Metafisica. Carrà e De Chirico
Transcript of Metafisica. Carrà e De Chirico
METAFISICALA PITTURA OLTRE LA
REALTÀ
Carlo Carrà – Giorgio De Chirico
Il grande metafisico,
1917, olio su tela,
104,7x70 cm,
MoMa, New York
Origine del nome
In greco “metà tà physikà”, “dopo la fisica”. Il termine è
stato usato per la prima volta dal filosofo Andronico da
Rodi per titolare gli scritti di Aristotele che non trattavano
del precedente argomento, la fisica appunto.
Oggi il termine è usato più in generale per esprimere ciò
che esiste oltre l’apparenza sensibile della realtà
empirica.
Corrente pittorica
Legata alla figura di De Chirico già a partire dal 1909.
Nasce come movimento dichiarato nel 1917 a Ferrara
dall’incontro tra De Chirico e Carrà, ricoverati entrambi
nell’ospedale neurologico della città dopo essersi
arruolati nell’esercito.
Intento: rappresentare ciò che è oltre l’apparenza fisica
della realtà, al di là dell’esperienza dei sensi. Si vuole
cogliere l’essenza intima della realtà.
Per la sua palese figuratività e l’assenza di innovazioni
del linguaggio pittorico, viene esclusa da molti dal
contensto vero e proprio delle avanguardie.
Corrente pittorica
A Milano nel 1917 avviene la prima mostra della pitturametafisica. Non sono però presenti le opere del suomaggiore esponente, De Chirico, all’epoca praticamentesconosciuto, a differenza di Carrà, che grazie al suopassato futurista aveva già raggiunto una certanotorietà.
Solo nel febbrario 1919 a Roma, De Chirico inaugura la sua prima mostra in Italia.
Alla corrente metafisica aderiscono anche altri pittori tracui Giorgio Morandi e Alberto Savinio (Andrea De Chirico).
Già nel 1921 il gruppo si scioglie, e i vari esponentiprendono direzioni diverse.
La pittura Metafisica rimane in ogni caso un elementofondamentale e riconoscibile nelle loro operesuccessive.
Caratteri e temi
Prospettiva costruita secondo molteplici punti di fuga:
l’occhio è costretto a ricercare l’ordine di disposizione
delle immagini.
Assenza di personaggi umani, quindi solitudine;
vengono rappresentati
manichini, statue, ombre, personaggi mitologici.
Campiture di colore piatte e uniformi.
Le scene si svolgono al di fuori del tempo.
Le ombre sono più lunghe rispetto agli orari del giorno
rappresentato.
Allontanamento dalle novità linguistiche delle
avanguardie, mantenendo il legame con le suggestioni
dell’arte antica e classica.
Caratteri e temi
Piazze italiane considerate misteriose e romantiche.
Ambientazione nitidissima, senza nulla di deformato e
irriconoscibile.
Statue greche e manichini come personaggi.
Attenzione alla scena descritta: immobile senza tempo,
luogo silenzioso e misterioso, palcoscenico teatrale
senza emozioni.
Non ha a che vedere con la trascendenza, ma con un
misterioso spostamento e accostamento di oggetti
comuni, affiancati ad altri reperti museali, ciò porta a una
frattura tra logica e arte.
Leva sulle suggestioni di immagini irreali e fantastiche.
Confronto
Predominio della stasi più
immobile, tutto sembra
congelarsi in un istante
senza tempo, come
un’eterna pietrificazione
Dimensione del silenzio
più assoluto
Affidamento a strumenti
tradizionali della
pittura, come la
prospettiva.
Dinamismo e velocità
Arte come un grido alto e
possente
Rinnovamento del
linguaggio pittorico
Metafisica Futurismo
CARLO CARRÁ
Nasce a Quargnento, in provincia di Alessandria, nel 1881.
Inizialmente lavora come stuccatore e dcoratore a Milano.
Tra il 1899 e il 1900 compie un viaggio a Parigi e successivamente
a Londra, studia Courbet, Turner e Constable.
Nel 1902 frequenta a Milano il “Corso Superiore di Arti Applicate”,
dal 1906 al 1908 studia all’Accademia di Brera.
Nel 1909 conosce Balla, Boccioni e Marinetti e l’anno seguente
firma il “Manifesto dei Pittori Futuristi”.
