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Dipartimento di Costruzioni e Trasporti Corso di Tecnica delle Costruzioni Prof. Renato Vitaliani Dispensa Mezzi di collegamento nelle strutture in acciaio e tipologie nodali. Cenni teorici ed applicazioni. a cura di: ing. Roberto Scotta <[email protected]> Matteo Vescovi <[email protected]> Versione 0.98, 5 dicembre 2008

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Dipartimento di Costruzioni e Trasporti

Corso di Tecnica delle Costruzioni

Prof. Renato Vitaliani

Dispensa

Mezzi di collegamentonelle strutture in acciaio

e tipologie nodali.Cenni teorici ed applicazioni.

a cura di:

ing. Roberto Scotta<[email protected]>

Matteo Vescovi<[email protected]>

Versione 0.98, 5 dicembre 2008

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Indice

1 Cenni teorici 11.1 Saldature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2 Bullonature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.2.1 Verifica delle bullonature normali . . . . . . . . . . . . 91.2.2 Verifica delle bullonature ad attrito . . . . . . . . . . . 111.2.3 Ripartizione dello sforzo fra i bulloni . . . . . . . . . . 121.2.4 Alcune considerazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131.2.5 Effetti parassiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

A Prospetti da Normativa CNR 10011/97 25

Bibliografia 29

Elenco delle figure

1.1 Tipologie di saldatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2(a) A “testa a testa” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2(b) A “croce” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2(c) A “T” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

1.2 Tensioni sui cordoni di saldatura . . . . . . . . . . . . . . . . 3(a) A “T” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3(b) A “testa a testa” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.3 Flusso delle tensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.4 Sezioni di gola e piani d’unione . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.5 Sfera “mozza” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.6 Tipologie di rottura delle unioni bullonate . . . . . . . . . . . 8

(a) Caso 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8(b) Caso 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8(c) Caso 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8(d) Caso 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.7 Distribuzione della pressione di rifollamento . . . . . . . . . . 101.8 Distribuzioni reale e media delle tensioni . . . . . . . . . . . . 101.9 Detrazioni alle sollecitazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121.10 Momento torcente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131.11 Tipologia di nodo trave-colonna di continuita . . . . . . . . . 141.12 Esempio di rinforzo d’anima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151.13 Tipologie di unioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161.14 Categorie di rigidezza delle unioni . . . . . . . . . . . . . . . 171.15 Giunzione flangiata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181.16 Deformata del giunto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181.17 Diagramma di flessione della flangia . . . . . . . . . . . . . . 181.18 Rottura della flangia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191.19 Rottura dei bulloni e snervamento della flangia . . . . . . . . 201.20 Tipologie di giunzioni flangiate sollecitate . . . . . . . . . . . 20

(a) Giunzione flangiata sottoposta a flessione . . . . . . . . 20(b) Giunzione angolare sollecitata . . . . . . . . . . . . . . . 20

1.21 Precompressione della flangia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211.22 Diagramma degli sforzi assiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

vi ELENCO DELLE FIGURE

1.23 Diagramma rigidezze-sforzi assiali . . . . . . . . . . . . . . . . 231.24 Diagramma delle modalita di rottura . . . . . . . . . . . . . . 24

A.1 Schema grafico (riferito alla Tab. A.6) . . . . . . . . . . . . . 28

Elenco delle tabelle

A.1 Prospetto 2-III . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26A.2 Prospetto 4-IIIa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26A.3 Prospetto 4-IIIb . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26A.4 Prospetto 4-IV . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27A.5 Prospetto 4-VI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27A.6 Criteri dimensionali nel posizionamento dei fori . . . . . . . . 28

Capitolo 1

Cenni teorici sui collegamentinelle strutture in acciaio

Si dividono nelle tre categorie principali:

- chiodature;

- saldature;

- bullonature.

Tralasciando la discussione delle chiodature, le quali sono ormai in disuso trovan-do applicazione solamente nella manutenzione e ristrutturazione delle struttureesistenti, esaminiamo piu in dettaglio le altre due categorie.

Un’interessante raccolta di lezioni teoriche ed esercitazioni numeriche basatesull’EC3 in merito alle diverse tipologie di giunzione si trova all’indirizzo web:http://civserv.ing.unibs.it/utenti/gelfi/didattica/appunticorso/appunti.htm

2 Cenni teorici

1.1 Saldature

Una prima classificazione si ha in base al procedimento di saldatura. At-tualmente le piu usate sono:

1. saldatura normale ad arco con elettrodi rivestiti;

2. saldatura automatica ad arco sommerso;

3. saldatura automatica o semi-automatica sotto gas di protezione.

Esistono poi altre metodologie di saldatura per acciai speciali od unioniparticolari.

Altra classificazione e fatta in base alla posizione della saldatura rispettoall’operatore ed alla locazione:

- in piano;

- in verticale;

- sopra testa (le piu difficili da eseguire);

- ecc.

Dal punto di vista della verifica strutturale, la classificazione delle sal-dature e la seguente:

a) giunti “testa a testa” (Fig. 1.1a);

b) giunti a “croce” od a “T” a completa penetrazione (Figg. 1.1b e 1.1c);

c) giunti con cordoni d’angolo.

(a) A “testa a testa” (b) A “croce” (c) A “T”

Figura 1.1: Tipologie di saldatura

I tipi a) ed b) hanno la caratteristica di ripristinare l’intera sezione deipezzi collegati. I lembi dei pezzi possono essere non preparati (per piccoli

1.1 Saldature 3

spessori e posizioni facilmente accessibili) oppure possono presentare del-le preparazioni a V, K, Y, X, ecc., che facilitano la loro esecuzione e neassicurano l’efficacia.

