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Melchiorre Delfico, un illuminista ingiustamente dimenticato di F. E. Chi sia Melchiorre Delfico, giurista ed economista a cui la città di Teramo ha intestato la Biblioteca Provinciale ed il Liceo Classico cittadino, non è forse così noto a tutti, come dovrebbe. E’ nostra intenzione ricordare i suoi valori e le sue qualità di uomo illuminato e grande interprete del suo tempo. Tra le grandi imprese di cui si fece promotore c’era anche quella di istituire, nel 1788, una Università a Teramo, per l’Istituzione della quale segnalò l’allora ventiduenne ingegnere Carlo Forti 1 , che come allievo del Fergola gli offriva le migliori garanzie perché ne fosse il docente per la matematica. L’accostamento tra i due è di interesse notevole perché se il Delfico condusse culturalmente la Teramo di allora, fuori da quello che era una sorta di retaggio feudale, quindi per la strada del sapere e della cultura, non da meno fu il Forti, che costruì le strade per il mare e per la montagna, i ponti, le fogne e il cimitero, portando la Teramo di allora, tecnicamente, fuori dallo spirito feudale. Melchiorre Delfico nacque a Leognano di Montorio al Vomano (Te) il 1° agosto 1744, da Berardo Delfico e Margherita Civico, una tra le più importanti famiglie della Teramo settecentesca, nel castello baronale dove s’erano ricoverati per conservar fede a Carlo III, e togliersi a’ rischi dell’invasione alemanna, onde a qu’ tempi i confini terrestri del Reame di Napoli andavano in buona parte travagliatila quale fedeltà Melchiorre rammentò spesso ai Regnanti, per suo interesse 2 . Il clima sociale, politico e culturale in cui si formò fu quello del Regno di Napoli e di Sicilia (di cui l’Abruzzo faceva parte) che, al momento della sua nascita, vedeva appunto, sul trono, Don Carlos di Borbone (Carlo III), a cui era stato assegnato nel 1738, dopo la Pace di Vienna. Il regno che Don Carlos di Borbone governò per circa 20 anni (1738-1759) aveva visto alternarsi corone e relative politiche di governo diverse e contrastanti. Nel 1500 e 1600 la gestione spagnola represse e mortificò i comuni esistenti creando un clima non propizio a qualsiasi forma di evoluzione ed emancipazione e causando di fatto la perdita dell’antico prestigio di tutti i grandi centri. Dopo le guerre di successione in Spagna e la formazione della Grande Alleanza (1701) il Napoletano prima e l’Abruzzo poi, furono occupati dagli Austriaci (Alemanni). A questi fu poi assegnato ufficialmente l’intero Regno di Napoli con i trattati di Utrecht (1713) e Rostadt (1714). La politica austriaca, prima della guerra di successione austriaca e la nomina di Carlo III nel 1738, fu caratterizzata da programmi di mutamento formulati con l’intento di dare nuovo impulso al Regno, ma che di fatto causarono la scomparsa, tra gli altri, di due grandi feudi: gli Acquaviva nel Ducato di Atri e i Caracciolo tra il Sangro e il Trigno, scomparsa che comportò inevitabil-mente conseguenze economiche, sociali e culturali in tutti livelli della popolazione. 1 Cfr. Eugeni, Carlo Forti, allievo di Nicolò Fergola, ingegnere sul campo, Edilgrafital, Teramo, 2004. In questo volume queste note su Delfico figurano in appendice. 2 Cfr. G. De Filippis-Delfico, Della vita e delle opere di Melchiorre delfico, 2 voll., Teramo 1836.

