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Med lab BIOCHIMICA CLINICA (Chiosi) 11.03.14 Ci sono una serie di fattori che possono essere considerati come fattori del rischio cardiovascolare, cioè fattori la cui presenza da luogo ad un aumento dell’incidenza di patologie su base vascolare, e abbiamo stabilito una serie di parametri. Oltre a quelli considerati marcatori di rischio, e quindi marcatori che vengono utilizzati nell’ ambito della medicina preventiva quindi nell’ambito della prevenzione primaria o secondaria delle patologie, vediamo quali sono le caratteristiche specifiche dei cosiddetti marcatori dell’infarto, cioè quelli che ci consentono di fare la diagnosi; dal punto di vista pratico la diagnosi deve essere fatta il più precoce possibile perche si è dimostrato che in genere il 50% delle conseguenze di un infarto del miocardio avvengono nelle prime 24 ore; non solo, infatti dal punto di vista terapeutico c’è un effetto notevolmente benefico dato dalla terapia capace di sciogliere, frammentare l’eventuale trombo che si viene a formare e quindi ricanalizzare il vaso che va a ridurre quelle che sono le conseguenze irreversibili di una certa quota di tessuto. La rivascolarizzazione grazie a questa terapia deve avvenire entro 612 ore per ottenere il massimo vantaggio. Da qui deriva l’esigenza di avere dei marcatori che consentono entro 612 ore di arrivare alla risoluzione. Ma quali sono fondamentalmente i marcatori di danno? gli enzimi o marcatori utilizzati fino a qualche anno fa, quelli che vengono utilizzati attualmente e altri marcatori, che seppur non vengono ancora completamente attuati da tutti e in tutte le situazioni,sono molto propendenti per il tipo di marcatore che si prende in considerazione come l’albumina modificata dall’ischemia, la proteina C reattiva, il fattore NFkb e una serie di altri tipi. Vediamo quali sono i marcatori che venivano utilizzati e perché sono stati abbandonati e ne vengono utilizzati altri. In passato si usava un enzima cPK o creatinaFosfochinasi, così come alcune attività enzimatiche come la lattico deidrogenasi, Ast o l’aspartato amminotransferasi e l’isoforma di cPK in particolare la forma MB . Questi sono stati sostituiti da altri marcatori perché in genere i tempi previsti per la positivizzazione erano tanti da non consentire una terapia di riperfusione più rapida delle 16 ore, perché 1)la lattico deidrogenasi (LDH) è un marcatore di citolisi ma è anche un enzima che si trova a livello del mitocondrio, quindi anche se è un ottimo indice di necrosi, è aspecifico; inoltre questi tipi di marcatori venivano a positivizzarsi entro 24/48 ore, quindi non consentendo una correlazione diretta con la porzione infartuale, lo stesso dicasi per 2) AST, aspartato ammitransferasi, che è una della transaminasi che si ritrovano in un quantitativo notevole tra gli organi maggiori dell’ organismo (nel fegato e nel cuore, così come nei muscoli e nei reni). In genere quando utilizziamo i marcatori di transaminasi, per la mutazione da danno epatico, ricordiamo che entrambi ,perché questo ci consente eventualmente di abbinarlo al fegatio. Ma Ast risulta essere dal punto di vista della concentrazione , più concentrato nel cuore e nel muscolo e nel rene che nel fegato, l’ALT invece ha WWW.SUNHOPE.IT

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Med lab       BIOCHIMICA CLINICA (Chiosi)               11.03.14 Ci sono una serie di fattori che possono essere considerati come fattori del rischio cardiovascolare, cioè fattori la cui presenza da luogo ad un aumento dell’incidenza di patologie su base vascolare, e abbiamo stabilito una serie di parametri. Oltre a quelli considerati marcatori  di rischio, e quindi marcatori che vengono utilizzati nell’ ambito della medicina preventiva quindi nell’ambito della prevenzione primaria o secondaria delle patologie, vediamo quali sono le caratteristiche specifiche dei cosiddetti marcatori dell’infarto, cioè quelli che ci consentono di fare la diagnosi; dal punto di vista pratico  la diagnosi deve essere fatta il più precoce possibile perche si è dimostrato che in genere il 50% delle conseguenze di un infarto del miocardio avvengono nelle prime 24 ore; non solo, infatti dal punto di vista terapeutico c’è un effetto notevolmente benefico  dato dalla terapia capace di sciogliere, frammentare l’eventuale trombo che si viene a formare e quindi ricanalizzare il vaso che va a ridurre quelle che sono le conseguenze irreversibili di una certa quota di tessuto. La rivascolarizzazione grazie a questa terapia deve avvenire entro 6‐12 ore per ottenere il massimo vantaggio. Da qui deriva l’esigenza di avere dei marcatori che consentono entro 6‐12 ore di arrivare alla risoluzione.  Ma quali sono fondamentalmente i marcatori di danno? gli enzimi o marcatori  utilizzati fino a qualche anno fa, quelli che vengono utilizzati attualmente e altri marcatori, che seppur non vengono ancora completamente attuati da tutti e in tutte le situazioni,sono molto propendenti per il tipo di marcatore che si prende in considerazione come l’albumina modificata dall’ischemia, la proteina C reattiva, il fattore NFkb e una serie di altri tipi. Vediamo quali sono i marcatori che venivano utilizzati e perché sono stati abbandonati e ne vengono utilizzati altri. In passato si usava  un enzima cPK o creatinaFosfochinasi, così come alcune attività enzimatiche come la lattico deidrogenasi, Ast  o l’aspartato amminotransferasi e l’isoforma di cPK in particolare la forma MB . Questi sono stati sostituiti da altri marcatori perché in genere i tempi previsti per la positivizzazione erano tanti da non consentire una terapia di riperfusione più rapida delle 16 ore, perché 1)la lattico deidrogenasi (LDH) è un marcatore di citolisi ma è anche un enzima che si trova a livello del mitocondrio, quindi anche se è un ottimo indice di necrosi, è aspecifico; inoltre questi tipi di marcatori venivano a positivizzarsi entro 24/48 ore, quindi non consentendo una correlazione diretta con la porzione infartuale, lo stesso dicasi per 2) AST, aspartato ammitransferasi, che è una della transaminasi che si ritrovano in un quantitativo notevole tra gli organi maggiori dell’ organismo  (nel fegato e nel cuore, così come nei muscoli e nei reni). In genere quando utilizziamo i marcatori di transaminasi, per la mutazione da danno epatico, ricordiamo che entrambi ,perché questo ci consente eventualmente di abbinarlo al fegatio. Ma Ast risulta essere dal punto di vista della concentrazione , più concentrato nel cuore e nel muscolo e nel rene che nel fegato, l’ALT invece ha 

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una prevalenza soltanto epatica. Quindi anche AST veniva utilizzato come marcatore dell’infarto del miocardio ma anche in questo caso  questo necessitava di almeno 24 ore per sua positivizzazione.  Quelli che effettivamente sono i markers del miocardio, utilizzati tuttora, sono tre tipi: la mioglobina, la cpK‐MB massa e la troponina. (http://it.scribd.com/doc/46954116/Biomarcatori‐Necrosi‐Miocardica) La mioglobina è una proteina tipica delle strutture muscolare, quindi si trova nel cuore e nella muscolatura scheletrica. E’ un marcatore aspecifico poiché una sua eventuale alterazione o positivizzazione esprime soltanto un danno muscolare ma non un danno strettamente cardiaco. Come mai la prendiamo in considerazione? Anche se è aspecifico, quindi  non ci permette di fare diagnosi d’infarto, esso è un marcatore estremamente sensibile, cioè una piccolissima quota di tessuto muscolare, anche soltanto un grammo permette la rilevazione di un aumento di questa mioglobina, quindi basta la necrosi di una piccola quota di tessuto per poter avere l’evidenziazione di questo marcatore. Ma non possiamo fare diagnosi perchè è aspecifico infatti la componente muscolare scheletrica è nettamente superiore a quella cardiaca, però ha un elemento di vantaggio, infatti: è il primo marcatore a mostrarsi, dopo una o due ore aumenta di livello, in secondo luogo viene ad essere  eliminato dopo 12/18 ore ,a meno che non esistano cause per la sua persistenza. La cosa principale è che ha un alto valore predittivo negativo, significa che se è vero che compare e scompare rapidamente e, se è vero che è aspecifico, la sua presenza in circolo ci permette di fare la diagnosi,ma la sua assenza ci permette di escludere che sia avvenuto un qualsiasi danno muscolare e quindi anche cardiaco, quindi significa che se entro una o due ore noi non abbiamo mioglobina aumentata non c’è stata lesione muscolare quindi neanche del miocardio. Esempio: un soggetto con una sindrome patologica acuta o che ha avuto un’ischemia coronarica acuta in atto o presunto  arriva al pronto soccorso, qui c’è la possibilità di trattenere il paziente sotto osservazione, in genere almeno 24/48ore ore di osservazione, non si può mandare a casa perché c’è il rischio che possa  aver avuto davvero un infarto. Ricordiamo che gli infarti possono essere “stemi” o “nstemi”, cioè infarti con alterazioni critiche di ecg che permettono di fare diagnosi, dall’altra invece ci sono quelli in cui non si riscontrano alterazioni di ecg tipiche ma che chiaramente hanno lo stesso tipo di problematiche di un infarto acuto e deve essere diagnosticato e trattato il piu presto possibile. Quindi se la Mioglobina risulta essere negativa dopo due ore dall’evento vuol dire che non c’è danno muscolare e quindi il paziente può essere mandato a casa con tranquillità , se risulta essere positivi non possiamo fare la diagnosi d’infarto e possiamo fare gli altri marcatori, anche se in genere si fanno tutti assieme perché l’inizio della patologia non è chiara sempre e non è sempre lineare, a volte abbiamo sintomatologie sfumate, altre volte ci sono condizioni che comportano ischemie prima per poi arrivare alla necrosi quando l’evento si aggrava oppure ha avuto una trombosi col blocco completo. Altissima sensibilità, scarsissima 

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specificità e alto valore predittivo negativo inoltre può essere utilizzato come marcatore dei danni da riperfusione: infatti ci sono dei danni che avvengono quando si è risolto il danno ischemico.  Avviene perché ci sono alcuni enzimi che vengono inibiti ,o si è maggiormente esposti all’azione dei radicali ossidanti e in queste condizioni  quando sciogliamo un trombo attraverso la fibrinolisi possiamo avere dei danni superiori a quelli avvenuti prima . Per monitorare questi danni uno dei marcatori è quello della mioglobina per il fatto che risulta quella che s’innalza più rapidamente e ci permette di valorizzare la quantità di tessuto che viene eventualmente modificato. Il secondo marcatore è invece la cPK‐MB che sta a significare massa, la creatinfosfochinasi essendo un enzima può essere quantizzato dall’attività enzimatica(attraverso la Vmax dell’enzima cioè la velocità massima di azione ) in genere agiscono in questo senso, cioè agiscono dove vanno al massimo, se c’è una quantità di substrato sufficiente  a far funzionare totalmente tutto l’enzima presente avremo una condizione lineare, tanto prodotto si forma nell’unità di tempo tanto enzima c’è. Prima si calcolava l’enzima in funzione dell’attività enzimatica, il problema era che dovevamo valutare la MB, cioè una quota, mentre la MM ,cioè l’isoenzima muscolare è il 98/99% di tutto il tessuto muscolare scheletrico solo 1/2% è MB, nel cuore invece dal 20 al 50% circa è costituito da Mb, quando risulta alterato il cuore con ischemia o necrosi aumenta la quota di CPK di tipo MB, se abbiamo MB abbiamo una buona correlazione con la citolisi o col danno del miocardiocita; la massa è importante perché noi andiamo a valutare la presenza dell’enzima non  grazie all’attività enzimatica bensì in base alla propria massa cioè la quantità, utilizzando anticorpi che riconoscono specificamente l’isoforma MB, così non avremo errori di sottostima che si avevano precedentemente  con la valutazione di cpk‐MB con l’attività enzimatica. L’enzima si utilizzava prima per la determinazione ckp totale, poi dopo MM,  MB e BB(quest’ultima isoforma non è presente perché non passa la barriere encefalica e quindi a parte alcune condizioni particolari come nella iperpiressia maligna cioè la febbre altissima in cui la permeabilità è modificata la BB non c’è in circolo); quindi in realtà gli indici sono MM che è più importante,più rilevante ed è relativa al muscolo scheletrico e la MB alcune di derivazione muscolare l’altro circa il 30 40 % di derivazione cardiaca. Per mettere in evidenza la quota MB si evidenziava in primis la reazione catalizzata dalla cretinFosfochinasi, poi si poteva bloccare con un anticorpo la subunità catalitica M e far funzionare soltanto la B, in questo modo ottenevamo la cpk totale. Poi bloccavamo la M e quindi la quota dell’isoforma MM non veniva affatto dosata e la MB veniva dosata soltanto al 50 %, perché bloccata la M funzionava soltanto la catena B, in questo modo bastava solo moltiplicare per 2 l’attività enzimatica , quindi il prodotto della reazione ottenuta dalla catena B e quindi avere automaticamente la quota di MB.  Prima questo meccanismo avveniva attraverso “solo” il dosaggio enzimatico e quindi non era sensibile perché la quota MB una volta liberata può andare incontro a 

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processi di inibizione e/o riattivazione di subunità catalitica, quindi c’è una variazione tra la funzione effettiva e quantità di enzima che viene ad essere dosata. Quindi in questo modo, misurando l’attività enzimatica potevamo avere una sovrastima o una sottostima rispetto alla quantità di MB effettivamente ottenuta; cosa che non succede con cpk mass; in questo caso si va a riconoscere la forma MB con l’anticorpo che riconosce la subunità, indipendentemente dalle modifiche che potrebbe avere in seguito alla sua liberazione. E la cpk di massa risulta essere correlata alla quantità di tessuto che risulta essere effettivamente alterato.  Che vantaggi ha? Ha il vantaggio di essere un  marcatore sensibile. La mioglobina aumenta rapidamente in breve tempo, i tempi di comparsa invece per la cPK vanno da 2 a 6 ore dall’insulto. Inoltre cPK‐MB mass ha il picco intorno a 12 ore e scompare dopo 2‐3 gg, questo ci fa capire che è un marcatore abbastanza pratico, abbastanza precoce, abbastanza specifico e che è correlato a fenomeni acuti, cioè entro tre gg. Dopo 2‐3 giorni la cPK non si trova in circolo a meno che non ci sono stati altri  eventi. Può essere utilizzato per la diagnosi dell’insulto al miocardio però dobbiamo prendere alcuni eventi di riferimento, quali le troponine. Quest’ultime possono essere considerate il gold standard nella diagnosi dell’infarto del miocardio cioè un  aumento ci permette di fare direttamente diagnosi e se aumentate possono avere valore predittivo positivo di circa 99%, quindi significa avere uno dei marcatori più specifici e più diagnostici in senso generale. Le troponine sono delle proteine che si ritrovano nella struttura muscolare, ne abbiamo di tre tipi, I, T e C. La C è quella modulatrice  che non viene dosata perché è analoga sia al muscolo scheletrico che al muscolo cardiaco; fortunatamente quelle cardiache sono differenti rispetto a quelle muscolari e quindi possiamo usare degli anticorpi( per I o T) che riconoscono esclusivamente quella troponina d’interesse. Quindi, quando andiamo a dosare le troponine I o T che siano, possiamo individuare quella che è presente nel muscolo cardiaco e ci permette di individuare direttamente quella di nostro interesse. La troponina aumenta entro 3‐8 ore, quindi in questo periodo si positivizza, dura in genere da 9 a 14 giorni, ciò serve perché nella sesta giornata avendo questa alterata ci aiuta a fare diagnosi di infarto pregresso, recente o silente a seconda delle condizioni  che l’abbiano provocato. La mioglobina ha un alto valore predittivo negativo, ha un’alta sensibilità, è quello più rapido ma che non ci permette di fare diagnosi ma può essere usato per escludere la patologia. CPK‐MB è un enzima specifico, cardiaco, sensibile, relativamente rapido( entro 2‐6 ore) ed entro 48 ore scompare, e quindi ci permette di stabilire l’acuzia di una patologia; lo utilizziamo per la diagnostica, per fenomeni ischemici, per quantizzare la massa di cuore che è  stata alterata. Inoltre può essere utilizzato come marcatore di danno da riperfusione, oltre al fatto che ci permette di valutare l’eventuale danno cardiaco entro 2 o 3 gg, quindi ci permette di stabilire se c’è un infarto acuto recente. Nel caso in cui aumentasse di uno è l’unico che ci permette di stabile se c’è 

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stato un altro re‐infarto, perché ricomincia ad aumentare laddove è passato il tempo della riperfusione; se per esempio un soggetto al quinto giorno ha solo la troponina aumentata noi facciamo diagnosi di infarto ma non sappiamo se è un fatto recente o passato(per passato s’intende 9‐14 giorni che sono l’emivita di questi marcatori), quindi per avere la condizione di diagnosi di re‐infarto o di condizione acuta di ischemia acuta o di infarto del miocardio ci affidiamo al cPK‐MB.  Con questi 3 marcatori abbiamo quindi la possibilità di effettuare la diagnosi, il monitoraggio (seguire il paziente), stabilire la sua storia con le sue caratteristiche, permette di fare diagnosi aldilà della condizione acuta e tutto ciò implica che possiamo effettuarli all’inizio (quando il paziente entra nel pronto soccorso) e saggiarli ogni 3 ore al fine di ottimizzare l’accuratezza, ovviamente nel caso in cui siano positivi è il caso d’intervenire. È chiaro che se la mioglobina risulta aumentata è inutile farlo ogni 3 ore perché la ritroveremo ancora. Se questi sono i marcatori, ora vediamo quali sono le altre condizioni in cui possiamo avere una troponina elevata ed eventualmente perché; secondo, andiamo a vedere poi altri possibili markers che possono essere utilizzati. Normalmente abbiamo detto che possiamo dosare due diversi tipi: la Tn I, Tn T; la differenza tra queste due proteine è nel peso molecolare: la Tn I è di circa 25 kDa, mentre la Tn T è di circa 39 kDa; questo implica che a livello renale (dove le proteine a basso peso molecolare vengono filtrate) la Tn I (che è ai limiti della filtrabilità) può essere eliminata con le urine. La Tn T ha una maggiore difficoltà, essendo di peso molecolare maggiore; tuttavia è, in soggetti sani, normalmente eliminata mentre in soggetti che presentano insufficienza renale si possono avere aumentati livelli sierici di Tn T. Questo implica che la troponina può essere utilizzata anche come marker di insufficienza renale (oltre che di infarto e di tutta una serie di patologie cardiache quali miocarditi, pericarditi o infezioni cardiache). Una delle conseguenze più frequenti dell’ima (infarto del miocardio) è la insufficienza cardio‐circolatoria o scompenso cardiaco. Lo scompenso cardiaco si ha quando il cuore non riesce a funzionare come una “pompa di perfusione” e dunque non riesce a inviare quantità sufficienti di sangue in periferia in quanto si perde una quota di tessuto muscolare cardiaco con conseguente riduzione della sua forza contrattile. Lo scompenso può avere in realtà moltissime altre cause, non solo ischemiche. Come si può fare diagnosi di scompenso cardiaco? E quando? La sintomatologia è aspecifica: un soggetto che presenta una insufficienza di pompa cardiaca incomincia a avere astenia, dispnea (stasi del sangue a livello polmonare poiché il cuore in riesce a pompare sangue dal polmone). Questi sintomi sono aspecifici in quanto comuni anche ad altre patologie quali patologie respiratorie – un soggetto che presenta bronchite, polmonite può avere astenia, per scarsa ossigenazione del sangue, cianosi (poiché gli scambi gassosi sono alterati), dispnea.  

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Quindi per effettuare diagnosi di scompenso cardiaco si devono utilizzare una serie di esami quali: RX del torace, ecocardiogramma, la spirometria, ecocardiografia (per valutare se vi è o meno un’alterazione della meccanica cardiaca).  Per quanto riguarda invece gli esami di laboratorio, vi è la possibilità di avere un marcatore specifico della funzionalità cardiaca: il peptide natriuretico. Esistono diversi tipi di peptide natriuretico:  1)urotelina, 2)peptide natriuretico A (ANP)   atriale  3)peptide natriuretico B (BNP)   “B” sta per Brain (cerebrale) poiché è stato scoperto per la prima volta come molecola prodotta a livello cerebrale; in realtà è il ventricolo cardiaco che ne produce grandi quantità.  4) peptide natriuretico C.  Funzione di questi peptidi: essi sono “natriuretici”, ossia mediano l’eliminazione del Na attraverso le urine, cioè fanno da contraltare al sistema renina‐angiotensina‐aldosterone, cioè regolano la quantità e volume di sangue!  Lo scompenso cardiaco compare per due motivazioni: o la quantità di sangue che arriva al cuore è superiore a quella che viene pompato (vi è quindi un eccesso di pre‐carico) oppure vi è eccesso di pressione a valle (un eccesso di post‐carico). Se dunque troppo sangue giunge al cuore oppure se la pressione è elevata, il cuore presenta difficoltà a pompare sangue nei tessuti. Questa condizione può essere regolata: ‐modulando il volume di sangue che giunge al cuore (volemia), ‐ regolando le resistenze periferiche cioè la resistenza che offre il vaso al passaggio del sangue (quindi pressioni e flusso a livello dei vasi). Il BNP è un ottimo marker perché esso viene prodotto dal ventricolo ogni volta che va incontro a un’eccessiva distensione delle fibrocellule muscolari (ricorda la legge di Starling: il cuore aumenta la forza prodotta man mano che si ha la distensione della parete; ciò accade fino a un certo punto in cui esso non svilupperà più forza all’aumentare della distensione). Quando dunque le fibrocellule vengono stirate a causa dell’aumento del pre‐carico o del post‐carico, sintetizzano e rilasciano il BNP. In condizioni normali esso si porta a livello renale, induce una riduzione della volemia (quindi riduce il pre‐carico) e ristabilisce le condizioni normali.  Nelle condizioni di scompenso cardiaco invece, in cui le fibrocellule vengono continuamente stirate, si avrà un cronico aumento del BNP. Questa è la ragione per cui il BNP può essere utilizzato quale marcatore di scompenso.  Ha un elevato valore PREDITTIVO POSITIVO; consente di effettuare diagnosi anche in condizioni “latenti”. Questo perché il BNP consente di valutare il grado di funzionalità del cuore dal punto di vista della forza contrattile. Esso può essere misurato: ‐come tale, cioè l’ormone specifico; ‐come una sua componente, cioè la porzione N‐terminale   pro‐BNP.  

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Questo è possibile perché il BNP viene prodotto come pre‐pro‐ormone; viene successivamente clivato a pro‐ormone e poi viene ulteriormente clivato e di questi uno esce direttamente come ormone, e un’altra porzione, il pro‐BNP (simile al peptide c dell’insulina). Il dosaggio del pro‐BNP presenta dei vantaggi rispetto al dosaggio dell’ormone perché: il BNP funziona rapidamente; è presente in piccole quantità e viene rapidamente inattivato. Il pro‐BNP viene prodotto in quantità equimolecolari rispetto al BNP, con la differenza che ha un’emivita maggiore (e dunque una concentrazione ematica maggiore) per cui è più semplice dosarlo.  Il 60‐70% di tutti gli esami vengono effettuati sulla base delle tecniche ottiche. Una di queste è la SPETTROFOTOMETRIA: è la capacità delle diverse sostanze  di interagire in maniera differente, in base alla struttura chimica, con le radiazioni elettromagnetiche. Prendiamo ad esempio la luce bianca: 300‐700 nm. Se si scompone la luce bianca posso andare a selezionare tutte le singole componenti della luce bianca da 300 a 700 nm. [Poiché la lunghezza d’onda è inversamente proporzionale al periodo dell’onda, possiamo avere onde più frequenti e onde più lunghe che sono l’una l’inverso dell’altra e possiamo andare sino ai raggi gamma ecc..] Soffermandoci su questo intervallo 300‐700 avremmo: ‐luce ultravioletta, con intervallo immediatamente inferiore a 300nm; ‐luce infrarossa, con intervallo immediatamente superiore a 700nm. Le sostanze hanno la capacità di assorbire specificamente una lunghezza d’onda. Esempio: l’enzima LDH. Questo utilizza come coenzimi NAD e NADH. Il vantaggio è che il NADH assorbe sia a 290nm sia, specificamente, a 340nm mentre il NAD assorbe solo a 290 nm. Quindi se abbiamo una reazione in cui utilizziamo come substrato il NADH o il NAD, sappiamo in ogni momento la loro concentrazione e quindi abbiamo la possibilità di monitorare l’attività enzimatica poiché a 290nm avremo assorbimento sia di NAD che di NADH invece a 340nm avremo l’assorbimento del solo NADH. (questo per molti enzimi come LDH, le transaminasi) Questo implica che se si fa riferimento alla legge di lambert‐beer* noi avremmo che l’assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche da parte di una sostanza in soluzione è direttamente proporzionale alla concentrazione della sostanza stessa. Dunque stabilire quanta radiazione elettromagnetica è stata assorbita da quella miscela significa saperne la concentrazione.  

*= In ottica la legge di Lambert-Beer, conosciuta anche come legge di Beer-Lambert o Legge di Beer-

Lambert-Bouguer, è una relazione empirica che correla la quantità di luce assorbita da un mezzo alla

natura chimica, alla concentrazione ed allo spessore del mezzo attraversato.

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Quando un fascio di luce (monocromatica) di intensità I0 attraversa uno strato di spessore l di un mezzo, una

parte di esso viene assorbita dal mezzo stesso e una parte ne viene trasmessa con intensità residua I1.

