Messaggi e Approfondimenti Vita associativa Eventi e ... VOCE - Luglio 2014.pdf · L’aveva...

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1 Presidente A.P.P.A.Cu.V.I.: Ernesto Palmieri - Direttore editoriale: Giuseppe Boschetti Hanno collaborato: G. Boschetti, S. Pedrazzani, E. Palmieri, M. G. Arnaboldi, C. Bosio, A. Cola Garramone, A. Noli, P. Noli, V.C. Zanotta. Foto: archivio APPACuVI, E. Palmieri, M.G. Arnaboldi, G. Boschetti, A. Priori, L. Trivella, V.C. Zanotta. SOMMARIO À Messaggi e Approfondimenti Un plauso al ministro - Editoriale - E. Palmieri 2 2 parole sul tempo e ... padre Ernetti – C. Bosio 4 À Vita associativa Concorso scolastico 2013-2014 – M. G. Arnaboldi 8 L’arcobaleno di Palermo – P. Noli 11 À Vita culturale 150° Storia – V.C. Zanotta 15 À Eventi e Segnalazioni Cerano Festival - A. Priori 18 Villa Turconi e mostra fotografica – A. Cola Garramone 21 À Pagina creativa Poesia Cicale - A. Noli 24

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Presidente A.P.P.A.Cu.V.I.: Ernesto Palmieri - Direttore editoriale: Giuseppe BoschettiHanno collaborato: G. Boschetti, S. Pedrazzani, E. Palmieri, M. G. Arnaboldi, C. Bosio,

A. Cola Garramone, A. Noli, P. Noli, V.C. Zanotta.Foto: archivio APPACuVI, E. Palmieri, M.G. Arnaboldi, G. Boschetti, A. Priori, L. Trivella, V.C. Zanotta.

SOMMARIO

À Messaggi e Approfondimenti

Un plauso al ministro - Editoriale - E. Palmieri 2

2 parole sul tempo e ... padre Ernetti – C. Bosio 4

À Vita associativa

Concorso scolastico 2013-2014 – M. G. Arnaboldi 8

L’arcobaleno di Palermo – P. Noli 11

À Vita culturale

150° Storia – V.C. Zanotta 15

À Eventi e Segnalazioni

Cerano Festival - A. Priori 18

Villa Turconi e mostra fotografica – A. Cola Garramone 21

À Pagina creativa

Poesia Cicale - A. Noli 24

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Messaggi ed Approfondimenti

NUOVE REGOLE PER GLI ACCESSI AI MUSEI - Editoriale

Avremmo preferito che il decreto del ministro Dario Franceschini che, da luglio,rivoluzionerà l’accesso ai musei italiani, istituendo la gratuità per i giovani d’età inferiore ai18 anni e l’accesso agevolato per quelli fino ai 25, non sacrificasse la gratuità fino ad orariservata agli ultrasessantacinquenni.Per questa categoria, alla quale appartengo, era, da una parte, il riconoscimento di una vitadi lavoro e di accantonamenti che non sempre avevano prodotto un reddito sufficiente aprendersi delle soddisfazioni e, dall’altra, un incentivo a bene impiegare il finalmenteraggiunto cospicuo tempo libero.Non era sgradevole passare alla cassa e dichiarare la propria età, ottenendo il via liberaall’ingresso senza dover pagare, anche solo per la comodità di evitare le complicazioni delreperimento e conteggio della moneta o, in carenza, del cambio della banconota.Probabilmente il saldo economico dell’operazione, tenuto conto che una quota notevoledegli ingressi ai musei, come accade anche nel caso dei nostri viaggi studio, è costituitadalle comitive di anziani sarà attivo per l’amministrazione la quale, pare, la reimpiegheràper finanziare l’apertura serale fino alle 22 il venerdì e l’accesso gratuito per tutti ogni primadomenica del mese e le annunciate Notti al Museo.Sinceramente, non mi dispiace l’idea che la nostra amministrazione dei beni culturali volgafinalmente verso una gestione sanamente economica del grande patrimonio che fino ad oraci si è limitati, meritoriamente quanto quasi esclusivamente, a tutelare.Ma, in periodi come questo, posto che fosse inevitabile dover scegliere tra anziani e giovani,sono convinto che la scelta sia stata quella giusta e che vada nel senso naturale delle cose eche il ministro meriti un plauso per la scelta fatta.Abbiamo speso molto per educare i figli e destiniamo significativa parte delle nostrepensioni per sostenere (spesso per viziare) i nipoti: non lamentiamoci perciò se lo Stato cisostituisce o ci affianca nell’impegnativa, talvolta faticosa gioia dell’educare.E’ bello che lo Stato li consideri e investa nella loro formazione nella speranza di costruireuna società più colta e ordinata di quella che ci raccontano i nostri telegiornali.Un museo è sempre il luogo dove conoscenza e fruizione indissolubilmente si coniugano nelsegno dell’eccellenza e della genialità e, nel caso dell’Italia, soprattutto nel segno dellabellezza. Il meglio della storia e dell’umanità sta nei musei, siano essi al chiuso o a cieloaperto.Abbiamo bisogno che i nostri giovani abbiano occasioni d’incontro con questa pregiataumanità, che la loro mente impari a capirla, ad accettarla, a ricercarla e, infine, a farne ilmetro con il quale si giudica e ci si comporta nella vita.Sarebbe davvero bello che i nostri giovani imparassero a maggiormente frequentare lestrade che li conducono alla conoscenza e alla bellezza che, disseminata in ogni angolo delnostro paese, attira gente di ogni età e da ogni parte del mondo.Strade capaci di affrancarli dalle mediocri illusioni di mondi artificiali e irreali e di renderliconsapevoli di quali tesori e di quali occasioni abbiano a disposizione, spesso a pochi passidalle loro abitazioni, per dare un senso e una prospettiva alla loro esistenza.Poche emozioni sono più belle di quella comunicata da un giovane immerso nellacontemplazione di un’opera d’arte poiché questo giovane riassume, in quell’atteggiamento,intelligenza, ascolto, godimento, amore, e, per noi che osserviamo dall’alto dei nostri anni,una speranza.E’ quello che mi accadde nel duomo di Monreale, in occasione del nostro ultimo viaggiostudio e che mi piace documentare con queste due fotografie.

