Messaggero 2010-11 Lug-Set

32
I sacramenti: Ordine sacro Dieci minuti per te Messaggio dalla Madonna del Sasso Le pagine dell’Ordine Francescano Secolare Luglio Settembre 2010 Rivista trimestrale - anno C 11

description

Trimestrale di formazione e spiritualità francescana

Transcript of Messaggero 2010-11 Lug-Set

Page 1: Messaggero 2010-11 Lug-Set

I sacramenti: Ordine sacro

Dieci minuti per te

Messaggio dalla Madonna del Sasso

Le pagine dell’Ordine Francescano Secolare

LuglioSettembre2 0 1 0

Rivista trimestrale - anno C

11

Page 2: Messaggero 2010-11 Lug-Set

MESSAGGERORivista di cultura ed informazione religiosa fondata nel 1911 ed edita dai Frati Cappuccinidella Svizzera Italiana - Lugano

Comitato di Redazionefra Callisto Caldelari (dir. responsabile)fra Ugo Orellifra Edy Rossi-Pedruzzifra Michele RavettaClaudio Cerfoglia (segretariato)E-Mail [email protected]

Hanno collaborato a questo numero Mario Cortifra Agostino Del-PietroGino DriussiAlberto LeporiFernando LeporiPalma Pedrazzifra Andrea Schnöllerdon Sandro Vitalini

Redazione e AmministrazioneConvento dei CappucciniSalita dei Frati 4CH - 6900 LuganoTel +41 (91) 922.60.32Fax +41 (91) 922.60.37

Internet www.messaggero.chE-Mail [email protected]

Abbonamenti 2010Per la Svizzera:ordinario CHF 30.-sostenitore da CHF 50.-CCP 65-901-8

Per l’Italia:ordinario € 20,00sostenitore da € 40,00Conto Corrente Postale 88948575 intestato Cerfoglia Claudio - Varesecausale “abbonamento Messaggero”E-Mail [email protected]

Copertina“Estasi di S. Francesco” dipinto ad olio su tela attribuito a Francesco Solimena (Napoli, 1657-1747)

Fotolito, stampa e spedizioneRPrint - Locarno

Intervista a don Sandro Vitalini 4

Il Sacerdozio 7

Questioni aperte 9

Gesù è un laico! 11

Il cavaliere e il dono della Verna 13Mario Corti

Le pagine dell’OFS 14

La porta del Sacro Monte 18

Appunti di vita ecclesiale 20Alberto Lepori

100 anni di ecumenismo celebrati 22ad EdimburgoGino Driussi

Elogio del silenzio 24fra Andrea Schnöller

Messaggio biblico 26

La riscoperta del silenzio 28

Incontri biblici sulle parabole di Gesù 29Fernando Lepori

Intervista a Leonardo Boff 30

Note importantiCompilando la polizza per l’abbonamento non mancate di riportare l’esatto nominativo al quale la rivista

è stata spedita. Indicate anche per favore l’indirizzo di spedizione.

Page 3: Messaggero 2010-11 Lug-Set

C ontinuano, come ci siamo proposti, le spiegazioni dei sacramenti. Siamoal penultimo: l’Ordine Sacro che, sempre grazie al teologo don Sandro Vi-talini, ci viene presentato nella sua ricca complessità.

In una rivista destinata ai laici non poteva mancare un accenno a quel sacerdo-zio che viene conferito a tutti i cristiani nel Battesimo e al posto – ancora tropporistretto – che i laici occupano nella Chiesa cattolica. Un accenno particolare alledonne perché, se i sacramenti sono sette per gli uomini, non risultino sei per ledonne con la conseguente nefasta restrizione di quella cinghia di trasmissionedella fede cristiana che normalmente passa da madre in figlio.Questo numero esce prima della festa di San Francesco e annuncia l’importantegiornata che si terrà al centro Spazio Aperto di Bellinzona il 2 ottobre alla qualesono invitati tutti coloro che si ispirano e amano la spiritualità del Poverello d’As-sisi, quindi tutti i nostri lettori. Al termine di questa giornata alle ore 15.30 nellachiesa del Sacro Cuore a Ballinzona, verrà celebrata la Sacra Rappresentazione sulCantico delle Creature che poi verrà ripetuta nella chiesa dei cappuccini di Luganodomenica 3 ottobre alle ore 17.00. A San Francesco è pure dedicato un articolodi Mario Corti, diventato nostro collaboratore per la parte francescana di questifogli, che ringraziamo di cuore per i suoi articoli veramente interessanti. Prendeil posto di fra Riccardo Quadri che, dopo anni di collaborazione, lascia il postoai giovani: a lui la nostra gratitudine per tutto quello che ci ha dato con grandecompetenza e francescana semplicità.Seguono le usuali rubriche sulla vita della Chiesa e delle chiese (ecumenismo) nelnostro paese; un grazie anche ai collaboratori laici Alberto Lepori e Gino Driussiche hanno fatto della nostra rivista un campo dove spargere i semi delle loro ri-cerche. Siamo sicuri che questi semi germoglieranno in coloro che li accoglie-ranno e porteranno frutti di cultura cristiana dei quali tutti abbiamo un immensobisogno, perché uno dei peccati più gravi del cattolico d’oggi è l’ignoranza.Terminiamo con il profilo di un grande teologo dello spirito francescano, anchese non più membro giuridico del nostro Ordine, uno dei padri della “Teologiadella liberazione”, che tratta del problema ecologico, Leonardo Boff. Ringraziamola rivista sorella “Vita evangelica” che ci permette di riprendere alcuni dei suoi in-teressanti articoli.Nel prossimo numero di dicembre offriremo il programma per il prossimo annoche la redazione ha già preparato.Già fin d’ora facciamo appello ai nostri lettori per la campagna abbonamenti 2011.La nostra rivista non sarebbe un bel regalo natalizio per la famiglia di un figlio onipote, per un amico in ricerca religiosa? Pensateci e aiutateci.

la redazione

Lettera della Redazione

3

Page 4: Messaggero 2010-11 Lug-Set

Intervista a don Sandro Vitalini

4

In cosa consiste questo sacramento istituito da Gesù.Come e quando è stato istituito?

Gesù ha chiamato alcuni tra i suoi molti discepoli, con unascelta personale precisa, maturata dalla preghiera prolun-gata, “affinché stessero con lui” e “affinché li inviasse apredicare” (Marco 3,14). I dodici condurranno per quasitre anni una vita familiare con Gesù. Questo contatto cosìintimo permetterà loro di scoprire la sua realtà di personadivina. Andranno a predicare non una teoria, ma quellapersona che è il verbo creatore. Si legga il prologo dellaprima lettera di San Giovanni: gli apostoli predicano quellaParola che hanno visto, ascoltato, toccato. L’annunciosgorga da un’esperienza. Si legga anche Atti 6,4: gli apo-

stoli rinunciano al servizio delle mense, che pure è essen-ziale per compaginare la famiglia dei discepoli di Gesù, perdedicarsi completamente alla Parola e alla preghiera. Essicapiscono che la loro parola sarà spada penetrante, bisturiche risana (Ebrei 4, 12), se rimarranno in stretta comu-nione con il Signore glorioso. Come Gesù anche duranteil suo ministero pubblico dedica un tempo incommensu-rabile alla preghiera silenziosa immerso nello Spirito delPadre (Luca 6, 12), così gli apostoli restano in contattocon lui per continuare a proclamare il Risorto, che parlanei loro cuori. Questo vale anche per i loro successori ecollaboratori: “Timoteo, annuncia la Parola!” (2 Timoteo4,2). Si legga il cap. 20 degli Atti degli Apostoli: è il testa-mento di Paolo affidato ai presbiteri di Efeso: “Vegliate suvoi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito

Santo vi ha costituiti come custodi per es-sere pastori della chiesa di Dio” (v. 28). Ingreco appaiono i termini di “episcopoi” e“presbyteroi”. “Episcopos” è il sorvegliante,il Pastore che si prende cura del gregge; “Pre-sbyteros” è il responsabile “più anziano”della comunità, che serve con la sua sag-gezza, la sua prudenza, la sua ospitalità. Lacomunità primitiva conosce una struttura diservizio: non è né monarchica, né democra-tica, né gerarchica: è “gerodulica” e cioè isuoi pastori non sono capi, re o presidenti,ma servitori di tutti. Le loro mani non sonounte di olio, ma dell’acqua sporca con laquale lavano i piedi dei membri della famigliadi Dio. Si legga al proposito Giovanni 13. Lamissione dei dodici e dei loro collaboratori esuccessori si connota per questo spirito ditotale servizio alla famiglia di Dio. Gli epi-scopi e i presbiteri sono i primi a versare ilsangue per il loro gregge, come Gesù (Gio-vanni 10). Il primato di servizio della Chiesadi Roma si afferma perché tutti i suoi vescovimuoiono martiri e la loro comunità vive ladiaconia, come aiuto concreto a tutte leChiese, in modo capillare. Il Vescovo con isuoi preti sono i servi della famiglia di Dio,come i genitori sono i servi dei loro figli. Piùsi percepisce questa realtà e più si avverteche il vertice della missione presbiterale siraggiunge quando ci si lascia “mangiare” peril prossimo. La Chiesa dei primi tre secoli siè diffusa in modo folgorante proprio perchéservita dal sangue dei suoi Pastori mortimartiri per essa e per il mondo.

Mes

sagg

io t

emat

ico

Page 5: Messaggero 2010-11 Lug-Set

5

Tutti i cristiani sono dei “sacerdoti”. Come si distingue il sacerdozio dei battezzati da quello dei consacrati con l’Ordine Sacro?

Tutti i cristiani sono immersi nella vita trinitaria e diven-tano nel Cristo sacerdoti, re e profeti. Sono associati allasua continua offerta celeste al Padre (Ebrei 9, 24), lottanocon lui per radicare sulla terra il Regno dell’amore e pro-clamano la Parola che converte, perdona e salva. Il ter-mine di “sacerdote” (iereus) è usato dal NuovoTestamento solo per il Cristo e il suo popolo. I servitoridella famiglia di Dio sono gli episcopi e i presbiteri. Mai siusa per loro il termine di “sacerdoti”, che risulterebbe equi-voco e apparirebbe imparentato con la casta sacerdotaledell’Antico Testamento, che l’unico e Sommo Sacerdote,il Cristo, ha abolito. Il Cristo unisce nella sua persona il cielo e la terra. Non c’èpiù nulla di profano e tutto viene santificato dalla suaopera divinizzatrice. Egli è l’unico mediatore (1 Timoteo2,5) con il quale i sacrificatori dell’AT (che si pensava pro-piziassero la divinità) scompaiono definitivamente.Quando però nel IV secolo la Chiesa assume le preroga-tive, i privilegi, le ricchezze della religione pagana, rien-trano anche le terminologie di quest’ultima e appaiono i“sacerdotes” e i “pontifices”. Così l’unico sacrificio delCristo, ripresentato nel memoriale dell’ultima cena, viene“rinnovato”, quasi quello del Calvario fosse lacunoso.Questa terminologia zoppicante indica un pensiero di-storto. I “sacerdotes” monopolizzano la liturgia, che nonviene più vissuta dal popolo. Gli stessi edifici adibiti allaliturgia, da aule capienti incentrate sull’altare-mensa, si al-lungano in diverse navate e si allargano in cappelle votive,mentre l’altare-tomba è confinato in fondo all’abside. I fe-deli non capiscono il linguaggio liturgico e il Concilio La-terano IV li obbliga a fare la comunione almeno una voltaall’anno (!!!). La liturgia è monopolio del “clero”, degli“eletti”, mentre il popolo si limita a compiere delle offerteo accendere ceri votivi. La fine della Messa è attesa consollievo e si esce sul sagrato a far festa, a vivere il mercato,la fiera (in tedesco: die Messe).Se si tornasse al linguaggio del Nuovo Testamento tuttosarebbe chiaro: i Vescovi con il loro Collegio di presbiterisono al servizio dei battezzati, tutti sacerdoti del Dio vi-vente. Meglio si percepirebbe sia la natura del servizio epi-scopale e presbiterale sia anche la natura del sacerdoziouniversale: tutti celebriamo la vita. Se in Chiesa acco-gliamo il Cristo nella Parola e nel Pane, fuori Chiesa rea-lizziamo la liturgia nel servizio diaconale, politico, moraledel prossimo. Rendiamo tutti insieme a Dio un culto inspirito e verità (Giovanni 4, 23).

L’Ordine Sacro è riservato agli uomini, così che viè il detto: “I sacramenti sono sette per i maschi esei per le femmine”. Come mai?

Tutti i Sacramenti sono per tutti. La riconciliazione di unpenitente fa del bene a tutta la Chiesa e a tutta l’umanità.Così l’unzione ricevuta con fede e da un malato è una gra-zia per ogni uomo. Cerchiamo di pensare alla “grazia ori-ginale” che costituisce un vincolo di solidarietà positiva traogni creatura. Se poi si legge con attenzione il Nuovo Te-stamento, si ricava l’impressione che la donna assuma unadignità superiore a quella dell’uomo. Gesù sembra ispirarsial poema della Genesi: il primo “tentativo” di creare un es-sere a immagine di Dio parte da un impasto di argilla(Adamo) che resta imperfetto. Il secondo “tentativo”, cheparte dalla costola di Adamo, ha miglior successo ed Eva,la vivente, genera, come Dio. Le consonanti di Eva e diIHWH ricordano questa stretta parentela. Anche se il mondo ebraico, greco e poi romano ha consi-derato la donna in uno stato d’inferiorità rispetto al maschio,Gesù, quasi volesse fare un’ironia divina, la pone su di unpiano di eccellenza. Sua madre Maria è la nuova arca del-l’alleanza, la prerealizzazione del Vangelo delle Beatitudini.Il “Magnificat” costituisce la mariologia più perfetta che sipossa sognare. Maria sintetizza in sé primo e secondo Te-stamento. Così Gesù si fa accompagnare nei suoi viaggiapostolici da molte donne facoltose (si legga Luca 8, 1 ss)e nomina sue avvocate per accogliere il suo testamento dimorente e per attestare la sua risurrezione proprio ql gruppodi donne che si erano mostrate più coraggiose degli apo-stoli in fuga. Le diaconesse (Romani 16, 1) e l’ordine dellevedove (1 Timoteo 5, 3 ss) sono un indizio che la dignitàspeciale attribuita dal Figlio di Dio alla donna ha toccato laChiesa primitiva. In seguito la sua “clericalizzazione” ce l’hafatta scordare. Ora che ci troviamo nell’età postcostanti-niana e la “gerarchia” incomincia ad apparire maggiormentecome “ierodulia”, può darsi che si riscoprano le straordina-rie intuizioni del Verbo incarnato anche circa la vocazionedella donna chiamata a generare l’umanità nel tempo, comeil Padre genera il Figlio nell’eternità.

Oggi c’è scarsità di vocazioni; non le sembra chela promozione dei laici nella Chiesa sia uno deifattori per il quale ci sono meno vocazioni?

