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UN PASSATO DA RISCOPRIRE www.medioevo.it MEDIOEVOMEDIOEVO

UNA MOSTRA ALLA BIBLIOTECA NAZIONALE MARCIANA

GLI ULTIMI GIORNI DI

BISANZIOSPLENDORE E DECLINO DI UN IMPERO

www.medioevo.it - € 3,00

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mostre venezia

IIn Germania è nota come «Freisinger Lukasbild» («Im-magine di San Luca di Freising»): si tratta di un’i-cona bizantina del X secolo che raffigura la Vergine

in atto di intercessione. Con il capo reclinato e le braccia protese in preghiera, risponde all’iconografia dell’Agio-soritissa (letteralmente, «della Santa Urna», con riferi-mento all’immagine in cui la Vergine tiene in mano il reliquiario in cui è custodita la sua cintola, n.d.r.) di cui rappresenta uno splendido esempio databile all’epoca medio-bizantina. Sulla cornice d’argento, decorata da smalti preziosi e applicata all’icona nel XIV secolo, si legge l’epiteto «Elpis ton apelpismenon», «Speranza dei senza speranza»; un epiteto che ne riflette il destino, intimamente connesso alla tragica sorte dell’impero bi-zantino prima della caduta di Costantinopoli. L’icona, infatti, lascia la città sul Bosforo alla volta dell’Europa in un momento di grande disperazione, nell’inverno del 1399, trasportata da uno degli ultimi imperatori cristia-ni d’Oriente: Manuele II Paleologo (1348-1425).

Il viaggio in Occidente del sovrano bizantino e la sto-ria dell’icona della Vergine di Freising (Frisinga, presso Monaco di Baviera) costituiscono il cuore della mostra «Gli ultimi giorni di Bisanzio. Splendore e declino di un impero», inaugurata nel Salone Sansoviniano della Bi-blioteca Nazionale Marciana di Venezia il 25 novembre. Sullo sfondo dei rivolgimenti geopolitici che portarono

alla conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi nel 1453, l’esposizione mette in luce l’intenso dialogo in at-to tra l’Europa – e in particolare Venezia – e Bisanzio nella prima metà del XV secolo. A illustrarlo sono stra-ordinari manoscritti e reliquiari, icone e dipinti, diari di viaggio, vedute di città e doni diplomatici: testimo-nianze materiali di un’epoca di profondo cambiamento, segnata dal crollo di un impero millenario agli albori dell’Umanesimo in Occidente.

Una sconfitta clamorosaIl quadro storico in cui si apre la mostra è quello della fine del XIV secolo, all’indomani della battaglia di Ni-copoli, consumatasi nel 1396. Di fronte all’irrefrenabile

«La speranza dei senza speranza»: è l’epiteto riportato sulla cornice di un capolavoro dell’arte medio-bizantina, la cosiddetta Icona di San Luca, dipinta, secondo un’antica tradizione cristiana, dallo stesso apostolo. Il preziosissimo oggetto, da secoli conservato in Germania, è esposto per la prima voltaalla veneziana Biblioteca Nazionale Marciana, insieme ad altre operedi grandissimo pregio. Per raccontaregli eventi cruciali che segnaronoi rapporti tra la città lagunare e Bisanzio all’indomani della conquista ottomana

Morte (e rinascita) a Venezia di Pietro Tondello

Timeline Publishing S.r.l. Roma, via Calabria, [email protected]

Direttore editoriale: Andreas M. SteinerRedazione: Stefano MamminiRicerca iconografica: Lorella Cecilia

Impaginazione: Alessia PozzatoPubblicità e marketing: Rita Cusanitel. 335 8437534 - [email protected]

M EM EEDIO VOEDIO VO

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UNA MOSTRA ALLA BIBLIOTECA NAZIONALE MARCIANA

GLI ULTIMI GIORNI DI

BISANZIOSPLENDORE E DECLINO DI UN IMPERO

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Bisanzio_16mo.indd 1 11/12/18 15:32

Le opere riprodotte sono esposte a Venezia, nella mostra «Gli ultimi giorni di Bisanzio. Splendore e declino di un impero», allestita presso la Biblioteca Nazionale Marciana (nella foto).

