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MENSILE DELL’ASILO DEI NONNI S. Giovanni Paolo II - Coccolia Anno XI N° 01 Gennaio 2019

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MENSILE DELL’ASILO DEI NONNI

S. Giovanni Paolo II - Coccolia

Anno XI N° 01

Gennaio 2019

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Cooperativa Sociale a.r.l. - ONLUS

Benedetta Bianchi Porro

Sede: Coccolia (RA) Via Ravegnana 737

Presidente: Luisa Corazza

Vice-Presidente: Francesco Bruni

Consiglieri: Marina Cambiuzzi

Mariasilvia Monterastelli

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“LA VOCE DEI NONNI”

Mensile dell’Asilo dei Nonni - S. Giovanni Paolo IICentro Diurno e Comunità Alloggio

Via Ravegnana, 737 | Coccolia (RA)Tel. 0544 569177 | Fax 0544 239947

e-mail: [email protected] site: www.asilodeinonni.eu

Direttore Responsabile

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Redattori

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Giuseppe Russo

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Pubbliche Relazioni

Luciana Guardigli

Stampa e Grafica

Tipografia GE.GRAF srlV.le 2 Agosto, 583 - Bertinoro (FC)

T. 0543 448038 - [email protected]

www.gegraf.it

in questo numero

L’ANGOLO DELLA SPIRITUALITÀa cura di LUISA CORAZZA

“Noi sappiamo che siamo passati dalla morte....” 3

L’ANGOLO DELLE NEWSQuando muore un clochard... 13Trieste, Trieste... ma come ti sei ridotta! 14Il web ha vinto e la CRUSCA è consenziente 16

L’ANGOLO DEL DIALETTO E DELLE TRADIZIONIa cura di LAUBER

Zner domelaznov | Gennaio 2019 18Racconti per grandi e piccini 20Il modo di dire del mese 23

L’ANGOLO DELLE CURIOSITÀDa dove arriva “La notte di San Silvestro” 24

L’ANGOLO DELLA MEDICINAPicco influenzale atteso per fine gennaio 27Influenza, raffreddore o colpo di freddo 28

L’ANGOLO DELL RICERCADai lama un vaccino-jolly spray contro l’influenza 30

L’ANGOLO DEL BENESSERESe mangi sano il tuo cervello cresce 32

L’ANGOLO DELL’ARCHEOLOGIAPompei ancora tutta da scoprire 34

L’ANGOLO DELL’ASTRONOMIAGli astrofili scoprono un raro pianeta... 36

L’ANGOLO DELLA CUCINAViva la pasta col pomodoro… 38

L’angolo degli aforismi 39

GALLERIA FOTOGRAFICAI ragazzi del gruppo catechismo di S. Pietro in V. 40Arriva la befana! 42il nostro presepio 44

Mercatissimo 45L’angolo dell’umorismo 46La posta del direttore 50

In copertina: Sandro Botticelli“La Madonna del Libro” (1481 ca.)

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Ed eccoci alle prese con la fraternità. Dai me-dia, dalle decisioni dei leader politici italiani ed europei, emerge questa parola densa di signifi-cato al punto da impegnare ogni cittadino, cre-dente o no in un viaggio fuori dal proprio “ego centrato”? Fuori da ogni forma di interesse, di egoismo, di paura o di indifferenza. Oppure?....

Come è possibile lasciare ormeggiate sotto-costa delle navi, Sea Watch 3 e Sea Eye con 49 migranti nel porto La Valletta di Malta? Che dire poi della terza la Lifeline ancorata nel por-to dallo scorso giugno?

Cosa pensare della nostra Italia che ha risposto “no” alla richiesta di sbarco in Italia? E ancora in parlamento si gioca a palla sul da farsi? Anche Malta ha detto no allo sbarco ma sì a “ ripararsi dal maltempo”.

Che dire della proposta italiana di dividere i nuclei familiari lasciando gli uomini sulla nave e trasportando le donne con i figli in aereo in Italia? Ha un bel commentare Papa Francesco! “Di fronte a situazioni del genere non ci si può tirare indietro e sentirci a posto con la nostra coscienza”. Parole chiare, decise, dure espres-se da Mons. Guerino Di Tora, presidente dei migrantes, la fondazione della CEI, dopo l’ap-plicazione della legge Salvini su sicurezza e mi-granti e sulla vicenda della Sea Watch. Lodevo-le è stato invece l’opposizione di alcuni sindaci alla sua applicazione con i risultati che sappia-mo. Tre giorni fa dopo le mie considerazioni, è successo quello che la gente di buona volontà desiderava. Una fraternità forzata è stata por-tata avanti e si è conclusa con accordo a denti stretti tra Malta e l’Europa.

“Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama, rimane nella morte” (1 Gv 3,14)

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L’ANGOLO DELLA SPIRITUALITÀ

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Così i 49 migranti delle due navi dell’ONG han-no potuto scendere per essere trasferiti in 8 pa-esi europei compresa la nostra Italia. Da noi ne arriveranno 10 in aereo e le loro famiglie non saranno divise. Questa decisione ha scatenato un forzato accordo tumultuoso al vertice tra il presidente del Consiglio Conte ed il ministro degli interni Salvini.

I dieci saranno accolti o in Piemonte o in Sicilia dalla Chiesa Valdese senza oneri aggiuntivi da parte dello Stato.Non finisce qui perché la Chiesa Valdese è stata accusata di infischiarsene dei nostri terremotati e disoccupati mentre se ne è occupata quoti-dianamente come fanno tutte le Chiese cristia-ne di Europa. A tal proposito iI pastore Eugenio Bernardini ha affermato: ”che aiutino chi è nel bisogno e il resto viene dopo”.

Attualmente rimane in attesa di sapere chi sono per avviarli a percorsi “di integrazione perso-nale”. Tutto ciò viene fatto vivendo lo spirito di fraternità che ha promosso da tre anni la col-laborazione con la Sant’Egidio per i corridoi umanitari. L’operazione accoglienza in ambito burocratico si è protratta da Natale al 4 genna-io, giorno dell’OK a concretizzarla.

Il Vescovo di Malta Mons. Charles Scicluma ha espresso la sua soddisfazione dichiarando: ”Vi-viamo momenti di ecumenismo che sono la gloria della cristianità. Giovanni Paolo II par-lava di ecumenismo del martirio, ma c’è anche l’ecumenismo della carità. Il gesto dei fratelli Valdesi ne è una conferma potente”.

Nulla di nuovo nella sua affermazione perché già Papa Francesco e la CEI hanno sempre sen-sibilizzato all’accoglienza e al non razzismo.Ciò che emerge dai sondaggi e dai media è che la paura per se stessi e le proprie finanze, grandi o piccole che siano, l’interesse politico e quello della “poltrona”, l’interesse sociale del proprio “status quo” educano i cittadini di ap-parente buona volontà e soprattutto le genera-zioni “verdi” alla non fraternità.

Ma noi che stiamo sicuri e in panciolle abbia-mo chiaro che ci sono tanti tipi di guerre anche senza armi? Quelle della povertà, della fame, della siccità, dell’odio tribale, del terrorismo che portano comunque ad una situazione di morte?

La legge del mare, a proposito, afferma che le persone in mare vanno salvate, ma cozza con il pensiero comune che domina il nostro tempo: lasciarle in balia delle onde e riportarle da dove sono fuggite.

A questa assurdità sociale contrappongo il ver-setto di S. Giovanni su citato e mi chiedo se siamo passati «dalla morte alla vita» perché amiamo i fratelli o invece siamo rimasti i morti viventi del 21° secolo perché incapaci di ama-re? Incapaci di sentirsi fratelli e quindi di vivere la fraternità che è il rispetto per ogni persona, unito all’amore?

Perché la fraternità si manifesti e sia palese a tutti vedenti e non, ci vuole accoglienza e con-divisione di alcuni doni, qualità di Dio, quali per esempio: l’amore, la libertà, la verità, la giusti-zia ecc.

Lo si legge in Genesi 1,26-27 dove l’uomo e la donna, creati ad immagine e somiglianza di Dio, condividono già come dono alcune qua-lità di Dio e soprattutto il primo dono, che è “l’essere a sua immagine e somiglianza”, l’es-sere fecondi e moltiplicarsi, apertura alla fra-ternità, alla famiglia, abitare numerosi la terra, custodirla, dominare sui pesci e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra non per farne scempio ma per tutelarli.Prendiamo atto che sono “doni” speciali non dati dal caso ma dell’amore, da Lui che ci ama di infinito amore?

Da questi versetti comprendiamo che il nostro essere a Sua immagine e somiglianza è stato voluto perché avessimo anzi vivessimo in rela-zione con Lui. Ci ha creati tutti con pari digni-tà uomini, donne, neri, mulatti, meticci, gialli,

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L’ANGOLO DELLA SPIRITUALITÀ

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bianchi, rossi. In tutti è rispecchiata la sua bel-lezza e la sua grandezza e nessuno può acca-parrarsi l’esclusiva della somiglianza con Dio! La storia invece ci denuncia l’opposto.

Comprendiamo ora che l’essere a sua somi-glianza, l’aver ricevuto i suoi doni ci porta al vertice della creazione. Abbiamo ricevuto gra-tuitamente: la libertà per scegliere i cammini della vita, la capacità di amare, di conoscere, di analizzare, di procreare, di trasformare. Ce ne rendiamo conto oppure ci crediamo ed ergia-mo di essere noi i donatori a noi stessi?

Dio fin da principio ha instaurato un dialogo con noi, ci ha fatto contemplare le opere usci-te dalle sue mani, ma noi siamo consapevoli di essere creature e non creatori? Abbiamo chiaro il concetto che il suo amore risiede nella nostra creaturalità? O forti dei risultati della tecnica e della scienza ci crediamo ed ergiamo a creato-ri? Non stiamo sempre più vivendo il peccato delle origini?

Mettiamoci in testa che possiamo scoprire mi-gliaia di mondi nell’universo infinito e che non ha dimensione, ma siamo creature, usciti dalla mente di nostro Padre-Creatore comune e che ci piaccia o no siamo suoi figli e quindi fratelli fra noi.

C’è differenza fra fraternità e fratellanza?Il secondo termine è il sinonimo del primo ma io trovo che il primo termine è più incisivo ed esplicativo del secondo perché traduzione dal vocabolo latino “frater” mentre il secondo è una derivazione di fratello. Beh, sono digres-sioni linguistiche le mie, ciò che conta è vive-re la fraternità senza fronzoli ma con fermezza adamantina.

Alla base della fraternità per i credenti di varie religioni c’è il rapporto di amore che accomu-na i fedeli come figli di Dio, e dunque, fratelli fra loro. Lo dimostrano le numerose confraterni-te, ordini religiosi, congregazioni, associazioni, movimenti, ecc. nati nel tempo e che testimo-

niano la relazione con Dio ispirata ai fondatori dallo Spirito Santo perché la tramandassero ai seguaci. Così sono stati scritti statuti e regola-menti.

Per riassumere, la fraternità è affetto, concor-dia, tra persone non legate dal vincolo di san-gue, quindi estranee, ma intimamente unite e solidali tra loro per finalità, sensibilità, interessi, ecc. Esiste dunque una fraternità spirituale, re-ligiosa e laica? Sono diverse tra loro? Nel con-tenuto “no”, ma differiscono negli Statuti che le regolano e quindi nel modus vivendi. Un esempio di fraternità, se vogliamo chiamarla laica, è quella del pastore sardo Stefano Lai che vive ad Escalaplano, provincia di Cagliari e che nel marzo scorso ha lasciato la sua Sardegna, le sue pecore, la sua azienda agricola (dove produce anche miele e sughero) per volare in Giordania. A che fare? A fare fraternità con la gente del posto. Un uomo innamorato del suo paese e del suo lavoro, quello del pastore, la-sciatogli dal suo nonno insieme ad un profon-do messaggio «Il pastore è quello che “chiude il cerchio”: custodisce la terra, custodisce le pecore, trasforma il latte in un prodotto che è fatto prima di tutto di cultura e sapienza anti-ca.» Un lavoro missione che recupera un modo di vivere in sintonia col creato.