Le saldature devono essere eseguite per passate successive e per tratti inmodo da ridurre le autotensioni interne e le difettosita che derivano dal ra-pido riscaldamento e raffreddamento dei pezzi. Devono presentare superficieliscia ed omogenea e non devono aversi spigolosita, intagli e cambi bruschidi spessore nei pezzi uniti che, specie nei giunti sollecitati a fatica con in-versione del segno delle tensioni, costituiscono punto di innesco di rotturespesso fragili.

Le classi a) e b) possono essere di prima o seconda categoria.Per quelle di prima categoria e richiesto un procedimento di controllo

piu accurato ed una migliore esecuzione con materiali anche piu specificie costosi al fine di assicurare una difettosita minore e quindi una maggioraffidabilita rispetto a quelle di seconda categoria.

Esistono specifici patentini di saldatore, rilasciati dall’Istituto Italianodi Saldatura, che abilitano ogni operatore ad eseguire specifiche tipologiee classi di saldatura, per cui esistono operatori di prima e seconda classe.Infatti il primo e principale controllo delle saldature consiste appunto nelverificare l’abilitazione degli operatori.

La difficolta di eseguire saldature in opera, la carenza di personale qua-lificato e la difficolta di eseguire controlli delle saldature in opera relega lesaldature di prima categoria ad operazioni da eseguirsi in officina e solo perpezzi particolarmente importanti.

Poiche le saldature “testa a testa” e quelle a “completa penetrazione”ripristinano la continuita degli elementi collegati, la loro verifica di resistenzasi esegue allo stesso modo con il quale si verificano localmente le sezionicollegate. Quindi, calcolate con i metodi della Scienza delle Costruzioni, letensioni sui cordoni di saldatura si classificano nel seguente modo:

(a) A “T” (b) A “testa a testa”

Figura 1.2: Tensioni sui cordoni di saldatura

se ne calcola il valore scalare ideale corrispondente al criterio di Von Mises:

4 Cenni teorici

σid =√σ2⊥ + σ2

‖ − σ⊥σ‖ + 3τ2 (1.1)

e lo si confronta con il valore superiore:

- alle T.A.

σid ≤{

0, 85 σs per saldature di 2a classeσs per saldature di 1a classe

- agli S.L.U.

σid ≤{

0, 85 fd per saldature di 2a classefd per saldature di 1a classe

Si vede pertanto come le saldature di prima classe ripristinino integral-mente l’efficienza dei pezzi che uniscono e non necessitino quindi di verifichedi resistenza particolari.

Si ricorda pero che comunque le saldature costituiscono il punto deboledella struttura in quanto piu sensibili alla corrosione, perche costituisconoinnesco di rotture fragili per difetti interni e soprattutto perche il processodi tempra che si accompagna alla saldatura, se non seguito da un costosoe difficoltoso processo di bonifica, riduce la duttilita del materiale e quindidella struttura.

Diverse per tipologie di unione e quindi per modalita di verifica sonole saldature a cordone d’angolo. Essenzialmente un cordone d’angolo nonunisce per fusione i due pezzi collegati ma costituisce un collegamento fra diessi di modo che il flusso di tensioni passi da un pezzo all’altro attraverso ilcordone di saldatura.

In Fig. 1.3 e rappresentata una generica giunzione a T.

Figura 1.3: Flusso delle tensioni

1.1 Saldature 5

Di regola varra: t2 ≤ a ≤ t.

La verifica di resistenza di una saldatura a cordone d’angolo consistepertanto nel verificare che la sezione debole della saldatura, detta sezionedi gola, larga a/

√2, sia in grado di trasmettere le tensioni che passano fra

i pezzi. E evidente che in prossimita delle saldature non sono applicabili lenote formule del De Saint Venant (valide solo per solidi prismatici e lonta-no dalle teste ove sono applicate le azioni) per il calcolo delle tensioni. Eimportante pertanto premettere che i metodi utilizzati per la verifica dellesaldature (variabili fra l’altro da codice a codice) sono puramente convenzio-nali e hanno lo scopo di accordare risultati sperimentali e calcoli di verifica,cercando di mantenere questi ultimi sufficientemente semplici, garantendonel contempo una adeguata sicurezza.

Il metodo seguito dalla normativa italiana consiste nel ribaltare la sezionedi gola su uno dei due piani dei pezzi uniti (Fig. 1.4).

Figura 1.4: Sezioni di gola e piani d’unione

Rispetto al piano ribaltato della sezione di gola, lo stato di tensione siscompone nelle tre componenti indicate in figura:

τ‖ tensioni nel piano al cordoneτ⊥ tensioni nel piano ortogonale al cordoneσ⊥ tensioni di distacco ortogonali al piano di gola

Calcolate le tensioni con metodi di equilibrio e l’applicazione delle formu-le di D.S.V. (anche se non propriamente applicabili), il criterio di resistenzadelle saldature adottato e quello denominato della “sfera mozza” (Fig. 1.5)che si traduce nelle seguenti limitazioni nel metodo alle T.A.1:

√τ2⊥ + σ2

⊥ + τ2‖ ≤

{0, 85 σs per acciaio Fe 3600, 70 σs per acciaio Fe 430 e Fe 510

|τ⊥|+ |σ⊥| ≤{σs per acciaio Fe 3600, 85 σs per acciaio Fe 430 e Fe 510

1Nel metodo agli S.L.U. basta sostituire fd a σs.

