Mediterraneo con vista lago

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125 SPIRIT O diVINO Mediterraneo con vista lago di Alessandra Meldolesi foto di Bob Noto In questa foto, l’eleganza raffinata della mise en place della sala ristorante di Villa Crespi, sul lago d’Orta, in provincia di Novara. È il regno di Antonino Cannavacciuolo, lo chef, e della moglie: nei suoi piatti unisce i sapori e le tradizioni del nord e del sud, ispirandosi ai suoi percorsi di vita. Nella pagina a fianco, presa di maialino iberico spadellata velocemente, con patate, erbe e fiori. 124 SPIRIT O diVINO ( CALEIDOSCOPIO DI GUSTI ) È una cucina sentimentale quella di Antonino Cannavacciuolo, l’eclettico chef di Villa Crespi, che nei suoi piatti gioca con i contrasti dei sapori: dolce e salato, nord e sud Italia. Emozioni inedite e non solo per il palato

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È una cucina sentimentale quella di Antonino Cannavacciuolo, l’eclettico chef di Villa Crespi, che nei suoi piatti gioca con i contrasti dei sapori: dolce e salato,nord e sud Italia. Emozioni inedite e non solo per il palato.

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Mediterraneocon vista lago

di Alessandra Meldolesi foto di Bob Noto

In questa foto, l’eleganza raffinata della mise en place della sala ristorante di Villa Crespi, sul lago d’Orta, in provincia di Novara. È il regno di Antonino Cannavacciuolo, lo chef, e della moglie: neisuoi piatti unisce i sapori e le tradizioni del nord e del sud, ispirandosi ai suoi percorsi di vita. Nella pagina a fianco, presa di maialino iberico spadellata velocemente, con patate, erbe e fiori.

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(CALEIDOSCOPIO DI GUSTI)

Èuna cucina sentimentale quella di AntoninoCannavacciuolo, l’eclettico chef di Villa Crespi, che nei suoi

piatti gioca con i contrasti dei sapori: dolce e salato,nord e sud Italia. Emozioni inedite e non solo per il palato

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Un’altra proposta tra gli antipasti: Insalata liquida di riccia, stracciatella di bufala, crudo di scampi, trucioli di pane, acciughe. Per lo chef di Villa Crespi le sue ricette sono un continuodivenire di forme, gusti e colori. «Un mio piatto può essere una rivisitazione della tradizione o qualcosa di totalmente nuovo che sento in quel momento e per quello specifico ingrediente».

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EEra il 1879 quando Cristoforo Benigno Cre-spi, eccentricomercante di stoffe nato aBustoArsizio, volle riprodurre le atmosfere che loavevano intrigato a Baghdad, dove acquistavapartite di cotone, sulle sponde ireniche del la-go d’Orta, le cui brezze lo avevano guarito ingioventù dai suoi malanni. Quasi fosse unemiro, si affacciava abbracciando vastità ac-quatiche dall’alto di uno slanciato minareto,vestito di stucchi cesellati nel gesso dalle abi-li maestranze persiane convogliate alla suacorte dei miracoli. Il risultato che se ne godetutt’oggi è Villa Crespi, monumento al sognoin stile moresco. Dove il pleonasmo decorati-vo diventa il grimaldello psicotropo per forza-re le porte dell’utopia. Come dentro il vorticeimpazzito di un caleidoscopio, il frullare del-le geometrie incalza le miserie del realismo,che suona il clacson e fa benzina qualchecentinaio di metri più in là; mentre l’altrapunta della bussola segna il verde di un par-co che scivola morbidamente nelle acque.La verticalità della hall calamita lo sguardoverso l’alto, in un’arrampicata di linee culmi-nanti nel soffitto azzurro come pietra turca.Nel Romanticismo turcomane di Schlegelquei decori erano sinonimo di infinita pie-nezza. Perché «la mimica è arte arabesca»:imitazione che decifra nelle cose il dipanarsidelle linee di forza e ne raffigura in uno sche-ma dinamico l’essenza. Insomma un’astrazio-ne potenziante che da una foglia attinge alsuo stadio ulteriore, leggendola per così direin filigrana. La stessa poetica sembra avereguidato passi e gesti di Antonino Cannavac-