Tutto bene fin qui, ma cosa è andato a fare, vi chiederete? È andato ad insegnare l’arte case-aria in Giordania, invitato da una sua conterra-nea che a sua volta insegna sartoria alle donne. Senza farselo dire due volte Stefano Lai ha ac-

Il pastore Stefano Lai

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L’ANGOLO DELLA SPIRITUALITÀ

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cettato la sfida di insegnare l’arte di produrre pecorino e ricotta nelle aree predesertiche di Kerak, che è una regione molto simile alla Sar-degna, dove ci sono pascoli vergini e dove le pecore producono un latte di qualità eccellen-te. Materiale usato da Lai? Due pentole, qual-che fornello, buon latte, conoscenza del pro-dotto e dei processi di trasformazione del latte. Nel suo lavoro sono state coinvolte donne e giovani entusiasti di imparare, con il risultato di aprire il cerchio della fraternità che gli ha fatto toccare con mano di quanti pregiudizi riempia-no la nostra testa e di quante barriere si erigo-no di conseguenza. Con semplicità si è fatto accogliere e ha accolto, ha accompagnato e promosso un’attività, sta proteggendo le sorti di quella popolazione integrandosi con entu-siasmo con la gente del posto. Il suo operato non è missionario-laico ma profondamente spirituale e religioso? Non ascolta e non obbe-disce al mandato che Dio ha dato ad Adamo ed Eva sui figli?

Dunque fraternità laica ma profondamente re-ligiosa e spirituale perché come ha esortato tutti Papa Francesco nella Laudato sì “a pren-dersi cura della nostra casa comune”, Stefano l’ha fatto senza teoria e con la pratica ha sotto-lineato come “l’ecologia integrale è insepara-bile dal concetto di società integrale” dove la preoccupazione per l’ambiente non può essere separata da quella per i poveri e la giustizia.

Proprio per raggiungere questa finalità Don Mario Cornioli, sacerdote toscano parroco di Jabal Amman in Giordania ha promosso sia il progetto dell’industria casearia quanto la na-scita di cooperative e laboratori per cercare di arginare la disoccupazione e l’emigrazione dei giovani offendo loro un lavoro.

Così è nato il progetto della pizzeria solidale Mar Yousel’s, la cui finalità è insegnare ai rifu-giati iracheni della Piana di Ninive, un mestiere.Lo stesso motivo lo ha portato ad Ader, nel Sud della Giordania, ad aprire un caseificio dove dieci donne producono formaggi per rifornire

la pizzeria della capitale che, a sua volta, pro-duce anche pasta fresca. Ogni giorno un fur-goncino con 15 kg. di formaggio quali ricotta, mozzarella, pecorino parte da Ader verso Am-man. E in questo servizio c’è la firma di Stefano “Lai fratello tra i fratelli.”

Sì la fraternità, dunque, è il sentimento di affet-to, di amore che si instaura tra persone estra-nee e che si esprime attraverso atti benevoli, con forme di aiuto e con generose azioni in-traprese nei momenti di maggior bisogno e in modo disinteressato.

Per i credenti la fraternità è il rapporto che ac-comuna i fedeli come figli di Dio e quindi fratelli fra loro. Se tutti vivessimo la fraternità avrem-mo già costruito il regno della pace, il Regno di Dio. Ma di acqua sotto i poni ne deve scor-rere ancora. Cosa ci ha resi fratelli?

È la redenzione di Cristo che ci ha resi figli di Dio e fratelli dello stesso Cristo. E ancora meglio per capire dirò che il fattore che costituisce la fraternità cristiana è la rivelazione di Gesù che ha affermato che Dio è nostro Padre, quindi coloro che hanno Dio come Padre, sono fra-telli fra loro: infinite volte Gesù ripete questo concetto “il Padre vostro che è nei cieli”!

Gesù per noi e il nostro fratello maggiore come lo riconosce San Paolo “il primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29) “Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche pre-destinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli”.

L’Emanuele è ”l’apri pista” nella strada della vita, è il modello e il punto di riferimento unico nel campo della fraternità, è colui che ci insegna l’amore, l’amicizia, lo stile fraterno con tutti.Che sia il nostro fratello maggiore, il nostro ca-posaldo, lo si deduce con molta facilità dal bra-no di Matteo 5, nel quale Gesù inizia l’annuncio del Regno di Dio dichiarando le “Beatitudini” quale stile di vita per raggiungere la felicità.

6 LA VOCE DEI NONNI | 01

L’ANGOLO DELLA SPIRITUALITÀ

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credenti, bloccandoli e rendendoli sepolcri im-biancati.Eh, non c’è che dire! Aiutiamo il fratello solo dopo aver sistemato le nostre faccende, elar-gendogli l’ “elemosina”, gli spiccioli di un po’ del nostro tempo rimasto perché prima abbia-mo fatto questo, poi quello e poi…Ma Gesù afferma altro ed esprime come si deve vivere la fraternità e qual è lo scopo della fraternità. La fraternità porta ad avere coscienza che noi tutti siamo chiamati ad essere un corpo solo ed un’anima sola. Gli Atti degli Apostoli lo af-fermano e lo testimoniano. «Tutti i credenti stavano insieme ed avevano ogni cosa in co-mune, vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti.(AT,44-45)»

In Atti 4,32 è scritto: “La moltitudine dei creden-ti aveva un cuore solo e un’anima sola”. Pro-prio come già nel Deuteronomio 6,5 è scritto: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima”. Ne consegue che l’a-more per Dio è lo stesso che anima i credenti fra loro e li rende fratelli, ma questa verità viene espressa senza mezzi termini nel Nuovo Testa-mento. L’amore di Dio coinvolge tutta la per-sona anima e corpo in un rapporto integrale che porta a vivere per gli altri, con gli altri e negli altri “difatti ogni cosa era in comune fra loro” (v32b). Lo stesso Aristotele affermava che l’amicizia, un aspetto dell’amore, si rende ma-nifesto nella comunione come lo si apprende nei versetti su citati La vendita dei propri beni era effettuata per sostenere i nulla tenenti.

Una domanda dobbiamo porcela: “Come con-sidero il bisognoso che ha difficoltà di ogni ge-nere?” O lo ignoro, o mi scoccio e lo allontano o mi metto in comunione con lui condividendo quello che ho, oppure che altro? Cosa mi spin-ge a condividere quello che ho con lui, perfetto estraneo da punto di vista del sangue? La risur-rezione di Gesù ! Risurrezione che produce un “amore generoso verso tutti indifferentemente al credo religioso, alla cultura, al ceto sociale, al ruolo nella società, alla razza (v33).

Si può sapere che attinenza c’è tra la povertà, la persecuzione, le lacrime e la gioia?Un paradosso! Ma Gesù sa bene quello che sta affermando e lo precisa senza mezzi termini.Il regno di Dio spetta a coloro che sono dispo-nibili ad accoglierlo e a diffonderlo attorno a sé e «….dopo questi fatti il Signore designò altri 72 e li inviò a due a due davanti a sé».

Quali fatti intende ricordare Luca?I fatti sono molteplici. Il primo riguarda Gesù respinto dai samaritani; a) era andato a portare il lieto annunzio come fratello ai fratelli lontani ma viene rifiutato (Lc 9,53-55), b) poi incontra un tale che in piena euforia egotica gli dichia-ra di volerlo seguire ovunque andasse…. però dopo aver ottenuto il permesso di andare a seppellire i suoi morti. Gesù gli risponde “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu inve-ce và e annuncia il Regno di Dio” (Lc 9,57-60) c) Infine c’è un altro che gli afferma la volontà di stare alla sua sequela sempre dopo esser-si congedato dai suoi. La risposta che riceve è analoga nel contenuto all’altra. “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio” (Lc 9,62).

Ecco due esempi di mancanza di fraternità perché gli attori dell’episodio sono incentrati sul proprio interesse di cellula familiare chiusa e non affrontano il fuori senza riserve. Le loro riserve sono le stesse che albergano in molti

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L’ANGOLO DELLA SPIRITUALITÀ

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Continuando a leggere gli Atti degli Apostoli ri-scontriamo la bellezza della comunità espres-sa nella concordia e nell’unità che rendono testimoni del Cristo Risorto.L’impegno degli apostoli dopo la discesa dello Spirito Santo fu quello di annunciare il Vange-lo, professare la fede, formarsi l’uno con l’altro dietro il percorso tracciato da Gesù, puntare al futuro che è il Regno dei Cieli, andare fuori in missione.

Ci hanno passato il testimone e ora tocca a noi diventare fratelli e missionari. Come? Andando in missione fuori casa. Per me, prima di uscire di casa dobbiamo impegnarci ad essere fratelli in famiglia, poi nel vicinato e, via via, nel lavo-ro, nelle parrocchie, nelle associazioni, nelle diocesi, in qualsiasi luogo dove urge “un cuore solo ed un’anima sola”.Nell’Antico Testamento il termine fratello e so-rella indicavano i membri nati dagli stessi geni-tori, oppure anche fratellastri e si arriva agli zii, cugini, nipoti, cognati e perfino i componenti della stessa tribù e classe. Inoltre i veri amici tra loro si stimavano fratelli.In 2 Samuele 1,25-26 leggiamo come Davide piange per la morte dell’amico Gionata: “Una gran pena ho per te fratello mio Gionata! Tu mi eri molto caro: la tua amicizia era per me preziosa”

A darne una spiegazione chiara è il versetto 17

del libro 17 dei Proverbi “Un amico vuol sem-pre bene, è nato per essere fratello nella sven-tura.” Ma non solo nella sofferenza, perché il versetto 1 del salmo 133 afferma «quanto è bello e piacevole, che i fratelli (amici) vivano insieme.»

Alla luce di quanto detto, tranquillamente pos-siamo dare spiegazione a chi ha pensieri pro-testanti sulla verginità di Maria e il suo aver ge-nerato un unico figlio, perché nei vangeli con una certa frequenza si parla dei fratelli di Gesù. In realtà si intende parlare di cugini e parenti di Gesù: l’aramaico e l’ebraico ai tempi di Gesù non possedevano un vocabolario proprio per distinguere i gradi di parentela e da qui la con-fusione che nasce nella lettura alla lettera del Vangelo.

Per i protestanti Maria ha concepito Gesù per opera dello Spirito Santo, mentre gli altri figli no. Una cosa è da rimarcare: in nessun testo biblico è accennato che i fratelli di Gesù fos-sero figli di Maria o di Giuseppe, mentre invece Gesù, dai suoi compaesani, è chiamato figlio di Maria “Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?” (Mc6,3).

Gesù eleva il concetto di fratelli dal piano della carne a quello spirituale, dichiarando “Mia ma-dre e i miei fratelli sono coloro che ascolta-no le parole di Dio e le mettono in pratica” (Lc 8,21)

Egli riconosce il valore della fraternità del san-gue ma apre l’ orizzonte più vasto della frater-nità spirituale la cui base affonda nel mistero dell’Incarnazione che ci mette nelle condizioni di affermare “Padre nostro”.