L’espressione “scarsità di vocazioni” è inesatta. Dovremmoparlare di scarsità di risposte alla chiamata. Non si dimen-tichi che ogni donna e ogni uomo di ogni tempo è un chia-mato. Realizza il suo sì nella misura in cui si dona alprossimo, così come le divine persone sono dono eterno

Page 6: Messaggero 2010-11 Lug-Set

l’una per l’altra. I cristiani realizzano la loro chiamata se in-carnano nelle opere il Vangelo e lo rendono affascinanteper tutti. Siamo tutti missionari. La chiamata specifica alpresbiterato matura in un contesto di fede. Il candidatoavverte la bellezza e l’urgenza di radunare gli uomini nel-l’unica famiglia compaginata dall’amore trinitario. Si noticome la Chiesa ortodossa conosca un numero di voca-zioni superiore a quello che può essere accolto nei semi-nari. Le chiamate dunque non mancano, ma vannofavorite. Così l’accesso al presbiterato di persone uxoratesembra in conformità alla rivelazione del Nuovo Testa-mento: “Bisogna che il Vescovo sia irreprensibile, maritodi una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale,capace d’insegnare, non dedito al vino, non violento, mabenevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappiaguidare bene la propria famiglia ed abbia figli sottomessie rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria fa-miglia, come potrà guidare la Chiesa di Dio?” (1 Timoteo3, 2-5).Bisogna oggettivamente riconoscere che il carisma dellaverginità è piuttosto raro, mentre il popolo di Dio abbiso-gna di molti pastori. Se una parrocchia, anche di modeste

proporzioni, è abbandonata dal Parroco, essa perde la suaforza compaginatrice. Penso invece con ammirazione allepiccole comunità servite da un Pope in Grecia o in Russia.Per più di tre secoli l’islam ha schiacciato il cristianesimoin Grecia. Per più di settant’anni il comunismo ha cercatodi annientarlo in Russia. Ma il cristianesimo è rimastovivo! Sono fatti che devono invitare a riflessione, comepure quello che ci indica più apparente che reale il celi-bato presbiterale in molte parti del mondo. A volte si con-serva l’ossequio apparente di una norma che condizionalo stato di vita. Se si permettesse a chi si sposa di conti-nuare a esercitare un ministero retribuito nell’ambito dellaChiesa, si consentirebbe l’emersione alla luce del giorno dimolte situazioni dolorosamente equivoche nascoste.Non si dica pertanto che mancano vocazioni, ma piutto-sto che non sappiamo portare all’attuazione quelle nu-merose che certo esistono, e che preferiamo lasciarelanguire e morire delle comunità piuttosto che diversifi-care una prassi che sotto tranquille apparenze nascondedrammi infiniti.Questa nostra prassi non è conforme né alla verità né allamisericordia di Gesù, luce del mondo (Giovanni 8, 12).

Mes

sagg

io t

emat

ico

6

Page 7: Messaggero 2010-11 Lug-Set

7

C hi sono i sacerdoti? Quanti so-no nella Chiesa cattolica i sa-cerdozi? Risposte facili, dirà il

mio lettore: i sacerdoti sono i preti; ilsacerdozio è uno, quello conferito dal-l’Ordine sacro.Risposta sbagliata! Sacerdoti sonotutti i battezzati, i sacerdozi sono due,quello comune, proprio di ogni battezzato, e quello dei preti (sacer-dozio ministeriale) che è al serviziodel primo.Così si esprime la presentazione del15mo libretto della collana “Tere-binto” che ha per titolo “Uomini liberidi buone parole” di Andrea Grillo chequi riportiamo.L’anno sacerdotale che sta volgendo alter mine è stato vissuto in modo di-verso. Questa diversità contiene in séanche rischi e stonature.E il rischio più grande, insito fatal-mente nella celebrazione di anni spe-ciali, di program mi pastorali, digiornate dedicate ad un proble ma par-ticolare, è quello di ridurre questieventi a qualcosa da celebrare e dasottolineare occa sionalmente senzache questo porti ad una stabile e seriaconversione del vivere ecclesiale.Nel caso dell’anno sacerdotale il ri-schio, non sempre evitato, è statoquello di separare il prete dalla comu-nità per difendere le sue prero gative,per sottolineare le esigenze del suomi nistero, per lamentarsi delle sue ina-dempienze e per piangere sul clamo-roso calo di vocazioni al presbiterato.Tutti questi sono problemi veri e seri,ma parziali e praticamente non risol-vibili se si separa il presbitero dal po-polo sacerdotale.Questo numero del Terebinto vor-rebbe essere un atto di riconoscenza e di affetto verso i presbiteri, ma –nello stesso tempo – l’umile propostadi porre il tema del prete all’interno(non sopra o di fianco) del Mistero sa-cerdotale che raccoglie e qualifica l’in-tera Chiesa.

Non è – oggi – primariamente neces-sario affermare l’identità del prete,quanto piuttosto l’identità dellaChiesa di Gesù nel mondo.Il servizio del prete nasce dalla Chiesaed è a favore della Chiesa e questoservizio non lo autorizza ad esserevisto – tout court – come `la Chiesa’e rappresentante – in toto – di essa.Questo equivoco non è teorico mapratico ed è tradito da un linguaggio eda uno stile di vita ecclesiale che nonsolo stentano a cambia re ma che, in questi ultimi anni, si sono ancorapiù solidificati dando vita a forme ecclesiali connotate da uno stile ‘cle-ricale’ dove il servi zio del prete (e delvescovo) si è trasformato in protago-nismo e dove ‘quelli di fuori’ iden-tificano sempre più la Chiesa con il clero.Ogni donna e uomo che vive il pro-prio battesimo amando Gesù contutto il cuore è donna e uomo diChiesa.I cristiani, per primi, non hanno quo-tidiana coscienza di questo, nonsanno cosa – concretamente – signi-fica e, non sempre ma spesso, i pretinon promuovono con gesti e paroleuna visione ‘sacerdotale’ della Chiesacosì come emerge dalla Liturgia e daidocumenti del Concilio Vaticano II.La prima cosa da fare per meglio com-pren dere il significato del sacerdoziocristiano è quella di riferirsi al sacer-dozio di Gesù che, con il suo Sacrifi-cio in Croce, ha inaugurato ilsacerdozio cristiano. Per questo ap-profondi mento prendiamo spunto dauna riflessione che Padre A. Vanhoyeha tenuto nel 1987 a Verona duranteil Congresso della Federazione degliUniversitari Cattolici (F.U.C.I.).Gesù ha introdotto alcune innova-zioni fon damentali nella situazione re-ligiosa degli uo mini; possiamo formulare quattro tesi:� La relazione tra sacerdozio di Cri-

sto e condizione dei ‘laici’ non è

di contrasto ma di fondamentaleunione e accordo.

� Nel sacerdozio cristiano il sacer-dozio comune, posseduto dailaici, è più impor tante del sacer-dozio ministeriale.

� Il sacerdozio comune non consi-ste in gesti rituali separati dallanormale esistenza.

� La trasformazione, operata dal Sa-cerdozio di Cristo, va nel sensodella solidarietà universale perchéil nuovo sacerdozio rivela l’amoredel Padre che è misericordiosoverso tutti gli uomini.

Questa novità straordinaria operata daGesù risulta ancora più evidente seviene confrontata con il sacerdozioantico. Nel sacerdozio dell’Antico te-stamento, infatti, esisteva un evidentecontrasto tra sacerdoti e sempliciisraeliti; esso era organizzato in un si-stema di separazioni rituali; non sullacomunione, ma sulla separazione.Dal Vangelo è evidente che Gesù nonera sacerdote secondo la legge diMosè; egli, infatti, nella sua attivitàprofetica e didattica, prese posizionecontro il concetto antico di santifica-zione per mezzo della separazione evi sostituì il nuovo concetto di santi-ficazione per mezzo della solidarietàe della comunione.Con la morte di Gesù in Croce la di-stanza tra Gesù e il sacerdozio leviticodiventa una rottura irrimediabile. Il sa-cerdozio di Gesù è aperto a tutti e nonesclusivo di una casta.Grazie a Gesù non ci sono barriere traDio ed il popolo che può accostarsi aLui direttamente senza paura; tutti icredenti hanno questo diritto che an-ticamente era riservato solo al sommosacerdote; anzi è superiore: mentre ilsommo sacerdote levitico aveva lapossibilità di entrare nel santuario una

Il Sacerdozio 

Page 8: Messaggero 2010-11 Lug-Set

sola volta all’anno, ora i cristiani go-dono in ogni momento di questo pri-vilegio sacerdotale.La mentalità dell’Antico Testamentoera segnata dalla contrapposizione trasacro e profano, dalla separazione trasacerdozio e popolo, dalla separa-tezza tra culto e vita.Non è facile rinunziare alla mentalitàdell’Antico Testamento; la difficoltàviene rafforzata dal fatto che, nellaChiesa, ci sono due forme diverse dipartecipazione al sacerdozio di Cristo:una forma chiamata sacerdozio mini-steriale che corrisponde ai ministericonferiti per mezzo di un’ordinazionesacramentale (Episcopato, Presbite-rato e Diaconato); un’altra forma,chiamata ‘sacerdozio comune’, cheappartiene a tutti i battezzati.Prima del Concilio non si insistevamolto nella Chiesa cattolica sul sacer-dozio comune: era praticamente igno-rato. I documenti del Concilio l’hannomesso in onore. Tuttavia questo inse-gnamento non è stato pienamente as-similato.Persiste l’idea che il sacerdozio co-mune non abbia grande importanza,che sia un sacerdozio in senso meta-forico, una specie di premio di conso-lazione accordato ai laici, mentre ilsacerdozio importante sarebbe soloquello ministeriale.Questo modo di vedere non corri-sponde alla rivelazione di Cristo, macostituisce un residuo della mentalitàprecristiana.Il sacerdozio comune è donato a tuttala Chiesa, popolo sacerdotale, cheesercita questo sacerdozio come notaessenziale del suo essere. A serviziodel sacerdozio comune e finalizzatoalla sua crescita, c’è il sacerdozio or-dinato, cioè il sacramento che abilita(‘ordina’) stabilmente Vescovi, Presbi-teri e Diaconi al servizio dei fratelli.Contemplando il sacrificio di Cristo,che non ebbe luogo nel tempio di Ge-rusalemme e nemmeno nella Città

Santa, ma in un luogo profano (‘fuoridalla città’), i cristiani debbono attuareuna conversione mentale e capire che,nel sacerdozio cristiano, il sacerdoziopiù importante non è quello ministe-riale, ma quello comune, possedutoda tutti; si può dire, senza esagerare,che lo scopo del Sacrificio di Cristo èstato l’istituire il sacerdozio comune.Il sacerdozio ministeriale, invece, è unmezzo, ugualmente voluto e stabilitoda Cristo, ad esclusivo servizio del sa-cerdozio comune.Così, con chiarezza, si esprimeva nelventesimo anniversario della chiusuradel Concilio Vaticano II (1985) laCommissione Teologica Internazio-nale, presieduta dall’allora Card. Rat-zinger: ‘All’interno dell’unico nuovopopolo di Dio, sacerdozio comune esacerdozio ministeriale dei vescovi edei presbiteri sono inscindibili. Il sa-cerdozio comune raggiunge la pie-nezza del proprio valore ecclesialegrazie al sacerdozio ministeriale, men-tre quest’ultimo esiste unicamente invista dell’esercizio del sacerdozio co-

mune’ e la Commissione concludecon una citazione di sant’Agostino:‘Per voi io sono vescovo, con voi sonocristiano’ (Sermo 340,1) (Commis-sione Teologica internazionale: ‘Temiscelti di ecclesiologia’, 8 ottobre 1985n. 7.3)I Vescovi, i Presbiteri (preti) e i diaconisono servitori del popolo cristiano cheè interamente fatto da sacerdoti cheoffrono la propria vita a Dio, nel sacri-fico quotidiano della carità verso i fra-telli nella fede, nel servizio verso ilmondo e nell’accoglienza dello Spiritosanto.Il sacerdozio ordinato è un dono fattoad alcuni battezzati perché – comeministri di Cristo a favore della suaSposa – garantiscano, con l’autoritàche deriva dall’ordinazione, che tuttoil popolo sacerdotale sia ordinato nelsuo cammino nella storia, viva per in-tero la libertà dei figli di Dio e accolgacon gioia la santificazione operatadello Spirito attraverso la carità,l’ascolto della Parola e la celebrazionedei sacramenti.

Mes

sagg

io t

emat

ico

8

Page 9: Messaggero 2010-11 Lug-Set

È inutile nascondere che parlando del sacerdozio sitoccano delle questioni “aperte” perché non piena-mente risolte. Infatti nell’articolo precedente ab-

biamo accennato al sacerdozio comune che caratterizzatutti i battezzati, uomini e donne, ma queste ultime, inmerito al sacerdozio ministeriale, sono discriminate, cosìda far dire che i sacramenti sono sette per i maschi, seiper le donne. Ma non vogliamo tralasciare di parlare anchedei laici, di coloro che non sono “ufficialmente” ricono-sciuti come sacerdoti non ministeriali e che la gerarchianon sa ancora valorizzare nel governo della Chiesa. Inol-tre oggi, presso il popolo di Dio, sono sempre di più co-loro che si domandano se il celibato del clero, esistentenella Chiesa latina, si giustifica ancora.

Ecco perché parlando di “questione aperte” vorrei trattaredi questi tre punti:1. La posizione dei laici nella Chiesa Cattolica2. L’ordinazione delle donne al sacerdozio ministeriale3. Il celibato dei preti

La posizione dei laici nella chiesa cattolica

La parola “laico” deriva dal greco “laikos” ed etimologi-camente significa: appartenente al popolo. Già dal sec.III in poi designa i membri della Chiesa non ordinati me-diante la preghiera e l’imposizione delle mani. Questo

concetto rimase in vigore fino al Concilio Vaticano II checercò di dargli un significato positivo sottolineando la par-tecipazione di tutti i cristiani – anche dei cosiddetti laici– al “Popolo di Dio”. Nell’ambito degli ordini religiosi laparola “laico” era destinata a coloro che – pur essendo re-ligiosi – non accedevano al sacerdozio. Nel Medioevo la distanza tra sacerdoti e laici si fece sem-pre più ampia generando la posizione di Lutero che rifiutòla divisione della Chiesa in due classi di cristiani. Ne-gando l’esistenza del sacramento dell’Ordine vide nel Bat-tesimo la vera ordinazione sacerdotale comune a tutti imembri della Chiesa fondandosi su affermazioni bibliche.Per reazione il Concilio di Trento parlò in maniera dog-maticamente vincolante delle differenze fondate sull’or-dinazione.Una rivalutazione dei laici iniziò dopo la scomparsa delpotere temporale dei papi (1870) quando fu a loro attri-buito il dovere di essere aiutanti della gerarchia nell’am-bito temporale: difesa dei diritti della Chiesa, sviluppodella “cultura cristiana” nella società. A partire dal 1890a questo doveva servire l’Azione dei cattolici (Leone XIII)più tardi chiamata Azione Cattolica quale “collaborazionee partecipazione dei laici all’apostolato gerarchico dellaChiesa” (Pio XI). Alla fine degli anni cinquanta, per me-rito soprattutto del teologo Yves Congar (morto nel 1995)fu riconosciuto ai laici un proprio apostolato e una loroteologia che cercò di definirli come coloro che compiononel mondo l’”opera di Dio”. Questa concezione dei laicicome collaboratori di Dio creatore, salvatore e santifica-tore, con un particolare “carattere secolare” (vedi Lumengentium 31) fu fatta propria dal Concilio Vaticano II. Inol-tre detto Concilio attribuì ai laici, sulla base del Battesimoe della Confermazione, un proprio mandato anche nellaChiesa, una partecipazione al ministero di Gesù Cristo,nonché il diritto di fondare associazioni proprie. Con di-verse indicazioni lo stesso Concilio gettò le basi perché ilaici, mediante l’appartenenza a “consigli ecclesiali”, vi-vessero anche ufficialmente la corresponsabilità nellaChiesa, anche se – purtroppo – solo con voce consultiva.Oggi molti laici, grazie alla loro competenza teologica,hanno dato impulso alla teologia scientifica, all’esegesibiblica, ad una pastorale più vicina al popolo.Per quanto nei rapporti tra clero e laici parecchi problemirimangano ancora insoluti, la posizione dei laici nellaChiesa, in un periodo di meno cento anni ha subito uncambiamento decisivo; essi non si sentono più soggettiassistiti dalla gerarchia, ma possono vivere con maggiorconsapevolezza la loro dignità di essere Chiesa, ma pa-recchia strada deve ancora compiersi soprattutto verso lacorresponsabilità.

9

Questioni aperte

Page 10: Messaggero 2010-11 Lug-Set

L’ordinazione delle donne al sacerdozioministeriale

Per alcuni potrebbe sembrare una questione di lana ca-prina, per altri l’esclusione delle donne da questa formadi sacerdozio risulta una grave ingiustizia. Costoro si ap-poggiano all’uguaglianza e parità di diritto dell’uomo edella donna nella società, e sul fatto che altre Chiese cri-stiane ammettono le donne a questo tipo di servizio. In-dagini scientifiche hanno dimostrato che non esistonomotivi teologici fondamentali per questa esclusione.

