Messaggero 2008-03 Lug-Set

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Il volontariato Intervista a Francesco Pezzoli Messaggio dalla Madonna del Sasso Le pagine dell’ordine francescano secolare luglio/settembre 2008 Rivista trimestrale - anno XCVIII

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Trimestrale di formazione e spiritualità francescana

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Il volontariato

Intervista a Francesco Pezzoli

Messaggio dalla Madonna del Sasso

Le pagine dell’ordine francescano secolare

luglio/settembre 2008Rivista trimestrale - anno XCVIII

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Sommario MESSAGGERO

Rivista di cultura ed informazione religiosa fondata nel 1911 ed edita dai Frati Cappuccinidella Svizzera Italiana - Lugano

Comitato di Redazionefra Callisto Caldelari (dir. responsabile)fra Ugo Orellifra Edy Rossi-Pedruzzifra Michele RavettaClaudio Cerfoglia (segretariato)E-Mail [email protected]

Hanno collaborato a questo numero Lucia Bernasconidon Pietro Borellifra Agostino Del-PietroClemens Della CasaGino DriussiAlberto LeporiFernando Leporifra Boris Mutherfra Riccardo Quadrifra Andrea Schnöller

Redazione e AmministrazioneConvento dei CappucciniSalita dei Frati 4CH - 6900 LuganoTel +41 (91) 922.60.32Fax +41 (91) 922.60.37

Internet www.messaggero.chE-Mail [email protected]

Abbonamenti 2008Per la Svizzera:ordinario CHF 30.-sostenitore da CHF 50.-CCP 65-901-8

Per l’Italia:ordinario € 20,00sostenitore da € 40,00Conto Corrente Postale 88948575 intestato Cerfoglia Claudio - Varesecausale “abbonamento Messaggero”E-Mail [email protected]

CopertinaParticolare della vetrata realizzata da fra Robertonella cappella della Casa S. Elisabetta a Lugano

Fotolito, stampa e spedizioneTipografia Rezzonico - Locarno

Foto:Copertina e pag. 27 realizzate da Ely Riva

Francesco è qui 3a cura della redazione

Il volontariato 4fra Callisto Caldelari

Il volontariato nel Ticino 6intervista a Francesco Pezzoli

Per un’animazione volontaria dei servizi 8don Pietro Borelli

Il volontariato in un convento cappuccino 10fra Boris Muther

La vera letizia francescana 11fra Riccardo Quadri

Messaggio dalla Madonna del Sasso 12fra Agostino Del-Pietro

Le pagine dell’OFS 14fra Michele Ravetta e Clemens Della Casa

Dieci minuti per te 16fra Andrea Schnöller

Che cosa si intende per storia nella Bibbia 18fra Callisto Caldelari

Pluralismo religioso nel Ticino 20Alberto Lepori

Il Consiglio ecumenico delle Chiese 22compie 60 anniGino Driussi

Messaggi dai conventi… 24...e dalle loro adiacenzeAbbiamo letto... abbiamo visto… 32

Note dall’amministrazioneCompilando la polizza per l’abbonamento alla rivista non mancate diriportare l’esatto nominativo al quale è stata spedita. Ci aiuterete ad

abbinare con certezza il pagamento al destinatario.Chi si abbona dall’Italia può effettuare il versamento sul conto correntepostale n. 88948575 intestato a Cerfoglia Claudio - Varese specificando

nella causale ‘Abbonamento Messaggero’.

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Basta guardare la copertina per capire chi è il personaggio principale presente in questo nu-mero del Messaggero: frate Francesco d’Assisi. Se poi sfogliamo la prima parte, vediamo cheil tema di fondo è il volontariato.

È possibile unire i due soggetti? Certamente, se pensiamo che il “volontariato sociale”, che per icredenti può avere il nome di “impegno caritativo”, è una delle caratteristiche del Regno di Diosulla terra, mentre Francesco, dopo la sua conversione, si presenta come l’ “Araldo del Gran Re”.

Ed è proprio questa sua qualifica che fa di Francesco d’Assisi un personaggio amato da tutte le con-fessioni religiose, perché si è messo al servizio, non solo della Chiesa, ma del Regno di Dio che ètutta l’umanità e, definendosi l’Araldo, specifica immediatamente quale è la sua funzione nelRegno: annunciare Pace e Bene a tutti.

Dietro di lui, in tanti secoli, molti uomini e donne si sono dedicati al volontariato sociale nei campipiù disparati e difficili; in questo numero presentiamo un ticinese che si unisce a questo stuolo.

Il numero termina con quella che noi chiamiamo “La pagina meditativa” che riporta il “Canticodelle creature”.

Oltre ad articoli che parlano di Francesco e dei suoi figli, questo numero porta le usuali rubrichecon le quali vogliamo essere fedeli al nostro programma di offrire un contributo alla formazionesociale e religiosa dei lettori.

Abbiamo le pagine sulla Chiesa curate da Alberto Lepori, quelle sull’ecumenismo di Gino Driussi.

Vi sono inoltre due proposte “artistiche”, una sacra rappresentazione che girerà nel Ticino e in Ita-lia, evidentemente ad Assisi sempre su Francesco, e un film “Il vangelo secondo Matteo” di PierPaolo Pasolini, documento interessantissimo su Gesù, come è stato visto da una delle prime Co-munità cristiane.

Rimane comunque il problema degli abbonamenti. Dopo il secondo numero siamo arrivati a 825,numero non sufficiente per continuare. Vorremmo impegnare coloro che si sono già abbonati atrovare (ad offrire) un nuovo abbonamento.

Per facilitare questa offerta, coloro che pagheranno l’abbonamento sostenitore per il 2009 (fr. 50.—), potranno indicare un indirizzo al quale inviare, direttamente e gratuitamente, la rivi-sta per un anno.

Cogliere quest’occasione vuol dire rendere concreta la propria stima per la nostra rivista.

la redazione

Francesco è qui

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Messa

ggio tem

atico Volontariato parola con significati diversi datagli dai

diversi campi in cui questa attività viene esercitata:sociale, culturale, ecologico, terzomondista (che

pone problemi particolari). Ma qui vorrei toccare unrapporto fondamentale per avere un volontariato serio.

Volontariato - etica - politica

Diciamo subito che parlare di etica in un settoresociale quale è il volontariato vuol dire parlaredi politica. Perché quell’etica che s’interessa della polis, cioè dellagestione di ciò che costituisce la città – preso questotermine nel senso più vasto – ha un nome preciso; sichiama appunto politica.Perciò se qualcuno, al termine di questo articolo, diràche ho fatto un discorso politico, se riesco a dare que-sta impressione, allora – e solo allora – avrò fatto undiscorso veramente etico e non una pappardella mo-ralistica.

Ma proprio per iniziare questo discorso-etico-politico,ricordo che il volontariato presuppone una correttalettura del territorio. Questa lettura può esserevaria, per oggi ho scelto tre punti che sono eminente-mente politici.

Il primo, che alcuni ancora negano è il diffon-dersi preoccupante della povertà nella riccaSvizzera. Povertà materiale che crea situazioni daTerzo Mondo (dormire sulle panchine della sta-zione), ma soprattutto povertà culturale (analfa-betismo di ritorno), ma che comprende anche lapovertà di affetto per i bambini (aumento dei di-vorzi), di ideali per gli adolescenti, di motivazioninell’agire per gli adulti.

Nella nostra realtà vi è un altro punto preoccu-pante, ed è il tentativo di rimuovere le re-sponsabilità collettive ed individuali, dis- criminando soprattutto quelle persone che nonhanno potere, creando in loro un atteggiamento didelega preoccupante perché deresponsabilizzante.

Da questo secondo punto nasce il terzo: anche danoi ci sono delle forze che tentano di svuotareil senso della democrazia, privilegiando tendenze plebiscitarie e populiste con usostrumentale e distorto di alcuni strumenti, sia di democrazia diretta, come di mezzi di comuni-cazione.

Che risposta etico-politica può dare il volontario aquesti pericoli? Penso che il volontario, proprio per-ché più libero ed indipendente dalla strutture pro-fessioniste anche se con le stesse deve costan-temente collaborare, sia in una posizione di matu-rare delle risposte efficienti.

Al diffondersi della povertà dobbiamo denun-ciare i fatti sociali di non-vita, ma nellostesso tempo dobbiamo rispondere con unnuovo concetto di ricchezza e per questo ladistinzione tra attività profit e no-profit ci deveaiutare. Lo so che fare un discorso sulla ricchezza cultu-rale, affettiva, ecc. non è facile, perché questaparola è troppo legata all’altra: economia; manon solo “tentar non nuoce”, ma tentare è undovere!

Alla rimozione delle responsabilità e alla tenta-zione della delega facile a chi ha il potere, dob-biamo rispondere con la partecipazione,creando luoghi e momenti partecipativi, ma conpartecipazione – da parte dei volontari – nonsolo consultiva, ma anche decisionale.

A quelle forze politiche che tentano, anche danoi, di far leva sul populismo, svuotando il sensodella democrazia, bisogna rispondere che èdemocrazia anche la maturazione politicalenta delle classi più umili, delle donne, deigiovani. È democrazia anche la capacità di perdere perun momento, in una situazione o consultazioneparticolare, per far maturare convinzioni cheportino a realizzare – più tardi- progetti che lacollettività non è ancora in grado di approvare.

La triplice dimensione del volontariato sociale

Se il volontario s’impegna a dare queste ed altre ri-sposte ai bisogni politico-sociali, non fa nient’altroche rispondere al suo triplice dovere che non con-siste solo nel lavoro sociale, ma anche nello stimoloe critica costruttiva.

Forse i volontari non sempre prendono sufficiente-mente in considerazione i due altri doveri insiti alvolontario: quello dello stimolo e quello dellacritica costruttiva, perché troppo impegnati nellagestione di servizi indispensabili.

Il volontariato

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Eppure il volontariato – sia a livello personale, comeassociativo – deve essere stimolo alla collettività, direideve essere “pungolo” anche nei confronti dello Statoe del suo apparato per spronarlo:

a leggere i segni dei tempi (frase di Gesù), cioè ibisogni emergenti, nuovi, o che appena si affaccianoall’orizzonte, (es. droga…consultorio) alfine di pre-parare delle strategie per affrontare questi bi-sogni, ma soprattutto strategie di prevenzione chesiano efficaci, perché nate da un’analisi seria, maanche duttili quindi facilmente modificabili, prepa-rare delle terapie a breve, medio e lungo termine.

In altre parole al volontario si chiede di essere an-tenna che:

capta: in questo senso deve avere un fiuto parti-colare per captare bene

segnala: il volontario deve segnalare alle auto-rità, senza paura ed all’intera società i segni in-quietanti che si affacciano all’orizzonte

indirizza: deve proporre delle soluzioni, almenoper un primo intervento che saranno poi verifi-cate con quelle dei professionisti quando gli stessisi chineranno sul bisogno.

La storia di tante persone ed associazioni che lavo-rano nel volontariato sociale è costituita dal grandeimpegno da loro profuso in questa funzione di an-tenna e di stimolo.

Anzi possiamo affermare che una persona o unente cessano di essere a pieno diritto “volon-tari” se

cessano di essere antenna stimolante

non hanno più la capacità di leggere il futuro cheavanza

non sono – per usare una forte parola biblica –profezia.

Solo se il volontario è stimolo-critico sarà veramentecomplementare allo Stato che non sempre può es-sere antenna sul futuro.

Oltre che stimolo e profezia il volontariato deve es-sere luogo di verifica.

sia nei confronti di se stesso e delle sue azioni: au-tocritica indispensabile per non diventare i“pierini” della buona azione

sia nei confronti dello Stato e delle sue leggi e or-ganizzazioni per mantenere e sviluppare il dirittodemocratico, per poter continuare a dire la pro-pria anche criticamente, approvando o aperta-mente denunciando.

Il termine “critica” io lo preferisco a quello di “veri-fica”, perché più duro e intransigente potrebbe susci-tare sentimenti negativi. Ma criticare eti molo-gicamente vuol dire “passare al vaglio”. Spesso cisi sofferma su quelle critiche che rimangono nel se-taccio e che, per la mole dei loro difetti, non possonoessere approvate. Ma guardiamo anche quelle chepassano per le maglie dei critici più esigenti e sap-piamo criticare lodando per il bene che si fa, conla stessa forza con cui critichiamo e deploriamo quelloche non va.

Un sogno… ma vorrei che fosse una profezia!

Voglio concludere con una idea che ha già trovatospazio nella stampa, ma che vorrei trovasse riscontroanche in ambiti politici; una idea… meglio una pro-posta.

È che tutti i giovani svizzeri d’ambo i sessi siano chia-mati a dedicare alcuni mesi ad un lavoro volontarioa favore della comunità. Ed allora invece di avere unservizio militare obbligatorio per i maschi potremmoavere un servizio volontario obbligatorio (mi si per-metta anche questa contraddizione nei termini) peruomini e donne. Ma tutti dovrebbero poter scegliereil campo del loro servizio:

rimarrebbe l’esercito per chi lo desidera

nel campo sociale: in attività preparate a riceverequesti volontari, ad impegnarsi seriamente

nel campo culturale: quali riordino di archivi, bi-blioteche, docenti di sostegno, accompagnatori diallievi

nel campo ecologico: pulizia boschi, fiumi, sen-tieri, ecc..

È un sogno?…Vorrei che diventasse profezia!

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Messa

ggio del Vesco

voIntervista a Franc

esco

Pezzo

li Come definirebbe il volontariato dato che didefinizioni ve ne sono parecchie?

Effettivamente di definizioni ve ne sono parecchie. Trale varie definizioni mi piace ricordare che il volonta-riato è una grande ricchezza e una componente fon-damentale della società.Il volontariato concorre alla crescita della solidarietà edella responsabilità attraverso la partecipazione attivadegli individui. Dalle dichiarazioni universali sul vo-lontariato si evidenzia inoltre che esso mira alla for-mazione di cittadini responsabili ed è una pratica dicittadinanza solidale liberamente organizzata volta allosviluppo della comunità e dei suoi membri.Nella dichiarazione universale sul volontariato svilup-pata nel 2001 ad Amsterdam si proclama quantosegue:

“Il servizio di volontariato è una costruzione fondamentaledella nostra società civile. Esso dà vita alle aspirazioni piùnobili del genere umano – la ricerca di pace, libertà, oppor-tunità, sicurezza e giustizia per tutte le persone.

In questa era di globalizzazione e continui cambiamenti, ilmondo sta diventando più piccolo, più interdipendente e piùcomplesso. Il volontariato – quale attività individuale o digruppo – è un modo per far sì che:

i valori umani di comunità, di assistenza e di servizio pos-sano essere sostenuti e rafforzati;singoli individui possano esercitare i loro diritti e obblighiquali membri di comunità, imparando e crescendo durante laloro esistenza, realizzando il loro pieno potenziale umano; e,collegamenti possano essere fatti tra le differenze che ci sepa-rano affinché possiamo vivere insieme in comunità prosperee sostenibili, lavorando insieme per fornire soluzioni inno-vative alle nostre sfide comuni e per formare il nostro destinocollettivo.