Sì, Gesù col suo sangue ci ha resi suoi fratel-li come afferma in Matteo 23,8 “Voi siete tutti fratelli”e proseguendo negli Atti degli Aposto-li 1,15, si legge che Pietro si alzò “in mezzo ai fratelli” e san Paolo scrive che Gesù appena ri-

Tiziano, Discesa dello Spirito Santo

8 LA VOCE DEI NONNI | 01

L’ANGOLO DELLA SPIRITUALITÀ

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Il suo gruppo raccoglie giovani coppie di sposi, monaci e monache e in sordina si impegna a fianco a fianco dei poveri, degli emarginati di Torino.Proprio quell’arsenale costruito per la guerra è diventato centro vivo di carità, misericordia ed accoglienza sempre aperto ad accogliere gli ultimi h. 24 su h.24 per 365 giorni.In visita in giugno scorso con il gruppo del C.O.P. (centro di orientamento pastorale), non ho potuto che fissare dentro di me la frater-nità vissuta dai suoi abitanti diversi per razza, cultura, situazione psicologica ed altre fragili-tà. Ho visitato ambulatori per le madri in attesa, gabinetti dentistici, sale dove si insegna, musi-ca, canto, lavori artigianali. Tutti in una fraterna collaborazione erano attivi e vicini dimostran-do come il vocabolo fraternità fosse incarna-to in loro e non una maschera.Uno stile di vita trasparente, poche parole e molti fatti. E tutto questo perché? Perché Erne-sto ci spiegava che il suo sogno è che la chiesa viva nello stile di restituire al fratello povero il di più che avanza al ricco. In tal modo si di-venterebbe agli occhi di tutti quello che si è e per ciò che si condivide e non per ciò che si è accumulato per se stessi.

sorto apparve a più di 500 fratelli (1 Cor 15,6). Egli stesso saluta i fedeli di Filippi chiamandoli “fratelli carissimi e tanto desiderati”(Fil4,1).

A conferma delle sue affermazioni, nella lettera agli Ebrei scrive: ”Tutti hanno un unico Padre: sia Gesù che purifica gli uomini dai peccati sia gli uomini che da Lui vengono purificati”. Quanto scrive Paolo è proprio la sincresi del-le espressioni del Salmo 22,23 e quello di Isaia 8,17-18. Nel primo è scritto “Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli……” e di Isaia “Io ho fiducia nel Signore che ha nascosto il suo volto alla casa di Giacobbe, e spero in Lui”.

«Ecco, io e i figli che il Signore mi ha dato sia-mo segni e presagi per Israele da parte del Si-gnore degli eserciti, che abita sul monte Sion.»Ad avvalorare quanto citato, emerge nel Nuo-vo Testamento un Gesù che non si vergogna di chiamarli fratelli: “Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli” (Eb2,11-12) e definisce chi sono i fratelli “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me un fratello, sorella e madre (Mt 12,50).Lo stesso concetto è ripetuto nei Vangeli MT 5,22-24; 18,15-22; 1Gv 2,9-10; 3,10-17; 4,20; Rm 8,29 rileviamo lo stesso concetto.Approfondiamo il concetto della fraternità e ri-cordiamo che Gesù si dona per unire: è il mae-stro che ci dà l’esempio del servizio reciproco; è forza di coesione che nel battesimo fonda la vera comunità dei fratelli.Quanto parliamo di fraternità! Quanto ostaco-lo trova l’attuazione della fraternità! Oltre alle remore personali ci sono quelle della burocra-zia, delle leggi doganali degli stati, della pseu-do ecologia, della politica, della economia ecc. Tutte situazioni che ho toccato con mano negli interventi di fraternità sia in Italia che fuori.Fraternità dove? L’ho trovata visitando una città dentro la città di Torino. Parlo dell’Arsenale di armi in disuso che il giovane Ernesto Oliviero ha trasformato in un Arsenale di fraternità. A 24 anni il 24 maggio 1964 fonda il Serming (servi-zio missionari giovani) insieme alla moglie Ma-ria Cerrato ed alcuni amici.

Ernesto Oliviero

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Vivere la restituzione non per un solo senso umano di giustizia e di filantropia bensì per amore, facendo i conti con chi sta morendo di fame, come se appartenesse alla nostra fami-glia.

Altro esempio di fraternità è quello vissuto e creato da un sacerdote torinese, figlio del po-polo, Don Bosco che raccolse i ragazzi di stra-da educandoli ad essere fratelli fra loro vivendo nella nuova famiglia creata da Maria Ausiliatrice

attraverso lui a Valdocco. Anche Valdocco è una città nella città e lo ò anche il Cottolen-go, piccola casa della Provvidenza dove sono accolti e assisiti ben più 400 esseri malati e de-formi.

Ho citato solo alcuni esempi eclatanti, ma esisto-no quelli silenziosi di ogni giorno, che esprimono la fraternità che è il prendersi cura l’uno dell’al-tro, l’andare in cerca dell’altro per avvicinarlo all’amore reale e non a quello enfatico e fittizio.

Serming - Arsenale della Pace

San Giovanni Bosco

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L’ANGOLO DELLA SPIRITUALITÀ

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Altro esempio di fraternità particolare è quello vissuto da Benedetta Bianchi Porro, che affetta da neurofibromatosi diffusa, aveva perso perse tutti i sensi, diventando totalmente paralizza-ta ed insensibile, fatta eccezione il “sentire” al posto delle orecchie con la sua mano e il suo braccio. Essi, opportunamente manovrati se-condo le posizioni dell’alfabeto muto, trasmet-tevano alla sua mente le varie lettere che univa in parole e frasi comprendendo così cosa le era detto. Poi, con un filo di voce rimastole, dava le sue risposte agli amici conosciuti o no che erano andati a trovarla.

Perche tutta questa sua biografia? E che ha a che fare la sua malattia con la fraternità? Al-troché che calza a pennello! Attorno a lei si ra-dunavano ragazzi, ragazze, arrivavano lettere a cui rispondeva trasmettendo pace, speranza e coerenza. Il suo cuore era sempre aperto all’ac-coglienza del fratello per promuovergli uno sti-le di vita cristiana, accompagnandolo con il suo esempio di abbandono nel Signore, invitandolo ad integrarsi nell’ambiente in cui si trovavano. Un tronco umano! Ferma lì in un letto di do-lore ma pieno di amore per i fratelli! Eccolo il miracolo! Sì la sua beatificazione sarà celebrata il 14 settembre prossimo e Forlì si sta prepa-rando a festeggiare questa concittadina che voleva diventare “qualcosa di grande”. Parole della stessa Benedetta tredicenne in un tema.

Ci sarebbero tanti altri esempi di fraternità che tralascio per chiedere “Cosa è che ci unisce come fratelli in Cristo e come figli del Padre?”È l’azione dello Spirito Santo sulla quale si fonda l’azione di Cristo. L’appellativo di “fratel-lo” è stato usato sempre nel corso dei seco-li dai Padri della Chiesa, dai Dottori, dai Santi, dai seguaci di Cristo e nella liturgia il vocabolo “Padre, Fratelli e Figli” si ripete spesso, essendo tutti uniti “in unum” dalla forza dei sacramenti.La fraternità in senso orizzontale va rivalutata alla luce della esperienza della comunità apo-stolica primitiva (At 2,42) ponendo la propria persona accanto alle altre e dando loro ciò che possedeva. Andiamo oltre. Il Vangelo insegna ed esige il perdono e la correzione fraterna come si legge in Matteo 6,14 “Se voi perdone-rete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi”; “Se tuo fratello commette una colpa,và ed ammoniscilo fra te e lui solo: se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello (Mt 18,15). “Se tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli (Lc 17,3).

In Galati 6,1 San Paolo scrive: “Qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito, correggetelo con dolcezza. In Ebrei 4,32: “Siate benevoli gli uni verso gli altri, mise-ricordiosi perdonando via vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo”.

Cottolengo Benedetta Bianchi Porro

11GENNAIO | 2019

L’ANGOLO DELLA SPIRITUALITÀ

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Il Concilio Vaticano II riconosce la Chiesa nel-la sua globalità quale segno di fraternità e ha ribattuto il concetto che l’instaurazione della fraternità è una esigenza di primo ordine: tut-to ciò che gli uomini compiono allo scopo di conseguire… una più estesa fraternità…, nei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico. Questi, infatti, possono fornire per così dire, la materia della promozione uma-na, ma da soli non valgono in nessun modo ad effettuarla (Cost. sulla Chiesa nel mondo con-temporaneo, n35).

Facciamo nostro ciò che si legge nella Dichia-razione sulle relazioni della chiesa con le re-ligioni non cristiane n.5 (Concilio Vaticano II): “Non possiamo invocare Dio Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fra-telli verso glia altri uomini, che sono stati cre-ati ad immagine di Dio”

Luisa

Il battesimo di cristo nel giordano - Joachim Patinier (Bouvignes 1480-Anversa 1524)

12 LA VOCE DEI NONNI | 01

L’ANGOLO DELLA SPIRITUALITÀ

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L’ANGOLO DELLE NEWS

Quando muore un “clochard”, la gente ben-pensante commenta tra sé e sé o con gli altriì: “uno in meno” ma il mondo del volontariato, la Chiesa, i Comuni stanno radunando le loro forze per aprire le porte delle case accoglienza e degli ospedali, anche delle stazioni, per ospi-tare i senza tetto. Il positivo della loro azione è che lavorano nel silenzio presidiando le cit-tà dal centro alle periferie offrendo pasti caldi, coperte, indumenti. Non è facile entrare in relazione con i clo-chard,ma un sorriso, presentarsi con il proprio nome chiedendo il loro, consegnare il materia-le per combattere il freddo, tendere e stringe-re le mani riscalda il cuore. Così tra volontario e clochard scatta un sentimento di fiducia, di amicizia, di fraternità. Non è facile condurre gli abitanti della strada nei vari centri dove li atten-dono letti, brandine, sacchi a pelo. Se è vero che le nespole maturano con il tem-po e con la paglia, è altrettanto vero che con pazienza si riesce a convincerli a raggiungere il proposto rifugio. Molte sono le città impegnate nel soccorso umanitario: Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli, Catania, Palermo, per citare quelle più grandi ma tante altre si sono allertate con prontezza e generosità.La neve, il ghiaccio e il vento forte, le piogge e le esondazioni, rendono complicata e diffici-

le la sopravvivenza dei senza tetto. La loro vita sociale, voluta o no, è difficile. Spesso sono pri-vi di documenti, cambiano nome per dimenti-care gli altri conoscenti e se stessi per avere più nulla, oppure preda della perdita della memoria o, attanagliati da malattie psichiche, si rifugiano ovunque, sotto i portici, tra i cassonetti,sotto i ponti e i cavalcavia,negli edifici fatiscenti e ab-bandonati coprendosi con scatoloni e indu-menti di fortuna. Quando poi con quattro assi si costruiscono una baracca spesso succede che trovino la morte causa il fuoco acceso per scaldarsi ecc…..Un detenuto, durante l’ora nella quale mi reca-vo alla Casa circondariale per assolvere il mio impegno di insegnante volontaria, mi raccontò che a Roma e a Firenze si rifugiava sotto il pon-te con i cartoni raccolti durante il giorno,pro-vava freddo e umidità mentre ogni tanto i topi di fogna gli passavano sopra il corpo trasmet-tendogli il loro calore corporeo. Alla domanda: “Se non avevi bisogno di fare il clochard perché l’hai fatto?” Risposta laconica: “Volevo provare come si vive così.”L’immagine del greto del fiume melmoso di in-verno o ghiacciato, d’estate secco e polvero-so mi accapponò la pelle e con la mia collega ci guardammo esterefatte e smarrite… Mah… l’uomo è veramente un animale strano!

CHLZ

Quando muore un clochard...

13GENNAIO | 2019

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L’ANGOLO DELLE NEWS

Chi conosce Trieste, ricorda bene il bel viale Carducci ampio-spazioso dove le auto sfrec-ciano sicure, dove i negozi di ottica hanno messo sul naso al vice sindaco Paolo Polidori un paio di occhiali di marca “Tolleranza zero!”.

Un ottimo strumento ottico che gli ha fatto bal-zare agli occhi, proprio nel viale Carducci, tra le belle vetrine dei negozi che hanno una certa classe, uno sconveniente intoppo o bagaglio indecoroso: coperte, giacche, un piumino.

Orrore degli orrori che ha sviluppato nel vice sindaco un sacro e “riverenziale disgusto” per

quella porcheria e senza interpellare il proprie-tario e i vicini negozianti ha raccolto e butta-to via tutto. Poi, soddisfatto, forse si è sentito Batman in azione di salvataggio umanitario, ha scritto sui social: “Ora il posto è decente. Il segnale è: tolleranza zero! Trieste la voglio pulita!”. Anch’io desidero Trieste pulita ma del suo egoismo ed indifferenza, dal suo cinismo e dalla sua assurda prosopopea.