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Chi sia Melchiorre Delfico, giurista ed economista a cui la città di Teramo ha intestato la Biblioteca Provinciale ed il Liceo Classico cittadino, non è forse così noto a tutti, come dovrebbe. E’ nostra intenzione ricordare i suoi valori e le sue qualità di uomo illuminato e grande interprete del suo tempo. Tra le grandi imprese di cui si fece promotore c’era anche quella di istituire, nel 1788, una Università a Teramo, per l’Istituzione della quale segnalò l’allora ventiduenne ingegnere Carlo Forti1, che come allievo del Fergola gli offriva le migliori garanzie perché ne fosse il docente per la matematica. L’accostamento tra i due è di interesse notevole perché se il Delfico condusse culturalmente la Teramo di allora, fuori da quello che era una sorta di retaggio feudale, quindi per la strada del sapere e della cultura, non da meno fu il Forti, che costruì le strade per il mare e per la montagna, i ponti, le fogne e il cimitero, portando la Teramo di allora, tecnicamente, fuori dallo spirito feudale. Melchiorre Delfico nacque a Leognano di Montorio al Vomano (Te) il 1° agosto 1744, da Berardo Delfico e Margherita Civico, una tra le più importanti famiglie della Teramo settecentesca, nel castello baronale dove “s’erano ricoverati per conservar fede a Carlo III, e togliersi a’ rischi dell’invasione alemanna, onde a qu’ tempi i confini terrestri del Reame di Napoli andavano in buona parte travagliati” la quale fedeltà Melchiorre rammentò spesso ai Regnanti, per suo interesse 2. Il clima sociale, politico e culturale in cui si formò fu quello del Regno di Napoli e di Sicilia (di cui l’Abruzzo faceva parte) che, al momento della sua nascita, vedeva appunto, sul trono, Don Carlos di Borbone (Carlo III), a cui era stato assegnato nel 1738, dopo la Pace di Vienna. Il regno che Don Carlos di Borbone governò per circa 20 anni (1738-1759) aveva visto alternarsi corone e relative politiche di governo diverse e contrastanti. Nel 1500 e 1600 la gestione spagnola represse e mortificò i comuni esistenti creando un clima non propizio a qualsiasi forma di evoluzione ed emancipazione e causando di fatto la perdita dell’antico prestigio di tutti i grandi centri. Dopo le guerre di successione in Spagna e la formazione della Grande Alleanza (1701) il Napoletano prima e l’Abruzzo poi, furono occupati dagli Austriaci (Alemanni). A questi fu poi assegnato ufficialmente l’intero Regno di Napoli con i trattati di Utrecht (1713) e Rostadt (1714). La politica austriaca, prima della guerra di successione austriaca e la nomina di Carlo III nel 1738, fu caratterizzata da programmi di mutamento formulati con l’intento di dare nuovo impulso al Regno, ma che di fatto causarono la scomparsa, tra gli altri, di due grandi feudi: gli Acquaviva nel Ducato di Atri e i Caracciolo tra il Sangro e il Trigno, scomparsa che comportò inevitabil-mente conseguenze economiche, sociali e culturali in tutti livelli della popolazione.

1 Cfr. Eugeni, Carlo Forti, allievo di Nicolò Fergola, ingegnere sul campo, Edilgrafital, Teramo, 2004. In questo volume queste note su Delfico figurano in appendice.