26.11.18 – 05.03.19VENEZIA

BIBLIOTECA NAZIONALE MARCIANA SALONE DELLA LIBRERIA SANSOVINIANA

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INGRESSO DELLA MOSTRA DAL MUSEO CORRERPIAZZA SAN MARCO 52

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avanzata ottomana nei Balcani, le potenze cristiane eu-ropee si erano mosse insieme contro gli infedeli, inau-gurando quella che sarebbe stata l’ultima crociata della storia medievale. Lo scontro decisivo avvenne a Nicopo-li, nell’attuale Bulgaria, e si concluse con la clamorosa sconfitta dei crociati da parte del sultano Bayezid I (1360 circa-1403), la cui brama di conquista si indirizzava ora inevitabilmente verso Costantinopoli. Offre uno spacca-to della gloriosa capitale, cosí come doveva apparire nel XV secolo, l’illustrazione dal Liber insularum di Cristoforo Buondelmonti, nella quale sono riconoscibili la cupola dell’Haghia Sophia, il palazzo imperiale, l’ippodromo e la colonia genovese di Pera, a nord della città.

L’angustia dell’epoca, caratterizzata da aspri con-flitti e da uno stato di crescente trepidazione e smar-rimento, è testimoniata da due oggetti di straordina-ria eloquenza: un’illustrazione dal diario di viaggio di Hans Schiltberger rievoca la crudeltà con la quale i cavalieri crociati furono massacrati dai Turchi dopo

la disfatta di Nicopoli (vedi foto a p. 7), mentre un pan-no di seta rossa ricamata, utilizzato probabilmente in ambito liturgico (una cosiddetta «podea»), mostra un uomo d’armi bizantino in vesti aristocratiche che supplica in ginocchio l’arcangelo Michele di prestar-gli soccorso contro gli infedeli (vedi foto a p. 6). Se il manoscritto di Schiltberger illustra la prospettiva oc-cidentale sugli eventi appena consumatisi nei Balca-ni, la seta ricamata riflette la sensibilità del mondo bizantino, nel quale si concentravano l’angoscia e lo sconforto di fronte al pericolo ottomano.

Una minaccia incombenteAll’epoca l’impero bizantino era ridotto a poco piú della capitale, di Tessalonica e del despotato di Morea, nel Peloponneso. Su di esso regnava dal 1261 la stirpe dei Paleologi, alla quale apparteneva Manuele II, figlio di Giovanni V e di Elena Cantacuzena. Questi era sa-lito al trono nel 1391 e, dopo la disfatta di Nicopoli, si

A sinistra l’altare realizzato per accogliere l’Icona di San Luca. 1629. Freising, Museo Diocesano.

Nella pagina accanto L’Icona di San Luca di Freising, magnifico esempio dell’arte medio-bizantina che

mostra la Vergine nell’atto di intercedere.Il dipinto risale al X sec., mentre la cornice in argento,

decorata da smalti, fu aggiunta nel XIV sec. Freising, Museo Diocesano.

1396 Il sultano Bayezid I assedia e conquista Nicopoli.

1399 Gli Ottomani assediano Costantinopoli.

1430 Conquista ottomana di Salonicco.

1438-1439 Durante il concilio di Ferrara e Firenze, l’imperatore Giovanni VIII riconosce la sovranità ecclesiastica del papa.

1444 Gli Ottomani sconfiggono l’esercito crociato presso Varna.

1453 Gli Ottomani conquistano Costantinopoli (29 maggio), segnando cosí la fine dell’impero bizantino.

1460 La fortezza di Mistrà (Peloponneso) si arrende agli Ottomani.

1461 L’impero di Trebisonda si arrende agli Ottomani di Maometto II.

LE DATE DA RICORDARE

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trovava costretto a fronteggiare la sempre piú incom-bente minaccia ottomana nella persona di Bayezid I, il sultano che per la fulmineità delle sue inarrestabili conquiste era conosciuto come «la Folgore». Con que-sto appellativo compare nel ritratto proveniente dagli Uffizi all’inizio del percorso espositivo (vedi foto a p. 8). Al suo fianco, il profilo del successore Maometto II, conquistatore di Costantinopoli, preannuncia l’i-neluttabile destino di Bisanzio, che si sarebbe giocato mezzo secolo piú tardi.