6 Cenni teorici

Figura 1.5: Sfera “mozza”

Si noti come cambiando il verso di ribaltamento della sezione di gola sipermutano le σ⊥ con le τ⊥. Infatti anche nelle formule di verifica tali simbolisono permutabili.

1.2 Bullonature 7

1.2 Bullonature

Nelle bullonature l’assemblaggio dei pezzi si realizza facendo passare attra-verso dei fori praticati nei pezzi delle viti filettate ed accoppiandole con deidadi che vengono avvitati e stretti fino a serrare fra loro i pezzi.

I diametri delle viti previsti dalla normativa italiana per carpenteriametallica sono i seguenti:

d = 12, 14, 16, 18, 20, 22, 24, 27, 30 mm

e vanno inseriti entro fori il cui diametro φ e normalmente aumentato di 1,0mm rispetto a d per d ≤ 24 mm e di 1,5 mm per d > 24 mm. Solo in accop-piamenti di precisione (non ad attrito) per i quali non si vuole lasciare grandepossibilita di movimento fra i pezzi tali limiti scendono rispettivamente a0,3 e 0,5 mm.

Esistono comunque diametri sia inferiori che superiori. Le classi di viti erelativi dadi previsti dalla UNI 3740 sono elencate nelle tabelle in Appendice(Tabb. A.1, A.2, A.3 e A.4), tratte da [1], insieme alle relative resistenze,coppie di serraggio Ts consigliate e relativi sforzi assiali di pretensione Ns.

Nella classificazione delle viti, il primo numero indica la resistenza atrazione a rottura ft, il prodotto fra il primo ed il secondo numero fornisceil valore della tensione di snervamento fy.

Ad esempio, per i bulloni 10.9:

10 ⇒ ft = 1000 MPa ; 10 · 9 = 90⇒ fy = 900 MPa

E consigliabile in tutte le bullonature, ed obbligatorio in quelle ad attrito(che vedremo in seguito), l’uso di rondelle di ripartizione del carico al di sottodella testa della vite e del dado.

Oltre che dall’area nominale A = π d2

4 ogni diametro e caratterizzatoda un’area resistente Ares, ovvero depurata dalla filettatura, che e quellaeffettivamente utile nelle verifiche di resistenza a trazione e in quelle ditaglio quando la parte filettata del gambo della vite entra all’interno dellospessore dei piatti da unire.

Si precisa che i valori indicati di Ares, di Ts e di Ns valgono per le filet-tature a passo grosso normalmente impiegate nelle costruzioni metalliche.

La prima principale classificazione suddivide le bullonature in:

- bullonature normali;

- bullonature ad attrito.

Nelle bullonature normali la resistenza e assicurata dall’impedimento alloscorrimento delle lamiere che il gambo della vite, impiegata a taglio, garan-tisce quando all’applicazione del carico va a “scontrarsi” contro le pareti delforo.

8 Cenni teorici

La rottura dell’unione bullonata puo quindi avvenire per i seguenti motiviche devono essere tutti controllati:

1. rottura per taglio o trazione del bullone (Fig. 1.6a);

2. rottura per rifollamento della lamiera (Fig. 1.6b);

3. rottura per taglio della lamiera (Fig. 1.6c);

4. rottura per trazione della lamiera (Fig. 1.6d).

(a) Caso 1 (b) Caso 2 (c) Caso 3 (d) Caso 4

Figura 1.6: Tipologie di rottura delle unioni bullonate

In genere la rottura per taglio della lamiera (caso 3) e evitata se vengonorispettati i seguenti criteri dimensionali nella posizione dei fori previsti dalRegolamento (a riguardo, si veda la Tab. A.6).

La limitazione superiore al passo dei fori e determinante per evitareinstabilita locali nelle unioni compresse e per assicurare corretta chiusuradei giunti in modo che non insorgano fenomeni corrosivi nascosti.

Nelle giunzioni ad attrito invece, che sono realizzabili solamente con bul-loni ad alta resistenza 8.8 e 10.9, l’impedimento allo scorrimento fra i piatticollegati e assicurato dall’attrito che si genera fra di essi per effetto dellaprecompressione esercitata dal bullone. Per questo motivo nelle giunzioniad attrito bisogna controllare la coppia di serraggio dei dadi.

Occorrera controllare che lo sforzo di taglio agente sul bullone sia infe-riore allo sforzo di attrito da esso trasmissibile Vf,N .

Se lo scorrimento e impedito dall’attrito diventano superflue le verifichea taglio del bullone e quella di rifollamento.

Sono possibili soluzioni miste, ovvero bullonature che assicurano resisten-za per attrito in condizioni di esercizio, in modo da evitare la deformabilitastrutturale conseguente all’assestamento delle viti all’interno dei fori. In

1.2 Bullonature 9

condizioni allo S.L.U. invece la resistenza puo essere affidata alle tensioni ditaglio sui bulloni.

1.2.1 Verifica delle bullonature normali

Siano Vs e Ns rispettivamente le sollecitazioni di taglio e normali agenti sulgambo del bullone, calcolate con i metodi che si vedranno in seguito.

Allora saranno:

τ =Vs

Aoppure τ =

Vs

Ares

la tensione di taglio sul gambo e:

σ =Ns

Ares

la tensione assiale sul gambo.La verifica di resistenza di un bullone in una bullonatura normale si

esegue con la formula (per le T.A.):(σ

σb

)2

+(τ

τb

)2

≤ 1 (1.2)

oppure (per gli S.L.U.): (σ

fd,N

)2

+(

τ

fd,V

)2

≤ 1 (1.3)

che nel caso di sollecitazione semplice diventano le ovvie ed usuali:

σ ≤ σb ; fd,N e τ ≤ τb ; fd,V

Nel caso le tensioni parassite (dovute ad effetti leva od eccentricita)non vengano tenute in conto in maniera esplicita, le tensioni devono essereincrementate del 25%.