Nel 1917 si trova a Ferrara e dall’incontro con De Chirico nasce la
pittura metafisica.
Nel 1919, rientrato a Milano, pubblica diversi saggi critici sulla
pittura metafisica.
Negli anni Venti si concentra sul rinnovato interesse naturalistico.
Muore a Milano nel 1966.
Carrà futurista
Ciò che mi ha detto il tram, 1910-11, olio su tela,
52x62 cm, Rovereto (Trento), Mart.
Spaccato
dell’ambiente
cittadino con la folla,
i rumori, le luci
colorate. Tutto
mischiato in un’unica
visione: icona della
città contemporanea
percorsa dal traffico
e in perpetuo
movimento.
Carrà futurista
I funerali dell’anarchico Galli, 1911, olio su tela,
199x259 cm, New York, MoMa
Opera di soggetto
drammatico. A 7 anni di
distanza, rappresenta
un episodio che lo
aveva colpito: la carica
della polizia al corteo
funebre dell’anarchico
Angelo Galli. Opera
poderosa, composta da
corpi, bandiere e fasci
di luce.
Intento dell’artista di
coinvolgere
emotivamente
l’osservatore
rappresentando la
tensione dell’evento
tramite l’individuazione
delle linee-forza.
Verso la metafisica
Deluso dal futurismo, teme si possa
trasformare in una nuova
accademia.
Passa anche attraverso il
divisionismo e il primitivismo.
Si rivolge “con rinnovata passione
ai problemi estetici inerenti alla
trascendenza plastica”, ovvero al
recupero di una forma solida e
volumetrica nella pittura.
Trae ispirazione dall’arte del mondo
classico e arcaico.
Rimane colpito e successivamente
influenzato dai quadri di De Chirico.
La carrozzella, 1916, olio su tela,
51x60cm, Colonia (Germania),
Museum Ludwig
Carrà metafisico
Strano assortimento di oggetti
raccolto in uno spazio stretto.
In primo piano, figura di una
giocatrice di tennis, a metà fra il
manichino e la statua di
gesso, volto liscio e privo di tratti
somatici.
A destra, cassetta poco profonda
che presenta una carta geografica
su cui spicca un bersaglio.
In secondo piano, dipinto di un
paesaggio urbano.
Grande prisma colorato, la cui
punta non è visibile, forse perché
inesistente oppure sottratta alla
vista.
La musa metafisica, 1917, olio su tela,
90x66cm, Milano, Pinacoteca di Brera
Carrà metafisico
Il tracciato di assi parallele del
dipinto riprende la pavimentazione
della stanza, vertiginosamente
inclinata.
Senso di sospensione e
inquietudine, creato giocando sulle
proporzioni degli
oggetti, esageratamente grandi
per uno spazio così piccolo.
Sensazione di guardare all’interno
di una scatola.
Due aperture si affacciano su uno
spazio uniformemente
nero, l’effetto di claustrofobia non
si allenta.
Cose ordinarie organizzate in
modo da creare un universo
La musa metafisica, 1917, olio su tela,
90x66cm, Milano, Pinacoteca di Brera
Carrà metafisico
Dipinto non propriamente
metafisico, vuole promuovere una
pittura tranquilla che si richiami alla
tradizione classica.
Impostazione sobria ed
essenziale, riprende la pittura
italiana del tre-quattrocento.
Sfondo: a sinistra una casa in
ardita prospettiva, a destra una
specie di montagna.
Il pino è il protagonista della
composizione, anche se
decentrato, si protende verso la
striscia blu del mare. Il pino sul mare, 1921, olio su tela,
68x52,5cm, Roma, Collezione privata
Carrà metafisico
Assenza di presenze umane.
Allusione all’uomo data dal panno
candido appoggiato su un
cavalletto.
È venuto meno il gusto metafisico
per la rappresentazione allegorica.
Rimangono presenti il senso
dell’attesa e della sospensione
temporale, oltre all’evocazione
della solitudine.
Tradizione giottesca e medievale:
attribuire agli oggetti la forma più
semplice con un disegno
essenziale. Il pino sul mare, 1921, olio su tela,
68x52,5cm, Roma, Collezione privata
GIORGIO DE CHIRICO
Vita
Nasce a Volos, in Grecia, il 10 luglio 1888 da genitori italiani.
Nel 1899 si iscrive al Politecnico di Atene, di cultura tedesca,
per intraprendere lo studio della pittura.
