Mgs SUSSIDIO Adolescenti 2012

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1 PRESENTAZIONE SUSSIDI MGS NAZIONALI 2011-2012 "IO DO LA MIA VITA" STRENNA 2012 «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore»  (Gv 10,11) Conoscendo e imitando Don Bosco, facciamo dei giovani la missione della nostra vita «Il primo anno del triennio di preparazione al bicentena rio della nascita di don Bosco  è tutto cen- trato sulla conoscenza della sua storia. Dobbiamo studiarlo e, attraverso le vicende della sua vita, dobbiamo conoscerlo come educatore e pastore, fondatore, guida, come legislatore. Si tratta di una conoscenza che conduce all’amore e all’imitazio ne.  Questo è il tema della strenna 2012. […] Le Memorie dell’Oratorio  di San Francesco di Sales, scritte da Don Bosco per richiesta esplicita del Papa Pio IX, sono un punto di riferimento imprescindibile per conoscere il cammino spirituale e pastorale di Don Bosco. Sono scritte perché noi potessimo conoscere gli inizi prodigiosi della vo- cazione e dell’opera di Don Bosco, ma soprattutto perché assumendo le motivazioni e le scelte di Don Bosco, ognuno di noi personalmente e ogni gruppo della Famiglia salesiana potessimo fare lo stesso cammino spirituale e apostolico. Esse sono state denite “memorie di futuro”. Perciò durante quest’anno impegniamoci a conoscere questo testo, a comunicarne i contenuti, a diffonderlo, soprattutto a metterlo nelle mani dei giovani:  esso diventerà un libro ispiratore anche per le loro scelte vocazionali» (dalla Strenna 2012  di Don Pascual Chávez). PROGETTO GENERALE La Strenna invita la Famiglia salesiana a conoscere don Bosco, una conoscenza che conduca all’amore e all’imitazione. I sussidi MGS si pongono su questa linea offrendo per i fanciulli, preadolescenti, adolescenti, gio- vani, un cammino di conoscenza di don Bosco per comprendere le sue scelte, le sue esperienze, il suo cammino di maturazione vocazionale per imparare da lui uno stile di vita che porta alla santità. Concretamente vorremmo dare in mano agli educatori uno strumento utile per far fare ai ragazzi e ai giovani, nelle diverse fasce di età, un percorso di educazione alla fede alla scuola di don Bosco, ispirandoci alla Strenna 2012. È una proposta formativa da attuare, con le dovute integrazioni e adattamenti, all’interno dei diversi ambienti educativi: scuola, oratorio, gruppi formativo-apo- stolici, sport… Useremo come testo di riferimento le Memorie dell’Orato rio  arricchite da materiale integrativo, per aiutare i destinatari ad interiorizzare i diversi messaggi che vi sono racchiusi per procedere ad un confronto e ad una attualizzazione per la loro vita. I Sussidi MGS Nazionali «Io do la mia vita»  traducono per i fanciulli, i preadolescenti, gli adolescenti e i giovani la Strenna del Rettor Maggiore per l'anno pastorale 2011-2012. SUSSIDIO_adolescenti.indd 1 11/08/11 23.58

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Proposta formativa del Movimento Giovanile Salesiano per l'anno 2012.

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PRESENTAZIONE

SUSSIDI MGS NAZIONALI 2011-2012

"IO DO LA MIA VITA"

STRENNA 2012

«Io sono il buon pastore.Il buon pastore offre la vita per le pecore»  (Gv 10,11)

Conoscendo e imitando Don Bosco,facciamo dei giovani la missione della nostra vita

«Il primo anno del triennio di preparazione al bicentenario della nascita di don Bosco  è tutto cen-trato sulla conoscenza della sua storia. Dobbiamo studiarlo e, attraverso le vicende della sua vita,dobbiamo conoscerlo come educatore e pastore, fondatore, guida, come legislatore. Si tratta diuna conoscenza che conduce all’amore e all’imitazione. Questo è il tema della strenna 2012. […]Le Memorie dell’Oratorio  di San Francesco di Sales, scritte da Don Bosco per richiesta esplicita delPapa Pio IX, sono un punto di riferimento imprescindibile per conoscere il cammino spirituale epastorale di Don Bosco. Sono scritte perché noi potessimo conoscere gli inizi prodigiosi della vo-cazione e dell’opera di Don Bosco, ma soprattutto perché assumendo le motivazioni e le scelte diDon Bosco, ognuno di noi personalmente e ogni gruppo della Famiglia salesiana potessimo farelo stesso cammino spirituale e apostolico. Esse sono state definite “memorie di futuro”. Perciòdurante quest’anno impegniamoci a conoscere questo testo, a comunicarne i contenuti, adiffonderlo, soprattutto a metterlo nelle mani dei giovani:  esso diventerà un libro ispiratoreanche per le loro scelte vocazionali» (dalla Strenna 2012  di Don Pascual Chávez).

PROGETTO GENERALELa Strenna invita la Famiglia salesiana a conoscere don Bosco, una conoscenza che conduca all’amoree all’imitazione.I sussidi MGS si pongono su questa linea offrendo per i fanciulli, preadolescenti, adolescenti, gio-

vani, un cammino di conoscenza di don Bosco per comprendere le sue scelte, le sue esperienze,il suo cammino di maturazione vocazionale per imparare da lui uno stile di vita che porta allasantità.Concretamente vorremmo dare in mano agli educatori uno strumento utile per far fare ai ragazzie ai giovani, nelle diverse fasce di età, un percorso di educazione alla fede alla scuola di don Bosco,ispirandoci alla Strenna 2012. È una proposta formativa da attuare, con le dovute integrazioni eadattamenti, all’interno dei diversi ambienti educativi: scuola, oratorio, gruppi formativo-apo-stolici, sport…Useremo come testo di riferimento le Memorie dell’Oratorio  arricchite da materiale integrativo,per aiutare i destinatari ad interiorizzare i diversi messaggi che vi sono racchiusi per procedere adun confronto e ad una attualizzazione per la loro vita.

I Sussidi MGS Nazionali «Io do la mia vita»  traducono per i fanciulli, i preadolescenti, gli adolescenti e i giovani la Strenna del Rettor Maggiore per l'anno pastorale 2011-2012.

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SUSSIDIO ADOLESCENTI2

OBIETTIVIOBIETTIVO GENERALEAiutare i ragazzi e i giovani a fare un cammino formativo sulle orme di don Bosco, scoprendoquelle tracce di santità che lui stesso ha vissuto e poi indicato ai suoi ragazzi e ai suoi giovani.

SVILUPPO DEI TEMIPER FASCE DI ETÀ

FANCIULLI _«Ho fatto un sogno»  La finestra di osservazione: l'apertura al mistero della vita

PREADOLESCENTI_«La "società dell’allegria"»La finestra di osservazione: lo sviluppo di una personalità simpatica e socievole

ADOLESCENTI_«Cosa farò della mia vita» La finestra di osservazione: lo sviluppo di una personalità attiva, interiore, unificata

GIOVANI_«Per voi darei la vita » La finestra di osservazione: lo sviluppo di una personalità integrata attorno a un centro interiore(la relazione con dio) e a un progetto (la missione giovanile)

NOTA BENE. Gli obiettivi specifici per fascia di età (che troveremo in ogni singolo sussidio)sottolineano la la “finestra di osservazione” da cui osservare la vita di don Bosco, sguardo tipico diquella fascia di età, quasi un "filtro" esistenziale. Ma il sussidio – attraverso le sue sei tappe lungol'anno liturgico – deve presentare TUTTA la vita di don Bosco come da Memorie dell'Oratorio  (e da altre fonti), e non soltanto quelle indicate sopra per ogni singola fascia di età, anche sequeste restano privilegiate, almeno come punto di partenza.

Proponiamo di farlo non solo attraverso racconti di episodi, ma evidenziando alcuni tratti dellasua personalità, che don Bosco apprende, sperimenta, conquista…: come un identikit della suafigura "storica" di ragazzo-uomo, prete, educatore, santo…Qui sotto ne indichiamo – a mo' di esemplificazione – alcuni, due (in un caso tre) per ognunadelle tappe di vita descritte nelle Memorie dell'Oratorio.In vista del sussidio, tutti questi tratti devono essere "trattati" (individuati, compresi, allargati/esemplificati con altre pagine della sua biografia, e poi confrontati, applicati, sperimentati, in-teriorizzati, pregati, celebrati nella vita del fanciullo-ragazzo-giovane) cioè in una dimensionestorica, pedagogica, spirituale sempre dall'ottica specifica o "filtro" della fascia di età.Nel senso che ogni fascia di età verrà a conoscenza della personalità storica e spirituale di donBosco così come riesce a comprenderla e farla sua dalla sua specifica esperienza (di fanciullo,ragazzo, giovane…). In effetti sono diversi i modi (psicologici, esistenziali e spirituali) con cui il

destinatario percepisce (e reagisce a) il tema del "sogno", dell'ambiente e famiglia, degli amici,dell'esperienza religiosa, del progetto, della dimensione educativa e spirituale, ecc.

Primo periodo (mo pagg. 9-16). È il periodo dell’infanzia di Giovannino fino al sogno dei 9 anni.Tratti della vita di Giovannino da mettere in evidenza:1. Giovannino cresce in ambiente molto povero ma ricco di fede, di amore, di tanta attenzione

da parte di Mamma Margherita che lo educa secondo i più sani principi, nonostante tante dif-ficoltà

2. Giovannino fa un sogno che segna la sua vita. Tale sogno è già frutto di una certa predisposi-zione al dono di sé, respirato nella sua famiglia.

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PRESENTAZIONE

Secondo periodo (mo pagg. 19-36). È il periodo in cui Giovannino capisce che può fare qualcosaper gli altri, è il periodo della sua vita in cui comprende il valore dello studio e del sacrificio.Tratti della vita di Giovannino da mettere in evidenza:3. Giovannino è un leader tra i suoi compagni, ma sa distinguere le sue amicizie:•  Non perde mai i valori acquisiti in famiglia, anche se i suoi compagni potrebbero provocarlo•  Si pone sempre come lievito tra i compagni trasmettendo la sua fede e i suoi valori4. Giovannino si fida delle persone che lo accompagnano nella sua crescita: a loro dà confidenza,

obbedienza, collaborazione.

Terzo periodo (mo pagg. 37-62). È il periodo in cui Giovannino fa molte esperienze che rafforzanola sua personalità e arricchiscono il suo patrimonio di conoscenzeTratti della vita di Giovannino da mettere in evidenza:5. Giovannino ha molti interessi, coltiva molti hobbies che saranno un patrimonio di cui servir-

sene in futuro anche per un servizio agli altri6. Sa trasformare le difficoltà delle vita come opportunità per crescere 7. La sua premura per i ragazzi lo porta a trovare modi inediti di animazione: la società dell’al-

legria.

Quarto periodo (mo pagg. 63-102). È il periodo dell’adolescenza di Giovanni in cui matura la suascelta vocazionale fino all’ordinazione sacerdotaleI tratti da mettere in evidenza sono:8. Giovanni si interroga sulla sua scelta vocazionale e lo fa con spirito di ricerca, leggendo a fon-

do i segni che Dio pone sul suo cammino9. Una volta diventato sacerdote, accompagnato dai suoi superiori, cerca continuamente la vo-

lontà di Dio per capire fino in fondo come realizzare la sua missione.

Quinto periodo (mo pagg. 104-139). È il periodo in cui don Bosco intravvede e poi inizia la sua

missione tra i giovaniTratti della vita di don Bosco da mettere in evidenza:10. Don Bosco matura una grande passione per l’educazione dei giovani11. È creativo e tenace nel suo obiettivo di fare del bene ai suoi ragazzi nel corpo e nello spirito.

Sesto periodo (mo pagg. 141-159). E’ il periodo dello sviluppo dell’Oratorio fino al miracolo dellaguarigione strappato a Dio dai suoi ragazziTratti della vita di don Bosco da mettere in evidenza:12. Don Bosco trasmette ai suoi ragazzi un profondo senso di Dio che si esprime in uno stile par-

ticolare di stare all’oratorio13. Si consuma per i suoi giovani non facendo mai mancare a nessuno la sua attenzione e la sua

amorevolezza.

Siamo convinti che ogni sussidio assume valore nella misura in cui chi lo propone e lo usa sipone seriamente in un continuo percorso di conversione personale e di ricerca sincera del Si-gnore della vita per seguirlo con gioia e nella verità.

p.s.: I numeri di pagina delle Memorie dell'oratorio si riferiscono al testo San Giovanni Bosco, Me- morie , trascrizione in lingua corrente di Teresio Bosco, Elledici, 2008

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4   SUSSIDIO ADOLESCENTI

Il percorso di questo sussidio nasce da due intuizioni maturate nella preghiera:

1. attraverso la metafora del buon pastore, Gesù ci mostra il suo cuore aperto, perché possiamoconoscerlo, possiamo trovarvi casa, possiamo imitarlo;

2. la storia di Don Bosco è la storia di come il cuore di un uomo può lasciarsi trasformare dallaGrazia, fino ad assomigliare in tutto al cuore del Figlio di Dio;

E il nostro cuore? Anche il nostro cuore è chiamato ad entrare in questa avventura bellissimaed esigente! Le pagine che seguono hanno dunque la presunzione di aiutare gli adolescenti ed iloro educatori a conoscere più in profondità le dinamiche del proprio cuore, a confrontarle con

il cuore di Don Bosco, a consegnarle al cuore di Gesù. Qui ovviamente con la parola cuore non siintende la sede dei sentimenti, ma piuttosto il centro profondo e vitale di ogni persona.

Ogni tappa è costituita da una “meditazione” scritta in modo da poter essere data in mano anchedirettamente ai ragazzi, articolata in tre momenti:

1. focus: testo-testimonianza che introduce e lancia provocazioni sul tema della tappa

2. con il cappello di don bosco: approfondimento sulla vita di don Bosco riprendendo le Memoriedell’Oratorio (i brani indicati sono tutti citati dall’edizione trascritta in lingua corrente da TeresioBosco: San Giovanni Bosco, Memorie, Elledici 2005)

3. lente sulla parola di dio: approfondimento del tema a partire dalla Parola di DioAd ogni momento della meditazione corrisponde la proposta di attivita’ per l’approfondimentoin gruppo ed un po’ di materiale utile per strutturare gli incontri.

Abbiamo scelto di concludere ogni tappa con la proposta di uno schema per l’adorazione eucari-stica, poiché la preghiera davanti all’Eucarestia è per eccellenza il momento del cuore a cuore congesu’. Lo scopo di questa proposta è quello di aiutare gli adolescenti ad interiorizzare e fare sintesi,mettendosi personalmente in dialogo con il Signore. La durata di questo momento può variareda un minimo di mezz’ora ad un massimo di un’ora e mezza, a seconda delle capacità dei ragazzidi sostenere il silenzio. Se non c’è l’abitudine di pregare secondo questa modalità, si consiglia diprocedere con gradualità, aiutando piano piano gli adolescenti a gustare la bellezza di stare aipiedi di Gesù presente nell’Eucarestia per dialogare personalmente con Lui.

Buon lavoro a tutti, di cuore!

STRUTTURA DEL SUSSIDIOIn ogni periodo troviamo:

INTRODUZIONE AL SUSSIDIO ADOLESCENTI «COSA FARÒ DELLA MIA

VITA» 

IO DO LA MIA VITA

Focus: Ogni tappa inizia con un testo/testimonianza che introduce il temadel periodo lanciando le prime provocazioni.

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ADOLESCENTI

ADOLESCENTI

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INTRODUZIONE

Materiale: Tutto il materiale lo trovi sul sito www.donboscoland.it,  cliccan-

do il pulsante

A cuore a cuore con Gesù: Adorazione Eucaristica che riprende l’obiettivogenerale e permette di fare la sintesi dell’itinerario percorso.

Attività: Proposta di alcune attività per poter lavorare concretamente con iragazzi sul tema.

Con il cappello di Don Bosco: Testo di approfondimento sulla vita di donBosco ripreso dalle Memorie dell’Oratorio che va a scavare ulteriormente iltema della tappa.

Lente sulla parola di Dio: Uno spazio per approfondire il tema della tappa apartire dalla Parola di Dio.

IL MATERIALE ON LINEAbbiamo pensato di offrirti anche altro materiale che, essendo abbondante, non abbiamo stam-pato. Tutto il materiale on line lo puoi trovare www.donboscoland.it  cliccando questo bottoneche trovi sulla home del sito:

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SUSSIDIO ADOLESCENTI6

PERIODO E PdD TEMA

INIZIO ANNO

Io sono il buon pastore.

AVVENTO E NATALE

Conosco le mie pecore e le mie pecoreconoscono me, così come il Padre co- nosce me e io conosco il Padre.

MESE SALESIANO

Il buon pastore dà la propria vita perle pecore.

QUARESIMA

Per questo il Padre mi ama: perché iodo la mia vita, per poi riprenderla dinuovo.

TEMPO PASQUALE

E ho altre pecore che non provengonoda questo recinto: anche quelle io devoguidare.

MESE MARIANO

Ascolteranno la mia voce e divente- ranno un solo gregge, un solo pastore.Questo è il comando che ho ricevutodal Padre mio.

Un cuore che vede

Luca 12,22-34

Un cuore che ha mani

Mt 14,23-32

Un cuore che cammina

Lc 10,1-12

Un cuore che ascolta

Lc 4,1-13

Un cuore che ama

Gv 21,24-29

Un cuore di figlio

Gv 19,25-27

SCANSIONE

DEI PERIODI

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INTRODUZIONE

TEMI DALLE MO MOOBIETTIVI

Un sogno che spalanca la vita:• le origini: la famiglia, mamma

Margherita, Antonio…• il sogno dei 9 anni: contenuti  e interpretazione.