Per essere validi vice sindaci e futuri papabi-li al soglio presidenziale del Comune ci vuole ben altro, caro Signor Polidori!

TRIESTE, TRIESTE ma come ti sei ridotta!

Trieste - Viale Carducci negli anni ‘70

14 LA VOCE DEI NONNI | 01

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L’ANGOLO DELLE NEWS

A conclusione della sua “fiera” e vergognosa comunicazione nel post scriptum ha scritto: ”Sono andato subito a lavarmi le mani.” Non c’è che dire è un igienista di prim’ ordine! E’ ve-ramente pulito o è nero come la pece? Non mi risulta che abbia ricevuto applausi bensì criti-che e disappunti dai comuni cittadini che han-no risistemato le cose del rumeno Mesej dove erano prima e con un cartello: “Caro amico, speriamo che questa notte tu soffra meno il freddo. Ti chiediamo scusa a nome della cit-tà”.

Purtroppo Mosej non è più tornato là e di quel che è successo attorno al suo giaciglio ha capi-to poco o nulla. La sua storia assomiglia a quel-la di tanti altri. Proviene dalla Romania lasciata

dalla famiglia causa il governo comunista. La sua famiglia si è sfasciata, moglie e figli in Fran-cia ma non sa dove. Arrivato in Italia è andato a Gaeta e Civitavecchia. I documenti personali o li ha smarriti o gli sono stati rubati. Ha raggiun-to Trieste e qui si è fermato. Le persone della città lo hanno aiutato e tuttora attendono che ritorni. Chissà dove è finito. Forse ancora all’o-spedale per essere curato come tempo fa. Ciò che ora conta è la reazione dei cittadini che hanno deplorato il comportamento del loro vice sindaco.

LC

Paolo Polidori – vice sindaco di Trieste

15GENNAIO | 2019

L’ANGOLO DELLE NEWS

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Cosa si intende per la Crusca? Si intende l’Ac-cademia con sede a Firenze che è la maggior istituzione che ha la finalità di proteggere e studiare la lingua italiana.

Allora come mai non si oppone o denunzia la lingua del web che è molto farcita da grossola-ni errori commessi da un pubblico semianalfa-beta o alfabeta di ritorno, tuttavia impegnato a scrivere online su WhatsApp, su Facebook, su Twitter, sulle email? Beh, cammina con i tempi e non la demonizza perché ha dato vita ad un “nuovo italiano”

La lingua che ne esce fuori è “il nuovo italiano” che si distingue da quello imparato a scuola o stampato sui libri. È una lingua sui generis per-ché molte regole presenti nelle grammatiche sono trasgredite Una serie di certe libertà, im-

possibile ad essere accettate in classe o nei te-sti ufficiali, sono accettate.

La lingua online è sorella della lingua parlata, anche se scritta diversamente; è una lingua “da bar” ricca di parole inglesi come cool (che si-gnifica “carino”, è di moda), mancano le h (dove devono esserci), un po’ si scrive “po“così, sen-za apostrofo, pur essendo una forma scorretta, (un po’ di lingua corretta), dlla al posto di della, pome per pomeriggio, occhey per ok; Lol per riprodurre una risposta fragorosa; nuuuu con una coda di “u” per dire “no”. E poi alla fine delle frasi per rafforzare quan-to detto, 3 o 4 punti esclamativi o interrogativi. Non parliamo poi di virgole e punti mancanti, delle faccine inserite ovunque e che si chia-mano nel gergo web emoj ed hanno un ruolo tutto effetto.

L’ANGOLO DELLE NEWS

IL WEB HA VINTOe la CRUSCA è consenziente

16 LA VOCE DEI NONNI | 01

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Sostituiscono le espressioni e i volti di che scri-ve o di chi riceve lo scritto. Insomma ci danno un senso più reale come se stessimo chiac-chierando con gli amici.Poi non parliamo delle abbreviazioni: “xkè” sta per “perché”, “cqm” forma contratta di comun-que, “6” al posto della parola “sei” (voce del verbo essere) esempio “6 carina!!!!”, “io ciò” al posto di “io ho”.

Ci sono inoltre anche nuove parole italia-ne “bgiornata”, “bgiorno, “buongiornissimo”. Quest’ultimo è usato in chat o su Facebook per salutare con particolare allegria l’inizio del-la giornata.Troviamo vocaboli “innovativi” come la parola “spammare” dall’inglese “spam” che indica la diffusione di un gran numero di messaggi non desiderati.Sempre stando alla Crusca la frase media nel mondo online è formata da 10 parole il che vuol dire che i nostri discorsi non sono artico-lati. Questo però non ci deve far pensare che i testi internet siano brevi perché rispondendo post su post si allungano.

L’ANGOLO DELLE NEWS

Dal 2001 va in onda una settimana all’anno – La settimana della “liturgia italiana su Inter-net” - L’evento in questione per la promozione dell’italiano è curato dal Ministero degli Esteri e dall’Accademia della Crusca che coinvolge la Penisola, con le scuole,le università, le as-sociazioni,le scuole e numerosi Paesi stranieri dove sono organizzati incontri e iniziative negli Istituti italiani di cultura, nei Consolati, nei Co-mitati della Società Dante Alighieri.

Lo stesso tema è al centro della “Giornata Pro Grammatica”, a favore della grammatica, che si tiene lunedì su Radio 3 RAI. In essa si cimenta-no nella maratona linguistica studenti di nume-rose scuole collegate in diretta.

Insomma non perdiamoci d’animo piangendo un Dante, un Manzoni, un Papini ma inoltria-moci “nella selva oscura del web”.

Povero Dante, inorridirebbe, ma noi sorridiamo e… avanti.

LCZ

17GENNAIO | 2019

L’ANGOLO DELLE NEWS

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ZNER DOMELAZNOV Gennaio 2019

L’ANGOLO DEL DIALETTO E DELLE TRADIZIONI

BON AN E BONA SALUTE A TOTbuon anno e buona salute a tutti

Così ci si salutava il primo giorno dell’anno e allo scoccare della mezzanotte si usava man-giare 12 chicchi di uva, uno per ogni mese, per essere fortunati tutto l’anno.

Parché l’an ut azuva e’ prem dl’an magna l’uva. Perché l’anno ti sia propizio, il primo giorno dell’anno mangia l’uva.

A mezzogiorno si mangiavano i maccheroni, portatori di denaro:

Se t’vu sempar di baiocc, inveia l’an cun i ma-carón sotSe vuoi sempre soldi avere il primo dell’anno i maccheroni devi mangiare.

È un’usanza un po’ dimenticata e forse anche per questo in Italia da un po’ di tempo le cose non vanno benissimo, ma ora, come sapete ab-biamo un nuovo governo che, speriamo rimedi a qualche disastro dei precedenti governanti, poiché, come diceva Flaiano, “la situazione è grave, ma non seria..”

18 LA VOCE DEI NONNI | 01

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L’ANGOLO DEL DIALETTO E DELLE TRADIZIONI

BUON ANNO A TUTTI !

È il 2019 e come ogni anno vi informo su che cosa ci dobbiamo aspettare da questo’19.

Intanto per cominciare l’UNO è il numero del SOLE e dell’ITALIA, il NOVE indica FIGLIOLAN-ZA, ABBONDANZA, CREDENZA piena di farina, frutta, dolci, salumi: facile dedurre che avremo una Italia con cieli sereni, raccolti abbondanti, riprenderanno a nascere bambini (già quest’an-no a Forlì le nascite son aumentate), ci sarà più lavoro, e così non dovremo più sentir la litania che “siamo un popolo di vecchi”, che “fra qual-che anno non ci saranno più lavoratori”, che “non si saprà come pagare le pensioni”..

Il 19 infatti è un numero FELICE sia in cielo che in terra: nella smorfia il 19 è LA RISATA, in cielo il nome di una cometa è 19P, un asteroide si chiama Fortuna 19 in onore della dea romana FORTUNA, 19 è il numero di verso e di capitolo nel Corano in cui un angelo annuncia a Maria la nascita di Gesù. (19.19)

Il 19 è il portafortuna dei boscaioli, di colo-ro che si chiamano ADALBERTO, DAMIANO, GIUSEPPE, BACCO, ANGELA, MARCELLA, CASSANDRA; è il numero fortunato per TORI-NO, BIELLA, GIULIANOVA, FOSSOMBRONE.

Dovete giocare il 19 se sognate un’aia vuota senza galline né pagliai, se sognate il canto di un cuculo, o la puntura di un’ape, se nel so-gno trovate un diamante, se sognate di spo-sarvi o di avere mani bianche e curatissime (segno premonitore di guadagno e vita bea-ta). Il 19 uscirà di sicuro se sognate una vasca vuota o piena di pesci, una villetta in mezzo al verde, un gruppo di preti, monaci o suorine, un praticello pieno di margherite, un orto un po’ rovinato, il ministro delle finanze , una mi-niera di rame.

Il proverbio che si abbina al nostro numero è A BUON INTENDITOR POCHE PAROLE.

Anche quest’anno ecco la cinquina fortunata

87 89 44 63 19questi cinque numeri giocate fiduciosi in poco tempo la vita cambierà, nella sua bottega il calzolaro risuola lo scarpone al montanaro, mentre si avvicina il canto degli sposi, che a tutti annuncian la felicità.

(liberamente tratto dal “Vero libro dei Sogni” edit. Salani)

L’ANNO NUOVO

Indovinami, indovino,tu che leggi nel destino:l’anno nuovo come sarà? Bello o brutto o metà e metà?

Trovo stampato nei miei libroni che avrà di certo quattro stagioni,dodici mesi, ciascuno al suo posto, un carnevale e un ferragostoe il giorno dopo il lunedì sarà sempre il martedì.

Di più per ora scritto non trovo nel destino dell’anno nuovo:per il resto anche quest’anno sarà come gli uomini lo faranno.

Gianni Rodari

19GENNAIO | 2019

L’ANGOLO DEL DIALETTO E DELLE TRADIZIONI

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RACCONTI PER GRANDI E PICCINI

Il primo dell’anno porta fortuna incontrare per primo un uomo o meglio ancora un gobbo e se poi nel vostro giardino vedete un pettirosso i mesi a venire saranno serenissimi.

Per le donne ahimè è però un giorno di clausu-ra, perchè portano sfortuna ad incontrarle per prime ed è bene non andare a fare visita ad al-cuno o comunque ci si deve far precedere da un uomo, questo rituale si è allargato perfino alle telefonate nelle quali il PRONTO viene pro-nunciato da una voce maschile.

Zner l’é la porta dl’anGennaio è la porta dell’anno

I primi dodici giorni di gennaio si chiamano CALENDE o SPIE dei mesi e contengono le previsioni per i dodici mesi dell’anno: se il pri-mo è bel tempo, sarà bello tutto il mese, se il 2 tira vento febbraio sarà un mese capriccioso e così via.

I MESI DELL’ANNO

GENNAIO mette ai monti la parrucca,FEBBRAIO grandi e piccoli imbacucca, MARZO libera il sol di prigionia, APRILE di bei colori orna la via, MAGGIO vive tra musiche d’uccelli, GIUGNO ama i frutti appesi ai ramoscelli,LUGLIO falcia le messi al sol leone,AGOSTO avaro ansante le ripone,SETTEMBRE dolci grappoli rubina,OTTOBRE di vendemmie empie le tina,NOVEMBRE aride foglie ammucchia in terra, DICEMBRE ammazza l’anno e lo sotterra.

Gli antichi detti non potevano dimenticare gli abitanti del pollaio e della stalla: Cun l’ann nov al galeni al fa l’ovCon l’anno nuovo le galline fanno l’uovo.

Per non parlare poi della notte del sei gennaio, in cui arriva la Befana e, secondo un’antica tra-dizione, in quella notte parlano anche gli ani-mali nella stalla e per questo i contadini cura-vano i loro animali in modo molto attento: La nota dla pasqueta e’ scorr e’ ciú e la zveta La notte della pasquetta parlano il gufo e la civetta.

