orizzontale ruotando la manopolina “Orizz”. La stessa immagine si foca-lizza con l’anello “Foc”.

L’anello DW consente di regolare il dia-framma di Wright. Vedi la scheda tecnica n° 8.

Fig. 27 a/b – Altro strumento di vecchia data

(Meopta), anche questo specifico per applicazioni Pol.

Il tubo è diritto (le riflessioni nei prismi alterano sempre un poco lo stato di polarizzazione). La lente di Amici è contenuta in un cursore estraibile (LA, vedi sotto), che si può centrare trasversalmente col grano VR. La rotellina R serve a focalizzare la lente.

L’analizzatore si trova in un cursore a parte (An).

Vedi la scheda tecnica n° 9.

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Fig. 28 – Altro classico stativo Pol, con lente di Amici integrata (Wild M 21, circa 1960).

La lente s’inserisce col tirante 1 e con essa è soli-dale il diaframma di Wright; la rotazione di quel tirante regola il diametro del diaframma.

La lente (ed il diaframma) si centra con due viti (2) e la si focalizza spostando in alto od in basso il ca-notto 3; il canotto si può bloccare con la vite 4.

Analoghi dettagli si trovano sul tubo monoculare diritto e sul tubo bioculare previsti dal costruttore.

Scheda tecnica n° 58. Una semplice lente fissa e non centrabile

si trova in altri stativi come il Diaphot Nikon (biologico rovesciato, fig. 29, freccia rossa).

Fig. 29 (sotto)

Così nel Jenalab Pol della Zeiss Jena (1980)(fig. 30), lo Standard 06 Pol della Zeiss W. (1982) (fig. 31), ed infiniti altri.

Fig. 30 (sotto)

Fig. 31 (a destra)

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Fig. 32 – Volendo gettare uno sguardo oltreoceano, troviamo analoghe soluzioni in produzioni statunitensi: uno stativo tradizionale Pol della Unitron (Massachussets, 1980).

Nei microscopi per l’episcopia (metallografici,

petrografici, diritti o rovesciati), la lente di Amici non è normalmente prevista. In quel caso, infatti, non si usa di solito il contrasto di fase né la radia-zione polarizzata.

Neppure in stativi di uso generale, di tipo mo-dulare, destinati alla ricerca, come il famoso mod. Zetopan della casa austriaca Reichert, non è previ-sta una lente di Amici.

Viceversa la si può trovare “di serie” in stativi per uso generico. Qui sotto lo stativo LGt della Galileo (1968)(fig. 33).

Fig. 33 (a destra) – In un opuscolo della casa Galileo

del 1956 si trova questa frase: “…la lente di Amici-Bertrand che per la prima volta venne da noi impiegata a questo sco-po, e brevettata …”.

In un altro opuscolo dell’anno seguente, riguardo al modello economico VFC, sempre della Galileo, si dice anco-ra: “…lente speciale e brevettata”.

Probabilmente, il brevetto si riferisce alla disposizione particolare della lente, non al suo impiego: il prof. Amici era morto nel 1863 e l’ing. Bertrand nel 1909.

Negli strumenti citati, lente di Amici era introdotta spo-stando orizzontalmente una leva (freccia rossa) ed era fo-cheggiabile ruotando la manopola in cima alla leva stessa, tramite una piccola cremagliera interna.

Fig. 34 (a sinistra) – Un prodotto rumeno degli

anni ’70 (Interprinderea Optica Romana), uno stru-mento di uso universale con lente di Amici integrata.

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In stativi di alto bordo la lente può essere integrata in mezzo a molta altra ferraglia.

Fig. 35 (a sinistra) – Anche in uno stativo predisposto per la fluorescenza in diascopia ed epi-scopia (Jenalumar, Zeiss Jena, 1980), la lente di Amici s’introduce e si focheggia con un’unica leva (freccia rossa). Non è però centrabile.