Gli incontri che cambiano la vita:• incontro con Gesù• incontro con Don Calosso• le amicizie (Giona, Comollo…)

Allegria e studio:• la società dell’allegria• la vita cristiana (vita a Chieri):

studio e lavoro• Valorizzazione del tempo e delle

opportunità

Prete per i giovani• l’oratorio• un sogno che ritorna (cf. p.113-

114)• dai fallimenti alla nascita

dell’oratorio di Valdocco

Oratorio non laboratorio:• don Bosco con Dio• don Bosco e la Madonna• la comunità

Cosa farò della mia vita?• la guida spirituale• discernimento vocazionale

(formazione e vita pratica)• la scelta vocazionale (cf.

imparare ad essere prete p.100-

103)• il sacrificio

1. Imparare a guardare in profondità gli eventi dellapropria vita.

2. Riconoscere la presenza degli altri e la presenza diDio nella propria vita

1. Riflettere sulle proprie relazioni interpersonali

ed imparare a discernere quelle positive da quellenegative 

2 . Scoprire la bellezza e l’importanza delle amicizieautentiche e della guida spirituale 

3. Imparare a chiedere aiuto a Gesù e a fidarsi di Lui 

1. Riconoscere la necessità che per camminare nellavita ci vogliono obiettivi chiari e costanza nel seguirli 

2. Accettare la fatica per realizzare il proprio sognosull’esempio di Giovanni

3. Imparare con umiltà a mettere i propri doni aservizio degli altri

1. Avere la capacità di fare silenzio per ascoltare laParola di Dio;

2. Imparare a distinguere la voce di Dio dalle altre voci3. Mettersi in ascolto della voce di Dio che chiama

1. Scoprire che non c’è amore vero senza sacrificio di sè 2. Mettersi in ascolto delle sofferenza degli altri 3. Si impara ad amare solo entrando nel cuore aperto

di Gesù, attraverso la mediazione dei sacramenti  

1. Scoprire che la nostra identità più profonda è essere figli del Padre 

2. Riconoscere nella nostra vita di fedel’accompagnamento di Maria

3. Riscoprire la preghiera del Rosario 

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INIZIO ANNO

 

Gli occhi del cuoreSono nata con due occhi sulla fronte e ancora prima di iniziare a parlare o a camminare li hospalancati grandi e tondi. Ed il mondo che era fuori, tutto intorno, ha iniziato ad entrare dentrome attraverso quelle due piccole finestre di luce. Non c’era allora molta distanza tra i miei occhie il mio cuore. Cerco di ricordare… mi sembra che tutto fosse più facile, allo stesso tempo più mi-sterioso e più lineare. Da una parte nulla di quello che vedevo mi lasciava indifferente, dall’altraciò che mi passava nel cuore raggiungeva subito la superficie degli occhi, facendoli brillare in unlacrima o in un sorriso. Sono passati gli anni e se mi guardo dentro le cose si sono fatte complica-te: i miei occhi si sono abituati a tal punto a guardare il mondo che forse non lo vedono quasi più!E cosa dire del mio cuore? Mi sembra tutto confuso e aggrovigliato. Mentre ci penso e ci ripenso,

FOCUS

UN CUORE CHE VEDE

Io sono il buon pastore.mo  9-16 

Lc 12,22-34 

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INIZIO ANNO

Con il cuore si vede la Provvidenza di DioIn Oratorio c’è un quadro di Don Bosco un po’ speciale: quando ti sposti nella stanza sembra che tisegua con lo sguardo. Mi piace quello sguardo, lo sento penetrante e rassicurante contemporane-amente. Mi ricordo che una volta mi hanno detto che Don Bosco con i suoi occhi sapeva leggerei segreti dei cuori. Ma come avrà fatto ad imparare? Si sarà esercitato a lungo? Avrà iniziato dabambino? Vado a rileggere alcuni episodi della sua infanzia e mi accorgo che egli aveva un mododi guardare le cose che gli faceva vedere in tutto la presenza di Dio. Certamente questo sguardo loha imparato dalla mamma: una donna che non ha avuto una vita facile, eppure non ha mai persola speranza. La morte prematura del marito, la grave carestia e l’esperienza della fame, la fatica dicrescere da sola tre figli, di cui uno non suo: dove avrà trovato la forza per affrontare tutte questedifficoltà? Il segreto sembra stare tutto in questa sua espressione, pronunciata durante la carestia,nel momento in cui la fame era più nera e la morte sembrava davvero vicina: “Papà morendo midisse di avere fiducia in Dio. Quindi inginocchiamoci e preghiamo.” Margherita cerca di vedere intutto la Provvidenza di Dio: sforza gli occhi del cuore, prega e si affida. La cosa davvero bella peròè che questo suo sguardo non è riservato agli eventi dolorosi, al contrario, la accompagna sempre!Con gli stessi occhi contempla la bellezza del creato ed aiuta i suoi figli a riconoscere in ogni cosabella l’impronta del Creatore. Con gli stessi occhi si accorge di chi accanto a lei ha bisogno: di unaparola di conforto, di un piatto di minestra. Avvolge il prossimo nel suo sguardo d’amore e nonrifiuta il suo aiuto a nessuno. Sotto questo sguardo Giovanni cresce, plasmato da questo amoreattento. Così anche il suo cuore un po’ alla volta spalanca gli occhi. Anche Giovanni cerca i segnidell’Amore di Dio, e allo stesso tempo vede attorno a sé tanti amici che vivono come ad occhi

chiusi, nell’indifferenza, nella violenza, nel peccato. Ora capisco un po’ di più il valore del sognodei nove anni: è in questo cuore dagli occhi spalancati, che Dio trova lo spazio per potersi rivela-re, che per un attimo la Provvidenza di Dio si lascia guardare. Per prima cosa il Signore indica aGiovanni la sua missione: prendersi cura dei giovani, di quelli poveri e abbandonati. Poi gli sug-gerisce la modalità per realizzarla, “non con le percosse, ma con l’amore”, e perché possa iniziaresubito lo invita a lavorare prima di tutto su se stesso, rendendosi “umile, forte e robusto”. Infine,quando Giovanni esprime il suo timore, lo rassicura affidandolo alla guida di Maria. Eppure almattino, Giovanni fatica a interpretare il sogno. Capire ciò che dice Dio rimane difficile: il sognonon ha dissolto il mistero della Sua presenza. Giovanni lo interpreterà poco per volta con la suavita. Ma intanto una finestra si è aperta sul futuro, Giovanni non procede alla ceca. La fiducianella Provvidenza di Dio gli ha aperto una finestra da cui può sporgersi a guardare.

CON IL CAPPELLO

DI DON BOSCO

mi tornano alla mente le parole della Volpe al Piccolo Principe: “non si vede bene che col cuore”.Vedere con il cuore: non è affatto semplice. Questo cuore che ho nel petto, questo intrico di senti-menti, di desideri, di dolori… come può vederci bene? Più mi ci immergo, più mi sembra di stareal buio! Non lo so. Forse sbaglio prospettiva. Forse gli occhi del mio cuore sono a posto, forse devosolo imparare a tenerli bene aperti. Sarebbe bello un cuore così, come quello del Piccolo Principe,

che sappia guardare e vedere le meraviglie che ci sono intorno in questo mondo pieno di misteri,pieno di altri cuori, di altri sguardi da incrociare. Ma ora basta fantasticare! Voglio scrollarmi didosso la solitudine in cui si è ripiegato il mio cuore, uscire dal groviglio dei miei perché, proiettar-mi verso fuori. Sono stanco di procedere alla ceca, di sbattere qua e là. Questa volta farò lo sforzodi mettermi seriamente a cercare, cercare di aprire gli occhi del mio cuore.

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La ricerca del Regno di DioMentre penso a queste cose, mi viene in mente che anche Gesù da qualche parte ha parlato dellosguardo. Diceva di guardare bene gli uccelli del cielo e i fiori dei campi per imparare da questecreature cosa significhi fidarsi di Dio. Vado a cercare quel passo del Vangelo, per vedere se Gesùmi può aiutare a fare chiarezza in questa storia degli occhi del cuore. Ecco: si presenta a Gesùun tale, che sta litigando con suo fratello per la divisione dell’eredità. L’uomo chiede a Gesù dicostringere il fratello a dargli ciò che gli spetta. Il Maestro coglie al volo l’occasione per educarelo sguardo dei suoi discepoli:

«Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo,come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate i corvi: non seminano e nonmietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! Chi di voi, perquanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la piùpiccola cosa, perché vi affannate del resto? Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppureio vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Se dunque Dio veste cosìl'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede? Non cercateperciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa lagente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cosevi saranno date in aggiunta. Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suoregno. Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribilenei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il

vostro cuore.» ( Luca 12,22-34  ) Mi stupisco di come la Parola di Gesù sa fare luce sui miei interrogativi. Qui si parla proprio disguardo e di cuore. Si parla anche dell’ansia di trovare qualcosa che metta in sicurezza il tesoroche è la nostra vita. Quell’uomo, per esempio, cercava la sicurezza nel possesso dell’eredità. Altri,dice Gesù, sono preoccupati solo del benessere del proprio corpo. Mi accorgo improvvisamenteche è proprio così: più sono basse le preoccupazioni che mettono in ansia il mio cuore, più sonoristretti gli orizzonti del mio sguardo, meno sono capace di riconoscere la presenza di altri nellamia vita, di andare loro incontro con gratuità. Come l’uomo preoccupato per l’eredità non riescepiù a dialogare con suo fratello, così anche io quando mi ripiego sui miei bisogni, sui miei ca-pricci, sui miei interessi del momento, non riesco più a vedere gli altri come persone da amare:li trasformo in oggetti da usare! Ma Gesù non si accontenta di illuminare la cecità del mio cuore,

mi suggerisce anche il modo giusto per aprire gli occhi: cercare sempre il suo regno. Ma cosasignifica cercare il regno di Dio? Voglio dire, concretamente, come si fa? Rileggo queste parole ecerco di farlo con gli occhi del cuore che ho appena iniziato ad aprire. Non è che in questi versettisi trovi una definizione chiara di questo misterioso regno. Forse un indizio sta nel guardare nonsolo a ciò che Gesù dice, ma anche a quello che Egli fa. Tra le righe inizio a vedere l’affetto grandee profondo con cui Gesù si rivolge ai suoi discepoli parlando dell’amore del Padre. Poi mi ricordodei tanti gesti di Gesù che rendono concreto questo amore: Gesù che guarisce i malati, che perdo-na i peccatori, che abbraccia i bambini. Gesù che muore per me sulla croce: è Dio in persona, chesi prende cura di me perché sono suo figlio. Si prende cura di me e di tutti, come fa un pastore conil gregge. In nome di questo amore Gesù mi invita ad allontanare la paura che mi acceca e mi faattorcigliare su me stesso. È un invito dolce e forte a cercare dappertutto i segni della sua Provvi-denza, della sua cura e a diventarne testimone così come Don Bosco!

LENTE

SULLA PAROLA DI DIO

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ADOLESCENTI

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INIZIO ANNO

ATTIVITÀ

Attivita’ 1Obiettivo: far comprendere la differenza tra sguardo orientato dall’apparenza e sguardo orientatodal cuore. Si vuol sottolineare come l’occhio possa agire sul pensiero (talvolta ingannandolo) edi come, a sua volta, il pensiero agisca sulla volontà. Guardare fidandosi unicamente dei propriocchi fa vedere cose false e, di conseguenza, fa fare cose sbagliate!

Durata: 50 minuti• video o racconto del brano del Piccolo Principe• immagini di illusioni ottiche (reperibili in internet)

Svolgimento: iniziate facendo vedere ai ragazzi alcune immagini di illusioni ottiche e proponetele seguenti domande:• Quello che vedono i vostri occhi è solo ciò che appare a prima vista? I vostri occhi sanno vedere

in profondità?• Il vostro pensiero è influenzato da ciò che vedete?• Secondo voi, nella nostra quotidianità si creano situazioni in cui confondiamo l’illusione con

la realtà?• Quanto, nelle nostre scelte, ci lasciamo influenzare dalla prima impressione?Dopo di che presentate il brano tratto da “Il Piccolo Principe” (potete scegliere sia il formato carta-ceo che quello audio-visivo). Proponete delle domande che portino i ragazzi a riflettere su questosecondo modo di guardare, ad esempio:• Cos’è che rende speciale la rosa del Piccolo Principe?•

Perché gli uomini, “pur coltivando cinquemila rose nello stesso giardino non trovano quelloche cercano?”• È vero che l’essenziale è invisibile agli occhi? Perché?

Sottolineate il fatto che il primo modo di guardare affascina ma rimane un’illusione, crea unarelazione basata sul fascino dell’emozione di quel momento ma, una volta esaurito, non lascianulla; il secondo invece crea le condizioni per instaurare una relazione vera, autentica, che vain profondità e non si accontenta di guardare, ma vuole vedere con gli occhi del cuore. In questospazio aperto Dio può iniziare a lavorare perché un po’ alla volta i nostri occhi, mente e volontàci conducano alla vera gioia.

Scoprire gli occhi del cuore: video piccolo principe•

Il Piccolo Principe; un tuffo nella poesia delle piccole cose• Le perle del cuore; il piccolo principePer guardare i video vai su www.donboscoland.it  ,clicca su e cerca ilcontributo numero 1

Attivita’ 2Obiettivo: con questa attività si vuole portare i ragazzi a pensare alla loro storia e a riconoscere ilpassaggio di Dio nei vari momenti della loro vita. Si vuole, inoltre, evidenziare quanto sia sempli-ce illudersi di “vedere la verità” soffermandosi sull’esteriorità di oggetti, persone, eventi e ferite dacui ciascuno è stato segnato. Va sottolineato che non deve tanto importare cosa è accaduto nellanostra vita, ma come è orientato il nostro sguardo, come si guarda a ciò che è successo e quale

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significato gli si attribuisce.

Materiali: oggetto importante per i ragazzi, fogli, capitolo “La vita marchiata da un sogno” da le“Memorie” di S. Giovanni Bosco, pag. da 9 a 16.Durata: 60 minuti

Svolgimento: nell’incontro precedente a quello in cui verrà effettuata questa attività l’educatoredeve chiedere a ciascun ragazzo di portare un oggetto a cui è particolarmente legato. Per svolgerequesta attività i ragazzi devono disporsi in cerchio, in mezzo al quale deve essere posto un tavoli-no. Ogni oggetto, uno per volta, verrà posto sul tavolino e ciascun componente del gruppo dovràdire che cosa vede (es. un braccialetto d’argento con perline di colore rosa…). Quando ciascuno siè espresso, il proprietario dovrà spiegare che cosa vede oltre agli elementi esteriori percepiti datutti (es. l’affetto di chi glielo ha regalato, il ricordo di un amico, l’emozione di un momento dellasua vita…).Conclusa questa fase, raccontate la storia dei primi anni di Giovannino fino ad arrivare al sognodei 9 anni. Potete scegliere se leggerla o vedere uno spezzone del film su Don Bosco. Su un car-tellone, poi, create una tabella in cui evidenziate gli eventi principali della vita di Giovannino eportate i ragazzi a individuare in quali momenti Giovannino riconosce la presenza di Dio.

Successivamente avviate un lavoro personale in cui i ragazzi devono ripensare alla loro vita, aglieventi principali che hanno vissuto e al loro modo di reagire di fronte ad essi. Sono riusciti a ve-dere il passaggio di Dio in quei momenti? Si sono accorti che Lui era presente?

Attivita’ 3Obiettivo: far comprendere come il tipo di sguardo che assumiamo influisca sulla relazione connoi stessi, con gli altri, con la natura, con Dio. Gli occhi del nostro cuore hanno bisogno di esserepurificati. Gesù stesso si offre di curare il nostro sguardo per renderlo limpido come il suo.

Materiali: pastelli a olio (un nero per ciascuno e diversi colori), un foglietto per ciascuno (bastametà a4),Durata: 60 minutiSvolgimento: ognuno deve coprire tutto lo spazio del foglietto con colori a scelta calcando bene ipastelli e sovrapponendo anche i colori. Dopo di che tutto il disegno va coperto con la cera nera(l’ostacolo che impedisce il passaggio della luce). Fatto questo, i foglietti vengono raccolti, mesco-lati e riconsegnati a caso. Ogni ragazzo, per capire che colori ci sono sotto la cera nera (bellezzadell’altro) dovrà, con il tappo di una penna, grattarla via. Il tappo della penna può essere ancheutilizzato come la punta di una matita per creare i contorni di un disegno. Terminato questo,leggete insieme il brano del Vangelo (Luca 12,22-34), mettendo in luce il fatto che il colore neropuò essere associato agli ostacoli che spesso si trovano davanti ai nostri occhi e che ci rendonociechi (ricchezza, invidia, intolleranza, paura, potere, successo, più in generale il peccato). SoloGesù può grattare via tutto questo nero e permetterci di vedere la bellezza degli altri e del creato.Ciò richiede la nostra disponibilità a una relazione profonda e personale con Lui.

CUORE A CUORECON GESÙ

Adorazione eucaristicaGuida: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

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INIZIO ANNO

Tutti: Amen

Canto per l’esposizione: Nel tuo silenzio (Gen Rosso, Gen Verde)

Invocazione allo Spirito Santo

Vieni Santo Spirito,apri gli occhi del mio cuore,aiutami a riconoscerein questo panela presenza di Gesù!

Lettura del Vangelo secondo Luca 12,22-34

Tempo di silenzio

Traccia per la preghiera personaleGesù oggi ti attende in modo particolare. Nell’Eucaristia Gesù si fa presente nella semplicità e

povertà del segno del pane.Quello di Gesù è lo sguardo del pastore buono: lasciati guardare dal suo sguardo penetrante, omeglio, entra nel suo sguardo profondo sulla vita…Entra nella tua vita e in quello che ti circonda con Lui.

Puoi leggere una parte della meditazione proposta all’inizio della tappa…

Come gli occhi del tuo cuore si posano sulla realtà? Sanno vedere in profondità?Affida chi in questo momento soffre, ringrazia per chi in questo momento ama…In quali situazioni hai riconosciuto che Dio si prende cura di te?Gesù vede i tuoi desideri profondi, le tue aspirazioni, conosce le tue lentezze...Affida tutto a Lui, come si racconta ad un amico anche ciò che sa già… per la gioia di condividerele cose importanti con qualcuno che capisce davvero.Lasciati “addomesticare” da Gesù…

Preghiamo insieme il salmo 119Lampada ai miei passi è la tua parolaLuce sul mio cammino.Sono stanco di soffrire, SignoreDammi vita secondo la tua Parola,

Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamentisono essi la gioia del mio cuore.Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,

in essi è la mia ricompensa per sempre.

Padre NostroCanto finale

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UN CUORE CHE HA MANI

AVVENTO E NATALE

Le mani del cuore«Lei era come un pezzo di creta per uno scultore, i miei pensieri segreti erano dita: volarono die-tro la sua fronte pensosa e vi scavarono un dolore profondo»1. Da qualche giorno non riesco a le-varmi di mente questi versi che ho letto a scuola. Non mi ero mai fermato a riflettere seriamentesullo spazio che lascio alle persone che amo, perché possano incidere nella mia vita. Questa nuo-

Conosco le mie pecoree le mie pecore conoscono me,così come il Padre conosce mee io conosco il Padre.mo  19-36 

Mt 14,23-32 

FOCUS

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AVVENTO E NATALE

va consapevolezza mi inquieta e mi affascina allo stesso tempo. Continuo a pensare al mio cuorecome un pezzo di creta e mi chiedo a quali dita lo lascio modellare, a quali pensieri segreti lascioil potere di scavare dentro di me. Richiamo alla memoria i volti delle persone che mi sono care.Cerco di ricordare qualche momento particolare della mia vita, in cui mi sono sentito condurre,trasformare. Per prime mi vengono in mente le esperienze di dolore. È più facile ricordare se ci

sono cicatrici! Però è strana questa cosa: il tradimento di un’amica, la derisione del ragazzo di cuiero innamorata, il giudizio tagliente di alcuni compagni di scuola… sono tutte situazioni in cuiho dato in mano il cuore al primo che passava per strada, senza assicurarmi se l’avrebbe trattatocon cautela! Eppure come sono scese in profondità quelle dita! Per fortuna ci sono state anchealtre dita, che hanno saputo guidarmi con dolcezza. Ricordo quando da bambino la mamma eil papà mi prendevano per mano, era come se mi accarezzassero il cuore. Ho nostalgia di quellaguida sicura, anche se a volte l’orgoglio mi spinge a voler fare tutto da solo. Ma anche il mio cuoreha mani e dita che sanno afferrare, scavare, incidere il cuore degli altri. A volte i miei pensieri piùsegreti, i miei sentimenti un po’ aggrovigliati, formano come una rete che sembra fatta appostaper catturare quello che mi piace: cose o persone che mi sembrano indispensabili per essere feli-ce! Ma poi che tristezza quando mi accorgo che non riempiono il mio cuore! Mi piacerebbe lasciarcadere questa rete, ed imparare ad usare le mani del cuore con delicatezza e attenzione. Imparare

ad accarezzare senza afferrare, imparare a stringere la mano di qualcuno che sia davvero capacedi plasmare, dal mio cuore, un capolavoro!

Mani che stringono mani

C’è un canto, un po’ vecchiotto in verità, che descrive il cuore di Don Bosco. Se non ricordo maledice che il suo cuore era “grande come la sabbia del mare” e che con le sue mani ha formato“uomini dal cuore sano e forte”. Ricordo che una volta ho letto alcune testimonianze dei ragazzidell’Oratorio di Valdocco: tutti parlavano di Don Bosco come del padre buono e sapiente che li haaiutati a diventare capaci di amare e donarsi a loro volta. Sentire quei racconti carichi di affettomi aveva fatto provare una forte nostalgia. Eppure anche Don Bosco in qualche modo deve averimparato. Anche lui, da giovane, avrà dovuto allenare le mani del suo cuore! Mi viene in menteun episodio della sua vita un po’ strano. Don Bosco da ragazzo, aveva circa dieci anni, amavamolto arrampicarsi sugli alberi in cerca di nidi2. Una volta, trovato un piccolo merlo, decise ditenerlo con sè per addomesticarlo. E fece proprio così: lo mise in una gabbia e gli insegnò a fi-schiare. Lungo la giornata pensava sempre a quel compagno di giochi e passava molto tempo insua compagnia.