Ai due sultani, che incarnavano la temutissima minaccia del mondo musulmano, si contrappone la persona di Manuele II Paleologo, capo dell’impero romano d’Oriente nel pieno del suo lento e inesora-bile declino. Di lui si trova uno splendido ritratto a figura intera nel manoscritto del discorso funebre che pronunciò nel 1407 per il fratello Teodoro, deceduto despota di Morea (vedi foto a p. 9). Uomo di estrema cultura e fine letterato, Manuele II aveva dimostra-to la levatura del proprio pensiero fin dall’inizio della sua attività politica: appena ricevuta la corona im-periale, nel 1391, compose l’opera oggi conosciuta come i Dialoghi con un musulmano, principale scritto teologico del giovane imperatore. Sotto forma di 26 dialoghi, condotti con un «mudarris» – un autorevole dotto musulmano –, durante una campagna militare presso Ankara, Manuele II espose le ragioni della fede cristiana contro quella islamica. Se i toni della conver-sazione non appaiono particolarmente concilianti, la disponibilità al dialogo dimostrata dai rappresentanti delle due religioni testimonia la ricerca di alternative possibili allo scontro armato e la volontà di un incon-tro pacifico e razionale tra le due parti.

Il conflitto bizantino-ottomano degenerò irrimedia-bilmente nel 1399, quando il sultano Bayezid giunse al-le porte di Costantinopoli, mettendola sotto assedio. Di fronte al pericolo imminente, l’imperatore Manuele II si risolse a partire verso l’Occidente, nel tentativo di cercare soccorso militare ed economico presso i sovrani europei. Salpò nel dicembre del 1399 a bordo di una galea della Serenissima e approdò pochi mesi piú tardi a Venezia, festosamente accolto dal neoeletto doge Michele Ste-no. Dalla città lagunare, che da secoli intratteneva un intenso e fruttuoso scambio commerciale con Bisanzio, Manuele intraprese un viaggio in Italia settentrionale, passando da Padova e Milano, per poi spingersi verso la Francia e l’Inghilterra. Sarebbe tornato a Costantinopoli solo tre anni piú tardi, nella primavera del 1403.

La prima volta dell’iconaNel corso del viaggio, l’imperatore fu ospitato presso i piú influenti signori del tempo. Tra questi vi era Gian Galeazzo Visconti (1351-1402), Duca di Milano dal 1395, piú volte ritratto nel suo salterio in stile fran-cese, il cosiddetto «Libro d’Ore Visconti», proveniente dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, uno dei piú preziosi codici del XIV secolo. L’Icona di San Luca di Freising passò per la prima volta in mani europee alla corte del Visconti. L’imperatore Manuele l’aveva por-tata con sé come dono diplomatico, consapevole tanto dell’inestimabile pregio materiale dell’oggetto, quanto del suo innegabile valore simbolico.

L’immagine della Vergine in preghiera, «Speranza dei senza speranza», come recita l’iscrizione posta sopra di essa, doveva interpellare direttamente il suo desti-natario, richiamandolo all’urgenza di un intervento

A destra miniatura raffigurante il massacro dei cavalieri crociati a Nicopoli, dove vennero battuti dalle truppe di Bayezid, nel 1396, dal diario di viaggio di Hans Schiltemberger. 1477 circa. Monaco di Baviera, Bayerische Staatsbibliothek.Nella pagina accanto panno in seta rossa ricamata, utilizzato probabilmente in ambito liturgico (una cosiddetta «podea»), di Manuele Nothos Paleologo. Primo decennio del XV sec. Urbino, Galleria Nazionale delle Marche. Il manufatto rappresenta un uomo d’armi bizantino in vesti aristocratiche che supplica in ginocchio l’arcangelo Michele di prestargli soccorso contro gli infedeli.

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in favore di Bisanzio. Attraverso l’effica-ce presenza visiva dell’icona, l’imperatore Manuele poteva fregiarsi dell’interces-sione divina a favore della propria causa, garantita da un intermediario privilegiato quale la Madre di Dio. Impossibile dire se fu in seguito a questa mediazione che il Visconti concesse all’imperatore un equi-paggiamento per il proseguimento del suo viaggio, promettendogli appoggio militare contro gli Ottomani. Certo è che nel con-segnare l’icona della Vergine come dono diplomatico, l’imperatore manifestava l’enorme riguardo riservato alle immagi-ni sacre nel mondo bizantino. Un riguar-do che si estendeva ben oltre le pratiche religiose, affermandosi nella cultura e nell’immaginario di ogni strato sociale.