ciuolo, anima di Villa Crespi con la moglieCinzia Primatesta, che dirige il complesso.Nato a Vico Equense e figlio d’arte di un pro-fessore d’alberghiero, da 12 anni traduce lemagie della location nel geroglifico cucinariodei suoi piatti. Quasi fosse un erede del pel-legrinaggio artigiano che intarsiò di sud lepietre di Orta San Giulio.«Ho conosciuto Cinzia durante una stagionenell’albergo di famiglia, qui a Orta. Mio pa-dre non voleva che facessi il cuoco, avevo ilpermesso di affiancarlo solo se mamma nonpoteva badarmi, e per dissuadermi mi avevamandato nei posti più duri a fare la gavetta.Poi dopo l’alberghiero mi aveva spedito qua,perché pensava che un cuoco dovesse girare.E conCinzia abbiamo preso questo posto, cheera stato un convento diroccato, poi un risto-rante stellato, cercando di migliorarci ognigiorno. Mi sono formato al Quisisana, la con-sulenza di Marchesi si era appena conclusama le sue ricette giravano ancora. A colpirmifurono la pulizia, lo stile dell’impiattato. Poi iprimi anni, quando chiudevamo, andavo inFrancia a fare stage. Per esempio da Wester-mann. Una scuola di prodotto: arrivavano incucina il fegato grasso caldo, le rane che simuovevano, le bestie intere». Il risultato èuna cucina sentimentale, piuttosto che inge-nua, dove il sud svapora nelle nostalgie di unMediterraneo da camera, sorta di bonsai del-la costiera alle porte delle Alpi. Non più lasfrontatezza solare e guascona degli chef pro-tagonisti del miracolo campano; ma un ritrat-to meditato e mediato, capace di riagguanta-

re per vie diagonali la natura perduta. La len-za di Antonino affonda nelle increspature dellago davanti al giardino di casa,ma il pesce incarta è tutto e solo dimare.Mentre l’esplosio-ne gustativa dell’ingenuità partenopea cede ilcampo a sofisticate filigrane, la cui sensibili-tà nel gioco aromatico e testurale mai tradi-sce l’essenza. Si rasenta l’enciclopedia itticanei pesci cotti, crudi e marinati del Mediter-raneo, piatto nato nel 2003 ed essenzializza-to nel 2010, oggi in viaggio verso la monogra-fia. Dalla Sicilia dei crostacei al pesce azzur-

Villa Crespi (sopra) è una dimora moresca, con minareto, costruita nel 1879. Negli anni 30, vi soggiornarono poeti, industriali, principesse e il re Umberto di Savoia. Alla fine degli anni 80,dopo essere stata un centro di spiritualità, diventa un esclusivo hotel. Al centro, un antipasto di Antonino Cannavacciuolo, Viaggio profondo nel mare: pesci crudi e cotti del Mediterraneo.

I gamberi rossi siciliani dialogano con la trippa di capretto

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Tra i secondi, un omaggio alla Francia che pesca fra i suoi abbinamenti più classici, per sparigliare l’ovvietà con un guizzo creativo: Suprema di piccione al vapore, fegato grasso, capesanteal gruè di cacao, scaloppa di foie gras, salsa al Banyuls. Accompagnano i piatti i vini consigliati dal sommelier Matteo Pastrello: una selezione di rossi, bianchi, Spumanti e Champagne.

La cucina di Antonino Cannavacciuolo, in alto, insieme con la moglie Cinzia Primatesta, è una sperimentazione continua, al fine di crescere e per riuscire a proporre agli ospiti emozionisempre nuove. In cucina lo chef gioca con i sapori, nel rispetto delle stagioni, dagli antipasti fino alla piccola pasticceria (qui sopra): crea, valorizza e non rinuncia certo a note avanguardiste.