Il rapporto tra le intensità della luce trasmessa e incidente sul mezzo attraversato è espresso dalla seguente

relazione (si veda dimostrazione seguente)

(da wikipedia)

 Le tecniche ottiche si basano essenzialmente su questi elementi; le principali sono le tecniche:  ‐Colorimetriche ‐Fotometriche se si utilizza la luce bianca ‐Spettrofotometriche se si utilizza tutto lo spettro della luce visibile (UV e infrarossi)  Quindi è possibile andare a individuare una sostanza attraverso la quantità di luce assorbita. Queste tecniche ottiche presentano una sensibilità di 10 ‐4 : possono,cioè, misurare delle sostanze presenti nell’ordine di decimi di mg nell’ambito di una soluzione. Esistono poi dei meccanismi che consentono di aumentare la sensibilità di queste tecniche, cioè possiamo andare a misurare anche quantità inferiori (fino a 10‐7) utilizzando sempre tecniche ottiche ma insieme alla colorazione o la fluorescenza. TORBIDIMETRIA E NEFELOMETRIA : sono delle misure che si effettuano per valutare delle miscele (quindi non soluzioni ma miscele! La differenza sostanziale tra miscele e soluzioni è che le soluzioni sono omogenee in tutte le strutture mentre nelle miscele si ritrovano delle sospensioni – esempio acqua con la sabbia). La torbidimetria misura la torbidità della miscela; la torbidità è rappresentata dalla capacità delle radiazioni elettromagnetiche di essere ostacolate nel passaggio dalla presenza delle sospensioni. Se io prendo una miscela con queste sospensioni grossolane e ci faccio passare la luce, questa luce può essere ostacolata, in base alla quantità delle sospensioni. Misurando la quantità delle sospensioni, misuriamo la quantità di sostanze.  Esempio: tutte le prove di emocoagulazione, in cui si forma coagulo di fibrina, la miscela si intorbidisce per la formazione di questa “maglia”. Anche nel caso in cui si utilizzano gli Anticorpi (Ab): se si utilizzano maggiori quantità di Ab rispetto a quelle di Antigene (Ag) si avrà la formazione di macroaggregati (4‐5 Ab legati a 2 ag); questi ostacolano il passaggio della luce e vi danno indicazioni sulla quantità di macroaggregati e quindi la quantità di Ab o Ag. La nefelometria consente la misurazione di miscele FINEMENTE sospese; cioè permette la misurazione di piccole molecole per esempio un Ag o un Ab. In questo caso non si andrà a valutare l’ostacolo della luce come nelle torbidimetria ma si andrà a valutare la quantità di luce riflessa da queste fini sospensioni. Se ad esempio 

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vi è un Ab e un Ag e si colpisce la miscela con la luce, essa viene deviata. L’angolo di deviazione è di solito tra 0‐90°; la quantità di luce che viene deviata, sarà deviata tutta nello stesso modo se le molecole sono tutte uguali. Cioè se le molecole sono tutte ag e ab si valuterà semplicemente la quantità di luce riflessa. Con la nefelometria e la torbidimetria si possono misurare proteine fino a 10‐7 

(decimi di microgrammi). Per aumentare la sensibilità: ELISA e RIA, IRMA   tecniche radioimmunologiche o immunometriche che permettono di arrivare a 10‐9 – 10‐12 

Tecniche più sensibili   PCR: permette di evidenziare la presenza di pochissime molecole.    Isa e Cla 

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CHIOSI 15/03/2014 Di Monica Avino, Domenica 16 marzo 2014 alle ore 21.13

Esame delle urine

Per quanto riguarda l'esame standard delle urine diciamo che le urine rappresentano una matrice biologica su cui possono essere effettuate una serie di indagini. Le indagini variano a seconda dell'utilità clinica; questo permette di fare sull'esame delle urine una serie di campioni o prelievi differenti per indagini differenti. Possiamo avere le urine delle 24 ore e quindi fare una determinazione quantitativa di una serie di sostanze. Allo stesso modo possiamo fare ad esempio un urinocultura nel caso di un sospetto di infezioni. Queste sono condizioni che determinano da un lato l'utilizzazione delle urine delle 24 ore per fare una concentrazione, dall'altro lato prevede l'utilizzazione di recipienti assolutamente sterili per quanto riguarda l'urinocultura. Riguardo invece l'esame standard delle urine, è il normale, comune esame di base che viene utilizzato per avere una serie di informazioni dal punto di vista metabolico e dal punto di vista delle patologie che hanno interessamento renale. Per quanto riguarda il campione di urine da esaminare è rappresentato in genere dalle prime urine del mattino, eliminando la prima quota che potrebbe essere contaminata da sostanze esterne o da sostanze dell'ultimo tratto soprattutto dell'uretra.Detto questo, il campione come si preleva? Occorre prelevare almeno 10 ml di campione di urine; è preferibile che il contenitore sia sterile ma basta che sia pulito, perchè non si fa un esame colturale ne tantomeno un arricchimento per evidenziare la quantità o eventualmente la presenza di batteri e microorganismi. Si prende quindi il minto intermedio che dovrebbe essere esaminato in genere nell'arco di 1-2 ore dalla preparazione, al fine di evitare che ci possano essere delle contaminazioni o la decomposizione di sostanze all'interno come per esempio i cilindri. Bisogna conservarlo in frigo in ogni caso e trasportarlo poi al laboratorio. Dal punto di vista dell'esame delle urine, questo è un esame che costa poco, dà diversi tipi di informazioni e comprende diversi parametri che fondamentalmente possono essere divisi in tre gruppi: 1)Esame fisico 2)Esame chimico 3)Sedimento urinario Per quanto riguarda l'ESAME FISICO delle urine si devono valutare fodamentalmente: il colore, l'aspetto, la quantità, il peso specifico e l'odore. Queste sono caratteristiche specifiche perchè attraverso la variazione di alcuni di questi parametri possiamo avere delle informazioni o addirittura una condizione specifica come marcatore di danno e/o di funzione. Normalmente le urine che vengono prodotte nell'arco delle 24 ore ammontano ad 1l-1,5l al giorno; tuttavia poniamo un limite minimo a 600 ml fino ad un limite massimo di 2l al giorno. Poniamo questi limiti perchè al di sotto di 500 ml al giorno si parla di OLIGURIA; se la quantità di urina prodotta nelle 24 ore è al di sotto di 100 ml si parla di ANURIA, mentre una quantità superiore a 2-3l al giorno è indice di POLIURIA. Questi paramentri sono estremamente importanti perchè possono sottendere un'alterata funzionalità renale, un'alterata funzione cardio-circolatoria soprrattutto per quanto riguarda l'anuria e l'oliguria. È chiaro che un ridotto quantitativo di sangue che arriva al glomerulo provoca una riduzione della filtrazione e quindi una riduzione della quantità di urina prodotta, e questa è una condizione tipica da deficit circolatorio o da deficit della funzionalità renale. Dall'altra parte abbiamo la poliuria, ovvero la produzione di più di 2l di urina al giorno che può essere una poliuria IPEROSMOTICA come quella del diabetico,in quanto il diabetico dà luogo all'eliminazione del glucosio quindi la cosiddetta glicosuria. La glicosuria si verifica quando si supera la soglia di riassorbimento renale del glucosio, che è di 180 mg/dl; in questa condizione possiamo dire che la quota in eccesso di glucosio passa la membrana di filtrazione ed

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essendo osmoticamente attiva trattiene acqua, provocando poliuria. Nell'ambito della poliuria la quantità di urina eliminata può ammontare anche a 10l-20l al giorno nei pazienti affetti dal cosiddetto diabete insipido, provocato da deficit o alterata funzionalità dell'ormone antidiuretico ADH. L'ADH è l'ormone capace di dar luogo al riassorbimento di acqua che in questo caso non avviene; quindi si eliminano grandi quantità di acqua. Il peso specifico, invece, è importante perchè indica la quantità di soluti presenti all'interno delle urine; un rene, infatti, può eliminare molte sostanze idrosolubili e quindi l'urina può contenere varie concentrazioni delle sostanze prodotte. Il peso specifico normalmente va da 1005 g/L a 1025 g/L; esso può aumentare in quelle condizioni in cui il metabolismo basale risulta essere accentuato come per esempio nella febbre, nell'attività fisica, nello sforzo fisico o in determinate patologie come l'ipertiroidismo. Può essere inoltre ridotto quando c'è la tendenza ad avere un'alterazione della funzione di riassorbimento, della funzione di filtrazione, oppure della funzione di secrezione. È importante il peso specifico perchè in genere in condizioni di insufficienza renale è uno dei paramentri di cui maggiormente si ha considerazione. Il colore normalmente viene definito giallo paglierino, cioè va dal bianco al giallo appena accennato. Normalmente ci sono delle scale per la determinazione del colore, tra le quali quella più usata è la scala di Vogel. Secondo Vogel il colore va fondamentalmente in 4 tipi di colorazione: dal bianco al bianco paglierino al giallo al giallo relativamente più intenso. Tutte le altre alterazioni della colorazione delle urine sono di tipo patologico. Il giallo, infatti, può essere un giallo bruno tendente al marrone e caratterizzare le cosiddette "urine marsala": rappresentano una condizione in cui le urine contengono birilubina, prodotti del metabolismo della birilubina ed eventualmente anche pigmenti biliari, tipica di colestasi, ostruzione delle vie biliari e ittero. La presenza di pigmenti biliari dà luogo alla produzione di schiuma a livello delle urine ed è sempre indice ovviamente di una compromissione delle vie e delle funzionalità biliari. Le urine possono anche essere rosse, per vari tipi di situazioni: 1) per la presenza di emoglobina, e in questo caso il rosso è limpido perchè è una soluzione omogenea della proteina; 2) per la presenza di globuli rossi, e avremo un rosso torbido perchè gli elementi corpuscolati saranno birifrangenti e non potranno dar luogo ad una soluzione omogenea. L'entità del colore ovviamente deriva dalla quantità di sangue escreta. Urine rosse possono tuttavia essere anche provocate da altre cause, come l'assunzione di determinati farmaci (per es. la rifampicina,il complesso p) o l'ingestione di alimenti come le barbabietole; queste chiaramente non sono condizioni patologiche. Le urine possono apparire verdi o azzurre se un soggetto utilizza come disinfettante il blu di metilene oppure per la presenza di biliverdina, uno dei metaboliti della birilubina. Un altro colore assunto dalle urine è il nero, indice della cosiddetta alcaptonuria; l'alcaptonuria rappresenta la presenza di prodotti del catabolismo della fenilalanina nelle urine, causata da un deficit congenito dell'idrossilazione della fenilalanina, per cui è particolarmente importante diagnosticarlo alla nascita. Questo difetto comporta conseguenze deficitarie nel sistema nervoso in particolare a livello della trasmissione dopaminergica, perchè non viene prodotta dopamina e con essa neppure molti neurotrasmettitori e sostanze ad attività ormonale con funzioni stimolatorie basilari su vari organi, per esempio sul cuore. L'aspetto è normalmente limpido; in altri casi può essere torbido,chiloso od opalescente. È torbibo quando sono presenti in sospensione elementi macromolecolari e/o corpuscoli; se un soggetto elimina con le urine molte cellule o proteine soprattutto di grosse dimensioni o prodotti della macrofagia può presentare urine torbide. Allo stesso modo poichè l'apparato urinario è deputato all'eliminazione delle sostanze idrosolubili non dovrebbero essere presenti lipidi; se sono presenti si avranno urine chilose od opalescenti e sono indice di disfunzione della membrana filtrante o dell'attività renale in senso stretto. L'odore viene generalmente definito sui generis,perchè è tipico delle urine. È fondamentalmente determinato dalla presenza di urea a livello delle urine, un prodotto del catabolismo azotato che avviene proprio attraverso il rene. Tuttavia l'odore può risultare modificato: può essere

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acido,chetosico oppure solforato. Queste modificazioni possono essere indice di alterazioni di tipo metabolico (per esempio la presenza di chetoni è causata da condizioni quali digiuno o diabete), oppure della presenza di infezioni a livello del tratto urinario o strettamente renale da parte di batteri fermentati (che possono quindi produrre acido solfidrico e dare l'odore solforato). Passiamo adesso ai PARAMETRI CHIMICI. Uno dei più importanti parametri chimici è rappresentato dalla presenza e quota delle proteine, che ci consente di evidenziare l'insorgenza di una importante condizione patologica chiamata proteinuria. Noi sappiamo che normalmente il rene non filtra le proteine, a meno che non abbiano un peso molecolare al di sotto dei 25000 Da; di conseguenza peptidi e piccole proteine possono essere eliminati e le proteine più grandi vengono salvaguardate. In ogni caso se alcune di esse dovessero attraversare il filtro glomerulare c'è il fenomeno del riassorbimento che consente il recupero di una parte di esse. Ma perchè è così importante la proteinuria? Perchè può essere il primo e unico segno di insufficienza renale e/o nefropatia primitiva o secondaria. Quindi valutare la quantità di proteine presenti nelle urine equivale a valutare direttamente la funzionalità del rene diagnosticando le malattie che conseguono alla sua alterazione. Normalmente la quantità di proteine eliminate con le urine ammonta a 150 mg-200 mg al giorno; se la quotà si rivela superiore parliamo di proteinuria. Per questo tipo di esame non è importante conoscere il tipo di proteina eliminata, o la quantità di proteine escrete in termini assoluti ma è importante la quantità in senso generale; questo consente l'utilizzazione di metodi che diano riposte del tipo si/no,maggiore o minore di 200mg di proteine nelle urine delle 24ore. Se poi un soggetto è affetto da proteinuria può effettuare ulteriori esami per capire qual'è la proteina maggiormente rappresentata, in modo da distinguere proteinurie pre-glomerulari, glomerulari, miste, nefritiche e così via. Il secondo parametro chimico è il glucosio; la presenza di glucosio nelle urine viene definita glicosuria. La glicosuria normalmente non deve essere superiore a 40-50mg nelle urine delle 24 ore: se è superiore a questa quota è indice del fatto che è stata superata la soglia di riassorbimento renale di glucosio. Quest'ultima è comunemente considerata 180mg/dl; un superamento di questa soglia indica che il soggetto presenta una glicemia, anche transitoria, superiore a 180mg/dl, presente nel diabete mellito, nelle sindromi metaboliche o in caso di ridotta tolleranza agli idrati di carbonio. IL glucosio si misura con un metodo enzimatico, cioè grazie alla specificità dell'enzima glucosio ossidasi o esochinasi che ha una particolare e alta affinità nei confronti del glucosio e che ci consente di capire la quantità del glucosio presente nelle urine in base alla quantità di prodotto di reazione formatosi. Questo è un metodo abbastanza specifico perchè l'enzima utilizza prevalentemente e quasi esclusivamente il glucosio come substrato, a differenza invece di metodi biochimici che valutavano la presenza di glucosio nelle urine in base al potere riducente dello zucchero, che possiede un carbonio riducente. Valutare l'attività riducente equivaleva a valutare la quantità di glucosio; in realtà oggi sappiamo che esistono molte altre sostanze riducenti come l'acido urico, la birilubina, la vitamina C, altri zuccheri, per cui questi metodi non risultavano essere molto specifici,cioè non riuscivano a distinguere il glucosio da altre sostanze più o meno simili. Allo stesso modo si può determinare la presenza di corpi chetonici. I corpi chetonici sono l’ idrossibutirrato e l’acetoacetato, sono sostanze acide, in genere dovuti alla attivazione della beta-ossidazione degli acidi grassi, quindi derivano dalla demolizione degli acidi grassi, in modo da non consentire, però, l’attivazione di acetil CoA, ma di acetoacetato o idrossibutirrato, che sono, appunto, radicali ossidanti, sono radicali acidi, che conducono alla chetosi. La chetosi si può avere nel digiuno, nel diabete, ed in tutte quelle condizioni in cui si va in deficit di ossigeno, quindi si riduce l’utilizzo di glucosio ai fini energetici e viene attivata la beta-ossidazione degli acidi grassi. Tutto questo, può comportare questa condizione di cheto-acidosi e/o di chetoni presenti, in questo caso, anche nelle urine. Un altro dei parametri importanti è il pH, il cui valore è importante perché il rene è uno di quegli organi che dà luogo alla regolazione della omeostasi dell’equilibrio acido base,

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quindi è alla base della regolazione del pH dell’organismo. Il pH è estremamente importante perché piccole modifiche, anche nell’ordine di decimi, può essere indicativo di uno stato di obnubilamento del sensorio, cioè il primo tipo di coma o di confusione mentale, per poi arrivare ai vari gradi di coma, che in genere sono legati ad una condizione di acidosi o alcalosi di vario tipo. Normalmente l’emoglobina è assente, se è presente può dipendere da un’alterazione della membrana, quindi dalle glomerulonefriti; può dipendere dalla eccessiva emolisi, quindi dalle anemie emolitiche, oppure le anemie emolitiche dovute ad agenti ossidanti, o ad auto-anticorpi, o farmaci, quindi abbiamo una serie di malattie emolitiche che possono dar luogo alla degradazione di emoglobina, che dà luogo ad emoglobinuria. L’urobilina, di solito, è presente in tracce, quando è presente in quantità maggiori di 0,2 mg, può essere indicativa di epatopatie. Analogamente, la bilirubina è, di norma, completamente assente e se c’è ci sono epatopatie, dovute ad alterazioni di tipo colestatiche. Normalmente l’urea è il prodotto del catabolismo azotato, perché una delle funzioni che svolge il rene è quella di determinare l’ equilibrio della quantità di azoto in ingresso, rispetto a quello eliminato, al fine di mantenere un livello di azoto fisso nell’ organismo, perché l’azoto, di per sé è tossico se non utilizzato in determinate concentrazioni. Questi sono i parametri clinici, il terzo gruppo di parametri che possono essere determinati da un esame normale di urine: il SEDIMENTO URINARIO, che è la descrizione, caratterizzazione, quantizzazione degli elementi macroscopici che si trovano nelle urine, quindi delle sospensioni nelle urine. Dal punto di vista pratico sono: globuli rossi: ematuria, globuli bianchi: leucocituria, flora batterica o agenti (batteri, protozoi, funghi, o altri microrganismi), possono essere cellule delle vie urinarie, oppure, due tipi fondamentali, cristalli e cilindri. I cristalli sono aggregazioni di Sali, derivati dalla concentrazione e precipitazione di particolari tipi di sali, tra cui: urati, ossalati e fosfati, che sono i principali, poi ci sono altri Sali di cristalli che possono dar luogo ad una serie di indicazioni o di tipo …(30.42), o di tipo abbinabile alle colelitiasi, cioè la presenza di calcoli renali. I cilindri sono concrezioni, agglomerati di forma cilindrica che si formano sullo stampo tubulare, quindi qualsiasi condizione che determini un rallentamento della filtrazione urinaria o un rallentamento dei processi circolatori, o tutte le condizioni che diano luogo ad una tubulo-necrosi può essere accompagnato alla formazione di questi cilindri, che sono aggregati di cellule e/o proteine, aggregati, con o senza Sali. Quindi andiamo dai cilindri ematici, a quelli di globuli bianchi, a quelli ialini, granulosi, a seconda del tipo di sostanza che li compone. Il motivo importante, per cui le urine dovrebbero essere analizzate entro 1-2 ore dalla produzione del campione, è che i cilindri sono, in realtà, delle strutture impacchettate, assemblate, per cui lo scuotimento, la variazione del tempo, determinano un disfacimento di questi cilindri ed, automaticamente, la loro non visione nel caso in cui passi molto tempo, o le urine non vengano mantenute in condizioni idonee. Tra gli elementi principali, abbiamo l’ ematuria, che significa presenza di globuli rossi nelle urine, quindi globuli rossi interi, quindi può essere indicativa, e può far sospettare una flogosi di qualsiasi natura, quindi sia di natura chimica, che fisica, che da agente batterico o da microrganismo, che dà luogo all’ erosione dei vasi principali e alla liberazione di sangue intero e quindi di globuli rossi. Quindi qualsiasi processo flogistico a carico del rene, della vescica o dell’uretra, può dar luogo ad ematuria; ematuria si può avere anche in tutte le condizioni traumatiche o post- traumatiche; in tutte le condizioni legate a neoplasie, sia renali, che vescicali, che uretrali; può dipendere da una calcolosi, soprattutto dopo una colica renale per sabbia, e/o renella concrezioni di calcariche- necrotiche, quindi nefrolitiasi in senso stretto. Fanno eccezione dalle vie urinarie, l’ ematuria dovuta a carcinoma della prostata, o dovuta a prostatite. Altre condizioni che possono essere determinate nell’ ematuria, è l’ematuria con globuli rossi modificati morfologicamente, cioè con g. rossi di morfologia alterata, che prendono il nome di acantociti, tipici delle glomerulonefriti, in cui il sangue viene filtrato attraverso la membrana glomerulare e quindi abbiamo la possibilità di deformare la forma a disco biconcavo dei

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globuli rossi. La presenza di acantociti da un lato ci consente di fare diagnosi di glomerulonefriti, rispetto ad altre cause di ematuria, dall’altra però gli acantociti devono essere più dell’ 80% del totale dei globuli rossi presenti in queste urine. Riguardo la leucocituria, normalmente i globuli bianchi non sono presenti nelle urine, se sono presenti in numero considerevole, cioè da 2 a 5 in poi, per campo ottico, che significa: prendo le urine, le centrifugo, abbasso numero di giri, dopo di che si ottiene una precipitazione al fondo della provetta, si aspira il liquido, e questo precipitato si mette sul vetrino portaoggetti, si copre con il vetrino copri-oggetto e si analizza al microscopio ottico con ingrandimento 40X. Se in un campo visivo abbiamo da 2 a 5, abbiamo una lieve leucocituria, se è da 5 a 10 media leucocituria, e così via, se è a tappeto, abbiamo una leucocituria o ematuria (forse voleva dire leucocituria?!) a tappeto. La presenza di leucociti nelle urine indica un processo flogistico, perché è indicativo di tutte le condizioni in cui è attivata la flogosi, soprattutto acuta, quindi tutte le infiammazioni, di qualsiasi natura siano, possono essere correlate alla presenza di globuli bianchi nelle urine. Cellule di transizione e/o epiteliali sono le normali cellule che rivestono le strutture renali o le strutture escretrici. Queste cellule normalmente sono presenti in tracce perché come tutti gli epiteli, hanno un’attività rigenerativa estremamente rapida, nel senso che in 3-4 giorni (5 giorni per gli epiteli renali), vengono sostituiti; se c’è un eccesso di queste cellule vuol dire che il soggetto è debilitato, o c’è un infezione o infiammazioni; bambini ed anziani ne avranno di più, defilati in senso generale, ne avranno ancora di più. Batteri, miceti ed altri elementi non sono indicativi per la diagnosi, ma per un eventuale sospetto. Non si può fare la caratterizzazione del batterio sulle urine prese in questo modo e sull’ esame delle urine fatto in questo modo, ma per fare l’ esame colturale, occorre che le urine siano sterili e che vengano trattate con terreni di arricchimento per produrre e selezionare la parte o il tipo di agente microbiologico che risulta essere maggiormente rappresentato, qui si possono, invece, fare solo distinzioni se ci sono o non ci sono batteri ed eventualmente dire, cosa sono questi batteri (cocchi, diplococchi, spirochete, ecc.) e quindi dare descrizione generica e quindi non caratterizzazione dei batteri. Relativamente all’ esame standard delle urine non c’è altro, mentre ci sono i marcatori di funzione e gli esami dell’ equilibrio acido-base, che interessano direttamente l’ apparato renale. Quali sono i parametri funzionali renali? Il rene svolge molte funzioni differenti, abbiamo detto che elimina le sostanze idrosolubili, è alla base del bilancio azotato, agisce come regolatore della volemia, ma soprattutto delle concentrazioni degli elettroliti, svolge un ruolo fondamentale riguardo il metabolismo e l’ equilibrio di magnesio, fosfato e calcio, in particolare per quanto riguarda il calcio è estremamente importante riguardo la produzione di vit D, in particolare il diidrossicolecalciferolo, è importante anche nella regolazione e nella produzione del paratormone, che è correlato direttamente con calcio e fostato, ed è importante per quanto riguarda l’eritropoiesi, perché produce l’ eritropoietina che fa parte dell’ eritrone (che è quello che va a stimolare il midollo osseo per aumentare la sintesi dei globuli rossi), interviene, inoltre, nell’ equilibrio acido-base. Ci sono tutta una serie di funzioni importanti che determina la possibilità di avere vari parametri che possono essere utilizzati. I parametri funzionali quali sono? Nell’ esame standard delle urine, ci sono già parametri importanti: peso specifico, quantità, pH, proteinuria, sono tutti parametri funzionali che si possono avere nell’ esame standard delle urine, ma oltre questi noi possiamo determinare la quantità di sodio, di potassio di calcio e di cloro escreto, e quindi avere elementi di valutazione della … (51.28) idroelettrolitico, si può vedere l’osmolarità delle urine, si può dosare la quantità di paratormone, di vit D, l’ eritropoietina e si può effettuare un esame emocromocitometrico, perché una delle condizioni per cui il terreno dà luogo ad alterazioni, soprattutto di tipo cronico, dà luogo ad una intossicazione, o meglio ad una mancata detossificazione, essendo le tossine tossiche per i globuli rossi, aumenta la crasi ematica dei globuli rossi, aumenta la nocività per i globuli rossi e si riduce la loro vita media; si riduce anche la quantità di

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eritropoietina che viene prodotta, per cui abbiamo da un lato l’aumento della crasi ematica e dall’altro la diminuzione degli stimoli idonei ad attivare la produzione di globuli rossi, perciò spesso diciamo che con un’ insufficienza renale o con nefropatia, si ha anche un’ anemia correlata. Tra i parametri di funzionalità, più specificamente quelli che comunemente vengono usati sono: concentrazione di elettroliti, calcio, magnesio e fosfato, paratormone, esame emocromocitometrico, ecc. sono tutte funzioni renali che vengono valutate normalmente, invece quelle che apparentemente sembrano essere più specifiche del rene, che sono: la creatininemia, la clereance della creatinina, azotemia e acido urico. Azotemia: è quella che fa riferimento alla funzione di bilancio azotato a cui assolve il rene, in realtà, questo rappresenta la quantità di azoto non proteico. La azotemia, in realtà, pur essendo non esclusivamente renale è indice della funzione renale stessa, perché se il rene non elimina l’urea e le sostanze azotate abbiamo un aumento dell’azotemia, però non è esclusivamente renale, perché parte del ciclo dell’urea avviene nel fegato, quindi l’ azotemia è un parametro di funzionalità renale, ma anche di funzionalità epatica, per esempio. Creatiinemia: la creatinina è il catabolita della fosfocreatina, che si trova nei muscoli ed è una sostanza che conceste di essere usata in caso di riduzione della energia chimica spendibile, cioè ATP, perché il fostato legato alla creatina ha un’ alta energia e quindi può dar luogo alla fosforilazione dell’ ADP e formare ATP e dare energia ai sistemi. In particolare nei muscoli, perché entra in funzione il debito di ossigeno, cioè ogni volta che la quantità di ATP non è in quantitativo idoneo a sviluppare il lavoro muscolare, quindi in casi di necessità interviene la fosfocreatina. La caratteristica importante, che la rende il principale marcatore di funzione renale è data dal fatto che la creatinina è una sostanza con caratteristiche di sostanza del tutto filtrabile, non riassorbibile e praticamente non escreta, se non in quota piccolissima di 10-15%. Questo significa che se noi facciamo riferimento ai normali test fatti in fisiologia relativamente alla capacità di depurazione dell’organismo, di una sostanza, cioè la clereance di ogni sostanza, possiamo fare a meno di iniettare una sostanza con queste caratteristiche, cioè l’ inulina perché viene tutta filtrata, non viene riassorbita e non viene escreta, quindi inettarla significa stabilire qual è la concentrazione di ...(58:13) quindi quanto sangue viene depurato perché ogni volta che passa per il rene viene eliminata e quindi si concentra. Questo significa che possiamo stabilire il flusso di filtrazione renale o la frazione di filtrazione renale è direttamente correlata alla funzione depuratrice del rene, quindi alla funzione renale in senso stretto. Quindi noi attraverso la clereance della sostanza, abbiamo la possibilità di stabilire quale sia la frazione di filtrazione renale o il flusso di filtrazione glomerulare, che è intorno a 125 mg/ml. La creatinina, poiché viene del tutto filtrata, non viene riassorbita e viene solo parzialmente escreta, può essere usata come indicatore di una sostanza che ha l’ effetto analogo a quello dell’ inulina, ma che non deve essere iniettata, che è già nell’ organismo e quindi valutando la quantità di creatininemia (creatinina nel plasma) rispetto alla quantità di creatinuria (cioè la quantità di creatinina escreta nelle 24h) riusciamo a calcolare il flusso glomerulare o flusso renale. Questa clearance della creatinina, quindi, si ottiene attraverso il rapporto tra la (concentrazione urinaria della creatina X il volume delle urine prodotte nelle 24h)/ la concentrazione plasmatica della creatinina. Così sappiamo il flusso glomerulare e quindi la frazione di filtrazione glomerulare e quindi l’indice di filtrazione renale e quindi l ‘indice funzionale…e allora questo tipo di clearance della creatinina va in realtà corretto in funzione del sesso, in funzione della massa corporea..perchè questo? Perché in realtà essendo la creatinina prodotta dai muscoli, maggiore è la quanità di lesione muscolare scheletrico, tanto maggiore sarà la quantità di creatinina…In un maschio, quindi o in un soggetto atletico si avrà quini una maggiore quantità di creatinina. Vi ho detto che la creatinina può essere usato come marcatore funzionale, ma in realtà è la creatininemia che è un indice di funzione renale..Perchè se è vero che è sempre filtrabile, in un soggetto con il rene sano, il livello di creatinina non può essere alto. Infatti i livelli di creatininemia vanno da 0.6 a 1.2 mg/dl

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nell’uomo, 0.6/0,95 mg nella donna. (si devono sapere!) Anche variazioni di pochi decimi di questi valori possono essere indicativi di una iniaziale alterazione della funzionalità renale. Allora c’è un altro parametro chimico- fisico…che è la microalbuminuria. Questo è il più precoce e principale indice di danno renale o di necropatia, quindi tutti i soggetti che hanno malattie o compromissione della funzione renale possono determinare questo, anche a livello di screening; quindi è un test ad alto valore ad alto livello predittivo positivo, altamente significativo per quanto riguarda a nefropatia e che risulta essere uno dei parametri più iniziali che si possano avere. Che cosa è la microalbuminuria? E’ l ‘eliminazione di piccole quantità di albumina nell’ordine di 30-300 mg/L. Quindi questa quantità di albumina, se presente nelle urine può essere prognostico di iniziale danno renale. A chi si fa? Per esempio ai diabetici. Tutti diabetici tendono ad avere la possibilità di sviluppare una leucopatia e nefropatia diabetica, necroangiopatia diabetica e così via..Ora la nefropatia è importante perché senza rene non è possibile la vita e con reni malfunzionali si arriva alla emodialisi, con tutti i problemi che essa comporta sia dal punto di vista economico, che sociale, che fisico. E allora…microalbuminuria in particolare per quanto riguarda i diabetici si dovrebbe fare dal momento della diagnosi ad un anno e indipendentemente da tutto avere dei parametri di valutazione renale per sapere quando è iniziata la nefropatia e evitare un aggravamento della funzione renale stessa. Se questi sono gli esami principali, andiamo a vedere l‘Equilibrio acido base.