Purtroppo un brutto giorno un gatto si mangiò il merlo, e Giovanni, tornando da scuola trovò lagabbia vuota, sporca di sangue. La morte del merlo spezzò il cuore di Giovanni, che per diversigiorni pianse disperato, fino a che non si rese conto del suo errore. Senza accorgersene egli avevalasciato al merlo pieni poteri sul suo cuore! Allora Giovanni fece un proposito: decise di non at-taccare mai più il cuore ad una creatura terrena. Riprendo in mano la sua biografia per vedere sequel proposito l’ha mantenuto. Mi accorgo che negli stessi anni Giovanni inizia a legarsi ad unapersona speciale: don Calosso, la sua prima guida spirituale. Pur essendo un ragazzo con tantedoti e capacità, si accorge di non poter fare tutto da solo, cerca la persona giusta e poi si affidae si lascia guidare. Egli apre a quel prete il suo cuore, gli consegna la sua vita per essere aiutatoa crescere umile, forte e robusto, così come il Signore gli aveva chiesto nel sogno. Continuandoa scorrere la sua storia mi accorgo che in realtà tutta la sua vita è costellata di amicizie intense,

CON IL CAPPELLODI DON BOSCO

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in cui egli si lascia coinvolgere senza riserve. Voglio dire che sono amicizie basate su un affettosincero, in cui certamente ci si diverte insieme, ma soprattutto ci si sostiene e ci si corregge avicenda, perché insieme si punta a cercare e fare ciò che il Signore sogna e desidera per ognuno.Penso per esempio ai due grandi amici degli anni di Chieri: Luigi Comollo, che insegna a Giovan-ni a controllare la collera e a moderare la sua forza per metterla a servizio del bene, e a Giona, il

giovane ebreo che grazie alla testimonianza di Giovanni chiederà il battesimo. Ma allora dove stail punto? Ecco: da un lato egli non vuole usare il cuore come una rete che pesca a casaccio, e perquesto è disposto a lottare anche contro se stesso; dall’altro egli sceglie di stringere le mani giuste,quelle lo aiutano a dare il meglio di sé.

1Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River.2Memorie Biografiche vol.1 cap.14.

Lasciarsi afferrare da GesùMentre continuo a pensare a questa storia delle mani del cuore, mi viene in mente quel raccontodella Bibbia in cui si dice che Dio ha plasmato l’uomo e la donna con le sue mani. C’è anche unsalmo, mi sembra, in cui si dice che è Lui che dà la forma ad ognuno di noi dentro il grembo dinostra madre. È bello pensare che io, il mio corpo e tutto di me, non sono tanto il risultato di unincrocio casuale di cromosomi, ma soprattutto il frutto dell’incontro d’amore tra i miei genitori

e della carezza potente della mano di Dio. Forse dovrei pensarci un po’ più spesso! Eppure questacarezza ricevuta nella pancia della mamma mi sembra ancora troppo poco. Vorrei continuare asentire ancora questo tocco della mano di Dio! In effetti, a pensarci bene, neppure Dio si è ac-contentato di averci creato, perché è anche venuto ad incontrarci di persona. Lo festeggiamo trapoco, a Natale: Dio che diventa concreto, che mi tocca e che si lascia toccare, perchè le mani diGesù sono davvero le mani di Dio. All’inizio erano piccole piccole, me le immagino che tirano labarba di Giuseppe, che stringono un dito di Maria. Ma in esse è nascosto il potere di rimarginareogni ferita del corpo e del cuore, perché le mani di Gesù sono davvero le mani del cuore del Padre.Ecco perchè Gesù ripete tante volte ai suoi discepoli: “Io faccio sempre ciò che vuole il Padre”.Certo che quei dodici sono stati fortunati: hanno potuto vivere al suo fianco per tre anni, hannosperimentato il tocco delle sue dita, la carezza delle sue mani, le hanno sentite modellare il lorocuore. Penso in particolare a Pietro. Pietro, secondo me, aveva un cuore che continuamente gli

scoppiava in petto, ora per l’entusiasmo, ora per la paura. Mi viene in mente quella notte in cuichiese a Gesù di andargli incontro camminando sul mare:

«Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. Labarca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario.Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, a vederlo camminare sulmare, furono turbati e dissero: «È un fantasma» e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlòloro: «Coraggio, sono io, non abbiate paura». Pietro gli disse: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da tesulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andòverso Gesù. Ma per la violenza del vento s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salva- mi!». E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena

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AVVENTO E NATALE

ATTIVITÀ

Attivita’ 1Obiettivo: spesso il nostro cuore è fortemente attratto da persone, oggetti, interessi… Le emozioniche si vivono in queste occasioni sono forti a tal punto da sovrastare pensiero e volontà. È cosìche ci conducono a un comportamento incostante e superficiale. L’attività che segue è utile a faracquisire ai ragazzi consapevolezza di ciò, e a far comprendere loro che è possibile “educare” lemani del cuore.

Materiali: riviste, cartellone, pennarelli, colla, forbici, post-it a forma di cuore, testo della poesiadi MastersDurata: 60 minutiSvolgimento: i ragazzi dovranno realizzare un cartellone sul quale raccogliere numerose imma-gini di oggetti e persone da cui sono attratti (es. cantanti, cellulare, denaro…). Potranno effettuarela ricerca utilizzando riviste, internet e altre risorse a disposizione. Nel caso in cui l’immaginenon possa esprimere l’elemento di interesse, è possibile scriverlo con un pennarello. Una voltarealizzato il cartellone ogni ragazzo, provvisto di alcuni post-it a forma di cuore con su scritto ilproprio nome, dovrà attaccarlo sull’immagine per la quale prova maggiore attrazione. Fatto ciòdeve essere incoraggiata la discussione e la riflessione sui seguenti punti:

Quante delle scelte che fai rispecchiano un bisogno fondamentale per la vita?• L’attaccamento alla persona o all’oggetto scelto è stabile, volubile, capriccioso?• Dove conduce l’emozione se è slegata dalla riflessione sulle conseguenze delle proprie azioni?

Si può continuare la riflessione centrando l’attenzione sui legami con le persone che ci stannoaccanto, facendo vedere che, se ci si basa solo sul piacere-attrazione, se cioè il cuore non vieneeducato, saranno costruiti su “fondamenta di sabbia”. A questo punto si può leggere integralmen-te e commentare la poesia citata nella prima parte della meditazione. Si tratta della descrizione diuna relazione d’amore in cui, invece di aiutarsi a crescere, ci si distrugge a vicenda…

saliti sulla barca, il vento cessò.»  (Matteo 14,23-32) 

Mi piace Pietro, perché mi riconosco in lui, che un po’ si affida e un po’ si ritrae. Prima vuole faretutto ciò che fa Gesù, poi si spaventa e dubita di Lui. Ma soprattutto vorrei imparare anch’io ad in-vocare l’aiuto di Gesù. Quando si sente affondare, Pietro grida a Lui con tutte le sue forze, tende le

mani, ed il braccio potente di Gesù lo afferra e lo trascina a sé. Questa è la sua salvezza, ed è anchela chiave di tutta la sua esperienza con Gesù. Tra slanci e tradimenti, il segreto sta nel ricomincia-re ogni volta a consegnare il cuore alle mani del Maestro. Pietro si lascia plasmare, trasformare,semplificare, anche se a volte è doloroso. Sarà per questo che poi Gesù gli affida il compito diprendersi cura di tutti gli altri… E io? Forse è tempo che mi cerchi anche io un Don Calosso, unaguida saggia che mi aiuti ad invocare Gesù e a lasciarmi stringere dalle sue mani.

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Fletcher McGee(Edgar Lee Masters – Antologia di Spoon River) Lei mi ha preso le forza minuto dopo minuto,lei mi ha preso la vita ore dopo ora,lei mi ha drenato come una luna febbricitante

che insidia la rotazione del mondo.I giorni passavano come ombre,i minuti ruotavano come stelle.Lei ha tolto la pietà dal mio cuoreE lo ha trasformato in sorrisi.Lei era come un pezzo di creta per uno scultore,i miei pensieri segreti erano dita:volarono dietro la sua fronte pensosae vi scavarono un dolore profondo.

Attivita’ 2

Obiettivo: i ragazzi devono comprendere che le persone a cui scegliamo di stare affianco influen-zano in maniera significativa la nostra vita. È importante individuare le “amicizie giuste”, quelleche ci permettono di crescere nella fede e nell’amore. Ma come riconoscerle? È necessario iden-tificarle tra quelle che ricercano il nostro bene, la nostra realizzazione, tra quelle che ci aiutano acompiere ciò che Dio sogna per noi. L’attività che segue mette a confronto figure che rispondonoa questa descrizione (amici di don Bosco) e figure che, al contrario, sfruttano le capacità dei giova-ni per un tornaconto personale (personaggi del film proposto).

Durata: almeno due incontri. Nel primo viene proposta la visione del film, nel secondo si favori-sce la discussione e il confronto.Materiali: Film “I ragazzi del Reich” (durata 110’); trama: Friedrich, un giovane pugile tedesco di

talento, viene reclutato da una scuola militare nazista. Friedrich accetta di buon grado in quantovede in questa scelta la possibilità di riscattare la povertà della sua famiglia. La propaganda nazi-sta rafforza la visione del mondo di Friedrich sempre più basata sul concetto di superiorità dellarazza ariana. Durante l'addestramento Friedrich fa amicizia con Albrecht. Quest'ultimo è pocointeressato alla politica nazista in quanto è un aspirante scrittore. Durante un addestramentoFriedrich e Albrecht sparano ad un prigioniero fuggitivo che poi si rivelerà essere un giovane ci-vile russo e, in più, disarmato. Preso dai sensi di colpa Albrecht si ribella e Friedrich, a quel punto,deve scegliere fra il giuramento di fedeltà al Reich e il suo migliore amico.

“Memorie dell'oratorio” di San Giovanni Bosco: “La sicurezza di avere una guida”, pag. 25; “Unamico ebreo, Giona” pag. 50.

Svolgimento: durante il primo incontro, visione del film “I ragazzi del Reich”. Nel secondo incon-tro proporre una riflessione sulle figure educative presenti nella scuola militare nazista che, conviolenze fisiche e psicologiche, formano i giovani perché diventino servi perfetti del Reich. In se-guito proporre le letture indicate nei materiali ed evidenziare come Giovanni Bosco abbia saputoindividuare e condividere momenti di vita con persone che lo hanno accompagnato sempre piùvicino a Gesù.Domande per facilitare l’analisi:• Con quale stile e motivazione gli educatori nazisti si avvicinano ai giovani?• Quali modalità educative adottano?• Come si sentono i giovani? Come si aiutano tra di loro?

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AVVENTO E NATALE

• Cosa sono spinti a fare?

• Cosa cerca Giovanni in Don Colosso? Cosa gli chiede e come si lascia aiutare da lui?• In quale occasione si sono conosciuti Giovanni e i suoi amici?• Quali momenti condividono insieme?• Come si sentono quando stanno insieme?• A cosa li conduce la loro amicizia?

Attivita’ 3Obiettivo:  Pietro ha cercato la mano di Gesù e, nel momento in cui ha dubitato, l’ha trovataall’istante. Si vuol fare intuire ai ragazzi la bellezza di questa esperienza, pertanto si propone unpercorso ad ostacoli in cui i ragazzi sono bendati e guidati da un compagno solo attraverso ilcontatto con la mano.

Durata: 50 minutiMateriale: benda, fogli e penne, Vangelo Mt 14,23-32, riflessione sottostante.

Svolgimento: I ragazzi si dividono in coppie formate liberamente. A turno, uno dei due vienebendato mentre l’altro ha la funzione di guida. In seguito si ripete l’esercizio con coppie formatedall’educatore.Una volta finito questo esercizio potete incoraggiare una discussione su questa piccola esperien-za, soprattutto sulle sensazioni provate nei diversi momenti dell’esercizio.• Primo esercizio: com’è stato essere guidato? Com’è stato guidare?• Secondo esercizio: com’è stato essere guidato? Com’è stato guidare? Cosa hai provato quando

hai sentito che l’altra persona ha toccato la tua mano e ha iniziato a guidarti ?• Quanto ha contato l’aver potuto scegliere la persona con cui fare questo esercizio?Poi leggete il Vangelo insieme e lasciate del tempo in cui individualmente i ragazzi leggano ilcommento sotto riportato e rispondano alle domande che potrebbero essere:• Rispetto all’esercizio svolto insieme hai trovato delle affinità con l’esperienza di Pietro?• Quali emozioni puoi individuare in questo episodio della vita di Pietro? Le hai provate anche

tu durante l’esercizio?• Nella tua vita hai mai vissuto un’esperienza simile? Hai sentito la mano di qualcuno nel mo-

mento della difficoltà? Hai mai percepito la mano di Gesù nel momento del bisogno? L’hai maicercata?

Tratto dal libro: “Simone chiamato Pietro”“Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (Mt,14,27). Pietro sentì che questa voce non gli parlava deltimore della tempesta e del vento, ma dell'angoscia nella quale si era lasciato scivolare coi suoipensieri delle ultime ore. Il fantasma non era questa presenza che camminava sulle acque, ma

quel Gesù che si era immaginato nella rabbia e nella delusione disperata della notte. Era per sfug-gire a questo fantasma che gli abitava il cuore, che sentì un bisogno immenso di parlare a Gesù, didialogare con Lui; perché Gesù era veramente reale per lui ogni volta che si parlavano. Provava unbisogno così intenso di toccarla, di saperlo vicino, un desiderio così ardente di andare verso di Luiche non si fermò nemmeno a riflettere che bastava attendere che Lui salisse sulla barca. Ma, senzavolerlo veramente, le parole che si sentì esprimere avevano un tono di sfida, e in quell'istante capìche non aveva ancora del tutto perdonato a Gesù di averli lanciati nel baratro di disperazione e difollia di quella notte. “Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque” (Mt 14,28). Folliaper follia. Sulla parola di Gesù aveva accettato di gettarsi ciecamente in avventure irragionevoli,camminare sull'acqua non era più imprudente che traversare il mare in piena tempesta su unafragile barca da pesca! La risposta di Gesù però lo sorprese: “Vieni”. Per un istante Pietro scorse il

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viso del Maestro, ma non capì se l'espressione del suo sguardo fosse un sorriso divertito o la com-passione di un padre. Pietro scavalcò il parapetto della barca sotto lo sguardo incredulo dei suoiamici. Come camminò sull'acqua, lui stesso non riuscì mai a descriverlo, e in seguito sentì il biso-gno di farsi confermare dalla testimonianza degli altri discepoli che ciò era accaduto veramente.Ricordava uno strano sentimento di euforia, un po' come la prima volta che suo padre Giovanni

gli permise di uscire con lui in mare aperto.Gesù non si muoveva. Era vicino? Era lontano? Impossibile da determinare. Era come se la distan-za fra lui e il Signore variasse a seconda dei pensieri e dei sentimenti del suo cuore. Fu proprio nelpreciso istante in cui Simone provò la fierezza per quel che stava facendo, che un energico soffiodi vento s'insinuò fra lui e Gesù e, cosa strana, gli tolse ogni visibilità del Maestro. Lontano dallabarca, senza Gesù davanti agli occhi, si ritrovava di colpo sospeso sul mare agitato. Non potevache sprofondare. E infatti si sentì inabissare, non solo nell'acqua, ma anche in tutti i pensieri buie nei dubbi che lo avevano tormentato tutta la notte. La sua angoscia era totale: si rendeva contoche non stava affondando per debolezza, ma per orgoglio e che la morte avrebbe sigillato non lasua impotenza ma la sua ribellione.Proprio in questo momento scorse lo sguardo di Gesù. Fu a questo sguardo, che gli perdonava

tutto, che Pietro si aggrappò con un grido che sembrava salire dalle viscere di tutta la sua discen-denza: ”Signore, salvami!” (Mt 14,30). non ci fu nessun intervallo di tempo fra il grido e la manoche stringeva la sua, ferma e calda come una riva soleggiata.

CUORE A CUORECON GESÙ

Adorazione Eucaristica

Guida: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito SantoTutti: Amen

Canto di esposizione: Perché tu sei con me

Invocazione allo Spirito SantoVieni Spirito Santo,

tu sei la mano di Diotu puoi plasmare il mio cuore!Aprimi all’amore del Padre,insegnami a lasciarmi afferrare da Gesù!

Lettura del Vangelo di Matteo 14,23-32

Tempo di silenzio

Traccia per la preghiera personaleFissa lo sguardo su Gesù… quante volte si è lasciato deporre sulle tue mani…“Il corpo di Cristo” e tu lo hai toccato con le tue mani e l’hai mangiato.

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AVVENTO E NATALE

Pensa… un Dio che si consegna alle tue mani…Gesù viene anche ora per stringere le tue mani…

Puoi leggere una parte della meditazione proposta all’inizio della tappa…

A chi affidi di solito le mani del tuo cuore? Cosa stringi?Da quali affetti ti lasci segnare e modellare?Ti aiutano a crescere?C’è spazio all’amore che Gesù ha per te? Come lo lasci lavorare in te?In quali esperienze ti stai lasciando afferrare dalle sue mani?Gesù vuole abbracciarti e stringerti forte a sé… così che anche nelle cadute tu possa appoggiartia Lui e rialzarti…Ti conosce fino in fondo… non temere di lasciarti modellare da Lui...

Preghiamo insieme:Signore Gesù, facci essere come te:sciolti e fermi quando si tratta amare senza condizioni.