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Il metodico percorso fotografico che normalmente eseguo in siti così straordinari mi avevaportato al punto dal quale meglio si poteva riprendere la fantastica abside dorata e, meglio,abbandonarsi all’abbraccio di quel grande Cristo pantocratore che ti giudica sì, ma, nellostesso tempo, ti accoglie con tutto quello che ti porti nel cuore. Nello stesso punto,immobile, sostava da alcuni minuti una giovane donna che non accennava a scostarsi,immersa com’era nella contemplazione. Contemplazione estetica o religioso affido a Cristomisericordioso? Impossibile dire e forse impossibile tentare di scindere i due piani delloscambio spirituale in atto.Il mio primo impulso fu di insofferenza per la prolungata presa di possesso del puntoprivilegiato e insostituibile per lo scatto, ma subito mi prese la consapevolezza di quantodovessi rispettare quel momento e di quanta bellezza ci fosse in quella scena. E così fecinon uno ma due scatti che raccontano, in fondo, della stessa magia.

Bello il racconto di tutti e due e non rinuncerei a nessuno dei due.

Ernesto Palmieri Presidente APPACuVI

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Estate, in Valle Intelvi tempo di seconde case e di “vacanze”(mancare, non esistere in uno spazio e tempo?)

DUE PAROLE SUL TEMPO E … PADRE ERNETTI«Se non accadesse nulla, se nulla cambiasse,

il tempo si fermerebbeperché il tempo non è altro che cambiamento

ed è appunto il cambiamentoche noi percepiamo, non il tempo.

Di fatto il tempo non esiste».Julian Barbour

La fine del tempo

Oggi, più che mai, vale il proverbio "chi ha tempo, non aspetti tempo!". Il ritmo e gliimpegni della vita moderna sono tali da imporci di agire subito, oltre che presto e bene.Quando poi non riusciamo a fare le cose in fretta, ci sembra di "perder tempo". Quindi,nell’espletamento di ogni nostra attività, cerchiamo di "guadagnare tempo", cioè fare inmodo di avere "rimanenze di tempo" a disposizione. Il bello è che di questo tempo residuo,sovente non sappiamo cosa farne. E, allora, lo ... "ammazziamo"! Grande abbaglio: noidiciamo di "ammazzare il tempo" ma, fatalmente, è invece il tempo ad ammazzare noi!In ogni caso, trapassato o ammazzato che sia, il tempo avanza sempre, inesorabile.Di questo siamo certi, anche se non sempre ne siamo coscienti. La pensava così anche ilnostro padre Dante, quando asseriva, nel Canto V del Purgatorio, «vassene 'l tempo e l'uomnon se n'avvede».In effetti, assai spesso sentenziamo: "quel che è stato, è stato!", perché dunque pensarci su?Il passato non torna più.Il "passato" è sempre stato oggetto di acute riflessioni. Scriveva, ad esempio, Agatone (IVsecolo a.C.):"Questo solo è negato a Dio: disfare il passato".Tuttavia, non tutti sanno cosa del passato interessasse ad Einstein: «Dove va a finire iltempo che passa?» si chiedeva. Questa questione, solo apparentemente puerile, lostraordinario Alberto la approfondì a lungo con il suo collega, altrettanto inarrivabile, KurtGödel (1), durante le loro consuete passeggiate nei dintorni dell’Institute for AdvancedStudy di Princeton (New Jersey).I due, grandi amici e reciproci estimatori, in fatto del "tempo" erano in assoluto disaccordo.«Per noi fisici (Einstein) la distinzione fra passato, presente e futuro è solo un’illusione. Iltempo, come tale, non esiste, come non esiste qualcosa che si chiama spazio. Esiste invecelo 'spazio-tempo', parametro di un Universo a 4 dimensioni (3 spaziali + 1 temporale, cioèaltezza, lunghezza, larghezza e spazio-tempo). Spazio e Tempo formano un tutt’uno,inseparabile». Secondo questa teoria, cioè, i corpi non si muovono solo nello spazio maanche nel tempo. Sia lo spazio che il tempo sono "nati" con la nascita dell'Universo (BigBang). La componente temporale dell’Universo ha iniziato a evolversi nel momento in cuil'Universo è nato e quindi sono iniziati i processi di evoluzione dell'Universo stesso. Èinutile chiedersi cosa c’era prima del Big Bang: non esisteva né lo spazio né il tempo. Nonesiste uno spazio senza tempo (o un tempo senza spazio).

(1) Kurt Gödel (1906-1978), è stato un portentoso matematico, logico e filosofo boemo naturalizzato statunitense,noto soprattutto per i suoi lavori sull'incompletezza delle teorie matematiche. È ritenuto uno dei più grandi logici della

storia umana insieme ad Aristotele. Originalissima la sua "DImostrazione matematica dell'esistenza di Dio", (1970; cfr.Bollati Boringhieri editore) inteso come Ente che assomma tutte le qualità positive di un dato insieme. Una curiosità:praticamente si suicidò. Morì per inedia cioè lasciandosi uccidere dalla fame, a causa dei disturbi ipocondriaci di cuisoffriva che lo portavano a … non mangiare per paura di essere avvelenato (!).

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Lo spazio-tempo, comunque, è qualcosa di molto… vecchio. Tanto per capirci megliousando un po' di numeri, l’Universo ha cominciato la sua storia 13 miliardi 798 milioni dianni fa (± 0,037). In altri termini, fissando il Big Bang a mezzanotte (cioè le 0 del mattino)la Terra compare alle 16, i primi fossili verso le 22 e gli uomini alle 23,59,58, due secondiprima della mezzanotte.Riguardo al tempo, però, Gödel aveva una idea (suffragata da calcoli!) totalmente diversa.«Non è realistico pensare che il mondo consista di una serie di attimi indefinibili che, inrapida successione, appaiono e svaniscono dall'esistenza. E' più realistico pensare che ilpassato ed il futuro esistano permanentemente».

