MENSILE DI INFORMAZIONE E AZIONE MISSIONARIA › ... › Popoli_e_Missione-092010-1.pdfIndice...

68
MENSILE DI INFORMAZIONE E AZIONE MISSIONARIA In caso di mancato racapito, restituire all’ufficio di P.T. ROMA ROMANINA previo addebito ANNO XXIV SETTEMBRE OTTOBRE 2010 8 PRIMO PIANO Le biblioteche del deserto ATTUALITA Droga connection FOCUS Comunità perseguitate Rivista promossa dalla Fondazione Missio • Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46), art. 1, comma 2, DCB Roma • Euro 2,50 MEDIO ORIENTE IN SINODO Dove è nata la missione MEDIO ORIENTE IN SINODO Dove è nata la missione I_II_III_IV_cop_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:19 Pagina 1

Transcript of MENSILE DI INFORMAZIONE E AZIONE MISSIONARIA › ... › Popoli_e_Missione-092010-1.pdfIndice...

  • M E N S I L E D I I N F O R M A Z I O N E E A Z I O N E M I S S I O N A R I A

    Incaso

    dim

    ancato

    racapito

    ,restituire

    all’ufficio

    diP.T.R

    OMAROMANINAprevioaddeb

    ito

    ANNO XXIV

    SETTEMBREOTTOBRE2010 8

    PRIMO PIANOLe bibliotechedel deserto

    ATTUALITADrogaconnection

    FOCUSComunitàperseguitate

    Rivista promossa dalla Fondazione Missio • Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46), art. 1, comma 2, DCB Roma • Euro 2,50

    MEDIO ORIENTE IN SINODO

    Dove è natala missione

    MEDIO ORIENTE IN SINODO

    Dove è natala missione

    I_II_III_IV_cop_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:19 Pagina 1

  • MENSILE DI INFORMAZIONE E AZIONE MISSIONARIATrib. Roma n. 302 del 17-6-86. Con approvazione ecclesiastica.Editore: Associazione Amici della Propaganda Missionaria (APM)Presidente (APM): GIOVANNI ATTILIO CESENALa rivista è promossa dalla Fondazione Missio, organismo pastorale della CEI.Direttore responsabile: GIULIO ALBANESERedazione: Miela Fagiolo (Redattrice), Chiara Pellicci.Segreteria: Emanuela Picchierini.Redazione e Amministrazione: Via Aurelia, 796 - 00165 Roma.Abbonamenti: 06 66502632.Hanno collaborato a questo numero: Agenzia Fides, Agenzia Misna,Chiara Anguissola, Asianews, Roberto Bàrbera, Francesco Ceriotti,Mario Cisternino, Emanuela Citterio, Franz Coriasco, Amedeo Cristino,Alessandro Grazioli, Luciana Maci, Angelo Paoluzi, Anna Rocchi.Progetto grafico e impaginazione: Alberto Sottile.Foto di copertina: Jupiterimages.Foto: AFP photo, AFP China Xtra, AFP / Yoshikazu TSUNO, Agência Brasil(ABr), Archivio Jesuit Refugee Service, Archivio Missio, GiuseppeAndreozzi,Valter Campanato, Amedeo Cristino, DPA/AFP, Miela Fagiolo,Vito Greco, hemis.fr, Pedro Pablo Hernandez, Nazioni Unite , ChiaraPellicci, Photononstop, Alicia Vacas, Wikipedia.Abbonamento annuale: Individuale € 25,00; Collettivo € 20,00;Benemerito € 30,00; Estero € 40,00.Modalità di abbonamento: versamento su C.C.P. 70031968 intestato aPopoli e Missione oppure bonifico bancario intestato a Popoli e MissioneCod. IBAN IT 57 K 07601 03200 000070031968Stampa: Abilgraph srl - Via Ottoboni, 11 - 00159 RomaManoscritti e fotografie anche se non pubblicati non si restituiscono.

    Mensile associato alla FeSMI e all’USPI, Unione Stampa Periodica Italiana.Chiuso in tipografia il 14-09-2010

    Supplementi elettronici di Popoli e Missione:MissioNews (www.missioitalia.it)La Strada (www.mgm.operemissionarie.it)

    Fondazione MissioSezione Pontificie Opere Missionarie

    Via Aurelia, 796 - 00165 Roma

    Don Giovanni Attilio Cesena, DirettoreDr. Tommaso Galizia, Vice DirettoreDon Andrea Sbarbada, Segretario Nazionale dell’Opera per la Propagazionedella Fede (C.C.P. 63062723)Don Amedeo Cristino, Segretario Nazionale dell’Opera di S. Pietro Apostolo(C.C.P. 63062772) e della Pontificia Unione Missionaria (C.C.P. 63062525)Padre Pietro Pierobon, Segretario Nazionale dell’Opera dell’InfanziaMissionaria (C.C.P. 63062632)Alessandro Zappalà, Segretario Nazionale del Movimento Giovanile Missionario(C.C.P. 63062855)

    Numeri telefonici PP.OO.MM.Segreteria di Direzione 06 6650261Amministrazione 06 66502628/9P. Opera Propagazione della Fede 06 66502626/7P. Opera S. Pietro Apostolo 06 66502621/2P. Opera Infanzia Missionaria 06 66502644/5/6P. Unione Missionaria 06 66502674Movimento Giovanile Miss. 06 66502640Opera Apostolica 06 66502641Fax 06 66410314

    “Popoli e Missione”Centralino 06 6650261Direzione e Redazione 06 66502623/4Segreteria 06 66502678Settore abbonamenti 06 66502632Fax 06 66410314

    Indirizzi e-mailPresidente Missio [email protected] Missio [email protected] Missio [email protected] Missio [email protected]. della Fede [email protected]. Pietro Apostolo [email protected] Missionaria [email protected] Mission. Clero [email protected] Apostolica [email protected]. Giovanile Miss. [email protected] e Missione (Redazione) [email protected] e Missione (Direttore) [email protected] [email protected] [email protected]

    [email protected] informatico [email protected]

    PER AIUTARE I MISSIONARI E LE GIOVANI CHIESELa Fondazione MISSIO, costituita il 31 gennaio 2005 dalla Conferenza Episcopale Italiana, ente ecclesiastico civilmente riconosciuto (Gazzetta Ufficiale n. 44 del 22febbraio 2006, è abilitata a ricevere Eredità e Legati anche a nome e per conto delle Pontificie Opere Missionarie. Queste le formule da usare:

    PER UN LEGATO· di beni mobili«... lascio alla Fondazione di Religione MISSIO, con sede a Roma in Via Aurelia796, a titolo di Legato la somma di €... (o titoli, polizze, ecc.) per i fini istitu-zionali dell'Ente».

    · di beni immobili«... lascio alla Fondazione di Religione MISSIO, con sede a Roma in Via Aurelia796, l'immobile sito in ... per i fini istituzionali dell'Ente».

    Per ogni chiarimento si può consultare un notaio di fiducia o l'Amministrazione di MISSIO (tel. 06 66502628; e-mail: [email protected])

    PER UNA EREDITA«... nomino mio erede universale la Fondazione di Religione MISSIO, con sedea Roma in Via Aurelia 796, lasciando ad essa tutti i miei beni (oppure specifi-care quali) per i fini istituzionali dell'Ente. Così dispongo annullando ogni miaprecedente disposizione testamentaria».È possibile ricorrere al testamento semplice nello forma di scrittura privata o condizione chesia interamente scritto a mano dal testatore, in maniera chiara e leggibile. È necessario inol-tre che la sottoscrizione autografo posto allo fine delle disposizioni contenga nome e cogno-me del testatore oltre alla indicazione del luogo, del giorno, mese e anno in cui il testamen-to viene scritto.

    INTENZIONI SS. MESSE

    l Missionari e i Sacerdoti delle giovani Chiese ringraziano per l’invio di offerte per la celebrazione di Sante Messe, anche Gregoriane. La Direzionedelle Pontificie Opere Missionarie raccomanda questo gesto di carità e di comunione con chi serve la Chiesa nei luoghi di prima evangelizzazione.

    Sul ccp n. 63062855 specificare: SS. MESSE PER I MISSIONARI · BANCA ETICA - CONTO FONDAZIONE DI RELIGIONE MISSIO - CIN I -ABI 05018 - CAB 03200 - c/c115511 - Cod. IBAN IT 55 I 05018 03200 000000115511

    I_II_III_IV_cop_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:19 Pagina 2

  • 1P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    Inutile nasconderselo, stiamo attra-versando un periodo della Storiaumana particolarmente difficile.Non solo dal punto di vista economico,ma anche e soprattutto in riferimentoalla comprensione e testimonianzadella sacrosanta “sfera dei valori” evan-gelici. E come se non bastasse, maicome oggi, il mondo si è trasformatorispetto al passato: come cultura, comemodo di vivere, come sentimento delsacro, come senso della Chiesa, comesistemi culturali, come modalità comu-nicative, come senso di libertà e indi-pendenza, come pluralismo religioso,come rapporto con l’aldilà, come visio-ne globale della realtà... Questi disagi –diciamolo con franchezza, senza ipocri-sie – sono percepiti dai giovani all’en-nesima potenza, innescando a volteuna sorta di frustrazione non solo psi-cologica, ma esistenziale. La missionecomunque – ce lo rammenta a chiarelettere anche quest’anno Benedetto XVInel tradizionale messaggio per la Gior-nata Missionaria Mondiale - non èassolutamente arrivata al capolineacome vorrebbero certi messaggeri disventura. Bisogna però trovare unnuovo modo di viverla, cercando dicogliere i “segni dei tempi”. Continuaretestardamente sulla stessa strada,accontentandosi di un cristianesimosotto naftalina, non fa che aumentarela frustrazione e la crisi. Che cosa allo-ra deve cambiare? Il Papa risponde a

    questo interrogativo nella sua missivamissionaria, affermando: «In una socie-tà multietnica che sempre più speri-menta forme di solitudine e di indiffe-renza preoccupanti, i cristiani devonoimparare ad offrire segni di speranza ea divenire fratelli universali, coltivandoi grandi ideali che trasformano la storiae, senza false illusioni o inutili paure,impegnarsi a rendere il pianeta la casadi tutti i popoli». Ecco perché in occa-sione dell’Ottobre missionario e dellaGiornata Missionaria Mondiale in parti-colare, in cui lo sguardo del cuore sidilata sugli immensi spazi della missio-ne, è importante sentirsi protagonistidell’impegno della Chiesa di annuncia-re e testimoniare il Vangelo. La sfida,d’altronde, consiste nel coniugare “Spi-rito” e “Vita”, nel senso che oggi più chemai la Parola deve uscire dalle nostresacrestie, entrando a pieno titolo nellevicende umane a 360 gradi, in un’epo-ca caratterizzata da una nuova culturaplanetaria, dalla globalizzazione, danuovi fondamentalismi religiosi e daforme di ingiustizia strutturali semprepiù gravi (basti pensare alla questionedella remissione del debito dei Paesi invia di sviluppo, per non parlare dellemigrazioni dei popoli). Sull’esempio deinostri missionari, non resta allora cherinnovare il nostro impegno battesima-le, attualizzando la Parola attraversol’orazione e gesti di solidarietà fattiva.Per fare la Sua volontà.

    EDITORIALE

    Per farela Sua volontà

    di GIULIO [email protected]

    Giornata Missionaria Mondiale

    1_editoriale_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:21 Pagina 1

  • Pagina 25:

    Padre Peter Balleis, direttore internazionaledel Jesuit Refugee Service.