2 Cfr. G. De Filippis-Delfico, Della vita e delle opere di Melchiorre delfico, 2 voll., Teramo 1836.

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Melchiorre Delfico si formò alla Scuola di Napoli, dove si recò undicenne, e fu allievo del grande filosofo napoletano Antonio Genovesi (1713-1769), essendo contemporaneo di altri grandi allievi dello stesso, quali Domenico Grimaldi e Giuseppe Maria Galanti. Nel 1759, quando il Delfico era quindicenne, Ferdinando di Borbone (terzo figlio di Carlo III), a soli otto anni, salì al trono del Regno di Napoli con il nome di Ferdinando IV e a quello del Regno di Sicilia con il nome di Ferdinando III. Nei suoi venti anni di regno Carlo III aveva attuato una diminuzione degli oneri fiscali, dando un po’ di respiro all’economia. Ferdinando si contraddistinse per il suo spirito riformatore, fu affiancato da Bernardo Tanucci, un Primo Ministro all’altezza del compito, ma la sua politica riformista fu fortemente condizionata dalla aristocrazia terriera ancora presente e molto potente. Di fatto, quindi, le riforme non incisero in modo profondo né sulla cultura né sulla struttura sociale del Regno. Intanto dall’altra parte dell’oceano era scoppiata la Rivoluzione Americana (1775), nel 1789 l’onda rivoluzionaria raggiunse la Francia e Ferdinando, privo del Primo Ministro allontanato per intrighi di corte, ebbe una reazione di chiusura fino ad arroccarsi su posizioni reazionarie e dichiarare guerra alla neonata Repubblica Francese nel 1798. Melchiorre Delfico era un solerte funzionario borbonico cinquantaquat-trenne quando i Francesi costrinsero alla fuga i Borboni e assistè alla nascita della Repubblica Partenopea guidata da un gruppo di intellettuali di formazione illuministica, profondamente democra-tici e riformisti. Ma assistè anche al rapido fallimento di questa impresa che non riuscì ad attuare le riforme, forse troppo teoriche, anche in seguito alla reazione che l’intera popolazione ebbe nei confronti delle nuove idee francesi e senza fede. Nella sua lunga vita (quasi 90 anni) fu filosofo, economista, amministratore, uomo di Stato, visse i grandi cambiamenti storici e sociali e respirò un’aria di grande fervore riformista. Ci ha lasciato circa 250 importanti opere, di cui 70 edite, relative a quasi tutto lo scibile umano, opere molto profonde, forse troppo per essere conosciute dal grande pubblico 3. Gli argomenti di cui si occupò furono veramente tanti e volendo sintetizzare si può parlare di: morale, matrimonio, coltivazione del riso, inutilità della storia, abolizione della schiavitù, risanamento dell’ambiente, rimboschi-mento, socializzazione, civilizzazione, numismatica, preferenza dei sessi nelle successioni, economia, istruzione pubblica, urbanistica, porto di Pescara, medicina omeopatica, pesi e misure. Negli ultimi decenni del 1700 nasce in Abruzzo un movimento culturale e riformista, noto come Rinascenza Teramana, di cui Melchiorre Delfico è considerato uno dei principali ispiratori, se non il fondatore e principale esponente. In quel periodo il problema era distruggere ogni retaggio feudale che potesse costituire ostacolo per la crescita politica ed economica della società meridionale. Mediante prove indiziarie tenteremo di provare, nel terzo paragrafo di questa appendice, che il gruppo degli aderenti alla Rinascenza Teramana, coincideva con una segreta Loggia massonica, della quale si aleggiava l’esistenza e l’operosità fin dal 1775, anno in cui se ne trova traccia esplicita cosiddetto Notiziario Crocetti, opera manoscritta del parroco Don Saverio Crocetti riguardante una cronaca del tempo di Mosciano S. Angelo, e tracce, forse più espressive e dirette, nel processo intentato contro Melchiorre Delfico, Alessio Tullj e Berardo Quartapelle, accusati di settarismo per il sospetto, appunto, che nel loro circolo culturale si nascondesse una setta