Equilibrio acido base

Voi sapete che in emergenza o in un urgenza, nei reparti di rianimazione, di malattie gravi, nelle condizioni di coma, si deve fare l’esame di emo gas analitico. Come lo facciamo? Cosa determiniamo? Perche? In che modo può aiutari? Innanzitutto si effettua sul sangue arterioso; in genere viene usata la radiale o la femorale. Normalmente su questo sangue non vengono determinate solo le concentrazioni di ioni bicarbonato, non solo le concentrazioni di PH, non solo gli elettroliti , ma anche i gas come per esempio la Pco2 e la Po2. Per far questo occorre che il sangue godi del contatto con l’aria. Quindi il sangue deve essere prelevato e messo il più rapidamente possibile nell ‘apparecchiatura per la sua auto analisi. Viene utilizzata la sierica con un anticoagulante come l’eparina. Si aspira un po’ di questa sierica ( bastano 3/4 mL) con l’eparina, e quindi si effettua l ‘esame emogas analitico con cui andiamo a misurare una serie di parametri. Ma perché è così importante? Perché un alterazione del h determina un alterazione di tutte le condizioni psico fisiche del soggetto. Normalmente il ph è di 7.4 e anche variazioni di pochi decimi determinano variazioni importanti. Normalmente l’organismo tollera il 7.38, 7.42,in alcuni casi 7.37-7.43, ma piccolissime quantità perché l’ organismo ha tre sistemi di regolazione dell’equilibrio acido base. Alterare l’equilibrio significa squilibrare la permeabilità di membrana e quindi uno squilibrio elettrolitico e quindi determinare alterazioni dei processi di eccitazione della membrana, quindi la stimolazione nervosa, la contrattilità cardiaca, circolatoria, muscolare dipende tutto dall’equilibrio, per esempio, di Na e k. Quindi possiamo avereuna riduzione o una ipereccitabilità come conseguenza di questi tre sistemi. Possiamo poi avere problemi circolatori, cardiaci, di sensibilià, di dolenzia eccecc..quindi ecco perché a condizioni di acidosi e di alcalosi corrispondono alterazioni di oblutinamento del sensorio e/o coma dei 4 gradi. Condizioni di acidosi e di alcalosi si possono avere per vari motivi. Vediamo però innanzitutto quali sono i tre sistemi che li regolano. Sono abbiamo detto tre: di questi tre abbiamo 1)Sistema tampone, 2)sistema respiratorio 3)sistema renale. Come intervengono?Il primo, cioè i tampone, intervengono automaticamene perché sono di tipo chimico e quindi automaticamente sono quelli che entrano in gioco inizialmente e il più rapidamente possibile determinando una eliminazione, laddove è possibile, delle variazioni del ph. I sistemi tampone sono formati in genere da un acido forte e una base debole o un acido debole e una base forte, ma in reatà ogni soluzione capace di accettare o di cedere idrogenioni è una soluzione tampone..e infatti nell’organismo umano l’80% dell azione tampone viene effettuata dalle proteine,

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perché proteinati sono sostanze anfot3ere cioè capaci di cedere e prendere H+. La proteina più rappresentata è l’emoglobina che è tre volte più presente dell’albumina (12g contro i 3/4g). Ci ricordiamo poi l’effetto Borr dellHb, ci ricordiamo che la Co2 essendo un gas è diffusibile, perché non è che l’Hb trasporta la co2. Vi o detto questo perché se l’80% del sistema tampone dipende dalle proteine, un soggtto meno proteine ha, meno capacità tamponante ha. Se questo è il sistema allora perché c’è il bicarbonato? Perché il bicarbonato è il sistema tampone di riferimento; riferimento non perchè sia il più importante (perché al massimo svolge un’attività del 20%), ma perché è quello che correla i due sistemi di regolazione del ph, perché c’è l’apparato respiratorio che interviene in ore e che attraverso l’eliminazione e la regolazione della quantità di co2 da luogo all’equilibrio acido base.

Dall’altro c’è il sistema renale che riassorbe i bicarbonati dando luogo alla regolazione del ph. Questo però è un sistema che ha bisogno di più tempo (1 o 2 giorni). Il fatto che vi abbia tutte queste ore è indicativo di tutti i parametri che possiamo andare a stabilire. Innanzitutto come possiamo determinare il ph? Equazione di endelson hasselback…Dice che il ph della soluzione equivale al pk del tampone + log[base]/[acido]. Il ph equivale alla concentrazione di idrogenioni, mentre il pk corrisponde a quel valore di ph in cui un acido è dissociato al 50% come base e come idrogenioni. Il pk del sistema tampone, che voi sapete è dato dal fatto che la co2 in soluzione acquosa da luogo alla formazione di h2co3 (acido carbonico) il quale da luogo alla formazione di H+ e ioni bicarbonato. Quindi l’anidride carbonica in oluzione è un acido. Se io aumento l’acido, si abbassa il ph. Allra l’eq di hendelson hasselback dice proprio questo. Per avere il ph 7.4, se il pk è 6.1 il rapporto tra base e acidi deve essere pari ad un numero il cui logaritmo è 1.3, che sommato a 6.1 mi dia 7.4. E quale è questo numero il cui logaritmo in base 10 mi da 1.3? Normalmente le basi variano da 22 a 28 milliequivalenti…Noi per comodità diciamo che è 24. La pCO2 è 40, ma è chiaro che nn possiamo dividere una concentrazione per una pressione e quindi dobbiamo trasformare una pressione in moli usando l’equazione dei gas PV=nRT oppure basta moltiplicare per il fattore di diffusione della co2 che è pari a 0.03. Allora 0.03 per 40 fa 1.2. Se sono 24 i bicarbonati e 1.2 la co2, il loro rapporto è 20. Quindi, che cosa significa? Che per avere un pH di 7.4 occorre che la base sia venti volte superiore all’acido in modo tale che il rapporto sia venti e che il log in base venti sia 1.3. Qualsiasi condizione che faccia modificare questo rapporto mi può dare acidosi o alcalosi. Se per esempio c’è polmonite con conseguente alterazione degli scambi gassoi e siaccumula co2 la cui pressione parziale aumenta a 60mm/hb avremo un aumento degli acidi e quindi una acidosi. A che cosa corrisponde 60 mm/Hg di co2? a 1.8 millimoli di co2 (acido). Se faccio il rapporto tra 24 e 1.8 avrò un rapporto uguale a 13, faccio il logaritmo che è 1.1 e il soggetto sarà in acidosi. Che cosa occorre fare? O si togli la co2, ma l’unico che può togliere co2 è il polmone, ma se il polmone ha una compromissione questo non lo può fare, o interviene il rene che riassorbe bicarbonati, li porta a 36 che diviso 1.8 porta i rapporto ad un valore tale da avere un valore di pH uguale a 7.4. Abbiamo così corretto una acidosi respiratoria compensata a livello renale. Questo è quello che fate con l’emogas analisi. Cioè con l’emogas analisi valutiamo la pCO2, la quantità di bicarbinati.

Possiamo capire inoltre se è una condizione acuta o cronica; se è una acidosi respiratoria o metabolica. Perché lo possiamo avere? Se la causa è respiratoria, la pco2 è coinvolta e sarà aumentata. Questa condizione di aumento della CO2 determina alcalosi..però intervengono tutti gli altri sistemi tampone come l’emoglobina per cercare di riportare questo valore di acidità al livello di 7.4; se non ci riesce si ha acidoi scomensata respiratori: questo significa che la Pco2 è aumentata e il pH è diminuito…A questo punto interviene il rene..Quindi solo se interviene il rene possiamo riavere l’equilibrio grazie all’aumento dei bicarbonati. Questa è l’acidosi respiratoria.

Acidosi metabolica: sono aumentati gli acidi fissi come l’acido lattico, acido urico, chetoacidi..Quindi ci sono diversi tipi di acidosi metabolica. Il corpo non può eliminare questi acidi

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fissi e quindi entra in funzione il sistema respiratorio che elimina co2, e quindi la Pco2 diminuisce (intorno a 35 mmHg), in modo tale da eliminare una quota di acidi.

Ultima cosa…Il rene può eliminare idrogenioni in piccola quantità per diminuire l ‘acidosi.

Come fa il rene a riassorbire bicarbonati? La CO2 dal angue passa nella cellula, nella cellula trova l’anidrasi carbonica che attiva la conversione di CO2 in acido carbonico che si scinde in H+ e ioni bicarbonato. L’H+ viene scambiato con il sodio, il bicarbonato viene riassorbito. Il risultato finale sarà aumentata co2, riassorbimento di bicarbonato e eliminazione di H+

 

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lezione 19 marzo 2014 prof caraglia RENE E CLEARENCE ( INSERISCI A PAG 72 DELLE SBOBBINATURE)

FUNZIONI DEI RENI: 1. REGOLAZIONE VOLUME E OSMOLARITÀ DEI LIQUIDI CORPOREI

2. REGOLAZIONE DEL BILANCIO IDRO-ELETTROLITICO E ACIDO-BASE DELL'ORGANISMO

3. ESCREZIONE DI PRODOTTI DEL METABOISMO QUALI AD ES.UREA , CREATININA ED UROBILINA

4. ESCREZIONE DI SOSTRANZE ESOGENE QUALI I FARMACI

5. SINTESI ED ESCREZIONE DI ORMONI ( ES ERITOGENINA CHE SERVE ALLA PRODUZIONE DI ERITROPOIETINA MA ANCHE L'ACE CHE È UNA CONVERTASI CHE SERVE NEL SISTEMA RENINA ANGIOTENSINA CONVERTENDO L'ANGIOTENSINOGENO IN ANGIOTENSINA E QUINDI REGOLA LA PRESSIONE SANGUIGNA. INFATTI IL SISTEMA RENINA ANGIOTENSINA PRODUCE IPERTENSIONE TRAMITE UN AUMENTO DELLA TONICITÀ DELLA MUSCOLATURA LISCIA VASCOLARE. GLI ACE INIBITORI INIBISCONO PROPRIO L'ENZIMA ACE PRODOTTO DAL RENE)

6. GLUCONEOGENESI ( NON AVVIENE SOLO NEL FEGATO MA IN PICCOLA PARTE ANCHE NEL RENE)

COSA PASSA NEL FILTRATO GLOMERULARE Alcune sostanze passano liberamente; altre sono filtrate meno facilmente mentre altre ancora non sono filtrate. Le sostanze che vengono filtrate liberamente sono l'acqua, ovviamente, ma anche gli ioni ( Na+, K+, Cl-, lo ione bicarbonato, calcio, magnesio, fosfato), il glucosio, l'urea, la creatinina e l'insulina. La massima parte di tutto quello che viene filtrato è poi riassorbito nel tubulo contorto prossimale e distale. C'è infatti sia un riassorbimento della gran parte dell'acqua, degli elettroliti e del glucosio. Se così non fosse dovremmo mangiare e bere di continuo. In piccola parte è riassorbita anche l'urea e viene riassorbita l'inulina. Ciò che non è molto riassorbito è la creatinina e ciò ci risulterà utile nei tests di valutazione della funzionalità renale.

Le sostanze che vengono meno liberamente filtrate sono la beta2- microglobulina, la RBP( retinol binding protein), l'alfa1-microglobulina e l'albumina. Quindi le proteine sono meno facilmente filtrate però possono filtrare in piccole quantità e possiamo ritrovarle nelle urine in concentrazioni molto basse. Se la loro concentrazione aumenta vuol dire che c'è qualcosa che non va e che quindi c'è un'alterazione della permeabilità della membrana mesangiale; c'è una nefrosi. Infatti come abbiamo visto nel quadro elettroforetico delle proteine ci sarà un decremento dell'albumina perché essa viene filtrata dal rene. Vi può essere inoltre un aumento delle beta2globuline perché c'è un'infiammazione che ha alterato la membrana mesangiale renale.

Sostanze di solito non filtrate sono le immunoglobuline, la ferritina e le cellule. Se troviamo cellule nelle urine ci dobbiamo preoccupare perché se sono cellule che provengono dall'alto può essere un tumore renale; se invece provengono dal basso quindi dalla vescica può esservi un'infiammazione o un'infezione della vescica ma può essere anche un tumore della vescica RIASSORBIMENTO:

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Acqua 99,2% sodio 99,6% potassio 92.9% cloruri 99,5% bicarbonato 99,9% glucosio 100% ( se troviamo glucosio nelle urine c'è il diabete che viene chiamato mellito perché i primi medici assaggiavano le urine dei pazienti e sapevano che erano dolci e quindi definivano il diabete mellito cioè dolce per distinguerlo da quello insipido che non sa di niente e che è dovuto invece a iposecrezione dell'ormone antidiuretico) albumina 95-99% urea 50-60% cratinina 0%

Il riassorbimento tubulare può avvenire attraverso meccanismi attivi: ad esempio il glucosio e gli aminoacidi sono riassorbiti attivamente, le proteine sono riassorbite per pinocitosi. Poi abbiamo anche sistemi escretori; fino ad oggi ne abbiamo identificati tre: per acidi organici, per basi organiche forti e per il DTA (?). Il riassorbimento può avvenire anche passivamente come nel caso dell'urea che segue l'acqua e perciò segue sodio e cloro. Abbiamo una lenta diffusione attraverso la membrana per cui vi è una escrezione netta di urea che viene riassorbita solo per il 20-30%. Un flusso più rapido, quindi quando si beve più acqua, comporta l'eliminazione di una maggiore quantità di urea. Perciò è importante bere almeno 1,5l di acqua al giorno perché più il flusso è elevato più si eliminano le tossine. Acidi e basi deboli vengono riassorbiti attraverso diffusione non ionica attraverso i lipidi della membrana.

PERCHÈ CI SERVE VALUTARE LA FUNZIONALITÀ RENALE? Per identificare una disfunzione renale, per diagnosticare una malattia renale; non solo per motivi diagnostici ma anche per motivi prognostici e quindi per monitorare la progressione di una malattia renale; per monitorare la risposta ad un trattamento: se trattiamo un nefropatico dobbiamo sapere come quest'ultimo risponde al trattamento; per valutare alterazioni della funzionalità che possono influenzare alcune terapie. Per esempio ci sono alcuni chemioterapici come il cis-platino, che essendo nefrotossici,per essere somministrati al paziente bisogna prima andare a vedere qual è la funzionalità renale e la dose da somministrare va calcolata dopo aver fatto la velocità di filtrazione glomerulare renale e quindi la funzionalità renale. Anche per somministrare la digossina ( la digitale) si deve andare a valutare la funzionalità renale perché se essa non viene eliminata dal rene il paziente muore.

La velocità di filtrazione glomerulare è l'analisi più frequentemente utilizzata per valutare la funzionalità renale. La misurazione è basata sul concetto di CLEARENCE (in italiano significa pulitura) Essa è la determinazione del volume di plasma dal quale una detta sostanza viene rimossa attraverso la filtrazione glomerulare nell'unità di tempo. Quindi è il volume di plasma che viene completamente ripulito di una determinata sostanza nell'unità di tempo attraverso la filtrazione glomerulare. La clearence si determina facendo il semplice rapporto UxV/P dove: U è la concentrazione urinaria della sostanza; V è la velocità di formazione delle urine (ml al minuto) e quindi è il volume urinario nelle 24 ore;

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P è la concentrazione plasmatica della sostanza. Ciò significa che per fare la clearence il medico deve chiedere all'infermiere 2 cose: 1. deve dare il cilindro al paziente dove deve urinare nell'arco delle 24 h perché c'è bisogno della raccolta del volume urinario nelle 24 h 2. nel corso di queste 24h l'infermiere deve fare un prelievo di sangue su cui dobbiamo andare a valutare la sostanza di cui stiamo determinando la clearece. Quindi riassumendo ci serve: la determinazione della sostanza nel plasma la determinazione della sostanza nelle urine nell'arco delle 24h il volume delle urine nelle 24h.

L'unità di misura sarà il volume e l'unità di tempo il che significa ml/min. La sostanza di cui noi andiamo a dosare la clearence deve possedere delle caratteristiche; non possiamo dosare la clearence di qualsiasi cosa. La sostanza deve: 1. essere liberamente filtrata dal glomerulo 2. il glomerulo deve rappresentare l'unica via di escrezione della sostanza 3. non ci deve essere nessuna secrezione tubulare ma nemmeno nessun riassorbimento nel tubulo 4. non deve essere tossica 5. deve essere facilmente misurabile. La creatinina ha la maggior parte di queste caratteristiche. La creatinina è il prodotto di degradazione della creatina. La creatina è un derivato aminoacidico particolare che serve per la contrazione muscolare scheletrica. Quindi quanti più muscoli ci sono più creatinina è prodotta perché più creatina c'è. La creatinchinasi (la cui isoforma mb noi andiamo a dosare nell'infarto miocardio) agisce fosforilando la creatina in fosfocreatina. La fosfocreatina facilmente, spontaneamente cede il fosfato e cedendo il fosfato cede energia affinché avvenga la contrazione acto-miosinica. Quindi è un reservoir energetico facilmente disponibile. Quando la creatina viene liberata essa ciclizza spontaneamente con la perdita di una molecola d'acqua in creatinina. Ce la ritroviamo quindi nel sangue e poi viene escreta a livello glomerulare. Diversi sono gli svantaggi della clearence della creatinina: il primo svantaggio è uno svantaggio di compliance perché il paziente deve raccogliere le urine per 24ore e può dimenticarsene o scocciarsi di farlo. Pertanto la raccolta non avviene sempre in maniera ottimale. Il campione di sangue deve essere prelevato entro il periodo di raccolta delle urine C'è una grossa variabilità intra-soggetto e inter-soggetto perché come già detto la creatinina varia a seconda della massa muscolare quindi a seconda delle condizioni fisiche dello stesso soggetto e ma soprattutto nell'ambito della popolazione dove c'è innanzitutto una differenza tra maschi e femmine in quanto i maschi hanno più massa muscolare e quindi più creatinina delle femmine. Inoltre dipende anche dall'età del paziente che condiziona la quantità di massa muscolare. Una volta c'era l'interferenza nella misurazione della creatinina perché era utilizzata la reazione di giaffè che interferiva con la bilirubina, l'emoglobina e le sostanze ossido-riducenti e dunque se c'era un'elevata bilirubinemia questa interferiva con la determinazione della creatinina. Perciò oggi non si usa più. I limiti della clearence della creatinina sono superati aggiungendo alla formula della clearence della creatinina dei fattori corretivi per peso e altezza del paziente e per sesso del paziente. Quindi le difficoltà del calcolo della clearence della creatinina sono date da vari fattori: la concentrazione plasmatica della creatinina dipende dal bilancio tra entrate e uscite la produzione di creatinina è determinata da massa muscolare, età ,sesso e peso corporeo del soggetto. Vi è variabilità inter-individuale nella popolazione e variabilità intra-soggetto (minore) la concentrazione è inversamente proporzionale al filtrato glomerulare e quindi piccole concentrazioni della creatinina portano a grandi variazioni del filtrato glomerulare.

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Tutti questi limiti sono stati superati con il test della CISTATINA C. La cistatina C è un inibitore della cisteina-proteinasiC ha un peso molecolare di 13000 daltons viene liberamente filtrata al glomerulo, è prodotta costantemente da tutte le cellule nucleate del nostro organismo, non sono note vie di escrezioni extrarenali, non è influenzata né dalla massa muscolare, né dalla dieta e né dal sesso ha una forte correlazione negativa con il filtrato glomerulare.

La cistatina C è meglio della creatinina perchè soddisfa completamente quattro dei criteri suddetti mentre la creatinina è in parte secreta e riassorbita a livello del tubulo renale. L'unico svantaggio di questa cistatina C per cui i laboratori di analisi non l'adottano è che essendo una proteina deve essere dosata con metodo immunometrico che è costoso. Invece per dosare la creatinina utilizziamo un metodo calorimetrico molto meno costoso e più facilmente automatizzabile.

 

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Medicina di laboratorio Prof. Napoli 2/4/2014 PARTE1 E.MAGALLO

Argomento della lezione : diabete

Il diabete non è iperglicemia si caratterizza anche con uno stato di iperglicemia, ma quest’ ultima può essere anche causata da uno sforzo qualsiasi.

Analisi del grafico : sull’ asse delle ascisse troviamo l’ incidenza (numero dei nuovi casi per anno nella popolazione in esame) ; asse delle ordinate popolazione dei singoli stati.

Incidenza del diabete di tipo 1 è molto elevato in alcune popolazione in particolare nelle isole. Alcuni paesi hanno modificato il tipo di alimentazione infatti presentano una bassa incidenza, tali paesi stanno lentamente occidentalizzando il tipo di alimentazione. (ricordiamo che il diabete di tipo1 presenta una patogenesi di tipo autoimmune, quindi in questo caso potrebbe risultare l’ esempio meno calzante).

Domanda : il fatto che in Sardegna vi sia una forte incidenza di diabete di tipo1 è un dato di cui tener conto?

Un paziente che ha un’ etnia proveniente dalla Sardegna, va guardato bene da questo punto di vista, ci deve da medici far sorgere il sospetto della patologia diabetica. La provenienza del paziente è cosa molto importante durante l’ anamnesi.

Come si risponde alla domanda diabete di tipo 1 ?

Il diabete di tipo 1è un deficit assoluto o relativo della produzione di insulina che conduce ad una elevazione cronica (attenzione non acuta come quella da sforzo fisico) della concentrazione di glucosio nel sangue.

Oggi non si chiama più diabete insulino dipendente ! perché in quello stato di deficit assoluto o relativo, ci può essere ancora una produzione di insulina.

Patogenesi : malattia cronica autoimmune nella quale si verifica una distruzione progressiva delle cellule beta del pancreas endocrino.

Il termine progressivo sta ad indicare che la malattia ha delle fasi. Quindi la malattia non ha un andamento lineare, può avere una fase acuta seguita da una di remissione, quindi i marcatori che ci troviamo a valutare varieranno a seconda della fase della patologia.

Slide su alcuni tipi di diabete : attualmente sono stati documentati 47 circa tipi di diabete diversi. Diabete gestazionale, alcuni su base genetica cioè difetto delle cellule beta che non sono efficienti, diabete dovuto a malnutrizione, diabete di tipo2, diabete secondario in seguito a pancreatite in questo caso se regredisce lo stato di infiammazione del pancreas regredirà anche il diabete, diabete associato a sordità, diabete neonatale.

Normalmente il diabete di tipo 1 veniva anche detto giovanile, perché l’ esordio era precoce. Attualmente anche questa nozione è stata rivalutata, perché ci sono casi in cui la diagnosi è stata fatta in pazienti adulti.

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Facciamo un esempio: un soggetto normopeso , che fa attività sportiva. Se per cause iatrogene tale soggetto cambia il suo stile di vita da attiva a sedentaria, aumenta di peso. Ora tale paziente che già aveva un deficit insulinico latente, ‘porta a galla’la patologia a causa del cambiamento di abitudini.

Diabete di tipo2:

è difficile che l’ insorgenza si abbia prima della pubertà.

Ma può avere una forma di insulino resistenza molto forte e molto invasiva già nella giovane età.

Oggi parlare di predisposizione genetica al diabete è ancora un azzardo.

Slide sul meccanismo autoimmune: questo è argomento a tante variabili , affinchè ci sia l’ autodistruzione di una cellula beta, significa che i marcatori di istocompatibilità presenti sulle cellule self vengono riconosciuti come estranei dalle cellule dell’ immunità.

Spesso i soggetti con diabete di tipo uno quindi presentano altre patologie proprio per questo motivo.

Correlazione fra MHC di classe II e diabete mellito di tipo 1 Cucca F., Contu D., Zavattari P., Murru D. Il diabete mellito di tipo I (DMT1) è causato dalla distruzione delle cellule beta del pancreas da parte di linfociti T autoreattivi e conseguente deficienza dell'ormone insulina. Il processo autoimmune insorge in individui geneticamente predisposti in presenza di fattori ambientali permissivi ancora sconosciuti. Nell'uomo e nel modello murino di DMT1, esiste un «superlocus» di suscettibilità alla malattia localizzato a livello del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC). In questa regione cromosomica, specifici aplotipi codificati dai loci di classe II HLA-DQB1 e -DRB1 e dai loro ortologhi murini IA e IE, sono primariamente associati con la malattia e rappresentano la principale componente genetica di predisposizione. Un ulteriore contributo è apportato da una combinazione di geni di suscettibilità, cosiddetti minori, localizzati al di fuori della regione MHC. A livello della regione MHC l'associazione con la malattia mostra un continuum che va da aplotipi fortemente predisponenti ad aplotipi protettivi. La predisposizione ad ammalare di DMT1, codificata dalle varianti di suscettibilità mostra un comportamento di tipo simil-recessivo, mentre la resistenza alla malattia, codificata dalle varianti protettive, esibisce un comportamento di tipo dominante. L'analisi della struttura proteica codificata dagli alleli MHC di suscettibilità per il DMT1 nell'uomo e nel topo mostra rimarchevoli gradi di identità. Marcate similitudini sono anche osservate fra gli alleli di protezione umani e murini. I meccanismi patogenetici alla base della resistenza e della suscettibilità alla malattia sono quindi verosimilmente conservati in specie diverse. (preso da questo sito: http://www.minervamedica.it/it/riviste/minerva-endocrinologica/articolo.php?cod=R07Y2003N02A0111 ; il prof. a lezione ci ha tenuto molto a precisare che si trattava di MHC II ! questo è il motivo genetico ! )

Gli anticorpi specifichi per le cellule beta compaiono sia prima della distruzione che dopo, è importante andare a documentare l’ andamento degli anticorpi in queste fasi ed in relazione alla variazione della glicemia dopo carico di glucosio.

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Misuriamo gli anticorpi in unità jdf ( acronimo del nome di una società americana che si occupa solo di diabete).

Assumiamo come valore 20 unità jdf di anticorpi.

Ogni soggetto ha un andamento della patologia differente.

Insulino resistenza :

fenomeno che caratterizza il diabete di tipo 2.

Lo stato di insulino resistenza è associato ad uno stato di iperinsulinemia circolante, che deve essere monitorato. Questo è l’ unico sistema clinico per valutarel’ insulino resistenza.