    Indice

    EDITORIALE

    1 _ Per farela Sua volontàdi Giulio Albanese

    PRIMO PIANO

    4 _ Le biblioteche del desertoSotto la sabbiail tesoro della culturadi Luciana Maci

    ATTUALITA

    10 _ Sulle rotte dei trafficantiDrogaconnectiondi Roberto Bàrbera

    FOCUS

    16 _ Comunità perseguitateQuei cristianiche paganoper la fededi Emanuela Citterio

    FOTO DI...

    21 _ Vangelonel mondo

    a cura di Emanuela Picchierini

    L’INTERVISTA

    25 _ Padre Peter BalleisIl popolodei rifugiati trapassato e futurodi Miela Fagiolo D’Attilia

    DOSSIER

    29 _ La Chiesadel Medio Orientein SinodoDove è nata la missionedi Chiara Pellicci

    4

    P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 02

    10

    25

    Pagina 10: Enormi quantità di stupefacentisequestrate ai trafficanti e distrutte.

    2_3_ _ _ 2 23 2

  • Indice

    MISSIONE, CHIESA, SOCIETA

    37 _ Intenzioni missionarieL’amore di Dioper tutti i popolidi Francesco Ceriotti

    38 _ Cento anni di presenzadei comboniani in UgandaSulle orme dei pionieridi Mario Cisternino

    41 _ Solidarietà localeper una giustiziaglobaleChiara Pellicci

    44 _ Culture alla rovesciaLa ballatadi Manuel Scorzadi Alessandro Grazioli

    45 _ EvidenziatoreServirel’Africadi Angelo Paoluzi

    47 _ Shalom SalamNon demolitela scuola di gomma!di Chiara Pellicci

    48 _ News not in the newsa cura delle AgenzieFides, Misna, AsiaNews

    52 _ Posta dei missionariIdentikit diun missionarioa cura di Chiara Pellicci

    RUBRICHE

    55 _ LibriPreti in prima visionedi Chiara Anguissola

    55 _ I santi genitoridi Teresa di Lisieux

    56 _ L’acqua è di tuttidi F.R.A

    56 _ Abolire la leggedi CainoL.D.A.

    57 _ MusicaSABA L’oro azzurrodi Franz Coriasco

    58 _ Ciak dal mondoNel nome di DioAnna Rocchi

    FONDAZIONE MISSIO

    60 _ Per un annoin Missione

    61 _ Il video della GiornataMissionaria MondialeSpezzare paneper tutti i popolidi Miela Fagiolo D’Attilia

    63 _ Inserto PUMUomini e donne delcammina camminadi Amedeo Cristino

    3P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    16Pagina 4:

    Manoscritti antichi conservatinelle biblioteche

    nei deserti del Sahara e Sahel.

    Pagina 16:

    India. Una famiglia cristiana davantialla sua abitazione distrutta durantele persecuzioni religiose.

    Pagina 29:

    Chiesa ortodossa di Beirut in Libano.

    Pagina 61:La copertina del DVD che la Fondazione Missio dedica alla Giornata Missionaria Mondiale 2010.

    In copertina:

    Gerusalemme, basilica del Santo Sepolcro.

    29

    61

    2_3_sommario_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 2-09-2010 11:52 Pagina 3

  • 4 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    PRIMO PIANO Le biblioteche del deserto

    il tesoro dellaSotto la sabbia

    il tesoro dellaSotto la sabbia

    4_9_primopiano_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 2-09-2010 11:56 Pagina 4

  • 5P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    Decine di migliaia di antichimanoscritti giacciono sotto lasabbia dei deserti del Saharae del Sahel in luoghi e città chenei secoli scorsi furono fiorenticentri di cultura e di insegnamentoislamico. Sono le cosiddette“biblioteche del deserto” chenel 1996 l’Unesco ha inserito nellalista dei siti considerati Patrimoniomondiale dell’umanità perché«costituiscono esempi eccezionalidi insediamenti creati per servirele importanti rotte carovanieredel deserto del Sahara».

    a culturaa cultura

    di LUCIANA [email protected]

    C’è un tesoro sotto la sabbiadel Sahara e del Sahel: non èoro, eppure un tempo eraconsiderato talmente prezioso daessere scambiato con l’oro. Non èpetrolio o acqua ma è comunque unpatrimonio importante per il territorioe la sua gente. Si tratta di libri: decinedi migliaia di manoscritti antichi dis-seminati nel Marocco sahariano, inMauritania, nel Mali, in Niger e con-servati nelle zaouia (centri di culturatradizionale e insegnamento islamico),nelle moschee, in biblioteche, in caseprivate di famiglie borghesi o persinoin grandi bauli presso gli accampa-menti nomadi. Le loro pagine, logore ea volte lacere, rovinate dalla sabbia odalle termiti, spesso ammassate invecchi scaffali o ammucchiate in con-tenitori poco adatti allo scopo, sonotestimonianze di circa dieci secoli distoria e cultura in città oggi povere eaggredite dal continuo avanzare daldeserto ma, in passato, fiorenti centridi scambi commerciali e intellettuali.Le chiamano “biblioteche del deserto”e contengono testi di vario genere,alcuni anche rari e di grande valore;ma più che il clima (molto secco, quin-di sostanzialmente non dannoso per laloro conservazione) a rovinarli persempre rischia di essere la trascuratez-za degli uomini, soprattutto di coloroche avrebbero i mezzi finanziari perprovvedere alla loro tutela.

    PATRIMONIO DELL’UMANITAA gettare una luce su questa realtà hacontribuito l’Unesco (Organizzazionedelle Nazioni Unite per l’educazione, lascienza e la cultura), che nel 1996 haincluso le quattro antiche città mauri-tane (ksour) di Ouadane, Chinguettì,Tichitt e Oualata nella lista dei sitiPatrimonio mondiale dell’umanità conla seguente motivazione: «Costituisco-no esempi eccezionali di insedia- »

    4_9_primopiano_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 2-09-2010 11:56 Pagina 5

  • PRIMO PIANO

    6 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    filosofo e letterato Amadou Hampa-té Ba – continuò il leader politico –secondo il quale in Africa, quando unvecchio muore, è una biblioteca chebrucia. Io aggiungo che, quando aChinquettì o Timbuctù una bibliote-ca brucia o si disperde, è la memoriadi mille vecchi che scompare».

    MANOSCRITTI ORIGINALIIn particolare a Chinquettì, considera-ta il settimo luogo sacro dell’Islam ecapitale morale e spirituale della Mau-ritania, c’è la più alta concentrazionedi manoscritti del Paese e la maggiore

    menti creati per servire le importantirotte carovaniere del deserto delSahara e sono state testimoni permolti secoli di contatti economici,sociali e culturali». Se infatti oggi laRepubblica islamica di Mauritania èun Paese totalmente desertico conuna delle più basse densità di popo-lazione al mondo (3,1 abitanti perchilometro quadrato), dall’XI secolofino a poche centinaia di anni fa èstata crocevia di persone e merci, inquanto metteva in comunicazione lesponde del Mediterraneo con l’Africasubsahariana, ed era ricca di oasi,

    palme e cittadine attive e fiorenti.«Il Sahara è un oceano di sabbia chemercanti e esploratori seppero attra-versare molto prima dei mari e perdue millenni è stato il trait d’unionindissolubile tra popoli di culturediverse e distanti che comunicavanoattraverso le piste carovaniere» ebbea dire il presidente-poeta senegaleseLéopold Sédar Senghor ad AttilioGaudio, giornalista ed etnologo,scomparso nel 2002, autore di “Mau-ritania: alla scoperta delle antichebiblioteche del deserto”. «Lei conoscecome tutti noi il monito del grande

    4_9_primopiano_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:28 Pagina 6

  • 7P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    Le biblioteche del deserto

    biblioteca privata del mondo mauro.Fondata nel XVIII secolo da SidiMohammed Habott, è oggi proprietàdel ricco uomo d’affari suo discenden-te, Sid’ Ahmed Ould Habott, ed ègestita dalla Fondazione Habott, natanel 1986 con finanziamenti dellafamiglia stessa e il contributo diambasciate e organizzazioni nongovernative straniere. È un vero tesorodi circa 1.400 volumi tra manoscrittioriginali, copiati o stampati, cheaffrontano i temi più diversi: dallateologia alla linguistica, dall’astrofisi-ca alla poesia, dall’epica alla matema-tica, dalla medicina all’algebra, dal-l’economia fino alle scienze naturali ealla letteratura. La “perla” è un testosulla legge islamica del filosofo arabo-spagnolo Averroè, scritto nel XII seco-lo e ricopiato nel 1400. Solo pochitesti di Averroé, noto in particolare peri suoi commenti ad Aristotele, sono inlingua originale (la maggior partesono in latino e spagnolo), perciò que-

    sto trattato teologico rappresenta unararità. Del resto gli Habott sostengonodi attirare, con la loro biblioteca, per-sone da tutta la Mauritania ma anchedalla Siria e dell’Arabia Saudita. E nonè difficile crederci, se si pensa che untempo gli eruditi arabi si vantavano diaver studiato a Chinquettì come oggifarebbero gli europei con Oxford o LaSorbona.

    L’EREDITA DEI DOTTI DELL’ISLAMUna simile sorte è condivisa dalle altrecittadine segnalate dall’Unesco: Oua-dane, che secondo l’etimologia popo-lare significa “il doppio fiume dellescienze e dei datteri”, fu fondata nel1147 d.C. e fu celebre e prospera dalXIV al XVIII secolo, fino a quando ladesertificazione e l’abbandono dellerotte carovaniere, sostituite dai traffi-ci marittimi promossi dalla colonizza-zione, causarono il suo abbandono.Anche qui, in edifici dallo stile essen-ziale, stipati in librerie improvvisa- »

    A fianco : Una “biblioteca del deserto” nella città di Chinquettì, in Mauritania.

    Sotto : Chinquettì (Mauritania). L’insegna della biblioteca Habott, la più grande del Paese. Fondata nel XVIII secolo da Sidi Mohammed Habott, oggi la sua proprietà è passata nella mani diSid' Ahmed Ould Habott, mentre la gestione è affidata alla Fondazione Habott.

    4_9_primopiano_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:28 Pagina 7

  • PRIMO PIANO

    8 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    te, giacciono manoscritti in fibre tessi-li o pergamena, scritti con vari tipi diinchiostro. Tra i testi figurano il Cora-no, la sua spiegazione e i commenti, leleggi, il diritto e la storia islamici evolumi di grammatica e ortografiadella lingua araba.Una simile ricchezza culturale è van-tata anche da Tichitt, dove si contanocirca settemila manoscritti che aspet-tano di essere “salvati”, e da Oualata,cittadina dove un tempo i copisti, perogni libro trascritto, arrivavano a chie-dere il prezzo equivalente a un drome-dario. E ancora Tata, Oualata, Atar:tutti centri mauritani dove gli ulema(dotti e docenti islamici) hanno lascia-to il loro prezioso contributo alla cul-tura del mondo arabo.