La linea del tempo secondo lui, si richiudeva su se stessa. Partendo cioè da un qualunquepunto di questa linea è possibile, percorrendo un anello temporale più o meno lungo,tornare indietro esattamente al punto di partenza.Tutto questo porta ad una conclusione sbalorditiva: tutto è per sempre; il passato, presente efuturo esistono tutti insieme simultaneamente. Ed ancora più stupefacente è la conseguenzadi questa premessa: il divenire non esiste. (In un certo senso ci aveva già azzeccato Platone:«il tempo è l’immagine mobile dell'eternità, che è assenza di tempo»).Perché, dunque, sostenere che il tempo scorre, se non ci allontaniamo mai dal presente?L’aveva intuito Luís de Góngora y Argotte (1561-1627), un poeta barocco spagnolo, nellasua poesia «Medida del tiempo por diferentes relojes»?

Si quiero por las estrellassaber, tiempo, donde estás,miro que con ellas vas,pero no vuelves con ellas.¿A dónde imprimes tu huellas,que con tu curso no doy?Mas, ¡ hay! que engañado estoyque vuelas, corres y ruedas:tu eres, tiempo, el que te quedas,yo soy el que me voy.

“Il passato ed il futuro esistono permanentemente” (Gödel).

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“Se chiedo alle stelle/di sapere, tempo, dove stai,/vedo che vai con loro,/ma non ritorni conloro./Dove imprimi le tue impronte/che non posso seguire il tuo corso?/Ma, povero me chem’inganno/sei tu, tempo, che te ne stai/io sono quello che se ne va”.Dando per appurato che non possiamo spostarci corporalmente nel passato, (lasciamo purealla fantascienza i viaggi con la macchina-del-tempo!) in alcuni casi, tuttavia, noi possiamo"vedere" il passato. C’è da dire che, in realtà, non vediamo mai le cose così comeeffettivamente sono nel momento stesso in cui le si osserva. Vediamo sempre quello che è

accaduto un "pochino" di tempo fa. E questo pochinopuò essere piccolissimo ma non è mai zero. In pratica,noi vediamo sempre cose del passato. Come tuttisanno, noi percepiamo un oggetto perché la luce cheparte da quell'oggetto (alla velocità si 300.000km/sec!) viene a colpire i nostri occhi. E poiché civuole un certo tempo affinché la luce possa coprire ladistanza che separa l'oggetto dai nostri occhi, èevidente che noi vedremo sempre le cose non comesono attualmente, ma "come erano" quando la luce èpartita da loro. Naturalmente molto dipende dalladistanza a cui si trova l'oggetto che stiamo osservando.Se ciò che si osserva è vicino, come una qualsiasi cosache si trova sulla Terra, possiamo tranquillamenteaffermare che l'oggetto che stiamo osservando inquesto momento è praticamente identico a come eranel medesimo istante in cui si è mossa la lucedall’oggetto in questione. Ma il fenomeno acquistaaltri valori, per esempio, quando scrutiamo il cosmo

con un potente telescopio. Forse con sorpresa, ci renderemo conto che il telescopio non ciavvicina oggetti lontani nello spazio, ma lontani nel tempo! Per esempio, quando"vediamo" galassie distanti da noi 10 o 12 miliardi di anni luce, noi le osserviamo nellecondizioni in cui erano quando la luce iniziò il suo lunghissimo viaggio verso il nostropianeta, appunto 10-12 miliardi di anni-luce fa. (La Terra, che ha solo 4,5 miliardi di annidi vita, ancora non esisteva!). Sappiamo bene che per misurare le distanze astronomiche, siusa «l’anno-luce». Meglio allora ricordarci che questo parametro corrisponde alla distanzache la luce percorre in un anno, ossia circa 10 mila miliardi di chilometri! Negli anni '70 delsecolo scorso, si diffuse una notizia straordinaria: un frate veneziano, Pellegrino AlfredoMaria Ernetti, aveva realizzato una apparecchiatura in grado di riprodurre, su unoschermo, immagini e suoni relativi ad eventi passati, anche quelli più lontani nel tempo. Sitrattava del cosiddetto "cronovisore". Padre Ernetti (1925-1994) era un monacodell'ordine dei benedettini presso il monastero dell'isola di San Giorgio, a Venezia. Era unuomo assolutamente fuori dal comune: esperto di prepolifonia (musica antica anterioreall’uso delle note musicali), filosofo, laureato in fisica, appassionato di elettronica, nonchéesorcista ufficiale della diocesi di Venezia. Il funzionamento del cronovisore si basava sullasua teoria secondo cui ogni essere vivente lascia dietro di sé, nel tempo, una doppia "scia"costituita da energia visiva e sonora. Questo insieme di onde audio-visive non subisce coltempo una cancellazione definitiva, bensì una semplice attenuazione. Le onde "attutite"rimangono quindi impresse nell'ambiente nel quale si sono manifestate, sussistendoconfinate in un campo elettromagnetico attorno alla terra. Il cronovisore permetteva divedere il passato, perché in grado di collegarsi con le onde connesse con qualsiasi eventopassato, "sintonizzandosi" con la scia relitta dell’energia lasciata dall'evento.

Padre A. Maria Ernetti (1925 – 1994).