3 Vedasi G. Pannella, Opere complete di Melchiorre delfico, (4 voll.), Teramo 1901-1904.

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massonica perniciosa allo Stato e al Re. Come riportato anche nel suddetto, dal Crocetti, nel Notiziario4, Tanucci comunicò che il Re Ferdinando aveva ordinato … di trasmettere al Vescovo il tutto, a ciò che si proceda a tenor degli ordini di re Carlo, e differirsi al comandante di Teramo tutti gli aiuti necessari per l’esatta, efficace ed esemplare giustizia. Tuttavia, nonostante il processo che, come afferma il Crocetti, dopo qualche tempo fu posta la cosa in silenzio. Melchiorre Delfico fu molto attivo per l’abattimento dei retaggi feudali e si occupò, con solerte impegno nel promuovere la libertà del commercio, della maggior distribuzione della proprietà e formulò e propose nuovi ed illuminati sistemi tributari e doganali. Così il Delfico nel 1774, dimesso l’abito clericale, pubblica il Saggio filosofico sul matrimonio, sua prima opera a stampa, senza indicazione di autore e di editore, vero documento laico, peraltro incappato nelle maglie della censura. Ebbe a scrivergli il Dragonetti5: …Intanto ne felicito l’autore per parte dell’umanità, e della natura. Né mancherà di ringraziarlo Venere istessa, non già quella, che risiede in Pafo, e Citera, circondata di mille impudichi amori, e da uno stuolo di grazie lascive, che tendono lacci insidiosi agli incuti cuori, ma a quella Venere, che richiama l’uomo alle virtù sociali, ai piaceri innocenti, e alla produzione d’una prole virtuosa …. Nello stesso tempo mi avanzo a pregarvi di significarmi il nome dell’Autore acciocché possa unirlo co’ nomi celebri de’ Montesquieu, e de’ Rosseau, che formano l’oggetto della mia ammirazione. … L’anno successivo, il 1775, viene pubblicata l’opera Indizj di Morale, questi colpiti ancora più duramente dalla censura che opera il sequestro dell’opera. A causa di questo libro prende consistenza la prima denuncia per settarismo per il Delfico e i suoi amici membri della Rinascenza quali Berardo Quartapelle ed Alessio Tullj con altri eminenti studiosi della Rinascenza Teramana, i quali per sottrarsi alla prigione si allontaneranno da Teramo. Scrive il Venturi 6 che … la famiglia Delfico, negli anni attorno al 1775, era diventata il centro di una rinnovata vita intel-lettuale a Teramo e, probabimente, il nucleo che attorno a loro si andava formando aveva già preso la veste di una Loggia massonica …. Ed è noto che le persone che erano attorno a Melchiorre Delfico ed i suoi fratelli Giamberardino e Gianfilippo erano i vari: Berardo Quartapelle, Giovanni Bernardino Thaulero ed Alessio Tullj, quest’ultimo coinvolto pure nel processo. Scrive ancora il Venturi7 riguardo al Delfico: …venne un conflitto locale, riguar-dante certe monache fuggite dal loro convento, a finir d’inimicargli le autorità locali. Nel Gennaio 1778 [Delfico] fu costretto ad allontanarsi e a recarsi a Napoli. Una complessa inchiesta venne imbastita, e finalmente gli imputati furono indultati dal re. Nelle alterne vicende del primo periodo (1777-1798) del Delfico, che potrebbe essere definito riformista, ricordiamo, come evento significativo, che nel 1783 fu nominato Assessore militare del Re per la Provincia di Teramo, carica che ricoprì fino al 1791 e fece parte anche del Consiglio delle Finanze. Nonostante ricoprisse una carica

4 Cfr. Giovanna Manetta Sabatini, Mosciano Sant’Angelo nell’Abruzzo Teramano e nel Regno di Napoli durante il

secolo XVIII, Mosciano, Teramo 1997.

5 Vedasi: V. Clemente, Rinascenza Teramana e riformismo napoletano (1777-1789), Ed. di Storia e Letteratura,

Roma 1981, alle pagg. 34-43.