All‘alba del nuovo millennio, il servizio di volontariato è unelemento essenziale di tutte le società. Acquisisce una portatapratica ed effettiva la dichiarazione delle Nazioni Unite se-condo cui “Noi, la gente” abbiamo il potere di cambiare ilmondo.”

Da un profilo più pragmatico possiamo asserire che ilvolontariato è un servizio prestato ad altre persone oin favore della comunità, senza retribuzione, per unperiodo più o meno lungo a seconda delle disponibilitàdi ognuno.Le attività riguardano gli ambiti quali il sociale, le cure,l’ambiente, la cultura, lo sport, la politica, la religione

e la cooperazione internazionale. Il volontariato offrealle persone che lo svolgono nuove ed arricchenti pro-spettive, la possibilità di apprendimento e il piacere diinteragire con altri. È inoltre un complemento signifi-cativo all’attività lavorativa e una componente indi-spensabile al progresso della società.

Nel Ticino è sviluppato il volontariato sociale?

Possiamo proprio dire di sì! Il volontariato è ben radi-cato nella Svizzera italiana e possiamo fortunatamentecontare numerose persone che si mettono a disposi-zione per aiutare gli altri.

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Il volontariato nel Ticino

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È importante distinguere il volontariato organizzatodal volontariato spontaneo. Nel volontariato organiz-zato possiamo contare tutte quelle persone iscritte neivari gruppi, associazioni o enti ed è più facile quanti-ficare il numero di cittadini attivi in seno a questestrutture. Viceversa diventa difficile contare tuttequelle persone che fanno delle attività di volontariatospontaneo. Per esempio, la persona che aiuta il vicinodi casa in difficoltà o ammalato facendogli la spesa, ac-compagnandolo dal medico, ecc.

Una rilevazione fatta dall’Ufficio federale di statisticaevidenziava che in Svizzera vi sono circa 1,5 milioni dipersone impegnate nel volontariato organizzato men-tre il 23% della popolazione svolge attività di volon-tariato informale o spontaneo. Se rapportate allapopolazione ticinese, queste cifre corrispondono acirca 80’000 persone impegnate in Ticino in una qual-che forma di volontariato.

Ciononostante, paradossalmente, i volontari non sonomai a sufficienza. In linea generale, le organizzazionilamentano una mancanza di volontari.Per quanto concerne la Svizzera italiana le principaliorganizzazioni sociali attive sul territorio cantonalecercano di promuovere un volontariato come com-plemento ai servizi professionali, nell’aiuto agli an-ziani, ai disabili, ai malati o ai bambini. Inoltreesistono molti gruppi di volontariato locale per atti-vità quali visite, accompagnamento e animazione pergli anziani e altre attività.

Quali sono i requisiti che un volontario deveavere per compiere il suo impegno?

A mio parere un requisito importantissimo ed essen-ziale per iniziare un’attività in questo ambito è la mo-tivazione. Senza una solida motivazione diventadifficile sostenere e mantenere qualsiasi attività inqualsiasi ambito di sostegno. Oltre alla motivazione ilvolontario deve essere disponibile ed aperto a mettersiin discussione. Fare volontariato significa entrare incontatto con sensibilità ed esigenze diverse. Significasapersi muovere in un contesto sempre più complessodove interagiscono vari attori e servizi. Quindi, almenonell’ambito del volontariato organizzato (che è quelloche la Conferenza del volontariato sociale principal-mente promuove), bisogna essere disposti a confron-tarsi e a crescere partecipando ad incontri e momentiformativi per poter assolvere con competenza il pro-prio ruolo. Tutto questo è possibile se sostenuto da unaforte motivazione individuale e dal desiderio di inte-

ragire con l’altro in una relazione che diventa di scam-bio. Infatti, il volontario dà, ma riceve anche.

Trova giusto che i volontari lavorinogratuitamente o ammette un prezzo politico?

Il volontariato è di per se stesso gratuito, altrimentinon sarebbe volontariato. Almeno è questo il concettodi volontariato nel quale la Conferenza del volonta-riato sociale (CVS) si riconosce e che cerca di pro-muovere.Si tratta di un gesto gratuito, senza attesa di restitu-zione, dove dovrebbe essere assente qualsiasi tipo dimotivazione economica. Ricordiamoci quanto espressoprecedentemente: il volontariato dovrebbe essere ungesto libero e basato su motivazioni personali. Il tempomesso a disposizione non dovrebbe quindi essere re-tribuito. È però ammesso, anzi auspicato, il rimborsodelle spese vive sostenute dal volontario per lo svolgi-mento della sua attività. Questo è importante perchétutti dovrebbero avere la possibilità di fare volonta-riato, indipendentemente dalle disponibilità economi-che (è anche quanto auspicato nella dichiarazioneuniversale del volontariato).Un riconoscimento economico simbolico, politico è pe-ricoloso. Qual è l’asticella per considerarlo tale? Fino aquanto il riconoscimento può essere considerato sim-bolico e da quando può essere considerato come la-voro sottopagato? Difficile a dirsi. Per questo motivo,onde evitare qualsiasi malinteso che possa andare a di-scapito dell’attività di volontariato crediamo sia utile eimportante mantenere il concetto di gratuità.

Cosa risponde a chi dice che i volontari rubano il lavoro ai disoccupati?

Avvalendomi di quanto esposto nelle domande pre-cedenti, i volontari non rubano e non possono rubarelavoro ai disoccupati in quanto hanno una funzionediversa. Il volontariato è un’attività complementare aquella dei professionisti. Le attività sono di supporto aquelle dei professionisti e si esplicano principalmentenell’ambito della relazione con la persona. Non dobbiamo inoltre dimenticare che il tempo cheuna persona dedica ad attività di volontariato do-vrebbe rappresentare una piccola parte del propriotempo libero. In linea generale le organizzazioni ri-chiedono una mezza giornata o qualche ora alla set-timana.

Francesco Pezzoli, Presidente dellaConferenza del Volontariato Sociale della Svizzera Italiana

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Per un’animazionevolontaria deiservizi

Sono del parere che la nostra Chiesa locale si sforzienormemente per favorire l’annuncio e la cele-brazione, ma poco operi nel campo della diaconia

(servizio).L’annuncio è curato in mille modi con: corsi di aggior-namento per preti e laici, corsi alla Facoltà, conferenze,scuole per gli insegnanti di reli gione e i membri deivari Movimenti.Anche la celebrazione liturgica ha avuto una impor-tanza storica da noi nell’ambito del rinnovamentoconciliare universale. Il Centro di Liturgia, il Libro dio-cesano “Lodate Dio”, le occasioni di formazione biblicae liturgica sono tali che chi vuole può oggi offrire e go-dere di una celebra zione di Sacramenti e di Sacra-mentali viva, luminosa e partecipata. Ma come stiamosul piano della Diaconia, del servizio concreto ai po-veri, a coloro nei quali il Cristo si identifica: affamati,disperati, disoccu pati, profughi, carcerati? A questoproposito sento già alcune obiezioni alle quali cerco inparte di rispondere.

Ma ci sono ancora poveri da noi, gente in miseria?

La mia risposta è chiara: sì. Le statistiche ci parlano dei“working poors”, delle persone che, pur lavorando,non arrivano a quadrare il bi lancio mensile. Ci sonoancora da noi salari bassissimi. Personale non qualifi-cato si accontenta di una paga miserrima (2.000.- fr. almese) perché non ha alternativa.C’è chi riceve una pensione, che però è così bassa chesolo gli consente di non morire di fame.C’è poi chi, con pochi soldi a disposizione, è psichica-mente fragile e si lascia abbindolare nel fare spese inu-tili e costose, che poi tappa ricor rendo al piccolocredito, che finisce per inguaiarlo ancora di più. Si notiche di solito vivono il loro dramma in un disperato na-scondimento, bellamente ignorati dalla società.

Ma lo stato oggi non provvede agli indigenti?

Innanzitutto persone molto povere sono anche incapacidi districarsi nei meandri della burocrazia, incapaci diriempire un formulario, di fare una telefonata. Il nostropalazzo del Governo sembra del resto una torre fortifi-cata, inaccessibile ai nostri “attacchi” telefonici. Quandosi tele fona a un certo numero, esso è stabilmente occu-pato; se si libera per un istante è solo perché una voceasettica ci annunci che la linea è sovrac carica e il per-sonale arcioccupato; a volte poi bisogna premere que-sto o quel tasto di preselezione e si sbaglia, trovandosiai piedi della scala “telefonica” maledetta.È certo che per parecchie persone “in regola” lo Stato

interviene. Ma ci sono miserabili non in regola, comestranieri che per anni hanno lavorato e prodotto senzaalcuna copertura assicurativa. Un incidente o una ma-lattia li rende figli e figlie di nessuno. Scoperti dovreb-bero andarsene, ma altrove non possiedono nulla.Circa 100.000 persone si trovano in Svizzera in questasituazione estremamente precaria.

Non arrischiamo di aiutare degli imbroglioni?

Coloro che non vogliono mai mettere mano al borsel-lino pongono questa domanda. È possibile che chibussa alla vostra porta sia un imbroglione (che cichiede soldi per un viaggio urgente che finirà alla vi-cina osteria), ma è anche certo che esiste una miserianascosta, profonda, diffusa, che pure va presa in con-siderazione. Anche nell’opulenta Svizzera ci sono sac-che di miseria nera, trascurate, neglette, che vannostudiate. Per evitare donativi a vanvera é giusto e ne-cessario studiare ogni situazione per tentare un supe-ramento con un piano finanziario che coinvolga davicino gli interessati.

Non dobbiamo limitarci a dare dei principi?

È bene che si dia la canna da pescare piuttosto che ilpesce, ma è pur necessario insegnare a pescare e a cuo-cere il pesce. Forma superiore della diaconia è certo lapolitica, che ci porta a combattere le cause della mise-ria. Ma intanto che studiamo, analizziamo, votiamo eprepariamo programmi, non possiamo lasciare moriredi fame nessuno.

Per una risposta concreta

Parlo basandomi sull’esperienza accumulata in tantianni. Per ciò che riguarda il Ticino penso che oggi siaindispensabile creare in tutti i principali nuclei del Can-tone una Sezione della Conferenza di San Vincenzo.Basta un manipolo di volontari, guidati dal parroco, amuovere le acque e a tenere regolarmente “Confe-renze” (nella massima discrezione) sulle persone che sivisitano nell’ambito della Parrocchia (o fuori). Anchein Parrocchie di media grandezza le situazioni di po-vertà sono numerose e tendono a crescere. Basta unimprevisto (fattura del dentista) per destabilizzare unmodesto budget familiare. L’intervento discreto di vo-lontari può sanare definitivamente situazioni cheavrebbero trascinato nei gorghi del fallimento. La SanVincenzo in Ticino é formata anche da persone, aiutatein un momento difficile, che si sono riprese egregia-mente e ora possono aiutare gli altri.

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Messa

ggio tem

atico

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La stima che la Conferenza di San Vincenzo godepresso le Autorità politiche è tale che spesso viene coin-volta in situazioni dove l’assistenza comunale non ar-riva da sola. Trattando con i creditori, come SanVincenzo, si ha anche la possibilità di chiedere una no-tevole riduzione del debito, che permetta il versamentodi un saldo molto inferiore alla cifra dovuta. Il vantag-gio della San Vincenzo in Parrocchia è anche questo:se opere diaconali legate a un Parroco svanisco no conla partenza di quest’ultimo, la San Vincenzo, gestita dalaiche e laici, continua la sua opera, collegata alle altreSezioni del Ticino, della Svizzera e del mondo intero.Per quanto possa sembrare incredibile, i fondi per aiu-tare i poveri vengono sempre a galla, anche in situa-zioni estreme. In Ticino si investono ogni annocentinaia di migliaia di franchi per soccorrere i più po-veri. L’aiuto della popolazione non è mai venuto menoe i volontari sono i primi che contribuiscono al finan-ziamento della loro modesta cassa.

Un’opera ecclesiale

La San Vincenzo idealmente dovrebbe coinvolgere ognicristiano e cristia na, visto che possiamo annunciare ilVangelo solo se lo rendiamo credi bile con un servizio dicondivisione. Al proposito leggiamo quanto é scritto nellibro degli Atti degli apostoli (AT 2,42-48; 4,32-35); eallora comprenderemo come questo aspetto della vitadelle nostre Comunità ha bisogno di essere maggior-mente compreso e vissuto. Qui abbiamo il van taggio di

non avere spese amministrative. Opere caritative chevedono assorbite le loro entrate nei salari per i funzio-nari che le gestiscono danno minor fiducia al popolo. Èimportante poter garantire che il franco che si riceve vainteramente a chi e nel bisogno. Per principio però nonsi aiuta con somme di danaro, ma con “buoni” per l’ali-mentazione e con il pagamento di fatture scoperte. Uncompito faticoso ma essenziale é quello di educare aspendere bene, a gestire un corretto budget familiare,rigando diritto nel sacrificio e nella dignità.L’auspicio è che si possa scuotere tutto il tessuto eccle-siale. Non esiste una fede credibile disincarnata. Si leggala Lettera di Giacomo o Matteo 25 o i Profeti del primoTestamento per convincersi che il nostro rapporto conDio é autentico solo se sostanziato dai fatti. Se il fratelloo la sorella hanno fame o freddo, è ipocrita e blasfemodire delle parole consolatorie e lasciarli nella loro di-sperazione (cf. GC 2,15-16) La Chiesa primitiva si é dif-fusa in un baleno nel bacino mediterraneo per lafraternità concreta che irradiava. Lo stesso ministero diPietro a Roma si esercitava non con l’invio di docu-menti cartacei, ma con incessanti soccorsi di viveri e da-naro alle Chiese più povere, che arrivavano così adaiutare anche i non cristiani nell’indigenza. Solo unaChiesa che vive a fondo la diaconia é credibile. Certouna predica, una celebrazione “costano” meno. Ma senon ci portano a impegni concreti, diaconali al serviziodel prossimo vicino e lontano, non valgono nulla.

don Pietro Borelli

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1 Presenta con convinzione l’obiettivo del tuo lavoro2 Impegnati con generosità, non per ricevere ricompense economiche o ringraziamenti, ma perché credi nel

tuo lavoro3 Non appoggiarti troppo ai mezzi economici a tua disposizione4 Dona soprattutto la pace che porti in te e la simpatia che ti sei impegnato a sviluppare nel tuo cuore5 Nei tuoi rapporti col prossimo, sii spontaneo, ma non ingenuo6 Nei momenti più difficili, non perderti di coraggio7 Se le cose ti vanno bene non insuperbirti, tieni i piedi per terra8 Non avere, né paura, né vergogna delle tue scelte anche se sono controcorrente9 Non preoccuparti troppo per il domani, lavora piuttosto per l’oggi e nell’oggi10 Non spaventarti davanti al sacrificio di donare, quotidianamente, la tua vita per la causa scelta

I 10 CONSIGLI PER I VOLONTARI E PER CHI LAVORA PER UN MONDO PIÙ GIUSTO

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Il volontariato in un conventocappuccino

A Lugano, come nella gran parte dei Conventifrancescani esiste un servizio a favore dei po-veri, che ricalca pienamente l’autentico cari-

sma francescano.