Si noti che per τ si intende il valore medio del taglio sul gambo e nonquello derivante ad esempio dalla formula di Jourawski, τ = V S

Jb .Si noti inoltre che in ossequio alle evidenze sperimentali:

σb

τb'fd,N

fd,V'√

2

anziche l’usuale√

3 che vale per i materiali da carpenteria metallica e chederiva dal criterio di Von Mises.

Oltre a verificare il gambo del bullone, occorre controllare che la pres-sione di rifollamento sul contorno del foro (convenzionale) rispetti il limite(Fig. 1.7):

10 Cenni teorici

Figura 1.7: Distribuzione della pressione di rifollamento

σrif ≤ α · σs ; α · fd

dove α e un coefficiente amplificativo che dipende dalla distanza a1 dal bordodella lamiera nella direzione di V :

α = min{

2, 5a1/d

dove d e il diametro del bullone.Occorrera poi eseguire la verifica delle sezioni unite, depurate dall’area

dei fori, controllando che la tensione di riferimento verifichi la condizione:

σm =N

Ares≤ σs

Si fa notare che la distribuzione reale delle tensioni e localmente mol-to diversa da quella media e che in corrispondenza del bordo dei fori puoarrivare a due o tre volte quella media (Fig. 1.8).

Figura 1.8: Distribuzioni reale e media delle tensioni

1.2 Bullonature 11

Il controllo della σm ha senso in quanto in condizioni prossime al li-mite ultimo la plasticizzazione del materiale che inizia al bordo del foroprogressivamente riporta l’andamento delle tensioni locali al valore mediouniforme.

1.2.2 Verifica delle bullonature ad attrito

Lo sforzo di taglio Vs agente su ogni piano di taglio dovra verificare laseguente disuguaglianza:

Vs ≤ Vf,N =µ Ns

γf·(

1− N

Ns

)(1.4)

dove:

- µ : coefficiente di attrito che deve prendersi pari a 0,3 per superficinormalmente pulite e 0,45 per superfici trattate con sabbiatura e/osgrassaggio accurato;

- γf : coefficiente di sicurezza pari ad 1 per S.L.U. e 1,5 per la verificaalle T.A.;

- Ns : forza di attrito nel gambo delle viti conseguente al serraggio(controllato);

- N : eventuale sforzo di trazione trasmesso attraverso la giunzione ecompetente al bullone (N = Ntotale/numero di bulloni); N ≤ 0, 8Ns.(Nota: N non e lo sforzo di trazione sul bullone. La cosa si spiegherameglio quando verranno trattate le giunzioni flangiate precompresse).

Se e sufficiente che lo slittamento non abbia luogo in condizioni di eser-cizio il coefficiente γf puo essere assunto pari a 1,25.

Come gia detto, se la resistenza allo S.L.U. e assegnata all’attrito nonoccorre verificare il rifollamento della lamiera.

Inoltre, nella verifica degli elementi collegati puo essere detratto il 40%della sollecitazione assegnata al bullone attraversato dalla sezione di verifica(oltre naturalmente al taglio assorbito dai bulloni precedenti).

In corrispondenza alle varie sezioni di Fig. 1.9 si avra:

1. σ = NA

2. σm = N−0,4 N/3Ares

3. σm = 2/3 N−0,4 N/3Ares

4. σm = 0,6 N/3Ares

12 Cenni teorici

Figura 1.9: Detrazioni alle sollecitazioni

Le giunzioni ad attrito assicurano ovviamente una rigidezza maggiorerispetto a quelle normali. Inoltre danno maggiori garanzie di duttilita allasezione, infatti sono eliminati i picchi di tensione dovuti al rifollamento egia in fase di esercizio tutti i bulloni sono sollecitati allo stesso modo con-tribuendo cosı a distribuire in maniera piu uniforme lo sforzo sugli elementicollegati. Questo non avviene invece normalmente nelle bullonature normali.

L’ipotesi infatti che normalmente si fa di equa distribuzione dello sforzofra i bulloni e valida solamente in condizioni prossime alla rottura, quandola progressiva plasticizzazione dei bordi delle lamiere che per prime vengonoa contatto con i gambi dei bulloni consente l’arrivo della sollecitazione an-che ai bulloni che, per inevitabili tolleranze di montaggio, hanno il gamboinizialmente piu lontano dalle pareti del foro.

Perche cio avvenga e siano percio verificate le ipotesi di calcolo occorreche i bulloni abbiano rigidezza e resistenza maggiore delle lamiere collegate.E buona regola pertanto che il diametro d dei bulloni utilizzati non sia maiinferiore allo spessore delle lamiere unite.

Altro effetto favorevole alla duttilita dell’unione e l’abbassamento deipicchi di tensione al bordo dei fori assicurato dalla precompressione trasver-sale.

1.2.3 Ripartizione dello sforzo fra i bulloni

Nel ripartire la sollecitazione globale sulla giunzione fra i vari bulloni che lacompongono si adotta usualmente l’ipotesi di uguale rigidezza dei bulloni dipari diametro.

Come detto e questa una ipotesi di calcolo che, anche se non soddisfattain condizioni di esercizio specie per le bullonature a taglio, descrive suffi-cientemente bene la situazione in condizioni prossime alla rottura, quandola plasticizzazione delle lamiere collegate effettivamente opera nel senso diridistribuire in maniera equa lo sforzo sui bulloni.