Nella Chiesa primitiva non si è mai dato il caso di ordi-nazioni sacerdotali femminili, probabilmente perché Gesùnon ha conferito il sacerdozio che a degli uomini, agliapostoli. Comunque le donne erano ammesse a dei ser-vizi stabili, organizzati (diaconesse, ordine vedovile) siain oriente come in occidente. Nel Medioevo la posizionedella donna fu teorizzata come sottomissione all’uomo.San Tommaso d’Aquino la giustifica dicendo che ledonne non avrebbero sufficientemente intelletto peravere delle posizioni di governo. È ben vero che la Chiesaha riconosciuto dei doni speciali a donne eccezionali, ele ha dichiarate “dottori” quindi Maestre, ma questo nonpuò servire come alibi.

Dopo che le motivazioni teologiche furono smontate aduna ad una ci si appellò alla tradizione, ma il diritto ca-nonico rinnovato, nel 1983, escluse categoricamente ledonne dal sacramento dell’Ordine e da tutti i servizi adesso collegati. Pur tuttavia indica una grande quantità diservizi che possono essere esplicitati da donne nella ca-techesi e nell’amministrazione ecclesiastica. Oggi, se nonavessimo le donne in questi ruoli staremmo peggio diquello che siamo. Non sembra però giusto invocare il sa-cerdozio femminile solo perché scarseggiano le vocazionimaschili; le donne hanno il diritto di accedere a questoOrdine sacro o non ce l’ hanno, e non devono essere pro-mosse perché si ha bisogno di loro per l’amministrazionedi quasi tutti i sacramenti in quanto mancano gli uomini.Simile promozione sarebbe una nuova mancanza di ri-spetto verso la donna.

Oggi bisogna riflettere se questa esclusione non contri-buisca all’abbandono anche da parte del sesso femminile dalla Chiesa, con la conseguente mancanza -in famiglia - di mamme che s’impegnino a educare cri-stianamente i figli. Va inoltre preso sul serio l’aspetto ecu-menico. Per il resto lasciamo fare allo Spirito che ha tempimolto più lunghi delle nostre frette.

Il celibato dei preti

Altra questione aperta, addirittura spalancata, nell’attualetriste crisi dovuta alle accuse di pedofilia che colpisconotroppi sacerdoti. Tutti sanno almeno due cose: che il ce-libato dei preti è una legge della Chiesa latina e non è unprecetto evangelico. Inoltre che il celibato non ha origineapostolica; diversi apostoli – se non tutti – erano spo-sati. Fu più tardi, con l’introduzione del monachesimoche entrò il celibato anche nelle vita sacerdotale, reso ob-bligatorio da leggi ecclesiastiche che, perché tali, potreb-bero essere riviste. Ultimamente anche eminenti cardinalihanno messo in dubbio la validità dell’obbligo del celi-bato e parecchi teologi e moralisti chiedono che lo spo-sarsi o meno venga lasciato alla decisione di ogni singolichierico.

È chiaro che il celibato permette una maggiore disponi-bilità al servizio e annuncia profeticamente il “Regno deicieli” nella sua fase ultraterreste. Ma è altrettanto chiaroche, per abolirlo, alle alte gerarchie i tempi non sembranoancora maturi, tanto che si stanno muovendo dei passiverso una disciplina meno rigida, come l’accettazione alsacerdozio dei uomini già sposati. È di questi tempi ilpermesso di esercitare l’Ordine sacro a sacerdoti angli-cani che si sono convertiti al cattolicesimo: cosa non datutti ben vista, perché sembra premiare delle conversioniavvenute anche per motivi polemici, come la non accet-tazione di donne vescovo.

Si discute se, permettendo ai preti di sposarsi, diminui-rebbero i casi di pedofilia; c’è chi lo sostiene dicendo chealmeno i preti avrebbero una vita sessuale incanalataentro il matrimonio. C’è chi lo nega, dato che la maggiorparte di casi di questi delitti avvengono in famiglia. Cosìè incerto se la possibilità di sposarsi porterebbe ad unaumento delle vocazioni sacerdotali: la mancanza di sa-cerdoti proviene soprattutto da una secolarizzazione inatto nella nostra società occidentale.

Forse prima che si arrivi a concedere il sacerdozio alladonne, nella Chiesa Cattolica latina si arriverà ad am-mettere all’Ordine sacro chierici che prima hanno con-tratto il matrimonio, come nella stessa Chiesa Cattolicaorientale. In questa Chiesa, comunque, si chiede il celi-bato ai vescovi che vengono eletti fra i monaci. Da noi,se ci fossero preti sposati, si distinguerebbero meglio ireligiosi, che hanno professato una regola, per i quali lascelta della vita comunitaria resta parte fondamentaledella loro professione.

Mes

sagg

io t

emat

ico

10

Page 11: Messaggero 2010-11 Lug-Set

In un numero dedicato all’Ordine Sacro è giusto insi-stere sui laici per vari motivi. Innanzitutto perché anchequesti fedeli partecipano di quel sacerdozio conferito a

tutti i cristiani mediante il Battesimo e riconfermato nellaCresima con l’imposizione delle mani, il dono dello SpiritoSanto e l’unzione con il crisma.

Inoltre i “laici” sono una categoria di persone che il Con-cilio Vaticano II ha cercato di rivalutare, ma che avrebbebisogno ancora di maggiore considerazione e spazio nellaChiesa; purtroppo la storia del laicato cristiano – speciecattolico – non splende di sufficiente considerazione daparte della gerarchia. Vediamola nelle linee essenziali.Nei primi due secoli del cristianesimo non esisteva nem-meno il termine “laico” e la distinzione tra i responsabilidelle comunità (vescovi – presbiteri – diaconi) e gli altrimembri era minima, perché la gerarchia esercitava i suoiruoli come servizio senza onori particolari e tutti si senti-vano parte del “Popolo di Dio”.

Nel secolo III appare il nome “laico” per indicare coloroche non sono stati consacrati al servizio sacerdotale mi-nisteriale nei tre gradi sopra indicati. Nacquero le distin-zioni, gli onori (presi anche da etichette imperiali), le vesti

particolari (paramenti) che permangono tuttora, anche sedecisamente di gusto sorpassato.

Una differenza “intima”, spirituale, viene tematizzata nelmedioevo: sacerdoti e monaci sono i “religiosi” che sisono obbligati a una forma di vita non secolare; ai “seco-lari”, detti addirittura “carnali”, è propria la vita civile, madebbono sostenere i “religiosi”. Nelle richieste di riformadella Chiesa questo fu detto ripetutamente: Martin Lutero(†1546) rifiutava la divisione della Chiesa in due classi dicristiani. Il pensiero di Lutero, in merito, è stato citato dalnostro vescovo nella recente lettera pastorale Come ilPadre ha mandato me così io ho mandato voi (p. 59). Ilriformatore negava l’esistenza del sacramento dell’ordine,designava il battesimo come ordinazione sacerdotale e ri-chiamava alla memoria le asserzioni bibliche sul sacerdo-zio comune di tutti i membri della Chiesa. Lo seguirono leChiese nate dalla Riforma. Il concilio di Trento parlò inmaniera dogmaticamente vincolante delle differenze chesarebbero fondate grazie all’ordinazione e la piena potestàreligiosa. Nell’ambito della Chiesa cattolica si rimase cosìalle due “classi”, con la determinazione negativa dei laici.Negli ordini maschili, i non ordinati quali sacerdoti, no-nostante l’obbligo della vita “religiosa comunitaria” e se-

11

Gesù è un laico!

Page 12: Messaggero 2010-11 Lug-Set

condo i consigli evangelici, sono stati chiamati i “fratellilaici”. Dopo la perdita del potere temporale del papato nel1870, ai laici secolari fu attribuito il compito di essere aiu-tanti della gerarchia nell’ambito temporale: difesa dei dirittie della libertà della Chiesa, ricomposizione della “culturacristiana” nel mondo. A partire dal 1890 a questo dovevaservire l’Azione dei cattolici (Leone XIII †1903), chiamatapiù tardi Azione Cattolica, quale “collaborazione e parte-cipazione dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa”(Pio XI †1939), ma sotto la guida della gerarchia. Nellaprima metà del XX secolo, nacque la “teologia dei laici”,con un livello scientifico inferiore a quello della teologia in-segnata nelle università cattoliche e nei seminari. Alla finedegli anni Cinquanta fu riconosciuto ai laici un proprio“apostolato dei laici”. Una “teologia dei laici”, promossasoprattutto da Y. Congar (†1995) cercò di descriverli comecoloro che compiono nel mondo l’ “opera di Dio” inmodo non clericale. Questa concezione dei laici come“collaboratori di Dio creatore, salvatore e santificatore”,con un particolare “carattere secolare” fu fatta propria dalConcilio Vaticano II. Con diverse indicazioni il Conciliogettò le basi perché i laici, mediante l’appartenenza a“consigli” ecclesiali, vivessero anche ufficialmente la cor-responsabilità nella Chiesa. Grazie alla loro competenzateologica, i laici hanno caratterizzato in modo deciso ilprofilo della teologia scientifica, cosicché oggi si può farea meno del concetto di “teologia dei laici”. Riguardo ad

un’approfondita spiritualità temporale, i teologi laici nondipendono più dalla direzione del clero. Per quanto nelrapporto fra laici e clero tanti problemi siano ancora inso-luti, nel periodo di nemmeno cento anni la posizione deilaici nella Chiesa ha subito un cambiamento decisivo. Essinon sono più gli oggetti assistiti dalla gerarchia, ma pos-sono vivere nella consapevolezza: “[Anche] noi siamoChiesa”.

Ma un argomento non usato perché non teologico – casomai di esegesi popolare –, ma che personalmente ritengoefficace, è che Gesù non era di “stirpe sacerdotale”, era unvero laico di origine (non apparteneva alle tribù di Levi,bensì a quella di Davide), ma era soprattutto laico nellesue parole e comportamenti.

Nelle parole: leggiamo i suoi discorsi, soprattutto le sueparabole. Non sono certo infarcite di termini teologici, opeggio ancora clericali. Il suo è il parlare del popolo di Ga-lilea: agricoltori, artigiani, pescatori. Le sue immagini sonoprese dalla vita familiare (il figlio che scappa di casa, ilbanchetto di nozze, la ricerca di un soldo smarrito), o daimestieri del tempo e del luogo (il pastore, i servi fedeli einfedeli, il costruttore della propria casa), ecc.Gesù era laico nelle azioni; prediligeva i bambini, nonemarginava anzi aiutava gli ammalati, accoglieva prostitutee pubblicani. Si recò a predicare e a fare del bene fra i pa-

gani; tutte cose che un sacer-dote ebreo non avrebbe maifatto perché, per lui, eranotrasgressione e peccato.

Verso il ceto sacerdotale illaico Gesù non fu tenero,vedi parabola del buon sama-ritano con quella triste figuradi un sacerdote che cambiastrada e di un levita che tiradiritto per non soccorrere unloro correligionario ridotto infin di vita. Si scagliò contro imercanti che infestavano laloro casa.Gesù era un laico, anche sepoi fu equiparato al sommosacerdote (Lettere agli Ebrei),ma non credo che quel para-gone, se gli fosse stato co-municato in vita, gli avrebbefatto piacere!

Mes

sagg

io t

emat

ico

12

Page 13: Messaggero 2010-11 Lug-Set

13

Il cavaliere e il dono della Verna

C hi è stato a San Leo, magnifico borgo nell’entroterra ri-minese nella regione chiamata Montefeltro, sarà rima-sto affascinato dalle sue due splendide chiese, la Pieve

o Basilica preromanica del IX secolo e il Duomo edificato nel1173 in stile romanico-lombardo, che si affacciano sullapiazza centrale del paese. Straordinaria è poi la celebre ine-spugnabile Fortezza, a strapiombo sulla roccia,in cui vennerinchiuso fra gli altri il celebre Giuseppe Balsamo Conte diCagliostro, mago, alchimista, guaritore, truffatore, millanta-tore e massone, che vi morì disperato per un colpo apoplet-tico dopo oltre quattro anni di carcere duro, rinchiuso nellacella detta il pozzetto, dalle cui feritoie poteva per esemplarecastigo vedere solo le due chiese del paese. “C’è un soloPapa, un solo Dio e una sola Fortezza di San Leo”, recita an-cora oggi un famoso proverbio romagnolo. Godendo di unaposizione naturale che la proteggeva dagli attacchi e di ba-stioni di straordinaria imponenza, San Leo divenne una roccainespugnabile, tanto che venne citata da Dante nel IV Cantodel Purgatorio: “… Convien ch’om voli”, cioè per entrarvil’uomo avrebbe dovuto volare. Pochi sanno però che è pro-prio a San Leo che iniziò ed ebbe origine lo straordinario rap-porto di San Francesco con la Verna, rapporto che sarebbeculminato alcuni anni dopo con la sublimazione delle stim-mate, l’ultimo sigillo che lo avrebbe trasformato veramente inun “alter Christus”. La Verna, il Mons Angelorum, il Montedegli Angeli, che sarebbe poi diventata una montagna sacra,allo stesso modo del Sinai, del Tabor e dello stesso Calvario,un tramite fra la terra e il cielo. “Nel crudo sasso intra Tevereed Arno - da Cristo prese l’ultimo sigillo - che le sue mem-bra due anni portarno”, così Dante nel Canto XI del Para-diso; Francesco fu il primo in tutta la storia del cristianesimoin cui questo fenomeno si sia prodotto: in lui infatti è fon-damentale il legame stretto fra le stimmate e la cristomimesi,la sequela Christi. Ma torniamo a San Leo: l’8 maggio del1213, festa dell’apparizione dell’Arcangelo Michele sul MonteGargano, vi si celebrava un addobbamento, cioè la vestizionesolenne di un giovane che prendeva per la prima volta le armie le insegne di cavaliere: egli diventava cioè un novello cava-liere. Tale cerimonia comprendeva un bagno e una veglia d’armi la notte della vigilia, la vestizione solenne di indumentidi color bianco e rosso, la consegna del cinturone e degli spe-roni dorati, poi una corsa al bersaglio “la quintana”, nel corsodella quale il novello cavaliere doveva dimostrare tutta la suaperizia e il suo coraggio. Concludeva il tutto un grande ban-chetto in cui il novello cavaliere doveva dar prova dell’altragrande virtù cavalleresca, la “largitate”, espressa da una son-tuosa mensa imbandita anche per parecchi giorni di seguitoe a cui accorreva tutta la folla dei dintorni, compresi poveri,girovaghi e giullari. Il “giovin signore” in questa occasionedoveva offrire doni generosi agli ospiti e ricche elemosine ai

poveri. Francesco è in viaggio con frate Leone nella marca diAncona e viene a sapere di questa grande festa, in cui di-ventava cavaliere un rampollo della famiglia dei Conti diMontefeltro,uno dei Casati più ricchi e più illustri di tuttal’Italia, per cui decide di recarsi anch’egli a San Leo; nei Fio-retti si dice “per trarne alcuno frutto spirituale”, ma proba-bilmente perché quelle feste gli piacevano, ricordando i suoitrascorsi giovanili e i suoi sogni di cavalleria. Appena giuntonella piazza dove si celebrava la festa, salta su un muriccioloe si mette ad attirare l’attenzione degli astanti facendo il giul-lare, cosa che gli riusciva molto bene, e comincia a predicare.Ma che cosa predica Francesco in presenza di tanti uominimondani e di corte, forse peccatori incalliti? Incredibile mavero sceglie una canzone d’amore: “Tanto è quel bene ch’ioaspetto che ogni pena m’è diletto”. Come tanto è il piacereche l’amante si aspetta dall’amata per cui può sopportareogni pena, così egli a dame e cavalieri che lo ascoltano pre-dica che tanto è il bene che si attende dall’amore divino chequalunque pena gli sembra lieve, anzi gli si converte in pia-cere. Tra i convenuti ad ascoltarlo c’era quel giorno un nobilesignore del Casentino, Orlando di Chiusi. La predica di Fran-cesco sull’amore umano e l’amore divino tocca tutti i pre-senti, ma in particolare Orlando, che avvicina il Santo diAssisi e gli manifesta il desiderio di parlare con lui “della sa-lute dell’anima mia”. E qui Francesco si supera in tatto,umana disponibilità e discrezione: certo egli è pronto a par-lare con lui, ma ora Orlando vada, si diverta, partecipi allafesta e al banchetto, ci sono gli amici che lo aspettano. Poiquando tutto sarà finito torni e insieme parleranno delle cosedello spirito. E così avvenne: un documento dei figli di Or-lando, datato 1247 e giunto fino a noi, quindi finalmente undocumento storico sicuro, ci informa che il loro padre “a vocediede, donò e concesse liberamente e senza riserve a frateFrancesco, ai suoi compagni e ai suoi frati sia presenti sia fu-turi, nell’anno del Signore 1213 l’8 di maggio, il monte dellaVerna”. Un dono bellissimo, in circostanze straordinarie,un’intera montagna con i suoi grandi boschi. E di lì a un de-cennio Francesco, devotissimo agli Angeli, ascenderà la Vernaper una Quaresima in onore di San Michele e la chiameràMons Angelorum perché vi sentiva vivo e presente il dolcefremito d’ali dei Messaggeri celesti. Quel povero giullare diDio che era Francesco aveva steso la mano per ricevere unapiccola elemosina e il cavaliere Orlando, toccato nel profondodel cuore, aveva donato e risposto generosamente. Certo nonavrebbe mai potuto immaginare di quali straordinarie vicendesarebbe stata testimone la sua montagna, luogo di teofaniee della straordinaria tensione mistica di Francesco giunta finoal punto di rivivere e di portare nella propria carne la Passionedi Cristo.