Fa' che accarezziamo senza trattenere.Fa' che amiamo senza incatenare.Fa' che abbracciamo senza soffocare.Fa' che ascoltiamo senza giudicare.Fa' che consigliamo senza imporre.Fa' che doniamo senza pretendere.Fa' che il nostro amare sia una danza gioiosa e leggerache ci fa sentire sulla pelle e nel cuorei brividi della tua presenza meravigliosa in mezzo a noi. Amen.(Don Angelo Saporiti)

Padre nostroCanto finale: Pietro vai

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MESE SALESIANO

SUSSIDIO ADOLESCENTI

UN CUORE

CHE CAMMINAIl buon pastore dà la propria vita per le pecore.mo  37-62 

Lc 10,1-11

I piedi del cuoreVorrei, potrei, dovrei… mi sto chiedendo in questi giorni se la mia vita, in realtà, non si svolgatutta al condizionale. Da quando ho iniziato a riflettere un po’ di più, a farmi domande, a guardareciò che mi circonda in profondità, ho scoperto cose bellissime e allo stesso tempo terribilmentedifficili. Ho provato a lavorare il cuore, ma mi sono stancato presto. Ho riprovato, ma di nuovomi sono lasciato andare… Tante buone intuizioni si sono dissolte come la nebbiolina del mattino,appena un po’ di sole ha iniziato a riscaldare la giornata. Ed ora sono stufo di fare buoni propositiche poi non mantengo. Mi sento svogliato e rassegnato. Mi sento schiacciato dai miei piccoli

FOCUS

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Sulla stradaSe guardo a Don Bosco mi accorgo che anche lui nella sua vita ha tanto camminato. Ha inizia-to fin da piccolo ad esercitare i suoi piedi in imprese difficili: penso a quando camminava sulfilo come i giocolieri, per incantare i suoi compagni e far venire loro voglia di pregare, oppure aquando faceva anche venti chilometri ogni giorno per poter andare a scuola… Ne avrebbe avutigià allora di motivi per arrendersi, per sedersi e non camminare più! Che cosa avrà pensato perfarsi coraggio? Io credo che avesse fisso in mente e in cuore il sogno: diventare prete per portareGesù ai ragazzi, ai giovani. Poi crescendo non è che le cose siano diventate più facili. Intorno agliundici anni gli è toccata la prima vera partenza. Il fratello maggiore, Antonio, voleva che lavoras-

se con lui nei campi, piuttosto che perdere tempo sui libri. Allora Margherita gli ha trovato unposto da garzone in una cascina. E Giovanni ha lasciato tutto e ed è partito. Mi sembra di vederlocon un piccolo bagaglio sulle spalle, poche povere cose, camminare nella campagna, lontano dacasa. Certamente ha sofferto, ma non si è perso d’animo. Solo quando il fratello si sarà messo ilcuore in pace potrà tornare per un poco in famiglia. Ma presto arriverà la partenza definitiva. Sevuole completare gli studi, Giovanni deve trasferirsi a Chieri. Sono andato a leggere nelle suememorie, per capire un po’ di più quel tempo della sua giovinezza. Giovanni allora aveva 16 anni.Le vicende di quegli anni escono dalla sua penna come il racconto di un’avventura meravigliosa.Giovanni era un giovane pieno di doti straordinarie, per esempio la sua incredibile memoria,che tuttavia non gli hanno permesso di schivare la fatica di dover imparare, con umiltà, anchedai propri errori. Ha dovuto faticare per mantenersi, improvvisando mille lavori di giorno e dinotte; ha dovuto faticare per resistere alla tentazione di perdere tempo nei divertimenti invece di

CON IL CAPPELLODI DON BOSCO

grandi insuccessi, dai miei difetti. Cerco continuamente scuse per svincolarmi dai miei impegni.Vorrei starmene chiuso in camera per giorni, magari a letto, con la musica altissima e la testa sot-to il cuscino. Altre volte vorrei mandare all’aria tutto e scappare via. Che frustrazione: sia fuggireche restare fermo, sono scorciatoie che non mi portano da nessuna parte. Possibile che questocuore che ha occhi e mani, non possa sviluppare anche un paio di piedi forti, capaci di portarmi

lontano? Cosa ci vuole per imparare a mettere un passo dopo l’altro, a stringere i denti e non la-sciarmi paralizzare dalle difficoltà? Certamente mi manca la costanza. Ma forse mi manca ancheuna meta chiara, la visione tersa della cima, che mi sproni a non abbandonare l’arrampicata. Mitorna alla mente un brano di Manzoni che ho letto qualche giorno fa, quello in cui sono riportatele riflessioni di Lucia in partenza per sottrarsi alle mire di don Rodrigo. “Addio casa natia… addiocasa ancora straniera”3, pensa tra sé, mentre abbandona tutto pur di non tradire la fedeltà ad unamore già promesso. Il suo cuore vede chiaramente qual è la cosa più importante, le sue manisanno aggrapparsi a Dio, ed i suoi piedi non solo camminano, addirittura volano, rischiando iltutto per tutto. Non si lascia paralizzare dalle difficoltà, ma nemmeno fugge. Sembra che fugga einvece parte. Parte perché la sua meta è chiara ed è così grande e preziosa da spingerla a lasciaretutto il resto. Certamente è solo un romanzo, eppure mi fa battere forte il cuore. Mi piacerebbevivere un amore così, capace di affrontare anche il rischio di non vedersi mai compiuto, pur di

non essere sciupato. Voglio dire che Lucia non sa davvero se la casa di Renzo sarà mai la propriacasa, ma non è disposta a fare sua la casa di nessun altro uomo se non quella. Voglio coltivare lostesso coraggio, fare chiarezza nei miei desideri ed iniziare a camminare dritto, senza stancarmi,senza lagnarmi, senza voltarmi indietro.

3A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. VIII, 1840

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dedicarsi al suo dovere; ha faticato nello studio, per mettersi al pari con i coetanei; ha faticato perdomare il proprio carattere impulsivo e irruento; ha faticato per capire che aiutare gli altri nonsignifica accontentarli in tutto, ma fare in modo che ognuno possa imparare a camminare con leproprie gambe. Giovanni è uno che non molla e la sua tenacia, la sua costanza, il suo entusiasmo,diventano contagiosi anche verso chi gli sta accanto. Non ci avevo mai pensato, ma mi accorgo

che è proprio così: il sogno di bambino comincia già a realizzarsi qui, nella fatica di questo quoti-diano allenamento, di questo continuo cercare e ricominciare. Giovanni non è ancora Don Bosco,deve imparare tante e tante cose, eppure per i suoi giovani amici della società dell’allegria è giàpresenza dell’amore di Dio!

Andate, io vi mandoMi viene in mente che anche nel vangelo si parla spesso di piedi. Certamente a quel tempo lagente camminava un sacco, poiché non c’erano molti altri modi per spostarsi. Eppure non puòessere solo questo il motivo per cui si insiste tanto sui piedi dei discepoli e di Gesù. Forse la cosainteressante non sta nel fatto che Gesù ha camminato tanto, ma nel motivo che lo ha spinto acamminare. Egli ha sempre camminato per andare incontro agli uomini, ha camminato per cer-carsi gli ultimi. È stato sulle strade perché la gente lo potesse avvicinare e poi con i suoi piedi havarcato la soglia di tante case. Camminando sui suoi piedi Gesù ha portato nel mondo la presenzadi Dio, suo Padre. Forse è per questo che alcune donne, con profondo affetto, si sono chinate pro-prio su quei piedi impolverati e li hanno lavati e accarezzati e baciati. Come il buon pastore nonsta semplicemente seduto a sorvegliare il gregge, ma cammina a fianco delle sue pecore, a volte

le segue, a volte le precede, le accompagna sempre, così ha fatto Gesù con gli uomini e le donnedel suo tempo. Egli ha offerto la vita per loro, non soltanto all’ultimo, sulla croce, ma già prima,giorno per giorno, momento per momento. Ad un certo punto, poi, si è accorto che le pecoreerano davvero tante, che il tempo passava in fretta e che ad ognuno doveva essere annunciato ilRegno di Dio, cioè che Dio Padre vuole governare la terra con la sua presenza d’amore. Così Gesùchiede ad alcuni di camminare a suo nome. Non cerca dei santi, prende quelli che sono lì a suadisposizione. Chissà come si saranno sentiti quei poveretti, coinvolti in modo così improvviso inuna missione smisuratamente più grande delle loro forze. In ogni caso Gesù non li manda così acasaccio, quando chiede loro di andare dice anche in modo molto preciso il come e il perché:

«Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e nonsalutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà

un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa,mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casain casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curatei malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Ma quando entrerete in una città enon vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostripiedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino.» (Luca 10,1-11) 

Gesù avverte i suoi che il cammino non sarà affatto facile, ma pieno di ostacoli e difficoltà. Essipartono. Con un po’ di paura? O almeno una certa trepidazione? O forse spensierati e fiduciosiperché la gioia di fare ciò che chiede loro Gesù è più grande di qualunque preoccupazione? E in-tanto i loro piedi iniziano ad assomigliare ai piedi del Maestro, stanchi e impolverati al calare diogni giornata. Fino al giorno in cui Gesù stesso si prenderà cura di quei piedi, lavandoli, accarez-

LENTESULLA PAROLA DI DIO

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zandoli, baciandoli, perché possano camminare ancora e ancora, sempre. Mi accorgo quanto siaimportante avere piedi capaci di camminare… Guardo ai miei piedi, ai piedi del mio cuore. Forsepiù che impolverati sono rattrappiti, così poco abituati a stare sulla strada. Gesù, ti prego, fa an-che per me il miracolo che hai fatto un giorno per il paralitico: raddrizza ora i miei piedi, rendiliforti e robusti, come quelli di Don Bosco, e poi manda anche me, perché con gioia ed umiltà io

possa correre per il mondo saltando, danzando e annunciando la grandezza del tuo amore!

ATTIVITÀ

Attivita’ 1Obiettivo: Far prendere consapevolezza ai ragazzi di quali sono gli obiettivi che stanno perse-guendo nella loro vita. Per poterli raggiungere è necessario un comportamento coerente che ri-chiede impegno e sacrificio in più ambiti: scolastico, relazionale, personale. Ci sono sicuramenteragazzi che non si pongono particolari obiettivi da seguire: questo crea disordine nella loro vita enel mondo delle loro relazioni.

Durata: 60 minutiMateriali: fogli e penneSvolgimento: Dividete il gruppo a metà. Il primo gruppo sarà operativo e dovrà simulare unasituazione (ad es. un incontro animatori, un’assemblea di classe …). Il secondo gruppo dovràosservare in silenzio e senza intervenire le azioni e i comportamenti messi in atto dai compa-

gni (è utile far prendere appunti durante lo svolgimento della simulazione). Ogni componentedel gruppo operativo riceverà un biglietto in cui troverà indicato il ruolo che dovrà assumere el’obiettivo che dovrà raggiungere durante la simulazione (ad es. se si simula un incontro anima-tori un ragazzo potrà avere il ruolo del disturbatore che ha l’obiettivo di concludere l’incontro alpiù presto, un altro potrà avere il ruolo del leader con l’obiettivo di creare collaborazione all’in-terno del gruppo). È importante che all’interno del gruppo operativo ci siano alcuni personaggidichiaratamente positivi e quindi disponibili e attenti al prossimo, altri negativi. Il contenuto delbiglietto non deve essere condiviso con gli altri componenti del gruppo.Una volta conclusa la prima simulazione, i gruppi si invertono: il gruppo di osservazione diventaquello operativo e viceversa. È bene che le situazioni proposte ai due gruppi siano diverse. Con-clusa l’attività, si può aprire una discussione per portare i ragazzi a un’analisi dell’accaduto conl’ausilio dei seguenti punti:

• Individuare i personaggi positivi e negativi.• Come hanno interagito i vari personaggi tra loro? Ciascuno, in base al ruolo, è stato coerente

all’obiettivo assegnatogli?• I singoli obiettivi hanno condizionato il gruppo in positivo o in negativo?• Osservare il modo in cui si è conclusa la situazione simulata e considerare se si sarebbe potuta

risolvere diversamente.

Conclusa la discussione il lavoro prosegue personalmente o in gruppetti più piccoli. In questotempo possono essere proposte domande come quelle che trovate di seguito:

• Nella tua vita hai degli obiettivi chiari?

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• Nella tua quotidianità sei coerente con questi obiettivi?• Le persone che hai attorno, le tue amicizie, ti aiutano in questo?• Se non hai degli obiettivi chiari, verso cosa sono indirizzate le tue azioni?A questo punto si può continuare la riflessione leggendo e commentando il brano dei promessisposi citato nella prima parte della meditazione, soffermandosi prima sul personaggio di Lucia,

i suoi obiettivi e le sue scelte, poi chiedendo ai ragazzi come si sarebbero comportati al suo po-sto…

«Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto travoi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de'quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sulpendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, sene allontana!... Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distingueredal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio,casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore;nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dovel'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un

rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir co-mandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai lagioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.»A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. VIII, 1840

Attivita’ 2Obiettivo: con questa attività si vuole far comprendere da un lato che far fruttare i propri donicosta fatica e, non di rado, è perfino difficile riconoscerli; dall’altro che mettere i propri doni aservizio degli altri significa aiutarli a loro volta a dare il meglio di sé. Ovviamente ciò non puòaccadere senza impegno e sacrificio da parte di entrambi.

Durata: 60 minuti

Materiali: cortometraggio “Il circo della farfalla” (durata ’20) reperibile su www.donboscoland.it, clicca su e cerca il contributo numero 2; paragrafo “Capitanodi un piccolo esercito” da le “Memorie” di S. Giovanni Bosco, pag.38.Svolgimento: far vedere ai ragazzi il cortometraggio e far esporre le proprie impressioni in meri-to. Il racconto è ricco di simboli che sottolineano l’importanza di affrontare la fatica ed anche ilrischio della morte per potere realizzare in pienezza la vita (per esempio la crisalide e la farfalla,ma anche il tuffo nell’acqua). Si può iniziare la riflessione a partire da questi simboli oppure cisi può concentrare sui due personaggi principali: Will da un lato e il presentatore del circo dellaFarfalla dall’altro. Se necessario per favorire la condivisione, proporre le seguenti domande:• Che cosa vedono i due presentatori dei due diversi circhi nei loro artisti?• Cos’è che cambia la vita di Will? Di chi è il merito?• In quale occasione Will ha scoperto le sue potenzialità?• Sfruttando la sua dote, Will a chi è stato utile e perché?• Qual è la dote del presentatore del circo della Farfalla? Che cosa lo rende felice?Dopo la discussione, far leggere l’episodio della vita di don Bosco ed evidenziare come anche lui,ha dovuto imparare ad usare i propri doni non per accattivarsi i compagni, ma per il loro verobene. Don Bosco, è stato aiutato da un insegnante, gli artisti sono stati guidati da un presentatore;nella vita dei ragazzi quali sono le figure che orientano il loro comportamento? Condurre in se-guito i ragazzi a riflettere su quali sono i propri talenti, quali i sacrifici che affrontano o fuggono,quali le persone che, oltre a loro, ne beneficiano.

Attivita’ 3Obiettivo: confrontare il proprio modo di camminare con quello degli apostoli e mettersi inascolto delle indicazioni date da Gesù.

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Durata: 60 minutiMateriali: immagini di persone che camminano (una raccolta di immagini adatte si può trovaresu www.donboscoland.it e cliccando questo bottone ) fotocopie delbrano del Vangelo, cartellone, pennarelli, penne.

Svolgimento:  far sedere i ragazzi in cerchio e, al centro del cerchio, distribuire in disordine leimmagini di persone in cammino. Ogni ragazzo dovrà scegliere l’immagine che rispecchia di piùil modo in cui sta camminando in quel momento della sua vita. Quando tutti avranno trovatol’immagine che più gli corrisponde, dovranno condividere con gli altri componenti del gruppo lamotivazione per cui l’hanno scelta.Concluso questo momento, a ciascuno verrà consegnato il brano del vangelo di Luca. Dopo unaprima lettura insieme, ciascuno dovrà rileggerlo personalmente sottolineando le parole o i ver-setti che indicano il modo in cui Gesù ha indicato agli apostoli di camminare.Infine, con l’aiuto di un cartellone diviso in due colonne, si confrontino le caratteristiche del cam-mino dei ragazzi con quelle degli apostoli. È importante approfondire anche la motivazione percui partono gli apostoli, la modalità in cui lo fanno, le difficoltà incontrate durante il percorso,con quali compagni si incamminano…

CUORE A CUORECON GESÙ

Adorazione Eucaristica

Guida: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito SantoTutti: Amen

Canto di esposizione:

Invocazione allo Spirito SantoVieni Santo Spiritodona piedi forti al mio cuore,fa che io possa camminare a passi sicurisulla strada che mi indica Gesù.

Lettura del Vangelo secondo Luca 10,1-11:

Tempo di silenzio

Traccia per la preghiera personaleGesù è qui, si offre a Te nell’Eucaristia. Sulla croce Lui pensava anche a te.Resta in sua compagnia.Resta con Lui che ha lasciato che i suoi piedi fossero inchiodati per te, per venirti a cercare…Gesù è il pastore buono che offre la sua vita per le pecore, per andare a cercarle, e far conoscereloro l’amore di Suo Padre. Anche tu ora appartieni al suo gregge.Scendi nel tuo cuore in Sua compagnia…

Puoi leggere una parte della meditazione proposta all’inizio della tappa…

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• Qual è il tuo sogno? Il sogno che il Signore ti affida? Chiedi di poter capire…• I tuoi piedi si stanno muovendo per raggiungerlo? Quali passi sei invitato a fare?• Ti stai allenando imparando a donare gratis qualcosa di te?• Dove sei chiamato a crescere in impegno e generosità?• Affida a Gesù ciò che ti spaventa o ti sembra troppo difficile…•

Hai un maestro che ti aiuti a percorrere la strada?Chiedi la fermezza e il coraggio per non arrenderti.Gesù si fa dono a te per primo, perché tu possa camminare con Lui…Fidati di Lui.

Preghiamo insieme il salmo 83Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti!Anche il passero trova la casa, la rondine il nido,dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari,Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.

Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi!Beato chi trova in te la sua forzae decide nel suo cuore il santo viaggio.Passando per la valle del piantola cambia in una sorgente,anche la prima pioggial'ammanta di benedizioni.Cresce lungo il cammino il suo vigore,finché compare davanti a Dio in Sion.

Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera.Poiché sole e scudo è il Signore Dio;

il Signore concede grazia e gloria,non rifiuta il bene a chi cammina con rettitudine.Signore degli eserciti, beato l'uomo che in te confida.

Padre Nostro

Canto finale

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QUARESIMA

UN CUORE

CHE ASCOLTAPer questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita,per poi riprenderla di nuovo.mo  63-102 

Lc 4,1-13

Gli orecchi del cuoreHo provato a spegnere la musica che riempie i miei orecchi e, stando un po’ in silenzio, svuotatodal rumore, ho scoperto che per ascoltare uso il cuore. Questo cuore che ha occhi e mani, che staimparando a esercitare i piedi, proprio questo cuore ha anche orecchi per sentire. Sono diversidagli orecchi che stanno attaccati alla mia testa, perché gli orecchi del cuore ci sentono sia perdentro che per fuori. Sono certo che è così perché quando ricevo una carezza o un bacio, li ricevo

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sulla pelle, ma li sento con il cuore. Quando sono io a dare una carezza, sento che parte dal cuore,dal mio cuore e solo alla fine arriva sulla punta delle dita, sul palmo della mano. Ho provato adesercitare questo udito speciale e mi sono accorto, con mio grande stupore, che il mio cuore è fat-to a strati! Il mio cuore come una cipolla, non ci avevo mai pensato. Il primo strato del mio cuore,quello più esterno si estende lungo tutta la superficie della pelle, l’ho capito perché è dalla pelle

che comincio a sentire. In questo strato sento tutte quelle cose che toccano il mio corpo e che soloa volte scendono giù fino al centro del cuore. Un po’ più dentro ci sono i sentimenti: sono tuttimolto vicini al centro del cuore ma non tutti partono da lì, anzi, spesso si accendono da fuori. Sesbatto contro un mobile, sento la botta nel mio corpo, ma il mio cuore può starsene tranquillo,in pace; se invece è un amico che mi molla uno schiaffo, il dolore che parte dalla guancia scendegiù, fino in fondo! Lo strato più profondo è segreto e nascosto, non è facile raggiungerlo, è unpiccolo mistero: è il cuore del mio cuore. Non capisco tanto bene come funziona e mi fa ancheun po’ paura, perché è come una sorgente da cui sgorgano parole segrete e inaspettate, parolemai udite. Mi accorgo che quando c’è una cosa che desidero davvero, scaturisce dal cuore del miocuore, e che nell’intimità di questo luogo riesco a capire cosa mi fa bene e cosa mi fa male. Eppureraggiungerlo e restarci dentro mi costa tanta fatica. È una vera lotta, è davvero «la guerra, più lungae grande di ogni altra, ingaggiata nel mio libro con alterna fortuna, con fughe, avanzate, ritirate, vittorie

rinviate e irresolute» 

4

. Le mille voci che mi parlano da fuori sono ammalianti come sirene, soprat-tutto quando toccano le corde delle sensazioni e dei sentimenti. Non conosco ancora bene questocuore del mio cuore, eppure qualcosa mi dice che lì c’è la mia casa, qualcuno che mi aspetta… vor-rei spazzare via tutti i detriti per lasciare che quell’acqua limpida che c’è dentro possa zampillarelibera! C’è una voce che mi parla nel mormorio della corrente, è un richiamo dolce e forte allostesso tempo, che mi fa tremare di gioia e di timore. Ora come ora, non sono del tutto certo chesia la voce del Signore… eppure ciò che sento risuonare al cuore del mio cuore, è il suono del mionome pronunciato con amore.

4Walt Whitman, Mentre Meditavo in silenzio.

Credere ai sogniHo letto nelle memorie di Don Bosco che anche lui ha dovuto lottare per non lasciarsi ammaliaredalle sirene. Proprio nel momento cruciale, alla fine del liceo, quando si trattava di decidere seentrare o no in seminario, il giovane e spavaldo capitano della Società dell’allegria “non si sentepiù” adatto a fare il prete, teme di fallire, si vede pieno di difetti. A leggerlo sembra quasi impossi-bile: dove è finita tutta la determinazione che lo ha portato ad affrontare sacrifici innumerevoli?