Sull’arco della giornata coloro che varcano la sogliadella Mensa possono usufruire di pasti caldi: cola-zione, pranzo e cena. Il più delle volte si tratta dipersone che per vari motivi sono scivolate ai mar-gini della società: disoccupati, invalidi, assistiti, tos-sicodipendenti, rifugiati, senza tetto.Esse trovano nella Mensa uno spazio accogliente,un luogo d’incontro e soprattutto una risposta adun bisogno primario: quello di nutrirsi.

La povertà in Ticino purtroppo è un fenomeno increscita; questo dato è evidenziato dalla media gior-

naliera dei pasti serviti, circa una ventina. Il numerodi pasti caldi serviti dall’inizio dell’anno sino a set-tembre ammonta a circa 3250.

Questo prezioso servizio è garantito dai frati più gio-vani e da alcuni volontari laici. Per quanto riguardal’approvvigionamento dei generi alimentari pos-siamo contare sulla generosità dei privati e sulle ini-ziative di vari Enti.

Nelle scorse settimane la Comunità dei frati cap-puccini di Lugano ha avuto la grande gioia di festeggiare i quarant’anni di servizio di fr. Egidiocome portinaio. Per molti anni egli si è pure occupato dell’acco-glienza dei Poveri e ancor oggi non manca di dareuna mano.

fra Egidio Buzzini

Messa

ggio tem

atico

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Con

oscere Franc

escoÈnoto che Francesco d’Assisi è universalmente cono-

sciuto come il santo della letizia e della gioia spiri-tuale. Per lui il bene della letizia e della gioia

spirituale rappresenta l’opposto della malinconia e dellatristezza. Per tentare di capire il significato di questa suaconvinzione, vediamo innanzi tutto ciò che ci dice l’agio-grafo fra Tommaso da Celano nella sua Vita Seconda.“Questo Santo assicurava che la letizia spirituale è il ri-medio più sicuro contro le mille insidie e astuzie del ne-mico. Diceva infatti: “Il diavolo esulta soprattutto,quando può rapire al servo di Dio il gaudio dello spirito.Egli porta della polvere, che cerca di gettare negli spira-gli, per quanto piccoli, della coscienza e così insudiciareil candore della mente e la mondezza della vita. Ma —continuava — se la letizia di spirito riempie il cuore, inu-tilmente il serpente tenta di iniettare il suo veleno mor-tale. I demoni non possono recare danno al servo diCristo, quando lo vedono santamente giocondo. Se invecel’animo è malinconico, desolato e piangente, con tuttafacilità o viene sopraffatto dalla tristezza o è trasportato allegioie frivole”. Per questo il Santo cercava di rimaneresempre nel giubilo del cuore, di conservare l’unzionedello spirito e l’olio della letizia. Evitava con la massimacura la malinconia, il peggiore di tutti i mali, tanto checorreva il più presto possibile all’orazione, appena nesentiva qualche cenno nel cuore. “Il servo di Dio — spie-gava — quando è turbato, come capita, da qualcosa, devealzarsi subito per pregare, e perseverare davanti al PadreSommo sino a che gli restituisca la gioia della sua salvezza.Perché, se permane nella tristezza, crescerà quel malebabilonese e, alla fine, genererà nel cuore una ruggineindelebile, se non verrà tolta con le lacrime” (FF 709; leparole in corsivo sono delle reminiscenze bibliche).

Il male della malinconia

Secondo l’agiografo, per Francesco la malinconia e la tri-stezza sono opera diabolica. Egli le paragona alla polvereche può penetrare perfino nei più piccoli spiragli dellacoscienza di una persona, in modo tale che il candoredella mente e la purità della vita restino offuscati o insu-diciati. Il demonio, come il serpente, tenta di iniettarenel servo di Dio il veleno mortale della malinconia, cheFrancesco chiama addirittura “il peggiore di tutti i mali”.In tal modo, l’animo “melanconico, desolato e pian-gente” può facilmente essere sopraffatto dalla tristezza.Ma — dice Francesco — un rimedio c’è, ed è la pre-ghiera, una preghiera incessante, la quale è in grado direstituire al servo di Dio la sua gioia interiore.Se invece egli persiste a rimanere nella tristezza, si tro-verebbe nella stessa cupa situazione di Gerusalemme as-sediata dal re di Babilonia, paragonata dal profeta

Ezechiele ad una “caldaia arrugginita”.Come si legge nello “Specchio di perfezione” (un testofrancescano che risale al 1318), Francesco “non volevaleggere sui volti quella tristezza che sovente riflette in-differenza, cattiva disposizione dello spirito, pigrizia delcorpo ad ogni buona opera. Amava invece caldamentein se stesso e negli altri gravità e compostezza nell’aspettoe in tutte le membra del suo corpo e nei sensi, e inducevagli altri a ciò con la parola e con l’esempio, per quantopoteva” (FF 1795).

Il bene della letizia

Come rileva l’agiografo, il “Santo assicurava che la leti-zia spirituale è il rimedio più sicuro contro le mille insi-die e astuzie del nemico”. Per questo “cercava dirimanere sempre nel giubilo del cuore, di conservarel’unzione dello spirito e l’olio della letizia“. Nel citato“Specchio di perfezione”, si dice che “Francesco s’impe-gnò sempre con ardente passione ad avere, fuori dellapreghiera e dell’ufficio divino, una continua letizia spiri-tuale intima ed anche esterna. La stessa cosa amava e ap-prezzava nei fratelli, chè anzi era pronto a rimproverarliquando li vedeva tristi e di malumore” (FF 1793).Per lui, la letizia spirituale sgorga “dalla innocenza delcuore e dalla purezza di una incessante orazione”. Diceche “sono queste due virtù che bisogna soprattutto ac-quistare e conservare, affinché la gioia, che con ardentedesiderio amo sentire in me e in voi, possiate averla nel-l’intimo e nell’espressione, per edificare il prossimo esconfiggere l’avversario. A questi, infatti, e ai suoi seguacisi conviene la tristezza; a noi di godere ed essere felicisempre nel Signore” (FF 1793). Proprio per questo, unavolta così redarguirà uno dei suoi compagni che avevaun’espressione tetra. “Perché mostri fuori il dolore e latristezza delle tue colpe? Tieni questa mestizia fra te eDio, e pregalo che, nella sua misericordia, ti perdoni erenda alla tua anima la gioia della sua grazia, che hai per-duto a causa del peccato. Ma davanti a me e agli altri,mostrati sempre lieto; poiché al servo di Dio non si ad-dice di mostrare malinconia o un aspetto afflitto davantial suo fratello o ad altri” (FF 1794).Francesco, tuttavia, non intendeva che la letizia spiri-tuale o la vera gioia si manifestasse all’esterno “con risao parole oziose, poiché in tal modo non si esterna la le-tizia spirituale, ma piuttosto la vacuità e la fatuità”. Pro-prio per questo egli “nel servo di Dio detestava le risa ele ciarle” (cfr. FF 1794).Cosa concludere? Che Francesco è stato sì un grandesanto, ma senz’altro anche un esperto psicologo.

fra Riccardo Quadri

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La biblioteca dellaMadonna del Sasso

Messa

ggio dal san

tuario

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Nel corso dell’inverno e della primavera 2006 lasignora Veronica Carmine ha avuto modo di studiarea fondo la biblioteca del Santuario della Madonna delSasso. La Zentralbibliothek di Zurigo l’aveva infattiincaricata di redigere un apposito articolo da inserirenel Repertorio dei fondi antichi a stampa dellaSvizzera.

Abbiamo chiesto alla ricercatrice di riassumere per ilettori di Messaggero i risultati del suo studio. Qui èpubblicata la prima parte del suo lavoro: nel prossimonumero la conclusione.

Per chi fosse interessato a leggere la descrizionedettagliata può consultare il Repertorio dei fondiantichi a stampa della Svizzera (v. homepage dellaZentralbibliothek di Zurigo). La biblioteca èamministrata dalla Regione dei Cappuccini dellaSvizzera italiana, l’accesso è consentito solo suappuntamento telefonando allo 091/743 62 65 oannunciandosi all’indirizzo e-mail:

[email protected]

In un’ala del convento vi è una porta che apre ad unmondo affascinante, dove il tempo sembra fermarsie lo sguardo del visitatore ne rimane appagato: la bi-

blioteca. I numerosi libri antichi disposti sugli scaffaliin legno e protetti dalla polvere da apposite tendinenumerate, sono testimoni di un’epoca lontana in cui lostudio e il rispetto per il sapere si svolgeva in un luogosilenzioso e secondo ritmi di vita estranei alla frenesiadella nostra contemporaneità. Il corpo centrale dellabiblioteca, illuminato da un grande lucernario, si im-pone alla vista per il corridoio del soppalco che correlungo le pareti, passando da una stretta scala in legno.Al centro è collocato uno schedario dattiloscritto e al-cuni libri di consultazione sul convento. Le due partiestreme al corpo centrale della biblioteca sono invececaratterizzate da una grande vetrata che cattura la luceesterna, mentre un piccolo antro, legato ad una delledue parti, è senza apertura luminosa.

Quanti libri contiene la biblioteca del Santuario? Quali le tematiche più rilevanti?

Sono circa 14’000 i volumi che compongono la biblio-teca: di questi la metà sono pubblicazioni avvenute

dopo il 1901, l’altra metà tra il 1472 e il 1900. Lo stu-dio specifico del fondo antico consente di individuarele epoche più importanti: l’Ottocento al primo posto,segue il Settecento con circa 2’000 volumi, il Seicentocon un migliaio di volumi, circa cinquecento operepubblicate nel Cinquecento e una quarantina tra il1472 e il 1500.

A differenza delle biblioteche di altre congregazioni eordini, i conventi dei frati cappuccini conservano sopratutto opere inerenti alla religione praticata, con pre-ghiere, libri di pietà, devozionali e altri, perché l’atti-vità dei frati era rivolta, oltre che agli esercizi spiritualiindividuali, alla cura del popolo. Si tratta di una “bi-blioteca di consultazione” predisposta allo studio e allaricerca di argomenti per la predicazione. Alla Madonnadel Sasso questo tipo di letteratura è perlopiù ottocen-tesco, come conferma Padre Pozzi nella presentazionedel libro La Madonna del Sasso fra storia e leggenda: “nellabiblioteca attuale poco si coglie nell’ambito delle mo-tivazioni che legarono la pietà del popolo a quella deifrati. Non c’è quasi traccia antica, anteriore al tardoOttocento, di preghiere e giaculatorie legate al cultoqui professato, né di canti, voti scritti, atti singolari le-gati a pellegrinaggi od alle ricorrenze; o almeno nonrisultano a nostra portata di mano. […] Non sono so-pravvissuti i rituali mariani e soprattutto benedizio-nali, libri di pietà che potevano informare sui tipi didevozione propagandistica sulla loro recezione daparte del popolo. Anche i sermoni non sono soprav-vissuti, solo quelli di epoca recente riflettono lo stilepopolare dell’oratoria stessa”.

L’assenza di una parte di libri antecedenti all’Ottocentoche componeva la biblioteca può avere diverse spiega-zioni, si suppone che, una fra le tante, sia legata al-l’abitudine dei frati italiani e svizzeri di spostarsi da unconvento all’altro per determinati periodi con lo scopodi praticare e diffondere la loro missione nelle diversezone del cantone. Con sé portavano il minimo indi-spensabile e a volte alcune opere usualmente regi-strate in uscita dal bibliotecario del convento diapplicazione. Inoltre l’alto numero di ottocentine te-stimonia di un fatto storico molto importante: a se-guito dei decreti del 1848 in cui si decidevano lasoppressione dei conventi e la confisca dei beni eccle-siastici, il Santuario, che prima del 1848 appartenevaai frati conventuali che avevano la loro sede principaleal convento di S. Francesco in Locarno, fu affidato dal-l’autorità governativa in custodia ai cappuccini. Nellasua biblioteca confluirono opere provenienti dai dueconventi locarnesi di San Francesco e dei Santi Rocco

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e Sebastiano, come bene descrive p. Callisto nei giorni25-28 luglio 1848: dapprima avvenne il decreto delGoverno di espulsione dei frati conventuali dal Sasso(per la maggior parte italiani), poi, qualche giornodopo il governo decise di mettere a custodia del San-tuario Alessandro da Giornico, cappuccino del con-vento dei ss. Sebastiano e Rocco (S. Eugenio) diLocarno. Quindi dopo quell’estate il Santuario divenneproprietà del Cantone (ancora oggi), ma gli fu rispar-miata la chiusura. In esso giunsero i frati del conventolocarnese di San Rocco, mentre quelli di San France-sco furono allontanati dal territorio cantonale. A se-guito di questi avvicendamenti confluirono nellabiblioteca libri dei conventi di San Francesco e di SanRocco, come bene testimoniano le firme dei due con-venti nella dicitura “Applicato alla libraria di…, ad usodi…”. Altri libri si sono aggiunti nel corso dell’Otto-cento grazie a donazioni di religiosi o laici e in tal casosono spesso esenti da questa dicitura.

Prima di descrivere da vicino le varie discipline checompongono la biblioteca, va rilevato il particolare va-lore di “biblioteca di consultazione”, coerente con iprincipi comunitari dell’Ordine. I libri si consultano,nessuno ha proprietà assoluta su un libro che acquista,tra l’altro, solo su licenza del Superiore. Quindi ognilibro era di tutti, doveva essere accessibile a chiunque;l’unico segno illusorio di possesso era indicato nella di-citura “ad uso di…”, dalla quale si risaliva al frate cheera dedito più di altri allo studio di quell’opera. Chipartiva dal convento lasciava i libri che aveva usato insede, ad eccezione di casi in cui, come detto altrove,venivano portati con sé solo su consenso dei superiori.Al giorno d’oggi questa dicitura è preziosa per chi in-tenda ricostruire i movimenti di libri avvenuti nei con-venti ticinesi in concomitanza con gli spostamenti deifrati provenienti da conventi italiani, ticinesi, svizzerotedeschi e grigionesi.