Mario Corti

Page 14: Messaggero 2010-11 Lug-Set

Sorelle e Fratellidell’OFS

Nunc Dimittis

“Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola…”. Il Nunc dimittis è un cantico con-tenuto nel secondo capitolo del Vangelo di Luca con il quale Simeone chiede congedo a Dio perché ha potutovedere il Cristo; per questo è conosciuto anche come cantico di Simeone. Si tratta di una splendida preghiera cheesprime gratitudine per ciò che si è potuto vivere, credere, vedere e sperare. Faccio miei questi sentimenti di Si-meone per congedarmi dall’assistenza regionale dell’Ordine Francescano Secolare della Svizzera italiana, dopo 6anni di servizio a questa realtà che mi ha visto impegnato a favore dei francescani laici. Non mi dilungo sulle mo-tivazioni che mi hanno portato a questa decisione ma desidero esprimere gratitudine a tutte le persone che hannodimostrato partecipazione alle iniziative del Consiglio Regionale e delle tematiche formative che ho trattato a Spa-zio Aperto in questi anni. Auguro al nuovo assistente regionale p.Callisto, anche se ad-tempus, di avere passioneper l’OFS, promuovendolo e, se necessario, difendendolo da una mentalità riduttiva di chi vorrebbe “declassare”l’Ordine a semplice “movimento di amici di s. Francesco”. Se la Chiesa ha costituito l’OFS con la struttura pro-pria di un Ordine, un motivo dovrà pur sussistere. Grazie di cuore al Consiglio Regionale, con un pensiero di par-ticolare affetto alla ministra Gabriella, alla quale manifesto attraverso questo biglietto di saluto, la massima stimae comprensione per la promozione dei progetti in cantiere a favore dei più piccoli. Per voi, sorelle e fratelli del-l’OFS cantonale, chiedo a Dio un’abbondante effusione di Spirito Santo, per poter sempre discernere alla luce diDio quale siano le scelte più appropriate nella dimensione della condivisione e della povertà tanto cara a sanFrancesco.

fr. Michele Ravetta

Cambio di guida spirituale nell’Ordine Francescano Secolare della Svizzera Italiana

Fra Michele Ravetta ha inoltrato le dimissioni da assistente spirituale dell’Ordine Secolare Francescano. Le mo-tivazioni principali erano date da alcune difficoltà sorte con una fraternità locale. Fra Michele ha lavorato nel-l’ambito del francescanesimo laico, sia quale assistente, sia quale accompagnatore – con Suor Carla Pia –all’annuale pellegrinaggio ad Assisi, attività quest’ultima che intende continuare. A lui un grazie per tutto quelloche ha fatto e la comprensione per il distacco che ritiene doloroso ma necessario per poter svolgere con sere-nità il servizio nell’ambito della sua professione socio-sanitaria nella quale è molto apprezzato.

La Ministra Regionale, Gabriella Modonesi, in data 12 maggio 2010 sollecitava i Frati Cappuccini Ticinesi al finedi provvedere alla nomina di un nuovo assistente regionale. Data la vicinanza (settembre 2010) delle nuove no-mine dei Superiori dei Cappuccini della Svizzera Italiana, l’attuale Consiglio Regionale ha dato l’incarico “adinterim” (per un anno) a fra Callisto Caldelari che, al Capitolo fraterno del 15/16 aprile u.s., ha presentato unamozione sulla “Collaborazione fra religiosi e laici francescani” che trascriviamo anche se, detta mozione, cheè già stata approvata dal Capitolo all’unanimità, non si rivolge solo ai terziari ma a tutti quei laici che voglianovivere una spiritualità francescana.

Con questo scritto il nuovo assistente si presenta promettendo impegno affinché il Terzo Ordine Francescanosia, nella Svizzera Italiana, messaggio di “Pace e bene”.

14

Mes

sagg

io d

all’

Ord

ine

Fran

cesc

ano

Seco

lare

Page 15: Messaggero 2010-11 Lug-Set

Collaborazione fra religiosi cappuccini e laici francescani

È indispensabile una collaborazione tra frati cappuccini e laici che s’ispirano al francescanesimo. Questa deve fondarsi,non solo sulla necessità (dato che il numero dei frati va assottigliandosi), ma su qualche cosa di più importante, ilnostro essere cristiani e francescani:- il nostro essere cristiani, dato che Gesù era un laico e si circondò di collaboratori laici (apostoli) fu perseguitato dal clero

del tempo;- di essere figli di Francesco che, fin che ha potuto, rimase laico, cedette poi alla pressioni, prima del vescovo d’Assisi,

poi della Curia romana. Ma per sé rifiutò sempre il sacerdozio. E se non lui, subito dopo di lui si formò la famiglia fran-cescana laica, quella dell’Ordine Francescano Secolare.

Non nascondo le difficoltà che noi cappuccini possiamo avere a lavorare con i laici, data la nostra formazione clericale.Ma anche le difficoltà che possono avere loro, data la non perfetta comprensione del nostro stato, ma soprattutto per unloro senso errato di dipendenza. Ritengo che tutto possa essere superato con la buona volontà reciproca e con appro-fondimento della conoscenza e delle relazioni. Da parte dei frati, chiedendo questa collaborazione, è importante offrirequalcosa di prezioso, gli stessi capisaldi della nostra spiritualità, per trovare un terreno d’intesa comune sul quale costruiredetta collaborazione in modo di avere una unità d’intenti, pur nella diversità delle modalità d’intervento.Questi capisaldi sono i nostri stessi valori costitutivi:l. Lo spirito di povertà, che per dei laici - non legati a questo voto - vorrà dire: uso del denaro come mezzo e non come

fine, conseguente distacco dalla ricchezza e particolare attenzione ai poveri, condivisione dei principi di giustizia so-ciale. Nonché impegno nel volontariato, se a loro non risulta indispensabile un guadagno per vivere.

2. Fraternità, cioè sincera amicizia e fiducia, per una effettiva corresponsabilità. Apertura verso tutti i credenti e non. Fugada ogni razzismo civile e religioso (ecumenismo).

3. Ilarità, la “serafica letizia” di San Francesco che vuol dire speranza cristiana e utopia umana, belle maniere, approcciopositivo ad ogni persona e situazione.

Ma perché un lavoro in comune funzioni bene ritengo indispensabile, da parte di tutti:- Rispetto assoluto per le diverse istituzioni che si ispirano al carisma francescano- Grande attenzione verso le diverse mentalità dei componenti di queste istituzioni- Capacità di ascolto e di dialogo reciproco- Per i frati, volontà di rendere i laici corresponsabili nella gestione dei nostri luoghi- Condivisione nelle decisioni e non semplice consultazioneQuello che viene detto per i laici, ha valore ancora più profondo per la collaborazione con le religiose francescana di qual-siasi congregazione siano.

15

Sabato 2 ottobre 2010, organizzato dalla Commis-sione Interfrancescana, avrà luogo a Bellinzona, pressoil centro “Spazio Aperto”, l’annuale incontro dei fran-cescani della Svizzera Italiana.

Il tema scelto per questo incontro sarà:“Passato, presente e futuro del francescanesimonella Svizzera Italiana”.

Per chi volesse, nella Chiesa del Sacro Cuore c’è la pos-sibilità di partecipare alla Santa Messa delle ore 9.00e, dopo il dibattito pomeridiano, sempre nella Chiesadel Sacro Cuore, c’è la possibilità di assistere alla rap-presentazione sacra sul “Cantico delle creature”, pro-posta dalla Comunità del Sacro Cuore di Bellinzona.

L’incontro è aperto a tutti, anche ai non france-scani!

Il programma della giornata è il seguente:Ore 10.00 Introduzione al tema della giornata.

Relazione su passato e presente delFrancescanesimo nella Svizzera Italianada parte dei rappresentanti delle Fami-glie Suore Clarisse Francescane:Frati CappucciniFraternità Francescana di BetaniaSuore di MenzingenSuore di IngenbohlOrdine Francescano SecolareModeratore: Silvano Toppi

Ore 12.00 Pranzo presso il centro “Spazio Aperto”

Ore 13.30 Dibattito sul futuro del Francescanesimo nella Svizzera ItalianaModeratore: Silvano Toppi

GIORNATA DELLE FAMIGLIE FRANCESCANE DELLA SVIZZERA ITALIANA

Page 16: Messaggero 2010-11 Lug-Set

Mes

sagg

io d

all’

Ord

ine

Fran

cesc

ano

Seco

lare

Aquesto invito ha risposto anchel’OFS della Svizzera Italiana: 12persone guidate dalla nostra mi-

nistra regionale Gabriella Modonesi.Da notare che a Padova erano pre-senti 1600 francescani. Il programmadelle giornate è uno di quelli tostitosti, anche per i personaggi coin-volti: l’Arcivescovo, il Vescovo, i Pre-sidenti della Regione e dellaProvincia, il Priore della Comunità diBose, il Sindaco di Padova e altri re-latori di spicco fra i nostri francescanisecolari italiani e del Consiglio Na-zionale. Da non dimenticare i duecantautori, Angelo Branduardi eAmedeo Minghi, che ci hanno rega-lato una serata di musica e fraternitàentusiasmante con un concerto inPiazza del Santo, interpretando pro-fondi canti come il “Cantico delleCreature”. La parte spirituale prepa-rata con il “Libretto liturgico” pertutti i partecipanti ci ha dato mo-menti solenni e meditativi indimenti-cabili, assolutamente voluti erispecchianti i motivi e gli scopi diquesto incontro.

Questa la cronaca, succinta, perdarvi l’impronta dell’incontro, tutt’al-tro che di passaggio.“Fratelli semplicemente”: un invitoche può sembrare semplice, facile,ovvio, per qualunque cristiano. Alloraperchè ricordarlo, proporlo, imporlo?Perchè è diventato un “evento fran-cescano”; per vivere un momento distraordinaria intensità, una grande ri-balta pubblica, con lo scopo di riu-scire ad indicare alla nostra societànuovi percorsi di fraternità. Fratelli: ri-sposte evangeliche che uniscono per

dire una parola nuova alla società.Noi lo crediamo veramente possibile.L’apporto è nelle mani di tutti noi.(Riccardo Farina, Cons. nazionale)Progetto: “Una nuova coscienza “ci-vica” per una società più umana.Una solidarietà che si fa storia. Per-ché ci sentiamo interpellati dalle sol-lecitudini e dalle urgenze sociali epolitiche contro l’apatia e il disinte-resse rispetto al mondo che ci cir-conda. Cos’è: evento francescano2010, celebrazione collettiva di unanuova solidarietà, di un nuovo uma-nesimo e di un nuovo modo di rela-zionarsi reciprocamente. Missione:proposte concrete da presentare allasocietà, attraverso un percorso cheinizia da noi, dalla revisione delle no-stre scelte e del nostro vivere in fra-ternità. La vita stessa di fraternitàdovrà puntare a livelli di segnali dicambiamenti, di strutturazione dinuove modalità. Non possiamo pen-sare che tutto cambia per caso o “peri segni dei tempi”: dobbiamo saperdare al tempo una direzione chiara,quella dove la Chiesa ci conduce e ciincita alla presenza attiva e fattiva”.

Ma i veri protagonisti dell’incontrosono stati i relatori che si sono suc-cessivamente presentati con temi di-versi, alti, attuali, introspettivi.Difficile qui presentarli nella loro in-terezza, ma tentiamo una sintesi.Diamo alcuni titoli significativi, rima-sti impressi nei presenti.

Giuseppe Failla, Ministro NazionaleOFS Italiano: Consegne del messag-gio OFS all’uomo: ventata di nuovofrancescanesimo che traspira di pro-

fumo nuovo ... La società ha bisognodi noi, della nostra vita, ovunquesiamo, a fare la nostra parte. Il donoricevuto dev’essere dato. Prontianche a “sporcarci le mani”.

Prof. Giuseppe de Rita, sociologo delCensis: Società che vive di massa,emozioni, sentimenti, che possonodiventare paura. Educare ai senti-menti! L’entità non è nel soggetto,ma nelle relazioni. Questa realtà cheviviamo crea una società sempre piùegoista e sentimentale. Se non c’è re-lazione la fraternità non esiste.

Fratel Enzo Bianchi, Priore della Co-munità di Bose: Messaggio cristianoevangelico sulla fraternità. Tema chenon è molto ricercato e meditato inquesti ultimi decenni. Ma è così cen-trale nell’interno del francescane-simo, ma anche nell’umano, per lavita personale sociale. Fonti di ri-cerca: la Sacra Scrittura è oggi digrande aiuto. La fraternità nell’AnticoTestamento: espressione autenticafra Dio e gli uomini. Adamo dove sei?Il popolo dell’Alleanza con Dio. Fra-telli con tutti ma in categorie. Qual’èil popolo di Dio? Gesù eredita il po-polo d’Israele e vive la fraternità trale sue donne e uomini e parla loro difratello e sorella .. .. Risponde alla do-manda: chi è il mio prossimo? Riem-pie di amore gli altri, tutti.”

Un grande grazie a Gabriella e Fran-chino per l’ottima organizzazione lo-gistica e “culinaria” e al nostroLorenzo, perfetta guida stradale e au-tista, attento a non farci sobbalzaread ogni “buca” del lungo viaggio, af-finchè anche il nostro fisico potessearrivare in condizione da sopportarei giorni che, vi assicuro, non sonostati di semplice turismo ed esige-vano un perfetto stato di salute men-tale e fisico.

Palma Pedrazzi

“A nome dell’Ordine Francescano Secolare d’Italia, ho il piacere di invi-tarla all’evento ‘Semplicemente Fratelli’ che vivremo a Padova dal 28 al30 maggio 2010, per costruire insieme un rinnovato bene comune, te-stimoniando che “essere fratelli è possibile” anche nella dimensione so-ciale e politica.”

il Ministro Nazionale, Giuseppe Failla

SemplicementeFratelli

16

Page 17: Messaggero 2010-11 Lug-Set

“Mese di novembre. Mese dei santi e dei morti.

I primi, nostri fratelli maggiori nella fede, oggi nostri intercessori presso Dio.

I morti sono i santi di casa nostra.