L’Evangelista pittore All’origine e al significato delle icone è de-dicata un’intera sezione della mostra, che ripercorre tradizioni e tipi iconografici di-versi dell’arte sacra bizantina. Un esempio del Mandylion, l’icona del volto di Cristo, rimanda alla credenza nelle cosiddette immagini «acheropite», cioè non prodotte da mano d’uomo (dal greco acheiropoietos, derivante dall’unione tra la alfa con funzione privati-va, cheir, «mano», e poiein, «fare», n.d.r.), nella quale la rappresentazione di soggetti divini trovava la sua le-gittimazione. A questa tradizione si accompagnava la leggenda dell’evangelista-pittore Luca, riferita in par-ticolare alle icone della Vergine: oltre che autore sacro, san Luca sarebbe stato anche un abile pittore e avrebbe ritratto fedelmente la Madre di Dio durante i suoi an-ni di vita terrena, offrendo un modello autorevole per ogni successiva riproduzione.

A partire dall’icona di Freising, la mostra illustra diversi tipi di immagini mariane, venerate a Bisanzio con particolare devozione: la Madonna Odigitria («che conduce, che indica la via», dall’unione dei termini greci odos, «via» e ago, egeomai, «guidare, condurre», n.d.r.), che tiene il Cristo bambino tra le sue braccia, indicandolo come vera via, cosí come la particolare Maria Eleousa micromosaicata di Venezia, che differisce dall’Odigitria solo per la posizione del capo, inclinato verso il figlio.

Infine, l’icona russa della Madre di Dio Petrovskaja, dell’inizio del XVI secolo, rimanda al protrarsi dell’ere-dità iconografica bizantina nella tradizione russa.

Se il culto delle immagini sacre era da secoli parte in-tegrante della devozione cristiana orientale, la domanda sulla sua legittimità era stata al centro di accesi dibattiti – e scontri spesso violenti – tra i difensori delle icone e i sostenitori dell’iconoclastia, che venne ufficialmen-te bandita da Bisanzio nell’anno 843. La memoria di questo evento si protrasse a lungo nella storia dell’arte bizantina, come dimostra l’icona Il trionfo dell’Ortodossia di Emmanuel Tzanfournaris, realizzata tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, nella quale un comitato di angeli, santi e teologi celebra festosamente il culto delle icone come assolutamente ortodosso.

L’attribuzione di rappresentazioni mariane alla ma-no di san Luca trovò largo seguito anche nell’Europa cattolica, come nel caso della stessa icona di Freising. È interessante, d’altra parte, che l’attribuzione avvenne solo successivamente: se a Bisanzio essa era riconosciu-ta con l’epiteto di Speranza dei senza speranza, solo dopo il suo arrivo in Europa adottò la denominazione di «icona

A destra ritratto del sultano Bayezid I, detto «la Folgore», olio su tavola di Cristofano dell’Altissimo.

Prima del 1560. Firenze, Gallerie degli Uffizi.Nella pagina accanto elogio funebre

dell’imperatore Manuele II Paleologo per suo fratello Teodoro. 1407. Parigi, Bibliothèque

nationale de France.

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San Luca dipinge l’icona della Vergine Odigitria, tempera su legno. 1500 circa. Recklinghausen, Museo delle icone.

di San Luca». In questa veste fu donata dal vescovo di Freising, Nicodemo della Scala, al Duomo della sua città nel 1440. Lasciata molto presto la corte lombarda del Visconti, infatti, l’icona era passata per vie dinastiche nelle mani della cognata di Gian Galeazzo, Lucia Vi-sconti, che la portò con sé in Inghilterra, per poi cederla al cugino veronese Brunoro della Scala. Questi la donò a sua volta al fratello Nicodemo, nominato vescovo di Freising nel 1422. Dagli anni Venti del Quattrocento, l’icona bizantina non avrebbe piú lasciato la Baviera, conservata dapprima nel Tesoro, poi nella stessa Catte-drale. Qui, l’allora vescovo Veit Adam, le dedicò nel 1629 un altare in argento ornato da sculture e circondato da angeli lignei di fattura barocca: l’intero complesso è ora visibile nella mostra di Venezia, per la prima volta al di fuori dei confini bavaresi.

Nel 1402, quando il sultano Bazeyid I fu sconfitto ad Ankara dal temibile condottiero Tamerlano e il perico-lo ottomano fu allontanato per il momento dalle porte di Costantinopoli, Manuele II interpretò l’inatteso soc-corso come il risultato dell’intercessione della Vergine «Speranza dei senza speranza».