L’ insulino resistenza ha una patogenesi simil infiammatoria; i fattori di trascrizione Nf-kb, AP1 , possono innescare dei processi che sono di base dei processi infiammatori. Ecco perché parliamo di processo simil infiammatorio, gli attori sono gli stessi .

È difficile da controllare farmacologicamente, ad oggi non ci sono dei farmaci che controllano l’ insulino resistenza.

Seconda parte: Mellino Chiara

Perché questi farmaci non riescono ad agire sul fenomeno dell’ insulino-resistenza? Perché dovrebbero agire su tutta una cascata di eventi proinfiammatori che sono difficili da controllare. Ciò è un problema perché così come sta aumentando l’incidenza del diabete di tipo I così sta aumentando quella del diabete di tipo II.

Lo stato d’ insulino-resistenza favorisce lo stato proinfiammatorio di alcuni organi chiave; favorisce infatti l’infiammazione della parete arteriosa, aumenta la condizione di steatosi e d’infiammazione del fegato, inoltre lo stato di adiposità generalizzato tipico del diabete di tipo II porta alla produzione di citochine infiammatorie da parte delle cellule adipose, fenomeno che risulta pericoloso soprattutto nel caso di liposculture (rimodellamentodel seno, rimodellamento facciale etc) perché se non si separano bene le cellule immettiamo in alcune zone citochine infiammatorie e ci possono essere conseguenze devastanti. Infatti, in generale, il dimagrimento corporeo è associato a un benessere dell’organismo poiché cala il ( non sono riuscita a capire il complemento oggetto) infiammatorio complessivo. Il tessuto adiposo contiene infatti citochine infiammatorie mentre la massa

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muscolare magra no, di conseguenza uno degli effetti estremamente positivi del dimagrimento è questa riduzione dello stato infiammatorio dell’ organismo.

Quando è presente il classico esordio del diabete di tipo I nel bambino sono presenti alcuni sintomi che dobbiamo saper riconoscere : inanzitutto la poliuria ( aumento consistente delle urine), poi c’è la polidipsia ( aumento dell’ introduzione di liquidi) e l’iperfagia ( aumento dell’ ingestione di cibi che non coincide con un aumento della fame). Dunque questi bambini sono affamati, magrolini e fanno molta pipì; il quarto segno caratteristico è infatti proprio il dimagrimento.

Tabella società Americana di diabetologia. Essa è di una precisione infinita ci dice infatti in maniera inequivocabile che un soggetto normale deve avere la glicemia a RIPOSO inferiore a 100 mg/dL oppure secondo le unità di misura inglesi inferiore a 5,6 mM/L.

Se la glicemia a riposo è invece superiore a 126 mg/dL si tratta di uno stato di franco diabete. I valori compresi tra 100 e 125 mg/dL indicano uno stato di intolleranza glicemica.

Ricordiamo che per glicemia a riposo intendiamo la glicemia misurata in un paziente che si trova in una condizione di 12 h di digiuno e 12 ore di astenzione da sforzo fisico, in particolare è importante che prima di fare il prelievo il soggetto stia 5/10 min seduto tranquillo evitando gli scatti tipici di quando uno viene chiamato per effettuare il prelievo.

La glicemia può anche essere misurata in seguito a carico di glucosio,dove per carico di glucosio intendiamo la somministrazione di un quantitativo di glucosio pari a 75 gr (n.b. grammi) che corrisponde a una dose fissa. Dopo due ore andiamo appunto a misurare la glicemia e vediamo che nel soggetto normale DEVE essere inferiore 140 mg/dL mentre nel soggetto diabetico è superiore a 200 mg/dL, quello che succede tra 140 e 199 è ancora un epifenomeno d’intolleranza glicemica.

I valori di glucosio cambiano se il prelievo è fatto in zone diverse e c’è una fonte di prelievo dove fisiologicamente esso è più elevato e una fonte dove il glucosio è fisiologicamente meno elevato. Il glucosio è infatti più elevato nel plasma rispetto al sangue totale ed ancora dal grafico mostrato nella slide si capisce che c’è un ulteriore differenza tra il plasma di sangue capillare e il plasma di sangue venoso, infatti nel plasma capillare i valori di glucosio sono più alti. Tale considerazione è importante perché spesso ci sono degli stick che prendono sangue capillare dal dito; un 105 dal dito non è preoccupante come un 105 da sangue venoso.

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Il professore mostra ora una diapositiva dove è illustrato un lavoro di ricerca di un gruppo brasiliano che fa vedere come una serie di complicanze del diabete sono associate a un aumento dell’ emoglobina glicosilata, maggiore è il valore dell’ Hb glicosilata più frequenti sono queste complicanze. L’Hb glicosilata è predittiva realmente della glicemia di sette giorni antecedente al prelievo e può essere abbastanza predittiva fino a 21 giorni ma non va oltre.

Negli anni inoltre c’è stata una sovrastima del Peptide C. Ricordiamo inanzitutto che l’insulina viene prodotta come proinsulina, la quale subisce tagli proteolitici che eliminano residui amminoacidi che costituiscono proprio il peptide c, in seguito a questi tagli proteolitici si ottiene l’ insulina. Ora l’ insulina e il peptide c una volta formatisi vengono immessi in circolo in quantità EQUIVALENTI, cioè ad es. a 6 kg d’insulina corrisponde una dose di peptide c, a 12 kg d’insulina due dosi di peptide c e via dicendo, motivo per cui il dosaggio del peptide c veniva utilizzato a fine diagnostico. Tuttavia in seguito a uno studio si è visto che in realtà la quantità d’insulina e quella di peptide c non equivalgono motivo per cui i kit per il dosaggio del peptide c si sono continuati a vendere solo nei paesi involuti.

Inoltre così come l Hb glicosilata ci da l’analisi di una proteina che causa l’elevazione della glicemia, così tutta un’altra serie di proteine in corso di diabete possono andare incontro a glicazione, per cui oggi con della tecniche di proteomica possiamo puntare su tutte queste proteine glicate per sapere di quel soggetto non solo i valori dell’emoglobina glicosilata ma di tutte le proteine glicate. Appare ovvio che un soggetto che ha moltissime proteine glicosilate è un soggetto in cui la malattia è più grave, più persistente e con andamento prognostico sfavorevole nel tempo, sono infatti soggetti che vanno gurdati con maggiore attenzione; oggi la proteomicaci da questa possibilità.

Dobbiamo pensare alla terapia insulinica nel diabete di tipo I che grosso modo deve normalizzare il quadro glicemico, di solito le siringhe sono effettuate sul gluteo o sull’ addome, motivo per cui spesso nei bambini si utilizzano gli infusori programmati con cui non ho la necessità di ricorrere alle siringhe di insulina. L’infusore funziona meglio nel bambino che nell adulto poiché gli adulti tendono a prendere molto peso.

Il diabete ovviamente si associa a delle complicazioni.

TIPICA DOMANDA D’ ESAME: Mi parli delle complicazioni del diabete?

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Dobbiamo in primis dire che in generale questi individui hanno una tendenza alle malattie autoimmuni e alle infezioni come ad es. i problemi odontoiatrici che sono molto frequenti e spesso molto difficili da curare. Dopo di che possiamo elencare le malattie e condizioni ASSOCIATE al diabete che non sono complicazioni in senso classico, ovvero di tipo micro-macro vascolari ma appunto condizioni associate come : tiroidite, insufficienza surrenalica,problemi di tipo atrofico dell’antro gastrico ed inoltre il soggetto è predisposto a infezioni cutanee, ciò rende necessaria la cura dei piedi per evitare lesioni che diventano ulcere.

Parliamo ora delle complicanze in senso classico che sono inanzitutto da correlalare alla durata della diagnosi di diabete; il momento della diagnosi è fondamentale, si parla infatti di complicanze entro i 5 anni dalla diagnosi, dopo i 5 anni dalla dianosi e via dicendo. Infatti se io faccio diagnosi e il soggetto ha già retinopatia diabetica vuol dire che è in uno stadio avanzato di diabete non diagnosticato.

Solitamente si tende a parlare di complicanze micro e macro vascolari ma è meglio chiamare tali complicanze con nome e cognome. Tutto origina da un eccesso di radicali liberi, specie reattive radicali dell’ossigeno ( ROS) che fanno alcune cose fuori dalla parete arteriosa, essenzialmente ossidazione del colesterolo LDL, altre all’interno della parete arteriosa tra cu l’uptake da parte dei macrofagi delle specie ossidate. Tutto questo estremo capovolgimento del bilancio ossidativo, molto evidente nel paziente determina a tutto spessore un danno extra e intra vascolare, è questa la patogenesi complessiva delle complicanze diabetiche.

Vediamo ora clinicamente cosa succede.

1. Retinopatia diabetica.

Cos’è la retinopatia diabetica? Inanzitutto è una complicanza abbastanza tardiva, difficile infatti che abbiamo più di 20 anni d’ assenza di diagnosi. Maggiore è l’intensità della retinopatia maggiore è la possibilità che il paziente vada incontro a cecità che è una condizione estremamente invalidante. Dobbiamo fare una retinografia e una fluorangiografia subito al momento delle diagnosi di diabete perché ci funge da base per vedere se nel giro di 2/3 anni c’è un danno progrssivo rispetto alla base, se no non posso capire se quella retinopatia è aggressiva o meno. Dunque a un anno dalla diagnosi, massimo entro 3 faccio fare la fluorangiografia e poi controllo ogni 2 anni. Essa va fatta fare al paziente a prescindere da che tipo di specialisti saremo. Abbandoniamo dunque il concetto di complicanze micro e macrovascolari.

2. Nefropatia diabetica.

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Spesso l’insufficienza renale cronica è associata al diabete e viceversa se la malattia di partenza è il diabete dobbiamo andare a valutare la funzione renale. Il danno renale è più precoce; il rene si presta meglio a un aumento di permeabilità alle macromolecole nel soggetto diabetico con particolare predisposizione a farlo, esso va valutato con la microalbuminuria. Si va infatti a vedere il livello di escrezione di albumina che ha come soglia 20 microgrammi/ min. Se la microalbuminuria è costante e non episodica si parla di protenuria persistente e quindi ogni 6/12 mesi il paziente va analizzato e studiato.

Il pancreas non è rigenerabile con le cellule staminali, ma possono essere trapiantate delle isole di pancreas imbibite da un tessuto trofico di supporto di cellule autologhe midollari, tuttavia non sempre queste isole attecchiscono bene.

Infine dobbiamo considerare la complicanza cardiaca sia ne diabete di tipo I che nel diabete di tipo II che è la complicanza di base, l’angiografia e l’angioplastica spesso non sono risolutive per tali pazienti che spesso devono ricorrere a un bypass che non è di solito sufficiente. Bisogna essere molto aggressivi dal punto di vista terapeutico con questi pazienti se no sono quelli che perdiamo nel caso di danno cardiovascolare maggiore, quale ictus e infarto.

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LEZ.1 MOLINARI (8/aprile)

L’emostasi è caratterizzata due aspetti opposti:

1) deficit del sistema che porta alla formazione del coagulo da luogo a un fenomeno di tipo emorragico

2) eccessiva attivazione dell’emostasi da luogo alla sindrome trombotica(o malattiatrombotica) , che porta alla formazione del trombo, è molto più frequente di quella emorragica, in quanto rientra tra le complicanze di numerosissime patologie. Un paziente con un rischio trombotico può essere un paziente diabetico, un pz iperteso, un pz tumorale,(la cellula tumorale sfugge al sistema immunitario perché esprime dei fattori molto simili a quelli che attivano la coagulazione, si riveste di fibrina, e si nasconde dalla risposta immunitaria. Questo accade spesso nella leucemia promielocitica in cui il paziente muore per trombosi ) un cardiopatico, un neurologico,donna in gravidanza.

L’emostasi dovrebbe avvenire solo in condizioni fisiologiche , quando c’è una lesione del vaso, tuttavia spesso questo non accade e per questo che le complicanze trombotiche sono molto frequenti. Nelle sue finalità l’emostasi è un meccanismo molto simile all’infiammazione , è una condizione salvavita in quanto l’obiettivo è quello di evitare lo shock emorragico e quindi la ridotta ossigenazione di tessuti nobili quali cuore e cervello.

L’emostasi è

veloce

localizzata là dove c’è stata la lesione

finemente regolato , probabilmente è il sistema più raffinato che possediamo, perché èin equilibrio con meccanismi di accelerazione e altri di controregolazione ( rallentamento) come gli anticoagulanti e il sistema fibrinolitico.

Abbiamo una trombosi s’è il coagulo supera il diametro del vaso nel cui si sta verificando, infatti spesso la trombosi è localizzata nei vasi di piccolo calibro es. vasi artoinferiore, vasi cerebrali. Il sistema della fibrinolofi ha la funzione di bloccare il meccanismi di attivazione e digerire la fibrina eliminando il coagulo. Se questo non accade nei tempi e nel modo giusto abbiamo la comparsa di un fenomeno di tipo trombotico.

La reazione emostatica è costituita da due componenti

1. componente tissutale: cellule endoteliali e il sottoendotelio2. componente circolante : piastrine e fattori della coagulazione

Inoltre consideriamo emostasi primaria: prima fase, fino ad attivazione piastrinicaemostasi secondaria(fase coagulativa): si attivano le cascate che portano alla formazione della fibrina

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I sistemi che intervengono nell’emostasi sono:

piastrine

vasi (endotelio e sottoendotelio)

cascata coagulativa

il sistema degli anticoagulanti

Le piastrine si aggregano per mezzo della fibrina che le mantiene nel punto della lesione per il tempo necessario. La fibrina può essere deficitaria o perché il fibrinogeno è poco (condizione rara), mentre è più facile trovare una condizione di iperfibrinogenemia perché il fibrinogeno è una delle proteine della fase acuta dell’infiammazione che viene facilmente ipersintetizzata. La condizione di iperfibrinogenemia (dovuta a infiammazione cronica) pone il paziente a rischio di trombosi. E’ importante che la fibrina sia ben fatta per evitare il distacco delle piastrine che avviene nelle piastrinopatie oppure quando il fibrinogeno è poco o in concentrazioni normali ma strutturalmente modificata (non riconoscibile per trasformazione in fibrina).

Le cascate della coagulazione sono 2. Quella importante per il rischio trombotico è la via estrinseca. E’ una via molto veloce perché richiede solamente l’attivazione del fattore VII perarrivare alla via comune delle due cascate che inizia con l’attivazione fattore X che agisce sulla protrombina per trasformarla in trombina che è l’ultimo dei fattori prima di avere la fibrina. Va tenuta sotto controllo perché porta alla formazione delle prima molecole di fibrina. Il test che identifica la via estrinseca è il tempo di protrombina PT per vedere se ci sono alterazioni del fattore VII. Questo fattore viene attivato dal fattore tissutale TF che dovrebbe essere espresso solamente dalle cellule endoteliali nel punto della lesione. In assenza di lesione del vaso il fattore non viene prodotto. Il fattore VII può essere attivato anche da altre condizioni ossia ogni qualvolta ci sia tessuto rimaneggiato (processo infiammatorio molto serio, oppure un intervento chirurgico o traumatico); questa condizione attiva il fattore VII come se ci fosse il fattore tissutale attivando anche tutta la via estrinseca. Questo spiega perché un paziente sottoposto a intervento chirurgico è a rischio di trombosi, e quindi vengono trattati con un anticoagulante come l’eparina nel pre e nel post operatorio. Tutte le condizioni che mettono il paziente a rischio di fare trombosi prevedono questo approccio terapeutico che attiva la via degli anticoagulanti e rallenta il processo di coagulazione.

La via intrinseca è una via un pò più lenta,il fattore antiemofiliaco FVIII fa parte di questa viaed una sua deficienza caratterizza l'emofilia. Questo fattore agisce rendendo attivo il fattore nono. F8 è uno dei pochi fattori della coaugulazione, insieme ad F5 che non partecipa direttamente nella cascata ma sono dei cofattori. Il test di laboratorio che viene utilizzato per valutare la via intrinseca è PTT O aPTT( tempo di tromboplastina parziale attivata). FV ed F8 sono i bersagli dell anticoaugulante proteina C, una proteina prodotta dal fegato. Quando il processo di coaugulazione deve essere bloccato o rallentato la proteina c viene attivata e degradando F5 ed F8 li sottrae al sistema di coaugulazione.

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Esiste una condizione di una mutazione molto importante che è il fattore V di Leiden; si trattadi FV mutato di una base.Questa mutazione avviene nel sito catalitico ell'enzima ed impedisce alla proteina c di riconoscere il fattore v come substrato e di degradarlo. ad oggi non si riconoscono mutazioni del fattore ottavo.Tutti i fattori della coaugulazione sono prodotti dal fegato, quindi un paziente epatopatico cronico è a rischio sia emorragia e trombosi, in quanto è compromessa l'attivazione della coaugulazione ma anche la sua regolazione.Tra i fattori della coaugulazione ce ne sono alcuni che vengono definiti vitaminaK dipendenti: è la vitamina k ad attivare questi fattori nel processo di coaugulazione.I fattori della coaugulazione devono prendere contatto con le piastrine o attraverso un propriorecettore per i diversi fattori della coaugulazione che però non sono vitamina K dipendenti perchè hanno una molecola precisa a cui legarsi, invece i fattori vitamina K dipendenti sono definiti orfani perchè non hanno questi recettori quindi si legano alle piastrine attraverso il calcio.

Tutti i fattori della coagulazione sono presenti nel sangue in forma di proenzimi o comunque di fattori inattivi e quando necessario vengono attivati o l’uno dall’altro,come ad es.succede per l’11 che attiva il 9 e così via,oppure è necessario che modifichino la loro struttura.La vitamina K,introdotta con gli alimenti( tipo verdure a foglie verdi) o prodotta dalla flora batterica intestinale,viene metabolizzata e trasformata in vitamina k attiva. Quest’ultima è importante nella coagulazione perché diventa il co-fattore di un’enzima,una trans-carbosilasi,che aggiunge un gruppo carbossilico (COO- reattivo) a quei fattori della coagulazione definiti vitamina k dipendenti ( orfani). E’ importante l’aggiunta del gruppo (coo-) perché sara’ proprio esso a permettere a questi fattori della coagulazione di legarsi alle piastrine.

Nella coagulazione è importantissima la presenza del calcio al punto che ha assunto il valore di un vero e proprio fattore di coagulazione ( fattore3).Il calcio è uno ione positivo bivalente (2 cariche disponibili).E’ tanto importante perché attiva la maggior parte dei fattori della coagulazione,che sono tutte proteasi( tranne il fattore 13)calcio dipendenti.Nei confronti dei fattori orfani,il calcio avendo due cariche positve,con una carica si lega al coo- aggiunto ai fattori orfani,con l’altra si lega ai fosfolipidi della membrana piastrinica,che sono carichi negativamente.Il calcio quindi quindi funge da “ponte”tra le piastrine e gli orfani,diventati attivi solo grazie all’intervento delle carbossilasi.

Da cio’ deduciamo che tutte le condizioni che determinano una carenza di vit.k porteranno come conseguenza diretta una cattiva coagulazione del paziente.

Un tipico anticoagulante che viene somministrato ai pazienti che devono stare “scoagulati”è un inibitore della vitamina K.Agisce sostituendosi alla vitamina K nel legame alla carbossilasi ,che quindi risulterà bloccata.Bloccandosi la carbossilasi i fattori della coagulazione non si modificano e i pazienti avranno una coagulazione molto rallentata.

La trombina è l’ultimo enzima che interviene prima che si formi il coagulo.E’ così importantetenere sotto controllo tale fattore della coagulazione che il nostro sistema si è “inventato”un altro anticoagulante,l’antitrombina 3,anch’essa di origine epatica,che inibisce la coagulazione

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agendo sulla trombina(fattore2).Per azione di questo anticoagulante,la trombina non riesce più a trasformare il fibrinogeno in fibrina.

Gli anticoagulanti sono così importanti perché:1) oggi si possono facilmente dosare nei laboratori e 2) sono molto frequenti le condizioni genetiche ereditarie o acquisite che possonoportare ad una alterata produzione degli anticoagulanti.

Il fattore 13(ultimo fattore della coagulazione) trasforma il monomero di fibrina in un polimero,una sorta di “rete” che serve ad imbrigliare le piastrine. A questo punto la coagulazione finisce e in condizione fisiologiche il coagulo permane per tutto il tempo richiesto per risintetizzare l’endotelio leso.Dopodichè il coagulo deve sparire ed entra in gioco la fibrinolisi.

Allora, io come faccio a capire se il paziente che ha fatto un coagulo lo sta dissolvendo ?

L’enzima più importante della fibrinolisi e la plasmina,che viene fuori dal plasminogeno. La plasmina ha come suo substrato il polimero di fibrina, mentre invece il fibrinogeno ha come substrato il monomero di fibrina.

Se io ho un paziente che mi ha fatto una trombosi, oppure un paziente che io penso stia facendo una trombosi,come faccio a capire con le tecniche di laboratorio, dato che la trombosi a volte è asintomatica?

Io posso chiedere al laboratorio alcuni indicatori della fibrinolisi,sono molti ,ma in particolaredovete ricordare i didimeri. Normalmente se una paziente non ha fatto un coagulo i didimeri non sono nel sangue. I didimeri sono il risultato dell’ azione della plasmina sui polimeri di fibrina. Vedete quindi che se io doso i didimeri e li trovo alti,posso dedurre che il paziente sicuramente ha fatto un coagulo,ma sicuramente sta iniziando anche la fibrinolisi,visto che i didimeri sono il risultato dell’azione della plasmina. È anche molto importante, una volta assodato che il paziente ha una trombosi,cercare di capire anche se l’eventuale trombosi si sta risolvendo;ci sono delle condizioni in cui posso aspettare l’azione della plasmina endogena, altre invece in cui la trombosi deve essere immediatamente risolta,soprattutto se è a livello cerebrale o cardiaco.si usano dei farmaci che mimano l’azione della plasmina, quindiaccelerano il processo. Se il paziente risponde al farmaco, quindi sta risolvendo il suo coagulo,farò dei prelievi e ogni mezz’ ora troverò che inizialmente i didimeri salgono,poi ad un certo punto il paziente dovrà ridurre la concentrazione di questi didimeri,se il paziente nonrisponde al farmaco,troverò i didimeri alti ma sempre costanti, quindi dovrò intervenire in qualche altro modo.

La trombosi è pericolosa perché crea necrosi quando ostruisce il vaso e per questo si procede subito per evitare ad esempio l’infarto nella trombosi cardiaca.

Ricordate che tutti i test coagulativi si fanno su sangue venoso,perché è semplicemente più agevole;solo se vogliamo misurare i gas presenti nel sangue( ossigeno in particolare) facciamo un prelievo arterioso.

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Le indagini di primo livello,si fanno quindi su sangue venoso reso incoagulabile da un anticoagulante che può essere il citrato o l’eparina, non intero ma deprivato di piastrine. Quindi plasma,citrato,tenuto a zero gradi.

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Le piastrine RESTING,cioè le piastrine a riposo sono quelle che normalmente circolano nel sangue. La caratteristica di tali piastrine è quelladi non essere appiccicose per evitare che si possano formare aggregati in circolo.La superficie di membrana di queste piastrine,quindi,all’osservazionenon ha nulla di esposto,quindi è sprovvista di recettori che permettano l’adesione di tali piastrine.Perchè vi dico questo?Durante la coagulazione siafisiologica sia patologica avviene il ROVESCIAMENTO DELLA MEMBRANA delle piastrine.

Vi ho detto l’altra volta che una delle caratteristiche del processo è di essere veloce,quindi tutto quel che serve per far avvenire la coagulazione è presentenel sangue in forma inattiva,ma tutto deve essere pronto se,invece,c’è la necessità della partecipazione di tali fattori.

Le piastrine in questa configurazione a riposo non partecipano e non sono in grado di regolare la COAGULAZIONE.Vi sottolineo il fatto che le piastrine regolano sia la I che la II fase del processo coagulativo ed hanno il ruolo fondamentale di localizzare il processo.Cosa vuol dire?Vi porto l’esempio diun paziente con una piastrinopatia piuttosto seria,la MALATTIA DI GLANZMAN (tromboastenia),in cui il paziente ha anche un numero normale di piastrine,quindi non è piastrinopenico,ma è un piastrinopatico in quanto le sue piastrine sono asteniche,quindi lente a svolgere le loro funzione,tra cui la degranulazione.Questo paziente tenderà a sanguinare,non perché ha un problema della fase coagulativa,ma ha un’incapacità delle piastrine di partecipare in maniera attiva.

Come vi ho detto le piastrine sono elementi ricchi di granuli.I granuli sono di diversa natura e all’interno di essi c’è una serie di formazioni che serve adamplificare la coagulazione.Nella trombo astenia di Glanzman le piastrine non riescono a riversare all’esterno il contenuto che serve per la coagulazione.

Tra i granuli vi ricordo che ci sono quelli che contengono solo Ca2+ che è indispensabile per attivare la coagulazione.Ma i granuli contengono anche dei serbatoi di fattori della coagulazione,quindi tali fattori,nel momento in cui si deve amplificare la coagulazione,vengono riversati in loco.Vi ricordo che tale operazione è fatta di reazioni enzimatiche e che l’enzima per

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funzionare ha bisogno di una certa concentrazione dell’enzima stesso,ma anche del substrato,ovviamente per velocizzare la reazione.Le piastrine attive,quindi,riversano il contenuto in loco,cioè nella sede della lesione,aumentando quindi la concentrazione locale dei fattori e di substrato.

Ecco perché nella MALATTIA DI GLANZMAN c’è la TROMBOASTENIA,definita anche come la SINDROME DELLE PIASTRINE GRIGIE perche se le guardiamo al M.O. queste piastrine appaiono poliformi,mentre normalmente,essendo ricche di granulazioni non appaiono al microscopio così piatte,uniformi.

Una cosa che dovete ricordare è che esiste un fattore importantissimo chiamato FATTORE DI vonWILLEBRAND(vWF),molecola che serve alla piastrina per aderire al sottoendotelio.Le piastrine normalmente non riconoscono il vaso non avendo modo di agganciarsi ad esso.

La I fase della coagulazione è un momento fondamentale in quanto vede lamodificazione di forma della piastrina .Una piastrina resting comincia a localizzarsi nel punto della lesione.Chi localizza le piastrine?Il sottoendotelio.Finchè noi avremo un endotelio integro le piastrine non vengono attivate,non vengono attratte.Nel momento in cui si lede l’endotelio,si scopre il sottoendotelio che ha tra le sue molecole il COLLAGENE,di cui la parete vasale è ricca(voi sapete che i vasi hanno il collagene di tipo IV)e la parete del sottoendotelio diventa attrattiva per le piastrine.Ecco perché le piastrine improvvisamente si concentrano nel luogo della lesione.Le piastrine hanno modo di far aderire al vaso diverse molecoletra cui il vWF.Questo fattore viene prodotto in parte dal fegato e in parte dall’endotelio e viene conservato naturalmente dai granuli piastrinici.Questo fattore è molto importante nella regolazione di tutta la coagulazione e ha sulle piastrine attivate,quindi NON RESTING,un recettore specifico che serve per l’adesione della piastrina al sottoendotelio.

Voi avete fatto la MALATTIA DI BERNAND-SOULIER,che è caratterizzata da un difetto di adesione piastrinica in cui non manca il fattore di vWF,ma manca il recettore per tale fattore.E’ meglio che sappiate,soprattutto per l’utilizzo di alcuni farmaci,tutto quello che si presenta sulla piastrina attivata,cioè tutti i recettori che servono ad essa per

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aderire all’endotelio o per aderire ad un’altra piastrina.Questi vengono identificati con una nomenclatura internazionale,così come si fa per le piastrine,in cui si usano i numeri romani,poiché hanno dei nomi complicati che sarebbero difficili da tradurre nelle varie lingue. Tutti i recettori che servono per l’adesione e l’aggregazione piastrinica sono delle glicoproteine e vengono quindi identificate,nella N.I.,con il nome GP.In aggiunta a questa terminologia si usa una numerazione romana.