A tutti loro i fiori della nostra riconoscenza e del nostro affetto

Page 18: Messaggero 2010-11 Lug-Set

La porta del Sacro Monte

Oggi la maggior parte dei fedeli e dei visitatori giun-gono al santuario della Madonna del Sasso attraversola scala che scende dalla strada cantonale. In passato

non era così. Fino a quando non vennero costruite la stradacarrozzabile e la funicolare che congiungono Locarno adOrselina, al santuario si giungeva normalmente a piedi, at-traverso il sentiero. Sin dagli albori della storia del SacroMonte di Orselina, ai piedi della roccia sulla quale sorge orala chiesa sommitale, si trova una chiesa dedicata a santaMaria Annunziata. Il percorso pedagogico del Sacro Monte,che illustra con le sue varie cappelle le tappe salienti dellavita del Cristo, si apre così con la rappresentazione delprimo mistero della storia della salvezza: l’annuncio ange-lico dell’incarnazione del Verbo. La chiesa dell’Annunziatavenne fatta costruire da frate Bartolomeo d’Ivrea verso lafine del millequattrocento e fu consacrata nel 1502. In essafurono conservate anche le spoglie mortali del frate fonda-tore del santuario. Nei pressi della chiesa sorsero ben pre-sto un’osteria e una bottega di ricordi devoti, per venireincontro alle necessità e ai desideri dei pellegrini. Lungo isecoli sia l’edificio della chiesa sia il suo arredo internohanno subito diverse modifiche. L’intervento edile più in-cisivo fu senz’altro quello operato probabilmente nel 1814,allorché il volume dell’edificio venne praticamente dimez-zato. La prima metà della navata venne infatti abbattuta ela facciata ricostruita, per formare un piazzale sufficiente-

mente ampio per le partenze delle processioni. Nel Cinquecento l’interno della chiesa doveva presentarsiriccamente affrescato, soprattutto dopo una campagna dipitture avvenuta nel 1522. Nel corso dei secoli successivi lachiesa ha conosciuto periodi di maggior e di minor consi-derazione. A metà dell’ottocento è diventata, come il restodel Sacro Monte, proprietà del canton Ticino. Verso la finedello stesso secolo venne affidata alla cura della Congre-gazione delle Figlie di Maria, che provvidero a darle ancheun nuovo assetto interno. Campagne di restauro venneroeseguite da parte dello Stato negli anni 1939, 1947 e 1954.Ma la situazione di degrado è proseguita fino ai primi annidel terzo millennio. Nel volume dedicato al circolo di Lo-carno de I monumenti d’arte e di storia del canton Ticino,stampato nel 1972, si può leggere a proposito dello statodella chiesa dell’Annunziata: “è ridotta di nuovo a spe-lonca; il tetto dell’absidiola sta crollando, l’umidità vela idipinti di salnitro”. Nella prima fase della recente campagnadi restauri del Sacro Monte di Orselina sono già stati rea-lizzati importanti lavori di riparazione e di consolidamentodella chiesa. Da più di un anno, nell’ambito della secondatappa dei restauri, è invece in corso una campagna di re-cupero dell’arredo pittorico interno della chiesa. Per sapernedi più sull’andamento e sullo stato attuale dei lavori ab-biamo rivolto alcune domande al signor Bolli Peter, restau-ratore responsabile dell’intervento in corso.

Signor Bolli, come si presentava l’interno dellachiesa dell’Annunziata al momento dell’inizio dei recenti lavori di restauro?

Abbiamo cominciato i lavori circa un anno fa e la prima im-pressione, anche se il pavimento era nuovo, fu di abban-dono, sulle pareti si leggeva l’incuria del tempo passato,mancava l’aria perché la chiesa era a lungo rimasta chiusa:in effetti dava una sensazione di tristezza.

Quali erano gli obiettivi fissati fin dall’inizio del recente intervento di restauro?

Questa chiesa era molto sobria perché la maggior partedegli affreschi erano stati coperti. Nel coro troneggiava laMadonna, ora attribuita a Bartolomeo da Ponte Tresa e nellacupola gli Apostoli erano pasticciati da ridipinture e resti diintonaco. Nella navata l’unico vero affresco ben visibile eraquello del Cristo fra i dottori e sull’arco di trionfo si intra-vedevano i due profeti: Davide e Zaccaria. Durante i primisondaggi eseguiti due o tre anni fa, sono stati scoperti deiframmenti di affreschi anche sulla parete sud del coro e so-prattutto sulle pareti della navata. In questo senso gli ob-

Mes

sagg

io d

al s

antu

ario

Page 19: Messaggero 2010-11 Lug-Set

19

biettivi dell’intervento di restauro furono già dall’inizio lacompleta scialbatura (asportazione di tutti gli strati so-vrapposti all’originale) di tutte le pareti, cosa assai rara at-tualmente in Ticino.

Sono state fatte delle scoperte interessantidurante l’intervento?

Effettivamente le sorprese sono state tante. Nulla si sapevadi due affreschi venuti alla luce nelle nicchie degli altari la-terali in navata, rappresentanti uno il supplizio di sant’Era-smo e l’altro la Madonna con santa Caterina d’Alessandria.Ancor più sorprendente è l’affresco della parete nord dellanavata con una rappresentazione molto scenografica dellenozze di Cana. L’episodio è raffigurato all’interno di diffe-renti piani di architetture monumentali atte ad esasperare laprospettiva, una particolarità tipica della fine del Cinque-cento, inizio Seicento. Sulla parete destra della navata en-trando, abbiamo scoperto la continuazione dell’affresco giàvisibile prima dell’intervento, Cristo fra i dottori, con anchequi una rappresentazione di architettura molto imponentee una figura di vescovo. Purtroppo interventi posteriori(apertura di una porta), hanno compromesso la letturacompleta dell’affresco.

Sono stati impiegati particolari mezzi tecnici?

Per questo intervento di scialbo, di messa in luce degli af-freschi, abbiamo usato differenti mezzi tecnici, perché ledifficoltà erano effettivamente notevoli. Un mezzo tecnico

che penso valga la pena di menzionare, perchè si è trat-tato di una prima in Ticino, è stato l’impiego del laser perla pulitura di certi pigmenti, tipo la malachite e l’azzurrite.Questo sistema all’avanguardia, e ancora in sperimenta-zione, ha permesso un recupero quasi totale della pellicolapittorica.

Sarà possibile dare un nome agli artisti chehanno eseguito gli affreschi ora rimessi in luce?

Durante tutto l’intervento di restauro non abbiamo sco-perto firme o date. Di conseguenza sarà molto difficile at-tribuire questi affreschi alla mano di un determinato artista.Essi sono stati realizzati prevalentemente tra la fine del Cin-quecento e l’inizio Seicento.

Questo intervento di restauro porta degli elementinuovi alla storia del Sacro Monte della Madonnadel Sasso?

Sicuramente l’intervento porta degli elementi nuovi, comeappunto i temi di dette rappresentazioni, abbastanza rarein Ticino e rimaste nascoste per parecchio tempo. È unavera riscoperta e un preludio alle ricchezze della chiesa ma-trice, l’Assunta: un’autentica porta d’ingresso al SacroMonte!

Quando pensa che la chiesa dell’Annunziata potrà di nuovo essere aperta al pubblico?

La fine del nostro intervento è prevista per metà o fine ago-sto. Ci saranno poi ancora altri lavori come il riposiziona-mento della lapide di fra Bartolomeo d’Ivrea, laricollocazione dell’altare maggiore, la pulitura finale del pa-vimento. La data esatta dell’apertura al pubblico verrà de-cisa dalla Direzione lavori in accordo con l’ufficio dei Beniculturali.

Può immaginarsi l’impressione che la chiesa restaurata potrà suscitare in coloro che la visiteranno dopo che sarà di nuovo aperta al pubblico?

Chi conosceva la chiesa prima del restauro rimarrà, spero,positivamente impressionato da tutti questi ritrovamenti, eper chi non la conosceva sarà la scoperta di un elementoimportante pieno di rappresentazioni particolari ed inte-ressanti.

Intervista raccolta da frate Agostino

Page 20: Messaggero 2010-11 Lug-Set

20

Mes

sagg

i da

l m

ondo

del

la c

hies

a Finanze della Chiesa svizzera

La RKZ (Conferenza centrale cattolica romana della Sviz-zera), cioè l’organismo che provvede al finanziamento dellaChiesa in Svizzera, disporrà nel 2011 di un totale di 8,5 mi-lioni di franchi, dei quali 6,5 milioni sono destinati al cofi-nanziamento di compiti pastorali a livello nazionale o diregioni linguistiche. Mentre il numero degli aderenti alleChiese cantonali o alle diocesi non é sensibilmente dimi-nuito (malgrado le aumentate critiche alla Chiesa), sono in-vece diminuite le entrate, sia come imposte ecclesiastichesia come contributi volontari: diverse diocesi sono in diffi-coltà finanziarle, tra cui Sion e Lugano. E’ inoltre in atto uncambiamento nella composizione della Chiesa cattolica: indiverse regioni aumentano i cattolici dell’immigrazione,mentre diminuiscono almeno percentualmente i cattolicid’origine svizzera. Ciò richiede dl riesaminare l’organizza-zione e il finanziamento delle “Missioni degli immigrati”,seguiti pastoralmente dalla Commissione episcopale “Mi-gratio”: un avvicinamento di queste “missioni” con le or-ganizzazioni ecclesiastiche cantonali o diocesane diventasempre più auspicabile e persino necessario. La RKZ ha puredeciso dl aumentare il finanziamento destinato al settorecomunicazione, portandolo, in unione al “Sacrificio quare-simale”, ad un totale di fr. 2,4 milioni, mentre 200.000 fran-chi sono stati destinati alla Commissione dei mediadell’episcopato, e un sussidio speciale è stato attribuito al-l’Agenzia Aplc-Klpa, per sviluppare un sito internet in linguafrancese (cath.ch), accanto a quello già esistente in tedesco(kath.ch), con informazioni e documenti. I partecipanti al-l’assemblea della RKZ, tenutasi ad Altdorf, hanno poi ascol-tato una conferenza sulla storia delle istituzioniecclesiastiche nei Cantoni centrali, che ha ricordato l’origine“dal basso” di chiese e fondazioni e, grazie alla partecipa-zione e all’attaccamento popolare, ha impedito la diffusionedella Riforma. Un risultato e un sistema che merita di esseremantenuto, di fronte alle nuove difficoltà che incontra laChiesa cattolica, evitando pericolose innovazioni che vor-rebbero modificare una situazione radicata nella storia, persostituirlo col “diritto canonico”, che oltretutto rispecchiauna visione premoderna della vita sociale.

L’universita’ di Basilea ha 550 anni

L’Università di Basilea è la più antica scuola su periore sviz-zera. Nata nel 1460, festeggia quest’anno il 550esimo an-niversario della fondazione, legata al con cilio svoltosi aBasilea dal 1431 al 1449. Partecipando al concilio in qua-lità di suo segretario, Enea Silvio Piccolomini, futuro papaPio II, ebbe l’occasione di conoscere la città e di apprez-

zare il caratte re amabile della popolazione e delle autorità.In segno di riconoscenza, divenuto papa, pro mulgò unabolla nella quale auto rizzava la fondazione dell’univer sità.L’università di Basilea, frutto di un Concilio e fondata daun Papa, è cresciu ta intorno alla facoltà di teologia, anchese oggi la facoltà di teologia è la più picco la dell’università,e anche la più piccola delle tre facoltà teologiche evangeli-che della Svizzera tedesca, accanto a Zurigo e Berna. Conil passaggio di Basilea alla riforma protestante, nel 1529, lafacoltà di teologia è diventata luo go di formazione dei fu-turi pasto ri riformati e tale è rimasta fino a oggi; ha oggicirca 140 studenti, dei quali circa 40 conseguiranno sem pli-cemente la laurea in teologia, mentre un centinaio intendelau rearsi e intraprendere poi la strada di pastore evangelico.Tra i suoi docenti, ha avuto il celebre teologo Karl Barth,che aveva dovuto lasciare la cattedra occupata nella Ger-mania nazista. Secondo il professor Grozinger, “il diritto al-l’esistenza delle facoltà teologiche è messo alle volte indiscussione: alcu ni le considerano dei relitti del passato”.Invece “nella nostra società si sta svilup pando un rinno-vato interesse per la religione, e questo fa capire che un’uni-versità che studia in modo scientifico tutti gli aspetti delno stro mondo, non può fare a meno di una facoltà di teo-logia. Le reli gioni sono tornate ad occupare un posto di ri-lievo nel dibattito pub blico contemporaneo, più di quan tonon avessero venti o trenta an ni fa”. Qualche anno fa si di-scuteva anche della creazione di una cattedra di teolo giaislamica presso l’Università di Basilea, un progetto poi di-menticato: tuttavia la facoltà sta riflettendo sul modo di in-tegrare lo studio del la teologia islamica, accanto a quellogià esistente della teologia ebraica.

Mennoniti svizzeri

La Chiesa mennonita (o anabattista) è derivata dalla Ri-forma nel 16.mo secolo e si caratterizza per il rifiuto delbattesimo ai bambini (lo fanno da adulti) e per la netta se-parazione dallo Stato e il rifiuto di portare armi. Si trattadella più antica “Chiesa libera” della Svizzera. Perseguitatia Berna ancora nel 1710 (un gruppo di 56 anabattisti fu co-stretto all’esilio), si sono rifugiati specialmente sulle mon-tagne del Giura: oggi la Chiesa conta in Svizzera circa 2500membri, formanti la Conferenza mennonita svizzera, com-prendente 14 comunità nel Giura, nell’Emmental, e alle pe-riferie di Berna e di Basilea. A livello mondiale gli anabattistisono circa 1,5 milioni, in 75 paesi dei 5 continenti. Nel1693 un gruppo, condotto da Jacob Amman, si separò dallacomunità, per vivere secondo le antiche tradizioni, for-mando la comunità amish. Recentemente sono state sta-bilite relazioni tra i mennoniti svizzeri e la Chiesa riformata.

Appunti di vita ecclesiale

Page 21: Messaggero 2010-11 Lug-Set

Due premi alla carità

Il Premio Caritas per l’umanità, di franchi 10.000, è statoconferito l’11 giugno a Lucerna alla suora Vincenzina Dal-lai e al padre Gérard Comméville per sostenere la scuola “LaSanta Famiglia”, diretta dai due premiati , dove 1300 ra-gazzi di una bidonville a Gonaives (Haiti) sono scolariz-zati. Il 19 successivo, sempre a Lucerna, la comunità deicappuccini in Kenia ha ricevuto il premio della fondazioneLuigi e Giovanna Junt di 25.000 franchi, per il loro impegnoa favore della pace. Durante i sanguinosi disordini seguiti al-l’elezione presidenziale del 2007, i religiosi hanno istituitoil progetto Damietta, allo scopo di contribuire alla riconci-liazione, attuando l’esempio del fondatore san Francesco,apostolo della pace tra cristiani e musulmani.

Basilea sceglie un nuovo vescovo

L’attuale vescovo di Basilea, mons. Kurt Koch, è stato no-minato da Benedetto XVI a presidente del Consiglio pon-tificio per l’unità dei cristiani e diventerà il quarto cardinalesvizzero vivente (con il ticinese mons. Gilberto Agustoni,il ginevrino Cottier, il vallesano Schwery). La nomina papaleè stata apprezzata in Svizzera sia da cattolici sia da rifor-mati, e sarà senz’altro utile in Vaticano per migliorare i rap-porti con la Chiesa svizzera (della quale mons. Koch hapresieduto la Conferenza episcopale), e per il movimentoecumenico, del quale è conoscitore e fautore. La nominadel nuovo vescovo di Basilea spetta al Capitolo della catte-drale, tuttavia con la partecipazione alla scelta della cosid-detta “Conferenza diocesana” composta dei delegati dei10 Cantoni della diocesi. Secondo il concordato del 26marzo 1828, il vescovo di Basilea (che risiede a Soletta) ,viene scelto dai 18 preti che formano il capitolo; questi pre-parano una lista di sei candidati che viene trasmessa allaConferenza diocesana, radunata nel medesimo tempo; essaha la possibilità di indicare a maggioranza “non conve-nienti“ al massimo tre dei proposti; tra i nomi rimasti il Ca-pitolo sceglie a maggioranza assoluta delle schede valide ilnuovo vescovo. Se l’eletto accetta, tramite il Nunzio diBerna, il nome è trasmesso alla Santa Sede che esamina seil prescelto ha i requisiti richiesti e se l’elezione è stata re-golare: il nuovo vescovo deve appartenere al clero dioce-sano, avere almeno 35 anni ed essere prete da almeno 5,avere un titolo di studio in materia religiosa (sacra scrittura,teologia, diritto canonico, ecc.) o esserne competente, go-dere di buona fama e di molte qualità utili al compito epi-scopale. Ciò accertato, il Papa conferma la elezione.Secondo questa procedura, si tratterà della tredicesima ele-zione a partire dal 1828; tra i vescovi così designati figura

anche mons. Eugenio Lachat (eletto nel 1863 e diventatonel 1885 il primo amministratore apostolico del Ticino) emons. Hansjorg Vogel (eletto nel 1994 e dimissionato “perpaternità” l’anno seguente). La proceduta basilese che pre-vede un’ampia consultazione di clero e laicato, dovrebbeservire di base per unificare le procedure di scelta dei ve-scovi in Svizzera (ogni diocesi ne ha una diversa!), ma iltema viene ripreso ad ogni vacanza, e poi rimandato … allaprossima.