Con questa premessa le formule usualmente utilizzate per ripartire losforzo sui bulloni sono le seguenti:

- sollecitazione assiale N :

1.2 Bullonature 13

Nb = N/numero di bulloni

(salvo poi tenere conto degli effetti parassiti);

- sollecitazione di taglio V :

Vb = V/num. di sez. di taglio

(il numero di sezioni tagliate puo coincidere od essere il doppio delnumero di bulloni, a seconda della sua geometria);

- sollecitazione torcente T (Fig. 1.10):

V jb =

T dj∑i d

2i

=T dj

Jp;

Figura 1.10: Momento torcente

- sollecitazione flettente Mx:

N jb =

Mx

Jxx· yj

(con Jxx momento di inerzia della sezione bullonata – vedere applica-zioni).

1.2.4 Alcune considerazioni

Giunzioni miste

Le normative in generale vietano l’uso di sistemi di unione misti in unostesso nodo, ad esempio bullonature abbinate a chiodature o saldature.

Questo perche i diversi sistemi di unione sono caratterizzati da rigidezzae capacita di assestamento molto diverse tra loro. Quando l’unione vieneassoggettata ad una sollecitazione puo pertanto accadere che la capacita di

14 Cenni teorici

assestamento duttile di un tipo di unione, quale ad esempio una saldaturache e tipicamente rigida e fragile, sia esaurito prima che l’altro tipo di unione(e.g., una bullonatura normale che invece subisce notevoli assestamenti sottocarico) cominci a collaborare. In tal caso si ha allora che la saldatura sop-porta da sola l’intera sollecitazione ed arrivi a rottura prima dell’attivazionedei bulloni, inficiando di conseguenza l’efficacia del collegamento.

Giunzioni miste sono ammesse solamente dall’EC3 quando la rigidezzadei due tipi di unione sia praticamente infinita per entrambi, ovvero nonvi possono essere assestamenti sotto carico: e il caso di unioni miste consaldature e bulloni ad attrito progettate allo S.L.U.

Altre verifiche nodali

In genere nelle unioni, oltre alle verifiche dei mezzi di collegamento, so-no necessarie altre verifiche locali dei pezzi collegati per evitare pericoli difallimenti per effetti localizzati anticipati rispetto al fallimento dell’unione.

A titolo di esempio riportiamo il caso del nodo trave-colonna di conti-nuita (Fig. 1.11):

Figura 1.11: Tipologia di nodo trave-colonna di continuita

Indipendentemente dal tipo di collegamento attuato (saldatura, a flangiadi testa, con squadrette, ecc.) che si assume a priori ben dimensionato, nelnodo si possono avere cause di rottura locali, quali:

a) eccesso di compressione sull’anima della colonna;

b) eccesso di trazione sull’anima della colonna;

c) instabilita dell’equilibrio dell’anima della colonna in corrispondenzadel corrente compresso della trave;

1.2 Bullonature 15

d) instabilita dell’equilibrio del pannello d’anima compreso fra le ali dellacolonna e l’ideale continuazione delle ali della trave (imbozzamento);

e) rotture locali dell’anima della trave o delle ali della trave indeboliteper effetto del collegamento (ad esempio, a causa dei fori).

La distribuzione delle tensioni passanti fra trave e colonna e fortemen-te influenzata dalla rigidezza flessionale delle ali della colonna: maggioree la rigidezza delle ali, minore e l’effetto di concentrazione delle tensionisull’anima della colonna stessa.

Il minore dei carichi per i quali avviene una delle rotture da a) ad e)costituisce un limite superiore alla resistenza del nodo. Tale limite puoessere anche di molto inferiore alla resistenza offerta dal collegamento edalla resistenza propria della trave o del pilastro.

In tal caso allora si avrebbe una giunzione fra i pezzi ben progettata chenon viene pero pienamente utilizzata per l’anticipata rottura del nodo pereffetti locali. Ovvero: tutte le componenti del nodo devono essere progettatein modo armonico, cercando di equilibrare il carico critico corrispondente adogni meccanismo di rottura per evitare spreco di materiale ed inutili costidi realizzazione.

Per fare questo e spesso necessario introdurre nel tipo di nodo in que-stione dei rinforzi d’anima nel pilastro (Fig. 1.12).

Considerazioni analoghe valgono per tutte le tipologie di nodi strutturali.

Figura 1.12: Esempio di rinforzo d’anima

Duttilita e deformabilita delle giunzioni

Si e gia detto prima che, di norma, qualsiasi giunzione ha una capacita diduttilita inferiore a quella degli elementi collegati, ovvero la rottura dellagiunzione avviene spesso con limitato ingresso in campo plastico ed e di tipofragile.

La duttilita e di fondamentale importanza nelle costruzioni in quantoassicura capacita di dissipazione energetica nelle sollecitazioni cicliche (es.,

16 Cenni teorici

sisma), assicura adeguato preavviso di rottura ed infine, nelle strutture iper-statiche, rende possibili adeguate redistribuzioni delle sollecitazioni facendosı che il carico ultimo della struttura possa essere anche sensibilmente piuelevato del carico per il quale per primo si raggiunge il limite elastico in unasezione.

L’impossibilita di assicurare duttilita adeguata alle unioni spesso consi-glia al progettista di rinunciare alla trasmissione di sollecitazioni attraversoi nodi e di optare per la realizzazione di “articolazioni”, ovvero di nodi conelevata capacita deformativa.Esempio: nodo trave-colonna con flangia

Figura 1.13: Tipologie di unioni

Si introduce cosı il concetto di capacita deformative di una articolazioneche deve essere sufficientemente grande per garantire la deformazione dellastruttura senza che nell’articolazione insorgano sollecitazioni rilevanti.