La spina e la tunicaL’icona di Freising non era, del resto, l’unico dono di-plomatico trasportato dall’imperatore Manuele II du-rante il suo viaggio in Occidente. Tra i pochi che si sono conservati fino a oggi vi sono anche due reliquie della Passione, destinate rispettivamente allo stesso Gian Galeazzo Visconti e all’antipapa residente ad Avignone Benedetto XIII: una spina della corona di Cristo e un drappo della sua tunica, doni che testimoniano il tenta-

A sinistra una pagina del codice che raccoglie opere dello Pseudo-Dionigi Aeropagita donato dall’imperatore Manuele II al monastero parigino di Saint-Denis. 1408. Parigi, Museo del Louvre.In basso ritratto di Manuele Crisolora, disegno forse eseguito da Paolo Uccello. Inizi del XV sec.Parigi, Museo del Louvre.

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tivo, analogo a quello dell’Icona di San Luca, di interve-nire in rapporti politici e diplomatici attraverso il valore soprannaturale riconosciuto in questi oggetti.

Diversa era la funzione del prezioso codice con ope-re di Dionigi Areopagita, donato nel 1408 al monastero parigino di Saint-Denis e conservato oggi al Museo del Louvre (vedi foto a p. 11, a sinistra). Manuele II lo fece con-segnare alla comunità benedettina qualche anno dopo la sua permanenza in Francia, come ringraziamento per l’ospitalità ricevuta. Oltre a opere del padre della Chiesa orientale, il manoscritto contiene un magnifico ritratto dell’imperatore Manuele con sua moglie Elena Dragaš e tre dei loro figli, ieraticamente stanti sotto l’egida della Vergine con il Bambino, che raccolgono la famiglia im-periale sotto le proprie braccia.

Incaricato della consegna del manoscritto fu l’intel-lettuale bizantino Manuele Crisolora, uomo di fiducia dell’imperatore e illustre letterato, la cui autorevolezza è rievocata nella mostra da un ritratto cartaceo pro-veniente dal Louvre (vedi foto a p. 11, a destra). La sua figura riflette emblematicamente l’importante contri-buto dato dalla cultura bizantina allo sviluppo dell’U-manesimo in Europa. Docente all’università di Firenze

prima, e diplomatico imperiale poi, Crisolora fu uno strenuo promotore della lingua e della filosofia greche nella prima metà del XV secolo, alla cui diffusione era-no connessi evidenti fini politici. L’affermazione della propria identità culturale rappresentava per Bisanzio tanto una forma di resistenza alla minaccia della do-minazione ottomana, quanto il tentativo di animare l’interesse dell’interlocutore occidentale, sensibiliz-zandolo alla propria causa contro gli infedeli. Che que-sta forma di promozione culturale non avesse avuto il successo sperato, fu dimostrato dai fatti che seguirono. Tuttavia, la riscoperta dei classici greci e della filosofia platonica e neoplatonica, che caratterizzò la nascita dell’Umanesimo in Italia nella prima metà del Quat-trocento, trovava in questa stessa promozione cultura-le uno degli stimoli piú significativi.

Venezia si era dimostrata un bacino privilegiato per la ricezione della cultura bizantina in Europa ben prima dell’attività del Crisolora in Occidente. Ciò fu dovuto al fatto che, già nel VI secolo, essa si trovava sotto il do-minio dell’impero romano d’Oriente, dal quale seppe presto svincolarsi politicamente. L’influenza economica e culturale di Bisanzio continuò tuttavia a segnare pro-

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A destra, la stauroteca del

cardinale Basilio Bessarione, che

custodiva una reliquia della

Vera Croce. 1347-1354.

Venezia, Gallerie dell’Accademia.

In basso,a sinistra

cofanetto per reliquie in argento

dorato realizzato a Trebisonda, città natale del cardinal

Bessarione.XI-XII sec.

Venezia, Basilicadi S. Marco.

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Didascalia aliquatur adi odis que vero ent qui doloreium conectu rehendebis eatur tendamusam consent, perspiti conseque nis maxim eaquis earuntia cones apienda.

fondamente la storia della Serenissima fino a dopo la caduta di Costantinopoli, quando numerosi coloni greci trovarono asilo in laguna. Nel corso dei secoli, preziosi oggetti provenienti da Bisanzio confluirono a Venezia per diverse vie: in parte semplicemente acquistati, in parte offerti come doni o pegni per il saldo di debiti, in parte derubati durante il sacco di Costantinopoli a con-clusione della quarta crociata, nel 1204.