Bisognava poi lasciare sulla tavola una pagnot-ta di pane e un fiaschetto di vino e briciole di ciambella per la Befana che portava doni e poi un po’ si riposava. Era assolutamente impor-tante andare a letto presto, perché la Befana non voleva farsi vedere.Le giornate comincia-no ad allungarsi: Par la pasqueta un‘ureta e par Sant’Atntoni un’ora bona.Per la pasquetta un’oretta e per Sant’Antonio un’ora buona.

LA BEFANA

Viene viene la Befanavien dai monti a notte fonda.Come è stanca! La circondaneve, gelo e tramontana.Viene viene la Befana.

Ha le mani al petto in croce,e la neve è il suo mantelloed il gelo il suo pannelloed il vento la sua voce.Ha le mani al petto in croce.

E s’accosta piano pianoalla villa, al casolare,a guardare, ad ascoltareor più presso, or più lontano.Piano, piano, piano, piano.

Chi c’è dentro questa villa?Uno stropiccìo leggero.Tutto è cheto, tutto è nero.Un lumino passa e brilla.Chi c’è dentro questa villa?

Guarda e guarda… Tre lettinicon tre bimbi a nanna, buoni.

20 LA VOCE DEI NONNI | 01

L’ANGOLO DEL DIALETTO E DELLE TRADIZIONI

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guarda e guarda… Ai capitonic’è tre calze lunghe e fini.Oh! Tre calze e tre lettini…

Il lumino brilla e scende,e ne scricchiolano le scale;il lumino brilla e sale,e ne palpitano le tende.Chi mai sale? Chi mai scende?

Co’ suoi doni mamma è scesa,sale con il suo sorriso.Il lumino le arde in visocome lampada di chiesa.Co’ suoi doni mamma è scesa.

La Befana alla finestrasente e vede, e s’allontana.Passa con la tramontana,passa per la via maestra:trema ogni uscio, ogni finestra.

E che c’è nel casolare?Un sospiro lungo e fioco.Qualche lucciola di fuocobrilla ancor nel focolare.Ma che c’è nel casolare?

Guarda e guarda… Tre strapunticon tre bimbi a nanna, buoni.Tra la cenere e i carbonic’è tre zoccoli consunti.Oh! tre scarpe e tre strapunti…

E la mamma veglia e filasospirando e singhiozzando,e rimira a quando a quandooh! quei tre zoccoli in fila…Veglia e piange, piange e fila.

La Befana vede e sente;fugge al monte, ch’è l’aurora.Quella mamma piange ancorasu quei bimbi senza niente.La Befana vede e sente.

La Befana va sul monte.Ciò che vede e ciò che vide:c’è chi piange e c’è chi ride;essa ha nuvoli alla fronte,mentre sta sul bianco monte.

G. Pascoli

Ecco, come ogni anno voglio ricordare la FA-MOSA E AFFASCINANTE poesia del Pascoli, che unendo tradizione e magia, denuncia la disparità di classi sociali: c’è chi vive nel lusso e c’è chi piange nella miseria, ma i bimbi sono uguali:nella villa TRE BIMBI A NANNA BUONI, e nel camino calze lunghe e fini e doni di una mamma felice, nel casolare TRE BIMBI A NAN-NA BUONI nel camino cenere, carboni, qual-che lucciola di fuoco, tre zoccoli consunti e le lacrime della mamma SU QUEI BIMBI SENZA NIENTE.

L’EPIFANIA TUTTE LE FESTE PORTA VIA POI ARRIVA SAN BENEDETTO CHE NE PORTA UN BEL SACCHETTO

AL FEST A GLI È FNIDI(di Mario Vespignani )

Meno male ch’l’è fnì al fest, di righel e tot e’ rest,a s’inviema un po’ a stufè ad tot chi auguri e de magnè.Una volta e’ nost Nadel l’era bel a festegel,i era en ad caristì, l’era tot un ecunumìche cla smana par al fest la passeva sempar prest.Quela l’era l’ucasio’ ad magnè quaicosa ad bon.Ma incù l’è difarent us scor sol ad divertimentpar andè fura in vacanza un gn’è mai temp abbastanza;i ha sempar int la testa e mument par fè la festa

21GENNAIO | 2019

L’ANGOLO DEL DIALETTO E DELLE TRADIZIONI

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senza csorar de magnè ch’l’è piò quel ch l’è strascinè.Da nadel ala Befana cal do sman l’è una bubana:int al strè e alà so pr’eria la i è tot ‘na lumineria,tot al strè agli è pini ad machin t’an pess piò par e’ gran-trafic,al butegh gli è pini ad zenta ma i gestur sempar is la-menta.Risturent q n’in scurè bsogna essar prenutè.Par un po’ a staren in pes senza bsogn ad etar spes,u n’ gn’è piò e’ temp ad Nadel a sem sempar par Car-nvel.

Di seguito la traduzione per chi non conosce il dialetto:Le feste sono finite, meno male, dei regali e del man-giareci cominciavamo un po’ a stufare. Una volta era bello il Natale festeggiare….Erano anni di carestia, si faceva sempre economia!La settimana della festa passava sempre troppo lesta.Quella era l’occasione per mangiare un buon boccone.Oggi non è più così ci si vuol divertire ogni dì,per andare fuori in vacanza non c’è mai tempo abba-stanza.Hanno tutti per la testa il momento di far festa.Non parliamo del mangiare… ce n’è troppo.. ce n’è da sciupare!.Da Natale alla befana due settimane di bubana,nelle strade e su per aria tutto è una luminaria:strade piene di passanti, colme file nel parcheggio,ma a sentire i negozianti ogni anno è sempre peggio.Nei ristoranti non puoi entrare senza prima prenotare.Per un po’ in pace staremo, regali inutili non compre-remo.Non c’è più il tempo del Natale, siamo sempre in Car-nevale!

(libera traduzione di Lauber)

Non dobbiamo dimenticare i l vecchio detto dei tempi andatiDop nadel tot i dé l’é carnvel e par la pasqueta e’ carnvel e’ sbacheta Dopo natale tutti i giorni è carnevale e per la pa-squetta (l’epifania) il carnevale scalpita, vuole partire.Nei supermercati, infatti si cominciano a vede-re i tipici dolci carnevaleschi: tagliatelle fritte, castagnole, frappe e sacchetti di coriandoli e di

stelle filanti. Quindi l’Epifania dà inizio al Carne-vale che ha il suo massimo fulgore in FEBBRA-IO e si concluderà il MARTEDÍ PRIMA DELLE CENERI, giorno di grandi balli e mascherate: E’ MERT LOV (il martedì grasso)

Quante maschere per la via, che fracasso, che allegria. Arlecchino canta e saltella col suo amico di nome Brighella, in tasca non hanno neppure un soldino, si accontentan di un goc-cio di vino. Di Milano è Meneghino e Gianduia è di Torino, la più graziosa e birichina: di sicuro è Colombina.

IL VESTITO DI ARLECCHINO

Per fare un vestito ad Arlecchino ci mise una toppa Meneghino,ne mise un’altra Pulcinella, una Gianduia, una Brighella.Pantalone, vecchio pidocchio, ci mise uno strappo sul ginocchio,e Stenterello, largo di mano qualche macchia di vino toscano.Colombina che lo cucì fece un vestito stretto così.Arlecchino lo mise lo stesso ma ci stava un tantino perplesso.Disse allora Balanzone, bolognese dottorone:“Ti assicuro e te lo giuro che ti andrà bene li mese venturose osserverai la mia ricetta: un giorno digiuno e l’altro bolletta!”.

Gianni Rodari

Il 2 FEBBRAIO è la festa della Candelora ed è giorno di previsioni meteorologiche: Per la Santa Candelora o che neva o che piova dell’inverno siamo fora, ma se brela e’ sol in zil ui n’é incora un mes intir cioè Per la santa candelora dell’inverno siamo fuori, ma se brilla il sole in cielo dura ancora un mese intero.

22 LA VOCE DEI NONNI | 01

L’ANGOLO DEL DIALETTO E DELLE TRADIZIONI

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Si dice anche che per San Biagio (il 3 Febbraio) il freddo è andato e che per San Valentino (il 4) fiorisce lo spino.

Nei freddi giorni di febbraio si andava in viciare-la (in vecchierella cioè mascherati solitamente con abiti delle nonne), si andava nelle case vi-cine e si chiedeva un dolcetto, due castagne cotte, un mandarino, fichi secchi ed eravamo quasi sempre accolti molto benevolmente.Se t’vu cnossar se un immascré l’é un oman o una dona, boti una caramela int e’ scol: s’lé un oman e strenz al gamb, sl’é una dona la li slerga.Se vuoi conoscere se sotto la maschera si cela un uomo o ouna donna, buttagli una caramella sul grfembo: se è un uomo stringe le gambe, se è una donna le allarga. Questo sistema valeva fin quando le donne portavano solo le sottane, perché istintivamen-te allargavano le gambe per aumentare la su-perficie di presa della caramella, ma oggi che anche le donne portano abitualmente i panta-loni, questa teoria non è più valida.

IL MODO DI DIRE DEL MESE

E’ SANT OSS SACARIL SANTO OSSO SACROIl santo osso sacro è riferito a cosa che di santi-tà non ha nemmeno l’ombra. Si racconta a pro-posito ancora oggi a Cervia un aneddoto che ha come protagonista don Celso Martini, prete popolarissimo e sempre con la battuta pronta. Tutte le mattine era solito recarsi in piazza delle Ortolane con la sua sporta per la spesa. E c’era sempre una fruttivendola che lo chiamava e gli chiedeva: “Incù, Don Celso, ad sant el?”“Incù l’è Sant Bies” “Oggi Don Celso che santo è?”“Oggi è San Biagio”“A che stal sora?”“E sta sora a e mel dla gola”“Che cosa protegge?”“Protegge dal mal di gola”

e un altro giorno alla solita richiesta, il buon prete rispondeva: “Incù l’è Santa Pulogna la sta sora a e’ mel di dent”“Oggi è santa Apollonia e protegge dal mal di denti” E così tutte le mattine. Una volta che il prete o che aveva la luna di traverso o che non sapeva quale protezione attribuire al santo giornaliero, rispose:“Incù l’è e’ sant oss sacar”“A che stal sora?”“Oggi è il santo osso sacro”“E a cosa sta sopra?” Potete immaginare la risposta. Da quel giorno Don Celso potè comprare in pace le sue ver-dure senza venire interpellato sui santi del ca-lendario. Liberamente tratto da “Modi di dire romagnoli” di U. Foschi, Longo Editore

BibliografiaModi di dire romagnoli di U. Foschi, Longo editoreIl vero libro dei sogni ed. Salani Al mi zirudel (le mie girondelle) Mario Vespignani

Fiore che dormi sotto la nevecon La Voce dei Nonniil giorno è più lieve.

Cari amici ricordate che….se vuoi viver sempre lietoguarda avanti e mai indietro!

Auguri a tutti Lauber

23GENNAIO | 2019

L’ANGOLO DEL DIALETTO E DELLE TRADIZIONI

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L’ANGOLO DELLE CURIOSITÀ

La sera del 31 dicembre siamo soliti festeggia-re l’arrivo dell’anno nuovo, con veglioni e feste di ogni sorta. I ristoranti organizzano cenoni di San Silvestro, e anche la notte stessa, quella di Capodanno, viene chiamata “notte di San Sil-vestro”, anche se non sappiamo bene il perché. Il motivo, in realtà, è abbastanza banale: il 31 dicembre è il giorno del calendario dedicato a San Silvestro, che fu papa con il nome di Silve-stro I tra il 314 e 335.

Questo santo non ha molto a che fare con i festeggiamenti dell’anno nuovo, e anche la pratica di festeggiare la sera del 31 è piuttosto recente, visto che fino al Settecento ognuno festeggiava un po’ quando gli pareva. 

Della strana storia di San Silvestro e della notte di capodanno (“la vigilia di Capodanno”, pre-

ciseranno i precisini) aveva scritto Leonardo Tondelli sul suo blog sul Post.