3 di tali molecole sono utili in clinica di cui una è il recettore per il fattore di vWF che serve per l’adesione delle piastrine al sottoendotelio e si chiama GPIb(glicoproteina IX).Il vWF è una molecola sintetizzata in forma di precursore ,poi subisce una serie di modificazioni post-traduzionali che sonofondamentali per la sua attività.Vi dico questo perché c’è una patologia molto seria dove il paziente ha un difetto genetico di trasformazione di questo fattore dalla forma di precursore alla forma matura ed essendo molto grande tutte le volte che passa nel sangue urta l’endotelio attivando l’endotelio stesso come se ci fosse un’adesione.Questo paziente che ha tale difetto enzimatico fa trombi a ripetizione perché l’endotelio attivo fa partire la coagulazione.La mancata maturazione di questo fattore determina una malattia trombotica intravascolare molto seria.Il vWF oltre a partecipar all’adesione delle piastrine è anche il pattern naturale di un fattore della coagulazione,precisamente del fattore VIII,cioè il fattore antiemofilico.

Il fattore VIII,un cofattore nella cascata coagulativa,viene protetto normalmente quando legato al vWF.il fattore VIII è uno dei substrati dell’anticoagulante PROTEINA C.

La proteina C può attaccare il fattore VIII solo se lo trova staccato dal vWF.Quando il fattore VIII è legato al vWF la proteina C non riesce a degradarlo.Un paziente che ha la MALATTIA DI vonWILLEBRAND,dovuta a carenza del vWF,può avere problemi di sanguinamento simili a quelli di un emofilico,poiché il vWF protegge il fattore VIII.Se il fattore VIII non può esser protetto la proteina C lo attacca continuamente e tutta la cascata coagulativa ne viene inficiata.Questa è una condizione che non riguarda strettamente il fattore VIII,ma il vWF.Questo paziente ha una sintomatologia clinica identica a quella di un emofilico.La diagnosi si potrà far in laboratorio vedendo se il gene del fattore VIII è

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espresso.In un paziente emofilico o non è espresso o è alterato,mentre nella malattia di vonWillebrand questo fattore non c’è.Dopo possiamo quantizzareil vWF.Mentre nell’emofilico trovo un’alterazione del gene del fattore VIII euna normalità del vWF,nella malattia di vonWillebrand trovo il fattore VIII geneticamente inespresso,mentre la patologia riguarda il vWF.

Le piastrine che si attivano non solo cambiano forma ma,poiché la funzione che deve svolgere la piastrina è quella di un cerotto sul vaso,cercano di modificare il loro aspetto assumendo la forma di un ragno con propaggini citoplasmatiche che prima non avevano che,ovviamente,sonoricche di recettori.Tutto questo lo può fare una piastrina che non è astenica.Quest’ancoraggio con tutte queste propaggini servirà alla piastrina per il distacco dal flusso ematico,ma anche a poter prender i rapporti giusti con le altre piastrine perché bisogna fare l’aggregato piastrinico e poi per dare la superficie di membrana ai fattori della coagulazione che si dovranno legare sulle piastrine aggregate.Questo fenomeno di modificazione piastrinica è definito,come già detto,ROVESCIAMENTO DELLE PIASTRINE.La piastrina ha rivolto verso il citoplasma tutte le molecole che vedete là(vedi figura del PONTIERI).Nel momento in cui la piastrina si attiva rovescia la sua membrana,cioè butta all’esterno tutto ciò che era rivolto all’interno.

C’è una quantità inverosimile di recettori.Andando a leggere le controindicazioni dei farmaci vediamo che esistono piastrinopenie come conseguenza di assunzione del farmaco.La piastrina avrà molecole naturali con funzione simil-farmacologica.La funzione del farmaco sulla piastrina è l’attivazione della via di distruzione della piastrina stessa,di conseguenza l’interazione con il farmaco a volte porta a piastrinopenia.

La piastrina nella II fase non solo deve riconoscere il vaso,ma riconosce anche una seconda piastrina.Sui recettori di membrana si gioca anche l’effetto dei farmaci antiaggreganti piastrinici.Come fa adesso una piastrina che prima non riconosceva un’altra piastrina non solo a riconoscerla,ma anche ad interagire con essa?Tra i recettori che la piastrina attivata può esprimere c’è uno molto importante che manca nella tromboastenia di Glanzman.Questo recettore è fatto di 2 molecole e viene identificato con la lettera GP in quanto è una glicoproteina e questa glicoproteina complessa è

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costituita da 2 molecole definite IIb e IIIa.

Il fibrinogeno non solo serve per far la fibrina,ma serve anche per far l’aggregazione piastrinica.Un paziente con IPERFIBRINOGENEMIA è a rischio di trombosi per 2 motivi:

1)fa più fibrina;

2)la tendenza a far aggregazione piastrinica.

E’,quindi,un candidato ad azione farmacologica con antiaggregante piastrinico.Il fibrinogeno,è una proteina di fase acuta,quindi in tutti i processi infiammatori acuti e cronici il fibrinogeno aumenta,ma aumenta anche in condizioni fisiologiche,come durante la gravidanza.Infatti nell’ultimo mese di gravidanza la donna è a rischio di far trombosi perchè hauna condizione naturale di IPERFIBRINOGENEMIA,poiché nel momento del parto,se ci dovessero esser perdite di sangue,è attivo il processo di coagulazione.

Il fibrinogeno può far fare l’aggregazione perché è una proteina allungata,ma la sua caratteristica peculiare è di avere le 2 estremità aminoacidiche uguali.Questo permette di agganciare 2 recettori e se questi recettori sono posti su piastrine diverse 2 di essi possono esser collegati ad una molecola di fibrinogeno,la molecola più grande circolante del nostro sangue.Immaginate che in ogni piastrina ci sono tanti recettori di questo tipo.Uno degli antiaggreganti che viene normalmente utilizzato è l’antagonista dei recettori di coagulazione,quindi l’antagonista del fibrinogeno.Altro antiaggregante di grande uso è la CARDIOASPIRINA,detta anche ASPIRINETTA,così chiamata perché il dosaggio per cui è cardioprotettiva non ha attività antinfiammatoria.La cardioaspirina blocca la ciclossigenasi in senso generale,ma a valle della ciclossigenasi c’è la trombossano sintetasi.C’è un enzima che produce trombossano .Il trombossano è prodotto,con l’assunzione di cardioaspirina,in concentrazioni molto più basse.Il trombossano è uno dei più potenti aggreganti piastrinici che noi conosciamo,a differenza delle prostacicline che sono i più potenti antiaggreganti piastrinici.La cardioaspirina blocca la degranulazione delle piastrine perciò ha una funzione antiaggregante.Infatti pazienti che assumono la cardioaspirina

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hanno piccole perdite di sangue gengivale perché c’è riduzione dell’aggregabilità piastrinica.gli anticoagulanti che noi produciamo sono più di 2,cioè non solo proteina C e antitrombina III.Questi sono quelli in cui c’è correlazione tra una loro carenza e una patologia trombotica,quindi questi si possono facilmente dosare in laboratorio.

La proteina C,vi ricordo,è prodotta dal fegato,è vitamina K dipendente e viene messa in circolo in forma inattiva.Chi attiva la proteina C?Questa proteina viene identificata con la sigla PC.Quando vogliamo valutare tramitei test di laboratorio la parte attiva della PC chiediamo l’APC.

Il nostro endotelio ha sempre attività antitrombotica,a meno che non sia impegnato fisiologicamente ad attivare la coagulazione.L’integrità dell’endotelio è fondamentale in alcune patologie.Una delle complicanze delpaziente diabetico è la vascolopatia poiché l’endotelio di tale paziente è continuamente “perturbato”.il diabetico iperteso,con ipercolesterolemia,trigliceridi elevati,policitemia e con iperviscosità ematica,ha delle molecole del metabolismo in circolo che sono abnormi.Quando queste molecole,come le proteine glicosilate,puntano sull’endotelio quest’ultimo si attiva come se ci fosse una lesione.Parte l’espressione del fattore tissutale,delle vie estrinseche,etc…Se io medico controllo le proteine glicosilate e queste non superano il 100% c’è possibilitàche quel paziente non vada incontro a vasculopatia.Gli antiossidanti servono a recuperare la iperossidazione che intossica le membrane cellulari,in particolare,nel caso del diabetico,dei vasi.L’endotelio,quindi,è il protagonista di tutto ciò che riguarda il controllo negativo della coagulazione.

La proteina C ha bisogno,per poter funzionare,di un cofattore,rappresentatodalla proteina S,piccola molecola dosabile che viene prodotta dall’endotelio e conservata dalle piastrine,ma ha bisogno lei stessa di esser attivata diventando un enzima proteolitico attivo.La proteina C funziona degradandoil fattore VIII e il fattore V.L’endotelio attiva la proteina C attraverso l’espressione di una molecola chiamata TROMBOMODULINA.Quest’ultima modula la TROMBINA.La trombomodulina è espressa dalla cellula endoteliale e ha la capacità di legareil fattore II(trombina),ma soprattutto è capace di legare la forma attiva della

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trombina(IIa).Vi ricordo che la trombina è quella molecola che trasforma il fibrinogeno in fibrina.Il nostro sistema di controllo sottrae la trombina attivata facendo legare una parte della trombina attivata alla trombomodulina.In questa configurazione trombomodulina-trombina attivatala trombina non è più in grado di agire sul fibrinogeno quindi viene sottratta dal sistema di coagulazione,mentre attiva un anticoagulante,la proteina C.Il paziente diabetico o il paziente che fuma produrrà meno trombomodulina non avendo un endotelio integro.Il complesso APC-proteina S degrada i fattori VIII e V.Quando la trombina si lega alla trombomodulina succedono due cose:si rallenta la produzione del fibrinogeno perchè si sottrae una parte della trombina alla coagulazione e,invece, viene attivata la proteina C che da PC diventa APC.Questa APC poi si lega alla proteina S e formano un complesso che funziona da anticoagulante perchè degrada il fattore VIII e il fattore V. Perchè la proteina S è così importante da doverla conoscere?Perchè la chiederete al laboratorio. La proteina S è un cofattore,l'APC con la proteina S legato funziona mille volte di più quindi è un grande amplificatore del processo anticoagulante. Il lato "negativo" della proteina S è che può legare alcuni frammenti del complemento come C3a e C3b. Ciò vuol dire che ogni qual volta si attiva la via del complemento come nelle infezioni,infiammazioni,fagocitosi,i frammenti su menzionati legandosi alla proteina S la rendono inattiva,quindi il paziente con la proteina S complessata a frammenti del complemento è a rischio emorrotico proprio perchè essa non sarà più disponibile per il legame con APC. Quindi pazienti con infiammazioni o infezioni croniche sono a rischio emorrotico perchè il sistema della proteina C è molto rallentato,allora la proteina S va dosata in tali pazienti insieme all'APC!!! Forse è addirittura più importante dosare la proteina S che APC in questo caso. L'endotelio può attivare un altro sistema anticoagulante:quello dell'Antitrombina III. Questa non è una molecolache dosiamo in laboratorio ma viene data in terapia. Essa è presente in circolo in forma inattiva come inibitore allosterico enzimatico,cioè si lega al sito catalitico della trombina e l'attiva quindi è un attivatore

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importante del processo anticoagulante.L'attivatore dell'antitrombina III è un costituente comune a tutte le membrane citoplasmatiche,cioè l'eparano. Gli eparani sono gli omologhi naturali dell'eparina,quest'ultima è somministrata in profilassi pre e post operatoria o ai pazienti che hanno avuto già trombosi tipo flebite e quindi si vuol evitare che ne faccia altri.L'eparina è una molecola a basso peso molecolare che viene iniettata per via sottocutanea e la sua azione è analoga,in dosi farmacologiche, a quella dell'eparano. Quest'ultimo una volta legata l'antitrombina III l'attiva di almeno mille volte.L'antitrombina III poichè non ha bisogno di un determinato substrato (non essendo essa un enzima ma un inibitore allosterico) avrà un'alta affinità per un enzima in questo caso la trombina ma può legare e quindi inibire anche altri enzimi che hanno a che fare con la coagulazione;poichè tutti i fattori della coagulazione:fattore X,XI,IX,II tranne alcuni hanno attività proteolitica enzimatica,tutti questi fattori alla fine possono essere bloccati dall'antitrombina III che a questo punto, capirete, è un fattore importante nella regolazione negativa dellacoagulazione. Per cui pazienti che hanno carenza di antitrombina III o generica o acquisita sono sicuramente a grande rischio di fare patologia trombotica perchè hanno un equilibrio spostato verso l'attivazione dellacoagulazione. Proteina C e Antitrombina III sono degli anticoagulanti normalmente richiesti al laboratorio e possono essere alterati o nella loro sintesi o per alterazioni genetiche. Esistono quindi una serie di farmaci che interferiscono con la sintesi di questi due anticoagulanti come gli estroprogestinici(la pillola anticoncezionale o terapia antitumorale per tumore alla mammella),ecco perchè donne che assumono tali farmaci prima di iniziare la terapia con estroprogestinici devono fare test per verificare i livelli di questi due anticoagulanti così anche se ci sono altre condizioni come diabete,varici o se la donna fumao altre condizioni che la predispongono a un insulto trombotico,in loro la pillola è sconsigliata,diverso è il discorso se la donna DEVE fare la terapia antitumorare ma anche in quest'ultimo caso la donna va monitorata periodicamente.

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Fibrinolisi è cosa diversa dagli anticoagulanti in quanto la prima interviene a coagulo fatto mentre i secondi prevengono la formazione del coagulo quindi sono due momenti completamente differenti.

La cellula endoteliale è bifunzionale cioè a volte può attivare a volte può inibire la coagulazione. Il sistema della fibrinolisi ha come protagonista la plasminache è un enzima proteolitico sintetizzato dal fegato in forma di precursore cioè come plasminogeno e poi quando serve viene attivato. La cellula endoteliale, a seconda delle condizioni, è in grado di attivare sia l'attivatore del plasminogeno(quindi la fibrinolisi) che il suoantagonista cioè l'inibitore dell'attivatore del plasminogeno. Come si identificano queste due molecole?L'attivatore del plasminogeno si chiama TPA dall'inglese tissue plasminator activator.La cell endoteliale produce TPA tutte le volte che vuole mantenere particolarmente attiva la fibrinolisi!Quindi anche questo è un sistema di controllo negativo,nelsenso che ove mai si fosse fatto un trombo e la fibrinolisi deve toglierlo di mezzo,l'attivatore accelera la fibrinolisi,dunque la cell endoteliale produce costitutivamente (non deve essere attivata per farlo) il TPA. Il TPA poi si lega al plasminogeno,e quest'ultimo si trasforma in plasmina,cioè enzima attivo. L'esatto antagonista è il PAI 1(inibitore dell'attivatore del plasminogeno) anch'esso prodotto dalla cell endoteliale e anch'esso si può dosare in laboratorio;esso non va ad agire direttamente sul plasminogeno ma funziona bloccando il TPA. Il PAI 1 ècosì importante che da solo viene considerato un marcatore di rischio trombotico.Se il PAI 1 è molto alto significa che qualcosa non va perchè non è normale che la cell endoteliale lo sovraproduca a meno che non cisia una situazione particolare in cui c'è proprio bisogno di fare coagulazione.Il PAI 1 se mi blocca il TPA impedisce a quest'ultimo di attivare il plasminogeno e quindi la fibrinolisi si ferma e il coagulo continua a crescere.PAI 1 alto è indice forte di rischio trombotico (pazienti con endotelio sofferente) dunque l endotelio partecipa sia in senso positivo che negativo.

I DFP sono dimeri o meglio fibrinopeptidi che vengono fuori dall'azione

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della plasmina sui polimeri di fibrina quindi alti valori di DFP (importanti in clinica) significano che il paziente ha fatto un coagulo edin lui è attiva la fibrinolisi.

Molti tumori ma non tutti fanno trombosi perchè la cell tumorale è capace di esprimere molecole procoagulanti che a volte somigliano al fattore tissutale quindi attivano facilmente la via estrinseca quindi a volte il primo segno di una malattia neoplastica è una trombosi anche seil paziente è assolutamente sano.Comunque va specificato che le trombosi su base neoplastica sono trombosi degli organi profondi mentre invece le trombosi più comuni sono quelle che coinvolgono i vasi dell'arto inf. per un fatto di gravità del flusso ematico.

N.B. A volte il tumore del seno,del colon e la leucemia promielocitica hanno come segno iniziale di patologia ,a volte asintomatico, una trombosi di un organo profondo!

Ogni qual volta che vi troverete davanti ad un paziente che non ha nessun altro segno ormalmente si dice che il paziente leucemico si �presenta astenico, anemico, con un po di febbricola, non sempre � �detto, cos come non detto che nella donna che ha il tumore al seno � �la palpazione identifica la presenza neoplastica. A volte la comparsa della neoplasia si manifesta cosi, con una trombosi profonda, segno che ci sono cellule neoplastiche in giro che hanno attivit procoagulante�

Questo può essere il punto di partenza per capire perché il paziente ha fatto trombosi. Se ci sono delle condizioni cliniche che giustificano la possibilità di avere una trombosi è un conto, ma se non c’è nessuna patologia, nessuna predisposizione a fare la patologia trombotica, questa va indagata attentamente.Perché l’iperteso è a rischio di fare trombosi? L’endotelio è cosi delicato che avverte le turbolenze del flusso di un paziente che ha la pressione alta o che ha un’aterosclerosi; questa perturbazione del flusso induce l’endotelio a comportarsi come se ci fosse un’ischemia, ecco perchè l’iperteso è a rischio di fare trombosi. Il valvulopatico, cioè un paziente che ha sostituito le valvole, è ad

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altissimo rischio di fare trombosi, infatti è uno di quei pazienti che fa terapia anticoagulante tutta la vita e deve stare in una condizione al limite con l’emorraggia. Le valvole per quanto possono essere sofisticatenon sono naturali e creano un vortice anomalo all’interno del cuore e anche questo viene avvertito dall’endotelio dei vasi cardiaci come una perturbazione. Quindi in tutte le condizioni in cui l’endotelio viene perturbato esso produce il fattore tissutale e la via estrinseca si attiva. Un’altra condizione è ovviamente la stasi, durante la diapedesi il circolo ematico rallenta talmente tanto che quasi si ferma. In questo caso c’è ungrande rischio di fare una patologia trombotica perché questo è il momento in cui i globuli rossi stanno al centro del circolo ematico e i globuli bianchi si avvicinano alla parete. Quest’avvicinamento alla parete può creare il punto d’inizio per un’aggregazione piastrinica. Quindi la velocità del flusso è importante e serve da “lavaggio”.Perché le trombosi spesso si verificano nell’anziano o nel paziente che ha un’insufficienza venosa agli arti inferiori? Perchè il circolo a livello degli arti inferiori, che sono generalmente trombosi venose, ha una già una pressione ridotta e se non c’è un buon ritorno, una condizione di stasi crea la condizione per l’attacco dell’aggregazione piastrinica all’endotelio. È meglio avere un’ipotensione, (al di la dei sintomi del paziente che quando è iperteso si sente meglio, più forte perché è più ossigenato) ma l’ipertensione, soprattutto nell’anziano (in cui i vasi sono poco elastici, c’è anche una componente aterosclerotica), è molto pericolosa.

Facciamo una premessa: qualunque sia il tipo di dosaggio che chiediamo al laboratorio, le analisi possiamo distinguerle fondamentalmente in due momenti diversi. Ovviamente gli esami vanno richiesti dopo un’attenta anamnesi. Fatta un’attenta anamnesi noi possiamo distinguere gli esami di laboratorio in due grossi capitoli: gli esami diagnostici di base, definiti anche di primo livello e poi ci sonogli esami di approfondimento o di secondo livello. Gli esami diagnostici di base sono quelli che vengono effettuati su grossi numeri di pazienti, come screening di massa oppure a tutti i pazienti che entrano per la prima volta in reparto e a tutti i pazienti che fanno day-hospital. Questi esami di base servono per inquadrare in linea generale l’attività dei principali organi e capire in che condizione stanno, per esempio azotemia, glicemia, creatinina ecc. sono esami che

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possono effettuare tutti i laboratori, anche i presidi estivi che si trovano nei posti di villeggiatura. Sono indagini facili che si possono effettuare nell’arco di un’ora per dare una risposta veloce nelle chirurgie d’urgenza o nei pronto soccorso. L’esame diagnostico di approfondimento può essere chiesto dopo che ho visto il risultato degli esami diagnostici di base, quindi dall’esame diagnostico di base faccio una presunzione di diagnosi, voglio vedere se il mo presupposto diagnostico è sbagliato o meno. Es: arriva un pazientepallido con la cute grigiastra, le sclere pallide,le mucose pallide, penso abbia un’anemia, come esame di primo livello faccio fare l’esame emocromo-citometrico. Se mi esce l’emoglobina alterata capisco che il paziente è anemico, l’anemia può essere microcitemica, macrocitemica o normocitemica, ipocromica, normocromica ecc. che tipo di anemia è?Faccio l’esame di secondo livello. Ad esempio se sospetto che sia anemia sideropenica, lo sospetto perché mi guardo l’MCV che nel talassemico sarà normale mentre nell’anemico sarà aumentato. Questo non è sufficiente per dire al paziente cos’ha. Quindi se penso che abbia carenza di ferro, faccio come indagine di secondo livello: ferro sideremiae ferritina; se penso sia un paziente talassemico faccio l’indagine molecolare. Anche per la coagulazione avremo esami di primo livello ed esami di secondo livello.Nell’ambito della coagulazione gli esami di primo livello sono distinti in due grossi sottogruppi: un gruppo è costituito dai pazienti che dall’anamnesi risultano avere un aumentato rischio di fare trombosi, l’altro gruppo è composto da quei pazienti che questo rischio non ce l’hanno. In questi ultimi pazienti faccio le tre indagini che di solito vengono effettuate a tutti (perché quando ho un nuovo paziente in ospedale io medico devo sapere come coagula, cioè se coagula nei tempiopportuni, quindi non mi serve per il rischio trombotico): il tempo di protombina PT, il tempo di tromboplastina parziale attivata PTT o aPTT, a sta per attivata. Poi c’è un esame che non chiede quasi nessuno emolti laboratori non sono attrezzati per eseguirlo, il tempo di trombina TT e poi c’è il fibrinogeno. Normalmente i tre esami sono: PT, PTT e fibrinogeno. Riguardo al fibrinogeno nell’indagine di primo livello chiedo il quantitativo di fibrinogeno, com’è strutturalmente è un’indagine di secondo livello ed è anche molto rara.

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Questo è lo screening emo-coagulativo. Insieme a questo, come indagine di primo livello, per quanto riguarda la prima fase della coagulazione, cioè l’emostasi primaria, normalmente si chiede solo la conta delle piastine. Questo è un esame che facciamo insieme all’esame emocromo-citometrico. Quindi questa è l’unica indagine che si fa come primo livello per le piastrine. Poi abbiamo lo screening trombofilico che anche se va fatto su grossi numeri trattandosi di screening, è cmq fatto su una popolazione selezionata cioè tutti quei pazienti che dalla storia familiare è emerso che hanno un elavato rischio di fare trombosi. Quindi pur essendo uno screening di grossi numeri è fatto su una popolazione selezionata. I test sono: il dosaggio degli anticoagulanti, proteina C, proteina S, antitrombina III, il dosaggio dell’omocisteina (importante anche per prevenire l’infarto), ricerca degli anticorpi anti-lupus (vengono anche identificati come LAC, lupus anti-coagulant), ricerca del fattore V mutato, indagini genetiche del fattore II, fattore VIIe fattore VIII. Gli anticorpi anti-lupus sono uno dei primi dosaggi che veniva chiesto ai laboratori per i pazienti che facevano trombosi perchè inizialmente furono identificati nei pazienti portatori di lupus eritrematoso sistemico e si è pensato per diversi anni, in maniera erronea, che solo questi pazienti producessero questi anticorpi. Questi anticorpi non sono “innocenti”, in vitro hanno la capacità di legarsi sui fosfolipidi dellamembrana piastinica e quindi impediscono la coagulazione. In vivo sono potenti pro-coagulanti, inducono trombosi perché legano la proteina C anticoagulante e ne bloccano la funzione. La ricerca di questianticorpi è importante perché ci sono classi di pazienti che ce li hanno alti, esempio donne con storie di abortività ripetuta, come determinano gli aborti? Questi anticorpi vanno a creare piccole trombosi ma numerose a livello della placenta, il feto non viene più sufficientemente nutrito e quindi la donna perde il bambino. Quindi una delle cause della poliabortività è la presenza di questi anticorpi.

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Proprietà antitrombotiche 

Ricordiamo che, tutte le condizioni che inducono in qualche modo rallentamento del flusso ematico, mettono il paziente a rischio di fare una trombosi, perché, se è vero che il sangue funge da pompa di lavaggio, tutte le condizioni (vedi infiammazioni ad esempio) in cui c’è una fase, prima della diapedesi, di rallentamento del flusso ematico, fino addirittura alla stasi, conducono ad  una  possibile adesione degli elementi del sangue, in particolare le piastrine, e quindi al rischio di trombosi. Tutto ciò che crea una variazione della turbolenza del sangue, che può dipendere o dalla parete del vaso (vedi arteriosclerosi ad esempio) o da componenti del metabolismo (vedi molecole glicosilate nel diabete, presenza di immunocomplessi, presenza di endotossine batteriche, presenza di placche fibrotiche nella ipercolesterolemia), attiva l’endotelio come se fosse leso, quindi fa partire la cascata della via estrinseca. Sottolineiamo le proprietà antitrombotiche e trombotiche dei vasi. 

Abbiamo già parlato dell’attività antitrombotica che può esercitare l’endotelio, che in assenza di lesione e in condizione di sanità, funziona come cellula antitrombotica. Normalmente l’endotelio produce in maniera costitutiva, cioè senza essere stimolato, le prostacicline, che sono antiaggreganti piastrinici molto potenti. Ma l’endotelio produce anche tutto quello che serve per attivare o per inibire le piastrine. Le piastrine, per essere attivate, hanno bisogno dell’ADP, un agonista piastrinico. Cioè, se in laboratorio volessimo far attivare le piastrine, basterebbe metterle in presenza di ADP. L’endotelio produce gli enzimi che inattivano l’ADP, in maniera tale che l’attivazione piastrinica venga controllata. Tra le altre cose che l’endotelio produce, ricordiamo l’NO, che è un antagonista piastrinico, ma anche un vasodilatatore importante, quindi funge da regolatore negativo della cascata coagulativa. Uno dei problemi dei pazienti diabetici è quello di produrre poco ossido nitrico. L’antagonista dell’ossido nitrico è l’endotelina, prodotta dall’endotelio, soprattutto da un endotelio perturbato. Infatti i diabetici producono molta endotelina, che tra l’altro induce anche un aumento della pressione. L’NO, elevando i livelli del GMP, inibisce tutte le attività piastriniche.  Produrre dell’NO in buona quantità significa preservarsi dall’attivazione dell’endotelio. Dunque l’endotelio regola in senso negativo tutta la coagulazione. Giusto per fare un riassunto: le cellule endoteliali esercitano attività anticoagulante perché: 

• collaborano con l’antitrombina III dandole gli eparanidelle membrane, dunque la attivano 

• producono la trombomodulina, che è un attivatore della proteina C, anticoagulante 

• producono la proteina S 

• producono l’attivatore del plasminogeno, il t‐PA 

• producono l’inibitore del fattore tissutale, che è quella molecola che permette al fattore VII di legarsi e di attivarsi (sicuramente non produciamo solo l’antitrombina III e la proteina C, che inibiscono la via intrinseca, ma anche questo inibitore della via estrinseca). Non lo dosiamo nell’uomo, per ora è ancora una molecola della ricerca di base. 