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Pare documentato che questa apparecchiatura di cronovisione, abbia funzionatoperfettamente. Lo stesso padre Ernetti ne ha pubblicamente parlato in alcune intervistepubblicate da "La Domenica del Corriere" (N°18, 2 Maggio 1972), dal "Giornale deiMisteri" (N°17, 1972) e dal teologo Padre François Brune, autore del libro "Le NouveauMystère du Vatican" (ed. Albin Michel). Con tale apparecchiatura, padre Ernetti avrebbeeffettuato "riprese" dapprima su Benito Mussolini (la morte per fucilazione), poi suNapoleone Bonaparte (il discorso con il quale annunciava l'abolizione della SerenissimaRepubblica di Venezia) e infine su vari avvenimenti dell'età romana: Cicerone mentrepronuncia la prima Catilinaria (…"Quousque tandem Catilina abutere patientia nostra…"),la rappresentazione della tragedia Tieste, di Quinto Ennio (239-169 a.C.) nel testo integrale(giunto invece a noi largamente spurio).A quanto pare, inoltre, don Ernetti ha potuto seguire, nel 1953, tutto lo svolgersi dellapassione, morte e resurrezione di Gesù Cristo, riuscendo a ritrarLo mentre pendeva dallacroce. Detta immagine, però, risultò sorprendentemente simile a quella del crocifisso inlegno scolpito nel 1931 dallo spagnolo Cullot Vallera, esposto e venerato nel Santuariodell'Amore Misericordioso di Collevalenza, vicino a Todi.Senza dubbio il crono visore poteva essere molto pericoloso, se usato senza il direttocontrollo delle autorità. Per questo padre Ernetti si confidò dapprima con i suoi superiori epoi con il Papa, Giovanni XXIII. Il Pontefice, dopo una serie di riunioni con scienziati,politici e alti prelati dell’epoca, si dice abbia ordinato che il cronovisore venisse ritirato enascosto nei sotterranei del Vaticano, dove tuttora si trova.Si tratta di "balle", belle e buone? Mah! Ognuno di noi è libero di pensarla come vuole.Certo che è affascinante immaginare questa straordinaria macchina rinserrata in qualchesegreta del Vaticano, sorvegliata dalle severe Guardie Svizzere, in attesa che l’umanità siaabbastanza matura da poterne sfruttare l’incredibile potenziale.

Claudio Bosio

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Vita Associativa

Concorso scolastico APPACuVI 2013-2014

IL PAESAGGIO REINTREPRETATODAI RAGAZZI DELLA VALLE INTELVI

Il titolo già una sfida: “Il paesaggio come identità culturale – Osserva, impara adapprezzare ed immagina di modificare il tuo paesaggio quotidiano”.

Si è concluso, con l’allestimento della bellamostra presso l’Accademia Galli di Como, ilprogetto scolastico APPACuVI 2013/2014,dedicato al tema del paesaggio come identitàculturale.Ci ha suggerito l’argomento da proporre peril concorso la convenzione europea delPaesaggio, sottoscritta a Firenze nell’ottobre2000, che ha inteso riconoscere il valorefondamentale del paesaggio nellaformazione dell’identità culturale diindividui e popoli, proponendosi di tutelare

tutte le tipologie di paesaggio. “Essa (…) comprende i paesaggi terrestri, le acque internee marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia ipaesaggi della vita quotidiana, sia i paesaggi degradati”.

Proprio in questo riconoscimento del valoredel paesaggio quotidiano c’è stato il salto dimodello culturale, quello tra i documentiprecedenti, volti a salvaguardare i paesaggidi eccezionale bellezza, alla convenzioneattuale, che si propone di salvaguardare tuttii tipi di paesaggio, per il valore intrinseco

che essi custodiscono nell’interagire tral’elemento naturale e quello antropologico.

Il contributo della scuola elementare di San Fedele Intelvi.

Il "cubo magico" – classe I media D.

Alunni delle classi II medie alle prese con la scagliola.

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APPACuVI, consapevole dell’importanza chequesta tematica avrà per il futuro e del ruoloinsostituibile che la Scuola rivestenell’educare bambini e adolescenti alriconoscimento del bello e all’attenzione per illavoro dell’uomo che nei secoli ha creatol’ambiente che ci circonda, ha propostonell’ottobre 2013 il concorso scolastico sultema “Il paesaggio come identità culturale.Osserva, impara ad apprezzare ed immaginadi modificare il tuo paesaggio quotidiano”.

Gli Insegnanti sono stati invitati a svilupparecon le loro scolaresche, attraverso progetti

didattici autonomamente e liberamente elaborati, il tema del concorso.La produzione finale è stata una ricca raccolta di opere grafico–pittoriche, che analizzano ereinterpretano uno scorcio di paesaggio reale della Valle Intelvi, talvolta con le modifiche

che gli alunni hanno immaginato d’inserire nelpaesaggio. Si sono impegnate nel concorso lescuole per l’infanzia di Laino e di San Fedele,le scuole primarie di Lanzo Intelvi e di SanFedele, le classi di prima media dell’IstitutoComprensivo di San Fedele.Le opere prodotte hanno tutte correttamentesviluppato il tema proposto, con riflessioni,mezzi e tecniche adeguate all’età degli alunnicoinvolti e liberamente scelte dalle classi. LaCommissione giudicatrice ha potutoapprezzare la capacità straordinaria deibambini più piccoli di guardare con occhio

semplice ma essenziale le bellezze naturali e artistiche del loro paese e l’abilità più evoluta,ricca di fattibilità e concretezza, degli studenti più grandi che – talvolta anche ripercorrendoil passato più recente – hanno proposto cambiamenti finalizzati a rendere più ricca lafruizione del paesaggio e la sua bellezza.Mercoledì 28 maggio è statainaugurata la mostra, ospitata fino al30 giugno dall’Accademia di BelleArti “Aldo Galli” di Como. Le operedel nostro concorso sono state esposteinsieme con quelle prodotte daglialunni delle classi elementari diValsolda e di Porlezza, delle secondemedie di S an Fedele Intelvi e deglialunni del settore “Arti visive”dell’Accademia, che hanno partecipatoal concorso SAPALP, coordinato dalprofessor Andrea Spiriti.

Carosello della Valle Intelvi – classe I media D.

Il libro della scuola per l'infanzia di Laino.

Inaugurazione, tavolo Autorità.

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Al momento dell’inaugurazione,la sala era affollata da bambini,studenti, genitori e docenti aiquali le numerose Autoritàintervenute hanno rivolto unplauso per l’impegno, la qualitàe l’originalità delle opererealizzate.Per il concorso APPAcuVI, ilPresidente Ernesto Palmieri hapremiato la scuola paritaria perl’infanzia di Laino, i plessielementari di Lanzo Intelvi eSan Fedele (ex equo) e la classeprima sez. D della scuola mediadi San Fedele Intelvi.