6 Vedasi: V. Clemente, Rinascenza…, op. cit. pag. 36-37 (Dragonetti), 42 (Venturi).

7 V. il volume del Delfico: Memorie Storiche della Repubblica di San Marino, Songogno, Milano 1804.

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importante come funzionario borbonico i suoi rapporti con la famiglia regnante finirono per deteriorarsi, tanto che partecipò in prima persona all’avventura della Repubblica Partenopea. Finì quindi col ricoprire importanti cariche anche durante l’invasione francese: fu Presidente della municipalità di Teramo, amministratore generale, Presidente del Supremo Consiglio di Pescara ed anche membro del Governo provvisorio della Repubblica Partenopea. Riuscì a scampare alla prima restaurazione borbonica, nel 1799, ma era ormai visto come un filosofo riformista ed un cospiratore, tanto da guadagnarsi l’esilio, a partire dal maggio dello stesso anno. Ancora da ricordare il tentativo, del 1790, di istituire una piccola Università il Delfico propone cinque cattedre e precisamente propone al Re: Giovanni Thaulero (anni 44) per la morale, Biagio Michitelli per la letteratura, Berardo Carlucci di Accumuli per la filologia, Vincenzo Cuomo di Napoli per la Medicina, Carlo Forti per la Matematica, e Gianfilippo Delfico come sovrintendente. Il tentativo non ebbe successo. Finito questo primo periodo per il Delfico inizia un secondo periodo (1799-1805) che coincide con il suo esilio nella Repubblica di San Marino, dove per altro gli furono tributati molti onori e di cui ricevette la cittadinanza. Ricordiamo che nell’atrio del Palazzo del Governo della Repubblica di San Marino, per colui che ne scrisse la storia8, è murata una epigrafe, a Lui dedicata, dettata da B. Borghesei. Questo secondo periodo vede un Delfico riflessivo, dedito a ricerche in vari campi, circondato da personaggi colti e nobili con cui strinse profonde e durature amicizie9. Il 9 giugno 1806 la sorte del Nostro subì un’altra notevole svolta, infatti, un messo proveniente da Napoli gli consegnò, da parte di Giuseppe Bonaparte Re delle Due Sicilie, la nomina a Consigliere di Stato del nuovo Governo Bonapartista. Inizia così il terzo periodo (1806-1815), definibile come “periodo francese”, durante il quale il Delfico, sessantaduenne, fu uomo di Stato di Giuseppe Bonaparte prima e di Gioacchino Murat dopo. Il decennio francese lo vide protagonista del neo riformismo bonapartista che fu cruciale per lo sviluppo del Mezzogiorno con il suo carico di riforme: la riforma dei Comuni e delle Province, un nuovo sistema tributario, il debito pubblico, la legge del 2 agosto 1806 che abolì definitivamente il feudalesimo, la creazione della Corte dei Conti, il nuovo assetto delle dogane. Poiché tutte le riforme volute dai due Re bonapartisti erano in realtà progetti illuministici pensati già dai Borboni, Melchiorre Delfico si rivelò l’uomo giusto al momento giusto, vista la sua lunga esperienza borbonica, anche se, da partesua, servì sempre e unicamente i propri ideali e la società meridionale. Nel 1809 assunse la Presidenza della Sezione dell’Interno del Consiglio di Stato (in due occasioni sostituì per qualche mese il Ministro agli Interni Zurlo), fu membro delle Commissioni per la pubblica istruzione, per le lauree particolari, per le pensioni, per le riforme del Codice Civile e dei tribunali, per la riforma del Catasto. Nel 1814 Murat lo insignì del titolo di Barone. Si può quindi sostenere che nel decennio 1806-1816 Melchiorre Delfico ha esercitato una profonda influenza sulle linee di sviluppo del Mezzogiorno d’Italia. Ma una ulteriore svolta stava per verificarsi nella sua vita: Napoleone viene esiliato all’Elba, dove Delfico gli inviò una lettera in cui lo incitava a farsi promotore della ricostruzione politico - economica d’Italia. Ma il Regno Napoleonico era di fatto finito.

8 MELCHIORRE BERNARDI / MARCH. F. DELFICO / INTRA MONTI PRAETUTIANO / PHILOSOPHO ET PHILOLOGO ILLUSTRI / OB

HISTORIAM DE REBUS NOSTRIS / QUAM APUD NOS MORATUS / EDIDIT LAUDATISSIMAM / EX S. C. / CIVI OPTIME / MERITO / DED. XII KAL. MART. / IULIANO MALPELLO VI / BLASIO MARTELLO / COSS.

9 L’amicizia più significativa, e forse discussa, fu con Giuseppe Mercuri, che durò per tutta la sua vita, testimoniata da un epistolario di ben 800 lettere.

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Nel 1815, durante la seconda e definitiva restaurazione borbonica, Delfico viene confermato nella carica della Commissione Generale degli Archivi del Regno. Inizia così il quarto periodo (1815-1823) della sua lunga vita. Ferdinando unisce il Regno di Napoli ed il Regno di Sicilia e assume il nome di Ferdinando I. L’esperienza di Melchiorre Delfico era tanta e tale che Ferdinando non volle rinunciare alla sua competenza e, nel 1820, ormai settantaseienne, ottenne due incarichi di grande prestigio: le Presidenza della Giunta di Governo e la traduzione della Costituzione spagnola. Nel 1823, quando al trono era salito Francesco I, Delfico, ottantenne, abbandonò le attività politiche e si ritirò a Teramo, dove visse per altri dieci anni e si spense il 21 giugno 1835. Va ricordato inoltre che Melchiorre Delfico fu Socio di numerosissime Accademie e Presi-dente dell’Istituto d’Incoraggiamento a Napoli. Chiudiamo il paragrafo ripor-tando le parole:

“EAT IN POSTEROS DELPHICA LAUROS” che formano il motto della famiglia Delfico10, che riferisce di una cultura che Melchiorre Delfico dimostrò di possedere e che seppe trasmettere ai posteri con l’esempio della sua stessa vita dedicata al bene degli uomini e della sua meravigliosa terra d’Abruzzo.

10 Il motto è leggibile nell’atrio del Liceo Classico di Teramo, appunto intitolato a Melchiorre delfico e significa: “SIA

TRASMESSO AI POSTERI L’ALLORO DEI DELFICO”.