[segue nel prossimo numero]

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Il pomeriggio dell’8 giugno scorso nella parrocchia diStabio abbiamo vissuto un solenne atto ecclesiale:durante la S. Messa, presieduta da fra Michele

Ravetta e alla presenza del nostro parroco don Andrea,nonché della ministra regionale Gabriella Modonesi e di tutta la Fraternità, ha avuto luogo il rito della Professione di tre candidate: Crivelli Nirvana, DellaCasa Linda, Gerosa Mariella, che avevano terminato ilperiodo di preparazione francescana.La Professione è promessa di vita evangelica nell’Or-dine francescano secolare, osservandone la Regola (oforma di vita); con la Professione si manifesta l’inesti-mabile dono del Battesimo; è un momento forte: Cri-sto ci incontra in modo particolare, ci prende comesiamo, con le nostre qualità e i nostri difetti e S. Fran-cesco ci è di guida nel nostro cammino.Appartenere all’OFS è un modo per inserirsi in ma-niera vitale nella Chiesa, un impegno alla testimo-nianza e un mettere a disposizione le proprie attitudini,a partire dalle cose piccole, a cominciare dalla propriafamiglia, per aprirsi a quelle più grandi.L’aiuto necessario si attinge nella buona conoscenza delVangelo, nella preghiera, nei Sacramenti e nella for-mazione francescana.La nostra ministra regionale ha accolto con molto en-tusiasmo la continuità del Terz’Ordine francescano,esprimendo molta considerazione nei confronti dellenuove arrivate. Quest’ultime avevano, in precedenza, ricevuto la “Re-gola” o “norma di vita”, che inizia così: ”Osservare il Van-gelo di nostro Signore Gesù Cristo secondo l’esempio di S.Francesco d’Assisi, il quale del Cristo fece l’ispiratore e il cen-

tro della sua vita con Dio e con gli uomini”; i francescani se-colari si impegnino, inoltre, ad una assidua lettura del Van-gelo, passando dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo”.“La Chiesa ha sempre avuto in grande stima questa“forma di vita” che lo Spirito Santo suscita per il benedella Chiesa e dell’umanità (Paolo VI, lettera apostolicaSeraphicus Patriarcha); per mezzo delle Regole appro-vate dai sommi pontefici Niccolò IV, Leone XIII e PaoloVI, ha curato che questo genere di vita sia debitamenteadattato, nel corso dei tempi, alle esigenze e alle ri-chieste della Chiesa stessa.Giovanni Paolo II già esortava: “Studiate, amate, vivetela Regola dell’OFS; essa è un autentico tesoro nelle vo-stre mani, sintonizzata allo spirito del Concilio VaticanoII e rispondente a quanto la Chiesa attende da voi”.Continua così e si rinnova ciò che è stato fondato e portatoavanti con dedizione e impegno dalle persone che ci hannopreceduto.Vogliamo anche ringraziare fra Michele Ravetta che,per motivi di forza maggiore, ci lascia quale Assistentespirituale. Dal 2002, con grande disponibilità e compe-tenza ci ha accompagnati anno per anno nel seguire ivari sussidi di formazione francescana, ed è stato testi-mone degli avvenimenti della nostra Fraternità.La sua presenza è stata preziosa, come pure la sua te-stimonianza.Al termine della celebrazione ci siamo ritrovati tutti in-sieme all’Oratorio per un momento di convivialità(contornato da dolci e bibite) a festeggiare e a manife-stare la nostra gioia nel sentirci tutti fratelli.

Clemens Della Casa

Messa

ggio dall’Ordine Fran

cescan

o Se

colare

Cronache dalle Fraternità

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Fedele alle finalità del suo Fondatore, Padre Aure-lio da Lavertezzo, la Casa Santa Elisabetta offreaiuto e ospitalità a giovani madri in difficoltà con

problemi sociali, psichiatrici o di dipendenza, alledonne maltrattate o vittime di violenza, alle madri nu-bili con i rispettivi figli senza discriminazione di nazio-nalità, religione ed età.

L’associazione Casa Santa Elisabetta si è costituita le-galmente il 26 maggio 1947 ed è responsabile dellaconduzione della Casa, la quale è di proprietà dell’Or-dine Francescano Secolare della Svizzera italiana.Riconosciuta dallo Stato del Canton Ticino nell’ambitodella Legge Famiglia, beneficia dei suoi sussidi chevengono integrati grazie alla generosità di donazionidi Enti e di privatiLa Casa Santa Elisabetta venne aperta nel lontano1947 su iniziativa del cappuccino ticinese padre Aure-lio da Lavertezzo. Il religioso intuì i gravi bisogni in cuisi trovavano le madri nubili, spesso abbandonate a séstesse, in tempi nei quali la nascita di un bambino al difuori del matrimonio era ancora considerata una ver-gogna: padre Aurelio promosse un’opera di assistenzatuttora senza pari in Ticino.Dalla sua fondazione sino al 1974 vennero accoltenella Casa soprattutto le future mamme che vi pote-vano soggiornare per pochi mesi dopo il parto sino almomento di trovare adeguata sistemazione. Dal 1974al 1985 il periodo di soggiorno venne prolungato sinoai sei mesi dalla nascita del bambino in seguito sino alraggiungimento dei tre anni di età con l’introduzionedell’asilo nido.La Casa nel tempo ha sempre saputo adeguarsi a quelliche erano i bisogni sociali del momento ed ora si trovaconfrontata con una casistica ancora più ampia chevede accolte anche madri minorenni.

Attualmente possiamo accogliere in internato 11madri con i loro figli e 12 bambini senza la presenzadella madre perché collocati d’Autorità per gravi pro-blemi legati alla sfera familiare.

L’obiettivo, per quanto riguarda le madri, è quello diaiutarle nel loro ruolo genitoriale offrendo un conte-sto socio-educativo; compito non sempre facile a causadel loro bagaglio di vita e la loro strada già costellata dagravi problemi familiari e/o personali che ne hannocondizionato l’equilibrio, la fiducia negli altri, la capa-cità di organizzarsi con ritmi e impegni regolari.Tutte queste problematiche rendono loro di difficile at-tuazione il comprendere e far fronte alle necessità delfiglio sapendo anteporre quelli che sono i bisogni diquest’ultimo ai propri.

La presa in carico non può non tener principalmenteconto del ruolo affettivo/materno di tutto il personale.Solo in questo contesto, ristabilendo cioè un clima difiducia, si può pensare di poter ottenere dei risultati.Il significato non può che tradursi nella capacità disaper gestire nella completa trasparenza la relazionecon la nostra ospite: trasparenza che deve rimandareloro tutti quegli aspetti, quei comportamenti che nonpossono essere compatibili con il loro ruolo genito-riale.

Anche la gestione finanziaria, scolastica/lavorativa eabitativa futura rientrano nei compiti da noi assuntiper gestire al meglio l’ospite nella sua individualità.

Accompagnare la madre verso la propria autonomia altermine del loro soggiorno risulta essere il nostro tra-guardo più ambito altrimenti nei casi in cui la capacitàgenitoriale è in discussione ci proponiamo di offrire unprogetto alternativo al minore: adozione in rari casi,affidamento familiare, altre strutture sociali per ac-compagnarli fino alla maggiore età, foyers a condu-zione più familiare. Questi progetti vengono messi inatto anche per i minori presenti in istituto senza lamadre.

Il personale formato (educatori, maestri, psicologi, in-fermiere, ecc) condivide i principi della Casa che si ri-fanno ai valori cristiani di rispetto della vita in ogni suomomento e operano all’interno della Casa adeguan-dosi all’impostazione della stessa. Le operatrici devonoavere un’attitudine all’ascolto e grande disponibilitàed elasticità.

Lucia Bernasconi Mari, Direttrice

Casa S. Elisabetta

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Lo smarrimento di Arjunalo yoga della disperazione: un cammino di purificazione

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di Arjuna che, su «quellaterra santa che è la terra dei

Kuru», deve uccidere in battagliaparenti, amici, grandi guerrieri emaestri, Bedhe Griffiths osserva:«Ogni capitolo della Bhagavad Gitasi occupa di uno yoga particolare».Il titolo di questo primo capitolo è:Lo yoga della disperazione di Arjuna. In realtà, «l’esperienza della dispe-razione è uno yoga», cioè rappre-senta un evento interiore che, inmolti casi e per molte persone, co-stituisce «il primo passo sul sen-tiero della vita spirituale». Ossia, èproprio in virtù di quel impattocon la disperazione che uno si ri-sveglia dalla propria apatia e son-nolenza e decide d’intraprenderequalcosa di nuovo e di significativoper lui.È molto importante – afferma BedeGriffiths – «attraversare l’espe-rienza del vuoto, della disillusionee della disperazione. Molti si risve-gliano alla realtà divina e all’espe-rienza della trasformazione nellaloro vita solo dopo aver raggiuntol’acme della disperazione».1

Il senso del vuoto, la disillusione ela disperazione, però, non sonosolo occasioni e incentivi a intra-prendere un nuovo cammino. Essisono anche elementi costitutivi delcammino stesso. Ogni camminointeriore, infatti, procede tra alti ebassi: tra momenti di grande slan-cio, entusiasmo e gratificazioni, ealtri mementi in cui dominanol’aridità, la stanchezza, lo smarri-mento, la confusione. San Gio-vanni della Croce parla di passaggiattraverso l’oscurità e la notte: nottedei sensi e notte dello spirito. Loscopo di queste involontarie im-mersioni nell’oscurità e nella nottehanno lo scopo di purificare lamente e il cuore dell’uomo. Perquesto, «gli autori spirituali chia-mano anche, queste notti e que-st’oscurità, via purgativa o purifica-

zione dell’anima». Giovanni dellaCroce preferisce chiamarle notti,perché, «sia nell’una che nell’altra,l’anima cammina al buio, come dinotte».2

Ma perché il cammino interiore,che conduce a realizzare, attra-verso la piena accoglienza del-l’azione creatrice di Dio in noi, laverità di noi stessi, è un camminonel buio e nella notte, ossia: con-trassegnato da fatica, d’incertezza esmarrimento? Il primo motivo, dice Giovannidella Croce, si deve al fatto che, sevogliamo davvero pervenire allapace del cuore, è indispensabile col-tivare il giusto o affettuoso distacco inrapporto a tutto ciò che non è Dio.È solo aprendoci incondizionata-mente a Dio che l’aspirazione delnostro cuore trova il suo definitivoappagamento. «Il nostro cuore –diceva sant’Agostino – è irrequietofino a quando non riposa in te». Diconseguenza – suggerisce san Gio-vanni della Croce – occorre «pri-varsi del godimento di tutte le cosetemporali, rinunciando ad esse». Questo privarsi del godimento di tuttele cose temporali non significa, néper Giovanni della Croce né peraltri autori spirituali, disprezzare lecose o svalutare i beni temporali. Sitratta piuttosto di affrancarci daquel desiderio possessivo che ci im-pedisce di godere pienamente dellecose, con gratitudine e in libertà.Ma, giusto o affettuoso distacco chesia, si tratta comunque di un pro-cesso di purificazione e di crescita,che comporta rinuncia o priva-zione; e «tale rinuncia o privazionecostituisce spesso una vera e pro-pria notte per tutte le passioni e isensi dell’uomo», ossia per le na-turali tendenze della naturaumana, che istintivamente si ag-grappa alle cose piacevoli e nutreavversione nei confronti di quellespiacevoli.3

Ma c’è anche un ulteriore motivo

per cui il cammino interiore passaattraverso momenti di oscurità e dinotte. Infatti, ogni cammino di cre-scita interiore reclama un atteggia-mento di abbandono, ossia difede-fiducia. Ma l’atteggiamento difede-fiducia e di abbandono può ri-sultare «oscuro all’intelligenzacome la notte».4 In effetti, perquanto un sentiero abbia «uncuore» e, quindi, si riveli come un«buon sentiero», in realtà non saidove ti porta. Ogni sentiero pre-senta sempre anche un incognita:comporta del rischio e, a volte, sipassa attraverso momenti digrande fatica. Il terzo motivo per cui il camminointeriore è un immergersi nel-l’oscurità e nella notte è in stretta re-lazione con l’aspirazione supremadel cuore umano, ossia Dio, che è«luce senza misura».5 Dio non silascia definire dall’uomo. Lo si in-contra, ma nell’oscurità della fede.Essere aperti a Dio è un possedere,ma nella speranza, un conoscere,ma senza vedere.6 Perché «un Dioche esiste» – che si lascia definire edimostrare dall’uomo – non è Dio,«non esiste», dice Bonhoeffer. Lostesso Concilio Vaticano II parladell’esperienza di Dio come dell’in-contro con un’energia arcana, che sipalesa nell’universo, ma trascendecontinuamente ed infinitamenteogni nostra esperienza. Dio «es-sendo incomprensibile e infinita-mente superire ad ogni umanointendimento, è certamente notteoscura per l’anima in questa vita»,afferma san Giovanni della Croce.7

Il passaggio quasi obbligato attra-verso queste tre notti, spiega lacrisi di Arjuna. Arjuna – ci dicevaBede Griffiths nell’ultimo appun-tamento che abbiamo avuto – èquella dell’uomo che lascia l’Egitto– l’egoismo e le sue seduzioni. Egliprende le debite distanze dalle appa-renze, ossia da tutto ciò che, pur ap-prezzabile e buono, non rappre-

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senta tuttavia l’Assoluto, la Realtàultima. Si inoltra nel deserto – illuogo delle scelte essenziali e del-l’incontro con l’Incondizionato,che è «luce senza misura». A que-sto punto, però, il suo stato di pel-legrino, «è spesso quello di chi harinunciato a tutto, ma sembra nonavere guadagnato nulla». Arjuna,quindi, «depone le armi e rifiuta dicombattere, perché non sembra es-serci nulla per cui valga la penacombattere». La sua crisi apparedel tutto comprensibile. Dopo averintrapreso il cammino interiore,dopo essersi è consegnato allafede-fiducia, ora deve attendere,con paziente perseveranza, che«sorga la stella del mattino». Que-st’attesa, che è appunto «un posse-dere, ma nella speranza, un conoscere,ma senza vedere»,8 è spesso dolorosae sofferta. Oltre tutto, più ci si av-vicina alla Sorgente, e più si ri-mane abbagliati del suo splendore.Dio, che è luce, ma è anche tene-bra per l’uomo.Scrive san Giovanni della Croce: itre passaggi che ho chiamato notti,li possiamo anche considerarecome tre parti di un’unica notte.«La prima, quella dei sensi, corri-sponde al calar delle tenebre,quando non si ha più percezionidelle cose circostanti; la seconda,quella della fede, può essere para-gonata alla mezzanotte, quandol’oscurità è profonda; la terza, cheè Dio, corrisponde all’alba che pre-cede la luce del giorno».9 Ma su-bito aggiunge: quest’alba, chequalcuno ha chiamato illumina-zione prima dell’illuminazione, spessarisulta più oscura non solo del cre-puscolo, ma anche della mezza-notte. Infatti, «Dio è certamentenotte oscura per l’anima in questavita». Dopo ave condotto l’uomoattraverso la notte dei sensi equella della fede, Dio si comunica alui, ma «in modo tanto intimo esegreto da sembrare un’altra notte;

anzi, finché dura questa comuni-cazione, è una notte molto piùoscura delle precedenti».10

Krishna cerca di rincuorare Ar-juna. Anzi, lo riprende, rinfaccian-dogli la sua pusillanimità. Ma losmarrimento di Arjuna è tale percui, dopo aver inutilmente prote-stato, non gli rimane altro chesprofondare nel silenzio, in attesache spunti il giorno.

2.1 Allora sorse lo spirito di Kri-sha e parlò ad Arjuna, il suoamico, che con gli occhi pienidi lacrime era sprofondatonella disperazione e nel do-lore.

Disse Krishna:

2.2 Da dove viene questo scora-mento, Arjuna, in quest’ora,nell’ora della prova?I forti non conoscono la di-sperazione, perché non faguadagnare né il cielo né laterra.

2.3 Non cadere in questa vile de-bolezza, perché non si addicea un uomo che sia tale. Getta via questo ignobile sco-ramento e alzati, come unfuoco che brucia tutto ciòche ha davanti.

Disse Arjuna:

2.4 Io provo venerazione perBhisma e Drona. Dovrei uccidere con le miefrecce il fratello di miononno, il grande Bhisma?E le mie frecce dovrebberocolpire in battaglia Drona, ilmio maestro?