In un momento in cui la scuolaitaliana affronta quotidianamentepesanti difficoltà, riconducibili aitagli del personale e delle risorseeconomiche, APPAcuVIringrazia di cuore i docenti chehanno reperito il tempo el’entusiasmo per aderire al nostroconcorso, guidando i loro studentiin un percorso di osservazione,studio e reinvenzione del luogodella loro quotidianità econsentendo loro di vivereun’esperienza educativa che ciauguriamo lascerà una traccianella loro vita da adulti.A breve tutte le opere prodotte saranno visibili sul nostro sito, in una sorta di “mostravirtuale”.

Maria Giovanna Arnaboldi (Consigliera delegata alla Scuola)

Un’opera degli studenti dell’Accademia Galli

Studenti intervenuti all’inaugurazione.

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Dal viaggio 2014 di APPACUVI

L’ARCOBALENO DI PALERMO

Le ricchezze artistiche della città viste a colori

Il colore turchino tratteggia i contorni del cielo e del mare che mi accolgonoall’arrivo in Sicilia. Dall’aereo è ben visibile la costa dell’isola, il golfo diPalermo con la meravigliosa Conca d’oro. Una terra incantevole, fertile eapprodo sicuro per l’uomo sin dai secoli più remoti. Con gli amici del gruppoAppacuvi mi sto dirigendo verso Palermo alla scoperta della città. Laposizione centrale nel Mediterraneo di Palermo ha condizionato da sempre lasua fortuna.Aperta a tutti, in una lunga tradizione di tolleranza, è diventata nel tempo lacittà delle contaminazioni, il luogo di incontri e fusione delle più svariateculture.Ho idealmente un pennello tra le mani e la tavolozza dei colori. Uso l’ocra eil bruciato, i colori della terra nelle loro sfumature, per tratteggiare le costerocciose incavate, sgretolate e tormentate dal vento. E’ questa la naturasuggestiva del Monte Pellegrino che incontro prima di arrivare in città, conle sue antichissime grotte di epoca paleolitica, in cui i primi abitanti dellaTrinacria hanno lasciato il loro graffiti. Rimango colpita dall’esuberantevegetazione dell’isola. Anche in città, oltre al traffico caotico e aicoloratissimi mercati rionali, ammiro una mescolanza di specie vegetalicontinentali e mediterranee. Uso tutti i toni dei verdi per descrivere pini,querce, fichi d’india, eucalipti. Gli impressionanti esemplari di ficus con leloro radici aeree o gli spinosissimi alberi a botte della famiglia dei baobab.Davvero l’antica Palermo doveva essere un giardino lussureggiante. Gliattuali parchi rimasti ne sono in parte testimonianza. Già gli Arabi, chegovernarono la Sicilia per due secoli, avevano trasformato la Conca d’oro inun rigoglioso giardino, con fattorie e residenze signorili. Successivamente ire normanni, riunendo le proprietà frazionate, crearono vasti parchi.

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Il più grande, il Genorad, fu concepito come un eden, un luogo di incantospirituale, di delizie. Il parco conteneva le residenze reali. La Zisa (da Aziz, losplendido) è ancora oggi visibile. Mi ha impressionato nella sua lineare bellezzae per l’ingegno della sua costruzione. L’uso sapiente dell’acqua e di correntid’aria rendeva il luogo gradevole in ogni stagione. Voluta da Guglielmo II nel1150, è uno dei luoghi più affascinanti della Palermo araba normanna.L’incontro di due civiltà così diverse, come quella araba e quella normanna, halasciato segni di straordinaria bellezza. La grande apertura culturale dei renormanni ha riconosciuto la ricchezza della cultura araba, con la sua concezionedegli spazi interni e dei giardini, con il suo gusto decorativo, arricchendola coninflussi nuovi.Davvero la convivenza pacifica è possibile! Ho incontrato dei segni tangibili.Anche oggi il dialogo, il rispetto e l’incontro tra le culture possono generarebellezza, armonia. Bisogna crederci.Sono attratta ora dal rosso, il rosso delle cinque cupole della chiesa di SanGiovanni degli Eremiti.Entro nel giardino che circonda questo luogo sacro, con l’entusiasmo di chipresènte di trovarsi in un luogo speciale. Limoni e aranci con i loro frutti, fichid’india con le loro storture mi accompagnano alla chiesa e a un antico chiostrodel XII secolo, elegante e raffinatissimo. Sono in un luogo di silenzio e dicontemplazione. L’interno della chiesa, edificata da Ruggero II sopra i resti diuna moschea, è accogliente; la luce crea uno spazio semplice nelle forme (ilcerchio e il quadrato) ma che spalanca all’invisibile. Vorrei rimanere più a lungoin questo luogo, ma ho ancora molto da scoprire!Mi attende il dolce sguardo dell’immagine della Madonna ed il candore delle suevesti finemente drappeggiate.

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È il bianco ora ad emergere nelle sculture dei Gagini, che imparo subito a riconoscereper il loro stile inconfondibile. In ogni chiesa visitata hanno lasciato importanti opere.Domenico Gagini, ricordato nei libri di storia dell’arte come scultore genovese,riconosciuto palermitano dai siciliani, è in realtà nato a Bissone (Svizzera). Capostipitedi una dinastia, intorno alla metà del 1400 si stabilisce con la famiglia a Palermo efonda una famosa bottega nei pressi del porto, poi ereditata dal figlio Antonello. Ladinastia dei Gagini contribuisce alla diffusione del linguaggio rinascimentale in Sicilia,influenzando il gusto popolare per molto tempo.Il bianco predomina anche nei capolavori di una altro brillante scultore: GiacomoSerpotta (1656-1732). Rimango affascinata dall’oratorio del SS. Rosario in SantaCita, dove una semplice stanza rettangolare, aperta con finestre in alto, si anima di vitaattraverso il genio creativo del Serpotta, che descrive con i suoi altorilievi in stucco(teatrini) i misteri del rosario affiancati dalle allegorie. La sala ha un altare e unacontrofacciata che raffigura la battaglia di Lepanto e i misteri gloriosi. E’ un drappo,sempre in stucco bianco, sorretto da graziosissimi puttini a dare unità a tutta lacomposizione, che vibra morbida con effetti quasi serici di luce.Dopo la prima visione d’insieme è stato bello scoprire nei dettagli l’espressività deivolti rappresentati e riconoscere la profonda umanità e sensibilità dell’autore.