Eppure capita proprio così: Giovanni non vuole più credere alla voce del sogno, perché la sirenadella paura canta più forte! La prima reazione è cercare di far tacere la voce del sogno prendendouna strada diversa, un compromesso, qualcosa di più facile, di più sicuro da realizzare. Diventareprete per i giovani è troppo rischioso, complicato… meglio farsi frate francescano, una vita dipreghiera e carità, dove tutto è già previsto e determinato. Ma il Signore sa ciò che vuole, non siarrende e continua a chiamare. Giovanni è sempre più turbato, soffre la mancanza di una guidaspirituale stabile, capisce che non può cavarsela da solo. Si confida con il caro amico Comollo,che lo invita ad abbandonarsi con tutto se stesso alle mani di Dio. Insieme pregano perché la si-tuazione si faccia più chiara; insieme chiedono consiglio ad uno zio sacerdote, il quale suggeriscedi entrare in seminario, con la fiducia che la volontà di Dio si capisce poco per volta. È così Gio-vanni obbedisce alla voce del sogno con un grande atto di fiducia e di umiltà, lasciando perderele voci contrarie, anche se gridano forte. Rileggendo le memorie mi colpisce l’insistenza con cui

CON IL CAPPELLODI DON BOSCO

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QUARESIMA

Don Bosco riporta un prezioso consiglio ricevuto diverse volte nel corso di quegli anni: chi vuolerispondere alla voce che chiama dal cuore del suo cuore deve fare di tutto per “conservare il rac-coglimento”. Si tratta cioè di restare saldi nell’amicizia con Dio, sempre in ascolto di quella voceche parla nell’intimo. Non è sufficiente essere bravi ragazzi, Giovanni lo era già. Ora ci vuole ilcoraggio di modificare il proprio modo di giudicare, sfrondare abitudini, dare la priorità a ciò che

amplifica l’unica voce che conta. Entrando in seminario Giovanni inizia qualcosa di nuovo, chesi esprime bene nei sette impegni presi in occasione della vestizione dell’abito clericale. Cambiail modo e il tempo del divertimento, cambiano le letture, cambiano i discorsi… ma non così tuttoin un colpo, i propositi sono da rinnovare ogni giorno, perché gli inviti alle feste continuano adarrivare e le lusinghe della vanità sono sempre in agguato. Solo poco per volta, ma con decisione,si fa tacere le sirene, finché a cantare sia soltanto la voce del Signore.

Le tentazioni e la ParolaPerò, anche Gesù ha dovuto lottare per far tacere le voci che lo volevano distogliere dal compie-re la volontà di suo Padre. Mi viene in mente quando Gesù si trova sulla croce, mentre ai suoipiedi la gente lo sfida a scendere da lì, per dimostrare chiaramente di essere il Figlio di Dio. MaGesù non cede. Anche di fronte agli accusatori, durante quel processo così sommario, Gesù haun contegno… che mi fa rabbrividire. Certamente mentre guarda e ascolta quei disgraziati che loinsultano, il cuore del suo cuore deve essere totalmente raccolto nelle mani del Padre, ancorato inquell’amore più forte della morte, legato al Padre a filo doppio da una fede incrollabile, capace disfidare ogni apparente abbandono. Certo non può essere stato che così. I suoi amici invece, quellisono scappati tutti, non hanno retto alla paura della morte perché ancora non avevano capitocosa significhi raccogliere il cuore in Dio. Mi viene in mente anche un altro momento della vitadi Gesù, in cui si racconta di una lotta tra due voci. All’inizio della sua vita pubblica, prima di ini-ziare a predicare e a fare miracoli, lo Spirito Santo, che è la voce del Padre che gli parla nel cuore,spinge Gesù nella solitudine, lontano da tutto e da tutti.

Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, perquaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminatiebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane». Gesù glirispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo». Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in unistante tutti i regni della terra, gli disse: «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è

stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo». Gesù gli rispose:«Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai». Lo condusse a Gerusalemme, lo posesul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli daràordine per te, perché essi ti custodiscano; e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non in- ciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo». Dopo aver esauritoogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato. (Lc 4,1-13) 

Come il buon pastore affronta i lupi per difendere le pecore, senza paura di mettere a rischio lasua vita, così Gesù si scontra con il diavolo. Prima di tutto lo fa per difenderci dalle sue insidie, epoi perché anche noi possiamo imparare a tenergli testa. Gesù non lo teme, e neppure per un mo-mento si lascia incantare. Il diavolo spara tre cartucce: prima cerca di prenderlo per la gola, la sen-

LENTE

SULLA PAROLA DI DIO

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sazione della fame indebolisce Gesù, che però non cede; la seconda tentazione mira più a fondo,il potere e la gloria fanno piacere a tutti, ma neppure ora Gesù cede; il terzo tentativo punta drittoal cuore, cercando di indurre Gesù a mettere alla prova l’affetto del Padre nei suoi confronti, lasua protezione, ma anche questo fa cilecca. Qual è il segreto di Gesù? Mi sembra sempre lo stesso:Gesù non concede nulla al diavolo e si protegge dalle sue frecce con lo scudo della Parola di Dio.

Tutte e tre le risposte di Gesù sono prese dalla Scrittura ed esprimono in sintesi la sua fiducia nelPadre, la sua docilità nel mettere in pratica ciò che ha ascoltato ed imparato da Lui. Così il diavoloè costretto ad andarsene come si dice “con la coda tra le gambe”. Di quel guastafeste si dice peròche si allontana per poi tornare al momento opportuno. Mi sa che le cose stanno davvero così, chequel tale cerca sempre di tornare camuffando la sua voce tra le tante voci di sirene che voglionoimpedirmi di ascoltare lo Spirito Santo, la voce del Padre che mi chiama dal cuore del mio cuore…devo imparare anche io a raccogliermi in Dio, se non voglio lasciarmi fregare! Far tacere le vociche mi distraggono per aggrapparmi alla Parola viva, a Gesù, che mi guida sulla via del bene e miprotegge da ogni male.

ATTIVITÀ

Attivita’ 1Obiettivo: questa attività si pone l’obiettivo di far scoprire ai ragazzi che fare silenzio è possibile

e, a volte, indispensabile! È un esercizio di ‘ascolto con il cuore’, durante il quale provare a darenome alle sensazioni, ai sentimenti, e chiedersi a quale profondità arrivano…

Durata: 90 minutiMateriali: cartellone, penne o pennarelli, benda.Svolgimento: i ragazzi, utilizzando un cartellone, dovranno fare un brainstorming sulla parola“silenzio”. Possono emergere sia delle accezioni positive che negative. Per il percorso che si inten-de seguire è bene incentrare l’attenzione sulle situazioni in cui fare silenzio è piacevole, impor-tante, indispensabile.In seguito o in alternativa al brain-storming si può proporre il video rintracciabile su www.don-boscoland.it, clicca su e cerca il contributo numero 3 e chiedere inquale delle espressioni del silenzio osservate ciascun ragazzo si ritrova di più.

A questo punto si invitano i ragazzi a disporsi in cerchio e, uno alla volta, a sedersi bendati su unasedia posta al centro del cerchio. In un clima di assoluto silenzio, sempre uno alla volta, i ragazzidisposti in cerchio dovranno alzarsi e avvicinarsi a quello seduto sulla sedia compiendo un gestod’affetto (un abbraccio, una carezza, una stretta di mano…). Colui che si trova al centro sperimen-terà la differenza tra un gesto e l’altro e la loro intensità senza bisogno di parole. Per concluderequesto momento è importante far riflettere su come i momenti più intensi, soprattutto quelli cheimplicano la dimostrazione di affetto per un’altra persona, avvengano in silenzio. È per questomotivo che la nostra relazione con Dio può crescere soltanto se abbiamo il coraggio di ritagliarenella nostra giornata spazi di silenzio.Si può continuare la riflessione leggendo la poesia che si trova di seguito, citata nella meditazio-ne iniziale. Il tema che tratta è la lotta come caratteristica costante nella nostra vita. Riuscire afare silenzio è una vera lotta contro le tante voci che continuamente tentano di rendere sordo il

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QUARESIMA

nostro cuore….

Mentre meditavo in silenzio(Walt Whitman – Foglie d’erba)Mentre meditavo in silenzio,

tornando sulle mie poesie, facendo lunghe, esitanti considerazioni su di esse,un Fantasma sorse davanti a me con un aspetto sospettoso,terribile per bellezza, età e potenza,il genio dei poeti di antiche terre,che volgeva verso di me i suoi occhi in fiamme,che indicava col dito tanti canti immortali,e con voce minacciosa disse: Che cosa canti? Non sai che non c’è che un tema sempre vivo per i bardi? E che è il tema della Guerra, la fortuna delle battaglie,il fare dei perfetti soldati? 

Sia pure così, risposi io,

anche io troppo altezzosa ombra canto la guerra, più lunga e grande di ogni altra,ingaggiata nel mio libro con alterna fortuna, con fughe, avanzate, ritirate,vittorie rinviate e irresolute,(eppure mi sembra sicura, o come sicura alla fine) campo di battaglia è il mondo,per la vita e la morte, per il Corpo e per l’eterna Anima,guarda, io anche sono venuto, a cantare il canto delle battaglie,e formo soprattutto valorosi soldati.

Attivita’ 2Obiettivo: far comprendere cosa significhi effettivamente mettersi in ascolto della voce del Si-gnore. Facile è ascoltare i coetanei, lasciarsi trascinare o fare di testa propria, difficile è affidarsiad un’altra persona e lasciarsi guidare nelle scelte, mettersi in discussione, rinunciare alla propriavolontà per ascoltare la volontà del Signore.

Durata: 50 minutiMateriali: dalle “Memorie dell'oratorio: “7 punti fissi per uno stile di vita diverso”, pag 70; “Volava-no minacce e bicchieri”, pag. 80; “Il violino frantumato”, pag. 81; “L’ultima caccia”, pag. 81.Svolgimento: si consiglia di iniziare leggendo insieme o presentando a voce la seconda parte dellameditazione proposta all’inizio di questa tappa, dove viene presentato il faticoso discernimentovocazionale di Don Bosco. In seguito dividere i ragazzi in tre gruppi e consegnare a ciascunol’elenco dei 7 punti, più uno degli altri tre paragrafi delle “Memorie” elencati sopra. Ogni gruppo,dopo aver letto il paragrafo assegnatogli, deve metterlo in confronto con i propositi. Giovannisapeva che alcuni modi di parlare e di agire potevano ostacolare o facilitare l’amicizia con Dio,pertanto si impegna a mantenere il raccoglimento e la purezza di parole, pensieri, azioni.

Alla fine della lettura lasciate ai ragazzi un tempo per pensare se qualche volta nella vita hannoavuto esperienze di questo genere, aiutandoli, se necessario, con le seguenti domande:

• Riesci a riconoscere i momenti in cui metti a rischio la tua vita o ti trovi in difficoltà?• C’è qualcuno che ti aiuta in questo?• A chi ti rivolgi quando sei in difficoltà? Perché?• Chiedi aiuto al Signore quando vivi questi momenti?• Quale importanza hanno per te i tempi di “deserto”?• Ti impegni a scegliere azioni pensieri e parole che possono facilitare la tua amicizia con Dio?

Per approfondire il tema del raccoglimento si può proporre la testimonianza di persone che vivo-no quotidianamente un’esperienza intensa di silenzio come fondamentale momento di ascolto e

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comunicazione con il Signore. Nel seguente link: su www.donboscoland.it, clicca sue cerca il contributo numero 4, si trovano interviste ad alcuni uomini e

donne che hanno scelto di abbracciare la vita monastica. Suggeriamo di selezionare il monasterodi San Giuliano a Lago d’Orta e di guardare i primi 15 minuti circa.

Attivita’ 3Obiettivo: riconoscere e contrastare le voci che esprimono “tentazioni”(denaro, vestiti, successo,personaggi famosi…) e assecondare quella del Signore, che ci conduce alla vera vita nell’Amore,anche se attraverso una via faticosa.

Durata: due incontri di 50 minuti ciascunoMateriali: fogli e penne, pubblicità rintracciabili ai link che trovi su www.donboscoland.it, cliccasu e cerca il contributo numero 5.Svolgimento: Il primo incontro viene dedicato alla visione di alcuni spot pubblicitari che voglio-no rappresentare le “voci” delle tentazioni. È importante analizzare ogni spot individuando l’arti-colo sponsorizzato, il protagonista, gli altri personaggi, le azioni, il messaggio che vuole inviarci.Infine i ragazzi devono porsi le seguenti domande:

 • Che cosa ti viene chiesto di fare?• Sono utilizzati stratagemmi per convincerti? Perché, secondo te?• Quali le promesse?• Che cosa cambia nella tua vita se segui queste indicazioni?

Nel secondo incontro si vuol far sperimentare ai ragazzi un tempo prolungato di silenzio (40minuti), durante il quale avranno la possibilità di mettersi in ascolto della Parola di Dio. Ciascunragazzo dovrà isolarsi dagli altri in modo da non essere disturbato, potrà scegliere liberamente illuogo dove posizionarsi. Singolarmente dovranno leggere più volte il brano di Vangelo proposto,sottolineare i versetti e le parole da cui sono più colpiti e, come fatto per gli spot pubblicitari, in-dividuare il protagonista, gli altri personaggi, le azioni, il messaggio che la Parola vuole inviarci

e infine porsi le stesse domande dell’incontro precedente. Concludete con un breve momento dicondivisione.

CUORE A CUORECON GESÙ

Adorazione Eucaristica

Guida: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito SantoTutti: Amen

Canto di esposizione:

Invocazione allo Spirito SantoVieni Santo Spirito donaci il coraggio e la forzadi stare in silenzio davanti a Gesù.Apri la nostra mente e il nostro cuoreAd ascoltare e fare quello che vorrai suggerirci.

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QUARESIMA

Lettura del Vangelo secondo Luca 4,1-13

Tempo di silenzio

Traccia per la preghiera personale

Gesù vuole parlare al tuo cuore… al cuore del tuo cuore!Scendi dentro di te, allontanati dalle tante voci che stanno facendo rumore in te,scendi ancora…cerca il silenzio, senza impazienza,ripeti l’invocazione allo Spirito Santo…prova a rileggere adagio il Vangelo e sottolineare l’espressione che ti colpisce di piùfalla diventare preghiera nel tuo dialogo con GesùOffrigli la possibilità di scandagliare il tuo cuore,ripensa alle tue azioni, alle tue abitudini, ai tuoi sentimenti…chiedi che ti aiuti a distinguere le voci del tentatore, che ti trascinano lontano da Lui,dalla voce dello Spirito, che dal giorno del Battesimo abita in te!Resta con Lui,

lasciati riempire il cuore dalla Sua Presenza.Preghiamo insiemeSignore Gesù, solo quando noi avremo taciuto,tu potrai parlare, perché tu comunichicon noi solo sulle sabbie del deserto.Nel silenzio maturano le grandi cose della vita:la conversione, l'amore, il sacrificio.Quando il sole si eclissa pure per noi,e il Cielo non risponde al nostro grido,e la terra rimbomba cava sotto i passi,e la paura dell'abbandono rischia di farci disperare,rimanici accanto.In quel momento, rompi il silenzio,per dirci parole d'amore!Amen.

Padre NostroCanto finale

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TEMPO PASQUALE

UN CUORE CHE AMA

E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare.mo  104-139 

Gv 20,24-29 

Le ferite del cuoreUltimamente mi sta capitando una cosa strana: basta un niente a straziarmi il cuore. Dev’esserea causa delle troppe cure che gli dedico, che questo poveretto è diventato così delicato. Vedo coseche prima non vedevo, o che, più semplicemente, non mi fermavo a guardare. Vedo la sofferenzadel mondo, sento salire dalle strade un grido, che mi trafigge il cuore. Mi è capitato di sentirlonel silenzio di un compagno di classe sempre maltrattato, nello sguardo perso di un povero in-contrato per la strada, nei volti dei profughi del telegiornale. Mi accorgo improvvisamente diaver sempre pensato che chi soffre in qualche modo se lo merita, mentre chi fa le cose bene, sta

FOCUS

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TEMPO PASQUALE

sempre bene. Ma ora, questo cuore che sta imparando ad ascoltare, mi ributta continuamenteaddosso la mia parte di responsabilità: c’è chi soffre innocente, ma c’è anche chi è colpevolmenteindifferente e chi è irreparabilmente responsabile. Mi viene in mente una poesia di Ungarettidavvero tragica, che racconta dell’olocausto. Davanti a questo mare di dolore senza senso, il poetacontinua a cercare un perché. Cerca, cerca, sopraffatto dal dolore, un po’ si mette tra le vittime,

un po’ tra i carnefici, ma non trova pace, fino a quando il suo lamento non diventa una preghieraal crocifisso. Allora tutto acquista un senso: «Fa piaga nel Tuo cuore - la somma del dolore - che vaspargendo sulla terra l'uomo; - Il Tuo cuore è la sede appassionata - dell'amore non vano»5. Davan-ti al cuore aperto, straziato di Gesù ogni ferita diventa un apertura pronta ad accogliere il donodel suo sangue versato per portare nuova vita. Dolore e amore si intrecciano tra loro in modo dav-vero misterioso. Questi versi ma fanno pensare al fatto che il cuore per dilatarsi ad amare gli altri,procede per progressive spaccature. Lo so perché quando mi riesce un gesto autentico di perdono,oppure un piccolo sacrificio a favore di un amico, il cuore prima sente lo strappo, duole, solo poisi dilata, diventa più grande. L’amore spacca il cuore. E più il cuore si allarga, più numerose di-ventano le cicatrici. Una cicatrice non è soltanto il ricordo di una brutta avventura! Una cicatriceè anche il trofeo di una battaglia combattuta fino al sangue e vinta. Sulla pancia di mia mammaper esempio c’è una grande cicatrice a forma di croce. Io e mia sorella siamo nati entrambe con

il parto cesareo. Prima io, con un bel taglio in verticale. Qualche anno dopo mia sorella, con unbel taglio orizzontale. Quando ero piccolo, il giorno del mio compleanno, chiedevo sempre allamamma di raccontarmi la storia di come ero venuto al mondo. Allora la mamma incominciavadall’inizio, e quando arrivava alla fine mi faceva vedere quella cicatrice ed io la accarezzavo con ilmio piccolo dito, oppure ci stampavo sopra un bacio. Mi piaceva pensare che io e mia sorella era-vamo usciti fuori di là. Nel segno di quel taglio ormai rimarginato, potevo toccare la concretezzadell’amore donato senza calcolo, sofferto col sorriso, a rischio della vita.

5Giuseppe Ungaretti, Mio fiume anche tu, Roma occupata.