Fig. 36 (a destra) – Così nello stativo “tuttofare” del-

la Zeiss di Jena (Jenaval Contrast, 1980), una lente di Ami-ci (14) è inserita e focheggiata dalla stessa leva (14b). La lente è composta da due membri e la focheggiatura fa varia-re la distanza fra essi.

In un altro diffusissimo stativo della Leitz

(Orthoplan, in versione Pol) la lente di Amici si trova affogata in un complicatissimo sistema di manopole e viti nel tubo trioculare.

Fig. 37 – La manopola 1 ha tre posi-

zioni di lavoro per escludere la lente di A-mici, inserirla nel canale foto o nel canale visione. La sua focalizzazione si esegue con la manopola 2; la centratura con la manopo-la 3 e la vite 4. La leva 5 serve a sbloccare ed estrarre l’intero tubo.

Nello sfondo, la leva per l’inserimento e la rotazione dell’analizzatore e la vite per bloccarlo. In alto, l’anello godronato per la regolazione del diaframma di Wright.

Fig. 38 (a sinistra) – Dopo aver tolto il tubo bioculare, si vede all’interno la coppia delle lenti (6) che costituiscono il sistema “di Amici” e che consentono la focheggiatura quando la manopola 2 ne fa variare la distanza, agendo su una minuscola cremagliera interna.

Vedi la scheda tecnica n° 31.

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Fig. 39 a/b – Difficile trovare in uno strumento così complicato una timida lente di Amici, ma c’è (freccia rossa). Essa si trova come lente non centrabile né focheggiabile (22, qui sotto) su un disco girevole (V) assieme a tre sistemi per la variazione dell’ingrandimento (1× − 1,25× – 1,5×).

Questo è il Polyvar Met della casa viennese Reichert. (1978) (vedi la scheda tecnica n° 61). Fig. 40 (a destra) – Nel microscopio biologico ro-

vesciato Axiovert 135 della casa Zeiss W. (1992) la lente di Amici è nascosta da qualche parte, laggiù, sotto al tavo-lino.

Fig. 41 (sotto) – L’Axiophot 12, sempre della casa

Zeiss W (1986) mostra il comando della lente subito sotto al tubo bioculare.

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Fig. 42 (a destra) – Invece, nell’analogo mo-

dello Axiophot 08 (1986), dedicato al contrasto di fase, la lente di Amici si manovra dal lato destro.

Fig. 43 (sotto) – Tanto per stare nel complica-

to, un tubo intermedio per l’interferenza, prodotto dalla Zeiss di Jena dal 1965 fino ad oltre il 1990, con-tiene la sua brava lente di Amici (13).

Fig. 44 (a destra) – La lente di Amici

s’inserisce con il tirante 13 e si focalizza con la manopola 4 che sposta un prisma a doppia rifles-sione contenuto nel tubo (figura precedente); in questo modo si modifica il cammino ottico del sistema fra obbiettivo e lente di Amici.

Questo tubo intermedio, capace di svolgere molte funzioni diverse, si chiamava “Interpha-ko”.

(vedi l’art. n° 17, pag. 22). Fig. 45 – Questo è un altro tubo interme-

dio della Zeiss Jena, con altre funzioni (sistema pancratico o zoom per la modifica graduale dell’ingrandimento per un fattore circa 1:4,4). Ma anch’esso contiene una lente di Amici che si può inserire ruotando in senso anti-orario la ma-nopola 1 e focheggiare estraendo la medesima.

La lente di Amici è costituita da due dop-pietti di cui si può variare la distanza reciproca.

Scheda tecnica n° 68.

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Microscopi ausiliari Mentre la lente di Amici è generalmente in dotazione ai microscopi dedicati all’osservazione

in radiazione polarizzata – in particolare all’osservazione delle figure d’interferenza in conosco-pia – il microscopio ausiliario è generalmente di corredo ai microscopi dedicati al contrasto di fase. Ma la funzione è la stessa: l’osservazione del piano focale superiore dell’obbiettivo.

