Meglio studiare da ingegnere o fare il lavapiatti?

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48 Mixer GIUGNO 2013 Lavoro PUBBLICO ESERCIZIO Meglio studiare da ingegnere o fare il lavapiatti? maggio 2013 Egregio Signore Dott. Lino Stoppani Presidente FIPE e, p.c. Egregi Signori Componenti il Comitato Direttivo FIPE Caro Lino, vorrei esprimere il mio parere in merito ad un argomento di fondamentale importanza; senz’altro non darò le riposte ai problemi che stiamo viven- do, ma magari il mio punto di vista può essere d’aiuto. Partiamo dagli anni ‘80-’90, anno in cui la maggior parte dei genitori decise che i pro- pri figli dovevano diventare, dottori, ingegneri, avvocati e ragionieri. Questo desiderio ha fatto sì che le nostre università scop- piassero di iscritti, in qualun- que facoltà c’erano centinaia e centinaia di studenti. Nel frattempo però, nel mondo lavorativo, venivano a mancare le risorse umane. Prima di quel momento era dovere di ogni componente della famiglia contribuire al mantenimento della famiglia stessa, in qualsiasi modo e in qualsiasi posto. Negli ultimi tempi invece si è iniziata a fare una selezione: questo lavoro sì e quest’altro no, questo sì, ma, però, do- potutto… Ecco che l’alto tasso di disoc- cupazione che rileviamo ai giorni nostri possiamo dire che ha avuto origine proprio in quel contesto. Ad oggi quindi ci troviamo con: autisti che vanno a fare le consegne nei locali, tut- ti sudamericani; lavapiatti e lavapentole, tutti indiani (io personalmente ho una deci- na fra srilankesi, thailande- si, tutti assunti); aiuti cucina, anch’essi stranieri; personale addetto alle pulizie, stranieri. Ecco che ad esempio, al Caffè Milano di via Dante, su 25 dipendenti, 13 sono stranieri. Per non parlare degli ospe- dali e delle case di cura per anziani, dove servono infer- mieri ma ci sono solo dottori. Ma non solo: non mi risulta nemmeno che ci siano ba- danti o colf di nazionalità italiana. E non diciamo che è perché gli stranieri costano di meno, la busta paga non dipende dalla nazionalità. In queste nostre realtà lavo- rative, in cui il 20-30% del- la forza lavoro è straniera, succede quindi che il dipen- dente, stipendiato per 1.300 € al mese, manda al suo paese gran parte di questo stipen- dio. Così come decenni fa facevano gli emigrati italiani. Ecco che aumentano le spe- dizioni di denaro all’estero a discapito dei consumi nel nostro territorio. Da qui il legame fra disoccu- pazione e crisi, intesa come crisi dei consumi. Bisognerebbe dire ai genitori di oggi di consigliare ai loro figli ingegneri, architetti, av- vocati..., piuttosto che stare a casa, di andare a chiedere un posto come lavapiatti o come addetto alle pulizie. Allora gridiamo a noi stessi che i nostri figli, anche se hanno studiato da ingegneri, da domani dovranno andare a lavare i vetri al Caffè Milano di via Dante al posto dello sri- lankese, o a fare l’aiuto cuoco dell’aiuto cuoco al posto del cinese. “Avrai anche studiato da dot- tore, ma vai a fare la badante”. Ogni lavoro è onorevole e dignitoso. Questi gli eventi principali che secondo la mia opinione hanno portato alla situazione attuale dell’Italia. Un caro saluto Giuseppe Gissi

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48 mixer giugno 2013

Lavoropubblico esercizio

Meglio studiare da ingegnere o fare il lavapiatti?

maggio 2013

Egregio Signore

Dott. Lino Stoppani

Presidente FIPE

e, p.c.Egregi Signori

Componenti il Comitato Direttivo FIPE

Caro Lino,vorrei esprimere il mio parere in merito ad un argomento di fondamentale importanza; senz’altro non darò le riposte ai problemi che stiamo viven-do, ma magari il mio punto di vista può essere d’aiuto. Partiamo dagli anni ‘80-’90, anno in cui la maggior parte dei genitori decise che i pro-pri figli dovevano diventare, dottori, ingegneri, avvocati e ragionieri.Questo desiderio ha fatto sì che le nostre università scop-piassero di iscritti, in qualun-que facoltà c’erano centinaia e centinaia di studenti.Nel frat tempo però, nel mondo lavorativo, venivano a mancare le risorse umane.Prima di quel momento era dovere di ogni componente della famiglia contribuire al mantenimento della famiglia stessa, in qualsiasi modo e in qualsiasi posto.Negli ultimi tempi invece si è iniziata a fare una selezione: questo lavoro sì e quest’altro no, questo sì, ma, però, do-potutto…Ecco che l’alto tasso di disoc-cupazione che rileviamo ai