Proprietà trombofiliche dell’endotelio e del sottoendotelio 

Ricordiamo il fattore di Von Willebrand, che è quella molecola che permette l’adesione. Per quello che riguarda la parete vasale, qualunque componente proteica del vaso (elastina collagene e tutte le proteine che conosciamo) è una molecola che, una volta che si rende visibile quando l’endotelio si apre, è appiccicosa per le piastrine, quindi diventa punto di aggancio per la piastrina.  

Malattie emorragiche:  

• tutte le malattie emorragiche da carenza di vitamina K (perché il paziente prende anticoagulanti che sono inibitori della vitamina K; perché il paziente è epatopatico, dato che la vitamina K viene attivata da un enzima epatico; perchè il paziente ha grossi problemi intestinali come una diarrea 

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profusa, dato che la vitamina k viene prodotta dalla flora batterica intestinale; è un paziente che fa da lungo tempo terapia antibiotica importante (sappiamo che gli antibiotici sterilizzano la flora batterica intestinale e questo è uno dei motivi per cui un paziente che deve fare una terapia di questo genere o un paziente che ha problemi intestinali seri, come può essere l’anziano ma anche il bambino che spesso ha la diarrea, prenda come integratore serio non lo yogurt ma i fermenti lattici, in quantità tale da poter sopperire alla sterilizzazione indotta dall’antibiotico)) 

• deficienza genetica di fattori VIII e XIX (emofilia A e B): queste sono le condizioni più gravi 

• malattie epatiche (dato che tutti i fattori della coagulazione vengono sintetizzati a livello epatico) 

• squilibrio eccessivo dei sistemi di controllo e quindi una attivazione continua come si ha nella CID, in cui non c’è una carenza dei fattori ma un consumo dei fattori. Il PT e PTTdiventan sempre più lunghi e le piastrine diventano sempre di meno, perché si consumano piastrine e fattori 

• inattivazione da anticorpi. Alcuni pazienti, soprattutto i politrasfusi per lungo tempo, possono produrre, a seguito di queste trasfusioni che vengono da individui donatori, degli anticorpi contro il fattore VIII. Questa produzione mette questi pazienti in una condizione simil emofilica. Infatti questi anticorpi, legando il fattore VIII, lo sottraggono alla reazione coagulativa. Quindi se dosiamo il fattore VIII, lo troviamo normale, ma, se valutiamo la sua funzione, troviamo la presenza dell’inibitore. Ricordiamo che possiamo avere una condizione simil emofilica perché: abbiamo la presenza dell’inibitore, il paziente è emofilico, il paziente ha una carenza del fattore di von Willebrand. Il paziente arriva all’osservazione del medico con uno stravaso emorragico simile a quello di un emofilico. Quindi si fa la diagnosi differenziale. Solitamente l’emofilico vero, cioè quello genetico, è un paziente pediatrico. Alla caduta del primo dentino o al primo dramma che subisce il bambino, la madre si accorge che la perdita di sangue è difficilmente controllabile o non più controllabile.  

• Mancato legame ai recettori della trombina. Alcuni pazienti hanno la carenza di espressione di questo recettore. Quindi, non potendosi legare la trombina sulle piastrine, viene inficiata l’ultima parte della coagulazione. 

 

Medicina di laboratorio. Coagulopatie dell’emostasi primaria e secondaria. Continuiamo da quanto detto l’altra volta… 

L’anamnesi è fondamentale. Quindi guardare il paziente e guardare la storia clinica personale e familiare del paziente è estremamente importante per fare l’ipotesi diagnostica e, in funzione dell’ipotesi diagnostica, chiedere le indagini al laboratorio. Per quel che riguarda la condizione di pericolo di perdita di sangue, bisogna considerare che le caratteristiche delle perdite di sangue sono un po’ diverse se la perdita di sangue è dovuta a un difetto dei vasi o delle piastrine (emostasi I), o se è un difetto, invece, della coagulazione. 

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Allora la cosa più tipica del sanguinamento piastrinico o vaso‐piastrinico è che può essere ridotto. Cioè se io ho o un’alterazione del numero delle piastrine o una piastrinopatia quindi alterazione della funzione piastrinica o un’alterazione della parete del vaso generalmente il sanguinamento è lieve ed il paziente difficilmente rischia la vita e solitamente il sanguinamento può essere ridotto con la pressione, ripeto se la lesione è sulla cute io posso tamponando bloccare la perdita di sangue. Se il difetto è coagulativo vedi emofilia, carenza di fattore VIII, o di qualsiasi fattore, la perdita di sangue non è mai ridotta dalla pressione ecco perché è più pericolosa l’alterazione della fase coagulativa. L’altra caratteristica è che l’alterazione della fase piastrinica determina un sanguinamento superficiale, difficilmente da grossi ematomi e laddove si formino sono superficiali mentre nel difetto coagulativo si ha accumulo di sangue nei tessuti profondi, ad esempio nel soggetto emofilico queste grosse sacche ematiche si raccolgono nei fasci muscolari, a livello anche delle articolazioni e quindi sono anche più dolorose in quanto laddove si formano determinano compressione delle strutture circostanti. La caratteristica più tipica dell’aterazione vaso‐piastrinica è dare delle petecchie che possiamo vedere sulla cute dei pazienti affetti da una piastrinopenia ma molto più spesso da una piastrinopatia mentre il difetto coagulativo da sempre ematomi più o meno importanti. Allora parlavamo l’altra volta di test di primo livello e di secondo livello, non è che i primi sono più importanti degli altri, allora quelli di primo livello sono quelli che permettono al laboratorio e quindi al medico di avere un’idea di massima….(nn funziona il mic e nn si capisce) e generalmente sono stati messi su 

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per evidenziare quelli che sono i difetti più comuni, proprio perchè sono più comuni generalmente vengono fatti su grandi numeri. I test di secondo filtro non sono meno importanti ma vanno ad indagare i difetti statisticamente più rari e meno rilevanti e per questo motivo nn vengono fatti a tutti, ma ciò nn vuol dire che sono meno importanti. Le caratteristiche che devono avere questi test sono: semplici, in quanto facendoli a tutti i pz quindi anche al pz in urgenza, emergenza, le risp devono essere date nel tempo di 1h, poi devono essere alla portata di qualsiasi laboratorio anche il presidio estivo può e deve poter fare 

 

Allora la cosa più tipica del sanguinamento piastrinico o vaso‐piastrinico è che può essere ridotto. Cioè se io ho o un’alterazione del numero delle piastrine o una piastrinopatia quindi alterazione della funzione piastrinica o un’alterazione della parete del vaso generalmente il sanguinamento è lieve ed il paziente difficilmente rischia la vita e solitamente il sanguinamento può essere ridotto con la pressione, ripeto se la lesione è sulla cute io posso tamponando bloccare la perdita di sangue. Se il difetto è coagulativo vedi emofilia, carenza di fattore VIII, o di qualsiasi fattore, la perdita di sangue non è mai ridotta dalla pressione ecco perché è più pericolosa l’alterazione della fase coagulativa. L’altra caratteristica è che l’alterazione della fase piastrinica determina un sanguinamento superficiale, difficilmente da grossi ematomi e laddove si formino sono superficiali mentre nel difetto coagulativo si ha accumulo di sangue nei tessuti profondi, ad esempio nel soggetto emofilico queste grosse sacche ematiche si raccolgono nei fasci muscolari, a livello anche delle articolazioni e quindi sono anche più dolorose in quanto laddove si formano determinano compressione delle strutture circostanti. La caratteristica più tipica dell’aterazione vaso‐piastrinica è dare delle petecchie che possiamo vedere sulla cute dei pazienti affetti da una piastrinopenia ma molto più spesso da una piastrinopatia mentre il difetto coagulativo da sempre ematomi più o meno importanti. Allora parlavamo l’altra volta di test di primo livello e di secondo livello, non è che i primi sono più importanti degli altri, allora quelli di primo livello sono quelli che permettono al laboratorio e quindi al medico di avere un’idea di massima….(nn funziona il mic e nn si capisce) e generalmente sono stati messi su per evidenziare quelli che sono i difetti più comuni, proprio perchè sono più comuni generalmente vengono fatti su grandi numeri. I test di secondo filtro non sono meno importanti ma vanno ad indagare i difetti statisticamente più rari e meno rilevanti e per questo motivo nn vengono fatti a tutti, ma ciò nn vuol dire che sono meno importanti. Le caratteristiche che devono avere questi test sono: semplici, in quanto facendoli a tutti i pz quindi anche al pz in urgenza, emergenza, le risp devono essere date nel tempo di 1h, poi devono essere alla portata di qualsiasi laboratorio anche il presidio estivo può e deve poter fare questi test, poi devono essere sensibili per mettere in evidenza le alterazioni e devono essere limitati di numero, perché in particolari condizioni questi test sono chiesti dai reparti di urgenza ed esistendo protocolli diagnostici che l’emergenza chiede non ci sono tutte le indagini che ci sono nel profilo d’ingresso (check up) ma nel profilo d’urgenza sono richieste giusto le indagini che servono per gestire il paziente in emergenza e quali possono essere? La coagulazione sicuramente PT, PTT, fibrinogeno e poi glicemia, elettroliti, transaminasi, e poche altre, azotemia, creatinina, emogas analisi che è l’unico prelievo che richiede sangue arterioso. Allora ci sono alcuni test che io per motivi didattico vi devo dire ma che praticamente nn vedrete mai fare. Allora i test di primo filtro possono riguardare sia la fase vaso‐piastrinica che la fase coagulativa, per quello che riguarda la fase vaso‐piastrinica un laboratorio di base deve sicuramente poter accertare il numero delle piastrine anche perché questo è un test molto semplice da fare e che rientra nell’esame emocromo‐citometrico, c’è poi un altro esame che in teoria potrebbe essere richiesto ma che poi raramente viene eseguito ed è il tempo di emorragia, questo per la componente vaso‐piastrinica. Per la fase coagulativa i test di primo filtro sono PT, PTT e fibrinogeno e poi un altro test il tempo di trombina che di fatto poi nn viene chiesto. Poi ci sono i test di secondo filtro come il dosaggio del fattore XIII, dosaggio TPA, PAI e poi il fattore piastrinico III, che cosa è? Se io  voglio capire se il paziente ha in giro delle piastrine attivate e quindi è a rischio di fare un coagulo posso andare a vedere il fattore di attivazione piastrinica che il fattore piastrinico III, quindi questo fattore si esprime solo se le piastrine sono attivate, quindi un paziente che nn ha piastrine attivate nn lo produce, quindi è un marcatore di attivazione piastrinica, mai sentito 

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chiedere però dovete sapere che c’è. Quel test che io vi ho detto essere di primo livello il TT (tempo di trombina) poi di fatto lo passiamo al secondo livello e comunque anche questo io nn l’ho mai visto chiedere e poi invece il tempo di reptilase dovete sapere che cosa è poi vediamo che cosa è e infine il dosaggio del fattore di VonWillebrand. Vedete che ancora non stiamo parlando di trombosi e cioè di anticoagulanti perché vi ho detto l’altra volta che il profilo degli anticoagulanti e tutto ciò che riguarda il rischio trombotico pur avendo dei dosaggi di primo livello va fatto su persone selezionate che sono a rischio trombosi o che hanno sviluppato un trombo. Allora adesso spieghiamo perché il tempo di emorragia pur essendo di primo livello non viene fatto, inanzitutto che cosa è? Allora valuta la fase vaso‐piastrinica, ora il paziente che perde sangue perché è pallido? Perché i vasi vanno in vasocostrizione quindi devono avere una parete che risponde agli stimoli vaso‐costrittori e la vasocostrizione è il primo meccanismo che mettiamo in atto per ridurre la perdita di sangue ma ci sono dei pazienti che nn hanno questa capacità cioè i vasi rimangono perennemente dilatatati per alterazione della parete vascolare e quindi questi pz sono a maggior rischio di perdita di sangue, quindi che cosa è il tempo di emorragia? Si definisce come il tempo necessario all’arresto del sanguinamento dopo che l’operatore ha fatto un piccolo taglio in 2 punti precisi o sull’avambraccio del pz o sul lobo dell’orecchio, in questo modo si valuta l’interazione delle piastrine con la parete del vaso e quindi la successiva formazione del tappo emostatico. In quali pz è prolungato? In tutti i pz  che hanno piastrinopenia ma soprattutto una piastrinopatia come la malattia di Bernard‐Souvier, malattia di Glazemann, altro motivo per cui tale valore può essere prolungato è l’alterazione del fibrinogeno perché abbiamo visto che il fibrinogeno è quella molecola che permette l’aggregazione delle piastrine ovviamente questa nn è una valutazione di patologia piastrinica però di fatto lo è e lo stesso vale per la malattia di VonWillebrand, non è una malattia piastrinica ma essendo questo un fattore che favorisce l’aggregazione delle piastrine il risultato nn cambia e il pz avrà un allungamento del tempo di sanguinamento. Ora proprio perché il test si esegue con un piccolo taglio, su orecchio o avambraccio, voi capite bene che pur essendo un test di primo livello alla fine nn viene fatto in quanto immaginate un ospedale di frontiera come Cardarelli o Loreto Mare, se l’inferemiere dovesse farlo per tutti quelli che arrivano nn se ne esce più quindi di fatto non si fa, è tecnicamente indaginoso, e l’altro motivo è che è un test altamente operatore sensibile, quindi tutto complica la standardizzazione dei tempi e di fatto è poco performante, poi spesso il pz in urgenza nn è in grado di parlare e come voi gia dovreste sapere da patologia questo test è fortemente influenzato dagli antinfiammatori, quindi se il pz sta assumendo aspirina o un FANS qualunque o cortisone il test è inficiato e poiché queste molecole bloccano la via delle ciclossigenasi, bloccano la produzione per esempio di trombossano che è uno dei più potenti aggregatori piastrinici, quindi il test può risultare facilmente alterato. Alla fine come vi ho detto l’unica cosa che facciamo per valutare la fase vaso‐piastrinica è la conta delle piastrine, allora quando un pz viene definito piastrinopenico? Quando il numero delle piastrine scende al di sotto di 150000 per mm3, in realtà le piastrine hanno grande capacità di compenso funzionale quindi al di là di definire il pz piastrinopenico, il pericolo che il pz possa avere problemi tipo sanguinamento, petecchie ect. In realtà è completamente scisso dal numero delle piastrine, nel senso che ci sono pz con 20000‐30000 piastrine che nn hanno sintomi, questo per sottolineare che più che la piastrinopenia è molto più importante capire se le piastrine funzionano, quindi è molto più grave una piastrinopatia( Glazemann, Bernard‐Souvier) rispetto ad una piastrinopenia anche importante. Ora l’unica cosa che dobbiamo ricordare quando andiamo a fare un esame emocromo‐citometrico poiché devono essere contati tutti i gobuli rossi e gli altri elementi figurati del sangue viene fatto in una provetta contenente anticoagulante, ora quello che viene utilizzato è l’EDTA ( acidoetilen‐diammin‐tetracetico) un chelante dei metalli in questo caso serve per chelare il calcio, quindi rendere incoagulabile il sangue della provetta, perché ne parliamo? Perché di solito l’EDTA è quello che viene usato più spesso in quanto più economico, per le prove coagulative PT e PTT non si usa l’EDTA ma si usa il citrato in quanto l’EDTA è molto forte chela in maniera quasi irreversibile, cosa succede allora? Voi questo lo dovete sapere perché studiamo medicina di laboratorio, ci sono alcuni pazienti che hanno una bizzarria, una condizione non patologica ne prevedibile a meno che il pz nn ne sia al corrente, quando viene dosato il loro sangue in presenza di EDTA le piastrine di questi pz si agglutinano si aggregano le une alle 

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altre, ora poichè la raccolta delle piastrine viene fatta con un conta globuli elettronico, cosa succede, quando qst agglomerato di piastrine passa attraverso il tubicino della macchina viene escluso dalla conta quindi uscirà nel referto un dato piastrinopenico molto serio anche di 10000, allora come faccio ad interpretare nel modo giusto questo valore? Io clinico vedendo un pz con una piastrinopenia così importante dovrò riscontrare sicuramente dei segni, cioè questo paziente minimo minimo deve avere delle patecchie, una sanguinamento dal naso frequente o anche gengivale se tali segni e sintomi nn sono obbiettivabili mi deve sorgere il dubbio e allora ho 2 possibiltà, o rifaccio fare il test chiedendo che al posto dell’EDTA venga usato il citrato o contatto il laboratorio e comunico che il dato non è riscontrabile clinicamente ed allora loro possono prendere una parte del campione di sangue e fare uno striscio periferico su vetrino e andare a contare sul sono pz con 20000‐30000 piastrine che nn hanno sintomi, questo per sottolineare che più che la piastrinopenia è molto più importante capire se le piastrine funzionano, quindi è molto più grave una piastrinopatia ( Glazemann, Bernard‐Souvier) rispetto ad una piastrinopenia anche importante. Ora l’unica cosa che dobbiamo ricordare quando andiamo a fare un esame emocromo‐citometrico poiché devono essere contati tutti i gobuli rossi e gli altri elementi figurati del sangue viene fatto in una provetta contenente anticoagulante, ora quello che viene utilizzato è l’EDTA ( acidoetilen‐diammin‐tetracetico) un chelante dei metalli in questo caso serve per chelare il calcio, quindi rendere incoagulabile il sangue della provetta, perché ne parliamo? Perché di solito l’EDTA è quello che viene usato più spesso in quanto più economico, per le prove coagulative PT e PTT non si usa l’EDTA ma si usa il citrato in quanto l’EDTA è molto forte chela in maniera quasi irreversibile, cosa succede allora? Voi questo lo dovete sapere perché studiamo medicina di laboratorio, ci sono alcuni pazienti che hanno una bizzarria, una condizione non patologica ne prevedibile a meno che il pz nn ne sia al corrente, quando viene dosato il loro sangue in presenza di EDTA le piastrine di questi pz si agglutinano si aggregano le une alle altre, ora poichè la raccolta delle piastrine viene fatta con un conta globuli elettronico, cosa succede, quando qst agglomerato di piastrine passa attraverso il tubicino della macchina viene escluso dalla conta quindi uscirà nel referto un dato piastrinopenico molto serio anche di 10000, allora come faccio ad interpretare nel modo giusto questo valore? Io clinico vedendo un pz con una piastrinopenia così importante dovrò riscontrare sicuramente dei segni, cioè questo paziente minimo minimo deve avere delle patecchie, una sanguinamento dal naso frequente o anche gengivale se tali segni e sintomi nn sono obbiettivabili mi deve sorgere il dubbio e allora ho 2 possibiltà, o rifaccio fare il test chiedendo che al posto dell’EDTA venga usato il citrato o contatto il laboratorio e comunico che il dato non è riscontrabile clinicamente ed allora loro possono prendere una parte del campione di sangue e fare uno striscio periferico su vetrino e andare a contare sul microscopio le piastrine, stessa cosa può fare il reparto se ha un microscopio, quindi questa è una cosa che vi dovete ricordare anche perché nn è così infrequente. Questo è importante perché se voi iniziate a sospettare che il pz è piastrinopenico ci sono tutta una serie di elucubrazioni che poi vengono fatte inutilmente tipo andare a ricercare gli anticorpi antipiastrine, questo ovviamente in assenza di sintomi perché se ci sono i sintomi allora il discorso cambia totalmente.  

Per quel che riguarda la fase emocoagulativa, i due test principali sono: ‐ PT; ‐ PTT. 

Il PT valuta  la qualità della via estrinseca,  la PTT  invece  la facciamo per avere un’idea della via  intrinseca. Tutte  e due non discriminano ovviamente per  la  via  comune.  Se  escono  alterati  tutte  e due  (PT  e PTT) possiamo pensare molto probabilmente che  il difetto è a valle, cioè dal fattore decimo a scendere, quindi né PT né PTT ci diranno esattamente qual è l’errore.   Caratteristiche del prelievo: È richiesta una puntura venosa, a meno che il paziente non sia collassato e non possiamo effettuarla, e gli posso fare l’arteriosa ; il citrato è l’anticoagulante che viene normalmente utilizzato; lavoriamo sul plasma perché abbiamo bisogno del fibrinogeno che mancherebbe nel siero. Il plasma da dove viene fuori? Prendo 

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la  provetta  e    la  centrifugo  in  maniera  tale  da  allontanare  gli  elementi  figurati,  anche  le  piastrine, nonostante che poi  le piastrine servano per  la coagulazione, ma  le allontaniamo  lo stesso (capiremo poi  il perché). Quindi è: plasma/citrato,  povero  di  piastrine!  Perché  si  usa  il  citrato  e  non  l’EDTA?  Abbiamo  detto  che  per  la coagulazione serve  il calcio, altrimenti questa non avviene; però se  io uso un chelante molto  forte come l’EDTA, nel momento  in  cui  io,  laboratorista,  voglio  far partire  la mia  azione di  coagulazione, quindi  ho bisogno  di  avere  calcio  disponibile,  che  io  apporgerò  nella  provetta,  questo  calcio  verrebbe  legato dall’EDTA, anche questo che  io aggiungo; mentre  invece nella provetta per  fare  i  test emocoagulativi c’è tanto citrato da bloccare  il calcio endogeno  (cioè  il calcio contenuto nel sangue del paziente), ma questo citrato che sta nella provetta non è più  in grado, perché non è più disponibile, di bloccare  il calcio che  io successivamente aggiungo. Quindi se io metto l’EDTA questo è talmente forte che mi lega tutto il calcio che io aggiungo, cioè ne posso aggiungere molto ma comunque la mia azione viene bloccata dall’EDTA. Le ditte hanno preparato provette per effettuare test PT e PTT con una quantità di citrato (che abbiamo detto che è un chelante debole) tale da bloccare solo il calcio del sangue in provetta. Quindi quando io poi aggiungerò il calcio alla mia azione il calcio diventa disponibile.  Abbiamo  detto  che  vanno  eliminate  anche  le  piastrine.  Dal momento  che  le  piastrine  servono  per  la coagulazione, come effettuiamo quest’ultima? Nella provetta aggiungeremo elementi che sostituiranno  le membrane delle piastrine.  Vediamo innanzitutto Il PTT (tempo di tromboplastina parziale) o aPTT (tempo di tromboplastina parziale attivata).  Abbiamo  detto  che  indaga  fondamentalmente  la  via  intrinseca,  vediamo  invece  ora  come  si definisce.  Si  definisce  PTT  (o  aPTT)  il  tempo,  si  tratta  ovviamente  di  secondi,  necessario  affinchè  una aliquota  di  plasma/citrato  del  paziente  coaguli  quando  noi  aggiungiamo  nella  reazione  qualcosa  che  fa attivare l’inizio della via intrinseca, cioè l’inizio del fattore XII (perché da lì parte la via intrinseca). Le “cose” che attivano  il fattore XII possono essere tante, come  il vetro della provetta, una sostanza chiamata  (??).  Poi  cosa  dobbiamo  aggiungere?  quello  che  abbiamo  sottratto:  a  parte  il  calcio,  qualcosa  che mimi  le piastrine; quindi aggiungiamo i fosfolipidi di membrana di piastrine. Questo perché dobbiamo essere noi a decidere quando la reazione parte. Se noi avessimo sangue intero con le piastrine ed il calcio del paziente, durante  il trasporto,  la reazione potrebbe partire  in maniera  impropria. Quindi noi decidiamo quando far partire  la reazione aggiungendo alla provetta  il calcio,  i fosfolipidi, e ovviamente  la temperatura, dato che nelle razioni immuno‐enzimatiche tutto avviene a 37°C. Quindi il PTT indaga fondamentalmente l’integrità del fattore XII, del fattore IX, del fattore VIII, e del fattore X.   Molto importante, da un punto di vista pratico, è invece l’altro test, il PT (tempo di protrombina). Anche questo test viene fatto, come l’altro, sul sangue venoso, quindi su sangue/citrato povero di piastrine. Questo test si esprime anch’esso  in secondi (ma vi farò vedere che oggi si esprime  in un altro modo). Ma cos’è il tempo di protrombina? Lo definiamo come il tempo necessario affinché un’aliquota del plasma del paziente  (anche  in  questo  caso  abbiamo  allontanato  le  piastrine  e  bloccato  il  calcio  endogeno)  coaguli, questa  volta  all’aggiunta  di  una  sostanza,  chiamata  tromboplastina  tissutale.  Cos’è  questa  sostanza?  In questo caso è un qualcosa che mima il fattore tissutale, cioè il fattore prodotto dall’endotelio che permette al fattore VII di attivarsi, avviando così la via estrinseca. Quindi noi sostituiamo all’endotelio che non c’è, e dunque al fattore tissutale che manca,  la tromboplastina tissutale, che noi compriamo dalle ditte. Questa tromboplastina tissutale è l’attivatore della reazione, cioè se noi non la aggiungiamo la via estrinseca non si attiva, quindi è  l’elemento  fondamentale della  reazione. Ora, ho detto  che  la  via estrinseca è  la  via più “pericolosa” della coagulazione (tante volte ve l’ho detto) perché è quella che più facilmente viene attivata ogni volta che il tessuto di un paziente viene danneggiato ed è quella via che ad esempio si attiva durante la manipolazione  chirurgica,  dove  c’è  un  rimodellamento  totale  dei  tessuti;  viene  attivata  anche  da  un processo traumatologico serio, un processo  infiammatorio serio e quant’altro. Ora questa tromboplastina 

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che cos’è? È un estratto tissutale proprio di tessuto umano o animale che le ditte ci preparano, e che mima quello  che può essere un  tessuto danneggiato e dunque  l’endotelio quando esprime  il  fattore  tissutale; serve per attivare  il  fattore VII.  [Questa è  la parte che vi riguarderà come medici]. Vi  troverete nel corso della vostra vita professionale a gestire una marea di pazienti che fanno terapia anticoagulante. Imparerete che ci sono una serie di  linee guida che ci dicono quanto deve essere “scoagulato”  il paziente  in rapporto alla sua patologia. Che vuol dire ciò? Ci sono pazienti che prendono tanto anticoagulante da essere a limite di una condizione emorragica. Quindi sono pazienti che devono fare i test di coagulazione per monitorare la loro  terapia anche ogni  settimana. Da parte del  clinico viene  chiesto al  laboratorio non  tanto  il PTT, ma soprattutto il PT.   Poiché il test del PT, come già detto, viene fatto utilizzando la tromboplastina, la quale non è un prodotto di sintesi e quindi un prodotto sempre uguale, ma è un prodotto che viene fatto dalle ditte estraendolo dal tessuto  (umano o animale  che  sia) vuol dire  che questa  tromboplastina può essere più o meno attiva a seconda  della  preparazione.  Allora,  se  ci  sono  ad  esempio  50  laboratori  che  utilizzano  tutti  la tromboplastina,  molti  laboratori  avranno  la  tromboplastina  con  una  capacità  di  attivazione  della  via estrinseca  differente, ma  non  perché  alcuni  laboratori  siano migliori  o  peggiori.  In  altri  termini,  se  un prodotto è di sintesi io posso avere sempre la stessa concentrazione e sempre la stessa efficacia; se invece io estraggo da un tessuto, posso avere un’estrazione migliore o peggiore, quindi con un’efficienza variabile. Questo vuol dire che  se  io nello  stesso paziente vado a  fare  lo  stesso PT ma  in  laboratori diversi, posso avere  risultati differenti  se misuro  il  tempo di protrombina  in  secondi. Ciò perché potrò avere che  in un laboratorio la mia tromboplastina è più efficace e quindi il paziente coagula (ad esempio) in 10 secondi; se lo stesso sangue  lo porto  in un altro  laboratorio che ha una tromboplastina meno efficace  il paziente può coagulare in 20 secondi. Dal momento che il paziente fa terapia in funzione del tempo di sanguinamento e di  coagulazione, perché  abbiamo detto  che  alcuni prendono  tanto  anticoagulante da  stare nei  limiti del sanguinamento, io medico devo essere certo che in qualunque laboratorio il paziente vada ad effettuare il PT  il risultato sia non dico  identico, ma  fortemente sovrapponibile, perché  in  funzione del  risultato verrà basata  la  terapia. Come  si  supera questo problema? Proprio perché  le  tromboplastine  sono differenti  a seconda delle ditte che ce lo forniscono, invece di esprimere il tempo di protrombina in secondi, esprimerò il tempo di protrombina con un indice. L’indice viene chiamato l’INR (International Normalized Ratio). Ogni volta che noi facciamo un qualunque test di laboratorio abbiamo sempre un “controllo normale”, cioè abbiamo sempre un pool di “sangui” di soggetti normali. Quindi  faccio  il PT del pool di controllo; questo pool di  controllo avrà un  tempo di  coagulazione di 10  sec. Anziché esprimerlo  in  tempo  io do a questo risultato il valore 1, indipendentemente dal tempo (ce ne può mettere 10, 40 secondi…). Dopodiché faccio il PT al paziente ed esprimo  il  tempo di coagulazione  in  funzione di questo 1. Ad esempio  se  il paziente ci mette il doppio del tempo del pool di controllo il suo INR sarà 2. Quindi non dirò che il paziente avrà un PT di 20 secondi ma un  INR pari a 2.  In reparto vi capiterà di avere    i risultati del PT e del PTT del paziente espresso sia in secondi che in INR. Questo ci permette di superare il problema! Quindi non guarderemo più il tempo ma  l’INR. Quando sarete nei reparti di cardiologia ci sono dei pazienti  (come già ho detto  l’altra volta)  che ad esempio hanno una  fibrillazione atriale  (che  sono  tantissimi a una  certa età) e  che quindi fanno terapia anticoagulante a vita, che devono avere secondo le tabelle delle linee guida un INR anche 5 volte più alto di un controllo normale. Per questi pazienti sarebbe un grosso problema se dovessero andare sempre nello stesso laboratorio, oppure dovrebbero avere sempre lo stesso modulo di tromboplastina per essere ripetitivo; invece con l’INR questo problema si supera.       Proietta slide con petecchie   queste sono  le famose petecchie che potrete eventualmente vedere sulla cute di un paziente; ovviamente  le stesse piccole emorragie questi pazienti ce  l’hanno a carico di organi interni e sono la tipica espressione di una alterazione vasopiastrinica. 