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E che dire ora della “cascata d’oro” deimosaici di Santa Maria dell’Ammiraglio (Martorana),

della Cappella Palatina e del Duomo di Monreale? L’oro èsplendore e il riflesso puro della luce, simbolo della luce divina.

Come ogni visitatore rimango incantata da tanta bellezza, dall’incredibile ricchezza ecommistioni di stili racchiuse in questi spazi. Gli oltre seimila metri quadri dei mosaici diMonreale, con soggetti tipicamente bizantini, brillano di luce. Realizzati in epocamedioevale, da maestranze veneziane e locali, raccontano tutta la Sacra Bibbia. La ricchezzadi questi luoghi stordisce per la bellezza, l’abilità di chi li ha realizzati e per il lorosignificato. Grandi artisti, grandi teologi, ma anche grandi committenti.La maestà del Cristo Pantocratore benedicente, posto, quasi in un abbraccio, nel catinodell’abside esprime tutta la sacralità del luogo. Luogo in cui il Divino si fa presenteall’umano.I colori scuri riflettono meno la luce e contribuiscono a definire la realtà in tutti i suoifattori. Uso le tinte scure per raccontare le steli di Capaci, la piazza dedicata ai martiri dellamafia, il degrado della periferia con i suoi vicoli sporchi.Osservo con tristezza questa realtà, ritrovando speranza e senso di responsabilità in uninchino davanti alla tomba di don Pino Puglisi nel Duomo della città.Radunando tutti questi colori insieme, emerge la luce di questo viaggio a Palermo. La lucedi una città solare e misteriosa, ricca di tradizioni e di contraddizioni, di tesori nascosti,svelati, giorno dopo giorno, dall’appassionata guida del nostro “grande professor Andrea”.La luce di questo viaggio sono stati gli incontri personali, il racconto delle nostre storie. Laluce di questo viaggio è il sole che tramonta all’orizzonte, mentre vedo approdare le navi nelporto.“Laggiù tutto è ordine e bellezza, calma e voluttà. Il mondo si addormenta in una calda lucedi giacinto e d’oro. Dormono pigramente i vascelli vagabondi arrivati da ogni confine persoddisfare i tuoi desideri” (C. Baudelaire).

Patrizia Noli

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Vita culturale

CENNI STORICI DOPO 150 DI VITA(Immagini archivio Fuin)

Aveva la prima sede presso il Collegio degli Elvezi e dei Grigioni, istituzione voluta da SanCarlo Borromeo per l’istruzione dl chi operava in Svizzera, contro la crescente diffusionedel protestantesimo. Gestito dagli Oblati dal 1608 per volontà di Federico Borromeo,

sorgeva sulle rovine di un anticomonastero di suore Umiliate, il monasterofemminile di Santa Maria detto diVigevano. Vi si riceveva un’istruzionemolto severa, grazie agli insegnamenti deiGesuiti di Brera. L’ordine degli Umiliatigestiva la prevostura dell’abbazia diMirasole. E’ opportuno ricordare chel’Arcidiocesi Ambrosiana, fondata da SanBarnaba, segnata profondamentedall’attività pastorale del suo principalepatrono sant’Ambrogio, vescovo dal 374al 397, e dal suo allievo il doctor gratiaesant’Agostino, battezzato dallo stessosant’Ambrogio, che divenne poi Vescovo

di Ippona, era negli anni di San Carlo Borromeo (1560 1584) estesa fino al Gottardo ecomprendeva tutto quel territorio (fino aglianni ’70 dell’ottocento) che diverrà, graziea Napoleone, solo all’inizio del XIXsecolo, il Canton Ticino. All’interno due grossi cortili, composti daun doppio ordine di logge architravate.L’edificio iniziato da Aurelio Trezzi, fu poicontinuato, primo cortile, da FabioMangone, che diverrà cattedraticoall’Ambrosiana. Tale edificio nel 1786divenne, per ordine di Giuseppe IId’Asburgo, il palazzo del Governoaustriaco. Nel 1787 Carlo Bianconi nellaNuova Guida di Milano definiva l’opera come “una delle più belle, e corrette Fabbriche,rispetto all’interno, che vanti l’Italia, tanto che abbiamo da lusingarci che passeggiandosotto i di lei portici potrà sembrare di essere in Atene ai felici tempi di Pericle, o in Roma aquelli di Augusto”. Palazzo barocco con facciata ellittica dovuta a Francesco Maria Richini(1584-1658), anche lui “protetto” dal Cardinale Federico Borromeo, che subentrò alMangone dopo che questi morì, nel 1630, di peste.

Stampa di Marc’Antonio Dal Re (1697-1766).

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Questa soluzione ellittica della facciatarisolve due problematiche: il raccordo dellafacciata del collegio con quella più avanzatadella chiesa, l’addolcimento delle lineeperpendicolari dell’angolo retto tra lafacciata e il lato di Via San Primo con lalinea obliqua del Naviglio allora esistente.Con questa facciata il barocco fa la suaprima comparsa a Milano. Un’anticipazionedi Francesco Castelli di quella di Bissone,sul vicino lago Ceresio ed allievo delRichini (o Ricchino) che, andato a Roma nel1619 per lavorare dallo zio Carlo Maderno, dalla sua morte, avvenuta nel 1629, si firmòFrancesco Borromini (1599 – 1667), in onore dei due Borromeo, Carlo e Federico, di cui erasuddito e devoto, per differenziarsi dai vari Castelli presenti a Roma.Dopo il Richini, subentra nel 1644 Gerolamo Quadrio (- 1679), da non confondersi conGiovanni Battista Quadrio o di Quadro, che porta quasi a termine il secondo cortile e decora

la chiesa. Quadrio, architetto ticinese,allora Ducato di Milano, che lavoròprincipalmente a Milano, dove fuarchitetto-capo della Fabbrica delDuomo.Durante l’invasione francese fu sededella Camera Bassa (consiglio dei junior,cioè con età compresa tra i 25 e i 40 anni)della neonata Repubblica Cisalpina. Nel1805, con la nascita del Regno d’Italia,con capitale a Milano, venne adibito a