“La notte di San Silvestro”. Non so chi abbia co-minciato a chiamarla così. Non è un’espressio-ne antica: nel medioevo i giorni cominciavano al tramonto, quindi si trattava piuttosto della notte della Circoncisione di Gesù (primo gen-naio). D’altro canto fino al Settecento ognuno festeggiava il capodanno un po’ quando gli pareva, per la gioia delle cancellerie. Non c’e-ra consenso nemmeno tra una città e l’altra: a Venezia l’anno iniziava il primo marzo, perciò dicembre era davvero il decimo mese. A Firen-ze cominciava il 25 marzo: a Pisa anche, ma c’era un anno di differenza, così, per il piacere di complicarsi la vita. In Francia si cominciava con la Pasqua.

Da dove arriva

“La notte di San Silvestro”

24 LA VOCE DEI NONNI | 01

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L’ANGOLO DELLE CURIOSITÀ

Esatto, era una festa mobile, quindi ogni anno aveva un numero di giorni diversi. A Bisanzio, ma anche nel meridione e in Sardegna, si co-minciava il primo settembre, che in fondo an-che oggi è il capodanno vero, quello senza spu-mante e con tanta tristezza. Ufficialmente però alla fine ha prevalso lo “stile moderno” - che in realtà adoperavano già i romani nel secondo secolo avanti Cristo, detto anche “della circon-cisione”, perché gli ebrei venivano circoncisi nell’ottavo giorno dalla nascita, e quindi a Gesù sarebbe capitato il primo gennaio, appunto. E San Silvestro, in tutto questo?

Niente. Non c’entra niente. Eppure da bambi-ni, a furia di sentire parlare di “veglione di San Silvestro”, finivamo per immaginare uno di quei santi bonaccioni che portano doni nottetem-po: un Santa Klaus per adulti, niente regali per i bambini ma un magnum per mamma e papà, e poi danze, - ricchi premi et cotillons.

Ebbene no, San Silvestro non è quel tipo di Santo. Silvestro Papa è l’ultima persona che in-vitereste a un veglione, San Silvestro è uno dei santi più opachi del calendario, notevole non per quello che ha fatto (resse la Chiesa di Roma ai tempi di Costantino), ma per quello che non ha fatto. Per esempio non ha indetto il concilio di Arles (314) che condannò lo scisma donati-sta: ci pensò Costantino.

Undici anni più tardi a Nicea si tenne il primo concilio ecumenico della Chiesa universa-le, che condannò lo scisma ariano, e Silve-stro non lo organizzò: ci pensò anche stavol-ta Costantino. Il papa non trovò nemmeno il tempo di andarci. Insomma appare abbastanza chiaro che all’inizio del quarto secolo il vesco-vo di Roma era una figura di secondo piano.

Più in generale, era Roma che stava perden-do colpi. Era ancora il simbolo dell’impero, da poco si era munita di mura, ma non era più ca-pitale. Non reggeva il dinamismo delle ricche metropoli orientali, Alessandria d’Egitto e An-tiochia in Siria. Ma anche i Cesari e gli Augusti

d’occidente le preferivano città più prossime ai confini, come Milano o Treviri. Costantino le avrebbe dato il colpo di grazia, fondando Co-stantinopoli - lui in realtà pensava di chiamarla “Nuova Roma” o qualcosa del genere, non era quel tipo di tiranno che si dedica le città da vivo.

Silvestro è ricordato come un grande confes-sore: si tenne prudentemente alla larga dalle dispute cristologiche, e tutto lascia capire che accettò senza troppi patemi che Costantino, imperatore non battezzato, gestisse le pratiche conciliari senza di lui. Tutto qui? Tutto qui. Tran-ne un piccolo dettaglio. Qualche secolo dopo la sua morte, Silvestro diventa famoso come protagonista della più grande patacca della Storia europea (diciamo che se la gioca alla pari con i Protocolli dei Savi di Sion): la Donazio-ne di Costantino, un documento falso scritto probabilmente nel nono secolo, ma attribuito a un cronista-notaio di cinque secoli prima. La Donazione racconta di come Costantino, col-pito dalla lebbra (!), si fosse rivolto ai sacerdoti pagani, i quali prontamente gli suggerirono il rimedio: un bel bagno rigenerante nel sangue di neonati. Sdegnato, ma anche un po’ dispe-rato, Costantino si riduce a chiedere aiuto a Sil-vestro, che prontamente lo guarisce.

A questo punto l’imperatore decide di omag-giare il pontefice con una modesta elargizione di territorio: la città di Roma, tanto per comin-ciare; lo Stato della Chiesa tra Lazio e Raven-na, e poi… e poi, crepi l’avarizia, tutto l’Impero d’occidente, anzi tutto l’occidente, fino al mare e anche più in là. Tant’è che quando nel quin-dicesimo secolo nasceranno controversie tra spagnoli e portoghesi sulle colonie americane, sarà la Chiesa a fare da intermediaria, basando il proprio diritto proprio sul testo della Donazione.

E a questo punto sorge spontaneo l’interroga-tivo: come hanno potuto crederci davvero, per tutto quel tempo? Ci voleva davvero l’acume filologico dell’umanista Lorenzo Valla per no-tare qualcosa di sospetto in un testo classico che parla di “feudi”?

25GENNAIO | 2019

L’ANGOLO DELLE CURIOSITÀ

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Nel testo è sottolineata l’importanza, guarda un po’, del Papa di Roma: Costantino chiede che sia riconosciuto superiore ai patriarchi di Antiochia, Alessandria e… Costantinopoli. Ma ai tempi di Costantino, Costantinopoli era ancora un cantiere, e soprattutto, come abbiamo vi-sto, nessuno l’aveva ancora chiamata così.

Per essere creduta autentica, insomma, la Do-nazione richiedeva uno sforzo di fede ben su-periore a quello dei misteri cristologici e trini-tari. Fa un po’ effetto, a chi ri-studia la Storia da adulto, e si sforza a ogni passo a trattare gli oggetti del suo studio da adulti, adulti inseriti in un contesto di credenze molto diverso dal suo,

ma pur sempre adulti, non fanciulli russoviani o vichiani: fa un po’ effetto, dicevo pensare che per mezzo millennio la favoletta della fontana di sangue di neonati fu presa sul serio anche dai detrattori del potere secolare della Chiesa, uomini di potere o intellettuali come Dante:

«Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre!» Inferno (XIX)

Eppure in un qualche modo funzionò.

Fonte: Post - Leonardo Tondelli

Prendi quel che vuoi, da Lecce a Lisbona è tutto tuo” (Oratorio di San Silvestro, Roma, XIII sec.)

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L’ANGOLO DELLE CURIOSITÀ

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L’ANGOLO DELLA MEDICINA

Dall’inizio della sorveglianza circa 1 milione e mezzo di italiani a letto

QUEST’ANNO il picco influenzale arriverà fra fine mese e inizio febbraio. Negli ultimi due anni è stato registrato in anticipo, agli inizi di gennaio, quest’anno invece è previsto più tardi. I virus influenzali che stanno circolando mag-giormente sono l’AH3N2, che colpisce in pre-valenza gli anziani, e l’AH1N1, responsabile del-la pandemia influenzale del 2009.

Intanto cresce ancora il numero di casi di in-fluenza in Italia, sebbene in modo più graduale rispetto alla scorsa stagione. Le temperature in calo rendono anche più fragile la salute di molti italiani. Il numero di casi stimati nell’ulti-ma settimana considerata - quella dal 17 al 23

dicembre 2018 - è pari infatti a circa 225.000, per un totale, dall’inizio della sorveglianza, di circa 1.500.000 casi.

Numeri che emergono dal Dipartimento ma-lattie infettive dell’Istituto superiore di sanità attraverso il bollettino Influnet. Il livello di inci-denza in Italia è pari a 3,7 casi per mille assistiti. Colpiti maggiormente i bambini al di sotto dei cinque anni in cui si osserva un’incidenza pari a 11,1 casi per mille assistiti.

Si va dunque, per la fascia di età pediatrica, ver-so un’intensità media dell’influenza, stabilita nella soglia pari a 12,89 casi per mille assistiti. Umbria, P.A. di Trento, Abruzzo e Sicilia le Re-gioni maggiormente colpite.

Fonte: Repubblica.it

PICCO INFLUENZALEatteso per fine gennaio

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Sono patologie comuni durante i mesi invernali con sintomi molto simili tra loro. Disturbi profondamente diversi nelle loro possibili conseguenze e serve imparare a distinguerli

INFLUENZA e raffreddore non sono la stes-sa malattia. Ma non è solo colpa nostra se ci confondiamo: i sintomi si somigliano davvero molto e tendono a presentarsi entrambe nel-lo stesso periodo dell’anno. In questi mesi più freddi, può essere utile fare il punto della situa-zione con qualche informazione in più, per riu-scire a distinguerle.

LE DIFFERENZEQuali sono quindi i modi per non confonderci? Innanzitutto il raffreddore è sostanzialmente meno grave dell’influenza. Febbre molto lieve, quasi assente, naso intasato, starnuti e mal di gola sono sintomi comuni per il così detto col-po di freddo, meno diffusa la tosse. Chi si è preso l’influenza, invece, è più probabile che abbia febbre alta, dolori articolari e si sen-ta sempre affaticato. Di solito, accanto a questi sintomi, si soffrirà anche di mal di testa e tosse. Ci sono grandi differenze anche per quanto ri-guarda i tempi dello sviluppo della malattia. Il raffreddore si evolve in modo molto graduale, mentre l’influenza esplode all’improvviso da un giorno all’altro. 

INFLUENZA, RAFFREDDORE O COLPO DI FREDDO Tutte le dritte per capirlo

L’ANGOLO DELLA MEDICINA

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L’INFLUENZAEntrambe le malattie sono causate da virus che infettano l’organismo. Quello  dell’influenza è altamente contagioso ed evolve molto rapida-mente, anche nell’arco di pochi mesi. Per que-sto è necessario sviluppare una nuova forma di vaccino ogni anno. Un individuo sano può guarire dall’influenza nell’arco di una settima-na, ma nonostante possa sembrare una malat-tia di cui non preoccuparsi eccessivamente, si deve fare attenzione alle possibili complicazio-ni a cui può dare origine. Il virus infatti indeboli-sce il sistema immunitario e può lasciare spazio a ulteriori infezioni batteriche più gravi come, ad esempio, la polmonite. Questa eventualità deve preoccupare soprattutto le persone più a rischio, come gli anziani o individui affetti da disturbi cronici, che potrebbero sviluppare complicazioni gravi.

IL RAFFREDDOREIl raffreddore invece è una delle malattie più diffuse al mondo e ne esistono oltre 200 ceppi diversi. I soggetti maggiormente a rischio sono i bambini piccoli che possono ammalarsi an-che 7 o 8 volte in un solo anno. Generalmen-te la malattia completa il suo corso nell’arco di una decina di giorni ma, anche in questo caso, l’organismo potrebbe essere sensibilizzato e contrarre altre malattie di origine batterica che potrebbero prolungare l’infezione oltre le due settimane. 

COME EVITARE I CONTAGINonostante i sintomi del raffreddore non siano troppo gravi, il naso che cola e la testa ovattata non sono esattamente la condizione miglio-re per andare a lavoro. Per ridurre il rischio di contrarre l’infezione e recuperare più in fretta ci sono alcune accortezze da seguire. Innan-zitutto prendersi cura di se stessi, non trascu-rarsi e cercare di evitare comportamenti che potrebbero mettere il sistema immunitario ul-teriormente sotto sforzo e aumentare il rischio di contrarre ulteriori infezioni respiratorie. Ad esempio riposarsi per tutto il tempo necessario e non tagliare le ore di sonno.

Poi non dimenticare di lavarsi le mani, il lavag-gio con acqua e sapone elimina la maggior parte di virus e batteri, compresi quelli respon-sabili del raffreddore.

Infine, per evitare di ammalarsi bisogna evitare il più possibile il contatto con individui infet-ti. Come già anticipato i più colpiti in assolu-to sono i bambini che tendono a diffondere la malattia anche agli adulti intorno a loro. Se invece siamo noi ad essere ammalati forse è meglio valutare la necessità di prendersi qual-che giorno di assenza dal lavoro, per evitare di contagiare i colleghi in massa.