2.5 Dovrei uccidere i miei mae-stri, che nonostante sianobramosi del mio regno, sonoanche i miei sacri inse-gnanti? In questa vita preferirei man-giare il cibo dei mendicanti,

piuttosto che il cibo realemescolato al loro sangue.

2.6 E non sappiamo se per noi èmeglio la vittoria loro o lanostra. I figli di mio zio e re, Dhrita-rastra, sono qui di fronte anoi: dopo la loro morte, po-tremmo desiderare ancora divivere?

2.7 Nella notte oscura della miaanima provo desolazione.Sento commiserazione perme stesso e non vedo la viadella giustizia. Sono tuo discepolo, vengo ate supplicandoti: illuminamisul sentiero del mio dovere.

2.8 Infatti né il regno della terra,né il regno degli dei del cielopotrebbero liberarmi dal fuo-co della sofferenza che bru-cia così la mia vita.

2,9 Quando Arjuna, il grandeguerriero, ebbe così sfogato ilcuore, disse: «Non combat-terò», e poi sprofondò nel si-lenzio.

fra Andrea Schnöller

1 Bede Griffiths, Fiume di compassione: uncommento cristiano alla Bhagavad Gita,Appunti di viaggio, Roma 2006, p. 11

2 Giovanni della Croce, Salita al monteCarmelo 1.1.1

3 Giovanni della Croce, Salita al monteCarmelo 1.2.1

4 Giovanni della Croce, Salita al monteCarmelo 1.2.1

5 Pensa C., Perché meditare?, in una rela-zione apparsa su Sati.

6 Eb 11,1. In 1 Cor 13,12 - 2 Cor 5,6-7 -Rm 8,23-25

7 Giovanni della Croce, Salita al monteCarmelo 1.2.1

8 Eb 11,1. In 1 Cor 13,12 - 2 Cor 5,6-7 -Rm 8,23-25

9 Giovanni della Croce, La salita del monteCarmelo 1.2.5

10 Giovanni della Croce, La salita delmonte Carmelo 1.2.4

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Che cosa s’intendeper storia nella Bibbia

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Messa

ggio biblico A bbiamo già iniziato a vedere che cosa s’intende per

storia nella Bibbia. Ora dobbiamo approfondirequesto concetto perché la “storia non come sintesi

di fatti documentati, ma come veicolo d’insegnamentoè un’altra chiave bibblica. La storia biblica affonda le sueradici nella realtà di qualche fatto, ma non da impor-tanza al fatto in se come e quando è accaduto, bensì al-l’insegnamento che dallo stesso si sprigiona.Ed il rispetto per questo concetto biblico della storia do-vrebbe aiutarci a leggere, dentro la nostra storia anchequotidiana, i messaggi che da essa promanano.Gesù parlava di capacità d’interpretare i segni dei tempi;e i segni dei tempi sono i piccoli fatti, la piccola cronacadi tutti i giorni che, se è analizzata con fede e intelli-genza, può riservarci dei profondi insegnamenti.

La terza chiave è la chiave della “sapienza” che trasudada ogni pagina della Bibbia e che, come abbiamo detto,ci permette di trovare le grandi risposte ai nostri inter-rogativi.Uomo chi sei e dove vai?...Oggi di libri religioso-sapienzali ce ne sono molti, pos-siamo dire che sono diventati di moda, ed è una cosautile, perché dai testi di qualsiasi religione seria si pos-sono ricavare norme di vita.Ma la Bibbia non è un libro di sapienza in pillole; nonsi possono estrapolare alcuni detti ed alcune sentenzeda qualche sua pagina (ce ne sono certamente dellebellissime nel Libro dei Proverbi, nel Siràcide, in tutti iprofeti).La Bibbia non è una blanda cura ricostituente, ma piut-tosto un forte programma di vita, umanamente e spiri-tualmente, trasformante.Ecco perché la sapienza che in essa è richiusa va ricer-cata non solo nei detti, ma anche nei fatti, non solo neidiscorsi, ma anche negli avvenimenti.Basta saper leggere tutto con due occhi: quello dellascienza e quello della fede.Su l’occhio della scienza qualche cosa abbiamo già detto,su quello della fede diremo.Per ora potremmo aggiungere che dobbiamo averemolta fiducia negli esegeti (i cultori delle scienze bibli-che) e seguirli nello sforzo che fanno di offrirci spiega-zioni interessanti e ipotesi nuove per aiutarci adapprofondire il sacro testo.In merito mi permetto di ricordare il mio docente diSacra Scrittura, (così si chiama nel curriculum deglistudi teologici la materia che affronta lo studio della Bib-bia). Era un frate anziano, molto colto. Aveva studiatoBibbia a Roma, nei primi anni del secolo e la spiegava anoi negli anni cinquanta. Ligio fino allo scrupolo alle di-rettive del magistero ecclesiastico (la Commissione Va-

ticana per l’interpretazione della Bibbia) era intelligen-temente curioso verso le cose nuove, le interpretazionianche più ardite.E mentre a noi giovani studenti spiegava la Bibbia, se-condo le direttive del magistero, non tralasciava di offrirci - quasi sottobanco - delle pubblicazioni che ini-ziavano a mettere dei punti interrogativi sul problemadel monogenismo, sulle ipotesi dei generi letterari, sulleprime spiegazioni intorno ai miti di cui la Bibbia si è servita.Era un docente “sapiente”, molto adatto a spiegare quel“Libro di sapienza” anche se, forse, gli mancava un po’di coraggio; ma in quei tempi chi - nell’ambito deglistudi teologici - aveva il coraggio di proporre in campobiblico insegnamenti non conformi alle direttive dellagerarchia, arrischiava forte.

Ma proprio perché la Bibbia è un “Libro di sapienza” iovorrei ancora invitare i miei amici lettori a procurarseneuna - se finora non l’hanno fatto - per seguire le cita-zioni che svilupperò in questi “Pensieri”.Ed in merito a un’edizione biblica da acquistare, eccouna indicazione proveniente da una gentile persona chequalche giorno fa si è presentata in convento offrendomiun pacco regalo, dicendomi che nella lettera accompa-gnatoria vi era la spiegazione del suo gesto: “La prego dinon offendersi se un evangelico-riformato le regala unaBibbia. Le spiego subito il motivo: la presente Bibbia èinterconfessionale e nell’elenco dei collaboratori spiccail nome del cardinale Carlo Maria Martini, ed è scrittanella lingua corrente di tutti i giorni. A mio modestoavviso questa Bibbia si presta egregiamente per le Suecitazioni nel “Pensiero del di dì festa” che io leggo rego-larmente con piacere. Mi sento autorizzato a dire ciò,perché ogni qualvolta mi diverto a confrontare i versettida Lei citati con quelli della presente Bibbia: se c’è unadifferenza non è certo di significato, ma di forma”.Accetto il dono, ringrazio il donatore, d’ora innanzi ci-terò più spesso col testo dell’edizione indicatomi.

La Bibbia dice il vero?...

Abbiamo detto, in questi “Pensieri” di introduzione auna lettura dei primi capitoli della Bibbia, che questomeraviglioso Libro ruba immagini e figure dalle mitolo-gie antiche, usa la storia in un modo diverso da come lausiamo noi, ed è un Libro ricco di sapienza perché cercadi risponde agli interrogativi più profondi che un uomosente nell’intimo del suo cuore.Eppure, anche se la Bibbia usa tutti questi mezzi di co-municazione : mitologie, storia, sapienza umana, noicontinuiamo a dichiararla “Parola di Dio”.

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Quando diciamo “noi”, intendiamo evidentemente gliebrei ed i cristiani ; non sono sufficientemente esperto inislamismo per poter dire qual è l’atteggiamento che imussulmani hanno verso questo Libro. Ora, riconoscereche attraverso degli scritti così umani Dio ci parla e che inquesta storia così terrena e alle volte così deplorevole -perché nella Bibbia ci sono pagine terribili - Dio agisce, èfare un grande atto di fede.Non di meno colui che legge la Bibbia con animo serenoed aperto, si sente come trascinato fino alla soglia di que-sto atto di fede tanto essa parla alla sua coscienza.

Ecco perché, anche persone non credenti, sono esortatea seguirci in questi “Pensieri” ; forse diranno di non averefede e quindi di non essere in condizioni di leggere la Bib-bia come testo sacro, ma io rispondo  : se prendete inmano ed aprite questo Libro siete effettivamente alla so-glia di quell’atto di fede di cui non dovete aver paura.Dalle pagine della Bibbia, risuonano appelli per ogniuomo onesto, ai quali, è difficile sottrarsi. Essa infatti cisvela la presenza di Dio nella nostra vita e ci invita a ri-conoscere che siamo tutti nelle Sue mani. Perché Dio,non solo per gli ebrei, non solo per i primi cristiani, maanche per noi è sempre l’Emanuele, parola che significa“Dio-con-noi”.Quindi nulla di più falso che immaginare la Bibbia comeun catechismo fastidioso, o come una predicazione no-iosa e stereotipata; questo Libro così vario, così vivo, agi-sce sia nella Chiesa come nel fondo della coscienza diciascuno di noi, quale sorgente zampillante di vita !...

Dunque la Bibbia è il Libro che ci fa incontrare Dio anchese è difficile esprimere in formule questo incontro. LaBibbia è una Parola che non si finisce mai di meditare perriuscire a vivere alla presenza di Dio nel più profondo dinoi stessi.Ed io mi auguro che, proprio attraverso la lettura dellaBibbia, ognuno di noi faccia un’esperienza d’incontro conDio come la fece Abramo che obbedì al suo comando dilasciare la propria terra e di andare là dove Dio gli avrebbeindicato. Come la fece Mosè che, fuggiasco, incontrò Dioin una voce che si sprigionava dal roveto ardente e che gliindicava di ritornare su i suoi passi per andare a conti-nuare - con il Suo aiuto - quell’opera di liberazione delsuo popolo che egli invano aveva tentato da solo.Come lo fecero tanti profeti, soprattutto quel simpaticocontadino di nome Abacuc che si sentì preso per i capellie trasportato, lui povero coltivatore di cocomeri, in unluogo dove avrebbe mai voluto andare, ed ivi annunciarela Parola terribile del Signore.Infine come la fecero gli apostoli che, dopo avere ascol-tato il comando di Gesù : “venite, vi farò pescatori di uo-

mini”, lasciarono il padre, le barche, le reti e lo seguironoper sempre.Ecco dunque che per tutti questi personaggi biblici, la Pa-rola di Dio non è stata una lezione da imparare, ma unavita da condividere, un richiamo da seguire, un’espe-rienza da tentare.E tutto questo - vita, richiamo, esperienza - la Bibbia lodeve essere anche per noi.Non facciamone dunque una teoria della Parola di Dioche leggiamo sulla Bibbia. Ogni Comunità, ogni credente,capirà questa Parola nell’intimo del suo cuore, ed io miauguro che la stessa Parola ci aiuti a vivere.

Ma perché è così importante la Parola di Dio ?... Per ilcredente la Bibbia è un Libro ispirato, esso dunque gli co-munica la rivelazione di un Dio che non può mentire.Ma seguendo questo ragionamento trovo nella Bibbiaedita dalla Civiltà Cattolica queste domande e queste ri-sposte : “Ma qual è questa rivelazione di un Dio che nonpuò mentire ?...Quale è la verità della Bibbia ?...Risposta : essa appartiene innanzi tutto all’ordine dellerealtà superiori, è essenzialmente e solamente una veritàreligiosa.In altre parole la Bibbia è vera quando parla dell’alleanzadi Dio, della vita e dell’insegnamento di Cristo, quando fanascere nel cuore dell’uomo il senso del divino e l’esi-genza della fedeltà al Suo Signore, quando indica qual èla condotta retta e gradita a Dio, quando insegna ad averefiducia in Lui. La Bibbia è vera quando parla del rapportoe del legame di Dio con noi, quando parla dell’uomo difronte a Dio.

Nelle altre materie la Bibbia non intende pronunciarsi eper questo non si può dire che sia vera o che sia falsa.Per esempio  : è vera quando espone le origine delmondo ?... Questo interrogativo ci permette di affrontarerealmente un problema che spesso - come abbiamo giàaccennato - viene mal posto.La verità dei primi capitoli della Bibbia, che presto legge-remo, non è una verità sul piano della ricerca scientifica.Queste grandi composizioni poetiche vogliono affermareche l’umanità esce dalle mani di Dio, vogliono indicare ilsuo destino, il posto che purtroppo il peccato ha nella vitadegli uomini, ma soprattutto la speranza di salvezza cheproviene da Dio.E lo fanno servendosi di antiche tradizioni, di antichi miticorretti, introducendo in essi la fede in un Dio unico, svi-luppando il monoteismo e ribadendo il concetto chel’uomo è creato ad immagine di Dio ed è in attesa di unasua restaurazione dopo la caduta.Ecco le grandi verità che questi primi capitoli ci inse-gnano”.

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Pluralismoreligioso nel Ticino

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do della chiesa Nella primavera del 2007 è stato pubblicato in Ti-

cino il “Repertorio delle religioni”, promosso dalDipartimento cantonale delle istituzioni e rac-

colto da Michela Trisconi de Bernardis. Il Repertoriopresenta le «schede» di 82 comunità religiose e gruppiorganizzati che rispondono (e accettano) una largadefinizione di «religione» come organismo che pra-tica e diffonde convinzioni relative alla vita spirituale. Il Repertorio permette un giudizio complessivo e piùveritiero del pluralismo religioso ticinese. Se infatti ilrilevante numero di espressioni religiose da un lato ri-dimensiona la cosiddetta «eclissi del sacro» (affermatadai sociologi della metà del Novecento), dall’altro èindicazione dell’individualismo sempre più diffuso,che indebolisce ogni istituzione strutturata (partiti,sin-dacati, ecc.) e quindi anche le Chiese «storiche».l datidel censimento del 2000 hanno confermato nel Ticinola larga prevalenza della confessione cattolico-romana(75,9%), con una sostanziale tenuta numerica (anchese registra una flessione nella percentuale comples-siva per effetto della immigrazione); delle ondate mi-gratorie hanno beneficiato specialmente due gruppi,quello ortodosso (nel Ticino il più consistente) equello musulmano, rispettivamente con il 2,4% e l’1,9%. L’altra Chiesa «storica», quella evangelica-ri-formata, rimane il secondo gruppo religioso (7,5%),tuttavia diminuita sia in percentuale sia in numeri as-soluti,mentre la presenza della comunità ebraica (findal 1918) è ormai ridotta a una percentuale minima(0,1%, 383 persone).Così, secondo i dati del censimento federale del 2000,solo cinque comunità religiose (la cattolico-romana,l’evangelica-riformata, l’ortodossa, l’islamica, i Testi-moni di Geova) avevano più di mille membri dichia-ratisi; superavano di poco i mille aderenti le «altrecomunità evangeliche», tuttavia divise in 12 gruppi;mentre gli ortodossi ,con 7 diverse comunità, conta-vano 7236 adesioni e i musulmani, con due comunitàdiverse, cui si aggiungono tre altre «denominazioni»,registravano 5747 adesioni. Le denominazioni descritte nel Repertorio sono stateraggruppate in 18 «famiglie religiose», le principali es-sendo la cattolica, l’ebraica, l’ortodossa, la protestante(comprendente anche le Chiese libere e i penteco-stali), gli avventisti, l’lslam con il sufismo, i gruppi in-duisti e buddisti e altre denominazioni minori, tra cuii «movimenti dei dischi volanti»!