    TESORO INESTIMABILEIn Mauritania il primo, provvisoriocatalogo dei manoscritti antichi risaleagli anni ’60. Se infatti sotto il domi-nio coloniale francese erano stati fattipochi e parziali tentativi di cataloga-zione, dal 1960, anno della proclama-zione della Repubblica islamica diMauritania, si è cominciato a lavorarecon maggiore impegno per la valoriz-zazione del patrimonio. Secondo unaricerca condotta in quegli anni dallostudioso mauritano Mokthar OuldHamidoun, insieme a un collega sve-dese e con i fondi dell’Unesco, sareb-bero circa 40mila i manoscritti disse-minati per il Paese. Da allora sono sta-te effettuate donazioni e missioni daparte di alcuni organismi internazio-nali, motivati dalla crescente consape-volezza che, come spiega GrazianoKrätli, bibliotecario dell’InternationalProgram Support dell’Università diYale (Usa), «le biblioteche del desertosono parte delle proprie comunità,dove giocano un ruolo importantecome testimonianze di identità cultu-rale e beni di crescente valore perl’economia del turismo». Lo stesso Krä-tli, autore di pubblicazioni scientifichesull’argomento, ricorda che nel 1998

    anche un’organizzazione non gover-nativa italiana, “Movimento Africa‘70”, si è occupata dei manoscrittimauritani con una missione di cui ilricercatore loda l’approccio «olistico eonnicomprensivo», perché focalizzatasu cinque punti: risorse idriche, rimo-zione della sabbia, manutenzione del-le strade, cultura (architettura ebiblioteche di manoscritti) e turismo.Dei manoscritti in particolare si occu-pava il docente universitario MarcoSassetti, esperto di manutenzione erestauro dei beni librari. Tuttavia ingenerale lo studioso statunitenselamenta la mancanza di «coordina-mento e integrazione degli sforzi indi-viduali» tra enti e organizzazioni inter-nazionali succedutisi negli anni, oltread indicarne la “visione limitata”. Inol-tre sottolinea la mancanza di unacatalogazione completa di tutti imanoscritti mauritani «la maggiorparte dei quali – scrive – sono dissemi-nati in un’area desertica grande duevolte la Francia, immagazzinati incondizioni critiche se non allarmanti oletteralmente sepolti sotto la sabbia». Simili problematiche interessano altrecittà-biblioteche in altri Paesi. Ricor-

    diamo Béjaia, in Algeria, Smara (Saha-ra occidentale), Akka, Tissint e Tam-grout in Marocco, Djenné, città delMali anch’essa considerata patrimoniodell’umanità dall’Unesco, e Agades, inNiger.

    L’ORO DI TIMBUCTUUn discorso a parte merita Timbuctù,nel nord del Mali, tra il 1300 e il 1500polo commerciale e culturale del mon-do antico. Talmente ricca d’oro daessere considerata un luogo più miticoche reale, della sua esistenza in Euro-pa si discusse sino al 1806 quandol’esploratore Mungo Park riuscì a rag-giungerla, anche se non tornò maiindietro. Ma, oltre alla leggendariafama di “luogo alla fine del mondo”,Timbuctù se ne è conquistata un’altraaltrettanto solida di massimo poloaccademico della regione, grazie allapresenza dell’università medievale diSankoré dove, per centinaia di anni, gliulema insegnarono tutte le disciplineallora conosciute a decine di migliaiadi talebani (studenti islamici) affluitedalle diverse regioni del Maghreb edell’Africa sudanese. Attilio Gaudiospiega che, quando al mercato di Tim-

    4_9_primopiano_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:28 Pagina 8

  • 9P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    Le biblioteche del deserto

    buctù arrivavano le carovane dal Nord,la classe colta acquistava i libri delMedio Oriente e del Nordafrica pagan-do il loro peso in polvere d’oro. E Leo-ne l’Africano (1485-1554), geografo edesploratore arabo, nato a Granada dafamiglia musulmana e poi battezzatocristiano dopo l’incontro con Papa Leo-ne X, scriveva a proposito di Timbuctù:«I libri vi si vendono talmente bene chese ne trae maggior profitto che daqualsiasi altra mercanzia».Oggi il Centro di documentazione ericerche storiche Ahmed Baba, creatonegli anni ‘70 grazie all’aiuto dell’Une-sco e del Kuwait, ospita un’ecceziona-le collezione di decine di migliaia dimanoscritti arabi che coprono un mil-lennio di vita intellettuale, alcuni risa-lenti al II secolo. Sono testi sulla leggeislamica, ma anche di scienza, astro-nomia, medicina. Oltre a questo cen-tro, il più importante della città, cisono numerosi altri manoscritti disse-minati in biblioteche o collezioni pri-vate. Per salvarli è intervenuta negliultimi anni l’Università di Cape Town,(Sudafrica), dando la propria disponi-bilità a fornire esperti e tecniche diconservazione. In realtà, come spiegaanche Krätli, non è vero che tutte lebiblioteche del deserto sono lasciatealla mercé del tempo e degli elementi:i loro “custodi” africani intervengonocome possono, seguendo alcune ele-mentari regole di conservazione, purnon avendo a disposizione gli stru-menti tecnici indispensabili al vero eproprio salvataggio. Il problema è chespesso sono anche piuttosto diffidentinei confronti degli aiuti esterni, pro-babilmente memori del non facile pas-sato colonialista. E così i libri rischianodi continuare a riempirsi di sabbia.

    A sinistra: Sono migliaia i manoscritti antichiconservati nel Marocco sahariano, in Mauritania,nel Mali e in Niger.

    A fianco: Timbuctù (Mali). La moschea diSankoré, che per centinaia di anni accolse alsuo interno l'omonima università medievale.

    4_9_primopiano_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:28 Pagina 9

  • 10 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    ATTUALITA Sulle rotte dei trafficanti

    «L e persone che sniffanococaina in Europa stannouccidendo le foreste incon-taminate dei Paesi andini e sonoresponsabili della corruzione dilagante

    temibili multinazionali del narcotraffi-co.Solo per quanto riguarda l’Italia,secondo il XII rapporto sulle attivitàdel crimine organizzato redatto da SosImpresa, una associazione di Confeser-centi, la “mafia spa“ fattura oltre 135miliardi di euro, con un utile di 78

    nei governi dell’Africa occidentale».Parole dure ed inequivocabili quelle diAntonio Maria Costa, direttore esecu-tivo dell’Unodoc, l’United NationsOffice on Drugs and Crime, che svela-no come la globalizzazione nonriguarda solo il mondo delle imprese odella finanza, ma coinvolge anche le

    Droga connect

    di ROBERTO [email protected]

    Sopra:

    Polizia a protezione di enormi quantitàdi stupefacenti sequestrate nellaprovincia di Yunnan in Cina.

    A destra:

    Antonio Maria Costa, direttoreesecutivo dell’Unodoc, l'UnitedNations Office on Drugs and Crime.

    10_15_attualita?_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 2-09-2010 11:58 Pagina 10

  • per “addetti“ e“servizi“. In que-sta organizzazio-ne il traffico didroga vale circala metà degliintroiti, circa 60miliardi di eurosecondo le stimecontenute nellarelazione annua-le 2008 dellaDirezione centra-le per i serviziantidroga e chesi ritiene sianorimasti costanti

    nel 2009. Se il nostro Paese ha dariflettere sull’estensione del fenome-no, le cose non vanno meglio nel restodel pianeta. Il mondo è attraversato dainvisibili autostrade che permettono ditrasportare da un continente all’altrotonnellate di stupefacenti. Flotte aereee navali, banche per riciclare il denarosporco, governi e servizi segreti collusie migliaia di imprese “pulite“ nellequali sono reinvestiti gli utili. E comese non bastasse traffico di armi, guer-re, colpi di stato e presunte rivoluzionigirano al massimo grazie al narcotraf-fico.

    miliardi al netto degli investimenti edegli accantonamenti. Una holdingcapace di generare un volume di affa-ri che da solo supera i 100 miliardi dieuro, una cifra pari a quasi il 7% delPil italiano. Si tratta della prima azien-da nazionale per volume finanziario eutile netto e di una delle più grandi

    Il traffico di droga è ormai un affare planetariocon guadagni da capogiro per le temibilimultinazionali del narcotraffico. In questa“economia parallela e sommersa” alla faccia delleleggi nazionali e internazionali, la droga si muovesu invisibili autostrade che permettono ditrasportare da un continente all'altro tonnellate distupefacenti. Coinvolgendo flotte aeree e navali,banche per riciclare il denaro sporco, governi eservizi segreti e favorendo traffico di armi, guerre,colpi di stato e presunte rivolte sociali.

    Interi territori di Asia, America Latinae Africa sono in questo momento“regni indipendenti“, controllati dainarcotrafficanti e chi non accetta disubire il loro dominio è ucciso ocostretto a lasciare le campagne e arifugiarsi nelle città, contribuendo allacrescita di megalopoli già ingestibili acausa del sottosviluppo.Descrivere l’estensione della “drogaconnection“ è complicatissimo.La mappa dell’autostrada invisibiledell’eroina parte dall’Afghanistan,attraversa l’Asia centrale, la Russia e iBalcani e si ferma in Europa. La “missione di pace“ che sta costandocifre enormi e migliaia di vittime tra letruppe della Nato, nel campo dei tale-bani e soprattutto tra la popolazionecivile, per paradosso, è il volano che falievitare la produzione e la distribuzio-ne della droga. Perchè armi e drogasono mercati paralleli. Gli eserciti deisignori della guerra locali ed i talebanisovvenzionano l’acquisto di armamen-ti grazie agli stupefacenti.Il vicedirettore del servizio antidrogarusso, Yury Maltsev, ha diffuso datipreoccupanti. A suo parere dopo l’ini-zio della guerra afgana, nel 2001, lecoltivazioni di papavero hanno sfor-nato oppio in quantità 40 volte

    ction

    11P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    »(Segue a pag. 13)

    10_15_attualita?_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:33 Pagina 11

  • 12 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    superiore al periodo precedente l’arri-vo delle truppe della coalizione.L’Unodoc diffonde dati meno terribili,calcolando in 3-4mila tonnellate dioppio il raccolto antecedente l’avvio diEnduring Freedom e fissando l’aumen-to “solo“ a 7.700 tonnellate fino al2008. Mosca comunque è molto pre-occupata, poichè una parte consisten-te della droga finisce nel suo territorioe causa 30mila morti stimati all’anno eun danno per l’economia valutato in54 miliardi di dollari. Il ministro degli esteri Sergei Ivanov hadetto: «Non vedo miglioramenti: diffi-cile considerare che qualcosa stia fun-zionando quando gli Stati Uniti ealcuni Paesi europei si trovano a dovermandare ancora più truppe e mezzi»mentre Kabul è un supermarket deglioppiacei con «7.500 tonnellate nel2009 che prevediamo saliranno nel2010 a 8.200». Un «arsenale, capace di

    ATTUALITA

    creare una vera fortuna finanziaria,destinata a sostenere i ribelli».Se l’Afghanistan è un polo per l’eroina,in gran parte dell’Asia si “lavora“ ala-cremente. Nel Grande Mekong oppio ecrystal meth, la sintetica, viaggianosulle stesse rotte e compongono il“campionario“ per i distributori paki-stani, nepalesi, birmani e thailandesi.Su tutta la rete ci sarebbe il controllodelle Triadi cinesi, nelle quali operanogruppi di potere di Hong Kong e Tai-wan. Secondo fonti di intelligencesembra che nel 2007, i mafiosi cinesiabbiano stretto un accordo di coope-razione con la banda Khun Sa, ilpadrone del Triangolo d’oro (il territo-rio compreso tra Birmania, Laos eThailandia), che dispone di un esercitopersonale super armato di 8milauomini.Al bazar asiatico si contrappone ilgrande mercato del Sud America, che

    può essere definito (col Messico) il“sistema integrato“ più esteso a livellomondiale. Qui la recente crisi finanzia-ria mondiale ha paralizzato le econo-mie, bloccandole per almeno cinqueanni, ma il narcotraffico è sempre piùflorido ed influenza l’economia uffi-ciale e la politica. Un rapporto pubbli-cato nel marzo 2009 dalla Latin Ame-rican Commission on Drugs andDemocracy, diretta da Fernando Car-doso, già presidente del Brasile, hareso noto come le aree coltivate acannabis e coca lungo le Ande si stan-no estendendo senza soluzione di con-tinuità.Le ricadute sono devastanti. I contadi-ni finiscono spesso uccisi o scacciatidalle proprie terre a causa delle guer-re tra “cartelli“ ed i conflitti tra narcossono veri e propri scontri militari checomprendono massacri, omicidi sucommissione e rapimenti di adole- »

    10_15_attualita?_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:33 Pagina 12

  • 13P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    Sulle rotte dei trafficanti

    A destra:Controlli sempre più serrati per tentare di ostacolare il traffico di droga.Sotto :

    Karachi (Pakistan). Funzionari brucianostupefacenti durante la cerimonia che ognianno il 26 giugno celebra la GiornataInternazionale contro il consumo e il trafficoillecito di droga, indetta dall’AssembleaGenerale delle Nazioni Unite.