Nel 1905 muore il padre, la famiglia si traferisce a Monaco
attraversando l’Italia nel corso del viaggio.
Nel 1906 si iscrive all’Accademia delle belle arti di Monaco di
Baviera.
Nel 1906 inizia così una condizione di nomadismo che durerà
per decenni e che arricchirà notevolmente il suo bagaglio
culturale, filosofico e letterario che confluirà nella pittura.
Matrici
In Grecia è a contatto fin dall’infanzia con la tradizione mitologica
greca, presente nei suoi quadri nel corso di tutta la sua produzione
pittorica. Ad Atene presta molta attenzione all’architettura classica e
alle statue, elementi molto ricorrenti.
A Monaco approfondisce lo studio della pittura romantica, in
particolare Friedrich, Böcklin e Klinger. In questi artisti riconosce la
dimestichezza col mito, la concezione di una realtà più enigmatica e
oscura delle apparenze razionali, abitata da esseri che l’infanzia
greca rendeva possibili.
A Monaco si dedica anche allo studio della filosofia tedesca, con
particolare attenzione al pensiero di Weininger, Schopenhauer e
Nietzsche.
L’origine greca, la formazione tedesca, la cultura nordica
extrapittorica e la cultura pittorica classicista e visionaria daranno
luogo a una pittura con un’atmosfera magica ed enigmatica pur
nella ferma e concreta individuazione delle singole presenze.
Lotta di centauri
De Chirico
1909
Böcklin
1872/73
Klinger
1881
Tritone e sirena
De Chirico
1908/09
A Sinistra:
Klinger
1895
A destra:
Böcklin
1873/74
Vita
Nell’estate del 1909 visita la Biennale di Venezia.
Non torna in Germania, ma si reca prima a Milano e poi si
trasferisce a Firenze.
Approfondisce la lettura di Leopardi e lo studio del latino.
In questo periodo le suggestioni degli artisti nordici si fondono
con i ricordi della Grecia perduta, i riferimenti letterari si
ramificano e si deformano, la cultura archeologica museale
convive con immagini del suo vissuto.
Vengono dipinti i primi quadri appartenenti alla serie degli
Enigmi, in cui l’artista, predisposto alla visione dagli stati della
nostaglia e della malinconia, con grande sensibilità prende
possesso del presente e del passato e percepisce i segni
arcani.
Enigmi
Schopenhauer “Per avere pensieri originali, straordinari, forse
immortali è sufficiente estranearsi dal mondo e dalle cose per certi
momenti in modo così totale che gli oggetti e i processi più ordinari
appaiano assolutamente nuovi ed ignoti, sicché in tal modo si
dischiude la loro vera essenza. Quel che si richiede qui non è
qualcosa di difficile; ma non è assolutamente in nostro potere ed è
appunto dominio del genio”.
De Chirico “…in un limpido pomeriggio autunnale ero seduto su una
panca al centro di piazza Santa Croce a Firenze. (…) ero uscito da
una lunga e dolorosa malattia intestinale ed ero quasi in uno stato
di morbida sensibilità. Tutto il mondo che mi circondava mi
sembrava convalescente. (…) Allora ebbi la strana impressione di
guardare quelle cose per la prima volta, e la composizione del
dipinto si rivelò all’occhio della mia mente. Ora, ogni volta che
guardo questo quadro, rivedo ancora quel momento. Nondimeno il
momento è un enigma per me, in quanto esso è inesplicabile. Mi
piace anche chiamare enigma l’opera da esso derivata”.
Verso la Metafisica
In alto: Enigma di un pomeriggio d’autunno, 1910
In basso: Enigma dell’ora, 1911
Prima visione del De Chirico
metafisico, risalta la tensione
all’ascolto oltre alla realtà, raccolta
nel silenzio e l’immobilità. Senso di
spaesamento attraverso le immagini
della sospensione del tempo, del
mescolamento di antico e moderno,
dello spazio architettonico vuoto ma
pieno di ricordi d’infanzia,
suggestioni poetiche e riflessioni
sulla storia dell’arte.
Soggiorno parigino
Si trasferisce a Parigi nel luglio 1911.
Estraneo e con atteggiamento critico nei confronti delle
avanguardie.
Studia Van Gogh, Gaugin e Cézanne.