Rose con le spineLa lettura delle Memorie dell’Oratorio sta cambiando il mio modo di pensare a Don Bosco. Ascol-tare i suoi ricordi è come entrare nel suo cuore. Prima era per me come un immagine a due di-mensioni. Non un uomo vivo, ma un santino di quelli che si usano per tenere il segno nei libri.Certo sorridente e simpatico, ma nulla di più. Mi viene in mente quel sogno in cui Don Bosco sitrova a camminare sotto uno stupendo pergolato di rose. Chi lo guarda da lontano, senza fare

attenzione, ha l’impressione che tutte le cose gli vadano bene, mentre egli camminando sente lespine penetrare a fondo nella sua carne, in tutto il suo corpo. Nel sogno Maria spiega a Don Boscoche quelle spine rappresentano le difficoltà e le sofferenza che egli deve sopportare per il benedei suoi giovani. Ripercorrendo gli inizi del primo Oratorio non è difficile dare un nome a quellespine. La prima grande spina è l’incontro con i giovani disgraziati di Torino. Arrivando in città,il giovane prete campagnolo, dev’essersi trovato di fronte ad una miseria e ad una degradazioneda far paura. I giovani soprattutto erano abbandonati a se stessi, vaganti per le strade, senza fa-miglia, in cerca di lavoro. Esposti ad ogni genere di pericolo fisico e morale, un gran numero diessi finiva presto in galera. Don Cafasso, che da un po’ di anni è la sua guida spirituale, lo portaproprio nelle carceri, ad incontrare questi giovani finiti male. Si dice che di fronte all’esecuzionecapitale di alcuni di essi il suo povero cuore letteralmente non abbia retto, e lui sia caduto a terrasvenuto. La spina era pungente e penetrava in profondità in un cuore particolarmente vulnera-

CON IL CAPPELLODI DON BOSCO

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bile al grido dei giovani… stava maturando in lui quel “basta che siate giovani perché vi ami”?Sono sicuro che al primo sguardo, al primo… occhi negli occhi, Don Bosco ha riconosciuto inquei volti induriti dalla miseria il muso scuro dei lupi sognati da bambino. Eccoli lì i suoi lupi,davanti a sé. Ma ora che fare? Come trasformarli in agnelli? “Se trovassero un amico”, pensa DonBosco, e subito il pensiero prende piedi e mani. Don Bosco inizia a fare di tutto per conquistarsi la

fiducia dei giovani, garantire loro un futuro migliore, portarli a Gesù. Non è però che tutto vadaliscio al primo tentativo: l’Oratorio nasce proprio come un bimbo, dopo una gravidanza lunga etravagliata. Ed ecco la altre spine: la fatica per trovare un luogo adatto in cui radunare i giovani,la fatica per trovare collaboratori fedeli che lo aiutino, l’opposizione dei parroci, dei politici, dellagente di Torino che lo accusa prima di essere un rivoltoso e poi di essere diventato matto. Dopol’ennesimo sfratto, a prato Filippi, Don Bosco tocca il fondo. Non riesce a vedere futuro per la suaopera… si mette in un angolo e scoppia a piangere, supplica il Signore perché lo aiuti a capire cosadeve fare. Dopo la morte viene la resurrezione: inaspettatamente l’oratorio trova una casa, stabile,a Valdocco. Il primo incontro sotto la tettoia Pinardi avviene il giorno di Pasqua. Coincidenza? Lacosa interessante è che tutte le peripezie, gli spostamenti, gli ostacoli, non sono stati affatto vani:l’Oratorio è cresciuto come la testa dei cavoli che vengono trapiantati. I giovani aumentano avista d’occhio e il cuore di Don Bosco si allarga ad abbracciarli tutti, li genera nel dolore, di spac-

catura in spaccatura, di cicatrice in cicatrice.

Un cuore che ama è sempre aperto

A proposito di cuore ferito, mi viene in mente il quadro appeso nella camera della nonna. Conuna mano Gesù indica il suo petto aperto, dal quale escono dei raggi di luce e sotto c’è la scritta“Venite a me voi che siete affaticati e oppressi ed io vi ristorerò”. La nonna dice sempre che queiraggi, uno rosso e uno azzurro rappresentano il sangue e l’acqua usciti dal cuore di Gesù quando,sulla croce, è stato trafitto da una lancia, e rappresentano i sacramenti, cioè il battesimo, l’Eu-carestia… io la ascolto per farla contenta, ma in realtà quel discorso mi sembra un po’ astratto.Cosa c’entra con la Messa il cuore ferito di Gesù? E poi perché Gesù risorto conserva i segni dellapassione? Neanche come ferite rimarginate, ma come piaghe aperte, per sempre… Forse per farneun trofeo come la cicatrice sulla pancia di mia mamma? Ricordo che una volta ho sentito dire aun prete, che Gesù non soffre tanto per le torture fisiche, ma per i nostri peccati, per il fatto cioèche più Egli ci offre il suo amore, più ci dice che Dio è nostro Padre, più noi ci ostiniamo a rifiu-tarlo, a deriderlo, ad ucciderlo! Si può rileggere tutta la storia di Gesù, da Natale a Pasqua, come la

storia della sua ricerca di noi da un lato, del nostro rifiuto di lui dall’altro. Alle sue braccia aperte,inchiodate sulla croce rispondiamo con un colpo di lancia dritto al cuore. Non fanno così solo isuoi nemici. Anche gli amici, che lo abbandonano al suo destino, con la loro assenza affondanola lancia. Scappano da quell’amore esagerato, temono di fare la stessa fine, difendono il propriocuore. Si rifugiano nel cenacolo, il luogo del ricordo dell’intimità con lui, dei piedi lavati, delpane spezzato e condiviso, di quelle parole incomprensibili: questo è il mi corpo spezzato per voi,pronunciate dal maestro prima di lasciarsi squarciare, di tuffarsi a capofitto nella morte come ilseme nella terra. Sono lì che aspettano senza sapere cosa, non riescono a capire il senso di quelloche è successo, fino a quando capita l’imprevedibile: Gesù ritorna, vivo! Ma Tommaso non c’è, eglicontinua a vagare… A scappare? A rifiutare il fatto che per imparare ad amare bisogna lasciarsiallargare il cuore?

LENTESULLA PAROLA DI DIO

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TEMPO PASQUALE

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altridiscepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi enon metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopoi discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò inmezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi

la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «MioSignore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo vistocrederanno!». (Gv 20,24-29) 

Tommaso apre gli occhi del suo cuore grazie al contatto con la piaga aperta di Gesù. Entra nelsuo cuore trafitto, aperto e Gesù diventa il Signore della sua vita! Siamo nel cenacolo, è domeni-ca. Ora capisco la verità di quelle parole: questo è il mio corpo, questo il mio sangue, per voi! Lacena è resa vera dal sacrificio di Gesù. È per questo che la Messa mi mette dentro il cuore apertodi Gesù? Gesù stesso lo dice, beati tutti quelli che verranno dopo, che non vedranno la mia piagaaperta, ma vi entreranno passando per il Battesimo, la Confessione, l’Eucaristia… Gesù non pensasolo ai discepoli di quel tempo, pensa davvero a tutti! È per questo che la ferita resta aperta, nonsi cicatrizza mai, perché tutti possiamo entrare, anche io! Cavoli, se andando a Messa o andando

a confessarmi, mi ricordassi queste cose, sarebbe davvero tutto diverso!

ATTIVITÀ

Attivita’ 1Obiettivo: Il Signore è risorto mantenendo i segni delle ferite inflittegli durante la passione, prove

del suo amore per noi. Anche noi, quando amiamo, rimaniamo in qualche modo feriti, poichédoniamo parte del nostro cuore. L’attività seguente vuole aiutare i ragazzi a riconoscere le feriteche in loro testimoniamo l’amore che hanno saputo donare ad altri.

Durata: 45 minutiMateriali: fogli, pennarelli o matite colorate, storia “ Il cuore più bello del mondo”.Svolgimento: dopo aver letto la storia in gruppo, ad ogni ragazzo deve essere consegnato un fogliosul quale rappresentare graficamente il proprio cuore con le relative ferite (superficiali, lacerate,profonde…). A lavoro concluso ciascuno può condividere con il gruppo il significato della propriaraffigurazione, raccontando le esperienze che hanno trasformato il proprio cuore.Il cuore più bello del mondoC'era una volta un giovane in mezzo a una piazza gremita di persone: diceva di avere il cuore più

bello del mondo, o quantomeno della vallata. Tutti quanti gliel'ammiravano: era davvero per-fetto, senza alcun minimo difetto. Erano tutti concordi nell'ammettere che quello era proprio ilcuore più bello che avessero mai visto in vita loro, e più lo dicevano, più il giovane s'insuperbivae si vantava di quel suo cuore meraviglioso. All'improvviso spuntò fuori dal nulla un vecchio,che emergendo dalla folla disse: "Beh, a dire il vero... il tuo cuore è molto meno bello del mio."Quando lo mostrò, aveva puntati addosso gli occhi di tutti: della folla, e del ragazzo. Certo, quelcuore batteva forte, ma era ricoperto di cicatrici. C'erano zone dove dalle quali erano stati aspor-tati dei pezzi e rimpiazzati con altri, ma non combaciavano bene - così il cuore risultava tuttobitorzoluto. Per giunta, era pieno di grossi buchi dove mancavano interi pezzi. Così tutti quantiosservavano il vecchio, colmi di perplessità, domandandosi come potesse affermare che il suocuore fosse bello. Il giovane guardò com'era ridotto quel vecchio e scoppiò a ridere: "Starai scher-zando!", disse. "Confronta il tuo cuore col mio: il mio è perfetto, mentre il tuo è un rattoppo di

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ferite e lacrime." "Vero", ammise il vecchio. "Il tuo ha un aspetto assolutamente perfetto, ma nonfarei mai a cambio col mio. Vedi, ciascuna ferita rappresenta una persona alla quale ho donato ilmio amore: ho staccato un pezzo del mio cuore e gliel'ho dato, e spesso ne ho ricevuto in cambioun pezzo del loro cuore, a colmare il vuoto lasciato nel mio cuore. Ma, certo, ciò che dai non è maiesattamente uguale a ciò che ricevi – e così ho qualche bitorzolo, a cui sono affezionato, però:

ciascuno mi ricorda l'amore che ho condiviso. Altre volte invece ho dato via pezzi del mio cuorea persone che non mi hanno corrisposto: questo ti spiega le voragini. Amare è rischioso, certo,ma per quanto dolorose siano queste voragini che rimangono aperte nel mio cuore, mi ricordanosempre l'amore che provo anche per queste persone... e chissà? Forse un giorno ritorneranno, emagari colmeranno lo spazio che ho riservato per loro. Comprendi, adesso, che cosa sia la VERAbellezza?" Il giovane era rimasto senza parole, e lacrime copiose gli rigavano il volto. Prese unpezzo del proprio cuore, andò incontro al vecchio, e gliel'offrì con le mani che tremavano. Il vec-chio lo accettò, lo mise nel suo cuore, poi prese un pezzo del suo vecchio cuore rattoppato e conesso colmò la ferita rimasta aperta nel cuore del giovane. Ci entrava, ma non combaciava perfet-tamente, faceva un piccolo bitorzolo. Il giovane guardò il suo cuore, che non era più "il cuore piùbello del mondo", eppure lo trovava più meraviglioso che mai: perché l'amore del vecchio orascorreva dentro di lui.

(Storiella indiana) Domande che possono aiutare la riflessione:• Il tuo cuore è duro o è delicato? Si ferisce facilmente?• Ci sono delle cicatrici sul tuo cuore? Cosa le ha provocate?• Quando ricevi un colpo al cuore, come reagisci? Come curi la ferita?• Ci sono nel tuo cuore ferite che fanno male da molto tempo e che non riesci a rimarginare?• Ti sei mai sentito trafiggere dal “grido” di qualche persona/situazione che hai incontrato?

Si può continuare la riflessione leggendo insieme la poesia di Ungaretti citata nella prima par-te della meditazione. Il testo può aiutare ad allargare l’orizzonte della riflessione prendendo inconsiderazione non soltanto la sofferenza che tocca direttamente la vita privata di ognuno, maanche il dolore che attraversa il mondo, la responsabilità umana nella sofferenza, il peccato, piùin generale il significato del dolore.

Mio fiume anche tu(Giuseppe Ungaretti – Roma occupata)Mio fiume anche tu, Tevere fatale,Ora che notte già turbata scorre;Ora che persistenteE come a stento erotto dalla pietraUn gemito d'agnelli si propagaSmarrito per le strade esterrefatte;Che di male l'attesa senza requie,Il peggiore dei mali,Che l'attesa di male imprevedibileIntralcia animo e passi;Che singhiozzi infiniti, a lungo rantoliAgghiacciano le case tane incerte;Ora che scorre notte già straziata,Che ogni attimo spariscono di schiantoO temono l'offesa tanti segniGiunti, quasi divine forme, a splenderePer ascensione di millenni umani;Ora che già sconvolta scorre notte,E quanto un uomo può patire imparo;Ora ora, mentre schiavo

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TEMPO PASQUALE

Il mondo d'abissale pena soffoca;Ora che insopportabile il tormentoSi sfrena tra i fratelli in ira a morte;Ora che osano direLe mie blasfeme labbra:

"Cristo, pensoso palpito,Perché la Tua bontàS'è tanto allontanata?"Ora che pecorelle cogli agnelliSi sbandano stupite e, per le stradeChe già furono urbane, si desolano;Ora che prova un popoloDopo gli strappi dell'emigrazione,La stolta iniquitàDelle deportazioni;Ora che nelle fosseCon fantasia ritorta

E mani spudorateDalle fattezze umane l'uomo laceraL'immagine divinaE pietà in grido si contrae di pietra;Ora che l'innocenzaReclama almeno un eco,E geme anche nel cuore più indurito;Ora che sono vani gli altri gridi;Vedo ora chiaro nella notte triste.

Vedo ora nella notte triste, imparo,So che l'inferno s'apre sulla terraSu misura di quantoL'uomo si sottrae, folle,Alla purezza della Tua passione.

Fa piaga nel Tuo cuoreLa somma del doloreChe va spargendo sulla terra l'uomo;Il Tuo cuore è la sede appassionataDell'amore non vano.Cristo, pensoso palpito,Astro incarnato nell'umane tenebre,Fratello che t'immoliPerennemente per riedificareUmanamente l'uomo,Santo, Santo che soffri,Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli,Santo, Santo che soffriPer liberare dalla morte i mortiE sorreggere noi infelici vivi,D'un pianto solo mio non piango più,Ecco, Ti chiamo, Santo,Santo, Santo che soffri.

Attività 3Obiettivo: riflettere sul fatto che non c’è amore autentico che non sia attraversato dal sacrificio,

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dal dono sofferto di sé. Per fare questo si può mettere in parallelo l’esperienza del pianto di DonBosco sul prato Filippi con quella di altri uomini che attraverso la preghiera e l’amore reciprocosono giunti al dono della propria vita per i fratelli.

Durata: due incontri di cui il primo di 2 ore e il secondo di 45 

Materiali: film “Uomini di Dio”; da le “Memorie dell'oratorio” di S. Giovanni Bosco capitolo 23; “La tettoia dove cominciò tutto”, pag. 137.Trama del film: Negli anni novanta, in un villaggio isolato tra i monti dell'Algeria, otto monacicistercensi di origine francese vivono in armonia con i loro fratelli musulmani. Tuttavia quandoun attacco terroristico sconvolge la regione, la pace e tranquillità che caratterizzavano la lorovita sono in procinto di essere cancellate. Man mano che la violenza e il terrore integralista dellaguerra civile si diffondono nella regione, i monaci si ritrovano davanti ad un bivio: decidere serimanere o ritornare in Francia. Nonostante l'invito delle autorità ad andarsene, i monaci decido-no di restare al loro posto pur di aiutare la popolazione locale, mettendo così in grave pericolo laloro stessa vita per amore di Cristo.Svolgimento:durante il primo incontro proporre la visione del film “Uomini di Dio”. Nel secondoincontro, dopo aver letto l’episodio tratto da le “Memorie”, guidare un momento di dibattito sul

film e sulle caratteristiche comuni tra i monaci e don Bosco, individuando gli elementi che lihanno spinti al dono della propria vita.

Domande per la riflessione:• Sia i monaci che Don Bosco stanno spendendo la loro vita per rispondere ad un “grido”. Di quale

grido si tratta? Come hanno imparato a sentirlo? A quali scelte li ha portati?• Dove trovano la forza per sostenere la fatica? A chi si affidano? Con chi si confrontano?• Quanto è importante la comunità, la possibilità di condividere la propria missione? Da cosa si

capisce?• È possibile accostare gli avvenimenti raccontati nel film e nella vita di Don Bosco alla passione

di Gesù? In cosa si assomigliano?

Attivita’ 3Obiettivo: si vuole puntare l’attenzione sul fatto che le ferite sul corpo di Gesù sono indelebili se-gni del suo incancellabile amore per noi, che si manifesta a tutti, a partire da chi ne dubita. La Suapresenza è la migliore dimostrazione dell’efficacia del dolore trasformato in vita per noi stessi eper gli altri. Tale presenza viva la possiamo sperimentare anche oggi nei sacramenti.

Durata: 60 minutiMateriali: immagine del dipinto di Caravaggio “Incredulità di San Tommaso”, scheda di osserva-zione del dipinto, penne.Svolgimento: l’immagine del dipinto deve essere proiettata in modo che sia chiaramente visibilea tutti. Ai ragazzi va consegnata la scheda di osservazione composta dalle domande sottostanti.Ciascuno dovrà completarla personalmente in un tempo di circa 15 minuti, dopodiché l’educato-re guiderà un momento di condivisione aiutando i ragazzi a cogliere gli aspetti che non sono statirilevati e a comprendere la loro connessione con i sacramenti.

Domande per la scheda di osservazione del dipinto:• Chi sono i personaggi?• Cosa stanno facendo?• Che tipo di colori vengono utilizzati nel dipinto?• Da dove proviene la luce?• Di chi è la mano sul braccio di Tommaso?• Perché Tommaso infila il dito nel costato di Gesù?• Qual è l’atteggiamento di Gesù?• Qual è l’espressione di Tommaso?

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TEMPO PASQUALE

• Perché Tommaso e Gesù non sono soli?• Che cosa fanno gli altri apostoli?

Lettura del dipinto (per l’educatore)Quando Gesù si mostra ai suoi discepoli dopo la risurrezione, Tommaso si rifiuta di credere che

quest'uomo sia veramente il suo Maestro ed esige delle prove. Egli, infatti, è curioso, critico e in-tende fare un’analisi razionale dell’evidenza. Dubita quindi, e pretende conferme, vuole toccarecon mano ciò che è inspiegabile. Cristo implicitamente perdona Tommaso per la sua incredulitàe gli offre la piaga del costato che l'apostolo aveva dichiarato polemicamente agli altri di volertoccare per credere che Gesù fosse veramente risorto. Tommaso sembra "frugare con veemenza"all'interno del corpo di Gesù, quasi entrandovi dentro con il dito per accertarne la realtà al di làdi ogni dubbio. La mano di Cristo sembra prendere il dito di Tommaso e portarlo con decisioneal suo petto squarciato. Le parole di Gesù: "Metti la tua mano nel mio costato!" Caravaggio non leintende come un invito retorico, ma come una presa per mano dell'apostolo, affinché verifichi larealtà del Risorto. Tommaso spinge la sua curiosità per poi riconoscere il suo errore esclamando:“Mio Signore e mio Dio”. Anche i due apostoli che gli sono vicini sono raffigurati in una umanis-sima tensione, ben espressa dal corrugarsi della fronte. Il dono della grazia li avvolge come un

fascio di luce, proveniente da sinistra, e li fa emergere dalle tenebre in cui è immersa la scena. Lacomposizione, classica, unisce con attenzione le quattro teste degli apostoli nella ricerca dellaverità; la luce proviene solo da sinistra e illumina le fronti corrugate dei tre uomini che osservanocon attenzione, con scopo di verifica, la ferita. Molto profondo è lo sguardo paziente di Gesù. Èimportante sottolineare che questo incontro che trasforma la vita e la fede di Tommaso, avvienenel cenacolo, alla presenza degli altri apostoli. Come dire che l’incontro con Gesù Risorto av-viene nella mediazione della Chiesa. Così è stato per Tommaso, così è ancora oggi per noi, nellacelebrazione dei sacramenti, che ci mettono in contatto con Gesù in maniera altrettanto reale, inmaniera altrettanto corporale, seppure diversa, come se ci fossimo trovati in mezzo a coloro cheegli perdonò, guarì, nutrì e istruì duemila anni fa in Palestina. Dio conosce il nostro bisogno diconcretezza, di toccare con mano, di essere partecipi in prima persona, per questo si consegna anoi nei sacramenti.