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Altra  immagine   Mentre  invece al massimo un alterazione vasopiastrinica vi può dare un’ecchimosi di queste dimensioni; questa è un’alterazione più  seria  (questo  soggetto  credo  sia un emofilico). Vedete  il paziente ha una massiva emorragia. Le  petecchie  ad  un  emofilico  non  le  vedrete mai,  perché  generalmente  le  raccolte  di  sangue  sono  nei tessuti  profondi  e  perciò  fanno male,  per  esempio  a  livello  delle  articolazioni  o  addirittura  tra  i  fasci muscolari dove è ancora più doloroso.  Altra  immagine    Vi mostro  un  paziente  che  ha  un’epatopatia  cronica  importante;  guardate,  ha  una complicanza emorragica molto simile a quella dell’emofilico; è un paziente in cui viene compromessa tutta la sintesi.   

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I virus hanno una particolarità che è quella di essere organismi intracellulari e quindi abbiamo bisogno delle cellule per coltivarle, fondamentalmente oggi si utilizzano colture cellulari che, in genere, possono essere primarie o possono essere linee continue cioè stabilizzate che crescono indefinitivamente nel tempo. Queste sono piastre (slide), sono dei contenitori di plastica, all'interno delle quali c'è un terreno e all'interno di quel terreno sono state messe delle cellule che poi crescono, la maggior parte delle cellule, come quelle che avete visto prima, sono cellule che aderiscono ad una superficie, cioè azzeccate sul fondo della superficie. Qua dentro crescono queste cellule e quando sono cresciute che sono a confluenza, che significa? Cioè una attaccate all'altra per riempire tutta la superficie di base e si possono utilizzare per ciò che ci servono. Da dove vengono le colture continue? Vengono dalle cellule del tumore di Henrietta Lacks che era una donna che aveva un tumore e che morì negli anni 50 e da quelle cellule coltivate derivano le prime cellule coltivate continue che sono le HeLa che sono utilizzate nei laboratori ancora oggi, quindi sono passate indefinitamente nel tempo e hanno più di 60anni oramai. Quando ci mettiamo un virus all'interno di queste cellule che succede? Ovviamente stiamo parlando per l'identificazione di un virus, per sapere che virus ha infettato queste cellule. Questa è una di quelle piastre che abbiamo visto prima, immaginiamo la tagliata che stimao guardando di faccia e queste specie di ovette rappresentano le celluline e sopra è il terreno e noi mettiamo il nostro campione che contiene un virus che chiaramente infetta quelle cellule, chiaramente bisogna sapere quale virus per poter sapere quali cellule utilizzare e dopodichè ci saranno delle modificazioni in base all'effetto che il virus ha su queste cellule che noi chiamiamo effetto citopatico che vedete in questa figura con questo allargamento di queste cellule. Gli effetti citopatici sono molti importanti perchè ci danno l'indicazione di che tipo di virus può essere, questo è ad es. è uno di quello che si chiama formazione dei sincinzi, la formazione del sincinzio è semplicemente l'effetto che hanno queste due cellule, sono due cellule del monostrato cellulare, che in base all'infezione virale esprimeranno sulla loro superficie cellulare delle proteine virali le quali medieranno la fusione tra queste due cellule, quindi si avranno due cellulefuse tra di loro poi se ne possono aggiungere altre e alla fine si avrà una megacellulona con tanti nuclei al centro e questo è un sincinzio cioè tante cellule fuse insieme. Possiamo avere anche la vacuolizzazione cioè queste palline bianche ( slide) ma ricordiamo che questi sono effetti che osserviamo al microscopio ottico quindi non osserviamo il virus all'interno della cellula ma stiamo osservando l'effetto di questo virus. Se uno si ricordasse tutti questi virus cosa fanno, dove vanno a replicarsi e come si replicano avrebbe idea perchè molte di queste inclusioni, che vengono chiamate inclusioni virali, si trovano nel nucleo o nel citoplasma a secondo di come si replica quel determinato tipo di virus. Alcune di queste inclusioni sono particolarmente caratteristiche per cui sono riconoscibili il tipo di virus cioè la famiglia virale a cui appartengono, per es. i corpi del Guarnieri ( slide) in questa figura che sono inclusioni acidofile intracitoplasmatiche, per es. nel pannello b questo è herpes virus e vediamo delle inclusioni acidofile all'interno del nucleo e l'altra cosa che vediamo la formazioni dei sincizi cioè la megacellulona che si è formata e il nucleo all'interno ha queste inclusioni. Nei reovirus abbiamo inclusioni acidofile che possono essere intracitoplasmatiche e si vanno a disporre intorno al nucleo, negli adenovirus invece sono all'interno basofili e intranucleari, infine abbiamo i corpi delNegri questi sono molti caratteristici per il virus della rabbia. L'emoadsorbimento sfrutta un

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principio che è quello della possibilità di alcuni virus di legare i globuli rossi, e ricordiamo che molti studenti riconoscono in queste figure(slide) il virus ma ricordiamo che il virus non si vede perchè sono immagini al microscopio ottico e i virus non li vediamo proprio, queste che vediamoqui sopra sono cellule non infette e queste che vediamo azzeccate qui sopra sono semplicemente globuli rossi perchè i globuli rossi si attaccano a determinate proteine di origine virale tipo emoagglutinina e emoagglutinina significa che si legano mediante dei ponti al globulo rosso, e quindi che cosa è questa immagine di emoadsorbimento? Questo è un esempio della cellula che è stata infettata dal virus, il virus si è replicato all'interno di quella cellula ha espresso sulla superficie della cellula le proteine virali, se queste avevano questa capacità emoagglutinante, quando abbiamo messo i globuli rossi,i globuli rossi si sono andati ad attaccare. Chiaramente per precipitazione i globuli rossi vanno da per tutto, poi viene lavato via ei globuli rossi rimangono solo dove c'è un legame e lì dove c'è questa proteina espressa e solo su questa cellula (che vediamo nella slide), questo è molto importante perchè tecnicamente ci dà per es. la possibilità di fare un inibizione di questa emoagglutinazione e che significa inibizione dell’ emoagglutinazione ? Significa che se noi immaginiamo che il virus che abbiamo nel nostro campione sia il virus dell'influenza A per fare un esempio e infettiamo queste cellule con il nostrocampione, dopo che il virus si è replicato se noi aggiungiamo un anticorpo contro l’ emoagglutinina dell'influenza A e se l’ anticorpo contro l’ emoagglutinina dell’influenza A (perchè lo mettiamo noi e lo compriamo noi e sappiamo che fa quello) riconosce l'emoagglutinina che sta sulla cellula significa che il virus è quello dell'influenza A se invece non la riconosce vuol dire che è un altro virus quindi in questo modo possiamo identificare che è il virus dell'influenza A. Quindi se si attacca sull'emoagglutinina noi non abbiamo l'emoadsorbimento se invece non è l'anticorpo adeguato noi avremo comunque emoadsorbimento quindi possiamo tentare di inibire quel fenomeno. L'emoadsormimento e l'emoagglutinazione usano lo stesso principio ma è l'effetto che andiamo a vedere che è diverso, perché nell'emoadsorbimento si fa infettando una coltura di cellule e serve nel momento in cui infetti le cellule mentre nell'emoagglutinazione non hai bisogno delle cellule però il principio è esattamente lo stesso.

La titolazione cioè per poter contare quanto virus c'è in un campione si può fare: una titolazione fisica, una titolazione per emoagglutinazione e una titolazione biologica. La titolazione fisica chiaramente non viene mai utilizzata ma viene utilizzata solo per scopi di ricerca; fisica significa che vado a contare esattamente quante particelle virali ci sono nel mio campione tramite microscopio elettronico, tecnicamente si fa in una maniera piuttosto semplice si mescolano con un numero noto di particelle di lattice all'interno del nostro campione poi si va a mettere una X quantità all'interno di un vetrino per microscopio elettronico e andiamo a contare che cosa vediamo e si contano sia le particelle che si vedono del virus sia le particelle di lattice perchè si faun raffronto con il volume perchè sappiamo quali sono il numero delle particelle di lattice quindi fai un raffronto con il volume che stai analizzando. Per quale motivo si fa una cosa del genere? Latitolazione fisica serve solo per fini di ricerca no per scopi diagnostici e questo perchè ogni virus si replica in un certo modo e non tutto quello che produce saranno particelle infettive ma una buona parte sono particelle che non sono infettive quindi nel momento in cui faccio qualsiasi

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prova biologica vado a valutare particelle infettive perchè sono in grado di valutare quello facilmente, ma io voglio sapere in realtà quanto di quel virus è infettivo e quanto no e per saperequesto devo sapere il numero totale e per sapere il numero totale devo andare a contarmi fisicamente le particelle virali una a una. Gli altri due mezzi sono l'emoagglutinazione e la titolazione biologica, in questa immagine qua (slide) questo è un globulo rosso e questo un altro globulo rosso e questo è un virus all'interno quindi un virus lega due globuli rossi perchè sul virusci sono delle proteine quindi in realtà questa attività potrebbe farla anche la proteina isolata quindi la proteina isolata o il virus riescono a legare contemporaneamente due globuli rossi quindi fanno ponte tra questi due globuli rossi. Se però immaginate che questo è un globulo rosso che continua e finisce qua e da questo lato c'è un'altra pallina piccola che è un altro virus epoi un altro globulo rosso, avete la formazione di un reticolo perchè si formano in tutte le direzioni questi ponti tra particella virale e globuli rossi. Nel momento in cui si forma il reticolo questi si vanno a diffondere su tutto lo spazio a disposizione del fondo della provetta, nel momento invece in cui non ci si forma il reticolo perché manca il virus e ci sono solo i globuli rossi che per gravità scenderanno tutti al centro accumulandosi come un bottoncino specifico al centro, quindi visivamente si può valutare la presenza o meno di un virus in un campione. Questa tecnica (l’emoagglutinazione) viene utilizzata sia per titolare che per identificare, per titolare nel senso che un eccesso di virus nel nostro campione non sappiamo quanto ma sappiamo il numero di globuli rossi che andiamo ad aggiungere, se guardate bene questi 3 pannelli le palline che rappresentano i globuli rossi sono sempre 7 o 8 mentre i numeri dei quadratini che rappresentano il nostro virus diminuisce man mano quindi io faccio delle diluizioni del nostro campione e man mano che diluisco i quadratini neri cioè il virus diminuisce, nel caso che in cui c'è un eccesso di virus si ha un emoagglutinazione, nel caso che si ha un'equivalenza cioè il numero di virus corrisponde al numero di globuli rossi ancora ho un emoagglutinazione, nel caso che ho più globuli rossi rispetto ai virus che sono pochissimi al massimo si formeranno dei ponti tra due globuli rossi alla volta ma non si formerà il reticolo quindi non ho più emoagglutinazione ma precipiteranno per gravità sul fondo del pozzetto. La stessa cosa che si può fare per l'emoadsorbimento: l'inibizione dell'emoagglutinazione che è lo stesso criterio, io infetto queste cellule dopodichè aggiungo le emazie ed ho emoagglutinazione cioè se metto insieme virus e cellule ho emoagglutinazione invece se io metto il virus aggiungo prima gli anticorpi e poi vado a mettere i globuli rossi se gli anticorpi hanno riconosciuto questo virus si sono attaccati intorno e non ho più l'emoagglutinazione quindi l'inibizione dell'emoagglutinazione mi dice quale virus potenzialmente è.

Per contare un virus, il metodo delle placche secondo Dulbecco, è quello di contare queste cose in piastra(facendo riferimento alla slide) definite placche, significa che il virus è entrato in delle cellule e si è replicato molto probabilmente le cellule si sono staccate dalla superficie o si sono lisate e quindi sono morte e quando si va a lavare e a fissare si portano via e si colora e cosa si colora? Si colora quello che rimane ancora azzeccato alla piastra cioè le cellule che non sono ancora infette; quindi a tutti questi io posso dare, per principio base che più o meno è corretto almeno statisticamente, un numero più o meno accettabile che è ognuno di questi punti (slide) cioè ognuna di queste placche rappresenta un focolaio di infezione quindi posso dire che ognuno

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di quelli rappresenta un virus chiaramente a seconda dell'evoluzione che in genere già ci sta una serie di calcoli da fare per ottenere il numero della quantità di virus che c'è dentro, le placche possono essere di diverso aspetto più piccole più grandi etc a seconda del virus e delle caratteristiche.

La cosa più importante è perchè io ottengo una placca circoscritta piuttosto che un infezione generalizzata di tutte le cellule? Prima abbiamo visto un infezione normale: mettiamo un virus all'interno delle cellule si replica e tutto il monostrato si distrugge, perchè invece in questo caso abbiamo solo una cosa circoscritta che io posso dire che lì forse è entrato un virus e quindi possodire che corrisponde ad un virus? Perchè il terreno viene reso viscoso con l'aggiunta di alcune sostanze che possono essere carbossimetilcellulosa, agar o altro che rendono il terreno che è un terreno liquido viscoso. Questa viscosità fa in modo che il virus che esce da una cellula è in gradodi infettare quella a fianco ma non è in grado di diffondere all'interno di tutta la piastra quindi l'infezione rimane circoscritta. I metodi molecolari oggi sono fondamentali per esempio la reazione a catena della polimerasi e alla domanda che cosa serve la reazione a catena della polimerasi bisogna descrivere tecnicamente come si fa una PCR e dire come la possiamo applicare al campo delle infezioni quindi a tutti i microrganismi possibili e immaginabili; oggi noi non ci mettiamo a studiare qual è il primer da utilizzare ed ect ect perché esistono una serie di apparecchiature, dei kit di laboratorio per fare la diagnostica microbiologica già predisposti da utilizzare.

Elena e Fortuna

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Lezione Galdiero 23/04/2014

Infezioni S. Nervoso

Il Sistema nervono è diviso in due parti: SNC e SNP. Il primo problema che incontriamo è da dove arrivano i microrganismi, in quanto come sappiamo ci sono una serie di meccanismi abbastanza selettivi che proteggono il SN. Infatti dal punto di vista microbiologico il SNC è un ambiente sterile e dunque non ha nessun normale microbiota, come ad esempio nell’intestino che ha una serie di batteri che sono sempre presenti. Quindi questi microrgamismi possono arrivare da :

fratture del cranio

procedure mediche

lungo i nervi periferici

da sangue o linfa

Il cervello e il midollo spinale hanno funzionalità differenti tra loro che ci possono riguardare in parte per la sintomatologia. Per alcune patologie vedrete che la via di infezioni è proprio quella dei nervi periferici, che possono dividersi in nervi cranici e nervi spinali, e a seconda della zona innervata da questi nervi avremo la presenza di lesioni superficiali (come nell’ Herpes).

Quando parliamo di patologie che interessano il SN parliamo principalmente di meningiti e encefaliti. Queste a loro volta sono dovute a una serie di microrganismi, quali:

Batteri che causano meningiti batteriche o infezioni tipoMeningite come Listeria, Tubercolosi, sifilide, lebbra. I batteri sono anche causa di ascessi cerebrali.

Virus sono causa di encefaliti o meningoencefaliti. Infatti spesso le meningiti sono di origine batterca e le encefaliti virale. Il virus più frequente che causa encefalite è rappresentato da Herpes simplex in quanto è il più diffuso nella popolazione, in questo caso molte persone lo prendono ma si svilupperanno solo pochi casi di encefaliti, quando si verifica può svilupparsi patologia seria a volte mortale. Al contrario di herpes simplex anche il virus dell’ encefalite Giapponese , che come ci suggerisce il nome da l’encefalite, è molto più rara ma quando colpisce da quasi sempre encefalite. Altri virus che possono dare encefalite sono rappresentati dal virus della rabbia, poliomielite ecc..

Infezioni a carico del SN si possono avere anche a carico di protozooi, funghi e parassiti (Vedere tab. su slide)

La principale causa è batterica. I batteri causano malattie del SNC in due modi: principalmente infettano le cellule del sistema nervoso direttamente, l’altra possibilità è che i batteri penetrano da un’altra parte ma rilasciano tossine che possono attaccare i neuroni come nel botulismo e nel tetano. La meningite è un’infiammazione delle meningi e del liquido cerebrospinale compreso all’interno, si estende nello spazio subaracnoideo, lungo l’encefalo e al midollo spinale. Il liquor prodotto dai plessi corioidei è importante perchè fornisce tutto il nutrimento necessario per l’encefalo. L’infezione da batteri evoca una risposta polimorfonucleare a livello del liquido CS. Questa malattia è abbastanza grave in genere, però dipende dal tipo di microrganismo che la causa e dallo stato del paziente. I principali patogeni causa di meningite batterica al 90 % sono: -neisseria meningitidis -streptococco pneumoniae -haemofilusinfluenzae -lysteria

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-streptococcus i batteri possono dare sia meningite sia encefalite sia meningo-encefalite. Il microrganismo invade il circolo sanguigno e successivamente da invasione ematogena del SNC, è la via più comune per la maggior parte dei patogeni come il meningococco, la sifilide, il criptococco. Alcuni microrganismi invece usano il percorso retrogrado neuronale come per l’herpes che però è un virus o anche nel caso di sinusite, traumi, interventi, malformazioni congenite. Il fattore di virulenza principale per questi patogeni extracellulari è la capsula polisaccaridica e le varie strutture esterne; per quelli intracellulari il ciclo avviene all’interno delle cellule ed interviene sul sistemo immunitario dell’ospite. Esiti della meningite batterica: morte, lesioni neurologiche permanenti gravi, altre possono essere lievi e altre transitorie, la maggior parte delle persone supera qst patologia se correttamente trattata. Esiste la possibilità di meningite acuta che evolve in poche ore dall’infezione batterica, o di meningite cronica che dura settimane o mesi. I microrganismi una volta entrati nello spazio sub aracnoideo attivano una risposta infiammatoria grazie alle strutture di superficie per es. acido lipoteicoico o altre sostanze che sono prodotte dalla parete batterica che si lisa e le libera innescando l’infiammazione. Qst risposta è mediata dai macrofagi del cervello che producono citochine e altri mediatori infiammatori. Le citochine attivano diversi processi che arrecano danni a livello sub aracnoideo fino all’apoptosi e lesioni dei neuroni. Nonostante ci siano una serie di farmaci oggi usati per esempio gli antibiotici, cmq resta l’esito di morte che è diminuito rispetto a prima ma ha cmq una percentuale di circa il 20%.il tasso di mortalità nel caso di streptococco pneumoniae è di circa il 19-26 %,per haemofilusinfluenzae è più basso ed anche per neisseria m. ,quindi il quadro di meningite da streptococco è il più grave che possiamo avere. Quello da pneumococco è il più grave tra i quadri di meningite che possiamo avere. I soggetti più colpiti da questo tipo di patologia sono i bambini piccoli, lattanti e anziani superiori ai 60 anni che sono più predisposti all'infezione. C'è una leggera differenza nel quadro clinico e la distinzione che viene fatta è fondamentalmente tra adulti e bambini ( soprattutto lattanti). Perché il lattante? Il lattante non parla, dorme quasi sempre ed è quindi più difficile poter riconoscere il sintomo che invece nel caso dell'adulto e del bambino è più facile. I sintomi clinici sono:vomito, febbre, mal di testa, rigidità nucale, fotofobia (la luce dà fastidio), nausea, dolori articolari. Tutti questi sintomi possono essere presenti oppure possono essere presenti solo alcuni di essi. Nel caso dei neonati più o meno il criterio è lo stesso, la patologia è la stessa; abbiamo vomito, diarrea, pianto, sguardo apatico, letargia( difficoltà a svegliarsi, dormono sempre), pallore, macchie sul corpo e rigidità nucale. Dal punto di vista clinico (anche se non ci interessa) ci può essere febbre, rigidità nucale, letargia, confusione, irritabilità, delirio, coma. Sono presenti questi sintomi nel 50% dei casi, la loro assenza non esclude la possibilità di avere questa patologia. Cosa fa il medico, il clinico? Ricerca questi segni: segno di Kerning e Brudzinski, la rigidità nucale che è la cosa più caratteristica di derivazione meningea, cefalea, nausea, vomito e fotofobia. Segno di Kerning: si mostra dolore, difficoltà all'estensione(cioè stendendo la gamba) quando il paziente è in posizione supina con le cosce perpendicolari al tronco. Segno di Brudzinski: flessione passiva del collo ( con soggetto in posizione supina) si provoca flessione delle ginocchia e delle cosce. Ci sono delle differenze per quanto riguarda la probabilità di essere infettati da determinati patogeni in base all'età dei soggetti: - neonati sono colpiti principalmente da streptoccocchi di gruppo B e D, escherichia coli e neisseria -bambini sono colpiti principlamente da hemophilusinfluenzae di tipo B (48% la maggior parte dei casi), streptococcuspneumoniae, neisseria meningiditis -adulti sono colpiti principalmente da streptococcuspneumoniae (maggior parte dei casi), haemophilusinfluenzae( meno rispetto ai bambini), neisseria meningitidis, bacilli gram negativi, streptococchi, stafilococchi. Ci sono quindi delle differenze rispetto ai gruppi di età. Meningite da S. pneumoniae diplococco, gram +, 84 sierotipi Questo microrganismo è un comune colonizzatore del nasofaringe ( si trova facilmente nel nasofaringe di molti individui che vengono definiti portatori sani; 10 %degli adulti hanno normalmente questo microrganismo, 20-40% dei bambini sono portatori sani). Colpisce

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principalmente i bambini da 1mese a 4 anni, la mortalità è 30% nei bambini e 80% negli anziani ( è una malattia per gli anziani abbastanza grave). La cosa importante è che esistono dei vaccini. Il vaccino protegge i soggetti vaccinati per circa 5 anni. ( non dura tutta la vita). Esistono 2 tipi di vaccini: -un vaccino coniugato (legato a una proteina carrier per aumentare l'efficacia) che è eptavalente cioè è protettivo nei confonti di sette degli 84 sierotipi presenti. I sette sierotipi sono quelli principalmente studiati perchè sono più frequenti e che quindi possono dare più probabilmente questo tipo di patologia. -un vaccino 23valente che è contro 23 sierotipi diversi di pneumococco che sono responsabili di oltre il 90% dei casi di meningite. E' protettivo quasi totalmente. Può essere però usato solo negli adulti e nei bambini dopo la prima infanzia. Meningite da N.meningitidis E' un cocco gram -, capsulati, il 10% della popolazione è portatore sano nel nasofaringe; inizia l'invasione penetrando le superfici delle vie aeree( classico mal di gola), la maggior parte dei casi si ha tra i bambini da 6 a 12 mesi, si può verificare un secondo picco nell'adolescenza. Cosa importante è che la capsula polisaccaridica che ha un ruolo antifagocitario è la componente importante sulla quale sono stati fatti i vaccini. Sono stati fatti sulla base della specificità immunologica contro 13 coppie antigeniche: A,B, C ecc. I principali sono a B c y w135, i vaccini che sono stati fatti sono il vaccino coniugato con criptococco c, e Vaccini con mucopolisaccaridi(vedi slide), l hemophilusinfluenzaetyp e B è un bacillo gram negativo Frequentemente parte della flora batterica del tratto respiratorio superiore, colpisce bambini da sei mesi a quattro anni, negli adulti causa sinusite paranasale, otite eccetera, il vaccino ha diminuito drasticamente la frequenza di meningite da hemophilusinfluenzae. Il vaccino è costituito da una parte della parete batterica, e viene coniugato da una proteina carrier in questo caso, oggi viene utilizzato un vaccino esavalente che contiene altri microrganismi( per difterite, poliomielite, tetano, pertosse, epatite B). Come si fa la diagnosi di meningite? Con la puntura lombare mettendo il paziente steso sul fianco, viene inserito un ago nella sacca durale per raccogliere il liquido cerebrospinale. In genere vengono presi una serie di campioni che vengono inseriti in vari tubi che vengono utilizzati per vedere cose diverse. Che cosa si va a vedere? Glucosio e proteine, la conta differenziale delle cellule.Il laboratorio di microbiologia fa delle cose immediatamente, ci sono colorazioni che possono essere fatti subito sulla striscia come colorazione di Gram, micobatteriche, colorazione per funghi, e vengono fatti un'altra serie di test microbiologici immediatamente, in genere viene conservato un tubo per ripetere esami o per fare qualche altra cosa. Osservando questo liquido cefalorachidiano possiamo avere informazioni utili. Se il liquido è torbido vuol dire che si tratta probabilmente di una infezione batterica, se il liquido limpido più probabilmente si tratta di un'infezione virale però comunque non è certo e bisogna procedere con altri esami. Vengono esaminate le cellule che si trovano in questo campione, il contenuto proteico e il glucosio. Il tipo di globuli bianchi indica se la meningite è batterica(in questo caso dominano i neutrofili) o virale(predominano i linfociti). Non è l unica cosa che si fa perché non è determinante. Si predominano gli eusinofili probabilmente l'eziologia è parassitaria o fungina. Ecco una tabella in cui abbiamo le caratteristiche principali in base all'eziologia della meningite. In un'eziologia batterica il livello di glucosio è basso, alta la quantità di proteine presenti, abbiamo principalmente neutrofili. In caso di infezione virale acuta la quantità di glucosio è normale, la quantità di proteine è normale o alta, abbiamo soprattutto i linfociti. In caso di eziologia tubercolare la quantità di glucosio è molto bassa, alta la quantità di proteine, abbiamo soprattutto linfociti e qualche volta neutrofili. In caso di infezione fungina abbiamo un basso contenuto di glucosio un alto contenuto di proteine. La colorazione di Gram viene sempre fatta perché è facile. La colorazione di Gram ci mostra i batteri si sono presenti, ci mostra i batteri si sono assenti o o se non ce li evidenzia. In caso di meningite batterica sono visibili nel 60% dei casi. I pazienti non arrivano quasi mai immediatamente e spesso già hanno fatto una cura antibiotica, in questi casi

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non troviamo quasi niente e diventa quindi più difficile. Nelle listeriosi la colorazione di Gram è meno affidabile. I granulociti neutrofili sono presenti nelle meningiti purulente. Quando viene prelevato il liquido cerebrospinale ci sarà una determinata pressione e in base alla pressione possiamo farci un idea del tipo di infezione. La pressione è aumentata in caso di meningite batterica, è aumentata o leggermente aumentata in caso di meningite virale o fungina. In caso di meningite virale non si evidenzia il microrganismo nel liquor. Il trattamento di meningite batterica deve iniziare immediatamente, il medico dovrebbe fare gli opportuni prelievi e poi iniziare la terapia, si evidenzia il microrganismo e dopo aver fatto l'antibiogramma si utilizza l'antibiotico migliore cioè quello a cui è più sensibile il microrganismo.