Rientrano tra questi oggetti le cinque legature bi-zantine d’argento smaltato presenti nell’esposizione, datate tra i secoli IX e XIV e confluite durante il Tre-cento nel Tesoro Marciano di Venezia. Questi cinque pezzi, di indiscutibile pregio artistico, assumono un in-teresse particolare per le corrispondenze riscontrabili

con la cornice dell’Icona di San Luca. Evidenti analogie nella tecnica, nel formato e nella rappresentazione, in particolare degli smalti, tradiscono la comune prove-nienza dalle rinomatissime manifatture bizantine.

Degno di altrettanta attenzione è il salterio di Basilio II, realizzato tra il X e l’XI secolo, dal quale proviene il celebre ritratto a figura intera dell’imperatore bizanti-no, gloriosamente incoronato da Cristo come signore dei popoli sottomessi.

Un protagonista del suo tempoA conclusione della sezione dedicata al rapporto tra Bi-sanzio e Venezia, viene presentato un contratto siglato tra Manuele II e la Repubblica Serenissima nel maggio del

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a Manuele II in occasione della sua morte, avvenuta nel 1425. Dotto teologo e fine umanista, uomo di fede e di politica, oratore stimato e filosofo avveduto, mosso dalla ricerca di una sintesi tra il pensiero cristiano, aristotelico e platonico, Bessarione diede un contributo decisivo alla formazione del pensiero umanista nel corso del Quattro-cento, rappresentando strenuamente la cultura greca in Occidente, prima e dopo il crollo di Bisanzio.

Di questa cultura sono testimonianza materiale gli ultimi tre oggetti della mostra, tutti legati alla vicenda personale e intellettuale di Bessarione: la sua celebre stauroteca dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, contenente una reliquia della Vera Croce (vedi a p. 13); il preziosissimo cofanetto per reliquie di Trebisonda, città natale del cardinale, realizzato in argento dorato tra l’XI e il XII secolo e giunto a Venezia, si suppone, attraverso lo stesso Bessarione (vedi a p. 12); infine, il discorso funebre pronunciato per l’imperatore Manue-le II, contenuto in un codice manoscritto della Biblio-teca Marciana, nel quale non solo vengono passate in rassegna le grandi vicende della vita del Paleologo, ma ne viene esaltata anche l’elevatissima statura morale e intellettuale. Il cardinal Bessarione è dunque uno dei protagonisti della mostra e suggella il percorso esposi-tivo con la sua poliedrica grandezza.

Dello stesso Bessarione la Biblioteca Marciana ha fe-steggiato nel 2018 il 550° anniversario dall’importante lascito di libri greci. La donazione del cardinale del 1468 avrebbe costituito il primo nucleo della futura biblioteca veneziana, fondata come istituzione pubblica – la prima in tutto il mondo – circa un secolo piú tardi, nel 1560.

A conclusione delle manifestazioni per l’Anno Bes-sarioneo, questa mostra, prodotta e ideata dal Museo Diocesano di München-Freising in collaborazione con la Biblioteca Marciana stessa e con Swiss Lab for Culture Projects, ricostruisce, in un progetto di respiro interna-zionale, la storia dell’incontro e dello scontro tra diverse culture, quella bizantina, latina e ottomana, avvenuto alle soglie di una «nuova epoca». F

Dove e quando«Gli ultimi giorni di Bisanzio.Splendore e declino di un Impero»Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Salone della Libreria Sansoviniana, ingresso dal Museo Correrfino al 5 marzo 2019Orario tutti i giorni, 10,00-17,00Info tel. 041 2407211; https://marciana.venezia.sbn.itCatalogo (in lingua tedesca) Sieveking

1406, che riporta il percorso espositivo all’inizio del XV secolo. Nasceva in questi anni un personaggio centrale per l’incontro tra le due culture nei decenni precedenti la fine di Bisanzio e all’indomani della caduta di Costanti-nopoli: il cardinale Basilio Bessarione (1403-1472). Ori-ginario della città bizantina di Trebisonda, si era forma-to nella capitale dell’impero e a Mistrà, dove era stato iniziato alla filosofia platonica.

Giunse in Italia tra il 1438 e il 1439, al seguito dell’im-peratore Giovanni VIII, figlio di Manuele II, in occasione del Concilio di Ferrara e Firenze; da allora non avrebbe piú lasciato la Penisola. Fu nominato cardinale nello stes-so 1439 e si stabilí presto a Venezia. Intimo amico della famiglia imperiale, pronunciò ancora giovane un elogio

Legatura bizantina in argento smaltato. Fine del XII-inizidel XIII sec. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana.

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