Molte religioni con pochi aderenti

Un dato che relativizza diverse «presenze» può esserericavato dalla tabella contenuta nelle ultime pagine

del Repertorio che indica la data dell’insediamento inTicino dei diversi gruppi religiosi. Presenti già primadel 1950 sono ovviamente la Chiesa cattolica romanae la Chiesa evangelica riformata, cui si aggiungono 12altre denominazioni, tutte di matrice protestante,oltre la comunità ebraica; nei decenni 1950-1980 sicostituiscono in Ticino una quindicina di altre deno-minazioni, tra cui tre ortodosse e due asiatiche; dal1981 al 2000 i gruppi religiosi crescono di una tren-tina di unità e si differenziano ulteriormente; dal 2000al 2005 la crescita continua ancora con una ventina dinuove denominazioni . Alla crescita delle denominazioni non sembra corri-spondere un aumento quantitativo, ma probabil-mente una dispersione di persone in ricerca, persinocon appartenenze plurime o solo temporali. Un’altratabella offerta del Repertorio elenca infatti 38 deno-minazioni (per complessivi 1197 aderenti, secondo idati del censimento del 2000), ma solo due gruppihanno una certa consistenza (buddisti: 375;induisti:361), mentre tutte gli altri avrebbero meno di centoaderenti. Sono tuttavia dati molto relativi, per la ri-dotta affidabilità che possono dare i risultati del cen-simento che aveva per contro registrato un numeroben più consistente di «senza confessione» (23.032) edi «senza indicazione» (14.492), in totale cioè il12,2% dell’intera popolazione recensita (oltre 37.000persone!).

Conseguenze culturali e sociali

Il pluralismo religioso, ormai consolidato anche in Ti-cino, non pone problemi nuovi solo alle Chiese tradi-zionali, cattolica e evangelica, già confrontate con unmassiccio assenteismo: ha anche rilevanti conse-guenze sul piano culturale e sociale. A proposito delleconoscenze religiose e quindi della necessità del suoinsegnamento, l’Assemblea del Consiglio d’Europa del4 ottobre 2005 aveva osservato: (www.assembly.co-eint/Documents; testo tradotto in italiano in “Popoloe Libertà” del 24 febbraio 2006): “L’educazione è es-senziale per combattere l’ignoranza, gli stereotipi el’incomprensione delle religioni. (..) La conoscenzadelle religioni fa parte integrante della storia degli uo-mini e delle civiltà”. Più oltre lo stesso Consiglio ag-giungeva: “Il suo obiettivo deve consistere nel farescoprire agli allievi le religioni che sono praticate nelloro Paese e quelle dei paesi vicini, a far loro vedereche ognuno ha lo stesso diritto di credere che la suareligione è quella vera, e che il fatto che altri hannouna religione diversa, o non hanno alcuna religione,non li rende diversi in quanto esseri umani”.

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Senza la conoscenza della storia religiosa di un paese edei fondamenti delle principali religioni presenti, èovvio che ogni integrazione sociale è gravemente osta-colata, mentre ne soffre anche l’educazione alla tolle-ranza e alla convivenza. Per questo i responsabili dellescuole di molti Stati (e di alcuni Cantoni svizzeri) hannoelaborato o cercano di elaborare modelli di insegna-mento “interreligioso”, validi e obbligatori per tutti gliallievi. Nelle scuole statali ticinesi invece solo la reli-gione cattolica e quella evangelica vengono presentate,da parte di docenti designati dalle autorità religiose, e li-mitatamente agli allievi che ne hanno fatto richiesta.Mentre (secondo un rapporto elaborato da una Com-missione speciale incaricata di studiare l’argomento)“nel Ticino quasi il 50% delle classi della scuola obbli-gatoria hanno più del 30% di allievi provenienti da altreculture”, e secondo un rapporto steso da alcuni com-missari cattolici, nelle scuole elementari il 70% degli al-lievi segue questo corso (cioè l’insegnamento religiosodispensato da docenti designati dalle Chiese cattolica oevangelica), nelle scuole medie il 64% e nelle scuolemedie superiori meno del 10%! Questi dati, oltre che ri-salire a qualche anno fa, non riflettono situazioni locali

molto più preoccupanti (come negli istituti dei centri,dove maggiore è la percentuale di allievi figli di immi-grati), con la conseguenza di una dilagante ignoranzadel fenomeno religioso nei giovani e il permanere di pe-ricolosi pregiudizi diffusi dal sensazionalismo dei media.Ha suscitato ampi commenti il “caso” di Tesserete, dovemons. Grampa in visita pastorale non ha potuto incon-trare gli allievi durante l’orario scolastico; maggiore at-tenzione avrebbe dovuto suscitare un dato ben piùpreoccupante, cioè che su 417 allievi delle scuolemedie, solo circa 170 (o i loro genitori) avevanoespresso la volontà di incontrare il Vescovo, mancandol’occasione di “conoscere” il rappresentante di una re-ligione che costituisce una componente fondamentaledella storia e della cultura del Ticino.I dati relativi al pluralismo religioso, evidenziati dal Re-pertorio, dovrebbero finalmente stimolare una rifles-sione seria sulla necessità di offrire a tutti gli allieviticinesi, in collaborazione con le principali comunità re-ligiose presenti nel Cantone, un adeguato “insegna-mento sulle religioni”.

Alberto Lepori

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Il Consiglio ecumenico delleChiese compie 60 anni

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ico Se non esistesse, bisognerebbe

inventarlo. Stiamo parlando delConsiglio ecumenico delle Chiese(CEC) che, nonostante tutti i suoilimiti, costituisce pur sempre lapiù ampia piattaforma di dialogoe di confronto tra le Chiese ed haconseguito apprezzabili risultatinel tessere legami fraterni fra le

Chiese che ne fanno parte.Quest’anno il CEC festeggia il suo60mo anniversario ed è quindil’occasione per farne più ampia

conoscenza.

Il Consiglio ecumenico delleChiese è stato fondato il 23 ago-sto 1948 ad Amsterdam da rap-

presentanti di 147 Chiese alloscopo non di creare una super-Chiesa mondiale né di uniformarele varie espressioni ecclesiali, ma,per statuto, di “chiamarsi gli uni glialtri all’unità visibile in una solafede e in una sola comunione eu-caristica”. Il CEC si definisce come“una comunità fraterna di Chieseche confessano il Signore Gesù Cri-sto come Dio e Salvatore secondole Scritture e si sforzano di rispon-dere insieme alla loro comune vo-cazione per la gloria del solo Dio,Padre, Figlio e Spirito Santo”.Compito del CEC – che ha la suasede a Ginevra, presso il Centoecumenico - è di “promuoverel’unità dei cristiani nella fede, la te-stimonianza ed il servizio, in vistadi un mondo di giustizia e di pace”.Se il CEC è sorto nel 1948, nonvuol dire che prima vi fosse ilvuoto ecumenico. Anzi, la sua na-scita è il frutto della confluenza trail movimento “Fede e Costitu-zione”, creato nel 1927 a Losanna,e la Conferenza del cristianesimopratico tenutasi nel 1937 a Oxford.

Primo segretario generale del CECfu il teologo protestante olandeseWillem Visser ‘t Hooft, un grandepioniere dell’ecumenismo.

Attualmente il CEC è formato da349 Chiese, perlopiù nazionali, ditradizione anglicana, ortodossa,protestante e vetero-cattolica dioltre 110 paesi del mondo e rap-presenta circa 560 milioni di fedeli,più o meno un quarto della cristia-nità. Ne sono assenti in particolarela Chiesa cattolica romana e leChiese pentecostali. Tutte le Chiesemembro sono rappresentate nel-l’assemblea, che si riunisce all’in-circa ogni sette anni. Dopo quelladi Amsterdam nel 1948, le succes-sive assemblee si sono svolte adEvanston (1954), Nuova Delhi(1961), Uppsala (1968), Nairobi(1975), Vancouver (1983), Can-berra (1991), Harare (1998) ePorto Alegre (2006).

Un nuovo segretario generale

L’attuale segretario generale delCEC, in carica dal gennaio 2004, èil pastore metodista keniano Sa-muel Kobia (61 anni, sposato,padre di quattro figli). A sorpresa,in occasione dell’ultima riunionedel Comitato centrale, lo scorsofebbraio a Ginevra, Kobia ha riti-rato, per motivi personali, la suacandidatura (era l’unica) per unsecondo mandato dopo quello chescade alla fine di quest’anno. Que-sto ha costretto il Comitato cen-trale a correre ai ripari costituendoin fretta e furia una commissionecerca in vista dell’elezione, fissataper settembre 2009, di un nuovosegretario generale, che entrerà poiin carica all’inizio del 2010. Questosignifica che per tutto il 2009 visarà un segretario generale ad in-terim. Gli osservatori si sono alungo interrogati sui motivi di que-sta repentina decisione di Kobia, il

quale ha sostanzialmente svoltobene il suo lavoro. Stando a indi-screzioni, a “costringerlo” a gettarela spugna sarebbero stati i prote-stanti tedeschi, che finanziano unterzo dei costi del CEC, criticando –in particolare in un’intervista al-l’agenzia “Evangelischer Presse-dienst” rilasciata dal loro piùimportante rappresentante in senoal Comitato centrale, il vescovo lu-terano Martin Hein – l’atteggia-mento “spendaccione” di Kobia,“sempre in giro per il mondo”. Lastessa agenzia aveva pure rivelatoche la laurea in scienze religiose inpossesso di Kobia è fasulla perchérilasciata da una finta universitàamericana, la Fairfax University,che oggi neppure più esiste. Anchese il segretario generale si è dettoin buona fede, non c’è dubbio chequesto ne abbia minato la credibi-lità.

La partecipazione cattolica al Consiglio ecumenico delle Chiese

Come detto, la Chiesa cattolica ro-mana non fa parte del CEC, tutta-via la sua collaborazione conl’organismo ginevrino è buona ecostante. Alla fine del Concilio Va-ticano II, dopo la pubblicazione deldecreto sull’ecumenismo “Unitatisredintegratio” del 21 novembre1964, la Chiesa di Roma ha allac-ciato contatti con il CEC tramitel’allora Segretariato (già creato nel1960, quindi prima del Concilio)ed ora Pontificio Consiglio per lapromozione dell’unità dei cristiani.Così è stato costituito un gruppomisto di lavoro tra la Chiesa catto-lica e il CEC, che si riunì per laprima volta nel 1965 e che è tut-tora operativo. Una data impor-tante da ricordare è poi il 1968,quando la Chiesa cattolica è diven-tata ufficialmente membro di unadelle più importanti commissioni

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del CEC, quella dottrinale e teolo-gica, chiamata “Fede e Costitu-zione”, dove occupa 12 posti su120. Inoltre, nel 2005, la Chiesacattolica romana ha partecipatoper la prima volta a pieno titolo, adAtene, alla Conferenza mondialedella Commissione “Missione edEvangelizzazione” del CEC.Anche se tutte queste forme di col-laborazione sono considerate sod-disfacenti da entrambe le parti, cisi chiede ogni tanto perché laChiesa di Roma non aderisca inpiena regola al CEC , magari tra-mite le (o alcune) Conferenze epi-scopali nazionali (attualmente vene sono 113 in tutto il mondo).Una questione già posta, il 10 giu-gno 1969, da Papa Paolo VI, pro-prio in occasione della sua visita aGinevra: “A motivo di questa crescentecooperazione in sì numerosi campi dicomune interesse, si pone talvolta ilproblema: la Chiesa cattolica deve di-ventare membro del Consiglio ecume-nico? Cosa potremmo noi, in questomomento, rispondere a questo pro-blema? In tutta fraterna franchezza,noi non riteniamo che la questione

della partecipazione della Chiesa catto-lica al Consiglio ecumenico sia maturaa tal punto che le si possa o si debbadare una risposta positiva. La que-stione rimane ancora nel campo delleipotesi. Essa comporta gravi implica-zioni teologiche e pastorali; esige di con-seguenza studi approfonditi, edimpegna in un cammino che l’onestàobbliga a riconoscere che potrebbe es-sere lungo e difficile. Ma ciò non ci im-pedisce di assicurarvi che noiguardiamo a voi con grande rispetto eprofondo affetto. La volontà che cianima e il principio che ci dirige sa-ranno sempre la ricerca piena di spe-ranza e di realismo pastorale dell’unitàvoluta dal Cristo”. Ebbene, da allorasembra proprio che nessun pro-gresso in questo senso sia statocompiuto, anzi che la questione siastata accantonata. Non ne avevapiù parlato nemmeno GiovanniPaolo II, quando visitò il CEC, a Gi-nevra, il 12 giugno 1984. Allora,dopo aver ribadito che la Chiesacattolica “è convinta di aver conser-vato nel ministero del Vescovo di Roma,in piena fedeltà alla tradizione aposto-lica e alla fede dei padri, il polo visibile

dell’unità e la garanzia di questa”, silimitò ad auspicare che “la collabo-razione fra di noi aumenti e si intensi-fichi ovunque ciò sia possibile”.

Da parte sua Benedetto XVI, cheha ribadito più volte il suo impe-gno primario di lavorare alla rico-stituzione della piena e visibileunità di tutti i seguaci di Cristo,sembra orientato ad operare inquesto senso più con gli ortodossiche con il CEC. Tuttavia si è già in-contrato tre volte con SamuelKobia: alla celebrazione d’inizio delsuo pontificato, poi il 16 giugno2005 e infine il 25 gennaio di que-st’anno, a conclusione della Setti-mana di preghiera per l’unità deicristiani, quando il pastore kenianoha tra l’altro pronunciato un di-scorso durante i vespri ecumenicia San Paolo fuori le Mura. Il Papa èstato ufficialmente inviato a re-carsi, come i suoi predecessori, allasede del CEC a Ginevra. L’auspicioè che prima o poi questa visita sicompia.

Gino Driussi

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L’archivio delconvento di Faido

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*) l’archivio della Parrocchia è totalmente custodito in convento.**) l’archivio della Parrocchia è parzialmente custodito in convento.– N.B.: per “Registro unico” si intende che in un solo volume vengono registrati i battesimi, le cresime, i matrimoni, i funerali.

In occasione dei festeggiamenti del IV centenario dallasua fondazione, il convento dei cappuccini di Faidorende noto il contenuto del suo archivio. Quest’ultimoè composto, in grandi linee, da quattro parti:

1 La raccolta dei registri e/o archivi parrocchialidi Faido, Osco, Mairengo, Calpiogna, Campello,Molare, Rossura.

2 Il fondo antico e contemporaneo, che contienetutta la documentazione riguardante i primisecoli del convento, dalla fondazione ad oggi.