Fonte: Repubblica.it

L’ANGOLO DELLA MEDICINA

29GENNAIO | 2019

L’ANGOLO DELLA MEDICINA

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L’ANGOLO DELLA RICERCA

È più vicino un vaccino-jolly universale contro l›influenza: basato su un anticorpo scoperto in cammelli, dromedari e lama, il vaccino è uno spray nasale che nei primi test condotti sui topi ha dimostrato di combattere con successo i vi-rus influenzali di tipo A e B, i due principali re-sponsabili della malattia negli esseri umani.

Messo a punto nella ricerca guidata dall’istitu-to californiano Scripps e pubblicata sulla rivista Science, il vaccino funziona come una sorta di coltellino svizzero in miniatura, teoricamente in grado di attaccare 60 diverse varianti dell’in-fluenza.

“L’influenza rappresenta un grave problema di salute e paghiamo a caro prezzo la bassa co-pertura vaccinale, soprattutto dei soggetti più a rischio”, commenta Alberto Mantovani, diret-tore scientifico dell’istituto clinico Humanitas e professore all’ Humanitas University.

“I colleghi che conducono ricerche sugli an-ticorpi presenti in specie animali particolari come queste stipulano un’assicurazione sulla vita per l’umanità, perché questi studi permet-teranno di combattere anche minacce future, che al momento non si possono prevedere”.

DAI LAMA UN VACCINO-JOLLY SPRAY contro l’influenza

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L’ANGOLO DELLA RICERCA

È noto che i virus influenzali sono in grado di evolversi continuamente, cambiando ogni vol-ta un biomarcatore esposto sulla loro super-ficie che è il bersaglio degli anticorpi: questo vuol dire che un vaccino creato per combatte-re una variante, molto probabilmente non an-drà bene per le altre ed esaurirà velocemente la sua efficacia.

Ora i ricercatori guidati da Nick Laursen hanno messo a punto un nuovo approccio, aggregan-do insieme in un unico anticorpo “multiuso” tante strutture di anticorpi diverse, riuscen-do contemporaneamente a ridurre le dimen-sioni della proteina fino a scala nanometrica.

L’ispirazione è arrivata da una simile classe di anticorpi prodotti dai camelidi, la famiglia a cui appartengono cammelli, dromedari, lama, al-paca e altri.

“La loro struttura è diversa da quella degli anticorpi umani - spiega Mantovani - ma il problema di una possibile risposta immunita-ria ad essi è già stato incontrato molte volte e abbiamo a disposizione molte strategie per superarlo. Ad esempio Gregory Winter, im-munologo britannico, ha vinto quest’anno il Nobel per la chimica grazie alle sue ricerche su strategie per mettere a punto anticorpi uti-lizzando il Dna umano”.

I primi test sui topi hanno avuto successo: il vaccino li ha resi immuni sia quando iniettato direttamente sia quando somministrato tramite spray nasale, anche a basse dosi.

Inoltre i ricercatori hanno dimostrato che gli anticorpi rimangono attivi nell’organismo per nove mesi nei topi e quattro mesi nei macachi rhesus, primati diffusi in Asia.

Fonte: Repubblica.it

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L’ANGOLO DELLA RICERCA

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Molti studi scientifici sostengono che le nostre funzioni cognitive dipendono anche dalle di-mensioni del nostro cervello.

Per questo motivo risulta di fondamentale im-portanza una ricerca, di recente pubblicazio-ne su Neurology, che ha visto coinvolti oltre 4mila olandesi di 66 anni di età media e che ha posto l’attenzione su un possibile rapporto tra alimentazione, intelligenza e dimensioni del cervello, appunto.

Nel corso di un intero mese, i volontari han-no riferito ai ricercatori cosa e quanto stavano mangiando; ricevendo così un punteggio da 1 a 14 in base all’aderenza della loro dieta al mo-dello proposto dalla linee guida olandesi che privilegiano: vegetali, cereali integrali, legumi,

frutta secca a guscio, pesce, latte e derivati (dunque similmente alla dieta mediterranea).

Dopodiché tutti i soggetti sono stati sottopo-sti a risonanza magnetica per valutare il vo-lume del cervello. Depurati i dati da elementi che avrebbero potuto alterare i risultati (come ipertensione, fumo e attività fisica), i ricercatori sono giunti alla conclusione che chi si era me-ritato un voto più alto per le proprie abitudini alimentari aveva effettivamente un cervello più grande.

Si tratta di una scoperta da tenere in assolu-ta considerazione, soprattutto per quanto ri-guarda le persone anziane, dal momento che la grandezza del cervello si riduce molto con l’avanzare dell’età.

SE MANGI SANO il tuo cervello cresce

L’ANGOLO DEL BENESSERE

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L’ANGOLO DEL BENESSERE

Va però precisato che le funzioni cognitive non dipendono esclusivamente dal volume encefa-lico ma anche da molti altri fattori, così come l’intelligenza non è qualcosa di definibile scien-tificamente al 100 per cento, dato che esistono diversi tipi di intelligenza.

I ricercatori tengono inoltre a sottolineare che non è stato assolutamente individuato un ali-mento con uno specifico valore antinvecchia-mento, ma che è l’insieme della dieta a contare.

Ovviamente il lavoro ha dei limiti: riporta abitu-dini alimentari e valutazioni relative a un breve periodo di tempo e si basa su report autoriferi-ti. Infine, come affermano gli autori stessi, per ora è stata dimostrata solo un’associazione tra dieta sana e dimensioni del cervello e non un rapporto di stretta causalità.

Fonte: Il Giornale.it

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L’ANGOLO DEL BENESSERE

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L’anno 2018 è stato un anno molto ricco di ri-trovamenti nell’antica Pompei, sepolta dalla lava e dalla cenere del Vesuvio, ma ciò che ci rende stupiti è la grandezza della città com-merciale e la sua opulenza ben descritta negli affreschi che vengono riportati alla luce mese dopo mese.

Gli affreschi della Domus dei Delfini, una nuova casa che ha di fronte la Casa delle nozze d’ar-gento che mostra, come fossero vivi : un pavo-ne, un pappagallo, una pernice, caprioli e delfi-ni. E poi il rinvenimento del Vicolo dei balconi, nella Regio V, che porta intatti i balconi con le anfore ben conservate rovesciate e lasciate in un angolo ad asciugare al sole.

Il 23 dicembre, altro ritrovamento è stato la sa-goma integra di un cavallo, bardato con para-

menti nobili e riportato alla luce con la tecnica dei calchi in gesso. Doveva essere un cavallo da parata. La scoperta è avvenuta nell’area di Civita Giuliana, fuori le mura del sito archeolo-gico di Pompei , dove erano stato arrestati dei tombaroli impegnati a saccheggiare una villa suburbana. Il cavallo, di razza pregiata, era bardato con ric-chi finimenti decorati in bronzo e si presume appartenesse ad un importantissimo magistra-to militare. Forse era stato preparato per cor-rere e soccorrere i cittadini durante l’eruzione, ma anche per lui la morte era arrivata! La sua fine deve essere stata atroce, soffocato dal-le ceneri che avevano invaso la stalla oppure morto per choc termico all’arrivo della nube piroclastica, cioè i vapori bollenti che annienta-rono ogni speranza di sopravvivenza in coloro che non avevano fatto in tempo a fuggire.

POMPEIancora tutta da scoprire

L’ANGOLO DELL’ARCHEOLOGIA

34 LA VOCE DEI NONNI | 01

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L’ANGOLO DELL’ARCHEOLOGIA

La stalla in cui si trovava, si deduce essere stata molto curata. Il cavallo era ancora legato con accanto due o tre cavalli. Che morte atroce subirono! L’eruzione non risparmiò nulla, né piante , né animali, né adulti, né bambini.

Il 25 aprile 2018 è stato ritrovato lo scheletro di un bambino di 7-8 anni, in un ambiente del complesso notevole per grandezza delle Ter-me centrali. Ciò che stupisce è la collocazione inusuale del corpicino rispetto alla stratigrafia vulcanica del 79 d.c. Lo scheletro è emerso durante la pulizia di un ambiente di ingresso. Il piccolo cranio è affiorato al di sotto di uno strato di circa 10 cm., poi le ossa sistemate in modo raccolto. Il tutto ha favorito la formula-zione delle prime ipotesi circa la sua età e il suo essersi rifugiato nelle Terme centrali.

Il piccolo cranio è affiorato al di sotto di uno strato di circa 10 cm., poi le ossa sistemate in modo raccolto. Il tutto ha favorito la formu-lazione delle prime ipotesi circa la sua età e il suo essersi rifugiato nelle Terme centrali. La peculiarità del ritrovamento è che lo schele-tro è emerso dal flusso piroclastico, un insie-me di gas e materiale vulcanico mentre nella stratigrafia dell’eruzione del 79 d.c. si trova nel livello più basso il lapillo e poi la cenere che sigilla il tutto. Dal ritrovamento si deduce che il bambino si era rifugiato in ambiente chiuso dove i lapilli non sono riusciti ad entrare né a far crollare i tetti, mentre il flusso piroclastico

è penetrato dalle finestre durante la fase finale della eruzione.

Mah! Gli ambienti già nel 1877 e 1878 erano stati scavati e forse era stato intercettato anche lo scheletro imprigionato nello strato vulcanico che impediva di realizzare il calco oggi possibi-le per l’avanzata tecnica archeologica. Osanna Massimo, direttore del Parco archeologico di Pompei, con orgoglio riferisce che si è conso-lidato nel tempo un nuovo modello di approc-cio scientifico che in modo interdisciplinare procede negli scavi.Nel team sono impegnati archeologi , architetti, restauratori, ingegneri , geotecnici, archeobotanici, antropologi, vulca-nologi. Lavorano fianco a fianco supportati da risorse archeologiche all’avanguardia per con-segnare alla storia di oggi un nuovo pezzo di storia restituitoci attraverso gli scavi. Così sap-piamo anche che nel 62 d.c. Pompei fu colpita da un terremoto come si presume osservando e studiando le Terme Centrali, sorte tra via di Nola e via Stabiana, su uno spazio vasto spia-nato su edifici preesistenti, forse danneggia-ti da quel terremoto come lo dimostra la loro costruzione posteriore a quella data. Tutto il complesso è sottoposto ad opere di consoli-damento e richiederà molto tempo.

Quanto Pompei ha ancora da consegnarci del-la sua esistenza!

LC

35GENNAIO | 2019

L’ANGOLO DELL’ARCHEOLOGIA

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Era nascosto nei dati del telescopio Kepler della Nasa

Era sfuggito alle ricerche degli astronomi, “na-scosto” com’era tra i dati del telescopio spazia-le Kepler della Nasa, ma alla fine è stato scova-to dall’occhio attento di centinaia di volontari appassionati di spazio sparsi in tutto il mondo: è il raro pianeta K2-288Bb, posto all’esterno del Sistema solare a 226 anni luce di distanza nella costellazione del Toro.

Grande quasi il doppio della Terra, orbita intor-no alla sua stella nella cosiddetta zona abitabi-le, cioè a una distanza tale da consentire l’esi-stenza di acqua liquida in superficie.

“È una scoperta davvero entusiasmante per il modo in cui è stata fatta, per la sua orbita temperata e poi perché pianeti di queste di-mensioni sembrano essere relativamente poco frequenti”, spiega Adina Feinstein, la gio-vane astrofisica dell’Università di Chicago che ha presentato la scoperta al congresso della Società astronomica americana a Seattle, non-ché prima autrice di uno studio in via di pubbli-cazione su The Astronomical Journal.

Nel 2017 il suo gruppo di ricerca aveva già ipo-tizzato l’esistenza del pianeta, dopo che l’ana-lisi dei dati di Kepler aveva fatto emergere due segnali importanti, ovvero due temporanei af-fievolimenti della luce emessa dalla stella ma-dre, possibili indizi del transito di un pianeta.