La diminuzione della iperstaticita strutturale comporta in genere un au-mento della deformabilita, una minore o nulla ridistribuzione plastica e con-seguentemente un aumento delle sezioni delle membrature. Il maggior costoche ne consegue e controbilanciato da: una maggiore semplicita e minor costodelle giunzioni, una riduzione dei tempi di realizzazione, un minor ingombrodei nodi ed una minore indeterminazione del comportamento nodale.

A meno di non realizzare costose e complicate articolazioni, plausibilisolo per strutture di particolare complessita, importanza e difficolta (adesempio, cerniere sferiche o cilindriche con perno), per le quali si puo alloraessere certi di una rigidezza nulla ovvero di capacita elevate di deformazionesenza alcun assorbimento di sollecitazione, le normali unioni nodali sonocaratterizzate da una propria rigidezza finita: K = S/φ, dove S rappresentala sollecitazione e φ la deformazione associata ad S (Fig. 1.14). Se K → 0l’unione tende effettivamente ad essere un’articolazione, se K →∞ l’unionetende effettivamente ad essere di continuita.

Di fatto i valori limite 0 e ∞ sono ideali; invece ogni unione ha una suapropria rigidezza K che e utile calcolare. L’EC3 classifica come articolazioneun’unione in cuiK ≤ EJ

2L (E, J ed L sono caratteristiche delle travi collegate).Se invece K ≥ 8EJ

L l’unione e rigida, nei casi intermedi e semi-rigida.

1.2 Bullonature 17

Figura 1.14: Categorie di rigidezza delle unioni

Metodi per la determinazione del valore di K si trovano nell’EC3.L’analisi strutturale diventa particolarmente complicata nel caso di una

unione semi-rigida: bisogna infatti disporre di codici di calcolo che tenganoin conto della legge di deformazione del collegamento (eventualmente anchenon lineare) perche risulta fondamentale per il calcolo della distribuzionedelle sollecitazioni e della deformabilita strutturale.

Tendenze attuali

L’attuale tecnica delle costruzioni in acciaio preferisce riservare alle salda-ture i collegamenti eseguiti in officina, dove sono piu facilmente eseguibili,il personale specializzato necessario non deve spostarsi e dove i controlli diqualita sono semplificati e standardizzati. Le moderne attrezzature auto-matiche e semi-automatiche consentono il taglio, la foratura e la saldaturadei pezzi in modo ottimale.

I pezzi saldati in officina, dotati di flange e fazzoletti preforati per il suc-cessivo assemblaggio con bulloni, vengono inviati alla zincatura (meglio quel-la ad immersione in zinco fuso) e pertanto la limitazione delle loro dimensionie spesso dovuta alle dimensioni delle vasche di zincatura.

I pezzi possono anche venire dipinti prima di essere portati in cantie-re. Nel cantiere si opera poi l’assemblaggio definitivo mediante bullonaturaposta entro i fori gia realizzati. Per strutture di particolare complessitaun preassemblaggio puo essere eseguito in officina prima di procedere allazincatura.

Una volta assemblata la struttura in cantiere si dovra eventualmenteeseguire il ripasso della verniciatura o zincatura.

L’esecuzione della saldatura in opera, oltre a rendere piu difficile il con-trollo e l’esecuzione, impedisce l’uniforme zincatura delle opere ed obbliga atinteggiare la struttura in opera.

18 Cenni teorici

1.2.5 Effetti parassiti – modalita di rottura di una flangia

Per dare spiegazione degli effetti parassiti che possono nascere in una giun-zione consideriamo il caso seguente di giunzione flangiata sottoposta allatrazione N (Fig. 1.15).

Figura 1.15: Giunzione flangiata

La risposta piu sponta-nea ed immediata alla do-manda “qual e lo sforzo ditrazione su ogni bullone” e:

Nb =N

4

Tale risposta e correttasotto la condizione essenzia-le che la flangia sia total-mente rigida e che si arriviprima allo snervamento deibulloni senza che vi sia de-

formazione essenziale della flangia, ovvero che alla rottura la deformata delgiunto, visto in pianta, sia del tipo in Fig. 1.16.

Figura 1.16: Deformata del giunto

In tali condizioni si ha la preliminare rottura del bullone, non vi sonoeffetti parassiti e lo sforzo di trazione sul bullone e appunto pari a N /4. Ildiagramma di flessione sulla flangia e illustrato in Fig. 1.17.

Figura 1.17: Diagramma di flessione della flangia

1.2 Bullonature 19

Tale momento deve ovviamente essere inferiore al momento di plasticiz-zazione della flangia:

Mp =14h s2 fy ≥Mf =

N m

2' 4

2Ares,b fd,N m

da cui segue la limitazione sullo spessore della piastra:

s ≥ 2√

2 ·

√Ares,b

m

n

fd,N

fy

ovvero lo spessore deve essere proporzionato alla√Ares,b , ovvero al diametro

del bullone, per garantire che la piastra sia sufficientemente rigida da nondeformarsi e quindi imporre un’apertura rigida del giunto. Il caso trattatoviene classificato dall’EC3 come “modalita di rottura 3: rottura dei bulloni”.

All’estremo opposto vi e il caso di rottura della flangia senza rottura deibulloni quando lo spessore della flangia e limitato. E il caso che e indicatocome “modalita di rottura 1: meccanismo plastico completo della flangia” ecorrisponde al seguente schema equilibrato (Fig. 1.18) nel quale la flangia eplasticizzata lungo due linee e diventa un meccanismo articolato.