Come detto sopra, il microscopio ausiliario è un accessorio, esterno al microscopio, da porre in luogo di un oculare, all’estremità superiore del tubo; è strutturato come un vero microscopio composto, sia pure di modeste prestazioni. Esso ha lo stesso diametro, e lunghezza di poco supe-riore, a quelli di un normale oculare, col quale è facile confonderlo (la lente inferiore dell’oculare è però molto grande, tranne in quelli molto forti, mentre quella del microscopio ausiliario è gene-ralmente molto piccola).

Il suo obbiettivo, la lente inferiore, fa le veci della lente di Amici ed il suo oculare, la lente superiore, fa le veci dell’oculare normale che si usa assieme alla lente di Amici.

Anche qui vi è il problema di focalizzare, risolto in genere variando la distanza fra i suoi due sistemi ottici, quindi la lunghezza del microscopio ausiliario, che ha, infatti, una struttura tele-scopica (vedi le figure seguenti).

Le modeste prestazioni richieste a questo accessorio – piccolo ingrandimento, ridotta risolu-zione – non richiedono sistemi ad elevata correzione. Per dimostrare quest’affermazione osser-viamo da vicino la struttura interna di qualche prodotto commerciale.

Fig. 46 a/b – Come avviene spesso, la montatura meccanica è costituita da due tubi (1 e 2) che scorrono

l’uno nell’altro; la loro posizione reciproca, nel nostro caso, può essere fissata da una vite laterale (3). La punta della vite non tocca direttamente il tubo 1, che ne verrebbe scalfito, ma una laminetta arcuata interna, tenuta ferma dalla vite 4. In cima al tubo interno (1) si avvita un barilotto (1b) che contiene l’oculare8.

Questo è formato (dall’alto in basso) da una lente semplice piano-convessa (6), da un anello distanziale (7), da un tripletto (8) e da un anello di fermo a vite (9).

È la ricetta del classico oculare “ortoscopico”, capace di fornire un ampio campo angolare.

L’obbiettivo9 è formato da una lente semplice piano-convessa (11) di cui si usa solo la zona centrale essendo

essa preceduta da un disco forato (10); la lente 11 è fissata anch’essa da un anello a vite (12). Questo accessorio (produzione Zeiss Jena, 1970) porta la notazione “P”. Analoga struttura troviamo in un prodotto Wild (1960)(figura seguente).

8 In questa sezione dell’articolo indicheremo col termine generico di “oculare” l’oculare del microscopio ausiliario, non quello del microscopio. 9 Allo stesso modo chiameremo “obbiettivo” il sistema inferiore del microscopio ausiliario, non l’obbiettivo del mi-croscopio.

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Fig. 47 a/b/c – L’oculare è composto, dall’alto al basso, come il precedente: una lente semplice biconvessa

asimmetrica (6) ed un tripletto (8). L’obbiettivo è formato da una lente semplice piano-convessa di piccolo diametro (11) incastonata in un barilotto (10) che funge anche da diaframma, e serrata dal solito anello a vite (12).

Il movimento telescopico fra le due parti principali (1 e 2) non è fermato da una vite laterale ma è sufficiente-mente morbido poiché il tubo interno mostra due tagli (1d) che rendono elastica la lamina interposta.

Da notare che il tubo interno (1) mostra un forellino (1c) che serve all’entrata ed all’uscita dell’aria quando si varia la lunghezza del sistema. Nell’esempio precedente questa funzione era probabilmente assolta dall’inter-capedine residua fra le due parti.

Questo accessorio non porta alcuna notazione, a parte il logo del costrut-tore.

Fig. 48 (a destra) – Quasi identico un prodotto PZO degli stessi anni.

Anch’esso senza notazione particolare e con il foro (1c) per lo sfiato dell’aria. Un simile microscopio ausiliario si vede nel corredo per

contrasto di fase di molti costruttori. Qualche esempio.

Fig. 49 (a sinistra) – La casa Askania (Ra-thenow, 1992) offre il corredo completo per contrasto di fase.

Il corredo comprende due condensatori per uno o più diaframmi anulari, una coppia di chiavette per la centratu-ra dei diaframmi e (al centro) il microscopio ausiliario, con la notazione “Hilfsmikroskop” (= microscopio d’aiuto).