Acquisisce una nuova e importante icona: Arianna, donna
“melanconica” e sola, statua sdraiata nel vuoto di una piazza
circondata da portici. Immagine mitica che rimanda al
labirinto e all’abbandono, è legata anche alla figura di
Dioniso.
Nel frattempo si definisce l’urbanistica metafisica.
Compaiono i primi manichini.
Urbanistica metafisica
Spazio definito mediante architetture, con quinte prospettiche
vuote e inabitabili.
Piazze ampie e portici.
Scorci prospettici nitidi.
Arricchito di edifici italiani, reali o dipinti, come moderne icone
dello spaesamento.
Dominano torri di immense dimensioni.
Quasi totale assenza di figure umane.
Fine: generare nell’osservatore una suggestione magica,
piena di mistero e segreti.
1913, olio su tela, 73,5x100,5cm, Venezia, Collezione Peggy Guggenheim
La torre rossa
La torre rossa
Ampio spazio, definito dalla precisa disposizione dei
volumi architettonici.
Al centro la rotonda e possente torre merlata domina sul
resto.
La convergenza prospettica dei due edifici porticati ai lati
indirizza l’occhio dello spettatore verso la torre.
Un monumento equestre su un alto piedistallo si erge a
destra parzialmente nascosto.
Campiture piatte e tonalità fredde
Senso d’inquietudine e d’irrealtà.
Tutto è immobile e assolutamente silenzioso.
La torre rossa
Completa assenza dell’essere umano, elemento più
tipico della piazza.
Lo spazio, classico e vuoto, non ospita alcuna azione.
Le ombre accentuano la sensazione struggente di
solitudine.
“Tale novità è una strana e profonda poesia,
infinitamente misteriosa e solitaria, che si basa sulla
Stimmung (…) del pomeriggio d’autunno, quando il cielo
è chiaro e le ombre sono più lunghe che d’estate, poiché
il sole comincia ad essere più basso. Questa
sensazione straordinaria si può trovare, dico, nelle città
italiane”.
Manichino
In parte allusivo all’uomo-automa contemporaneo.
Definiti come pensatori, saggi, filosofi, rappresentano
un’umanità superiore.
Umanità che ha il possesso della visione, caratterizzata
dall’occhio centrale della mente ma, di conseguenza, anche
da cecità fisica, secondo la mitologia greca.
Umanità che non ha bisogno della bocca, spesso chiusa da
una cucitura, perché la parola si manifesta trasmutata negli
artisti.
Manichino come abitante inquietante delle tele, spesso privo
di braccia e tratti somatici.
Sembra umano ma non lo è, per questo esalta l’assenza di
vita nella pittura metafisica.
Pittura metafisica
Opere realizzate tra il 1915 e il 1925.
Corrente ufficializzata a Ferrara nel 1917.
Trae grande ispirazione dagli edifici della città.
Architetture essenziali, proposte in prospettive non
realistiche.
Clima magico e misterioso.
Assenza di figure umane, sostituite da manichini o statue.
Sono descritti oggetti di uso comune, ma posti in un contesto
spaziale e temporale a essi estraneo.
Oggetti definiti con tale precisione da sortire un effetto
contrario a quello realistico.
Originale e romantica interpretazione della classicità.
Le muse inquietanti
Realizzato tra il 1916/17, forse
prima dell’incontro con Carrà, pur
essendo in contatto con lui.
Considerato il manifesto della
pittura metafisica.
Due figure inquietanti si stagliano in
primo piano: sono due manichini di
sartoria.
A sinistra il manichino è in piedi e
girato di spalle. A destra il
manichino è seduto e senza testa,
sono visibili i tratteggi da sartoria.
Sono simili a sculture di marmo.
Le muse inquietanti
I manichini sono circondati da
misteriosi oggetti.
Un bastone, simile allo strumento di
misurazione dei sarti ma anche ai
bastoncini di zucchero dei bambini.
Una grande scatola colorata, come
quella in cui si ripongono i giochi.
Un oggetto ovale, forse una
maschera, o la testa del manichino
caduta.
La luce è netta e tagliente,
determina ombre lunghe e scure,
creando un senso di mistero. Una
statua su piedistallo rimane
completamente nell’ombra.
Cielo plumbeo.
Le muse inquietanti
Sullo sfondo: il rinascimentale
Castello di Ferrara fa da contraltare
alle fabbriche moderne sulla
sinistra.