3 I documenti del ginnasio dei cappuccini.

4 L’archivio fotografico.

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Per quanto riguarda i registri e scritti appartenenti alleParrocchie a noi affidate, riassumo brevemente quantopossediamo:

Calpiogna:*Instromento (documento) d’unione di (af)fitto che pagaogni anno al oratorio di S. Antonio di Padova di Prima-dencho di Gio. Gianozo, 17.1.1680.Obbligo di Carlo Giuseppe Gianotti di Primadencho versol’oratorio di S.to Ant.io, redatto da P. Felice D’Alessandricurato di Calpiogna, 6.6.1791.Antico capitale della Parrocchia, 6.3.1777Beneficio parrocchiale, 30.4.1718Documento: martedì 13.8.1602, lettera autografa delcardinale Federico Borromeo, scritta da Prato Le-ventina: si riferisce alla chiesa di S. Eutichio in Cal-piogna (primitiva dedicazione della parrocchiale, poiS. Atanasio), cura (soggetta) della Parrocchia di Mai-rengho. Citata la data di consacrazione del 1498, si ri-badiscono i doveri della chiesa matrice - Mairengo -verso Calpiogna.Documenti di autenticazione delle reliquie:16.11.1669 “Instrumento (documento) delle sagre Re-liquie donate da me Frate Giuseppe Maria Varesi (daFaido) sacerd. Cappuccino per la Chiesa Par(r)ochiale diS. Andrea In Faydo (scritta cancellata con una riga) diS. Athanasio In Calpiogna”.29.7.1670: “Instrum.to di ricognitione col suo Autentico

delle sagre Reliquie de SS. Martiri Benedetto, Fortunato,Primo, Victorino et Adaneto quali io Frate Giuseppe MariaVaresi (da Faido) sacerd. Capuccino di Faido, ho per la Diogratia ottenuto da Roma, et di nuovo donate alla Chiesa Pa-rochiale di Faido, ed alla nostra de Frati Capuccini et a que-sta di S. Athanasio di Calpiogna hora fatta In Parochia”.Altri documenti di autenticazione: 4.5.1677,10.1.1692.Concessione del 18.4.1671 per la processione con lereliquie.Martirologio (inventario), 1671.Elenco dei beni del parroco pro tempore, 1673.Atto di fondazione della Parrocchia, 1.5.1670.I registri parrocchiali sono stati inaugurati il 27 lu-glio 1670.

Mairengo:**Registri dei matrimoni e dei morti, dal 1704 ad oggi.

Osco:**Registro delle cresime, dal 1773 ad oggi.

Molare:**Registro unico, dal 1841 ad oggi.

Campello:**Registro dei battesimi, dal 1838 ad oggi.

Rossura:**Registro unico, dal 1639.Ascritti alla Veneranda Congregazione del Carmine,1708.Regole della Veneranda Congregazione del Carmineeretta in Rossura il 17 giugno 1877.Martirologio (inventario), 1700 e 1745.Libro delle “anzianerie”, 1765-1804.

Faido:**Registro unico dal 1600 al 1761, seguono i registrifino ad oggi.Registro contabile del Terzo Ordine Francescano,1.1.1901 al febbraio 1942.Cronaca del Terzo Ordine Francescano, 11.2.1951 al15.3.1998.Registro della Congregazione del Cuore Immacolatodi Maria, dal 1848 al 1957 (con firma autografa delcardinale di Milano, arcivescovo Carlo BartolomeoRomilli, 16.5.1848).

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Per quanto concerne l’archivio antico e contemporaneodel convento, è da notare una curiosità. Oltre alla partecartacea dell’archivio, sono emerse ben 32 monete del-l’epoca imperiale romana. Alcune consunte dal tempo,altre con l’indicazione leggibile degli imperatori Massi-mino (173-238 d.C.) e Costantino (306-337 d.C.).

Nella parte riservata alla storia antica del convento, cu-stodiamo la pergamena di consacrazione della nostrachiesa, datata 19 settembre 1621 e molti altri documentirisalenti agli anni della fondazione (1607) e gli antichisigilli del convento da imprimere sulla cera lacca, oggivisibili nel museo del convento.

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Il ginnasio dei cappuccini è stato attivo dal 1968 al 1975.Di esso conserviamo molto all’interno dell’attuale ostelloma in archivio sono presenti in special modo la colle-zione di monete da tutto il mondo, in metallo e cartaceoe la documentazione interna della scuola.

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L’archivio fotografico è composto da centinaia di foto-grafie d’epoca, concernenti la vita del convento o di per-sonaggi dell’800-900; foto di gruppo o singoli soggetti,cartoline e stampe di luoghi ormai inesorabilmentescomparsi o modificati dalla frenesia dell’uomo.

Nella custodia di cuoio dove sono raccolte le “Autenti-che”, documenti accompagnatori delle reliquie che necomprovano l’autenticità, ho trovato tre documenti chevale la pena citare e pubblicare. Il primo tratta della do-nazione delle reliquie dei Ss. Sigisberto e Placido, rila-sciate con documento interamente manoscritto dall’abatedi Disentis, padre Sebastiano, in data 31 luglio 1627, mu-nito di sigillo cartaceo, presente nell’archivio conventualedi Faido.Il secondo: “Autentica” con autografo del cardinale Fe-derico Borromeo con il quale dona alla chiesa dei frati diFaido due reliquie: parte della dalmatica (paramento li-turgico del diacono) ed un panno imbevuto del sanguedi s. Carlo Borromeo, concessione datata 19 ottobre 1628.Il terzo: il superiore locale di Faido redige una richiestache parte per Roma, alla Sacra Congregazione dell’Indice:

“Il guardiano e Religiosi Cappuccini del Conv:to di Fajido Prov.adi Milano supplicano ossequiosam.e Le ec. VS. per la facoltà e li-cenza di ritenere nella loro libreria li libri proibiti”. Che †

Giunge la risposta, sullo stesso documento inviato daFaido:

“Feria 3. Die 17. Martii 1744. Sacra Ind.is Cong.nis Decreto li-ceat praefatis Oratoribus retinere in eorum Communi Biblio-theca quoscunque libros prohibitos, dummodo custodiantur beneclausi, quorum clavis servetur apud Superiorem, vel Bibliothe-carium ejusdem Bibliothecae; exceptis libris Haereticorum, exprofesso de Religione tractantibus, Magicis, Astrologicis judicia-rijs, omnibusque superstitiosa continentibus operibus Caroli Mo-linaei, et Nicolai Macchiavelli”. In quorum fidem. Dat.mRomae in Pal.o Ap.o Quir.li die et anno scriptis. P. JoAug.Orsi O.P.S.C.Sec.

Foto 1: manoscritto dall’abate di Disentis, padre Sebastiano,31 luglio 1627

Foto 2: “Autentica” con autografo del cardinale Federico Borromeo, 19 ottobre 1628

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“Martedì 17 marzo 1744. La Sacra Congregazione dell’Indicecon decreto dà licenza ai richiedenti di custodire nella loro bi-blioteca qualunque libri proibiti, a condizione che siano custoditiben chiusi, le chiavi siano tenute presso il Superiore, oppure dalbibliotecario della medesima biblioteca, eccettuati i libri deglieretici, che trattano espressamente di Religione, Magia, Astrolo-gia giudiziaria, e tutti che contengono superstizioni, opere diCharles Du Moulin e Niccolò Machiavelli. In fede. Dato a Romadal palazzo Apostolico del Quirinale giorno e anno scritto. P.JoAug. Orsi O.P.S.C.Sec. (Ordine -dei- Predicatori. Sacra.Congregazione. Sec. (sec(g)retario).

A piè di pagina, il sigillo a secco della Sacra Congrega-zione dell’Indice. Il documento è esposto nella biblio-teca conventuale.

Che sorpresa… tra i molti incarti dell’archivio antico, èriemersa una pergamena che merita di essere pubbli-cata e conosciuta, datata 10 dicembre 1458. È il docu-mento più antico presente nel convento di Faido. Si tratta di un documento di affitto di un terreno in pro-vincia di Como (oggi provincia di Sondrio, ndr), in lo-calità di Ardenno, redatto nella dimora del notaiolocale, Laurentius de Caspano, publicus imperiali auctoritatenotarius Cumarum habitator Ardeni e dal suo segretario Jo-hannis hoc instrumentum livelli utsupra rogatus traditi scribi-que rogavi et me subscripsi. I proprietari del terreno sono ifratelli Giovanni e Tognino, figli del fu Massolo Man-giacavalli, di Ardendo nel Terziere Inferiore della Valtellina,diocesi di di Como, a favore di Pietro del fu Giovandolo diSchenano, comune di Ardenno. Quest’ultimo riceve persé e per i suoi figli ed eredi d’ambo i sessi una pezza o“valla” di terra campiva in territorio di Ardenno. Il ter-reno viene affittato per 29 anni e poi in perpetuo per ilfitto annuo di un quartario e mezzo di segale ed uno dimiglio, “che siano nitidi, belli e non in altra merce, da conse-gnare nella festa di S. Martino nella casa di abitazione del loca-tario in Schenano”. Alla redazione del documento sonopresenti i testimoni: Tognolo del fu Girardo de Pesci diArdenno, Pietro del fu Bonomo, detto Marone, DellaPioda e Giovanni del fu Martino Camozzi di Ardenno;notai secondi: il signor prete Tomaso di Caspano, pre-vosto della chiesa di S. Lorenzo di Ardenno e, in man-canza di un altro notaio, Tognino del fu Domenico delfu Zanino di Petrinalo (o Petrivalo) di Piazzalunga, con-sole del comune di Ardenno.

Fr. Michele Ravetta,archivista del convento di Faido

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Foto 3: lettera del guardiano e risposta della SacraCongregazione dell’Indice, 17 marzo 1744

Foto 4: atto notarile di Ardenno, 10.12.1458

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Una delle principali attività,anzi, quella che ha tenuto abattesimo il restauro del con-

vento di Bigorio ed il passaggio daluogo destinato solo ai religiosi acasa aperta per incontri e ritiri, èstata la formazione di coppie di fi-danzati in preparazione al sacra-mento del matrimonio.

Prima ancora del restauro, quandovigeva la clausura, le coppie chepartecipavano a questi incontri si ri-trovavano (tempo permettendo) inpiazzale e lì avvenivano esposizionee discussioni sull’arco di una solagiornata. Poi s’iniziò ad “invadere”il convento, con qualche perplessitàda parte di vecchi religiosi confron-tati con la presenza di baldi giovanie vezzose fanciulle. Infine si decisedi trasformare il convento, la-sciando fondamentalmente intattala sua struttura e, nel 1967, s’inizia-rono i corsi sull’arco di un fine set-timana con vitto e allogio.Se l’accettazione da parte dei gio-vani è sempre stata entusiasta, nonaltrettanto da parte di certe istanzecattoliche, ma vescovo Angelo Jel-mini salito a Bigorio durante uncorso, approvò e ne raccomandò lacontinuazione ed il potenziamento.Da questi corsi nacque poi l’associa-zione Comunità familiare.Quando i corsi furono resi obbliga-tori ed organizzati a livello dioce-sano, a Bigorio cessarono, perriprendere due anni fa inseriti nelprogramma degli incontri che sitengono presso la Comunità delSacro Cuore di Bellinzona.

La tematica che si tratta è unica;“Chi è Gesù Cristo” e la presenta-zione della sua persona, opera,messaggio è fatta attraverso il filmdi Pier Paolo Pasolini, il “Vangelosecondo Matteo” e la lettura diampi brani evangelici, specie del“Discorso della montagna” presen-tato quale programma di vita ma-

trimoniale. Conoscere Cristo è ilfondamento deal vita cristiana, per-sonale e familiare.L’incontro inizia il sabato mattina etermina la domenica subito dopopranzo. La sera del sabato si tienenella cappella interna del conventouna veglia di preghiera, durante laquale i fidanzati leggono quel branoevangelico che più li ha colpiti e nespiegano le ragioni. Una celebra-zione eucaristica molto partecipataprecede il pranzo domenicale e lachiusura del corso.

Si riteneva che rimettendo Bigoriola partecipazione agli incontri orga-nizzati dalla Comunità bellinzonesediminuisse, anche per una que-stione finanziaria; è capitato esatta-mente il contrario. I due corsi annuisono sempre pieni, così che il con-vento non può ospitare di nottetutti i partecipanti – normalmentegli animatori ritornano a casa per ilpernottamento – mentre quest’anno, 2008, si è organizzato ancheun corso estivo, oltre che alcunigiorni di vacanza per le coppie ani-

matrici durante i quali si sono fattiincontri di approfondimento perchésvolgano sempre meglio il lororuolo.Questi corsi, oltre che per fidanzati,vengono organizzati in altre dateanche per tutti coloro che voglionoapprofondire la persona di Cristo,mentre si sono tenuti altri corsisulle parabole a compimento deiprimi. Nella verifica che viene fattadopo ogni corso, l’esperienza di Bi-gorio è quella che riceve i maggioriconsensi, e gli organizzatori notano

che le serate che seguono il fine set-timana sono molto più partecipare;le coppie si conoscono meglio, di-scutono con maggiore libertä, s’im-pegnano con più coraggio. Anche lacerimonia del matrimonio vienemigliorata; il brano scelto a Bigoriospesse volte viene richiesto comevangelo della Messa nuziale, ed al-lora acquista un significato partico-lare, perché non è imposto da leggiliturgiche, ma scelto liberamentedagli sposi che sono i veri celebrantidel loro matrimonio.

Corsi e incontri a Bigorio

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Il nostro Francesco

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e “Perché a te, perché a te, tutto il mondo vienedietro?”. Quando frate Masseo pose questadomanda a Frate Francesco, certamente non

pensava che tutto il mondo avrebbe celebrato quel po-verello d’Assisi non solo durante la sua vita e nellecittà e borgate dell’Umbria, ma per un tempo che an-cora non vede la fine e per uno spazio che abbraccia ilmondo intero.Questa Sacra Rappresentazione vuole essere unanuova testimonianza di quanto è attuale e universalel’ammirazione a Francesco d’Assisi.Eseguita per la prima volta nel 1989 dalla ComunitàSacro Cuore di Bellinzona per celebrare i cinquan-t’anni della propria chiesa (vedi foto), viene attual-mente ripresa per celebrare i venticinque annidell’erezione della stessa a Parrocchia (1983 – 2008).

Il testo è di P. Callisto, la prima edizione ha visto impe-gnate una settantina di persone tutte della Comunità.

Ora sullo stesso testo, messo in scena dal regista Ga-briele Grassi e collaboratori, impegnerà un numero piùridotto di attori non professionisti, ma arricchito dalcoro della Cantoria di Giubiasco diretto da Michele Ta-magni e da alcuni strumentisti.Trattandosi di una Sacra Rappresentazione, l’assem-blea sarà chiamata a partecipare con canti e preghierementre una voce narrante unirà le varie scene in unatrama biografica dedotta soprattutto dalla “Leggenda

dei tre Compagni”. Per questo l’abbiamo chiamata “Ilnostro Francesco”, in quanto su una solida base agio-grafica s’innesta un’interpretazione meditata e parte-cipata da tutti coloro che verranno ad assistere aquesta Rappresentazione in patria e all’estero dovesarà portata.

L’intento degli organizzatori resta quello di far rivivereil Poverello d’Assisi modello estremamente valido peril cristiano d’oggi che vuol vivere in povertà e letizia.