La Olympus (per il mod. AH2 PC, 1985) analogamente propone per il contrasto di fase un

blocco da inserire sotto al tavolino, contenente un disco con i vari diaframmi anulari, assieme al-la coppia di chiavette per la centratura ed il microscopio ausiliario, con la notazione “CT” (figura seguente).

In genere, il disco-revolver contiene vari diaframmi anulari ed una posizione “vuota” per il fondo chiaro. Raramente, anche un diaframma anulare per il fondo scuro o qualche prisma di Wollaston10 per il DIC.

10 William Hyde WOLLASTON (pron. uòllaston) (1766-1828), chimico, fisico e fisiologo inglese.

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Fig. 50 – Lo stesso microscopio ausiliario,

con la stessa notazione, viene proposto dalla Ol-ympus per altri modelli ed anche per stativi d’alto bordo come il Vanox AHB, privi di lente di Amici (vedi sotto).

Fig. 51 (a destra) – Ancora un corredo com-

pleto per contrasto di fase della Olympus (BH2, 1980). Il disco-revolver è integrato nel condensa-tore, come avviene di solito. Anche se fisicamente diverso, il microscopio ausiliario è ancora notato “CT". Viene proposto anche un filtro interferen-ziale a banda stretta, nella banda del “verde”, il che migliora il contrasto poiché nasconde la di-spersione dello sfasamento operato dall’anello di fase degli obbiettivi.

Fig. 52 – Ad uno stativo di questa mole

sembra che nulla debba mancare, ma la lente di Amici non è prevista, ed il costruttore propone il solito microscopio ausiliario CT.

Prod. Olympus, Vanox AHB, circa 2000.

Fig. 53 (a snistra) – Anche la casa Nikon propone corredi classici (mod. Microphot SA).

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Fig. 54 – La casa Zeiss di Jena si vantava di aver intro-dotto fin dal 1941 i primi corredi commerciali per il contrasto di fase, del tutto simili a quelli in uso decenni dopo.

Notare che le chiavette per la centratura sono qui montate a dimora nel condensatore, come qualche altro costruttore ha fatto in seguito (Wild, ad es.): una bella comodità nell’uso pratico – chi non ha mai razzolato sotto al tavolo in cerca della chiavetta smarrita alzi la mano. (Prod. Zeiss Jena, mod. Lg, 1958).

Questo microscopio ausiliario è notato “Ph”. Fig. 55 (sotto) – Nel 1966 la casa fiorentina Galileo of-

friva per il suo modello “di routine” BC un corredo di fase con le solite caratteristiche. Il microscopio ausiliario è indicato con 3. Le chiavette con 4

Fig. 56 (sotto) – Per il suo modello GFl la Zeiss W. proponeva ancora un corredo classico. Una variante sta nella centratura dei diaframmi anulari, affidata alla levetta laterale (a sinistra) ed alla manopola frontale (in basso) (1960).

Fig. 57 (sotto) – E qualcosa di molto simile per il

più piccolo modello coevo Standard Junior. E l’elenco potrebbe continuare a lungo, con poche varianti. CONCLUSIONI

L’osservazione del piano focale superiore di un microscopio ottico in funzione, e comunque dei piani ad esso contigui, ha essenzialmente tre applicazioni:

–– controllo della trasparenza, di corpi estranei o d’olio d’immersione, di scollature, di biri-frazione indesiderata, di riflessi interni, di catadiottriche, ecc.; si richiede un sistema ottico foca-lizzabile su altezze diverse (lente di Amici o microscopio ausiliario).

–– osservazione conoscopica (figure d’interferenza) in radiazione polarizzata; in questi casi si prevede una lente di Amici integrata o in tubi intermedi, anche a fuoco fisso (per l’obbiettivo di massima apertura);

–– controllo della centratura dei diaframmi anulari nel contrasto di fase; in questi casi si pre-vede generalmente un microscopio ausiliario, focalizzabile.