    10_15_attualita?_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 2-09-2010 11:58 Pagina 13

  • ATTUALITA

    scenti, presi con la forza ed arruolatinegli eserciti privati dei signori delladroga. Nelle periferie delle megalopo-li brasiliane, poi, arrivano tonnellatedi stupefacenti dalla Colombia ed iregolamenti di conti tra gang sonosanguinosi e sempre più selvaggi. InMessico la situazione è fuori control-lo e l’azione di contrasto del crimine èin parte vanificata dalla corruzionediffusa anche nella polizia. Nel 2008gli omicidi tra trafficanti sono stati6mila. In Guatemala, El Salvatore eVenezuela, nello stesso anno, i mortiammazzati sono aumentati di oltre100 per 100mila abitanti, una percen-tuale superiore alla media mondiale diben 16 volte. Gli statunitensi, invasi da quantitàgigantesche di stupefacenti prove-nienti dal Sud America, sono allarma-tissimi. In un recente rapporto l’USGovernment Accountability Office,definito “il braccio investigativo del

    14 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    A sinistra:

    Medellín (Colombia). Un uomo mostra dellamarijuana. Il Paese sudamericano è il leadermondiale per la produzione di cocaina.

    A destra:Afghanistan. Un tossicodipendente fuma eroinain un edificio abbandonato a Kabul.

    10_15_attualita?_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:33 Pagina 14

  • 15P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    diventato un importante centro diriciclaggio e smistamento ed anche lìle connessioni tra droga ed aree di“insospettabili“ sarebbero estese.Il narcotraffico non è quindi solo un“affare criminale“, ma ha intensi rap-porti con governi, settori economicilegali e con l’industria delle armi. E levittime di questo mercato di mortenon sono solo i consumatori di stupe-facenti, ma anche milioni di cittadiniinermi che subiscono la violenza dellebande e la corruzione degli apparatipubblici. Il nostro giro di orizzonte siconclude con le parole di monsignorCelestino Migliore, Osservatore Per-manente della Santa Sede pressol’Onu, pronunciate nel giugno scorsonell’ambito della 64esima sessionedell’Assemblea generale dell’Onu,durante l’incontro di alto livello sulcrimine organizzato transnazionale:«La comunità internazionale non deveconcentrarsi soltanto sulle aree diproduzione, ma deve anche affronta-re la domanda sempre presente di stu-pefacenti. Questa domanda, fortesoprattutto nel mondo industrializza-to, dimostra che per affrontare la pro-duzione di stupefacenti all’estero,bisogna compiere degli sforzi nel pro-prio Paese».

    ti finanziari. Per questo Paesi come ilVenezuela e il Messico sono diventatiquasi dei “narco - Stati“.Infine c’è la nuova arrivata, l’Africa. Ilcontinente sta diventando il quartiergenerale delle spedizioni verso Euro-pa, Australia e Nuova Zelanda. GuineaBissau, Guinea Conakry, Mali e Mauri-tania sono ormai le filiali dalle qualipartono gli aerei e le navi venezuela-ne e brasiliane verso i mercati didestinazione. A supervisionare c’è la criminalitànigeriana, che organizza milizie percontrollare il territorio. Sarebbero sta-ti notati anche stretti legami tra que-sti gangster e gruppi dell’integralismoislamico, collegati a loro volta in unaspecie di “internazionale“, della qualefanno parte talebani, miliziani somali,libanesi e sudanesi. Sarebbero questiultimi, a gestire le piste che passanoattraverso il Mali e la Mauritania delSud e sempre loro, insieme ai nigeria-ni, gli interlocutori della n’drangetacalabrese. Gli integralisti, poi, avreb-bero legami con l’establishment uffi-ciale di alcuni Paesi arabi ed asiatici(Arabia Saudita e Pakistan tra gli altri)generando un girotondo di interessipolitico-affaristici colossale. Nel con-tinente nero anche il Sud Africa è

    Sulle rotte dei trafficanti

    Congresso”, ha presentato la guerra ainarcos come persa e l’Office NationalDrug Control Policy ha suggerito for-me di liberalizzazione di alcuni “pro-dotti“.Su una linea “innovativa“ si è spinta laLatin American Commission on Drugsand Democracy, che ha proposto dismantellare le politiche di repressionee di cominciare a pensare al consumodi droghe come problema di salutepubblica, aumentando sensibilmentela pressione dei mezzi informativi ededucativi. Sul fronte della produzione, attual-mente la Colombia è il leader mondia-le per la cocaina, ma Bolivia e Perùseguono a breve distanza. Nel lugliodel 2009, nella Bolivia orientale, èstato scoperto il più grande laborato-rio del pianeta, in grado di produrre100 chilogrammi di cocaina al giorno.In Perù, Sendero Luminoso, abbando-nata la politica rivoluzionaria si èriconvertito in “narcoazienda“, inColombia lo stesso hanno fatto leFarc.Per quanto riguarda la sola eroina ilsuo fatturato globale varrebbe quasi70 miliardi di dollari l’anno, una cifracosì grande da poter condizionaresenza troppa fatica governi e appara-

    10_15_attualita?_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 2-09-2010 11:58 Pagina 15

  • 16 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    FOCUS Comunità perseguitate

    Quei cristianiche pagano

    la fede

    16_20_focus_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:36 Pagina 16

  • 17P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    di EMANUELA [email protected]

    nio per

    L a comunità cristiana è in agoniain Iraq, vittima di sempre piùcruenti attacchi dopo la cadutadi Saddam Hussein e l’inizio dellaguerra. In India, nello Stato dell’Orissa,si sono verificati omicidi di massa,distruzioni di beni e chiese, ma anchedi scuole, dispensari e centri di acco-glienza. Gli attacchi a persone ecomunità sono aumentati negli ultimidecenni in Africa, e nel Magreb l’inte-gralismo si fa strada scegliendo i cri-stiani come capri espiatori. Eppure unvelo di silenzio ricopre queste vicende,una sorta di pudore o la sensazioneche parlarne non sia opportuno. Cosìle persecuzioni contro le minoranzecristiane in diversi Paesi del mondofiniscono per essere una questionesollevata negli ambienti più “conser-vatori” delle Chiese, in una sorta ditentativo di “difendere la propria reli-gione” rispetto alle altre.René Guitton, con il suo libro appenatradotto in Italia “Cristianofobia” (edi-trice Lindau), si colloca in un’altra pro-spettiva. Giornalista, per anni corri-spondente di France 2 dal Marocco, halavorato nell’editoria come direttoregenerale delle edizioni “Hachette” eoggi per Éditions Calmann-Lévy. Ma lasua autorevolezza varca i confini dellaFrancia: da molti anni impegnato sul

    fronte del dialogo interreligioso èmembro del gruppo di esperti dell’“Alleanza delle Civiltà” delle NazioniUnite, il cui obiettivo è migliorare lerelazioni fra le persone di diverse cul-ture e religioni in modo da mettere lebasi per una pace di lunga durata.In Italia per presentare il suo libro,Guitton accetta di spiegare perché hacominciato la sua ricerca, documenta-ta con rigore, sulle persecuzioni subitedai cristiani in diversi Paesi del mondo,e soprattutto perché ha deciso di rac-contarle. «Mi è capitato per lavoro digirare il Medio e l’Estremo Oriente eviaggio tuttora in queste regioni, spe-cialmente quelle dove si parla france-se» spiega. «Negli anni, nel corso ditutti questi viaggi, ho costatato lo sta-to di miseria in cui vivono i cristiani inPaesi come l’Egitto e l’Iraq e ho pensa-to che era inaccettabile che i cristianifossero perseguitati in quanto cristia-ni, attraverso discriminazioni oppurein modo diretto con omicidi e massa-cri. Ho deciso di sollevare la questioneanche perché mi sono accorto chel’Europa, e in generale l’Occidente,non vi presta molta attenzione».Nel suo libro Guitton afferma che lepersecuzioni contro i cristiani nonsono, in genere, menzionate nelledenunce delle violazioni dei dirittiumani, perché in Occidente i cristianifaticano ad associare al cristianesimoil concetto di minoranza. «In Fran- »

    Le persecuzioni a causa della religione sonoaumentate negli ultimi anni. Secondo l’ongamericana International christian concern,i cristiani attaccati e discriminati sono 200milioni. Renè Guitton, giornalista ed espertofrancese, nel suo ultimo libro “Cristianofobia”analizza le ragioni politiche, religiose e sociali diun fenomeno che coinvolge ancora oggi e indiversa maniera, popoli di tutti i continenti.

    16_20_focus_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:36 Pagina 17

  • cia ci sono gruppi che lottano per idiritti degli ebrei, dei musulmani. E iosono il primo ad aderire a queste cam-pagne e sono impegnato quasi ognigiorno in attività di mediazione frapersone di diverse religioni e culture.Ma quando comincio a parlare dei cri-stiani perseguitati nel mondo, nelmigliore dei casi raccolgo sguardi didiffidenza. Nella nostra società euro-pea la difesa dei cristiani di altre areedel mondo è spesso vista come un ten-tativo di favorire il ritorno del religio-so o di imporre i principi cristiani, chenon sono più considerati valori fonda-mentali. Ne consegue che coloro che sipreoccupano della sorte delle mino-ranze cristiane sono guardati con

    FOCUSFOCUS

    18 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    Nella fo to :René Guitton e lacopertina del suoultimo libro:“Cristianofobia”.