Il Castello, in quanto monumento
reale, fa sì che lo spazio circostante
sia riconoscibile come una piazza,
deserta.
Sfondo scenografico, la piazza si
trasforma in un palcoscenico
vertiginosamente inclinato.
I colori, senza sfumature,
accrescono il senso di profonda
immobilità.
Atmosfera straniante e surreale.
Le muse inquietanti
Netta e lacerante separazione tra la
condizione dell’infanzia, la memoria
di un grande passato, di cui
rimangono solo citazioni e ricordi, e
quella dell’età adulta, la realtà di un
presente imbalsamato.
Ferrara esercitò grande fascino su
De Chirico: “Ferrara è la città delle
sorprese; oltre che all’offrire in
alcuni punti splendide apparizioni di
spettralità e bellezza sottile, quella
città offre pure il vantaggio di
conservare in modo affatto
particolare lembi della grande notte
medievale”.
Autoritratti
Realizza una ricchissima serie di autoritratti.
Tra i maggiori pittori italiani del Novecento a diffondere
la propria immagine.
Autoritratto come occasione di promozione.
Mezzo per definire e dichiarare la concezione pittorica
nelle diverse fasi.
1920, tempera su tela, 39,5x51cm, Toledo (Ohio), Museum of Art
Autoritratto
Autoritratto del 1920
1920: periodo di ritorno alla tradizione.
Intento di contrapporsi nettamente agli sperimentalismi delleavanguardie, considerate la causa della degenerazione dell’arteeuropea.
Realizzazione secondo i canoni rinascimentali.
Il davanzale in primo piano cita quelli di Bellini e della scuolaveneta, con firma dell’artista e natura morta di agrumi.
Dietro il davanzale vengono presentati due autoritratti a mezzo busto dell’artista separati da un pilastro in secondo piano.
A destra: volto appoggiato alla mano: posa malinconica, tratta dallacultura tedesca.
A sinistra: busto di profilo in marmo, rivolge dal passato lo sguardoverso il futuro.
Sullo sfondo: costruzioni architettoniche di stampo metafisico.
Si definisce “pictor classicus et optimus”, usa il colore alla manieradegli antichi, creando velature e raffinati giochi di colore.
Vita
Tra il 1918 e il 1922 partecipa attivamente a dar vita alla
rivista “Valori plastici”.
Nel 1924 torna a Parigi e si avvicina al surrealismo, di cui è
precursore, senza però accettarne l’eccessiva impostazione
onirica. Radicale rottura nel 1926, a causa del pictor
classicus interessato alle regole del “mestiere”.
In seguito la sua pittura si rivolge ad una classicità di tipo
archeologico, con frequenti ricorsi alla mitologia, sempre
interpretata in chiave metafisica.
La pittura metafisica fa sempre ritorno negli anni successivi.
Muore il 20 novembre a Roma dopo aver celebrato il suo
novantesimo compleanno in Campidoglio.
1928, olio su tela, 160x240cm, Milano, Casa Museo Boschi-Di Stefano
La scuola dei gladiatori: il combattimento
Il combattimento
Appartiene al periodo classico e
archeologizzante, l’attenzione è rivolta alle radici figurative
dell’arte e ai soggetti della classicità.
Commissionato dal mercante Léonce Rosemberg.
Viene rappresentata una lotta di gladiatori, i cui corpi si
confondono con quellli di alcuni cavalli. Molti uomini
brandiscono frecce, spade e scudi.
Molti rimandi ai fregi antichi, ma molti elementi producono un
effetto suggestivo e straniante.
La scena si svolge al chiuso tra le pareti di una stanza dal
soffitto basso, la finestra è aperta sul buio: spazio
claustrofobico.
Alcuni personaggi non hanno lineamenti, i volti degli altri sono
innaturalmente calcati e distorti.
Le tinte sono cupe, la pennellata è vibrante.
Sittografia e bibliografia
“Il nuovo arte tra noi 5” dal Postimpressionismo a oggi, Mondadori
http://www.francescomorante.it/pag_3/3.htm
http://www.dechirico.org/
L’universale – La Grande Enciclopedia Tematica, Le Garzantine
Art Dossier: De Chirico metafisico, Giunti
http://www.settemuse.it/arte/corrente_metafisica.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Pittura_metafisica