Palazzo del Senato, per essere poi adibito nel 1872, con l’unità d’Italia, ad Archivio diStato, suo attuale compito nell’attuale ViaSenato 10. Durante questo periodonapoleonico, ospitò la prima buca dellelettere di Milano.Durante il periodo francese il Canonicariordinò provvisoriamente una stanza apiano terreno, che si inaugurò il primo diaprile del 1809 ed elaborò progetti che nontrovarono compimento per il precipitaredegli eventi, come la collocazione dellastatua di Napoleone del Canova, chedoveva essere collocata nel primo cortile.Vi fu invece collocata la statua equestre di Napoleone III (Carlo Luigi Bonaparte) diFrancesco Barzaghi, dal 1927 trasportata al Parco Sempione. In compenso oggi ci godiamola scultura di Joan Mirò Mere Ubu, collocata davanti alla facciate principale e donodell’artista alla città.La sede fu trasferita al Palazzo della Canonica, già casa degli Umiliati di Brera, che ospitavaanche l’Accademia Scientifico Letteraria, che con l’Istituto aveva in comune gliinsegnamenti di Italiano, di Economia e di Lingue. Era sito in Piazza Cavour oggi Via delPolitecnico vecchio. Palazzo della Canonica che sopravviveva alla chiesa di SanBartolomeo, valorizzata da San Carlo Borromeo prima e dal Cardinale Federico Borromeo

La prima sede del Politecnico in Via Senato ieri ed oggi.

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poi, demolita per ragioni di ristrutturazione urbanistica nel 1861. Era sita alla confluenzadelle attuali vie Manzoni, Fatebenefratelli e Piazza Cavour, accanto agli Archi di PortaNuova ancora visibili. La chiesa fu poi ricostruita nell’attuale sede di Via Moscova, 6.Del Palazzo della Canonica, già il monastero maschile di San Primo, resta solo un disegnoattribuito a G.B. Quadrio, che lascia intravedere la pianta dell’antica chiesetta all’angolo traVia San Primo e Via Boschetti. Il palazzo fu demolito tra il 1938/39, sempre per esigenze

urbanistiche, anticipando di pocogli scempi dei bombardamenti del‘44/45.Nel 1897, il 13 dicembre, Brioschimuore. Per tutto questo periodo ilPolitecnico fu denominatoscherzosamente dai milanesi“Asilo Brioschi”. Nel 1913, graziealla collaborazione tra Stato,Comune di Milano, Camera diCommercio e con il “concorso”della Cassa di Risparmio delleProvince Lombarde, tutti gliistituti di istruzione superiori della

città di Milano furono decentrati in località Cascine Doppie, i prati di Lambrate comediceva Gadda, l’attuale Città Studi. Nel 1915 fu posata la prima pietra del regio Politecnicodi Milano nella sede dell’attuale piazza Leonardo da Vinci. I lavori, a causa della pausabellica, furono ultimati nel 1927.

Nel 1937 l’ateneo diventa il regioPolitecnico di Milano. Tra il 1959 e il1979, presso il “Centro StudiNucleari Enrico Fermi” di ViaPonzio, realizzato da GiovanniBonicalzi, docente di Architetturatecnica, era in funzione un reattorenucleare sperimentale LM54, conuna potenza di ben 50 kw, a finididattici, il cui reattore non è ancoraoggi del tutto smantellato. Era questoun riconoscimento dell’affidabilità

della scuola italiana a solo undicianni dal trattato di pace. Dove eraben indicato che noi italiani non

potevamo avere portaerei, sommergibili, oltre le dieci unità, bombe nucleari nè tantomenoreattori nucleari (basta vedere l’attuale “polemica” con l’Iran).

Vittorio Cristiano Zanotta

La seconda sede di piazza Cavour, oggi Via del Politecnico,demolita nel 1938/39 per motivi urbanistici.

Si nota l’orologio da torre che batte le ore su due campanelleprovenienti dal palazzo della Canonica ove è incisa la data 1763.

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Eventi e Segnalazioni

4^ EDIZIONE FESTIVAL INTERNAZIONALE DI CORTOMETRAGGI“CERANO FILM”

Questa edizione è stata dedicata in ricordo al grande compositore Nino Rota, la cui famigliaha concesso con gioia il consenso a tale iniziativa; famiglia, tra l'altro, che trascorre diversiperiodi dell'anno in Valle Intelvi, a Lanzo. I cortometraggi che si sono iscritti a questa 4^edizione sono:406 per il tema libero, 40 per il tema Musica. Provengono da ben 42 Paesi di tutto il mondo:Argentina, Austria, Belgio, Bolivia, Brasile, Bulgaria, Canada, Cile, Colombia, Cipro,Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Hong Kong, Ungheria,India, Iran, Iraq, Irlanda, Israele, Italia, Kosovo, Kuwait, Macedonia, Messico, Olanda,Polonia, Portogallo, Romania, Russia, Corea del Sud, Spagna, Sri Lanka, Svizzera, Taiwan,Turchia, U.S.A., Regno Unito, Venezuela.Le date da ricordare del Festival:3 luglio 2014 – Conferenza stampa presso Sala Assemblee C.M.L.I. di San Fedele Intelvi,ore 20.30;18 luglio 2014 – Concerto di 15 musicisti e Direttore d'orchestra, che suoneranno musichedi Nino Rota;19 luglio 2014 – proiezione documentario sulla vita di Nino Rota, messo a disposizionedella famiglia, a cura del Circolo fotografico Controluce.20 luglio 2014 – proiezione e premiazione corti vincitori della 4^ edizione del Festival, conproiezione audiovisivo a cura del Circolo fotografico “Controluce”.ASSOCIAZIONE ORGANIZZATRICE: CIRCOLO FOTOGRAFICO CONTROLUCEPATROCINIO: COMUNITA' MONTANA LARIO INTELVESE – COMUNE DI LANZOD'INTELVI – COMUNE E BIBLIOTECA DI CERANO D'INTELVI – APPACuVI.ASSOCIAZIONI CHE COLLABORANO: PRO LOCO DI LANZO D'INTELVI,ASSOCIAZIONE MUSEO DI CASASCO D'INTELVI. PARTNER TECNICO: FOTOIDEA di SAN FEDELE INTELVI.