    16_20_focus_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:36 Pagina 18

  • un’altra: «Bisogna distinguere fral’Islam e l’integralismo islamico. NeiPaesi musulmani spesso le prime vitti-me degli integralisti sono i musulmanistessi».Le persecuzioni a causa della religionesono aumentate negli ultimi anni.Secondo l’ong americana Internatio-nal christian concern, i cristiani attac-cati e discriminati sono 200 milioni.Oggi il Paese dove la situazione è peg-giore è l’India, in particolare lo Statodell’Orissa, dove si sono verificati omi-cidi di massa, distruzione di chiese e dibeni che appartenevano ai cristiani daparte di integralisti indù. Ma anche inIraq le atrocità subite dall’inizio dellaguerra e in particolare nel 2008, han-

    no spinto i cristiani aun esodo in massa.Secondo Pax Christi,circa 180mila cristianiiracheni si trovanoormai in Siria, Giorda-nia e Turchia, dovesopravvivono per lo piùin condizioni precarie.La sola Siria ospita10mila famiglie cristia-ne irachene.«Le persecuzioni sonodiverse a seconda deiPaesi» afferma Guitton.«In India, in Nigeria ein Sud Sudan si sonoverificati veri e proprimassacri, con villaggiinteri bruciati. Gliestremisti manifestanola volontà di eliminarei cristiani in modo che

    19P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    sospetto, nella migliore delle ipotesisono etichettati come ultraconserva-tori». Di Guitton si è detto che ha unapproccio “laico” nel descrivere ilfenomeno dei cristiani perseguitati nelmondo: «Ci sono più approcci possibi-li» spiega. «Io sono cristiano, sono cat-tolico e fiero di esserlo ma il mio è unapproccio più umanista, per la difesadei diritti umani prima di tutto. Inquesto caso ci sono minoranze discri-minate a causa della religione cristia-na, e queste sono minoranze checonosco bene, per questo ho deciso diimpegnarmi per far conoscere le con-dizioni in cui vivono». Per il giornalistafrancese il punto non è “difendere”una certa religione piuttosto che

    Comunità perseguitate

    tutta l’India sia indu, o di renderemusulmano tutto il Medio Oriente. Cisono viceversa dei Paesi dove non c’èuna violenza fisica, ma esiste una vio-lenza psicologica, il divieto di costrui-re chiese ma anche case, oppurediscriminazioni sul lavoro. In Pakistanè stata approvata una legge chediscrimina i cristiani. In Egitto le don-ne cristiane sono obbligate a indossa-re il velo, ci sono rapimenti di ragazzecostrette a sposare uomini musulmanie a convertirsi all’Islam. La menzionedella religione è obbligatoria sulla car-ta d’identità e quindi diventa facile ladiscriminazione quando si cerca unimpiego».Ma perché le persecuzioni sonoaumentate? E come mai, come ha rile-vato il rapporto annuale dall’associa-zione “Aiuto alla Chiesa che soffre”,nel 75% dei casi le vittime sono cri-stiani? «A segnare una svolta è statol’attacco alle Torri gemelle a New Yorkl’11 settembre e quel che ne è seguito,soprattutto la guerra in Iraq» rispondeGuitton. «Queste vicende hanno esa-sperato la contrapposizione fra Orien-te e Occidente e hanno accelerato unaspecie di rancore verso quest’ultimo,che in molti Paesi risale al periodocoloniale e post-coloniale. Gli estremi-sti di tutte le religioni si sono rappre-sentati la vittoria contro l’Occidentecristiano. La guerra in Iraq è diventataai loro occhi parte di un complottomondiale contro l’Islam, contro l’in-duismo, contro i poveri dei Paesi in viadi sviluppo come l’India, come tutti iPaesi del Medio o dell’Estremo Oriente.A farne le spese sono i cristiani di que-sti Paesi, identificati con l’Occidente».Le persecuzioni si ammantano diragioni diverse di tipo sociale, econo-mico e politico. «Non credo affattoalla teoria del complotto globale con-tro la Chiesa cattolica o altre Chiesecristiane» afferma Guitton. «È vero: cisono degli attacchi contro i cristianiperché si ritiene rappresentino qualco-s’altro, ma questo qualcos’altro è »

    A fianco :15 marzo 2008.La celebrazione della primamessa nella chiesacostruita a Doha in Qatar ededicata alla Vergine Maria,nostra Signora del Rosario.

    16_20_focus_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:36 Pagina 19

  • FOCUSFOCUS

    20 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    Comunità perseguitate

    in generale l’Occidente. In MedioOriente, per esempio, c’è la memoriastorica delle crociate e un risentimen-to verso quelle che sono ritenute le“nuove crociate”, come la guerra inIraq. In quest’ottica gli occidentalisono visti come un unico amalgama,che siano americani, inglesi o francesi.E queste guerre quindi sono considera-te come una nuova crociata occidenta-le-cristiana o cristiano-occidentale.Naturalmente non tutti, nel mondoarabo o in Oriente, la pensano così».Nel libro-viaggio del giornalista fran-cese si legge che la situazione dei cri-stiani sta migliorando in Giordania,Siria e altri Paesi del Golfo. Nel 2008una chiesa dedicata alla VergineMaria, Nostra Signora del Rosario, è

    stata inaugurata in Qatar, sebbene lacostituzione vigente proibisca l’edifi-cazione di qualunque luogo di cultonon musulmano. L’ex preside dellafacoltà di diritto islamico dell’Univer-sità del Qatar, ’Abd al-Hamïd al-Ansä-rï, ha dichiarato che «il possesso di unluogo di culto è un diritto fondamen-tale, riconosciuto come tale dal-l’Islam».L’alleanza fra le civiltà, di cui Guittonfa parte, è composto da “saggi” didiverse culture e religioni che cercanodi disinnescare i conflitti prima cheesplodano. «Ci sono situazioni chedanno una mano agli estremisti»afferma il giornalista francese. «Sonostato di recente a Sharm el Sheik, inEgitto, dove non tornavo da molti

    anni. Prima c’era un bel paesaggio, ilMar Rosso, le abitazioni locali. Oratutto è nuovo, ci sono gli hotel a cin-que stelle, il commercio di lusso, unsusseguirsi di negozi di souvenir, difarmacie con i prodotti di bellezza, lecommesse sono bionde e rosse e parla-no inglese e non c’è nemmeno unascritta in arabo. Tutto è scritto ininglese senza nemmeno la traduzione.Penso a come si deve sentire un araboche vive nel villaggio vicino fatto dicase povere. Vede le donne a senonudo sulla spiaggia, vede questa can-cellazione dell’arabità, poi torna nellasua casa e continua una vita fatta difatica e miseria. Anche qui si trova ilfondamento e la fonte dell’anti-occi-dentalismo».

    Nella fo to :Kandhamal (India). Abitanti di un villaggiocristiano rifugiati in un campo di primaaccoglienza in seguito ad un attacco da partedi fondamentalisti indù.

    16_20_focus_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:36 Pagina 20

  • 21P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    FOTO DI...

    A cura diEMANUELA PICCHIERINI

    [email protected]

    “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21), è la richiesta che, nel Vangelo di Giovanni, alcuni Greci, giunti aGerusalemme per il pellegrinaggio pasquale, presentano all’apostolo Filippo. Essa risuona anche nelnostro cuore in questo mese di ottobre, che ci ricorda come l’impegno e il compito dell’annuncioevangelico spetti all’intera Chiesa, “missionaria per sua natura” (Ad gentes, 2), e ci invita a farcipromotori della novità di vita, fatta di relazioni autentiche, in comunità fondate sul Vangelo. In unasocietà multietnica che sempre più sperimenta forme di solitudine e di indifferenza preoccupanti, icristiani devono imparare ad offrire segni di speranza e a divenire fratelli universali, coltivando i grandiideali che trasformano la storia e, senza false illusioni o inutili paure, impegnarsi a rendere il pianetala casa di tutti i popoli.Come i pellegrini greci di duemila anni fa, anche gli uomini del nostro tempo, magari non sempreconsapevolmente, chiedono ai credenti non solo di “parlare” di Gesù, ma di “far vedere” Gesù, farrisplendere il Volto del Redentore in ogni angolo della terra davanti alle generazioni del nuovomillennio e specialmente davanti ai giovani di ogni continente, destinatari privilegiati e soggettidell’annuncio evangelico. Essi devono percepire che i cristiani portano la parola di Cristo perché Lui èla Verità, perché hanno trovato in Lui il senso, la verità per la loro vita.

    Tratto dal Messaggio di Benedetto XVIper l’84esima Giornata Missionaria Mondiale

    che si celebra il 24 ottobre 2010.

    Vangelo nel mondo

    21_24_foto_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:39 Pagina 21

  • 22 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    FOTO DI...

    La celebrazione della Messanella Chiesa della missione

    di Kofale in Etiopia e lapiccola Chiesa costruita nelvillaggio di Tipetì in Benin.

    «Dovremo faticare, sudare, morire, ma il pensiero che si suda e si muore per amore di Gesù Cristo e della salute delle animepiù abbandonate del mondo è troppo dolce per farci desistere dalla grande impresa».

    Lettera inviata da San Daniele Comboni ai genitori, subito dopo il suo arrivo a Karthoum in Sudan.

    Comboni, primo Vescovo del Vicariato dell’Africa Centrale, fondatore nel 1867 dell'Istituto dei Missionari Comboniani e nel 1872dell’Istituto delle Suore Missionarie Comboniane, morto a Khartum il 10 ottobre 1881. Canonizzato da Giovanni Paolo II il 5ottobre 2003, commemorato ogni anno il 10 ottobre.

    21_24_foto_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:39 Pagina 22

  • 23P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    Vangelo nel mondoSi prega nella notte di Natale in una Chiesadella città di Shenyang, in Cina.

    La Chiesa costruita in pietra nel villaggio di Laja, situato ad ovest della capitale La Paz, in Bolivia.

    21_24_foto_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:40 Pagina 23

  • 24 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    FOTO DI...

    «Mi sono guardato intorno, ho pregato, ho cercatonelle Sacre Scritture la chiave per capire quello chegli occhi vedono del presente e la memoria miriporta al passato di questa terra. Ho aperto paginedi storia antica e recente della Chiesa e pagine dellaprofonda e misteriosa religiosità musulmana. Hointessuto piccoli quotidiani rapporti con i vicini dicasa, con imille piccoli negozianti dellemille piccolebotteghe, imparando a salutare, a rispondere alletante domande, a chiedere informazioni.Mi sono ricordato di Gesù che diceva: "...chi accoglievoi accoglie me..." e questo mi dava la certezza chead essere accolto fosse Gesù, attraverso la miapresenza impacciata, la mia totale povertà e il miosorriso che suppliva alla quasi totale mancanza diparole. Ho imparato a voler bene, come segnofondamentale della presenza di Cristo, a voler benegratuitamente senza nulla aspettarmi, a voler benead ogni persona così come è, come è vista ed amatada Dio.

    Da “Lettere dalla Turchia, 9 novembre 2000” di DonAndrea Santoro missionario italiano, assassinato il5 febbraio 2006 a Trebisonda in Turchia. La missione didon Andrea nel Paese musulmano ebbe inizio nelSettembre del 2000.

    «Mi sento indiana nel più profondodell'anima. Le Missionarie della Caritàcondividono nel modo di vestire lo stile divita dei più poveri di questo mondo.Perpotersi sviluppare l'India ha naturalmentebisogno di tecnici, esperti, economisti,medici, infermieri. Ha bisogno di progetti e diun'azione generale coordinata. Nelfrattempo le persone devono vivere, devonoavere cibo per mangiare, devono esserecurate e vestite. Il nostro terreno di lavoro èl'India di oggi. Fino a quando permarrannotutte queste esigenze, la nostra operacontinuerà».

    Dagli scritti di Madre Teresa di Calcutta, alsecolo Anjeza Gonxhe Bojaxhiu, missionaria diorigine albanese, fondatrice della congregazionedelle Missionarie della Carità. Madre Teresa hasvolto la sua missione sulle strade dell'India,spendendo la propria vita a favore “degli ultimi”.Premio Nobel per la Pace nel 1979 è morta aCalcutta il 5 settembre 1997 e proclamata beatada papa Giovanni Paolo II il 19 ottobre 2003.

    La Chiesa dedicata alla Vergine Marianella città di Izmir, in Turchia.

    Un sacerdote cattolico indiano benedice una donna durante lamessa nella cattedrale del Sacro Cuore a Nuova Delhi, India.

    Vangelo nel mondo

    21_24_foto_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:40 Pagina 24

  • 25P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    L’ INTERVISTAPadre Peter BalleisDirettore internazionale del JRS

    I gesuiti sono una delle prime congregazioni religiose chehanno raccolto la sfida dell’aiuto ai “senza terra”, secondouna acuta intuizione di padre Arrupe promotore dellanascita del Jesuit Refugee Service che oggi sostienemilioni di rifugiati nel mondo. Dalle scuole materneall’insegnamento superiore, il servizio della Compagnia diGesù segue l’alfabetizzazione di adulti, è impegnata

    nell’assistenza ai carcerati, maanche nella distribuzione di ciboe generi di prima necessità. Cene parla Peter Balleis, direttoreinternazionale del JRS,spiegando come la protezione deidiritti dei rifugiati inizi dal lavorosul campo, attraverso il sostegnolegale e materiale alle richiestedi asilo, di accesso ai servizi, diregistrazione, di rimpatrio e direinsediamento.