giorni nostri possiamo dire che ha avuto origine proprio in quel contesto.Ad oggi quindi ci troviamo con: autisti che vanno a fare le consegne nei locali, tut-ti sudamericani; lavapiatti e lavapentole, tutti indiani (io personalmente ho una deci-na fra srilankesi, thailande-si, tutti assunti); aiuti cucina, anch’essi stranieri; personale addetto alle pulizie, stranieri.Ecco che ad esempio, al Caffè Milano di via Dante, su 25 dipendenti, 13 sono stranieri.Per non parlare degli ospe-dali e delle case di cura per anziani, dove servono infer-mieri ma ci sono solo dottori.Ma non solo: non mi risulta nemmeno che ci siano ba-danti o colf di nazionalità italiana.E non diciamo che è perché gli stranieri costano di meno, la busta paga non dipende dalla nazionalità.In queste nostre realtà lavo-rative, in cui il 20-30% del-la forza lavoro è straniera, succede quindi che il dipen-dente, stipendiato per 1.300 € al mese, manda al suo paese gran parte di questo stipen-

dio. Così come decenni fa facevano gli emigrati italiani.Ecco che aumentano le spe-dizioni di denaro all’estero a discapito dei consumi nel nostro territorio.Da qui il legame fra disoccu-pazione e crisi, intesa come crisi dei consumi.Bisognerebbe dire ai genitori di oggi di consigliare ai loro figli ingegneri, architetti, av-vocati..., piuttosto che stare a casa, di andare a chiedere un posto come lavapiatti o come addetto alle pulizie. Allora gridiamo a noi stessi che i nostri figli, anche se hanno studiato da ingegneri, da domani dovranno andare a lavare i vetri al Caffè Milano di via Dante al posto dello sri-lankese, o a fare l’aiuto cuoco dell’aiuto cuoco al posto del cinese.“Avrai anche studiato da dot-tore, ma vai a fare la badante”.Ogni lavoro è onorevole e dignitoso. Questi gli eventi principali che secondo la mia opinione hanno portato alla situazione attuale dell’Italia.Un caro saluto

Giuseppe Gissi

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Roma, 13 maggio 2013

Il Presidente

CaroGiuseppe Gissi

Caro Giuseppe,i temi del lavoro vanno sempre approfonditi con grande pru-denza, perché la complessità delle dinamiche che lo carat-terizzano non possono sem-pre avere un’unica chiave di lettura.Infatti, ognuno legge i fatti con le proprie esperienze e sensi-bilità, che non possono essere generalizzate.Per esempio, il tema della di-soccupazione giovanile non può trovare la sola spiegazione nella meritoria scolarizzazione della popolazione, che ha ele-vato la preparazione e la cul-tura delle nuove generazioni, facendo però deviare le loro scelte professionali, con il pa-radosso che Tu interpreti, dove la mancanza di personale da dedicare ai mestieri (muratore, infermiere, idraulico, pizzaio-lo, cuoco, cameriere, barista, etc.) contrasta con il crescente dato della disoccupazione, so-

prattutto quella giovanile.Questo porta anche al super-ficiale accanimento contro le nuove generazioni, accusate di pigrizia e di scarsa propensio-ne al sacrificio, soprattutto se il confronto viene fatto con quel-le più anziane, che sui bisogni, la passione e l’intraprendenza hanno coltivato il progresso del nostro Paese.Sui cambiamenti della socie-tà, e la sua evoluzione, parla la storia e chi ha più titolo di me; mi permetto solo precisare che i giovani sono soprattutto vittime delle scelte di chi li ha preceduti e se guardi all’eredità che lasciamo loro in termini di inquinamento, devastazione dei territori, debito pubblico, valori (morali, civili, politici, associativi, culturali, etc.), com-prenderai le responsabilità da addebitare alla nostra genera-zione.I giovani vanno aiutati, educati e guidati, con quelli che sono i

veri valori della vita, compresa anche la severità dell’insegna-mento, che comporta anche la fertilizzazione del sacrificio e della rinuncia, sui quali conso-lidare personalità, carattere ed esperienza utili per affrontare le difficoltà della vita.Ogni generazione contribuisce a suo modo alla evoluzione del-la specie; noi abbiamo fatto la nostra parte, non sempre bene.Lasciamo ora spazio ai giovani, accompagnandoli anche con un po’ di pazienza nell’aspetta-re i risultati, ma l’innovazione, la ricerca, i cambiamenti sono spesso dettati dai nostri ragaz-zi, che rispetto a noi hanno, oltre alla preparazione scola-stica, vantaggi strategici nella forza fisica e nell’entusiasmo.Cordialmente.

Non è la giustificazione alle debolezze o all’incapacità ad intervenire sui bisogni delle

aziende, ma una constatazione, sulla quale ognuno ha il suo punto di vista.