Da Ginevra al sud del mondo

A Ginevra hanno sede le grandi organizzazioni cristianenon cattoliche: il CEC (Consiglio ecumenico delle Chiese),l’ARM (Alleanza riformata mondiale) e il REC (Consiglioecumenico riformato). Ora l’ARM e il REC si sono riunitenel CMER (Comunione mondiale delle Chiese riformate) ela maggioranza delle sue Chiese appartengono al sud delmondo, e non apprezzano di mantenere la sede nella riccaGinevra (troppo cara...) e simbolo di un Occidente ingiu-sto e anticristiano. Così alcuni propongono come nuovasede Johannesburg (Sud Africa), oppure Accra (Ghana) oancora Hongkong (Cina), per dimostrare concretamentel’impegno a favore del cristiani e del popoli del TerzoMondo.

Alberto Lepori

2121

Page 22: Messaggero 2010-11 Lug-Set

100 anni di ecumenismocelebrati ad Edimburgo

Dal 2 al 6 giugno si è tenuto aEdimburgo un grande incontroecumenico per commemorare il

centesimo anniversario della Confe-renza missionaria mondiale che ebbeluogo nel 1910 nella capitale scoz-zese, un evento che viene general-mente considerato come il punto dipartenza, l’atto di nascita del movi-mento ecumenico contemporaneo.Vi hanno partecipato, provenienti da60 Paesi, circa 300 leader di tutte letradizioni cristiane: anglicani, prote-stanti, cattolici romani, ortodossi,“evangelicali” e pentecostali. Ad essi,l’ultimo giorno si sono aggiunti 900visitatori locali ed internazionali peruna celebrazione che si è significati-vamente tenuta nella stessa “Assem-bly Hall” della Chiesa di Scozia (vedifoto) dove ebbe luogo la storica Con-ferenza del 1910.

A riunirsi a Edimburgo, dal 14 al 23 giu-gno 1910 per la Conferenza missiona-ria mondiale furono 1.200 delegati(non delle loro Chiese ma delle rispet-

tive società missionarie), quasi tuttiprovenienti dalla Gran Bretagna e dagliStati Uniti. L’incontro fu “ecumenico”nel senso che fu aperto ai diversi ramidell’anglicanesimo e del protestante-simo, ma senza le voci provenientidella Chiesa cattolica e da quella orto-dossa (interessante notare, comunque,che vi partecipò anche un ospite orto-dosso), e lo scopo fu quello di aiutarei missionari a forgiare uno spirito co-mune e non concorrenziale, contrarioal Vangelo. La Conferenza ebbe unpeso determinante nella genesi del mo-vimento ecumenico essenzialmente perdue motivi. Il primo è che una delleotto commissioni nelle quali si artico-larono i lavori dell’assemblea avevacome tema “la cooperazione e la pro-mozione dell’unità”. Il secondo è cheal termine della Conferenza venne de-ciso di costituire un “comitato di con-tinuazione”, cioè un organismopermanente incaricato di proseguire illavoro avviato a Edimburgo e quindianche di promuovere l’unità delle di-verse missioni coinvolte e, di riflesso,

l’unità delle rispettive Chiese.La cesura di relazioni creata dalle dueGuerre mondiali farà sì che le ricadutedi Edimburgo troveranno i loro fruttipiù importanti soltanto nel 1948, conla fondazione, ad Amsterdam, del Con-siglio ecumenico delle Chiese (CEC) ,di cui oggi fanno parte 349 Chiese pro-testanti, anglicane, ortodosse e vetero-cattoliche, che rappresentano oltre 560milioni di cristiani. La maggior partedelle Chiese ortodosse vi aderì soltantonel 1961, mentre la Chiesa cattolica ro-mana, all’inizio molto critica e negativanei confronti del movimento ecume-nico (basti ricordare l’enciclica di Pio XI“Mortalium animos” del 1928), cam-biò atteggiamento con il Concilio Vati-cano II (1962-1965) e, pur nonentrando nel CEC, vi collabora attiva-mente sia tramite il Gruppo misto di la-voro, istituito nel 1965, sia facendoparte a pieno titolo di due importanticommissioni: “Fede e Costituzione” e“Missione ed Evangelizzazione”. Da ri-cordare anche l’esistenza, dal 1960, delSegretariato, ora Pontificio Consiglio,per la promozione dell’unità dei cri-stiani.

Testimoniare Cristo oggi

L’azione missionaria mondiale nonpuò che viaggiare sui cammini delladiversità, una diversità che troval’unità nell’incontro con Gesù Cristo.E’ quanto è scaturito dalla Conferenzamissionaria mondiale, sul tema “Te-stimoniare Cristo oggi”, che si è te-nuta, come detto, in giugno aEdimburgo. I delegati si sono interro-gati sul ruolo che può avere una testi-monianza comune del Vangelo oggi,in un mondo dove la realtà cristianaappare sempre più frammentata. Contavole rotonde e incontri di gruppo,hanno cercato di mettere a fuoco lesfide per la missione nel XXI secolo,con una convinzione ben precisa:oggi l’evangelizzazione avviene in

22

Mes

sagg

io e

cum

enic

o

©W

CC

-Gen

eva

Page 23: Messaggero 2010-11 Lug-Set

tutte le direzioni, da e verso ogniluogo geografico del pianeta, e nonpiù soltanto da Nord verso Sud.

“Missione e unità vanno di paripasso” - ha affermato durante la cele-brazione di apertura Olav Fykse Tveit,segretario generale del Consiglio ecu-menico delle Chiese, sottolineando laresponsabilità delle Chiese: quella cioèdi “offrire riconciliazione all’umanità.Riconciliazione con Dio, tra gli esseriumani, con il creato”. “Le Chiese” –ha detto il pastore norvegese – “de-vono essere testimoni di speranza intempi di ingiustizia, di crisi finanzia-rie, di minacce ambientali e di vio-lenza e tensioni tra uomini di fede”.Tveit ha poi tenuto a sottolineare lacentralità della croce: “TestimoniareCristo è un movimento missionariodella croce... Il mondo ha bisogno didiscepoli fedeli a Cristo che portino lacroce con amore e in solidarietà con ilmondo per il quale Gesù è morto”. Aprendere la parola subito dopo è statoil direttore internazionale dell’Alleanza

evangelica mondiale, Geoff Tunni-cliffe: “L’agnello di Dio è resuscitatoed è l’unico che ci unisce nel tempioe in eterno”, ha detto, enfatizzandol’attuale sfida, quella cioè “di tutte leChiese a portare tutto il Vangelo atutti!”, riconoscendo tuttavia conamarezza che “a causa della disu-nione della Chiesa è più difficile per ilmondo credere in Gesù Cristo”.Da parte sua, l’evangelica Dana Ro-bert, dell’Università di Boston, tra lemaggiori esperte mondiali della storiadella missione, ha osservato come ilcristianesimo abbia subito uno dei piùgrandi cambiamenti nella sua storiaormai bimillenaria: “Ora è una fedemulticulturale, con una grande molti-tudine di credenti di tutte le tribù, po-poli e lingue”. Ed ha aggiunto: “I partecipanti alla Conferenza mis-sionaria mondiale di un secolo fahanno riflettuto su come evangeliz-zare il mondo nella loro generazione.Noi che viviamo nel 2010, dobbiamorendere testimonianza alla nostra ge-nerazione”.

Il messaggio finale

La Conferenza si è conclusa con la let-tura e la diffusione di un “Appello co-mune” in cui si riafferma “l’urgenza”della missione. Ecco qualche stralcio:“Siamo chiamati a un dialogo auten-tico, ad un impegno rispettoso e aduna umile testimonianza all’unicità diCristo ..., siamo chiamati a diventarecomunità di compassione e di guari-gione, in cui i giovani partecipano atti-vamente alla missione, in cui donne euomini condividono equamente poteree responsabilità ..., siamo chiamati atrovare modi pratici di vivere comemembri dell’unico corpo …, siamochiamati a rallegrarci per le espressionidel Vangelo in molte nazioni in tutto ilmondo …, siamo chiamati come co-munità di fede alla missione da ogniluogo e verso ogni luogo …, siamochiamati a una cooperazione costante,ad affrontare le questioni controverse ea lavorare per una visione comune”.

Gino Driussi

23

Importante e prestigiosa nomina per la Chiesa cattolica svizzera: lo scorso 1° luglio il Papa hascelto – elevandolo nel contempo alla dignità di arcivescovo - mons. Kurt Koch (nella foto)quale nuovo presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, alposto del cardinale tedesco Walter Kasper, ritiratosi per raggiunti limiti di età. Il dicastero si oc-cupa anche dei rapporti religiosi con l’ebraismo.Koch, 60 anni (è nato il 15 marzo 1950 ad Emmenbrücke), è stato vescovo di Basilea per 15anni e presidente della Conferenza dei vescovi svizzeri dal 2007 al 2009 ed è un profondo conoscitore dell’ecumeni-smo. In una lettera ai suoi diocesani scritta dopo la sua nomina, mons. Koch – futuro cardinale poiché il posto che oc-cupa a Roma è cardinalizio - rileva come l’ecumenismo stia a cuore a Benedetto XVI, non solo quello con gli ortodossi,ma anche quello con i protestanti. Infatti, aggiunge, nell’incontro avuto con lui lo scorso febbraio, il Papa gli ha confi-dato come sia importante che la presidenza del Pontificio Consiglio per l’unione dei cristiani venga di nuovo affidata aqualcuno che conosca le Chiese e le comunità ecclesiali sorte dalla Riforma non solo tramite i libri, ma per esperienzadiretta, ciò che è certamente il caso per mons. Koch.Messaggio di felicitazioni e di auguri per il nuovo incarico sono giunti a mons. Koch in particolare dalla Conferenza deivescovi svizzeri, dal presidente uscente della Federazione delle Chiese evangeliche della Svizzera pastore Thomas Wipf,dal segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese Olav Fykse Tveit, dal metropolita Hilarion, presidente delDipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca e dall’associazione ebraica American Jewish Committee.

Mons. Koch nuovo presidente del Pontificio Consiglio per l’unione dei cristiani

Page 24: Messaggero 2010-11 Lug-Set

Elogio del silenzio

Lungo il corso dei secoli, il silenzio è stato oggetto dilode da parte di una moltitudine innumerevole di per-sone, di ogni estrazione sociale. Basta pensare alla

dichiarazione di Lao Tsé: «Il silenzio è la grande rivela-zione»; o al detto popolare: «Un bel silenzio non fu maiscritto». Quest’ultimo detto sembra suggerire l’idea chenel silenzio si possano vivere esperienze di una tale pro-fondità o altezza, da rendere vano ogni tentativo di tra-durle in parole. Doveva trovarsi in uno stato distraordinario silenzio Paolo, quando fu rapito al terzo cieloe «udì parole indicibili, che non è lecito ad alcuno pro-nunciare» (2 Cor 12,2-4). Anche Gesù sottolinea il ruolofondamentale del silenzio, soprattutto nella comunica-zione che abbiamo con Dio. Dice: «Quando tu preghi,entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo,che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, tiricompenserà». Dice anche di non pregare come i pagani,ossia come quelli che non conoscono Dio o, comunque,hanno una conoscenza limitata di lui. Essi «credono di ve-nire ascoltati a forza di parole». Ma voi – aggiunge – «nonsiate come loro, perché il Padre vostro sa di quali coseavete bisogno prima ancora che gliele chiediate» (Mt 6,5-8). Il silenzio nel rapporto con Dio esprime la nostra fi-ducia in lui e ci apre alla piena accoglienza della suaazione in noi. Sul piano delle nostre relazioni umane,esprime fiducia nei confronti della persona che ci sta da-vanti oppure fiducia nella vita. Per questo è anche il segnopiù evidente della nostra maturità interiore e sicurezza.

Naturalmente esistono diverse forme di silenzio. Ci sonoaddirittura silenzi al negativo: silenzio di chiusura, di mor-tificazione, di minaccia, di collera, di rancore, di paura odi timidezza; «un silenzio pesante, che mi opprime in talmodo che la più piccola parola sarebbe per me una libe-razione»; oppure «un silenzio in cui ringhia un’ostilità ir-ritata dal non trovare mezzi abbastanza forti permanifestarsi»; un «silenzio che contiene tutte le parole eun altro che non ne contiene nessuna» (Lavelle). Al posi-tivo c’è il silenzio che scaturisce dal retto uso della parola:la parola veritiera, il cui opposto è la parola falsa; la parolaunitiva, che è il contrario della parola separativa; la parolagentile, che contrasta la parola aspra; la parola utile, con-trapposizione alle parole inutili e oziose (il Buddha). La«retta parola» è la parola che genera il silenzio di riserva-tezza, il «silenzio che porta il peso di tutti i ricordi senzaevocarne nessuno e prende in considerazione tutte le pos-sibilità senza preferirne nessuna»; oppure il «silenzio del-l’amicizia piena, felice di aver superato tutte le parole e diaverle rese inutili»; o, ancora, il «silenzio dell’ammira-zione», della meraviglia e dello stupore» (Lavelle).

Il digiuno e la sospensione della parola, tuttavia, non espri-mono l’aspetto più significativo del silenzio. Come già sug-gerisce chiaramente il discorso sulla «retta parola», ilsilenzio è soprattutto un’attitudine interiore. Le sue carat-teristiche fondamentali sono l’equilibrio, la calma, la tran-quillità e la pace in mezzo al travaglio della vita. Comescrive Aurobindo, «nella mente calma la sostanza dell’es-sere mentale è immobile, tanto immobile che nulla riescea turbarla». Anche se sorgono pensieri, immagini e senti-menti «passano senza nulla turbare, senza lasciare traccia»:attraversano la mente «come un volo di uccelli attraversa ilcielo in un’aria immota». Gli stessi avvenimenti più violentinon riescono ad intaccarne l’equilibrio e la serenità. «Unamente che abbia acquisito questa calma può cominciare adagire con intensità e forza, mantenendo la sua fondamen-tale immobilità», ossia con calma e imparzialità e, insieme,«nella gioia della Verità». Una mente silenziosa è essen-zialmente una mente «libera da inquietudini e turbamenti,salda, disponibile e lieta, che si apre alla Forza che cambiala natura». Il silenzio interiore, quindi, non è un bicchierevuoto. Indica piuttosto quell’attitudine di consapevolezzaspaziosa, silente e tranquilla, che sa accogliere ogni cosa,accompagnando ogni evento con quella maturità interioreche ci rende adulti e pieni di bontà e saggezza nel nostroagire. Come scrive Madeleine Delbrel, socialmente impe-gnata a portare solidarietà ai più emarginati:

«Tutti i rumori che ci circondano fanno molto meno strepitodi noi stessi. Il vero rumore è l’eco che le cose hanno innoi. Non è il parlare che rompe inevitabilmente il silenzio.A noi, gente della strada, sembra che la solitudine non sial’assenza del mondo, ma la presenza di Dio. E’ l’incontrareDio dovunque che fa la nostra solitudine. E’ l’altezza che fala solitudine delle montagne, non il luogo dove sono col-locate le loro basi. Perché il vento tra i pini, la tempestasulla sabbia, la burrasca sul mare sarebbero silenzio, e nonlo sono invece il pulsare delle macchine in una fabbrica, ilronfare dei treni alla stazione, il frastuono delle auto all’in-crocio delle strade? Qui e là sono le stesse grandi leggi cheoperano, il suono della creazione che ci circonda. Perché ilcanto dell’allodola in un campo di grano, lo stridío degli in-setti nelle ore notturne, il ronzío delle api fra il timo nutri-rebbero i nostri silenzi, e non, invece, i passi della folla nellestrade, il parlottio delle donne al mercato, le grida degli uo-mini al lavoro, il riso dei bambini in un giardino, le canzoniche escono dai bar? Tutto è voce di creature che si muo-vono verso il loro destino, eco della casa di Dio in ordine ein disordine, tutto è segno della vita che procede verso lapropria pienezza di vita. Il silenzio non è un’evasione, mail raccogliersi di noi stessi nel cavo della mano di Dio. Il si-

Die

ci m

inut

i pe

r te

24

Page 25: Messaggero 2010-11 Lug-Set

lenzio non è una serpe che fugge di fronte al più piccolo ru-more: è un’aquila dalle forti ali, che vola alto sullo strepitodella terra, degli uomini e del vento».