    Sono oltre 43 milioni i rifugiati nelmondo. Un numero di personeche equivale più o meno a quellodegli abitanti della Spagna, dell’Argenti-na o della Polonia. Questo popolo inmovimento è composto – secondo i datidell’Alto commissariato per i Rifugiatidelle Nazioni Unite (UNHCR) - da 15milioni circa di rifugiati ufficialmentericonosciuti come tali, e per il resto dasfollati, richiedenti asilo politico, dapalestinesi sotto mandato dell’UNRWA(United Nations Relief and Works Agen-cy for Palestine Refugees in the NearEast) e da persone spinte a migrare daproblemi nei Paesi d’origine. In questocomplesso universo, in cui la fuga è ilcrinale che separa il passato dal presen-te di tanti milioni di uomini e donne allaricerca di un futuro, opera dal 1980

    Il popolo dei rifugiatitra passato e futuro

    Il popolo dei rifugiatitra passato e futuro

    »

    di MIELA FAGIOLO D’ATTILIA

    [email protected]

    Padre Pedro Arrupe

    25_28_intervista_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:43 Pagina 25

  • Come si può vivere oggi la missione adgentes, facendosi carico di questa fet-ta di umanità in stato di precarietà?«Oggi è importante che i cristiani dianosegni di presenza significativa anche incontesti “altri”, per far vivere quel dialo-go concreto che si sviluppa nella vitaquotidiana. Nel mondo della globalizza-zione c’è gente di fedi diverse in tutti iPaesi e dobbiamo imparare come vivereinsieme e collaborare se vogliamo averela possibilità di portare aiuti umanitari achi ne ha bisogno. È necessario vivere lamissione per capirla. Oggi la missione èsoprattutto un lavoro di sostegno disoccorso, non una forma di proselitismo.Soprattutto per chi opera tra i rifugiati.Il messaggio di Gesù ci ripete l’impegnodel servizio, anche per l’accompagna-mento nelle situazioni più difficili in cuivivono i rifugiati, non solo nei campialle frontiere tra Paesi, ma nelle nuovefrontiere urbane, dove si trova oggi lametà degli insediamenti di rifugiati». Lo “status” di rifugiato, così come ven-

    Nella sede romana del JRS, si parlanomolte lingue, segno della presenza diquesto servizio tra i popoli di tutte lerazze, per aiutare l’uomo nella sua inte-rezza. «Non siamo soltanto operatoriumanitari, siamo guidati da una voca-zione all’evangelizzazione. Ad esempio igesuiti lavorano in Afghanistan in uncontesto completamente islamico, per-ché fanno un servizio alla gente ma nonla proclamazione della Parola, non fan-no proselitismo. Possono lavorare indiversi contesti culturali perché l’assi-stenza umanitaria è la base del dialogointerreligioso nella forma in cui riuscia-mo a trovare valori da condividere»spiega padre Balleis, che sottolineacome «si debba valutare ogni singolaesperienza all’interno del suo contestostorico».

    Secoli fa l’espansione della fede cri-stiana è avvenuta nel contesto delcolonialismo europeo, con tutti gliaspetti negativi di questo fenomeno.

    il Jesuit Refugee Service (JRS) una reteinternazionale di Gesuiti, volontari reli-giosi e laici che opera in 53 Paesi, con unimpegno sempre più consistente, mal-grado le difficoltà economiche dellaattuale crisi finanziaria internazionale.«Il campo di applicazione delle conven-zioni internazionali esistenti (vedi box apag. 28 ndr) è troppo restrittivo. Al dì làdelle definizioni, ci occupiamo dei rifu-giati di fatto, ovvero di tutte quelle per-sone perseguitate a causa della razza,religione, appartenenza a gruppi sociali,etnici o politici. Ma anche delle vittimedei conflitti o di catastrofi naturali, deglisfollati interni, dei civili strappati conforza dalle loro case ma che non attra-versano le frontiere nazionali». Cosìpadre Peter Balleis, 53 anni, direttoreinternazionale del JRS, racconta, in unaspecie di esperanto - che mescola paro-le spagnole, italiane, inglesi, pronuncia-te con il nativo accento tedesco - lavastità del raggio d’azione della struttu-ra gesuita in un settore così delicato.

    L’ INTERVISTA

    Sotto : Padre Balleis a colloquio con lo staff del JRS impegnatonell’ovest dell’Africa.A destra: Rifugiati del Darfur nell’est del Ciad, prendono partead un progetto di istruzione realizzato dal Jesuit Refugee Service.

    26 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    25_28_intervista_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:43 Pagina 26

  • Padre Peter Balleis

    ne definito nel 1951 dalla Convenzio-ne di Ginevra, è stato allargato nel1967, non solo agli sfollati dell’Europadell’ultimo dopoguerra, ma a tutticoloro che si trovano costretti a lascia-re la propria casa. Cosa fa il JesuitRefugee Service per questa massa dipersone sparse in tutti i continenti?«Il JRS usa la definizione della Chiesacattolica che parla di “emigrati forzati”non solo per i perseguitati per motivipolitici, ma anche per quanti si vedonocostretti a lasciare il loro Paese per pro-blemi economici, per le conseguenze diuna guerra, per la violenza o discrimina-zioni religiose. La differenza tra immi-grati e rifugiati è sostanzialmente nellapossibilità di scegliere di tornare indietrooppure no. In passato i rifugiati si radu-navano soprattutto nei campi sostagestititi dalle organizzazioni umanita-rie. Oggi viviamo una situazione piùcomplessa in cui i rifugiati approdanonelle periferie delle città con probleminon solo economici e legali, ma di inse-

    rimento, di lavoro, di istruzione. Ovun-que lavoriamo con chi si trova in situa-zione di maggiore vulnerabilità, dallevittime del traffico di esseri umani allepersone che si trovano in carcere».

    Quanto pesa il costo dell’aiuto ai rifu-giati sui piatti della bilancia dell’eco-nomia mondiale?«Non voglio parlare di “peso” perché difatto i rifugiati sono un aiuto per l’eco-nomia internazionale. Il budget interna-zionale degli aiuti delle Nazioni Unite èdi 80 milioni di dollari, quindi facendoun raffronto, sono i benefici economici apesare di più sui piatti della bilancia, siaper il lavoro che prestano negli Stati cheli ospitano, sia per le rimesse economi-che che mandano a casa. Resta il fattoche gli emigrati forzati soffrono molto diquesta crisi economica quando perdonoil lavoro, perché spesso rappresentano lefasce più precarie del mercato del lavo-ro». Quali sono i campi di intervento in

    27P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    LE CIFRE DEGLI AIUTI

    REGIONI BENEFICIARI

    Africa orientale 103.602Grandi Laghi 119.276Africa meridionale 57.643Africa occidentale 172.112Medio Oriente 2.061Asia del Pacifico 217.511Asia meridionale 167.278Europa n/aAmerica Latina e Caraibi 15.637America del Nord 95.257

    TOTALE 950.377

    SERVIZI BENEFICIARI

    Istruzione 286.238Assistenza d’emergenza 347.390Assistenza sanitaria 18.102Servizi pastorale e sociale 189.808Peace building 15.518Autosostentamento 66.515Advocacy 26.806TOTALE 950.377

    »

    25_28_intervista_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:43 Pagina 27

  • 28 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    cui il JRS è più impegnato?«Lavoriamo in tutto il mondo ma lametà del nostro servizio si svolge inAfrica. Come è la nostra missione?Padre Arrupe l’ha definita 30 anni fa:«Accompagnare, servire e difendere». Lanostra assistenza va dai carcerati aglistudenti e grazie alla vicinanza allagente capiamo quali sono i bisogni piùemergenti: a volte c’è anche la costru-zione di scuole, l’assistenza giuridica. Lanostra missione è là dove ci sono con-flitti e tensioni, come in Sri Lanka,Afghanistan, Siria, Giordania, Iraq,Regione dei Grandi Laghi in Africa,Ciad, Colombia, Ecuador, Venezuela,Haiti, ma anche negli Stati Uniti e inEuropa. Sempre e ovunque col nostrostile di accompagnamento che si tradu-ce in differenti tipi di servizio. Nei cen-tri urbani in particolare siamo impe-gnati nel campo dell’educazione perchéè un modo di costruire il futuro per irifugiati. Senza educazione i giovaniperdono la speranza. Un altro servizio èdare assistenza psicosociale alle personeche sono rimaste traumatizzate dallesofferenze vissute, come ad esempionella Repubblica democratica del Con-go dove aiutiamo donne vittime di vio-lenze sessuali».

    Il JRS esiste da 30 anni ed ha già vistopassare diverse generazioni di rifugia-ti. Cosa è cambiato in questo lungoperiodo?«Siamo una espressione di Chiesa chesegue l’uomo nella sua interezza. Ciònon toglie che tra i nostri compiti ci siaanche l’advocacy, la mediazione con i

    governi, con l’UNHCR, con le istituzionie le autorità per trovare soluzione aiproblemi dei rifugiati. Proteggere idiritti dei rifugiati è un’azione che ini-zia dal lavoro sul campo, attraverso ilsostegno legale e materiale alle richie-ste di asilo, di accesso ai servizi, di regi-strazione, di rimpatrio e di reinsedia-mento. Un altro aspetto è la formazio-ne e la sensibilizzazione dei funzionaripubblici, degli operatori delle Ong. L’ad-vocacy è anche legata alle attività diricerca sulle cause degli sfollamenti for-zati e per trovare soluzioni durevoli».

    Su quali mezzi economici può contareil vostro servizio?«I nostri operatori sono pagati da diffe-renti organizzazioni della Chiesa, dagoverni locali e agenzie internazionali,da donatori e dalla Compagnia di Gesù.La crisi economica non può essere unascusa per non fare altro. No, se c’è unbisogno cerchiamo di trovare i mezzinecessari, magari facciamo di meno, mafacciamo. Questa crisi tocca da vicino ipiù poveri anche se è ancora presto pervalutare le ricadute della crisi sui pro-getti in corso: il ciclo di finanziamentoin molti ambiti è molto più lungo. Lacrisi del 2008 si comincia a sentire a dueanni di distanza. Già l’anno scorsoabbiamo subito una leggera flessionedei finanziamenti. A ciò fa riscontro unaumento dei bisogni. Ma grazie all’im-pegno dei nostri operatori riusciamo adaiutare quasi un milione di persone. Eper noi la crisi finanziaria è un incenti-vo a migliorare il nostro servizio».