I sacramenti sono le parole, i gesti, i segni efficaci dell’amore di Dio per noi. Sono i gesti che Dio-Amore fa all’umanità (a noi, a me) di cui è follemente innamorato. Sono momenti certissimi dellapresenza di Cristo che si incontra con noi. Sono incontri localizzabili, sensibili con l’uomo Gesùrisorto: una presa di contatto, misteriosa, ma reale, pienamente umana, con il Signore. Cristo ènei sacramenti; là lo troviamo sempre, vero Dio e vero uomo, risorto, vivente e vivificante (chevuol dire: che comunica a noi la sua vita, la vita stessa di Dio, la vita eterna, che ci fa vivere persempre). Quindi i sacramenti sono incontri veri, concreti e vivi tra persone vere, concrete e vive;incontri tra innamorati. L’amore non si impara sui libri, non si fa coi libri, ma con una personaconcreta e viva che mi dà completamente se stessa e alla quale do completamente me stesso. I sa-cramenti sono questo: Cristo, Dio e uomo, che mi dà totalmente se stesso e al quale do totalmenteme stesso. I sacramenti sono azioni attraverso le quali Dio infonde in me, in noi, riversa, travasain noi il suo amore, che è lo Spirito Santo, e suscita in noi la capacità di amare Lui con tutto ilcuore e gli uomini suoi figli e nostri fratelli come Lui li ama.

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CUORE A CUORE

CON GESÙ

Adorazione Eucaristica

Guida: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito SantoTutti: Amen

Canto di esposizione:

Invocazione allo Spirito SantoVieni Santo Spirito

Vieni a pregare in me, vieni ad amare in me!Spacca il nostro cuoreperché possa sentire il grido di chi soffre ,ed assomigliare sempre più al Cuore aperto di Gesù.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 20,24-29

Tempo di silenzio

Traccia per la preghiera personaleGesù è presente, ora, qui,nell’Eucaristia vuole incontrarti!

Quella lancia, che lo ha ferito, l’hai scagliata anche tu con le tue lontananze.Il suo cuore si è spaccato anche per te…Non scappare, resta,lasciati colmare ora dell’amore che Lui vuole donarti.

Puoi leggere una parte della meditazione proposta all’inizio della tappa…

Ringrazia Gesù per il dono della Sua vita per te,ringrazialo per il dono del Battesimo, che ti ha unito a Lui…Ringrazialo per il dono dell’Eucaristiacon cui si rende presente e vuole diventare carne della tua carne…Ringrazialo per il dono della Confessione

con cui ti immerge nel suo cuore e ti ridona nuova vita.Lasciati condurre come Tommaso presso il cuore ferito di Gesùe resta con Lui, vivo.

Preghiamo insieme:O Padre, onnipotente e misericordioso,che in San Tommaso hai voluto offrirciun esempio di perseveranza nella ricerca della verità,donaci di imitarlo con semplicità di cuoree fa che ogni giorno della nostra vitaveniamo incontro a Te,perché Tu sei l’Amore che perdona e salva.

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TEMPO PASQUALE

O Gesù, Figlio di Dio e nostro dolce Maestro,che hai chiamato San Tommasoa seguirti come tuo discepolo e apostolo,donaci la passione per il Regno di Dio

e la gioia di servirti con cuore generosoper godere fin d’ora della tua amicizia,Tu che sei la Via, la Verità e la Vita.

O Spirito Santo, che sei Signore e dai la vita,che con la tua potenza hai liberato Tommasodalla morsa del dubbio e dell’egoismo,donaci di essere sempre docili alle tue ispirazioniperché impariamo a donare la vita per amore di Dio e dei fratelliAmen.

Padre Nostro

Canto Finale

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MESE MARIANO

UN CUORE DI FIGLIO

Diventare figlioSto per compiere 18 anni. È un momento che ho atteso tanto, mi sembrava un traguardo lontanoe invece è arrivato in fretta. Quest’anno con gli amici ne abbiamo parlato tanto, tutti elettrizzatidall’idea di fare la patente e proiettarsi verso l’università. In realtà adesso che ho imparato adascoltare meglio il mio cuore, tutto questo mi sta davvero stretto! Ma io mi dico, possibile che

Ascolteranno la mia voce e diventerannoun solo gregge, un solo pastore.Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio.mo  141-159 

Gv 19,25-27 

FOCUS

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diventare grandi si riduca a questo, alla possibilità di andare più lontano da casa e di starci perpiù tempo? Mi viene in mente la storia del giovane Holden, che a metà anno scolastico decide dipiantare tutto e sparire, perché non ne può più della sua vita, dei suoi doveri, soprattutto dellepersone che ha intorno, la famiglia e gli amici. Poi però, mentre cammina per la strada senzameta, si sente come scomparire nel nulla. Allora inizia ad invocare l’aiuto di suo fratello: “Allie,

non farmi scomparire. Per piacere, Allie”6

. Da solo sta male, eppure continua a progettare la fuga.Poi decide di andare a salutare la sorella piccola all’uscita da scuola. Quando la incontra e scopreche lei ha preparato la valigia per scappare insieme a lui, perché non vuole lasciarlo solo, allorasi accorge che senza la sua famiglia non ce la fa. In questi giorni mi sembra di avere finalmentemesso a fuoco questa realtà: il mio cuore non cresce, al contrario si atrofizza, se non resta dentro aquella specie di correte che è formata dalle persone che mi vogliono bene e che in un certo sensomi aprono la strada: i miei genitori quelli che mi hanno messo al mondo e quelli che mi stannoaiutando a maturare nella fede, ma anche Don Bosco e Gesù. Il fatto che papà e mamma mi ab-biano generato, crea un legame che non posso in nessun modo disconoscere, e questo non c’entranulla con il fatto che a volte è faticoso capirsi e sopportarsi. Io sono e resto un figlio e continueròad esserlo! Ciò che vale per la mia vita fisica, vale anche per la mia povera fede. Tutto ciò che ho,l’ho ricevuto! In un parola: sono figlio, da tutti i punti di vista! Mi accorgo che il mio cuore è stato

creato per questo, per stare in questa relazione, non per sciogliersi da essa. Anche perché è pro-prio scendendo questa catena di cuori che l’Amore di Dio mi raggiunge e si manifesta a me comeil Padre che ho sempre desiderato di avere. Da quando ho intuito questa cosa si è aperta al cuoredel mio cuore una finestra di nostalgia, il desiderio di risalire a mia volta di cuore in cuore, fino aritrovarmi stretto nell’abbraccio di Dio…

6 J. D. Salinger, Il Giovane Holden

Ti darò la maestraPenso e ripenso al fatto che Don Bosco è cresciuto senza papà, eppure è diventato padre tenero edesigente dei giovani. Ha saputo dare agli altri qualcosa che neppure lui aveva ricevuto. Certamen-te la sua mamma era fantastica, ma ciò che voglio dire è un'altra cosa. Sono convinto che lui la suapaternità l’ha imparata proprio da Dio. In tutta la sua vita non ha fatto altro che diventare semprepiù figlio di Dio, sempre più in ascolto obbediente di Lui. E più diventava figlio di Dio Padre, piùdiventava padre per i suoi giovani. Mi piace questo modo di guardare al mio futuro: diventareadulto non significa tanto diventare capace di fare tutto da solo, quanto imparare a dare la vita.

Provo ad immaginarmi padre di figli: bellissimo e terribile, il mio cuore freme di gioia e mi tre-mano le gambe. Così come tremarono le gambe a Giovannino quando, nel sogno dei nove anni,gli sembrò che il Signore chiedesse cose impossibili. Così come tremarono ancora al momentodella scelta del seminario, e poi alla vista dei giovani in galera. E poi ancora chissà quante altrevolte nella sua vita. Mi accorgo solo ora che in tutti questi momenti delicati, quando sembra cheil Signore chieda cose troppo esigenti, al suo fianco non manca mai la presenza materna di Maria.Nel sogno è Gesù stesso che lo affida a lei dicendo: “Io ti darò la maestra”. In altri momenti mam-ma Margherita, Luigi Comollo, gli ricorderanno di confidare nella protezione di quella Madre. EGiovanni le consegna il cuore, così come ha sempre fatto con la mamma della terra, si impegnaad essere devoto ed obbediente anche verso la mamma del cielo! Negli scritti di Don Bosco si tro-vano espressioni tenerissime rivolte a Maria, da cui si coglie la fede incrollabile nella sua potenteintercessione. Maria è per Don Bosco proprio colei che ha il compito di rendere facili le cose che

CON IL CAPPELLO

DI DON BOSCO

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sembrano difficili, come ha sperimentato nella nascita dell’Oratorio. Don Bosco percepisce la pre-senza di Maria molto vicina, molto attenta alle esigenze dei suoi figli, prontissima ad intervenireper aiutarli, tanto che a volte sembra proprio che la veda. Questa stessa confidenza egli la trasmet-te ai suoi giovani, insegna loro a pregare il rosario e ad affidarsi ogni giorno a lei con le famose treAve Maria che assicurano la salvezza dell’anima. Chi si fida di Maria vedrà veri miracoli, come la

basilica di Maria Ausiliatrice, costruita senza avere in tasca i soldi per pagarla. Ma Don Bosco nonsi accontenta di costruire a gloria della sua patrona un monumento di pietre, vuole innalzarneanche uno vivo. L’intuizione che ci vogliono delle donne che possano fare per le ragazze ciò che isalesiani fanno per i maschi, spinge Don Bosco a fondare un Istituto di suore. Egli è certo che Ma-ria desidera quest’opera e l’affida interamente a lei. Così alle suore viene consegnato il compito diessere nel mondo vere figlie di Maria, presenza viva dell’Ausiliatrice.

Ecco tua Madre!Anche nel Vangelo si racconta di un discepolo affidato da Gesù alle cure speciali di Maria. Più cipenso e mi più mi sembra incredibile come la storia di Gesù va insieme bene con le cose più im-portanti e misteriose della vita! Siamo ai piedi della croce, è il momento in cui Gesù letteralmentedà la vita per noi, nel senso che muore e il suo sangue viene tutto versato dal suo cuore su di noi,perché attraverso i sacramenti sia sconfitta per sempre la nostra indifferenza, il nostro peccato epossiamo venire di nuovo accolti nell’abbraccio del Padre. Mentre Gesù è lì che sta per morire, ai

suoi piedi c’è Maria, con alcune altre donne ed un solo discepolo. Perché quel discepolo è finitolì sotto e non se l’è svignata come gli altri? Il Vangelo dice che era amico del Sommo Sacerdote.Forse questa amicizia altolocata gli permetteva di stare vicino a Gesù senza temere di fare la suastessa fine. A me però piace pensare che essendo il più giovane, il preferito di Gesù, egli avesseun rapporto speciale con Maria. Non aveva voluto abbandonare Maria nel dolore e lei se l’eratrascinato ai piedi della croce? Questo nel Vangelo non si dice. Si dice invece delle ultime paroledi Gesù a questi due che stanno insieme ai suoi piedi, alla Madre che lo ha messo al mondo, ed aldiscepolo più caro:

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala.Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, eccoil tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua

casa. (Gv 19,25-27) 

Ai piedi della croce Giovanni è il primo battezzato nel sangue di Gesù, riceve per primo il perdo-no dei peccati ed il germe di un cuore nuovo simile a quello del Suo Maestro. Ma questo nuovocuore, per diventare davvero il cuore di un figlio di Dio, ha bisogno di essere aiutato a diventaregrande, accompagnato, sostenuto. Gesù è nato piccolo ed ha avuto bisogno delle cure di Maria perpoter crescere fino al compimento della sua missione. Così anche i discepoli, con tutti i loro limitie timori, nascono piccoli piccoli e Gesù subito li affida alle cure materne di Maria. Nel momentoGesù dona la vita, Maria compie il suo compito di Madre nei suoi confronti accompagnandolofino alla fine. Ma Gesù non la lascia a piangere sulla sua morte, subito le indica un compito nuo-vo: continuare ad essere Madre per tutti gli altri figli di Dio. Giovanni è chiamato a ricambiarel’affetto del Maestro prendendosi a sua volta cura di Maria, portandola nella sua casa. Provo ad

LENTESULLA PAROLA DI DIO

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MESE MARIANO

immaginare le giornate trascorse insieme da quei due e mi viene da pensare che tutto il tempocondiviso fosse dedicato a ricordare la vita, l’affetto, gli insegnamenti di Gesù. Maria che conosce-va così bene il cuore di Giovanni e il cuore di Gesù faceva di tutto perché non si interrompessequella trasformazione del cuore cominciata in quel battesimo ai piedi della croce. Mi viene inmente la preghiera del Rosario… non è poi molto differente: ricordare con Maria la vita di Gesù,

perché penetri a fondo nel mio cuore. È per quello che si ripete tante e tante volte le stesse parole?Come un lavoro di pialla su un legno pregiato¸  è un continuo andare e venire dello stesso gesto,fino a che il legno non diventa liscio e luccicante. Maria, mamma, vorrei che anche il mio cuorediventasse aperto e grande come quello di Gesù! Non lasciarmi solo. Fammi sentire che mi seivicina. Cercherò di collaborare, perché tu non debba fare troppa fatica, finché anch’io non saròdavvero un figlio, felice di corrispondere al progetto che Dio mio Padre ha su di me!

ATTIVITÀ

Attivita’ 1Obiettivo: riflettere su cosa significa essere figli, in rapporto ai nostri genitori e in rapporto a Dionostro Padre.

Durata: almeno 60 minutiMateriali: penne o pennarelli, 3 cartelloni, fotocopia per ciascun ragazzo del brano riportato sot-to.

Svolgimento: segnare su due cartelloni punti da uno a dieci. Sul primo i ragazzi dovranno scrive-re il decalogo del buon padre, sul secondo il decalogo del buon figlio decidendo in gruppo qualicaratteristiche attribuire a ciascuno e in quale ordine sistemarle. Concluso questo momento, silegge insieme il brano tratto da Il Giovane Holden, che riporta le riflessioni di un adolescenteche decide di scappare di casa perché non vuole più avere nulla a che fare con i genitori. Si puòrispondere insieme a queste domande:• Come si immagina Holden la vita lontano dalla sua famiglia? Come sarebbe per te la vita senza

la tua famiglia?• Credi che sia possibile vivere senza legami famigliari? A quale prezzo?• Cos’è che fa desiderare a Holden di lasciare tutto? Ti è mai capitato qualcosa di simile? Cosa ti

disturba di più nei tuoi familiari? Cosa vorresti cambiare?

A questo punto si può invitare gli adolescenti a cambiare prospettiva provando a mettersi neipanni dalla parte del Padre di cui Gesù parla nella famosa parabola del figliol prodigo. Singo-larmente dovranno leggere il brano tratto dal testo di Rupnik (che trovi sotto), sottolineando lecaratteristiche del buon padre che ne emergono. Alla fine preparare il terzo cartellone allo stessomodo dei precedenti. In gruppo i ragazzi dovranno rifare il decalogo del buon figlio alla luce dellanuova persona del padre descritta nel brano letto. Domande per la riflessione:

• Quali differenze emergono tra i diversi cartelloni?• Ti piacerebbe sperimentare l’amore di un padre come quello della parabola? La possibilità di

farlo dipende anche dalla tua disponibilità a lasciarti amare e guidare? In che misura?

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Da Il Giovane Holden – J. D. SalingerAd ogni modo, continuai a camminare per la Quinta Avenue, senza cravatta eccetera eccetera.Poi, tutt’a un tratto, cominciò a succedermi una cosa dell’altro mondo. Ogni volta che arrivo allafine di un isolato e scendevo da quel maledetto marciapiede, avevo la sensazione che non sareimai arrivato dall’altra parte della strada. Mi pareva che avrei continuato ad andare giù, giù, giù, e

che nessuno mi avrebbe più rivisto. Ragazzi, mi venne un accidente. Non potete nemmeno imma-ginarvelo. Cominciai a sudare come Dio sa che – tutta la camicia e la biancheria, tutto! Poi comin-ciai a fare un’altra cosa. Ogni volta che arrivavo alla fine di un isolato, facevo finta di parlare conmio fratello Allie. “Allie, - gli dicevo,- non farmi scomparire. Allie, non farmi scomparire. Allie,non farmi scomparire. Per piacere, Allie”. E poi, quando raggiungevo l’altro marciapiede senza es-sere scomparso, gli dicevo grazie. E poi tutto daccapo non appena arrivavo all’altra cantonata. Maio continuavo a camminare eccetera eccetera. Avevo una certa paura di fermarmi, credo – franca-mente, non me ne ricordo. So che mi fermai soltanto un bel pezzo dopo la Sessantesima, passatolo zoo e compagnia bella. Allora mi sedetti su quella panchina. Ero spompato e sudavo ancoracome non si sa che. Rimasi seduto un’oretta, credo. Finalmente presi una decisione, la decisionedi andarmene. Decisi che non sarei più tornato a casa e che non sarei mai più andato in un’altrascuola. Decisi che avrei visto soltanto la vecchia Phoebe per dirle addio e tutto quanto e ridarle

i suoi soldi di Natale, e che poi mi sarei diretto all’ovest con l’autostop. Quello che dovevo fare,pensavo, era di andare all’Holland Tunnel e farmi dare un passaggio, e poi farmi dare un altro pas-saggio, e poi un altro e un altro, e in pochi giorni sarei arrivato nell’ovest, in qualche bel posticinopieno di sole dove nessuno mi conosceva e mi sarei trovato un lavoro. Pensai che potevo trovarlavoro in qualche stazione di rifornimento a mettere benzina e olio nelle macchine. Ma non miimportava che genere di lavoro. Fintanto che loro non mi conoscevano e io non conoscevo loro.Quello che dovevo fare, pensai, era far finta d’essere sordomuto. Così mi sarei risparmiato tuttequelle maledette chiacchiere idiote e senza sugo. Se qualcuno voleva dirmi qualche cosa, dovevascrivermelo su un pezzo di carta e ficcarmelo sotto il naso. Dopo un po’ ne avrebbero avuto pienele tasche, e per il resto della vita non avrei più sentito chiacchiere. Tutti avrebbero pensato cheero un povero bastardo d’un sordomuto e mi avrebbero lasciato in pace. Mi avrebbero fatto met-tere olio e benzina nelle loro stupide macchine, e in cambio mi avrebbero dato un salario ecceteraeccetera, e con quei soldi io mi sari costruito una capanna da qualche parte e ci avrei passato ilresto della mia vita. (…) A forza di pensarci mi entusiasmai da matto. Quella faccenda di far fintadi essere sordomuto era cretina e lo sapevo, ma mi piaceva lo stesso pensarla. Però decisi davverodi andarmene all’ovest eccetera eccetera. Prima volevo soltanto salutare la vecchia Phoebe. Così,tutt’a un tratto, attraversai la strada correndo come un forsennato – a momenti mi facevo am-mazzare, se proprio volete saperlo - e andai da quel cartolaio a comprare un blocchetto di carta euna matita. Pensavo di scriverle un biglietto per dirle dove ci saremmo incontrati, di modo ch’iopotessi salutarla e restituirle e suoi soldi di Natale, e poi di portare il biglietto alla sua scuola e difarglielo consegnare da qualcuno della segreteria. (…) Pensavo che forse era l’ultima volta che lavedevo. Qualcuno dei miei parenti, dico. Mi immaginavo che probabilmente li avrei rivisti, machi sa fra quanti anni. Forse sarei tornato a casa verso i trentacinque anni, mi immaginavo, se percaso qualcuno si ammalava e voleva rivedermi prima di morire, ma quella sarebbe stata l’unicaragione per cui avrei lasciato la mia capanna e sarei tornato. Sapevo che mia madre avrebbe avutouna crisi di nervi e avrebbe cominciato a piangere e mi avrebbe scongiurato di restare a casa e dinon tornare nella mia capanna, ma io me ne sarei andato lo stesso. Sarei stato indifferentissimo.L’avrei fatta calmare, e poi sarei andato dall’altra parte della stanza di soggiorno, avrei tirato fuoriil porta sigarette e avrei acceso una sigaretta, freddo come un blocco di ghiaccio. Gli avrei dettodi venirmi a trovare qualche volta, se ne avevano voglia, ma senza insistere ne niente. Avrei fattocosì, la vecchia Phoebe l’avrei lasciata venire da me d’estate e durante le vacanze di Natale e diPasqua. (…) Finalmente la vidi. La vidi attraverso il pannello di vetro della porta. Quello che nonriuscivo a capire era perché si portasse dietro quella grossa valigia. Stava attraversando la QuintaAvenue e si trascinava dietro quel maledetto valigione. Ce la faceva a stento. Quando fui più vici-no, vidi che era la mia valigia vecchia, quella che usavo quando stavo a Whooton. Non arrivavo acapire che diavolo stesse facendo con quella valigia. – Ehi, - disse quando mi fu vicina. Quell’acci-dente di valigia le aveva mozzato il respiro. –Credevo che non venissi più,- dissi io. – Che diavolo