Villa Crespi

Via G. Fava 18 - Orta San Giulio (No)

telefono 0322.911902 - fax 0322.911919

[email protected] - www.villacrespi.it

ro ligure, al meglio di Chioggia,Mediterraneoè regatare fra meroir. Da ogni golfo il meglio,comeZeusi che per dipingere la fanciulla bel-la sceglieva di cinque giovani le parti miglio-ri, creando l’ideale che non esiste in natura.«La cucina mediterranea secondo me è unaprassi dimediterraneizzazione, capace di ren-dere solare anche un cervo. Alleggerendo conla fragranza delle erbe aromatiche e l’aciditàdel limone, ingentilendo le cotture, sostituen-do ai grassi animali la cresopoiesi dell’olio.Quasi un ricordo delle capriole sull’erba da

bambini». Tanto che alcuni piatti agguantanola pregnanza espressiva del chiasmo: è il ca-so delle ardite passerelle fra Campania e Pie-monte, dove l’eros avvince i territori mesco-landone i tratti. Cosicché la scarola della cre-ma con gli scampi, il pomodoro dei ravioli li-quidi o gli spaghetti con salsa di pane (genia-le spezzatino sulla falsariga della carne, contanto di rosolatura, sfumatura e deglaçage) siabbigliano di un’aristocraticità inusitata;mentre le grandi materie prime piemontesi siscoprono immediatamente seducenti, fino aosare il crudo integrale.I gamberi rossi siciliani dialogano con la trip-pa di capretto della Bisalta, complice la salsaal Porto e cipolla candita; la salsiccia di Bracon i ricci di mare sopra un letto di risottogiallo. Mentre la carne cruda anziché esserebattuta sfida l’integrità compatta del taglio cu-bico, sopra uno schizzo informale di salsa al-l’ostrica. «Uso solo il cuore dello Château-briand della macelleria Martini di Boves, enon potrei usare altra carne, perché risulte-rebbe filacciosa. Martini mi fornisce due fi-letti la settimana, perché è tutto ciò che ma-cella. Ed è un vitello alla napoletana rivoltoverso il mare». Dal canto loro, la presa dimaiale iberico, capace di estrarre inedite no-te floreali dall’opulenza suina, e il piccione alvapore con salsa al Banyuls allargano il gran-dangolo verso sponde ulteriori. E i dessert in-gaggiano note avanguardiste inalberando sfe-re di zucchero soffiato metallizzato, biscottiall’olio con gelato di taggiasche e aria di gin-ger beer, gonfiata con la pompa per l’acquario.

Del Mediterraneo Antonino traccia le lineedi forza, nello stesso tempo in cui si imprimedella radiografia dell’ingrediente. Tanto chel’arabesco schlegeliano sembra convertirsinella contemporaneità del frattale. Quasiuna scatola cinese dove si accavallano lesuggestioni. Attraverso la filigrana della so-larità mediterranea si intravvedono nostal-gie romantiche ed esotismi decadenti. Lefantasie damascate di Cristoforo BenignoCrespi e l’essenzialismo della contempora-neità. La cantina scopre nuove pareti per ilgioco: tanto da rivestirsi di un mosaico ditappi ancora in costruzione. A 20 chilometrida Ghemme e Gattinara, il sommelier Mat-teo Pastrello segue con acrobazie enoiche lavolubilità di una cucina la cui delicatezzagraffia non meno degli acuti solitari. Abbi-nando la totale di Romanée-Conti, Champa-gne blasonati (Krug Clos d’Ambonnay, DomPérignon Oenothèque troisième plénitude) ofirmati da piccoli produttori récoltants, spes-so allievi di Selosse; ma anche salpando perla Campania dello chef, dove arruola unostuolo di vigneron e la birra del Chiostro diNocera, fiore di spuma sui formaggi. E poi irossi di Trinacria, la mineralità dell’Etna, ilNerello Mascalese di Giorgio Franchetti.Speziature degne di grandi Borgogna perarabescare il pesce del Mediterraneo.

Gelato di taggiasche e aria di ginger beer per i biscotti all’olio