    L’ INTERVISTA Padre Peter Balleis

    LE CATEGORIE DELLA FUGARifugiato è colui al quale è stato ricono-sciuto lo status in base alla Convenzione diGinevra del 1951 sui rifugiati, alla qualel’Italia ha aderito insieme ad altri 143 Paesi.Nell’articolo 1 della Convenzione, il rifugia-to viene definito come una persona che,«temendo a ragione di essere perseguitatoper motivi di razza, religione, nazionalità,appartenenza a un determinato grupposociale od opinioni politiche, si trova fuoridel Paese di cui ha la cittadinanza, e nonpuò o non vuole, a causa di tale timore,avvalersi della protezione di tale Paese». Beneficiario di protezione umanitaria ècolui che - pur non rientrando nella defini-zione di “rifugiato” ai sensi dellaConvenzione del 1951 (poiché non sussi-ste una persecuzione individuale) necessi-ta comunque di una forma di protezione inquanto, in caso di rimpatrio, sarebbe inpericolo a causa di conflitti armati, violenzegeneralizzate o violazioni dei diritti umani.In base alle direttive europee questo tipo diprotezione viene definita “sussidiaria”.Vittima della tratta è una persona che, adifferenza dei migranti irregolari che si affi-dano di propria volontà ai trafficanti, non hamai acconsentito ad essere condotta in unaltro Paese o, se lo ha fatto, il proprio con-senso è stato reso nullo dalle azioni ingan-nevoli dei trafficanti. Scopo della tratta èottenere il controllo su di un’altra personaai fini dello sfruttamento. Migrante/immigrato è colui che sceglie dilasciare volontariamente il Paese d’origineper cercare un lavoro e migliori condizionieconomiche altrove.Contrariamente al rifugiato può far ritorno acasa in condizioni di sicurezza.Migrante irregolare, comunemente defini-to come “clandestino”, è colui che ha fattoingresso eludendo i controlli di frontiera oessendo entrato regolarmente nel Paese didestinazione vi è rimasto dopo la scadenzadel visto d’ingresso.

    25_28_intervista_Sett_Ott:BozzaPOPOLI 1-09-2010 17:43 Pagina 28

  • 29P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    QUANDO GESU ESORTOGLI APOSTOLI AD ANDARE APREDICARE IL VANGELO ADOGNI CREATURA, GLI UNDICILASCIARONO GERUSALEMMEPER ANNUNCIARE LABUONA NOVELLA IN TUTTOIL MEDIO ORIENTE E OLTRE.È PROPRIO QUI CHE E NATALA MISSIONE. QUI ICRISTIANI SONO PRESENTIDA DUEMILA ANNI,DISCENDENTI DEI PRIMIDISCEPOLI DEL MAESTRO.QUI LA CHIESA, RIUNITAIN SINODO A ROMA DAL10 AL 24 OTTOBRE, VUOLERISCOPRIRE LA SUAVOCAZIONE ORIGINARIATRA COMUNIONE ETESTIMONIANZA INUN CONTESTO DI SFIDESEMPRE PIU DELICATEPER LE PROBLEMATICHESOCIALI E POLITICHE IN CUISI TROVA IMMERSA.

    di Chiara [email protected]

    Dove è natala missione

    Per arrivare al monastero di Seydnaya ci si arrampica sulla catenamontuosa dell’Anti-Libano. Meta di pellegrinaggi da tutta la Siria enon solo, il convento porta un nome che in lingua locale significa“Nostra Signora” ed è dedicato alla Vergine Maria. Vi giungono soprat-tutto giovani spose: ragazze velate, avvolte nelle lunghe vesti tipica-mente arabe, tutte con il grande desiderio di poter avere quel figlio chenon riescono a generare. Vengono ad onorare l’icona che si dice fu rea-lizzata dall’evangelista Luca e non importa se sono cristiane o musulma-ne. Si narra che persino la sorella di Saladino abbia fatto un pellegrinag-gio fino qui. Nel cuore del monastero di Nostra Signora di Seydnaya sientra senza scarpe, in segno di rispetto. Un ingresso introduce nella pic-cola e buia cappella, dove gli occhi non riescono più a mettere a fuoco.Il respiro viene meno: sembra che anch’esso si fermi di fronte »

    D O S S I E RLA CHIESA DEL MEDIO ORIENTE IN SINODO

    NELLA FOTO: Malula, in Siria, è l’unico villaggio dove ancora oggi si parla l’aramaico, la lingua di Gesù.

    29_36_do _ _ o 9 2 6 29

  • LA CHIESA DEL MEDIO ORIENTE IN SINODO

    30 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    SOPRA: Il monastero di Seydnaya, meta di migliaia di pellegrini(non solo cristiani) che salgono sulle pendici della catena dell’Antilibanoper pregare l’antica immagine di Nostra Signora.

    A FIANCO: L’interno di una chiesa ortodossa di Beirut in Libano.A DESTRA: Il monastero delle Sette sorelle nel deserto dei Sinai che sorge sulluogo chiamato “Massa e Meriba”.

    all’adorazione dell’icona di Maria con il Bambino. Lesuore ortodosse, che custodiscono il santuario, assicura-no una presenza costante nella cappella. Una, tutta innero con il velo che sembra un chador, sistema le cande-le accese in segno di devozione e - con batuffoli di coto-ne imbevuti d’olio e sottili fili colorati da annodare sulventre - aiuta le spose a far rinascere in loro la speranzadi un figlio.Quello di Seydnaya sembra solo uno dei tanti santuarimediorientali, per di più sperduto tra montagne dimen-ticate. Eppure questo luogo racchiude in sé, come in unafotografia, origini, realtà, problematiche e sfide propriedella Chiesa del Medio Oriente di oggi: l’icona realizzatada san Luca rivela i segni della prima evangelizzazionead opera dei discepoli di Gesù; la custodia ortodossa del

    santuario e la frequentazione di pellegrini di ogni tiporichiamano la moltitudine di riti e confessioni cristianepresenti nell’area mediorientale; la visita di musulmani inun luogo dedicato a Maria rimanda al delicato dialogotra la Chiesa del Medio Oriente e l’islam; la pratica devo-zionale, tra fede e credenze, ricorda la necessità di unrinnovamento liturgico di cui i riti orientali hanno biso-gno; il contesto geografico, nel cuore della Siria, a pochipassi dal Libano, prossimo alle alture del Golan occupa-te dal vicino Israele, interroga sulle sfide del complicatocontesto geopolitico dell’area.L’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per il MedioOriente, che si tiene in Vaticano dal 10 al 24 ottobre conil titolo “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comu-nione e testimonianza”, parte proprio da questa realtà.

    29_36_do _ _ o 9 2 6 3

  • D O S S I E R

    Dall’Egitto alla Turchia, dall’Iran ad Israele, passando peri Paesi del Golfo, l’Iraq, il Libano, la Siria, la Giordania, laPalestina, Cipro, si contano 14 milioni di cristiani, su unapopolazione totale di 330 milioni di abitanti dai gruppietnici più disparati (arabi, turchi, iraniani, greci, ebrei)che professano l’islam in grande maggioranza, l’ebrai-smo in Israele, ma anche altre fedi.Nei Paesi del Medio Oriente le problematiche sociali epolitiche non mancano, ma non si possono descrivere inmaniera unitaria perché la realtà è troppo variegata.Nonostante le differenze, ci sono però anche delle carat-teristiche comuni: prevalgono la tradizione e lo stile divita che valorizza famiglia ed educazione; la religione siriflette profondamente nelle mentalità e nei comporta-menti, oltre ad essere un elemento d’identificazione e, avolte, di divisione; la modernità è vista come un qualco-sa a cui tendere, ma anche come una minaccia che puòintaccare il sistema di valori.

    MOLTEPLICITÀ DI RITIE CONFESSIONI:LA SFIDA DELLA COMUNIONEI 14 milioni di cristiani - distribuiti in maniera molto dis-simile da Paese a Paese, con meno dell’1% in Iran ealmeno il 40% in Libano – si dividono nelle confessioniortodossa, protestante, cattolica. Ma a loro volta esse sipresentano suddivise in riti particolari. La stessa Chiesa

    31P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    cattolica ne conta sette: latino, melchita, siriaco, maro-nita, copto, armeno e caldeo.In questo contesto il Sinodo dei vescovi per il MedioOriente vuole riflettere sulla sfida dell’unità. Nella vitaquotidiana l’ecumenismo è già in parte vissuto dallecomunità cristiane locali: è ormai diventata una praticavirtuosa di cattolici e ortodossi, per esempio, celebrare ledue principali feste cristiane nella stessa data: il Natalesecondo il calendario latino, la Pasqua secondo quelloortodosso. Anche per quanto riguarda le peculiarità »

    29_36_do _ _ o 2 9 2 2 3

  • LA CHIESA DEL MEDIO ORIENTE IN SINODO

    dei vari riti orientali cattolici, si riscontra da una parte l’esi-genza di rispettare le differenze liturgiche, linguistiche epastorali, ma dall’altra, anche il bisogno di riscoprire quel-l’unità che sta alla base di una vera testimonianza agliocchi del mondo. Monsignor Giuseppe Nazzaro, vicarioapostolico della Siria, da 55 anni in Medio Oriente con variincarichi, non nasconde che i fedeli siano da questo puntodi vista più avanti dei rappresentanti delle singole Chiesesui iuris (cioè con proprio rito): «Il cristiano aleppino,damasceno, egiziano non si pone il problema del rito diver-so dal proprio: va nella chiesa più vicina o nel santuario chegli è più caro. Questo è già un ecumenismo concreto».

    RAPPORTI CON L’ISLAM:LA SFIDA DELLA TESTIMONIANZAÈ impossibile comprendere il rapporto tra cristiani emusulmani nei Paesi del Medio Oriente se non si parte daldato di fatto che entrambi appartengono allo stessopopolo, sono cittadini di una stessa nazione, parlano la

    stessa lingua, condividono la stessa storia, sono intrisidella stessa cultura, abitano la stessa area da 14 secoli. Lerelazioni tra gli uni e gli altri variano a seconda dei Paesi:sono molto difficili dove l’islam è considerato religione diStato, la legislazione coincide con la legge islamica e i cit-tadini cristiani devono sottostare alla sharia (come accade,per esempio, in Arabia Saudita); un po’ più di libertà c’èinvece in quei Paesi (come la Siria) dove si permette allevarie religioni di redimere le questioni personali attenen-dosi al proprio credo: così i cattolici, per esempio, posso-no regolamentare matrimoni, funerali, questioni ereditarie,secondo le leggi del diritto canonico, anziché secondo lasharia; nessun problema, infine, negli Stati laici, dove lalegge islamica riguarda solo la vita privata del fedele e nonquella sociale e politica (per esempio la Turchia).Recentemente in alcuni Paesi si registra un incrementodel fondamentalismo, ma anche la disponibilità di ungran numero di musulmani a lottare contro questo estre-mismo religioso crescente.

    32 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    NELLA FOTO: La moschea di Omar a Gerusalemme.

    29_36_do _ _ o 9 2 6 32

  • D O S S I E R

    33P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    In Medio Oriente i fedeli di Gesù testimoniano il lorocredo non con parole o manifestazioni pubbliche, mavivendo autenticamente ciò che li caratterizza, ovvero ilperdono, la riconciliazione e l’apertura agli altri. LaPalestina è l’area mediorientale dove i rapporti tra cristia-ni e musulmani sono più sereni: gli uni partecipano aimatrimoni e ai funerali degli altri; si scambiano gli augu-ri per le principali feste religiose; sono uniti dalla vitaquotidiana, perché vissuta insieme. Prima di tutto – dico-no - ciascuno si sente palestinese e arabo; solo dopomusulmano o cristiano. Ma il “dialogo della vita” tra ledue religioni avviene comunque ogni giorno anche nelresto del Medio Oriente: laddove c’è un’istituzione catto-lica, come una scuola o un ospedale, essa è aperta achiunque, senza distinzione di fedi, né pregiudizi. Se sistudia insieme da piccoli – dicono tutti – sarà più facile,da grandi, vivere nella normalità. Così, anche in Statidove la situazione è più delicata, l’istruzione unisce e facrescere insieme.