Gli astrofili scoprono un RARO PIANETA sfuggito agli astronomi

L’ANGOLO DELL’ASTRONOMIA

36 LA VOCE DEI NONNI | 01

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L’ANGOLO DELL’ASTRONOMIA

Per averne la certezza, però, bisognava trovare un terzo segnale che confermasse il transito.

Le osservazioni di Kepler non sembravano contenerlo, ma questo soltanto perché non erano stati esaminati alcuni dati raccolti dal te-lescopio nei giorni successivi alle sue manovre di riposizionamento.

Recuperati e riletti con l’aiuto di un nuovo software, sono stati affidati ai volontari del pro-

getto di Citizen Science ‘Exoplanet explorers’, che aguzzando la vista hanno individuato l’at-tesissimo terzo transito, che ha dato poi il via ad altre osservazioni incrociate fatte con stru-menti come il telescopio spaziale Spitzer del-la Nasa, il telescopio Keck II alle Hawaii e la missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea (Esa).

Fonte: ANSA

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L’ANGOLO DELL’ASTRONOMIA

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Anche quest’anno il 25 ottobre è stato festeg-giato il World Pasta Day, una giornata in cui ha fatto mostra di sé la regina culinaria più amata del mondo.

Qual è il suo nome? La pasta.

Dal 1998 ad oggi continua ad essere amata e cercata e la sua classifica nelle preferenze degli italiani è variata di pochissimo.

L’ADEPI, associazione che accorpa le industrie produttrici dei dolci e della pasta, ha reso noto per statistica di preferenze che gli spaghetti continuano ad essere più amati mentre un’in-dagine di “Just Eat”, specializzata nelle conse-gne a domicilio di piatti ordinati online, dimo-stra che il piatto più richiesto è “la carbonara”.

Nel 2017 il piatto era occupato dalle lasagne che continuano a restare sul podio, però al 3° posto dopo le tagliatelle al ragù.

L’Italia è senza dubbio e ad onore di cronaca il primo produttore di pasta nel mondo, e anche al primo posto nella classifica dei Paesi con-sumatori: 23 kg a testa ogni anno, poi viene la Tunisia con 17 kg a testa e il Venezuela con 12 kg a testa.

E, curiosità tra le curiosità, nel nostro patrimo-nio gastronomico abbiamo 50 tipi di pasta ri-piena e 350 formati di pasta fresca o secca.

Pellegrino Artusi, autore del notissimo libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” penso che gongoli in Paradiso.

LC

VIVA LA PASTAcol pomodoro…

L’ANGOLO DELLA CUCINA

38 LA VOCE DEI NONNI | 01

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L’ANGOLO DELLA CUCINA L’ANGOLO DEGLI

AFORISMILe difficoltà rafforzano la mente, come la fatica rafforza il corpo.

(Lucio Anneo Seneca)

Chi desidera vedere l’arcobaleno, deve imparare ad amare la pioggia.

(Paulo Coelho)

Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere.

(Dalai Lama)

La vita è come uno specchio: ti sorride se la guardi sorridendo.

(Jim Morrison)

La vita è davvero semplice, ma noi insistiamo nel renderla complicata.

(Confucio)Dove c’è una grande volontà non possono esserci grandi difficoltà.

(Niccolò Machiavelli)

La differenza tra gli uomini e le donne: gli uomini conoscono la vita troppo presto; le donne conoscono la vita troppo tardi.

(Oscar Wilde)

In ogni attività la passione toglie gran parte della difficoltà.

(Erasmo da Rotterdam)

Il coraggio non è avere la forza di andare avanti, è andare avanti quando non hai più forze.

(Napoleone Bonaparte)

Le avversità possono essere delle formidabili occasioni.

(Thomas Mann)

Chi non ha affrontato le difficoltà non conosce la propria forza.

(Benjamin Jonson)

Non v’è rosa senza spine. Ma vi sono parecchie spine senza rose.

(Arthur Schopenhauer)

l’aforisma del mese

Il piacere ottenuto con difficoltà resta sempre il più gradito.

Publilio Siro

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CRONACA DI VITA QUOTIDIANA ALL’ASILO DEI NONNI

I ragazzi dell’Anthony’s Rangers del Gruppo di Preghiera di Montepaolo in visita ai nostri nonni

Giovedì 3 gennaio, i ragazzi dell’Anthony’s Rangers del Gruppo di Preghiera di Monte-paolo sono venuti a trovare i nostri nonni per festeggiare il nuovo anno. Erano accompagnati dalle tre insegnanti e loro educatrici Elide, Da-lila, Luisa (nostra presidente).

I nonni hanno gradito tantissimo la loro visita ed hanno gustato gli snacks e i dolcini che i ra-gazzi hanno affettuosamente offerto nell’inter-vallo tra una tombola e l’altra.

È sempre bello per i nonni stare in compagnia dei giovani che portano, con la loro presenza, una ventata di spensierata gioventù!

Bel gesto , il vostro, ragazzi! I nonni vi ringra-ziano.

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CRONACA DI VITA QUOTIDIANA ALL’ASILO DEI NONNI

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GALLERIA FOTOGRAFICA

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CRONACA DI VITA QUOTIDIANA ALL’ASILO DEI NONNI

ARRIVA LA BEFANA! Domenica 6 Gennaio ore 10 puntualissima, ri-spettando la tradizione, arriva la Befana! I nonni l’aspettavano e, chi un po’ perplesso chi, un po’ restio a stringerle la mano, chi inve-

ce sorridente come non mai, l’accolgono con gioia e accettano di farsi fotografare. Bentornata, Befana! Arrivederci al prossimo appuntamento!

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CRONACA DI VITA QUOTIDIANA ALL’ASILO DEI NONNI

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GALLERIA FOTOGRAFICA

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CRONACA DI VITA QUOTIDIANA ALL’ASILO DEI NONNI

IL NOSTRO PRESEPIOChiudiamo la Galleria Fotografica con una foto del nostro tradizionale Presepio, premiato anche quest’anno dal Comitato di San Pietro in Trento e Filetto.

44 LA VOCE DEI NONNI | 01

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si terrà nei giorni 9 e 10 FEBBRAIO 2019 dalle 8,00 alle 18,30 e

TUTTI I MERCOLEDÌ E GIOVEDÌ dalle 14.00 alle 17.00

CRONACA DI VITA QUOTIDIANA ALL’ASILO DEI NONNI

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L’ANGOLO DELL’

UMORISMO- “Dottore, mia moglie è convinta di essere me!”- “Me la porti qui”- “Ma sono davanti a lei, dottore!”

Adamo chiede a Dio: “Perché hai fatto la donna così bella?”Dio risponde: “Perché tu possa amarla”.E Adamo “Allora perché l’hai fatta così stupida?”E Dio “Perché lei possa amare te”

In ambulatorio:- “Ma signora, io sono un veterinario, curo sol-tanto gli animali, non gli esseri umani, chi le ha detto di venire da me per la sua malattia?”- “Mio genero”- “Ah, capisco!!!”

Un medico chiede al collega:- “Ho in cura una paziente molto giovane che sta perdendo la memoria.. cosa mi consigli di fare?”- “Di farti pagare in anticipo!”

Pierino al compagno alla fine del compito in classe: “Come è andata?”.“Male, ho consegnato il foglio in bianco!”.“Maledizione anch’io; la maestra penserà che abbiamo copiato!”.

Il paziente: “Dottore dottore... dove guardo non vedo altro che farfalle!”E il dottore: “Beh... me le metta qui dentro!”

Il marito alla moglie: “Tesoro, bisogna cambiare casa. Ho appena scoperto che il portinaio è sta-to con tutte le donne del palazzo tranne una…”“Sì, lo so” risponde la moglie “è quell’antipatica del terzo piano!”

Il nipote chiede alla nonna: “Mi racconti come era il nonno da giovane?”.E la nonna: “Ah… caro mio, tuo nonno era un grande sfaticato! Una volta gli ho chiesto di aggiustare il rubinetto e lui mi ha risposto «E che so’ io, un idraulico?». Un’altra volta gli ho chiesto di sistemare una mattonella e lui «E che so’ io, un muratore?». Poi però un giorno è tor-nato a casa e ha visto che era stata aggiustata la porta di casa, allora mi ha chiesto «Chi l’ha aggiustata?». E io gli ho detto «È venuto il fi-glio del portiere, ma non ha voluto soldi, mi ha chiesto se andavo a letto con lui o se gli facevo una torta»”.“E tu nonna gli hai fatto una torta?”.“E che ero io, una pasticciera?!”.

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L’ANGOLO DELL’UMORISMO

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Sull’Argine destro del fiume Montone (linea di confine tra la provincia di Ravenna e quella di Forlì), nel cuore rurale della Romagna, da oltre 200 anni sorge l’antica Trattoria da Luciano.

Un tempo osteria di passaggio e luogo di ristoro frequentata da viandanti e birocciai, grazie alla sapiente conduzione famigliare di padre Luciano, madre Mina e le figlie Nadia e Sandra, la trattoria da Luciano è oggi punto di riferimento per tutti gli amanti della miglior cucina della tradizione romagnola.

Unica quanto rara, custode di sapori autentici ormai dimenticati e di una saggia esperienza, la cucina propone i piatti della tradizione con un pizzico di genuina creatività: la sfoglia per la preparazione della pasta si tira ancora a mano e i sughi si preparano con ore ed ore di paziente lavorazione, con materie prime freschissime, pro-venienti esclusivamente dal bacino locale.

La verde campagna antistante, l’orto con le verdure, il pollaio all’aperto, le caprette, le oche e i pulcini sono la cornice di questo angolo di Romagna dove si respira quella famigliarità che fa sentire ogni ospite come a casa propria.

Così, come per incanto, ad ogni piatto ritroverai gli antichi sapori di una volta. Quelli della tua infanzia, quando la nonna in cucina tirava la sfoglia con uova di giornata.

Scritto da MARIO...un Cliente della Trattoria da Luciano

Trattoria da“Luciano”

Via Fiume Montone, 1 - Ponte Vico - 48026 Russi (RA)Tel./Fax 0544 58 13 14 - Cell. trattoria 340 72 42 771 (dalle 9,00 alle 20,00)

www.trattoriadaluciano.it

• uscita da Ravenna seguire indicazioni Russ-Prada

• da Faenza per Prada (via Provinciale)

• da Forlì per Villafranca (via Lughese) prodeguire fino alla Trattoria

N.B. per i satellitari NON seguire via Montone 1

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Vini DOC, DOCG, classici della RomagnaChardonnay, Sauvignon bianco e Cabernet

Az. Agr. Colombina di Garofoli LucianoVia Trò Meldola, 1541 • 47032 Loc. Fratta Terme • Bertinoro (FC)

tel./fax +39 0543 460658 • mail: [email protected] • www.colombina.it

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LA POSTA DEL DIRETTORE

Carissimi lettrici e lettori,

il tempo passa inesorabilmente! Archiviate le festività natalizie e dopo aver ricevuto la tradizionale visita della Befana nonché quella dei ragazzi del Catechismo di S. Pietro in Vincoli accompagnati dal carissi-mo amico Paolo, come evidenziato nella Gal-leria Fotografica, ci accingiamo adesso a fe-steggiare il Carnevale.

I nonni si sono già messi all’opera per prepa-rare “ricchi premi e cotillions”, mascherine e

quant’altro servirà ad abbellire le sale del no-stro Centro guidati, come sempre, dall’estrosa Mariasilvia.

In merito al Carnevale, sarete messi al cor-rente del giorno e ora in cui lo festeggeremo assieme a parenti e amici dei nostri nonni me-diante posters che saranno affissi in bacheca.

Un affettuoso abbraccio,Giuseppe Russo

50 LA VOCE DEI NONNI | 01

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Centro Diurno Assistenziale e Comunità Alloggio

ASILO DEI NONNIS. GIOVANNI PAOLO IIVia Ravegnana, 737 - COCCOLIA (RA)Tel. 0544 569177 - Fax 0544 239947

e-mail: [email protected] site: www.asilodeinonni.eu