Figura 1.18: Rottura della flangia

Condizioni di equilibrio portano a scrivere: (per Mp = 14 s

2 h fy)

Mp = Qe nella sezione di foratura dei bulloni

−Mp = Qe− N

2m nella sezione di attacco

da cui: N = 4 Mp

m sforzo normale trasmissibile dal giunto

Q = Mp

e effetto parassita

I bulloni devono essere dimensionati per sopportare ognuno la forzaassiale su ogni fila: Q+ N

2 .

20 Cenni teorici

La modalita di rottura intermedia, “modalita di rottura 2: rottura deibulloni e snervamento della flangia”, corrisponde ad una situazione del tipoin Fig. 1.19:

Figura 1.19: Rottura dei bulloni e snervamento della flangia

dove M < Mp e pertanto: 0 ≤ Q ≤ Mp

e e quindi rispetto alla modalita dirottura 1 diminuisce anche lo sforzo di trazione sui bulloni.

Quanto detto per le giunzioni flangiate soggette a sforzo normale valeanche, con gli opportuni adattamenti, per le giunzioni flangiate sottopo-ste a flessione (Fig. 1.20a) ed anche per le giunzioni con angolari e bullonisollecitati assialmente (Fig. 1.20b).

(a) Giunzione flangiata sottoposta a flessione (b) Giunzione angolare sollecitata

Figura 1.20: Tipologie di giunzioni flangiate sollecitate

Le giunzioni sollecitate a flessione possono ricondursi al caso delle giun-zioni sollecitate a sforzo assiale dividendo il momento agente per il bracciodelle forze interne del collegamento.

Eseguita una scelta della geometria del collegamento in base alle con-siderazioni fatte prima, e possibile stabilire quale e la modalita di rotturache gli corrisponde e quindi valutare la sua efficienza, ovvero calcolare lesue caratteristiche di deformabilita e di resistenza massima. Una giunzioneprogettata per rompersi con modalita di rottura 3, ovvero per rottura deibulloni, e sicuramente una giunzione rigida (a completo ripristino della re-sistenza se i bulloni sono opportunamente dimensionati) nel caso di utilizzo

1.2 Bullonature 21

di bulloni ad alta resistenza presollecitati. Questa affermazione si spiega conle considerazioni che seguono.

In fase di assemblaggio ai bulloni viene assegnata una forza di pretensioneNs, derivante dalla coppia di serraggio imposta Ts:

Ns = 0, 8 fk,N Ares ; Ts = 0, 2Ns d

Per l’equilibrio, la flangia risulta precompressa con la forza: −Ns =σf Af (Fig. 1.21).

Figura 1.21: Precompressione della flangia

Le deformazioni che hanno luogo nel bullone e nella flangia rispettiva-mente sono date da:

ε∅b =σb

E=

Ns

AbE; ε∅f =

σf

E=−Ns

Af E

che stanno nel rapporto:

ε∅f

ε∅b= −Ab

Af' − 1

10

ovvero la rigidezza della flangia e circa 10 volte maggiore della rigidezzaassiale del bullone:

Kf

Kb=Af E/S

AbE/S=Af

Ab' 10

22 Cenni teorici

Questo costituisce lo stato iniziale (∅) all’interno dell’unione flangiataprima dell’applicazione dei carichi esterni. Successivamente all’applicazionedel carico sulla struttura, sia N lo sforzo assiale competente ad ogni bullone(vedere nota a pag. 11):

N = Ntot/n. bulloni

Tale sforzo N deve ripartirsi fra (aumento dello) sforzo normale sul bullo-ne e (diminuzione dello) sforzo normale sulla piastra, in modo da mantenerela congruenza del collegamento, ovvero:

1) N = ∆Nb + ∆Nf (equilibrio)

2) ∆εb = ∆NbKb

= ∆εf = ∆Nf

Kf= ∆ε (congruenza)

dalla 2): ∆Nb = KbKf

∆Nf '∆Nf

10

e quindi dalla 1): N = 1110 ∆Nf

La Fig. 1.22 riassume quanto detto.

Figura 1.22: Diagramma degli sforzi assiali

Il distacco delle piastre si ha per una forza esterna N∗ per la quale sigiunge alla perdita della precompressione iniziale, cioe per:

1.2 Bullonature 23

∆Nf = Ns ⇒ N∗ =1110Ns

alla quale corrisponde una forza sul bullone:

Nb = Ns + ∆Nb = Ns

(1 +

11100

)=

111100

Ns =111100

0, 8 fk,N Ares

quindi ancora al di sotto del valore di snervamento del materiale che costi-tuisce il bullone.

Per valori di N < N∗ il giunto e ancora chiuso e quindi dal punto divista macroscopico dimostra una rigidezza alla trazione K = Kb+Kf (moltospesso maggiore di quella assiale dei pezzi uniti).

Solamente per N > N∗ la rigidezza del giunto degrada a quella dei solibulloni.

Infine per N∗∗:

N∗∗ = Ares fk,N

si ha la plasticizzazione dei bulloni e quindi la perdita completa di rigidezzadel giunto (scorrimento plastico dei bulloni):

Figura 1.23: Diagramma rigidezze-sforzi assiali

Queste deduzioni sono confermate dai risultati sperimentali ottenuticome descritto in [6].

24 Cenni teorici

Pertanto, una giunzione con modalita di rottura 3 per snervamento deibulloni presollecitati e della piastra rigida e una giunzione rigida a fles-sione/trazione, mostrando fino alla rottura una rigidezza comparabile omaggiore di quella degli elementi collegati.