Andrea Priori

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VILLA TURCONI A LANZO INTELVIUna nuova perla a disposizione di tutti, mostre e cultura dell’ambiente.

Con la mostra dal 20 al 22 giugno “La nostraValle Intelvi”, organizzata dal Circolofotografico “CONTROLUCE”, ha riaperto difatto la Villa Turconi di Lanzo.54 le foto (di alto livello, n.d.r.) esposte nellesale superiori della Villa, recentemente allestitea sala mostre da parte dell'Amministrazionecomunale di Lanzo Intelvi. 18 i socipartecipanti del circolo, con tre foto a testa.Durante l'inaugurazione si è avuta lapartecipazione del Sindaco di Lanzo, EnricoManzoni, dell’assessore Sabrina Vidoletti,della Presidentessa della locale Pro Loco, CarlaCereghini Negri e del Presidentedell'APPACuVI, Ernesto Palmieri, insieme allaConsigliera Rosanna Ferrero Noli.Nelle tre giornate dedicate alla mostra si èavuta una buona partecipazione di pubblico.

Di Paolo Andreani “San Zeno e il lago”

Di Andrea Priori “Autunno in Valle d’Intelvi”

20A cura del Circolo fotografico “Controluce”

Di Massimiliano Mazzoni“Da Pigra”

Di Cristina Franchi“Dal Generoso”

Di Gianni Franchi “Pineta allagata”

Di William Acciaro“San Zeno”

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VILLA TURCONIPer la diffusione della cultura dell’ambiente e del paesaggio

tra lago e montagna.

La riapertura di Villa Turconi, dopo i lavori di ristrutturazione realizzati nel ProgettoIntegrato d’Area (PIA) Ecolarius, vuole contribuire alla diffusione della culturadell’ambiente e del paesaggio tra lago e montagna. Intervento cofinanziato con risorsePORL FESR 2013-2017, sotto l’egida di Unione Europea, Repubblica Italiana, RegioneLombardia, Provincia di Como, Comune di Lanzo Intelvi.L’inaugurazione ufficiale della nuova fase della Villa è prevista per il 25 luglio, in presenzadelle autorità, in occasione della mostra su “Il Carnevale di Schignano”, con foto diAndrea Priori, la presenza dello scultore mascheraio Luca Passini, della Fughéta diSchignano, con abiti ed oggetti della tradizione a cura di Monica Soldani.Dal 4 al 10 agosto Villa Turconi ospiterà la mostra “A briglie sciolte... nel colore tra sogno epaesaggio”.La curatrice della mostra, Anna Cola Garramone, entusiasta per la possibilità di riunireartisti dal diverso linguaggio pittorico in una sede nata proprio con lo scopo di “contenitoredell’arte”, tiene a far conoscere la storia di questa caratteristica villa di Lanzo.

Scrive infatti che, nel primo decennio del ‘900, Leonardo Turconi, direttore della BancaPopolare Italiana di Milano, nonché appassionato collezionista d’arte, commissionò alpittore Alberto Ferrero i disegni di quella che sarebbe diventata la sua villa.

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Tra il 1918 e il 1923, sui disegni del Maestro Ferrero, in collaborazione con l’architettoAristide Conti, fu realizzata la villa in stile neomedievale; per la realizzazione delle opereintervennero le maestranze locali; l’Impresa Dante Cola si occupò della parte strutturale e inumerosi “picapréda” (spaccapietre) non si risparmiarono nella ricerca e nella lavorazionedelle pietre policrome che già nell’arco d’ingresso si possono ammirare per le loro

innumerevoli sfumature.Passeggiando per arrivare a villaTurconi, il primo elemento checolpisce lo sguardo è l’inserto neimuri perimetrali di ferri battutiraffiguranti usignoli, beccacce ealtri uccellini che ritroviamocinguettare nel parco stesso dellavilla. Tali meraviglie, unite adaltri particolari decorativi dinotevole interesse, fra i quali leparti scultoree ed i ferri battuti,sono opera del noto scultoreVittorio Novi, anche lui di natalilanzesi.

Il Turconi, ricco possidente edappassionato d'arte e di

archeologia, volle la villa come quadreria per la sua collezione di ben 93 dipinti d'autore.Proprio questo aspetto ha fatto nascere nella curatrice di questa mostra la curiosità per ilpassato della villa, dal punto di vista storico visivo: quali opere facevano parte della suacollezione e in quali ambienti erano posti?

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Ma la villa apre anche uno scorcio suuna Lanzo lontana, seppure nondimenticata, operosa, grazie aeccellenze ancora esistenti, madiscrete, quasi segrete. Oggi, adistanza di oltre novant’anni, VillaTurconi è gestita dal Comune diLanzo che, dando la possibilità direalizzare mostre d’arte al suo interno,mantiene viva la memoria del suoideatore.

Anna Cola Garramone (foto di VcZ)

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Pagina Creativa

Il coraggio della coscienza della propria situazione è il primo passo verso uncambiamento.

CICALE

Un amore profano, in estate, che è accompagnato dal canto delle cicale. Questo cantoaccompagna la prima fase dell’amore, durante la quale esso viene recepito dalla coppiacome beneaugurante; quando la coppia ritorna dopo molto tempo, il medesimo canto vieneascoltato con fastidio. Tutto è cambiato, ma essi si rendono conto a malapena che non èl’esterno ad essere mutato, ma il loro amore, ormai giunto a spegnersi.

Udimmo dai gialli campi di spighe sotto la vòlta di cobalto l’inno antico all’estate.

Ascoltammo la monotona stancante litanìa che ci intimava l’unione sotto il vecchio pioppo.

Ci amammo come meglio non si poteva. Complici voi con il canto ammaliante.

Oggi siam qui venuti sventolando il passato. Ma il cielo è opaco e vuoto, e le mani non son più unite.

Il sole già declina, debole e bianco. Più non c’è il pioppo, il canto è fastidioso emalinconico.

Aleardo Noli

Foto

G.B

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