    IL CONTESTO GEOPOLITICOE I CONFLITTI NELLA REGIONELa complessità della realtà mediorientale non è solo alivello religioso. Gli scenari geopolitici che si presentanoall’inizio del Terzo millennio nell’area più calda del pia-neta e le importanti sfide che vi si giocano fanno di que-sta terra lo scacchiere del mondo, fondamentale per gliequilibri internazionali. I conflitti politici della regionehanno un’influenza diretta anche sulla vita dei cristiani,come cittadini, rendendo la loro situazione particolar-mente fragile e rivelandosi la prima causa di emigrazio-ne dal Medio Oriente.Il focolaio principale dell’area è quello israelo-palestine-se. L’instrumentum laboris dell’Assemblea speciale delSinodo dei vescovi per il Medio Oriente ne descrive cosìle conseguenze sulla presenza cristiana nell’area:«L’occupazione israeliana dei Territori palestinesi rendedifficile la vita quotidiana per la libertà di movimento,l’economia e la vita sociale e religiosa (accesso ai

    NELLA FOTO:

    Ruralità e progresso nelle strade di Mumbay, India.

    NELLA FOTO: Beirut (Libano) – Il memoriale in onore del primo ministro Rafiq Hariri,

    ucciso dallo scoppio di un’autobomba il 14 febbraio 2005.

    NELLA FOTO: Musulmani sulla spianata delle moschee

    a Gerusalemme.

    »

    (segue a pag. 36)

    29_36_do _ _ o 9 2 6 33

  • INTERVISTA A MONSIGNOR FOUAD TWAL, PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME

    tà cristiane. Ricordiamo poi che que-sto tipo di incontro deciso dal SantoPadre è stato richiesto anni fa dalConsiglio dei Patriarchi cattolici delMedio Oriente».

    La comunione è uno dei due temiprincipali dell’Assemblea. Anche sela Chiesa mediorientale è caratteriz-zata da una moltitudine di riti e con-fessioni, pensa che dal Sinodo pos-sano venire fuori prospettive diimpegno in tal senso?«La comunione ecclesiale trova la suasorgente nel mistero pasquale, chetrasformò profondamente la vita deiprimi discepoli: chiusi e timorosi nelCenacolo, dopo aver ricevuto il donodello Spirito Santo si misero adannunciare apertamente la risurrezio-ne del loro Maestro. Ecco, qui tuttiaffondiamo le nostre radici di fede enoi cristiani del Medio Oriente in modoparticolare, essendo i custodi di que-sta memoria, di questi luoghi e di que-sti eventi di fede, che continuano atrasformare anche la nostra vita, se ilnostro cuore è disponibile. Sì, laChiesa orientale è caratterizzata dauna moltitudine di riti e confessioni,che sono frutto di un cammino stori-co, non esente da divisioni e lacera-zioni, ma allo stesso modo contraddi-stinto negli anni recenti da una seriavolontà di maggiore conoscenza reci-proca, di condivisione delle nostre ric-chezze e particolarità liturgiche, di uncammino più insieme.Del resto, il secondo obiettivo delSinodo parla chiaro: ravvivare lacomunione ecclesiale tra le Chiese suiiuris, affinché possano offrire unatestimonianza di vita cristiana autenti-

    Il fatto che per la prima volta unSinodo chiami a raccolta tutta laChiesa mediorientale nel suo insie-me, ha un significato particolare?«Sì. Molti si chiedono perché non pre-ferire un Sinodo particolare per ognisingolo Paese, come già avvenuto nel1991 per il Libano e nel 2000 per laTerra Santa, con un’assemblea spe-ciale che ha impegnato le Chiese cat-toliche locali in riflessioni e decisioniimportanti che si stanno ancora appli-cando… La risposta è che il numero ela complessità dei problemi e dellesfide in Medio Oriente sono troppograndi per essere affrontati dalle diver-se diocesi e Chiese separatamente. Ilnostro mondo globalizzato rende indi-spensabile un Sinodo che tratti com-plessivamente tutti questi problemicomuni “cum Petro et sub Petro”, perpoter far fronte in modo migliore ecomunitariamente alle urgenze deltempo presente, alle sfide che ciaccomunano, quali l’emigrazione deicristiani, la situazione geopolitica,l’identità e le sofferenze delle comuni-

    ca, gioiosa e attraente. Penso che ilSinodo abbia qualcosa da dire a que-sto proposito, per rafforzare un inten-to di maggior comunione, comincian-do da ciascuna Chiesa sui iuris, perpoi passare alle altre Chiese e comu-nità ecclesiali e allargarsi a tutti gliuomini di buona volontà».

    L’altro tema dibattuto dal Sinodo èquello della testimonianza. I Paesidel Medio Oriente, Israele a parte,sono a maggioranza musulmana e inmolti casi si registra un’emigrazionedei cristiani, anche se per causediverse a seconda dell’area in que-stione. In questo contesto, i cristianie la Chiesa locale come possonoessere veri testimoni?«Il tema della testimonianza è un temaimportante in Paesi a maggioranzamusulmana o a maggioranza ebraica,come Israele. Ripeto spesso chesiamo la Chiesa del Calvario, la nostraè la religione del Calvario. Non dimen-tichiamo ciò che Gesù disse fin dal-l’inizio: “Chi mi vuol seguire prenda lapropria croce”. C’è e ci sarà semprenella nostra fede una dimensionedrammatica. Certo, dopo la croce c’èla risurrezione e per questo non dob-biamo avere paura. Ma ricordiamoche Gesù provò su di sé la solitudine,l’ingiustizia, il dolore. E pianse! Intrisicome siamo di illuminismo, cerchia-mo di razionalizzare tutto... Qui inOriente invece si respira un’atmosferadiversa, dove al centro non c’è piùl’uomo, ma il mistero. Anchenell’Instrumentum laboris, del resto,si sottolinea fin dall’inizio molto chia-ramente cosa significa essere testi-moni: vivere ed annunciare la pace di

    QUELLA DI TERRA SANTA E L

    NELLA FOTO:Monsignor Foud Twal, Patriarca latino di Gerusalemme

    UN’OCCASIONE STORICALA CHIESA DEL MEDIO ORIENTE IN SINODO

    34 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    29_36_do _ _ o 9 2 6 3

  • Gesù, quella che Lui solo, e non ilmondo, ci dona, anche in mezzo alledifficoltà e alle persecuzioni. È questala nostra vocazione».

    In Medio Oriente la Chiesa di TerraSanta riveste un ruolo tutto partico-lare: è la terra di Gesù, benedettadalla presenza divina ma anchemartoriata da un conflitto che sem-bra non avere fine. Nel difficile qua-dro israelo-palestinese, come si col-loca la presenza cristiana, anche inun possibile ruolo di ponte tramusulmani ed ebrei?«Il primo problema che vediamo concertezza, con chiarezza e senza volerfare politica, è l’occupazione militareisraeliana, che toglie ogni libertà inogni momento della giornata e rende lavita quotidiana delle famiglie moltopesante, una croce: il marito diRamallah non può raggiungere la fami-glia che sta a Gerusalemme; la moglieche sta in Giordania non può vedere lasua famiglia che sta in Israele. Questifatti non li possiamo negare, nono-stante la nostra volontà di essere amicidi tutti, degli israeliani e dei palestinesi.L’occupazione è però una cosa odiosache fa molto male all’occupante emolto male all’occupato.Un altro punto significativo è l’identitàdei cristiani in Terra Santa. Si tratta diun argomento delicato perché costi-tuiamo una minoranza cristiana in unaminoranza araba-musulmana, che èuna minoranza tra gli israeliani. Alcunicristiani, possedendo il passaportoisraeliano, avendo una storia araba ela fede cattolica, non riescono a ritro-vare se stessi in questo contesto: noncapiscono più in che direzione andare,

    cosa devono seguire e si perdono.In tal senso, e anche questo è uncompito del Sinodo, è necessario defi-nire l’identità cristiana nei luoghi santi,il senso d’appartenenza alla TerraSanta, che è appartenenza impegnati-va nonostante la croce, i conflitti, levessazioni. Cose che non tutti soppor-tano e, quando ciò accade, purtroppooptano per l’emigrazione. Per un cri-stiano, e ancor di più se vive in TerraSanta, la croce è compagna di vita, èuna sfida che deve essere accettata evissuta con il Signore, perché siafeconda. Questo è il nostro cammino,insieme a tutti i tentativi giusti - e chesperiamo un giorno possano averesuccesso - di giungere ad una solu-zione, ad un miglioramento dell’attua-le condizione, ad una vita normale. Ciòperò non potrà avvenire senza il coin-volgimento della comunità internazio-nale.Mi auguro che tutti i cristiani, insiemealle conferenze episcopali, si sentanocorresponsabili della presenza cristia-na in Terra Santa e della buona salutespirituale della loro Chiesa Madre».

    C.P.

    E LA VOSTRA CHIESA MADRE

    D O S S I E R

    35P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    SOTTO:Ebrei e militari israeliani per le vie della CittàVecchia di Gerusalemme.

    IN BASSO:La Pietra della deposizione, dove Gesù fu stesoper essere avvolto nel lenzuolo quando fudeposto dalla croce. Si trova all’ingresso dellaBasilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme.

    29_36_do _ _ o 9 2 6 3

  • D O S S I E R

    36 P O P O L I E M I S S I O N E - S E T T E M B R E _ O T T O B R E 2 0 1 0

    tavano 800mila cristiani, soprattutto caldei. Oggi sono lametà. Monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliarecaldeo di Baghdad, spiega così il drastico esodo dei cri-stiani iracheni: «I nostri sacerdoti esortano i fedeli a nonlasciare il Paese e si sentono rispondere: “Padre, puoigarantirmi il sostegno per la mia famiglia? Puoi darmi ildenaro per sopravvivere?”. Ma noi non possiamo». Eaggiunge: «In Iraq la guerra ha scatenato il fanatismo reli-gioso e l’odio contro i cristiani. Prima non era così: in1400 anni di storia condivisa tra cristiani e musulmanimolti santi sono diventati martiri, ma la convivenza ingenere è sempre stata pacifica. Ora è difficile».Anche in Libano la situazione dei cristiani è instabile:oggi sono divisi sia sul piano politico che confessionalee non sono più la maggioranza della popolazione. Glisciiti, che stanno diventando ogni giorno sempre piùnumerosi e forti, esigono maggiore autorità inParlamento e il delicato equilibrio è ogni giorno più pre-cario.Le sfide qui descritte sono solo alcune di quelle che laChiesa del Medio Oriente deve affrontare. Per esseretestimone credibile della speranza e della pace che nasco-no dal Vangelo non deve, però, essere lasciata sola.

    IN ALTO: La Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, vista dall’abside..SOPRA: Celebrazione eucaristica nella chiesa latina di Taybeh, unica cittadina completamente cristiana della Palestina.

    luoghi santi, condizionato da permessi militari accordatiagli uni e rifiutati agli altri, per ragioni di sicurezza). […]Da decenni, la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non rispetto del diritto internazionale e deidiritti umani e l’egoismo delle grandi potenze hannodestabilizzato l’equilibrio della regione e imposto allepopolazioni una violenza che rischia di gettarle nelladisperazione. La conseguenza di tutto ciò è l’emigrazio-ne, specialmente dei cristiani».In Iraq la guerra ha scatenato conflitti sociali nel Paese edha decimato la comunità cristiana. Prima del 2003 si con-

    LA CHIESA DELMEDIO ORIENTE IN SINODO

    29_36_do _ _ o 9 2 36

  • MISSIONE, CHIESA, SOCIETÀ

    Intenzioni

    missionarie

    Settembre e ottobre 2010

    L’amoredi Dio pertutti i popoliSETTEMBREPerchè aprendo il cuoreall’amore, si ponga finealle tante guerre e ai conflittiche ancora insanguinano ilmondo.

    OTTOBREPerché la celebrazionedella Giornata Mondialesia occasione percomprendere che il compitodi annunziare C