Invece le giunzioni con modalita di rottura tipo 1 o 2 dimostrano unadeformabilita sicuramente maggiore e la loro rigidezza deve essere valutataai fini delle loro classificazione come rigidi, semi-rigidi o cerniere (si vedapag. 15).

Figura 1.24: Diagramma delle modalita di rottura

Appendice A

Prospetti da NormativaCNR 10011/97

A beneficio di una consultazione piu rapida e dinamica, vengono riportati diseguito i prospetti di maggior interesse nell’ambito della presente Dispensa.Resta chiaramente sottinteso che un approfondimento dell’argomento e otteni-bile solo con lo studio della Normativa nella sua completezza.

26 Prospetti da Normativa CNR 10011/97

Tabella A.1: Prospetto 2-IIInormali ad alta resistenza

Vite 4.6 5.6 6.8 8.8 10.9Dado 4 5 6 8 10

Tabella A.2: Prospetto 4-IIIaStati limite

Classe ft fy fk,N fd,N fd,V

vite N/mm2 N/mm2 N/mm2 N/mm2 N/mm2

4.6 400 240 240 240 1705.6 500 300 300 300 2126.6 600 360 360 360 2558.8 800 640 560 560 39610.9 1000 900 700 700 495fk,N e assunto pari al minore dei due valori fk,N = 0, 7 ft (fk,N =0, 6 ft per viti di classe 6.8) e fk,N = fy essendo ft ed fy le tensionidi rottura e di snervamento secondo UNI 3740;fd,N = fk,N resistenza di progetto a trazione;fd,V = fk,N/

√2 resistenza di progetto a taglio.

Tabella A.3: Prospetto 4-IIIbTensioni ammissibili

Classe ft fy fk,N σb,adm τb,adm

vite N/mm2 N/mm2 N/mm2 N/mm2 N/mm2

4.6 400 240 240 160 1135.6 500 300 300 200 1416.6 600 360 360 240 1708.8 800 640 560 373 26410.9 1000 900 700 467 330fk,N e assunto pari al minore dei due valori fk,N = 0, 7 ft (fk,N =0, 6 ft per viti di classe 6.8) e fk,N = fy essendo ft ed fy le tensionidi rottura e di snervamento secondo UNI 3740;σb,adm, τb,adm tensioni ammissibili a trazione ed a taglio.

27

Tabella A.4: Prospetto 4-IVd Ares Ts [N m] Ns [kN] d

[mm] [mm2] 4.6 5.6 6.6 8.8 10.9 4.6 5.6 6.6 8.8 10.9 [mm]12 84 39 48 58 90 113 16 20 24 38 47 1214 115 62 77 93 144 180 22 28 33 52 64 1416 157 96 121 145 225 281 30 38 45 70 88 1618 192 133 166 199 309 387 37 46 55 86 108 1820 245 188 235 282 439 549 47 59 71 110 137 2022 303 256 320 384 597 747 58 73 87 136 170 2224 353 325 407 488 759 949 68 85 102 158 198 2427 459 476 595 714 1110 1388 88 110 132 206 257 2730 561 646 808 969 1508 1885 108 135 161 251 314 30

Tabella A.5: Prospetto 4-VIDiametronominale

difilettatura

d [mm]

Classe della vite8.8 10.9

µ = 0, 3 µ = 0, 5 µ = 0, 3 µ = 0, 5Vf,o Vf,o Vf,o Vf,o

[kN] [kN] [kN] [kN]12 9 13 11 1614 12 18 15 2216 17 25 21 3118 21 31 26 3920 26 39 33 4922 33 49 41 6124 38 57 48 7227 49 73 62 9330 60 90 75 112

28 Prospetti da Normativa CNR 10011/97

Tabella A.6: Criteri dimensionali nel posizionamento dei foriper i fori di bordo per gli altri fori

3 ≤ p/D ≤ 10

p/s1 ≤{

15 per elem. compressi25 per elem. tesi

2 ≤ a/D ≤ 3

1, 5 ≤ a1/D ≤ 3a/s1

a1/s1

}≤ 6 (9 con bordo irrigidito)

dove:

p e la distanza fra centro e centro di due bulloni contigui;

D e il diametro del bullone;

s1 e il minore degli spessori da unire;

a e la distanza fra centro bullone ed il margine dell’elemento, parallelaalla direzione dello sforzo;

a1 e la distanza, come sopra, ortogonale alla direzione dello sforzo.

Figura A.1: Schema grafico (riferito alla Tab. A.6)

Bibliografia

[1] Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istruzioni per il calcolo, il collaudoe la manutenzione delle costruzioni in acciaio (CNR 10011/97).

[2] E.F. Radogna, Tecnica delle Costruzioni. Fondamenti delle costruzioniin acciaio. Masson S.p.A., Edit. ESA, Milano, Seconda Edizione, 1993.

[3] G. Ballio, F.M. Mazzolani, Strutture in acciaio. Hoepli (Milano).

[4] D. Danieli, F. De Miranda, Strutture in acciaio per l’edilizia civile edindustriale. Siderservizi S.r.l. (Milano).

[5] G.F. Costa, I. Daddi, F.M. Mazzolani, Collegamenti saldati.Siderservizi S.r.l. (Milano).

[6] Miazzon, Piazza, Turrini, La giunzione a flangia con bulloni presolle-citati nella trave inflessa. Atti dell’Istituto di Scienza delle Costruzionidell’Universita di Padova, Vol. IV, 1979, pp. 157-261.