Swami Veda Barati, invece, scrive:«In mezzo a tutti i pianti e i sorrisi, lascia che la mente siprenda un tempo e divenga immobile. Osserva anche tuquesto momento, e diventa immobile. Questo non significazittire ogni pensiero, emozione e parola. Rintracciale sem-plicemente nel silenzio che precede ogni discorso e diventaimmobile. Vi è un istante, un felice istante di quiete, dalquale sorge un’onda che di nuovo con la quiete si fonde.Quando osservi l’onda, osserva con essa anche la calmada cui sorge e la sua fine silenziosa. Allora anche tu diventiimmobile e silenzioso. Ogni respiro inizia dal silenzio e fi-nisce in una pausa di sospensione. Colma quell’intervallocon il silenzio della meditazione che accoglie, accompagnaed ascolta sia il moto che la sospensione. Allora anche tudiverrai immoto e silenzioso. Prima di esplodere di rabbia,prima di cedere alla passione, trattieni la mente, fissala nella

calma che è dentro di te. Allora perfino in mezzo alla rab-bia e alla passione troverai la stabilità che trasforma la tuacompulsività in una quiete ben governata, in uno stru-mento che alimenta una quieta, feconda immobilità. Im-mergiti dentro di te, nelle profondità del tuo essere, e tuttosi farà quiete sovrana e creativa immobilità».I padri della chiesa esaltano il silenzio del venerdì santo,che culmina nel silenzio del «grande sabato». Questi due si-lenzi sono gravidi del felice evento della risurrezione: «Ungrande silenzio avvolge la terra il venerdì di Passione. Dopoaver annunciato la morte di Dio, sembra che il mondo entrinel silenzio del grande sabato, che precede e annuncia la ri-surrezione». Evdokimov prosegue: «Quando l’uomo rientrain se stesso e ritrova il vero silenzio, vive l’esperienza quasidi un attesa che gli viene dal Padre che è presente nel se-greto. E’ una parola che non s’impone; è parola che testi-monia di una prossimità vivente: Ecco, sto alla porta ebusso» (L’amore folle di Dio, ed. Paoline, pp. 42 e 40).

fra Andrea Schnöller

25

Page 26: Messaggero 2010-11 Lug-Set

Adam,lavoratore gioioso

Mes

sagg

io b

ibli

co Nei numeri scorsi abbiamo dettoche due sono gli scrittori chehanno composto questi primi ca-

pitoli della Genesi. Finora ne abbiamoletto uno, chiamato “sacerdotale”, e ilsuo stupendo inno alla creazione di-viso in sette giorni ci ha affascinato.Ora iniziamo a leggere il secondo scrit-tore chiamato “jahvista”, perché tuttele volte che nomina Dio lo chiama ap-punto Jahvè.Questo scrittore è più antico del sacer-dotale, evidentemente non lo conosce,perciò inizia il suo racconto dicendo:“Quando Dio, il Signore, fece il cielo ela terra, sulla terra non c’era ancoranemmeno un cespuglio e nei campinon germogliava l’erba. Dio il Signorenon aveva ancora mandato la pioggiae non c’era l’uomo per lavorare laterra”.Che cosa vogliono dire queste parole?Dobbiamo entrare nella mentalità del-l’orientale il quale parla spesso per fi-gure e non per astrazione.Non c’erano cespugli, non c’eranocampi, non germogliava l’erba, nonc’era la pioggia, non c’era l’uomo,quindi... c’era il nulla. In altre parole loscrittore jahvista dice le stesse cose delsacerdotale: “All’inizio non c’era nulla,c’era solo il Signore Iddio”.Ma fa una piccola eccezione: “Vi erasolamente vapore che saliva dal suoloe ne inumidiva la superficie”.Come mai questo vapore?... Il com-mentatore del Talmud dice una cosaintelligente: “Siccome Jahvè stava percreare con la terra l’uomo, aveva biso-gno che questa terra fosse umida,come ha bisogno dell’acqua il pastaioche vuole formare il pane. Ecco dun-que che la terra viene inumidita da unvapore e solo allora il Signore prese dalsuolo un po’ di terra e con quella pla-smò l’uomo, gli soffiò nelle narici unalito vitale e l’uomo diventò una crea-tura vivente”.Bellissima questa descrizione dellacreazione dell’uomo! In altre parole

l’uomo è creatura formata dalla terra edel respiro di Dio, perciò si colloca frail terrestre e il divino, è l’essere a metàstrada che congiunge i due elementi, ilmateriale e lo spirituale. Vi rendeteconto chi siamo!...Poi “Dio, il Signore, piantò un giardinoin Oriente nella regione di Eden e vimise l’uomo che Egli aveva plasmato,fece spuntare dal suolo alberi di ognispecie, erano belli a vedersi e i lorofrutti squisiti. In mezzo al giardinopiantò due alberi, uno per dare la vitae l’altro per infondere la conoscenza ditutto”.Dopo aver creato l’uomo Dio crea l’am-biente, il giardino, e pone l’uomo, cheè frutto del campo, della terra, nel suocampo, nel suo terreno.Avete notato che finora nella tradu-zione che sto leggendo non si è maiusata la parola Adamo, ma semprel’uomo.La parola “uomo” è la traduzione diAdam e proviene certamente dal voca-bolo adamà che vuol dire il terreno delcampo.Dunque l’uomo è detto Adam perché èstato preso da adamà. E fa bene la tra-duzione della Bibbia in lingua correntea non usare il nome proprio Adamo persostituirlo semplicemente con la parola“uomo”. Infatti la storia che stiamo perraccontare non è la storia del signoreAdamo, ma è la storia di ogni Adamo,quindi di ogni uomo.Dicevamo che Dio colloca l’uomo nelgiardino, un giardino bellissimo che ri-chiama le antiche oasi orientali, ungiardino dove c’erano alberi belli a ve-dersi e frutti squisiti.La Bibbia parla poi di quattro fiumi cheesistono in questo giardino, due diquesti sono fiumi noti, il Tigre e l’Eu-frate, gli altri probabilmente sono fiumisimbolici, ma il messaggio che da que-sti versetti promana è il seguente: ungiardino non esiste se non esiste lalinfa vitale dell’acqua.Continua il Sacro Testo: “Poi il Signore

Iddio prese l’uomo e lo mise nel giar-dino per coltivare la terra e custodirla”.E’ simpatico il commento del Talmud;dice chiaramente che Dio prese l’uomocon parole gentili e lo persuase ad en-trare nel giardino.Ma perché Dio fece questo invito?...Perché quasi sospinse l’uomo ad en-trare in quel bellissimo giardino?... Per-ché il giardino aveva bisognodell’uomo; senza di lui, quel giardinoche rappresenta il mondo è un deserto.Ma non deve restare deserto; acqui-sterà la sua vera bellezza per mezzodell’uomo. Adamo, cioè l’uomo, se-condo l’affermazione del testo, legatoalla mentalità del proprio tempo, tra-sforma la terra incolta in un giardino.Ma il catechismo che noi adulti ab-biamo studiato nelle prime classi ele-mentari non dice forse che l’uomo èstato creato da Dio per “amarlo e ser-virlo in questa vita, e poi goderlo eter-namente nell’altra?” Sì, il vecchiocatechismo, a somiglianza degli anti-chi miti pagani orientali, afferma chel’uomo è creato solo per Dio e per lareligione, la Bibbia invece ci dice cheDio destina l’uomo al mondo, deve de-dicarsi ad esso, è messo nel giardinodel creato che è il suo posto irrinun-ciabile. Ora l’attività con cui l’uomo sidedica al mondo è il lavoro, e il lavoronon si porrà come una delle tante oc-cupazioni dell’uomo, ma come l’impe-gno consegnatogli da Dio perchécoltivasse e custodisse la terra!E dato che l’uomo-lavoratore è quasi ilcontinuatore dell’opera creatrice di-vina, il suo lavoro diventa una forma digoverno universale attraverso il qualerende presente la stessa azione di Dio.Per questo motivo il lavoro è santifi-cato dalla sua stessa essenza, ancoraprima che l’uomo lo orienti voluta-mente verso Dio; il lavoro è già un rap-porto con Dio, anzi è l’agire di Dioattraverso l’uomo. Forse sarebbe dun-que utile correggere quella risposta delvecchio catechismo; l’uomo è creato

26

Page 27: Messaggero 2010-11 Lug-Set

27

per Dio nel senso che deve continuarel’opera di Dio di custodire, migliorareattraverso il suo lavoro il giardino delcreato.Vorrei insistere ancora sul valore del la-voro nei primi due capitoli della Bibbia.Nel capitolo primo abbiamo vistocome Dio, dopo essersi consultato eaver deciso di fare l’uomo, gli dà subitoil compito di dominare sui pesci delmare e sugli uccelli del cielo, sul be-stiame, sugli animali; e appena creatol’uomo gli affida il più grande e mera-viglioso lavoro che possa fare: esserefecondo, diventare numeroso, popo-lare la terra, per poi aggiungere: questaterra dovete governarla e dominarla.Dicevamo allora che il verbo “domi-nare” non va inteso nel senso del po-tere, ma nel senso stesso con cui Diodomina, con la legge della provvidenzae dell’amore.Soltanto dopo che aveva dato all’uomol’ordine di procreare e di riempire laterra e di servire gli animali, le piante etutto il creato - sempre nel primo capi-tolo - lo scrittore sacerdotale dice: “EDio vide che tutto quello che avevafatto era molto bello”.Nel secondo capitolo un altro scrittoreinsiste: “Prese l’uomo e lo mise nelgiardino per coltivare la terra e custo-dirlo”. Sì, proprio quell’uomo che dallaterra era stato tratto, ma vivificato dallospirito divino, per gli autori biblici ènelle condizioni migliori per coltivarela terra e custodirla.Da questa omelia biblica sul lavoropossiamo dedurre due considerazioni.La prima: il rapporto esistente tral’uomo e la terra è lo stesso rapportoche deve esistere tra il figlio e la madre;più la terra è vecchia più il figlio deveaver cura di questa madre, non dimen-ticando però che per essere figlio hadovuto avere un padre e questo Padreè Iddio che con il soffio del Suo Spiritoha vivificato la terra per ricavarne laSua immagine e la Sua rassomiglianza:l’uomo, Adam.

Ecco perché noi dobbiamo amare laterra; nessuno può disprezzare suamadre, nessuno può calpestarla, puòdistruggerla, può cambiargli i conno-tati, può torturarla, può avvelenarla,può renderla sterile, può strappargli icapelli delle foreste, ma tutti figli - perla propria madre - devono avere unprofondo rispetto e un grande amore.E la seconda considerazione: il rap-porto fra l’uomo e il lavoro. L’uomo èfatto per lavorare, ma di un lavoro gio-ioso, costruttivo, che gli dà la possi-bilità di realizzarsi a pieno comepersona.Ecco perché dovremmo combatteretutti quei lavori che non sono realiz-zatori dell’uomo, ma sono semplice-mente pro-cacciatori di denaro.Lo so che è un discorso utopico, macredo che sia importante ricordarlo,soprattutto in questo momento in cuinel rapporto uomo-lavoro si è intro-dotto uno spirito maligno, la disoccu-pazione.Quando vedo dei giovani disoccupatimi rincresce per loro, non tanto per-ché non guadagnino; lo Stato prov-

vede a questo aspetto negativo dellamancanza di denaro, ma soprattuttoperché non riescono a realizzarsi inpieno, in quanto l’uomo attraverso illavoro allena, non soltanto le suemembra, ma soprattutto la sua mente.Ed è per questo che dobbiamo faretutto il possibile per togliere la piagadella disoccupazione; dobbiamo so-prattutto interrogarci se non è il casoche chi lavora troppo (e troppo gua-dagna) non possa cedere parte del suolavoro (e del suo guadagno) a chi nonha da lavorare e non può guadagnare.Ma, ripeto, il problema della disoccu-pazione è prima di tutto un problemapsicologico e antropologico, senzaminimizzare le conseguenze econo-miche.Per concludere: l’impegno di chi credein questo discorso biblico su l’impor-tante rapporto che deve esistere fral’uomo e il lavoro è quello di far sì chetutti gli uomini possano entrare nelgiardino della terra e possano colti-varlo e custodirlo.Rendendo migliore la terra migliore-remo noi stessi!

Page 28: Messaggero 2010-11 Lug-Set

La riscoperta del silenzio

Questo convento, nato per una scelta ascetica fatta da uo-mini alla ricerca di Dio, è un luogo adatto per ridare a noi,uomini dell’oggi, la possibilità di riscoprire e rivivere il va-lore del silenzio. Viene spontaneo chiederci: ma che cos’èil silenzio?

È la porta che si apre per entrare nella piena consapevo-lezza del nostro essere?È il modo migliore per ascoltare la voce di Dio che ci parla?È la terapia migliore per curare le nostre ansie, le nostrepaure, le nostre incertezze?

L’invito è di avere coraggio e di decidere di affrontare que-st’avventura. Bisogna lasciare le consuetudini e i luoghinei quali viviamo ogni giorno per poter entrare in un am-biente tutto diverso e trascorrere le ore in una cella ed as-saporare, nel silenzio, il dono del silenzio.

Il Bigorio è uno dei luoghi privilegiati e adatti per viverequesta esperienza. Noi, come frati cappuccini, che cosa possiamo offrire a chici chiede di trascorrere qualche giorno di silenzio in con-vento?

Offriamo la cosa più semplice che esiste: salire al conventoabbandonando le abitudini del vivere quotidiano, entrare inquesto luogo privilegiato, occupare gli spazi tipicamenteconventuali, usando una celletta per il riposo e la rifles-sione, trascorrendo nel coro dei momenti di meditazione,consumando i pasti in comune nel refettorio. Tutti questinuovi spazi, congiunti alla bellezza del paesaggio nel qualeè immerso il convento, daranno la possibilità di concretiz-zare il desiderio per il quale si è varcata la soglia di que-sto luogo.

A mano a mano che trascorreranno le ore, il silenzio diquesto luogo ci parlerà e ci condurrà per mano dentro ilmistero della presenza di Dio nella nostra vita. Soltantonel silenzio, il modo di vedere le cose cambia angolazione.

Trovo molto significativo questo testo di Isacco di Ninive,vissuto nel VII secolo:“Più di ogni altra cosa ama il silenzio; esso ti reca un fruttoche la lingua è incapace di descrivere. Da principio siamonoi stessi a imporci di tacere; ma in seguito, dal nostrostesso silenzio sorge qualcosa che ci trascina al silenzio.

Dio ti doni il sentimento di questo“qualcosa” che nasce dal silenzio! Seti impegnerai in questo esercizio, ve-drai quale profusione di luce inonderàla tua anima (…). Dopo un po’ ditempo, mediante l’esercizio di questaregola di condotta, nasce nel cuoreuna certa dolcezza per cui anche ilcorpo viene quasi naturalmente tra-scinato a rimanere in silenzio”.