Rappresentazioni:FaidoChiesa del convento venerdì 3 ottobre ore 20.30BellinzonaSacro Cuore sabato 4 ottobre ore 20.30GiubiascoChiesa parrocchiale domenica 5 ottobre ore 17.00Madonna del SassoSantuario venerdì 17 ottobre ore 20.30MendrisioChiesa dei Cappuccini sabato 18 ottobre ore 20.30

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Letture dell’Esodo

Da quasi un quindicennio l’As-sociazione “Biblioteca Salita deiFrati” organizza, nell’ambitodella propria attività culturalepubblica, di regola una volta al-l’anno, un breve ciclo di incontribiblici. Essi vertono su un testodel Primo o del Secondo Testa-mento (è stato il caso, ad esem-pio, di Giobbe, del Cantico deicantici, del Magnificat, del Padrenostro, dell’Apocalisse) oppure suun tema (i miracoli, lo straniero,l’amore del prossimo), che ven-gono presentati, nel corso di treo quattro distinte serate, da bi-blisti o studiosi di diverso orien-tamento (cattolici, valdesi, ebrei,non credenti). L’impostazione èconforme agli scopi dell’Associa-zione, che si propone - sia nellagestione della biblioteca sia nellapromozione di conferenze e con-vegni - di offrire ad un pubblicolaico, anche lontano da un’ap-partenenza religiosa, i mezzi perapprofondire e sviluppare le pro-prie conoscenze sul cristiane-simo e sulla religiosità.

Gli incontri del prossimo au-tunno saranno dedicati allaprima parte del libro dell’Esodo esi svolgeranno secondo questoprogramma (sempre alle 20.30):- 17 settembre: Elena Bartolini,Il tema della liberazione dal-l’Egitto nell’Esodo e nella tradi-zione ebraica;- 1o ottobre: Rinaldo Fabris, Iltema della liberazione dall’Egittonel Secondo Testamento e nelleletture cristiane dell’Esodo;- 13 ottobre: Carlo Prandi, Let-ture dell’Esodo nelle moderneteologie della liberazione.Le pagine dell’Esodo prese inesame contengono racconti eimmagini familiari a molti: il ro-veto ardente, le dieci piaghe

d’Egitto, la pasqua frettolosa, latraversata del Mar Rosso… Nellaliberazione dalla schiavitù, si ri-vela un dio che ascolta il doloreumano e partecipa alla storia: sifa conoscere come il dio dellapromessa (“Io sono il dio diAbramo, di Isacco, di Gia-cobbe”), poi come il dio che staaccanto al suo inviato (“Sarò conte”), e infine come il dio che saràsempre al fianco di ogni lottacontro la schiavitù (Erri De Lucapropone di leggere non “Io sonocolui che sono”, ma “Sarò quelloche sarò”, come una dilatazioneinfinita di “Sarò con te”). Lacreazione stessa del mondo,nella Bibbia, è in stretto rapportocon questa vicenda di salvezza.Per molti uomini, nel corso deisecoli, la lettura dell’Esodo ha ac-compagnato lotte concrete con-tro l’oppressione: la lotta controil male presente nel cuore diognuno (“In exitu Israël de Ae-gypto” cantano le anime dei sal-vati entrando nel Purgatorio diDante) e le lotte di interi popolicontro ‘strutture di peccato’ po-litiche, economiche e culturali.“Go down, Moses, / Way down inEgypt land, / Tell old Pharaoh: / Letmy people go” (“Scendi, Mosé, /Scendi nella terra d’Egitto, / Di’al vecchio Faraone: / Lascia an-dare libero il mio popolo”). Que-ste parole del vecchio spiritualnegroamericano testimonianoquanto l’Esodo sia diventato, inluoghi e tempi molto diversi, ungrande modello interpretativodella realtà (un “mito di libera-zione”, dice Northrop Frye), raf-forzato dalla tradizione cristiana.Tante esistenze di poveri, tantecoraggiose vicende di resistenza,dall’America Latina di Oscar Ro-mero al Sud Africa di NelsonMandela, hanno attinto spe-ranza e consapevolezza dalla sto-ria di Mosé e del suo popolo.

Altre conferenze

Il 21 ottobre (alle 20.30), è pre-vista un’altra serata di argo-mento biblico. Verrà infattipresentato, con la partecipazionedell’autore, il saggio di ErnestoBorghi Il tesoro della Parola(Roma, Borla, 2008), con parti-colare attenzione al capitolo incui viene ricostruita la progres-siva acquisizione di un metodostorico-critico di lettura dellaBibbia.Un incontro di carattere storico-letterario è invece in programmal’11 novembre (alle 20.30): Ot-tavio Besomi illustrerà l’edizionedelle Poesie del poeta barocco Gi-rolamo Preti (1582-1626), cu-rata da Stefano Barelli (Roma,Antenore, 2006).

Adesione all’Associazione “Biblioteca Salita dei Frati”

L’Associazione “Biblioteca Salitadei Frati” conta attualmente 328soci. Vi può aderire chiunqueapprovi lo statuto e versi la tassasociale annua (almeno 40 fran-chi i soci individuali; 10 franchistudenti, apprendisti, pensionati;100 franchi le istituzioni). Chi èmembro dell’Associazione è in-formato di ogni attività che sitiene in biblioteca, riceve gratui-tamente la rivista «Fogli» e par-tecipa alle scelte dell’Associa-zione nell’assemblea. Chi fosseinteressato a diventare membrosi rivolga al segretariato:

Salita dei Frati 4, CH – 6900 Lugano, tel. +41 91/923 91 88,e-mail [email protected]

Fernando Lepori

Biblioteca Salita dei Frati di Lugano

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Dopo la felice risurrezione della nostra rivista,abbiamo dato spazio all’Ordine FrancescanoSecolare ricordando in particolare le Professioni chehanno allietato alcune tra le poche, ma pur vivacifraternità della Svizzera italiana. Questa volta toccaai frati del cosiddetto “primo Ordine” gioire per unaProfessione. Le diverse espressioni della famigliafrancescana hanno in comune questa tappaimportante che segna l’impegno assunto da chidiventa frate (primo Ordine), suora (secondoOrdine) o francescano laico (terz’Ordine). Un tempofrequenti questi avvenimenti, oggi sono diventati piùrari e di conseguenza ancora più preziosi.

Fra Eraldo Emma, nato a Ronco s/Ascona il 29 set-tembre 1966, prima di entrare tra i Frati MinoriCappuccini - vestendo il saio francescano il 23 set-

tembre 1999 - ha volato alto nella sua vita pro-fessionale quale assistente di volo pressol’allora compagnia di bandiera Swissair. Il suocammino ha avuto inizio con i primi contatticon i conventi della Svizzera italiana che loha portato a trascorrere il tempo della candi-datura presso il convento di Lugano, per poi

recarsi a Salisburgo (Austria) per il noviziato,cioè “l’anno della prova”. Ha emesso la

sua Professione religiosa semplice il21 aprile 2001. Ha poi frequentatola Facoltà di Teologia di Luganoper un paio d’anni vivendo nellostudentato dei Cappuccini di Lu-gano. In seguito si è trasferito aBologna dove sta portando a ter-mine la sua formazione teolo-gica di base. Un cammino lungoe ponderato fino al grandepasso, una collaborazione frut-tuosa tra i Cappuccini ticinesie quelli bolognesi che stadando buoni frutti. La S.Messa con la liturgia dellaProfessione religiosa è statacelebrata domenica 30marzo, “Domenica in albisdepositis”, alle ore 17.30presso la chiesa del Con-vento dei Cappuccini di

Faido, comunità di riferimento

per fra Eraldo durante i suoi soggiorni in Ticino. Eranopresenti parecchi frati provenienti dagli altri quattroconventi della Svizzera italiana, come pure alcuni fratiromandi e svizzero-tedeschi, diversi membri dell’OFS,familiari e amici del festeggiato e parecchia gente dellaValle, quest’ultimi esterrefatti per il gran numero di fratiche sciamavano dentro e fuori la chiesa. Tanto da fardire a qualcuno: “Perché non restano in Leventina al-cuni di questi giovani frati?” La funzione, concelebratada un bel gruppo di confratelli, tra cui il maestro deglistudenti padre Alfredo (che ha tenuto l’omelia) e il Su-periore Regionale dei Cappuccini della Svizzera italianapadre Stefano Bronner. L’Eucarestia è stata presiedutadal Ministro Provinciale padre Ephrem Bucher che haaccolto i voti di fra Eraldo: “Io fra Eraldo a lode di Dio,nella ferma volontà di osservare più perfettamente il Vangelo(…) davanti a voi fratelli e sorelle, nelle tue mani, fra’ Efrem,per tutto il tempo della mia vita, faccio voto di vivere in obbe-dienza, senza nulla di proprio e d in castità, secondo la Regoladi San Francesco confermata da Papa Onorio e le Costituzionidei Frati Minori Cappuccini (…).

Dopo la solenne e ben partecipata celebrazione eucari-stica accompagnata dalla corale interparrocchiale Gloryc’è stato un altrettanto bel momento fraterno pressol’Ostello dei Cappuccini, un connubio culinario tra iprodotti portati dagli studenti di Bologna e quelli di casanostra. A questo punto per fra Eraldo si spalancano leporte della vita in pienezza nelle fraternità, si apre purela via al servizio pastorale, con i voti solenni potrà es-sere ordinato diacono e poi sacerdote e in seguito svol-gere il suo ministero a partire da una delle nostrecinque case del Ticino. Lo vedremo presso il Santuariodella Madonna del Sasso in preghiera e nell’accoglienzadei pellegrini? Nella Comunità del Sacro Cuore a Bel-linzona oppure presso il Convento di Faido occupatonell’attività parrocchiale o di assistenza ai malati e an-ziani? Oppure vivrà nel convento del Bigorio nel silen-zio dell’antico eremo, oggi accogliente luogo di studio edi ritiro? Lo si deciderà presto, superiori e interessato,nel rispetto delle aspirazioni del frate, e delle esigenzedelle comunità. Ringraziamo il Signore per il dono diquesto confratello. Sono segni di speranza, siamo pochifrati in Ticino, ma grazie a Dio non ci manca il coraggiodi portare avanti le nostre tante attività, senza farciprendere da depressioni collettive causate dal numeroridotto e l’età. Fra Eraldo vorrà dare man forte per con-tinuare la nostra capillare presenza sul territorio tici-nese. Gli auguriamo di continuare a volare alto nellasua vita spirituale, fedele nel servizio ai fratelli.

fra Edy Rossi-Pedruzzi

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Professione Solenne per fra Eraldo Emma

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“Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so' le laude,la gloria e l'honore et onne benedictione.

Ad Te solo, Altissimo, se konfane, et nullu homo ènedignu Te mentovare.

Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le Tue creature,spetialmente messor lo frate Sole, lo quale è iorno etallumini noi per lui.

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te,Altissimo, porta significatione.

Laudato si', mi' Signore, per sora Luna e le stelle: in celul'ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si', mi' Signore, per frate Vento et per aere etnubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le Tuecreature dài sustentamento.

Laudato si', mi' Signore, per sor'Acqua, la quale è multoutile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si', mi' Signore, per frate Focu, per lo qualeennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustosoet forte.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, laquale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi concoloriti fiori et herba.

Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per loTuo amore et sostengo infirmitate et tribulatione.

Beati quelli ke 'l sosterrano in pace, ka da Te, Altissimo,sirano incoronati.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra Morte corporale,da la quale nullu homo vivente po' skappare: guai a quellike morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà nele Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farràmale.

Laudate e benedicete mi' Signore et rengratiate eserviateli cum grande humilitate

Chiudiamo questo numero dedicato a SanFrancesco, il volontario “Giullare di Dio” con lapresente pagina meditativa dedicata al Canticodelle Creature (o di Frate Sole).Dopo che Francesco si è spogliato dei suoi abitisi è sentito talmente libero da unirsi a tutto ilcreato in una canzone di lode al Creatore chefacciamo nostra preghiera e meditazione.

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Abbiamo letto...abbiamo visto...

Pier Paolo PasoliniIl Vangelo secondo Matteo

Parlando dei corsi a Bigorio (pag. 27) abbiamo accennato aquesto film, non più recentissimo (anno 1964), ma sempresplendido ed altamente istruttivo. Fu definito, il più religioso deifilms laici, il più laico dei films religiosi, e a ragione. Metteo inscena la vita di Gesù come è narrata solo dal primo evangelista,senza attingere ad altri scritti evangelici. Se questo potrebbe essereun limite, alla fine risulta un vantaggio, perché il vangelo è pre-sentato come una comunità giudeo-cristiana, quale era quella diMatteo, poteva averlo ricevo ed, in parte, meditato ed arricchito.Sono note le polemiche che hanno accompagnato la suauscita; anche oggi ci sono dei cristiani che preferiscono films più sentimentali, uno per tutti quello di Zeffirelli,più fantastici, come “L’ultima tentazione di Cristo”, ma quello di Pisolini resta un capolavoro difficilmenteeguagliabile.Anche in questa pellicola ci sono dei limiti; l’autore non costruisce nessuna scena tolta delle parabole, eppureMatteo ne ha parecchie, specie nel suo capitolo 13. Non rappresenta la trasfigurazione, avvenimento nodalenella vita di Cristo. Come mai? Forse Pasolini era più interessato alla persona del Maestro di Nazaret che al suomessaggio che nella parabole viene esplicitato ed approfondito.La pellicola si trova ancora ed è un consiglio pressante è quello di vederla o rivederla, magari in gruppo per com-mentarla e discuterla.

Fragnière G.La religione e il potereBologna (Ed. Dehoniane), 2008, € 30,00

In questa pagina, normalmente, segnaliamo libri di facile lettura. Nonche il presente, dell’autore losannese Fragnière, sia difficile, ma im-pegnativo. Il titolo ed il sottotitolo lo confermano, si parla infatti dellacristianità, dell’Occidente e della democrazia (sottotitolo). Il libro èuna traduzione dal francese ed è consigliabile a tutti coloro che vo-gliono approfondire il “fenomeno” cristianesimo, anche per un con-fronto con le altre religioni. Dice infatti l’autore: “Il riconoscimento ono della laicità dello Stato e della politica è un tratto discriminante tracristianesimo da un lato, islam ed ebraismo dall’altro, e viene diretta-mente chiamato in causa nell’incontro/ scontro tra cultura e religioniproprio del nostro tempo”. Attualità di questo studio è determinata dalfatto che nel grande confronto mondiale che caratterizza lo scontrodelle religioni e delle culture all’inizio del secolo XXI, il volume ana-lizza quale ruolo ha assunto la religione nella tradizione politica del-l’occidente. In particolare com’è nata la nozione di cristianità, come si èsviluppata, in quali assetti politici ha preso corpo e come la cultura po-litica dell’occidente è giunta al suo superamento.

Su questa ultima pagina della rivista segnaliamo dei libri da leggeree dei filmati da vedere. È un servizio che vogliamo offrire ai nostrilettori nell'ambito culturale-religioso e sociale in cui ci muoviamo.Purtroppo dobbiamo rinunciare a ciò che avevamo promesso nelprimo numero circa le richieste alla redazione di acquisto delleopere segnalate.