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c’è in quell’arnese? Non mi serve niente. Me ne vado come mi vedi. Non mi porto nemmeno levalige che ho alla stazione. Che diavolo ci hai messo, qui dentro? Lei posò la valigia. – I miei vesti-ti, - disse. – Io vengo con te. Posso? D’accordo?-

Incontrare il padre (da “Gli si gettò al collo”, di M. I. Rupnik)

“Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro” . (Lc 15, 20)La lontananza era infatti la nuova dimora che il figlio prodigo aveva scelto seguendo il deside-rio di affermare ulteriormente la propria volontà. Questo lontano dice tutto ciò che vogliamoesprimere quando parliamo del peccato. È quella lontananza che porta la vita umana al declino.È un esilio che tocca l’uomo nell’essere. Ma il padre vede il figlio quando questi è ancora lontano,perché l’amore non conosce la lontananza. Lo sguardo dell’amore penetra le profondità della not-te, vede in fondo la mare e nell’alto dei cieli. Non è uno sguardo severo, di giudice, neanche unosguardo che spia, è lo sguardo delle viscere che fremono commosse da un amore simile a quelloche fa stringere l’utero di una madre (cf Ger 31,20). È uno sguardo che lava con issopo, che scaldacon il bacio e che cura come olio, balsamo e vino buono. Il padre corre verso queste lontananzesin dal momento in cui scende nel giardino chiedendo “Adamo, dove sei?” (cf Gen 3,9). Tutte lepagine della Bibbia raccontano la corsa del padre dietro ai figli. Si è abituati a pensare che l’uo-

mo cerca Dio. Questa parabola rovescia questo cliché e ci rivela che invece è Dio Padre a cercarel’uomo e ad attirarlo a sé solo con l’amore. Non può usare la forza né argomenti convincenti, masolo uno sguardo misericordioso, il gesto gratuito di un amore puro ed eterno. L’amore di Dio rac-chiude in sé anche le lontananze del salmo 22 che Gesù sulla croce, nelle profondità abissali delmale dell’uomo, griderà verso il Padre. L’amore è quel respiro dato all’uomo per farlo vivere, ma acui l’uomo si abitua così tanto da poter vivere senza rendersene conto. L'amore nella sua sostan-za è una sconfinata libertà relazionale, è un costante dono, una tavola sempre imbandita, ma dinascosto, affinché nessuno si senta obbligato. Il figlio cammina verso casa, sulle orme dell’amoredel padre che girovaga per tante notti intorno a lui per risvegliarsi in lui. Il figlio torna seguendole orme dell’amore del padre che tante volte ha percorso questa distanza nel tempo della suaassenza. E il figlio ancora non ha scoperto di essere tale. È ora per la prima volta che il suo passosi è sintonizzato su quello dell’amore del padre. E infatti il sole splende diversamente quando ilfiglio intravede la casa e il padre gli corre incontro. Il vento soffia in un altro modo, l’aria è piùpura, la terra diventa santa, il respiro è quello del soffio di vita, come se tutta la storia si aprissee si dischiudesse in una nuova nascita nel momento in cui il padre gli si gettò al collo. È il padreche patisce la distanza, ed è lui infatti che fa il gesto del figlio. È il padre che, gettandosi al collodel figlio, rovescia i ruoli. Non siamo qui in presenza di un “bravo” figlio che torna a casa e sigetta al collo del padre, ma è il padre che investe il figlio della sua paternità. Il figlio non riesce apronunciare il discorso preparato nella solitudine, nell’esilio, quando era servo di uno straniero epascolava i porci. Invaso dall’amore del padre, scopre se stesso in una luce assolutamente nuova.La sua mentalità viene cambiata radicalmente nel momento in cui il padre gli si gettò al collo. Èl’amore che cambia una persona, che modifica la sua mente, i suoi sentimenti, il suo volere e lasua stessa identità.

Attivita’ 2

Obiettivo: scoprire la preghiera del Rosario come modalità semplice e concreta per affidarsi aMaria

Durata: 60 minutiMateriali: cordino per braccialetti, perle, cartellone e pennarelli, cartoncini con i misteri del rosa-rio vivente (si possono trovare nella sezione materiale del sito www.donboscoland.it, clicca su

e cerca il contributo numero 6).Svolgimento: introdurre l’attività parlando dell’affetto grande di Don Bosco nei confronti di Ma-ria (si può leggere insieme la seconda parte della meditazione), e dicendo che un modo moltoconcreto per affidarsi a Maria è la preghiera quotidiana del Rosario. Invitare gli adolescenti adesprimere le proprie perplessità e fatiche rispetto a questa preghiera e raccoglierle su un cartello-ne. Spesso la fatica nella preghiera del Rosario deriva del fatto che non viene mai spiegato come

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si prega, a cosa pensare mentre si recitano l’Ave Maria, ecc. Quindi proporre un “esperimento dipreghiera”: spiegare al gruppo come pregare il rosario, costruire insieme una decina per ciascuno,impegnarsi nella preghiera del “Rosario vivente” per un mese. Al termine del mese prevedere unmomento di condivisione e di verifica dell’esperienza.

Per spiegare bene come si prega il Rosario, si può utilizzare la seguente testimonianza di GiovanniPaolo II: Testimonianza di Giovanni Paolo ii (tratta dall’Enciclica Rosarium Virginis Mariae ) Io stesso, poi, non ho tralasciato occasione per esortare alla frequente recita del Rosario. Fin daimiei anni giovanili questa preghiera ha avuto un posto importante nella mia vita spirituale. Melo ha ricordato con forza il mio recente viaggio in Polonia, e soprattutto la visita al Santuariodi Kalwaria. Il Rosario mi ha accompagnato nei momenti della gioia e in quelli della prova. Adesso ho consegnato tante preoccupazioni, in esso ho trovato sempre conforto. Ventiquattro annifa, il 29 ottobre 1978, ad appena due settimane dall'elezione alla Sede di Pietro, quasi aprendo ilmio animo così mi esprimevo: « Il Rosario è la mia preghiera prediletta. Preghiera meravigliosa!Meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità. [...] Si può dire che il Rosario è, in uncerto modo, un commento-preghiera dell'ultimo capitolo della Costituzione Lumen gentium delVaticano II, capitolo che tratta della mirabile presenza della Madre di Dio nel mistero di Cristo e

della Chiesa. Difatti, sullo sfondo delle parole Ave Maria passano davanti agli occhi dell'anima iprincipali episodi della vita di Gesù Cristo. Essi si compongono nell'insieme dei misteri gaudiosi,dolorosi e gloriosi, e ci mettono in comunione viva con Gesù attraverso – potremmo dire – il Cuo-re della sua Madre. Nello stesso tempo il nostro cuore può racchiudere in queste decine del Rosa-rio tutti i fatti che compongono la vita dell'individuo, della famiglia, della nazione, della Chiesae dell'umanità. Vicende personali e vicende del prossimo e, in modo particolare, di coloro che cisono più vicini, che ci stanno più a cuore. Così la semplice preghiera del Rosario batte il ritmodella vita umana ».(5) Con queste parole, miei cari fratelli e sorelle, immettevo nel ritmo quoti-diano del Rosario il mio primo anno di Pontificato. Oggi, all'inizio del venticinquesimo anno diservizio come Successore di Pietro, desidero fare altrettanto. Quante grazie ho ricevuto in questianni dalla Vergine Santa attraverso il Rosario: Magnificat anima mea Dominum! Desidero elevareil mio grazie al Signore con le parole della sua Madre Santissima, sotto la cui protezione ho postoil mio ministero petrino: Totus tuus!

Per costruire la decina si può utilizzare cordino per braccialetti e fare semplicemente dei nodi,oppure infilare delle perle... la costruzione può essere già un momento di preghiera se viene fattain clima di silenzio, invitando ognuno ad abbinare ad ogni nodo una intenzione che porta nelcuore. Per quanto riguarda il Rosario vivente, si tratta di una catena di preghiera di 20 persone. Ad ognu-na di esse viene assegnato un mistero del rosario da meditare ogni giorno pregando una soladecina del rosario, un mistero assegnato, in comunione con i 19 altri membri. Così un rosariocompleto è meditato ogni giorno. L'idea di dividere in questo modo un rosario tra diverse personenacque nell'"800 a Lione, sotto l'impulso di una giovane donna, Pauline-Marie Jaricot. In moltenazioni le parrocchie organizzano un Rosario Vivente tra i loro membri. In Polonia sotto la domi-nazione nazista, esso fu reso popolare da Jan Tyranowski, il primo maestro del defunto Papa Gio-vanni Paolo ii. Ovviamente se il gruppo è maggiore di 20 persone si può ripetere alcuni misteri, seè minore si può scegliere di coinvolgere altre persone oppure non pregare tutti i misteri… L’idealesarebbe preparare distribuire ai partecipanti un cartoncino con il mistero loro destinato, magarila citazione biblica e un piccolo commento che li aiuti nella preghiera. Nella sezione materialedel sito www.donboscoland.t , clicca su e cerca il contributo nu-mero 7: puoi trovare un file già preparato.

Attivita’ 3Obiettivo: approfondire la conoscenza della persona di MariaDurata: 50 minuti

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Materiali: fogli, penne, cestino, Vangelo, testi riportati di seguito.Svolgimento: a ciascun ragazzo viene consegnato un foglietto sul quale deve scrivere una do-manda che vorrebbe porre a Maria come se fosse lì presente davanti a lei. Attenzione, non devonoessere scritte delle preghiere, ma interrogativi che riguardano la vita e l’esperienza della Vergine(es. “Maria, perché non hai cercato di impedire che tuo figlio salisse sulla croce?” o “Come ti sei

sentita dopo che ti è apparso l’angelo Gabriele?”). I foglietti con le domande, che resteranno ano-nime, devono in seguito essere piegati e messi in un cestino. Dopodiché i ragazzi saranno chiama-ti a pescare un biglietto ciascuno, in modo che ognuno si trovi in mano la domanda formulata daun altro componente del gruppo. Divisi in gruppi di tre e consultando i materiali a disposizione(Vangelo e i testi proposti di seguito), i ragazzi dovranno individuare le risposte alle domandeposte dai loro compagni e scriverle. È possibile che per alcune domande non si trovi sui testisuggeriti una risposta pertinente. In questo caso la soluzione potrebbe essere quella di provaredi mettersi nei panni di Maria e cercare di intuire cosa lei avrebbe detto o fatto. Infine tutte ledomande e risposte dovranno essere condivise.

Maria donna dei nostri giorni(liberamente adattato dal testo omonimo di Tonino Bello)

Maria viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di abitudini familiari e di lavoro. Nonsulle nuvole. I suoi pensieri non erano campati in aria. I suoi gesti avevano come sfondo le coseconcrete. Anche se l’estasi era l’esperienza a cui Dio spesso la chiamava, non si sentiva dispensatadalla fatica di stare con i piedi per terra. Viveva una vita simile a quella della vicina di casa. Beveval’acqua dello stesso pozzo. Pestava il grano nello stesso mortaio. Si sedeva al fresco dello stessocortile…. Anche lei arrivava stanca alla sera, dopo una giornata di lavoro. Venire a sapere che lavita di Maria fu così simile alla nostra, ci rende questa creatura così vicina alle fatiche umane, dafarci sospettare che la nostra penosa quotidianità non debba essere poi così banale come noi pen-siamo. Sì, anche lei ha avuto i suoi problemi di salute, di economia, di rapporti, di adattamento.Chi sa quante volte è tornata dal lavatoio col mal di capo, o sovrappensiero perché Giuseppe dapiù giorni in bottega non aveva molto lavoro. Chi sa a quante porte ha bussato chiedendo qualche

giornata di lavoro per il suo Gesù, nella stagione dei frantoi….Maria è come una cattedrale gotica che custodisce il silenzio. Gelosamente. Maria, cattedrale delsilenzio perché è una donna di poche parole. Nel vangelo parla appena quattro volte. All’annun-cio dell’angelo. Quando intona il Magnificat. Quando ritrova Gesù nel tempio. E a Cana di Galilea.Poi, dopo aver raccomandato ai servi delle nozze di dare ascolto all’unica parola che conta, lei taceper sempre. Ma il suo silenzio non è solo assenza di voci. Non è il vuoto di rumori. E neppure ilrisultato di una particolare ascetica della sobrietà. È, invece, il grembo che custodisce la parola.Anche Maria ha sperimentato quella stagione splendida dell’esistenza, fatta di stupori e di lacri-me, di trasalimenti e di dubbi, di tenerezza e di trepidazione; mi piace pensare che ha assaporatopure lei la gioia degli incontri, l’attesa delle feste, gli slanci dell’amicizia, l’ebbrezza della danza…la gioia dell’innamorarsi. Cresceva come un’anfora sotto le mani del vasaio, arrivò anche per lei la

stagione dell’adolescenza ma non c’era errore in lei e tutti si interrogavano sul mistero di quellatrasparenza senza scorie e di quella freschezza senza ombre. Una sera, un uomo di nome Giusep-pe prese il coraggio a due mani e le dichiarò: ”Maria, ti amo”. Lei gli rispose, veloce come un bri-vido: “Anch’io”. E negli occhi le sfavillarono riflesse, tutte le stelle del firmamento. Le compagne,non riuscivano a spiegarsi come facesse a unire i suoi rapimenti in Dio e la sua passione per quel-la creatura. Il sabato la vedevano assorta nell’esperienza sovrumana dell’estasi, quando, nei coridella sinagoga cantava:”ODio, tu sei il mio Dio, dall’aurora ti cerco: di te ha sete l’anima mia cometerra deserta, arida, senz’acqua”. Poi la sera rimanevano stupite quando, raccontandosi a vicendale loro pene d’amore , la sentivano parlare del suo fidanzato, con le parole del Cantico dei Cantici:”Il mio diletto è riconoscibile tra mille… I suoi occhi come colombe su ruscelli d’acqua…” Per lorotutto ciò era un’impresa disperata. Per Maria, invece, era come mettere insieme le due metà d’un

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versetto dei salmi. Per loro, l’amore umano che sperimentavano era come l’acqua di una cisterna:limpidissima, sì, ma con tanti detriti sul fondo. Bastava un nonnulla perché i fondigli si rimesco-lassero e le acque divenissero torbide. Per lei, no. Non potevano mai capire, le ragazze di Nazaret,che l’amore di Maria non aveva fondigli, perché il suo era un pozzo senza fondo.Sì, è stata lei la prima a posare gli occhi sul corpo nudo di Dio. E l’ha avvolto immediatamente

con lo sguardo. Prima ancora di avvolgerlo di fasce. Anzi, l’ha coperto subito nei panni, quasiper comprimere la luce di quel corpo e non rimanere accecata. Nelle notti d’inverno i pastori, alcrepitare del bivacco, parlavano di colui che sarebbe venuto. E i loro occhi, mentre di allenavanoa sostenere la fiamma dei rovi, luccicavano di febbre. Occhi di vegliardi e di bambini. Occhi diesuli e di oppressi. Occhi di sofferenti e di sognatori. Quanti occhi protesi verso di lui! Anelantila vista del suo volto. Delusi per ritardi imprevisti. Stanchi per le lunghe veglie. Fiammeggiantiper vane speranze. Chiusi sottoterra per sempre, dopo l’ultima struggente invocazione:”mostraciil tuo volto!”. Ed eccolo finalmente lì, l’Emmanuele, bagnato dalle lacrime di sua madre, che scin-tillano come gemme al guizzare della lanterna. Gli occhi di Maria tremano d’amore sul corpo diGesù. Nella loro profondità si riaccende una lunga catena di sguardi inesauditi del passato. Nellesue pupille si concentra la trepidazione di attese secolari. E nell’iride le si destano all’improvviso

fuochi sopiti sotto le ceneri del tempo. Maria diventa così la donna del primo sguardo. Solo unacreatura come lei, d’altra parte, poteva dare degnamente il benvenuto sulla terra al Figlio di Dio,accarezzandolo con occhi trasparenti di santità.Sarà stato l’effetto di quel “Non temere” pronunciato dall’angelo dell’annunciazione. Certo è che,da quel momento, Maria ha affrontato la vita con una incredibile forza d’animo, ed è divenuta ilsimbolo delle “madricoraggio” di tutti i tempi. È chiaro: ha avuto a che fare anche lei con la paura.Paura di non essere capita. Paura per la cattiveria degli uomini. Paura di non farcela. Paura per lasalute di Giuseppe. Paura per la sorte di Gesù. Paura di rimanere sola…. Quante paure! Madonnadella paura dunque, ma non della rassegnazione. Perché lei non si è mai lasciate cadere le braccianel segno del cedimento, né le ha mai alzate nel gesto della resa. Una volta sola si è arresa: quandoha pronunciato il “così sia”, e si è consegnata nelle mani del suo Signore. Da allora ha sempre rea-

gito con incredibile determinazione, andando controcorrente e superando inaudite difficoltà cheavrebbero stroncato le gambe a tutti. Dal disagio del parto nella clinica di una stalla all’espatrioforzato per sfuggire alla persecuzione di Erode. Dai sacrifici di una vita grama nei trent’anni delsilenzio all’amarezza del giorno in cui si chiuse per sempre la bottega del “falegname” profumatadelle essenze del legno e di ricordi. Dalle strette al cuore che le procuravano certe notizie che cir-colavano sul conto di suo figlio, al momento del Calvario quando, sfidando la violenza dei soldatie lo sghignazzo della plebe, si piantò coraggiosamente sotto la croce. Una prova difficile, la sua.Contrassegnata, come per il figlio morente, dal silenzio di Dio. Una prova senza scenografie esenza sconti sui prezzi della sofferenza.

CUORE A CUORECON GESÙ

Adorazione Eucaristica

Guida: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito SantoTutti: Amen

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Canto di esposizione:

Invocazione allo Spirito SantoVieni Santo Spirito, modella in me un cuore di vero figlio,aiutami ad assomigliare sempre più a Gesù,

vieni in me come in Maria!Lettura del Vangelo secondo Giovanni 19,25-27

Tempo di silenzio

Traccia per la preghiera personaleGesù è vivo e presente davanti a te,nell’ostia consacrata offerta alla tua fame d’amorepuoi vedere il suo cuore aperto per accogliertiper liberarti da ciò che ti impedisce di amare davvero,di assomigliare a Lui.

Il tuo cuore è stato creato per essere come il suo,aperto in un grande abbraccio d’amore!

Puoi rileggere il vangelo lentamente, oppure una parte della meditazione proposta all’inizio dellatappa.

Lasciati condurre nelle braccia del Padre,non temere di abbandonarti!Esponi a lui le tue durezze, le tue ferite,Maria ti è vicina e ti accompagna,lei conosce bene il cuore di Gesù e il cuore del tuo cuore.Affidati a lei!

Preghiamo insieme:Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di fanciullo,puro e limpido come acqua di sorgente.Dammi un cuore semplice, che non si ripieghiad assaporare le proprie tristezze.Ottienimi un cuore magnanimo nel donarsi, facile alla compassione.Un cuore fedele e generoso, che non dimentichi alcun benee non serbi rancore di alcun male.Formami un cuore dolce e umile,che ami senza esigere di essere riamato.Un cuore che ami, contento di scomparire in altri cuori,sacrificandosi davanti al Tuo divin Figlio.Donami un cuore grande e indomabile,così che nessuna ingratitudine lo possa chiuderee nessuna indifferenza lo possa stancare.Donami un cuore tormentato dalla gloria di Gesù Cristo,ferito dal Suo Amore,con una piaga che non si rimargini se non in cielo. Amen.

Padre NostroCanto finale

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