L’ultimo Comitato Direttivo della Federazione aveva proposto, costruttivamente, di

selezionare i temi più importanti da gestire nelle trattative per il rinnovo del CCNL, assegnando le

priorità, per poi andare alla verifica con le OO.SS..

Ritengo che il ruolo della Federazione sia, principalmente, quello di raccogliere le

aspettative delle aziende, sulle quali impostare una linea sindacale sostenibile, dal punto di vista

economico, tecnico, politico e anche sociale.

Dobbiamo però evitare di alimentare “l’agenda dei sogni”; pensare in grande apre

certamente scenari interessanti e alimenta giuste speranze, ma anche illusioni, che una Federazione

ha il dovere di evitare, anche per serietà e rispetto ai problemi degli Associati.

Il momento è di una gravità epocale, che richiede anche responsabilità nell’azione sindacale.

Forse è il momento anche di decisioni straordinarie e gli eventi spesso sono anche più veloci della

fantasia.

Certamente da questa crisi si esce mettendo in discussione “status-quo” ormai inadeguati

rispetto ai tempi, su tanti aspetti, anche quelli delle relazioni sindacali, oggi ancora ingabbiate in

rituali datati.

Il passaggio però va fatto con una visione illuminata del futuro e al riguardo abbiamo

bisogno di fare luce e, purtroppo, il buio che ci circonda non favorisce la scelta della giusta

direzione.

Non è solo un problema di F.I.P.E., ma di tutto il nostro sistema economico, che da (troppo)

tempo si aspetta riforme che rilancino il Paese, che richiedono un diverso atteggiamento anche delle

Parti Sociali, noi compresi e per primi!

Raccolgo quindi con lo spirito costruttivo che le hanno suggerite le Tue riflessioni, certo che

con lo stesso approccio, oltre che con la benevolenza e l’obiettività che Ti contraddistinguono,

raccoglierai questo riscontro.

Da parte mia, l’impegno a riscontrare le sollecitazioni in azione sindacale, con il contributo di

tutta la Dirigenza della Federazione, chiamata a gestire le problematiche del settore in un quadro

quanto mai degenerato, e non per colpa propria!

Con sentimenti di riconoscenza e affezione, un cordiale affettuoso saluto.

Lino Enrico Stoppani

Piazza G.G. Belli, 2 - 00153 ROMA

Tel. 06.58.39.21 - Fax 06.581.86.82

Web: www.fipe.it - Email: [email protected]

Il Presidente Roma, 11 marzo 2013

Prot. n. 416

Egregio Signor

Giorgio Buratti

Presidente F.I.P.E. Trento

e, p.c.

I Componenti il Comitato Direttivo F.I.P.E.

Caro Giorgio,

non è mai facile riscontrare la Tua corrispondenza, non solo per la complessità dei temi che

sottoponi all’attenzione mia e dei Consiglieri della Federazione, ma anche per gli aspetti associativi

che le Tue comunicazioni alimentano.

Sarebbe molto più comodo disimpegnarsi di fronte alle Tue sollecitazioni, rimandando gli

approfondimenti all’interno degli Organi deputati ad affrontare gli argomenti sindacali, posizione

che sarebbe ineccepibile, almeno formalmente!

Tra l’altro, solleciti riflessioni su temi di Diritto del Lavoro in piena campagna per il rinnovo

del CCNL di categoria, con il rischio di invadere campi già presidiati, offrire informazioni sensibili

alle nostre controparti sindacali, alimentare confusione in una situazione ricca di poche idee.

Consapevole quindi della delicatezza del momento, anche per gli effetti di una crisi che sta

devastando i conti economici delle aziende, tento un riscontro, suggerito non solo dalle

responsabilità che mi competono, ma anche dalla onestà e dalla passione che Ti spingono ad

alimentare dialettica su argomenti che ritieni giustamente importanti.

Le proposte di buttare a mare tutto, rifare il CCNL, riscrivere lo Statuto dei lavoratori e le

regole del lavoro, sono già state presentate più volte, e non solo da Te, posizione assolutamente

comprensibile, se vista con le difficoltà delle aziende.

Sui temi giuslavoristici, però, ci muoviamo in un contesto nel quale non siamo da soli; di

fronte abbiamo le OO.SS. che fanno il loro mestiere, a fianco dovremmo avere uno Stato che,

super-partes, dovrebbe favorire le migliorie e le mediazioni sul mercato del lavoro, al nostro interno

abbiamo componenti non sempre allineate, con sensibilità interessi e strategie diverse rispetto ai

temi sul tavolo.

Lino Stoppani Presidente

FiPe

Scambio di lettere tra giuSeppe giSSi, eSercente milaneSe e vicepreSidente epam, e e il preSidente di fipe lino Stoppani Sul tema della diSoccupazione giovanile e dell’atteggiamento delle nuove generazioni verSo il mondo del lavoro