A chi interessasse partecipare a que-sta esperienza, proponiamo il finesettimana del 20 e 21 di novembre,con due giornate chiamate “la risco-perta del silenzio”.

Per ulteriori informazioni o iscrizioni,telefonare allo 091 943 12 22.

fra Roberto

28

Mes

sagg

io d

al B

igor

io

Page 29: Messaggero 2010-11 Lug-Set

Mes

sagg

i da

lle

adia

cenz

e

Incontri biblici sulle parabole di Gesù

29

Da oltre un quindicennio l’Asso-ciazione “Biblioteca Salita deiFrati” organizza, nell’ambito

della propria attività culturale pub-blica, di regola una volta l’anno, unbreve ciclo di incontri biblici. Questainiziativa, che ha sempre suscitatol’interesse dei frequentatori della bi-blioteca, si ispira alla rinnovata atten-zione con cui il mondo della cultura,anche quello estraneo a presupposti oappartenenze religiose, si accosta oggialla ricerca biblica, avvalendosi di tuttigli strumenti della critica storica, dellafilologia testuale e delle scienzeumane. Ogni ciclo di lezioni verte suun testo oppure su un tema del Primoo del Secondo Testamento, che vienepresentato, nel corso di tre o quattrodistinte serate, da biblisti o studiosi didiverso orientamento. L’impostazioneè conforme agli scopi dell’Associa-zione, che si propone di offrire ad unpubblico laico i mezzi per approfon-dire e sviluppare le proprie cono-scenze sul cristianesimo e sullareligiosità.Gli incontri del prossimo autunno sa-ranno dedicati alle parabole di Gesùche, come è noto, sono storie rac-contate nella sua predicazione per il-lustrare il suo insegnamento: sipossono definire un metodo caratte-ristico della sua alta pedagogia reli-giosa. Ricorrono nei Vangeli sinottici(almeno quaranta, ma il numero variasecondo gli esegeti per la difficoltà diascrivere alcuni racconti al generedella parabola) e mancano invece inGiovanni. Esse, da un lato, si basanosul paragone con dati concreti desuntidall’esperienza degli ascoltatori se-condo la mentalità orientale, dall’altrosono enigmatiche, così da stimolare lacuriosità e da comportare spesso lanecessità di una spiegazione. Le para-bole sono un genere preesistente allapredicazione di Gesù, che si rifà dun-que a una tradizione già presente nel-l’Antico Testamento, in particolare nei

libri profetici ma anche in quelli sto-rici e poetici, e poi ripresa dal giudai-smo rabbinico. E non mancanonemmeno nei Vangeli apocrifi, in par-ticolare in quello di Tommaso.Il ciclo si inizierà con una lezione in-troduttiva, nella quale verranno illu-strate l’origine e le caratteristiche delmetodo parabolico di Gesù. Segui-ranno tre lezioni in cui verranno ana-lizzate e commentate alcune fra leparabole più note e significative. Que-sto il programma (inizio sempre alle20.30):– lunedì 11 ottobre: Rinaldo Fabris,Introduzione al metodo parabolicodi Gesù

– mercoledì 13 ottobre: Callisto Cal-delari, Il Regno di Dio e le sue pa-rabole

– martedì 19 ottobre: Daniele Gar-rone, La parabola del buon Sama-ritano

– martedì 26 ottobre: Fernando Ban-dini, La parabola del figliuol pro-digo

Concludiamo questa nota con alcuneinformazioni sui relatori. Rinaldo Fa-bris è fra i più importanti biblisti cat-tolici italiani: docente di Esegesi delNuovo Testamento nello Studio teo-logico di Udine e presidente dell’As-

sociazione biblica italiana, ha pubbli-cato oltre una trentina di studi su testineotestamentari (dai sinottici alle let-tere di Paolo). P. Callisto Caldelari ècertamente ben noto a tutti i lettoridel “Messaggero”: di lui ci limitiamo aricordare il volume Signore, perchéparli in parabole? (Bellinzona, Istitutobibliografico ticinese, 2008), unampio saggio di seria ed alta divulga-zione, che, dopo una ricca introdu-zione sulla parabola nella Bibbia,analizza e commenta le parabole deisinottici mettendo al centro del loromessaggio l’annuncio del Regno diDio. Daniele Garrone, pastore valdese,è docente di Antico Testamento allaFacoltà valdese di teologia di Roma: dilui si segnalano, fra l’altro, un com-mento al Cantico dei cantici e l’impe-gno nel dialogo ebraico-cristiano.Fernando Bandini, infine, è stato do-cente di Metrica e stilistica italiana al-l’Università di Padova ed è un poetafamoso per le sue raccolte di poesie initaliano e, soprattutto, in latino: i suoicarmina sono stati premiati più volteal concorso internazionale dell’Acca-demia reale olandese di Amsterdam eal Certamen Vaticanum.

Fernando Lepori

Page 30: Messaggero 2010-11 Lug-Set

30

Intervista aLeonardo Boff

Continuando la collaborazione con la bella rivistadella Conferenza delle Chiese Evangeliche di linguaitaliana in Svizzera, presentiamo la figura di uno dei

più noti fustigatori dei peccati sociali del nostro tempo: LEO-NARDO BOFF è nato a Concordia (Brasile), il 14 dicembre1938. Prima frate francescano, poi teologo ecologico, è au-tore prolifico, ha scritto oltre 80 libri, molti dei quali tra-dotti in decine di lingue e pubblicati in tutto il mondo.Durante gli anni 70, Leonardo Boff è stato uno dei “padri”fondatori della teologia sudamericana della liberazione.Ciò lo ha portato ad essere sanzionato una prima voltadalla Congregazione vaticana per la dottrina della fede. Acausa della minaccia di nuove sanzioni, Boff ha rinunciatoalle sue attività ecclesiastiche e ha proclamato, nel 1992,il suo ritorno allo stato laico.Oltre al dottorato honoris causa conferitogli nel novembre2009 dall’Università di Neuchâtel, ha ricevuto lo stesso ti-tolo in particolare dalle università di Lund (Svezia), Lon-dra (Gran Bretagna), Torino (Italia) e São Leopoldo(Brasile). Nel dicembre 2001, ha ricevuto il premio Nobelalternativo della pace per i suoi contributi alla lotta per ladifesa del clima ed il suo impegno sociale.Attualmente continua la sua riflessione teologica con unparticolare accento sulla tematica ecologica. E’ consiglieredel Movimento dei lavoratori rurali senza terra (MST) edelle comunità ecclesiastiche di base (CEBs) del Brasile.Svolge un’intensa attività di conferenziere che lo porta aviaggiare in numerosi Paesi. E’ stato più volte ospite delCentro Spazio Aperto di Bellinzona.

“Malgrado le fosche previsioni, ho fiducia che la speranzavinca la paura e che la vita sia più forte della morte”, ha af-fermato il teologo brasiliano Leonardo Boff alla vigilia dellaConferenza sul clima di Copenhagen. Nel frattempo laConferenza è terminata senza avere raggiunto un accordovincolante che permetta di affrontare globalmente la sfidadel riscaldamento della Terra. Nell’intervista che vi presen-tiamo, le riflessioni di Boff sulla necessità di adottare unnuovo modello di sviluppo e la sua speranza che alloscacco subito dagli attori della politica faccia seguito unamobilitazione della società civile internazionale.

Negli anni Ottanta lei è stato tra i primi a suonarel’allarme sulla problematica ecologica planetaria.Come analizza l’attuale situazione ambientale?

Numerose indicazioni scientifiche segnalano l’arrivo di unatragedia ecologica ed umanitaria. Nulla di essenziale è cam-biato dalla redazione della “Carta della Terra” elaborata nel

2003 da un gruppo di personalità proveniente dal mondointero. In quel documento dicevano: “Viviamo un mo-mento critico per la terra in cui l’umanità deve scegliere ilproprio futuro. La scelta è la seguente: o si promuove un’al-leanza globale per vegliare sugli altri e sulla Terra, o ri-schiamo la nostra distruzione e la devastazione dellabiodiversità”.

Come giustifica un’affermazione così tagliente,senza mezzi termini?

A causa dell’attuale convergenza di tre crisi strutturali: lacrisi causata dalla mancanza di sostenibilità del pianetaTerra, la crisi sociale mondiale e la crisi del riscaldamentoclimatico.

Può fornirci degli esempi?

La metà dell’umanità vive sotto la soglia della povertà. Lecifre sono terrificanti: il 20% dei più ricchi consuma oltrel’82% di tutte le ricchezze della Terra, il 20% dei più poverideve accontentarsi di un misero 1,6%.Quanto al riscaldamento climatico, la FAO (Organizza-zione delle Nazioni Unite per l’alimentazione) ha previstoche, nei prossimi anni, vi saranno 150-200 milioni di rifu-giati climatici. Le previsioni più drammatiche indicano unaumento di 4°C entro il 2035; per la fine del 21° secolo, si

Mes

sagg

io a

mic

o

Page 31: Messaggero 2010-11 Lug-Set

prevede un aumento di 7°C. Se ciò dovesse realmente ve-rificarsi, nessun tipo di vita oggi conosciuto potrebbe so-pravvivere.Quanto alla crisi di sostenibilità, l’umanità oggi consuma il30% in più di quanto è in grado di riprodurre, ossia il 30%in più delle capacità della Terra.

Ma questa tendenza a consumare il pianeta non è nuova...

No, ma la novità consiste nella rapidità di questo deterio-ramento. Secondo studi credibili, nel 1961 avevamo biso-gno di metà della Terra per rispondere ai bisognidell’umanità. Nel 1981 necessitavamo della Terra intera.Nel 1995, abbiamo superato del 10% la capacità di ripro-duzione, sebbene ciò fosse ancora sopportabile. Nel 2008,siamo al 30%: la Terra ci sta dando segnali inequivocabiliche non è più in grado di sopportare questo sfruttamento.

Le prospettive sono ancora più preoccupanti?

Se il prodotto intero lordo (PIL) prosegue nella sua crescitadel 2-3% all’anno, come previsto, nel 2050 avremo biso-gno di due pianeti Terra per rispondere alla domanda diconsumo: ciò è impossibile poiché disponiamo di un solopianeta.

Ciò ci obbliga a pensare ad un altro paradigma di civiltà?

Effettivamente sì. Non possiamo più produrre come ab-biamo fatto finora. L’attuale modello di produzione capita-lista si basa sul falso presupposto che la Terra è un grandecontenitore dal quale possiamo attingere risorse in modoinfinito per ricavare benefici con il minimo investimentonel tempo più breve possibile. Oggi è chiaro che la Terra èun piccolo pianeta, vecchio e limitato, che non è in gradodi sopportare uno sfruttamento illimitato. Dobbiamo orien-tarci verso un’altra forma di produzione e adottare altri tipidi consumo.

Ritornando alla situazione attuale, che cosa pensadel cambiamento climatico?

Noi dobbiamo fare tutto quanto è possibile per stabilizzareil clima evitando il riscaldamento della Terra di 2 o 3 gradisupplementari, affinché la vita possa continuare. Bisognacomprendere che questo riscaldamento implicherebbe unadevastazione della biodiversità e la morte di milioni di per-sone, i cui territori non saranno più abitabili, in particolare

in Africa e nel Sud-Est asiatico. All’interno di questo scenario, io sono preoccupato per l’irresponsabilità di numerosi governi, in particolare quelli dei paesi ricchi, chenon intendono prendere misure incisive per ridurre le emis-sioni di gas ad effetto serra e salvare il clima. Una vera eco-miopia!

Tutto ciò deriva da una mancanza di volontàpolitica di giungere ad alcuni accordi?

Si tratta soprattutto di un conflitto di interessi. Le grandiimprese – specialmente quelle petrolifere – non voglionoalcun cambiamento, poiché perderebbero i loro benefici at-tuali. Bisogna capire l’interdipendenza tra il potere econo-mico e quello politico. Il grande potere è quello economico.La politica ne è una derivazione. In numerosi casi, gli Statinon rappresentano gli interessi popolari ma piuttosto quellidei grandi attori dell’economia.

Come valuta il risultato della Conferenza di Copenhagen?

Secondo me, la frustrazione politica può significareun’enorme sfida per la società civile, affinché essa si mo-biliti, eserciti pressione e promuova cambiamenti dal basso.Credo che la ragione, la prudenza e la saggezza verrannodalla società civile. Essa sarà, anche per quanto riguarda ilclima, il principale soggetto storico. Nessun cambiamentoreale verrà dall’alto, ma solo dal basso. Malgrado il difficilepresente, io credo che non si tratti di una tragedia che finiràmale, ma di una crisi purificatrice, che ci permetta di com-piere un salto in direzione di un futuro migliore.

Attraverso un programma comune per salvare la Terra?

Una nuova bio-civiltà dovrebbe poggiarsi su quattro pilastriessenziali: l’utilizzo sostenibile, responsabile e solidale dellerisorse e dei servizi limitati della natura. Il controllo demo-cratico dei rapporti sociali, specialmente per quanto ri-guarda i mercati ed i capitali speculativi; un’etica minimamondiale che deve nascere dallo scambio reciproco multi-culturale, basata sulla compassione, la cooperazione e laresponsabilità universale; la spiritualità come dimensioneantropologica e non come monopolio delle religioni. Devesvilupparsi come espressione di una coscienza che si senteparte di un Tutto maggiore, che percepisce un’energia po-tente e che rappresenta il senso supremo del Tutto. (Inter-vista da cura di Sergio Ferrari, Tra. il. Eros Lupi tratto daVoce Evangelica del gennaio 2010)

31

Page 32: Messaggero 2010-11 Lug-Set

Mick E. L. Ordine Sacro. Per capire il sacramentoPadova, Messaggero, 2008

Continuiamo la segnalazione di questi agili librettiper approfondire lo studio sui sacramenti. Questoè particolarmente interessante perché le prime pa-gine parlano dei sacramenti in generale e costitui-scono un ripasso di ciò che quest’anno trattiamocome tema principale nella nostra rivista; il librettopresenta in sintesi la visione dei sacramenti nata dalconcilio Vaticano II. L’approfondimento sul sacra-mento dell’Ordine è utile non solo per chi riceve que-sto segno-sacro che lo consacra al servizio del“Regno di Dio” per tutta la vita in un modo speciale,ma anche per tutti i cristiani che nel loro battesimosono stati – in modo diverso, ma non meno reale –consacrati sacerdoti, cioè persone sacre. Il testo puòservire per la catechesi degli adulti e per i gruppi di riscoperta della fede cristiana, nonchéper promuovere fra i giovani e le famiglie una azione vocazionale.

P. Callisto CaldelariGesù, La vitaPadova, Messaggero, 2010

Il libro Ti presento Gesù Cristo per dubbiosi e noncredenti, che tanta fortuna ha avuto nel Ticino(3’000 copie vendute solo nel nostro cantone) èstato edito dall’editrice Messaggero di Padova perl’Italia. Si tratta di una bella edizione, con un in-serto a colori con foto dei luoghi santi riprese neivari pellegrinaggi organizzati dalla Comunità delSacro Cuore di Bellinzona. Il libro riprende la primaedizione “ticinese” migliorata. Gli editori hanno fi-ducia che anche in Italia l’opera possa avere quellafortuna che ha avuto nel nostro paese, soprattuttoper quella gioventù dubbiosa e non credente che èalla ricerca di un modello di vita eccezionale comequello di Gesù di Nazaret e, attraverso la sua storia e i suoi messaggi, può condurre alla fede.Il volume, di 319 pagine per fr. 42, si può comandare direttamente al segretariato della Co-munità del Sacro Cuore (tel. 091 82 00 880 - email [email protected]), dove sipossono avere gli altri due volumi dello stesso autore (nell’edizione ticinese) uno sulle Pa-rabole, l’altro sugli Atti degli apostoli (fr. 28)

Abbiamo letto...abbiamo visto...

GA

B6900 Lugano

Convento dei CappucciniSalita dei Frati 4CH - 6900 Lugano