Altri microrganismi portatori di meningite dal punto di vista batterico sono: � Listeria monocitogenes : rara, colpisce i neonati e i bambini della prima infanzia (2,5-3 casi su

1milione ). Anche le donne incinte possono essere affette (30% casi). Altri pazienti affetti sono gli immunocompromessi.

Questo patogeno lo ritroviamo nell' ambiente e il contagio può avvenire attraverso l' ingestione di cibo contaminato (carne cruda, latte non pastorizzato ecc…). Anche questo tipo di batterio dà un affezione al SNC. � Mycobacteriumtubercolosis (meningite tubercolare): la tubercolosi è un' altra patologia che può

arrivare al SNC. E' comune nei soggetti affetti da HIV e nel sud est asiatico. E' una patologia che viene considerata grave perché è

considerata come malattia della povertà e come una delle patologie più frequenti (1/5 o 1/3 della popolazione mondiale è affetto). La meningite tubercolare colpisce prevalentemente con cefalea, febbre, tremori, paralisi dei nervi facciali e può portare anche ad alterazione dello status sensoriale e coma. (Il prof mostra un' immagine di una risonanza magnetica in cui sono presenti un granuloma tubercolare e un segno di irritazione meningea e sottolinea che Supporti importanti per la diagnosi delle malattie del sistema nervoso sono tecniche di diagnostica per immagine) La diagnosi viene effettuata con l' esame del liquido cefalorachidiano che ha un alto contenuto di proteine, basso contenuto di glucosio, numero elevato di linfociti.I bacilli acido resistenti possono essere evidenziati su uno striscio del liquor. Il bacillo può crescere in coltura (pero ci vuole un sacco di tempo, quindi è una tecnica che viene effettuata spesso). Attualmente si usano test di PCR che danno risultati immediati. E' importante effettuare diagnosi differenziale con alcune patologie (segnate sulla slide indicata dal prof). Come ricordato si utilizzano anche tecniche diagnostica per immagini � Treponema pallidum (Neurosifilide): infetta il cervello e la spina dorsale. Si verifica in persone

che non sono trattate e hanno la sifilide da parecchio tempo. Prima dell' avvento degli antibiotici era molto frequente, ora non più.

Nei pazienti affetti da HIV la neurosifilide,invece, rimane ancora una patologia abbastanza frequente. La diagnosi viene effettuata con: - L' esame di liquor; - test treponemici e non treponemici. Fondamentalmente tra i test treponemici si utilizzano: TPHA ,il TPPA , EIA ,test di immunofluorescenza, western blot di conferma contro IgG e IgM Tra i test non treponemici: pprl (?) e altri -Tecniche di Diagnostica per immagini  

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• Il tetano è una patologia caratterizzata da una contrazione prolungata di fibre muscolari scheletriche.I sintomi principali sono causati dalla tetanospasmina,una neurotossina prodotta da Clostridium tetani(batterio gram positivo, anaerobio obbligato, sporigeno). L’infezione avviene generalmente attraverso contaminazione di una ferita da taglio profonda. Con il progredire dell’infezione, spasmi muscolari si sviluppano nella mandibola (da cui il nome di “trisma”) e altre parti del corpo.L’opistotono è uno stato grave di ipertensione e spasticità in cui la testa dell’individuo, il suo collo e la colonna vertebrale entrano in una posizione completamente incurvata, a ponte. Questa postura è un effetto di tipo extrapiramidale ed è causata da spasmo della muscolatura assiale lungo la colonna vertebrale. Il riso sardonico è il caratteristico spasmo prolungato dei muscoli facciali che sembra produrre un grigno. Il nome deriva dalla comparsa di sopracciglia alzate e un sorriso “aperto”. Il batterio è normalmente presente nell’intestino degli animali(bovini,ovini,equini) e nell’intestino umano e viene eliminato con le feci. Le spore possono sopravvivere nell ambiente esterno per anni e contaminano spesso la polvere e la terra. Possono penetrare nell’organismo umano tramite ferite dove, in condizioni opportune, si possono trasformare nelle forme vegetative che producono la tossina. Il batterio non invade i tessuti ma la tossina raggiunge, attraverso il sangue e la linfa il SNC interferendo con il rilascio di neurotrasmettitore che regolano la muscolatura causando contrazioni e spasmi diffuso. La superficie ruvida del metallo arrugginito fornisce un habitat naturale per le endospore di C. tetani e il metallo offre un mezzo per forare la pelle e permettere alle endospore di penetrare nella ferita(si conserva nella ruggine). Le spore si trasformano in batteri a forma di bastoncello e producono la tossina tetanospasmina che si lega alla giunzione neuromuscolare e quindi arriva alle terminazioni nervose del motoneurone periferico. Arriva al corno ant attraverso trasporto assonale retrogado dove penetra egli interneuroni inibitori spinali adiacenti, bloccando il rilascio del neurotrasmettitore inibitorio. I neuroni motori superiori danneggiati non possono più inibire i neuroni motori inferiori. Questo porta a ipertonia e spasmi muscolari. Il periodo di incubazione può essere di diversi mesi ma in genere è di 5-8 gg. In generale, più il sito della lesione è lontano dal SNC, più lungo è il periodo di incubazione.

•Tetano generalizzato: è il tipo più comune di tetano(80% dei casi). Il primo segno è il TRISMA e gli spasmi facciali( RISO SARDONICO) seguiti da rigidità del collo, difficoltà a deglutire e rigidità dei pettorali e polpaccio. Altri sintomi: temperatura elevata, sudorazione, pressiona sanguigna elevata. Gli spasmi possono verificarsi frequentemente e durano alcuni minuti. Spasmi continuano per diverse settimane e il recupero continuo richiede mesi.

Tetano neonatale:è una forma di tetani generalizzato; i neonati che non hanno acquisito l’immunità passiva perché la madre non è mai stata immunizzata sono a rischio. Di solito si verifica attraverso l’infezione del moncone ombelicale non cicatrizzato, in modo particolare quando il moncone è stato tagliato con uno strumento non sterile. Il tetano neonatale è comune in molti paesi in via di sviluppo ed è responsabile di circa il 14% di tutte le morti neonatali, ma è raro nei paesi sviluppati. I sintomi compaiono 4-14 giorni dopo la nascita, con una media di circa 7 giorni. Tetano focale: forma rara, in cui i pazienti hanno una persistente contrazione dei muscoli nella sede della ferita. Le contrazioni possono persistere per molte settimane prima di una graduale riduzione. È generalmente più mite In assenza di un adeguato trattamento la malattia può essere mortale nel 30-50% dei casi. La prevenzione si attua con la vaccinazione antitetanica. Per i bambini fa parte della vaccinazione D ToP (contro difterite, tetano, pertosse) . i bambini ricevono, di solito, una serie di 3 dosi di vaccino al 3, 5, tra 11 e 15 mese di vita e due richiami, tra 5-6 anni e tra 11-18 anni.Per conservare l’immunità sono opportuni richiami ogni 10 anni. Grazie ai vaccini, i casi di tetano in bambini e adolescenti, in Italia, sono drasticamente diminuiti mentre persistono ancora casi di persone anziane non vaccinate. La diagnosi è essenzialmente clinica e basata sul riconoscimento di segni e sintomi descritti prima. Non esistono test di laboratorio per conferma. Poiché la malattia non è contagiosa, non è necessario isolare il paziente. Il trattamento della forma generalizzata richiede il ricovero

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ospedaliero e consiste nella cura della ferita , nella somministrazione del siero antitetanico, tentativo di sciogliere la contrattura tramite miorilassanti. L’obiettivo è scongiurare l’asfissia in attesa che cessino gli effetti della tossina. BOTULISMO: batteri gram +, sporigeni, anaerobi obbligati. (tossina botulinica utilizzata nei trattamenti di bellezza per favorire il rilassamento delle rughe) Causa paralisi flaccida dei muscoli. È causato da una neurotossina , tossina botulinica, prodotta dal C botulinum(raramente C. butyricum e baratii). Ci sono 7 neurotossine distinte(A-G) ma i tipi A,B,E e raramente F sono quelle che più comunemente causano paralisi flaccida nell’uomo. Non si trasmette da persona a persona, non è necessario isolare il paziente. Il botulismo ALIMENTARE è causato dall’ingestione di alimenti contenenti la neurotossina; il botulismo DA FERITE è causato dalla neurotossina prodotta in una ferita infetta; il botulismo INFANTILE si verifica quando un bambino consuma le spore dei batteri. I batteri poi crescono nell’intestino e rilasciano la neurotossina; sintomi: visione doppia, visione offuscata, palpebre cadenti, difficoltà di parola, disfagia, secchezza bocca e debolezza muscolare. Può verificarsi stitichezza.I neonati appaiono letargici, deboli, stitici, pianto debole, scarso tono muscolare.nei neonati il primo sintomo è la costipazione. Questi sono tutti sintomi della paralisi muscolare causata dalla neurotossina. Se non trattata possono progredire fino a provocare paralisi nelle diverse parti del corpo, braccia , tronco, muscoli respiratori. Nel botulismo alimentare i sintomi iniziano 18-36 h dopo ingestione di cibo contaminato ma possono verificarsi già sei ore più tardi fino a 10 gg dopo. Se la diagnosi è precoce, può essere trattato con l’antitossina trivalente(A,B,E) che blocca l’azione di neurotossine circolanti nel sangue. L’antitossina può impedire il peggioramento della malattia ma il recupero richiede molte settimane. La paralisi e l’insufficienza respiratoria posso richiedere l’utilizzo di respirazione assistita(ventilazione) x settimane. Dopo diverse settimane, la paralisi migliora lentamente, di pari passo con la rigenerazione degli assono dei nervi. DIAGNOSI PRINCIPALMENTE CLINICA La conferma di laboratorio viene effettuata mediante la ricerca di: - Tossine botuliniche in campioni biologici(siero, feci, contenuto gastrico, essudato, ferita) e alimentari;

- Spore di clostridi neurotossigeni in campioni biologici( tamponi rettali, feci, organi animali quali fegato, milza, intestino) alimentari e ambientali; - L’unico metodo per la ricerca delle tossine botuliniche è il test in vivo su un topo di laboratorio (a seconda che il topo crepa o meno)(mouse test) . richiede l’uso di antitossine botuliniche polivalente e monospecifiche e necessita di 3 giorni di analisi, anche se in alcuni casi positivi è possibile ottenere un risultato definitivo in3-4 h. tecniche ELISA sono stati sviluppati ma, al momento, mancano della specificità e sensibilità richieste, specie se applicate a matrici complesse( campioni fecali, alimentari.) - Ricerca delle spore , è utilizzato un metodo colturale che prevede anche uno step di identificazione delle tossine mediante il mouse test. Richiede 4 gg di arricchimento in brodo nutritivo e ulteriori 3 gg in mouse test.da diversi anni, per ottenere risultati in tempi + rapidi(24-48h) al metodo colturale è stato associata PCR multiplex che amplifica i geni codificanti per le diverse tossine botuliniche. Abbiamo visto altri due esempi di patologie del sistema nervoso e adesso andiamo a vedere quali sono quelle virali e quindi torniamo all’encefalite vera e propria.Ma prima volevo farvi vedere una breve lista di quelle che sono alcune patologie che non sono dovute ad agenti virali,quindi abbiamo batteri,rickettsie,funghi e parassiti.di alcuni di questi ne abbiamo già parlato di altri no. 

Quindi quando dovrete descrivere qualcosa che riguarda il sistema nervoso cercate sempre di dividerle come ho fatto io,cioè:esistono virus,batteri,funghi e parassiti(vedi tabelle) 

Che cosa è un’encefalite virale e come si verifica: 

dipende dal virus(herpes simplex di tipo 1 è il principale agente di encefalite: 

‐distruzione virale diretta delle cellule 

 ‐risposta infiammatoria o immuno‐mediata post infettiva. 

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La maggior parte dei virus infettano principalmente il parenchima cerebrale e le cellule neuronali.Alcuni causano vasculite(infiammazione dei vasi sanguigni).Demielinizzazione può seguire l’infezione.                        I virus non infettano tutto l encefao completamente ma spesso hanno un tropismo particolare per alcune zone:coxachie e echovirus le meningi,i virus poli corna anteriori del midollo e corteccia motrice dell encefalo,virus della rabbia corno d’ammone,herpes simplex i lobi temporali. 

Il virus della rabbia  che è un rhabdovirus,è trasmesso da un morso di animale:quello più probabile è  il cane anche se in italia non c è anche se non possiamo dire che assolutamente non c è,ma ci sono un’altra serie di animali selvatici come la volpe ma anche i pipistrelli lo possono trasmettere.il virus si moltiplica nei muscoli scheletrici,poi passa alle cellule cerebrali causando encefalite.i sintomi iniziali possono includere spasmi muscolari della bocca e della faringe e idrofobia. 

Fondamentalmente entra nei tessuti attraverso la saliva del morso dell’animale,si replica nel muscolo dopodiché si muove attraverso i nervi periferici verso il SNC,verso il midollo spinale,ascende il midollo spinale,raggiunge il corno d’ammone e quindi sviluppa la patologia.i neuroni infetti dal virus della rabbia formano i corpi di negri:l’effetto citopatico in alcuni casi ci permette di riconoscere il tipo di virus. 

Lista dei principali virus che causano encefalite(alcuni non li assocereste a patologia nervosa altri hanno scritto già nel nome “encefalite”):HSV‐1/2,VZV,EBV,CMV,HHV‐6/7,polio virus ed altri enterovirus incl. Echovirus 22,adenovirus,morbillo,parotite,rosolia,lymphocytic choriomeningitis virus,jc virus,influenza A e B,Japanese encephalitis,dengue,tickborne encephalitis,nipah,murray valley encephalitis,st louis encephalitis,west nile virus,raies virus,european bat lyssavirus,HIV. 

Meccanismi patogenetici degli agenti virali responsabili di infezione del SNC: 

‐lesione diretta dei neuroni(virus della rabbia,virus polio,toga virus,flavi virus e bunyavirus 

‐demielinizzazione dei nervi (virus JC) 

‐processi immunopatologici 

Forme primarie di encefalite virale:invasione del tessuto nervoso da parte del virus: 

‐acute:HSV,EEE,rabbia 

‐subacute:adenovirus enterovirus in immuno depressi 

‐lente:panencefalite subacuta sclerosante (morbillo),(rosolia);leucoencefalopatia multifocale progressiva (JCV);demenza da AIDS(HIV‐1 può dare negli stadi finali infezione del sistema nervoso) 

Encefaliti su base immunitaria:post infettive(morbillo,rosolia),post vaccinali(vaiolo,rabbia). 

I campioni clinici che servono per fare diagnosi sono: 

‐liquor(è fondamentale) 

‐sangue(sia per la diagnosi diretta che per quella indiretta) 

‐tamponi rinofaringei,urine,feci….nei casi a sospetta eziologia virali. 

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Le indagini di laboratorio sono fondamentali per fare diagnosi di encefalopatia virale in quanto i sintomi clinici(come eruzioni cutanee tipiche)o caratteristiche epidemiologiche(viaggio in un’area endemica,esposizione ad animali)non sono caratteristiche e non sono sufficienti per fare diagnosi. 

La diagnostica per immagini è fondamentale e può dare delle informazioni molto importanti(si può osservare un’ infezione del lobo temporale da herpes simplex o anomalie dei gangli della base e del talamo in un’encefalite giapponese). 

Quindi le indagini iniziali richiedono spesso una TAC del cervello,per escludere ascessi e neoplasie prima della puntura lombare.Herpes simplex:encefalite è tipicamente focale,con immagini che mostrano variazioni focali del lobo temporale in oltre il 70 % dei casi e la scansione MR mostra anomalie del lobo temporale in oltre il 90 % dei casi. 

La diagnosi di encefalite virale acuta può essere confermata dall’esame del liquor: 

‐conta linfocitaria aumentata 

‐livelli di glucosio sono generalmente normali(bassi livelli suggeriscono un’encefalite fungina,micotubercolare o luetica) 

Aspetto chiaro del liquor(se è purulento sarà da probabile infezione batterica).coltura virale,istologia ed EM non sono utili per la diagnosi perché ci vuole tempo,è complicato e difficilmente fanno vedere qualcosa.Invece i test sierologici continuano ad avere la loro importanza per la diagnosi:titoli anticorpali in aumento o la reattività IgM nel siero servono per indirizzare una diagnosi specifica,mentre il rapporto di anticorpi siero:liquor può dimostrare la produzione intratecale di anticorpi,perché noi potremmo avere lo stesso tipo di anticorpi nel siero però non abbiamo encefalite.Infine la PCR che oggi è uno dei metodi più utilizzato,soprattutto per le encefaliti.Perchè proprio il caso in cui non è facile isolare, non è facile coltivare,soprattutto è necessario che la diagnosi sia veloce,più veloce è meglio è,anche se non è che ci siano tutti questi farmaci tanto che la maggior parte dei pazienti con sospetta encefalite virale vengono trattati con aciclovir via endovenosa prima ancora di avere i risultati delle indagini.Quindi anche se si ha il solo sospetto di encefalite da herpes simplex o qualsiasi altra cosa si trattano con aciclovir prima di averne la certezza.Sempre nel caso di encefalite da herpes simplex(che è anche il caso più probabile nel mondo occidentale)il paziente si salva se invece era qualche altro virus non si salva perché l aciclovir non funziona.PCR per herpes simplex  tipo 1 e 2.enterovirus e parechovirus,VZV,EBV,HHV‐6 e CMV sono facilmente disponibili in quasi tutti i laboratori specializzati di virologia.Per gli altri tipi di virus diventa più complicato,ci sono in italia alcuni posti specializzati ma comunque non è detto che li faccia tutti,quindi se arriva un paziente con un’encefalite rara non è passibile farla perché non c è il materiale.PCR multiplex possono essere disponibili per rilevare i diversi virus associati con sintomatologia specifica o gruppi di pazienti (per esempio gli immunocompromessi) 

Questo è un esempio,non è un esempio diagnostico reale,.ma fatto in laboratorio,dove per esempio ci stanno due virus viene effettuato una PCR da un’altra parte,questo è il metodo classico per rilevare l assenza o la presenza di quello che abbiamo ottenuto cioè l amplificato.Esistono altri metodi ma non è importrante perché la base è questa.Qui vediamo WNV e l’encefalite giapponese(JEV) che sono due bande ben distinte e in questo caso sono messe insieme e vedete che la stessa reazione è in grado di evidenziarli entrambi. 

Questo è più o meno un algoritmo che si utilizza nei casi di encefaliti,dove i pazienti vengono di stinti in tre gruppi:i pazienti immunocompetenti normali.Quelli che sono immunocompromessi per qualche motivo e 

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poi ci sono quelli che sono stati da qualche parte(dato anamnestico) a alto rischio di patologie.Per gli immunocompetenti ci sono i test più comuni:HSV‐1/2,VZV,enterrovirus parechoviirus,adenovirus,HHV‐6/7 e poi qualche altro test che il medico gli fa fare.per gli immunocompromessi gli stessi degli immunocompetenti più altri test per ricercare quelli che più facilmente possono infettare questi individui: CMV,EBV,HHV‐6/7,JC,LCMV,HIV.per quelli che sono stati fuori aggiungiamo quelli che appartengono a quel gruppo detto arbovirus.in più poliomielite,rabbia e west Nile. 

Per quanto riguarda gli ospiti immunocompronessi si fanno le stesse cose che si fanno in questo caso, in più si aggiungono una serie di altri virus che nell'ospite immunocompromesso per qualche motivo possono avere una maggiore facilità di penetrare nel sistema nervoso, tipo il citomegalovirus, il virus dell'herpes labiale, jersey virus, l'hiv che abbiamo detto prima che è importante. Nel caso in cui queste persone sono andate fuori e ci sta un'anamnesi che ti dice “Guarda devi provare”, si provano tutti quelli che appartengono a quel gruppo che viene in genere collettivamente chiamato “ARBOVIRUS” , che tra poco vediamo che significa. In più poliomelite, rabbia e west nile virus. Quindi questi qua sono dal punto di vista di PCR del liquor cefalo rachidiano . La stessa cosa può essere fatta mediante sierologia, e più o meno abbiamo gli stessi virus e in più, per esempio quello del morbillo, varicella, influenza etc. etc.. Allora se vi ricordate la lista di virus che vi ho fatto vedere prima, e anche quella diagnostica che abbiamo visto adesso, alcuni di questi virus li erano già nominati, ma la maggior parte no. Queste sono tre tabelle una appresso ad un'altra per dirvi che cosa, per dirvi che è vero che l'herpes, come dicevo prima, è uno dei principali, però ci sono una serie di virus, per esempio nella stessa schermaglia. Questa qua l'ho  presa dal sito che teneva tutti quanti i virus che colpiscono l'uomo. Io ho selezionato tutti quelli che diceva in questo punto qua della colonna ENCEFALITE fatale o encefalite, insomma è la stessa cosa, sempre di encefalite stiamo parlando, espressamente come malattia: cosa causa questo virus? Encefalite. C'è il primo, l'herpes simplex, cosa causa? L'herpes labiale, però non certamente come prima cosa avremmo trovato l'encefalite. E questi invece sono tutti virus che causano espressamente encefalite. La cosa che dovete notare , a parte cercare di ricordarvi qualche nome, io poi ve le do queste,  allora cercate di ricordarvi qualche nome, non è necessario saperli tutti, però avere un'idea di quali sono può essere utile. La cosa che però dovete vedere è a che famiglia appartengono, ad esempio rabdoviridae, reoviridae, bunyaviridae, vedete si ripetono, herpesviridae, in questo caso, questo non so se ve l'ho già raccontato, probabilmente l'anno scorso quando vi ho fatto lezione, che questo era quel virus che nella scimmia causa una mallattia simile al nostro herpes simplex, nell'uomo è encefalite fatale, anche in quel caso perchè in tutti i casi sono morti ed è un herpes virus delle scimmie. Ma quello che dovete notare è che rabdoviridae, bunyaviridae, togaviridae, vedete molti di questi si ripetono numerose volte. Se vediamo le altre due tabelle e poi torniamo a questa, rabdovirida, flaviviridae, vedete si ripetono  molto spesso perchè sono questa famiglie virali che sono quelle principalmente coinvolte. L'altra cosa che dovete notare è come si trasmettono; allora che c'è scritto nella trasmissione: c'è scritto zoonosi, un morso di animale, vi dice qualche animale vero? Lo dice anche qua, lo dice stesso il nome in questo caso, è il pipistrello. Poi vi dice zoonosi e vi dice un'altra parola: artropode, che sarebbe l'insetto, quindi questo virus, il Bannavirus, che è un Reoviridae, viene trasmesso da questo insetto. Quindi non sono tutti uguali, alcuni vengono trasmessi dal morso dell'animale, altri vengono trasmessi invece dall'insetto. C'è un intermediario, che è l'insetto. Perchè c'è un intermediario? Perchè questo sta anche nelle vacche, nei bovini, nei maiali, ok? Però la parola che è sempre riportata, se guardate questa colonna, è quella zoonosi, tranne in alcuni casi, che sono però pochi. La maggior parte di quelli che vedete c'è sempre scritto, per quello che mi ricordo, che questi sono dei virus zoonotici.  

Allora, che cosa cercavo di farvi capire con queste tabelle: 1) i virus dell'encefalite sono tantissimi, soprattutto quelli specificamente dell'encefalite non sono quelli che noi normalmente immaginiamo e che io vi ho detto, per esempio l'herpes simplex di tipo 1, che è il più comune dalle nostre parti, ma se noi 

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avessimo tutte queste bestie nelle condizioni adeguate ad avere tutti questi virus, noi avremmo tutte queste infezioni che di numero sono molto superiori e come varietà di infezioni. Contro questi virus chiaramente non c'è quasi per nessuno di loro nessun tipo di farmaco che viene utilizzato, quindi l'encefalite è una malattia curabile nel caso in cui noi abbiamo l'infezione da herpes simplex, difficilmente curabile se è uno di questi altri virus. L'altra cosa importante è, per esempio, troviamone uno particolare che non, questo qua sopra, no? Allora secondo voi, qualcuno in Italia tiene a disposizione materiale per diagnosticare se è un (OBOLAvirus?) o meno? E' molto difficile. Per buona parte di questi è possibile una diagnosi, per alcuni di questi invece non è ancora possibile. Perchè? Perchè non è richiesta. Tanto è vero che molte volte , a meno che non è chiaramente un'infezione erpetica e comunque anche post mortem si può vedere se è un'infezione erpetica, la diagnosi che viene fatta è di encefalite virale, punto. Cioè non viene specificata, il che non è proprio l'ideale, però funziona così. L'altra cosa importante che vi dicevo è che sono tutte zoonosi, quindi sono tutti virus che vengono trasmessi dall'animale. Allora che sono queste zoonosi? Le zoonosi sono delle malattie che vengono trasmesse da un eventuale animale e sono molto importanti perchè buona parte delle infezioni presenti attualmente derivano da qualche animale, la maggior parte di tutte quelle emergenti derivano da animali, per esempio sono talmente tante che voi non ci pensate, però sono la maggior parte, per esempio sto parlando proprio della cosa più banale che ci può venire in mente, l'influenza, quella che è emergente è per esempio l'influenza aviaria, si chiama così perchè deriva dagli uccelli. Quindi l'influenza aviaria è una zoonosi tale e quale alle altre, quindi la maggior parte delle infezioni del nostro organismo sono zoonotiche. Quindi anche quando vedrete sul libro, in realtà la maggior parte sono zoonotiche, anche perchè le altre non è necessariamente detto che debba essere il morso dell'animale, ma ci sono gli insetti, come avete visto, così come c'è il contatto. Ci sono una serie di patologie che vengono anche semplicemente stando a contatto con gli animali, così come ci sono altre patologie che vengono consumando prodotti che sono o contaminati dall'animale, o che è l'animale stesso che è infetto di qualche cosa, quindi noi possiamo prendere queste malattie con tutte le modalità di trasmissione che noi conosciamo e che derivano molto spesso da un'infezione di un animale. Quindi è importante collegare queste cose, cioè il vostro compito oggi è quello di collegare questi concetti che avete sentito fino ad adesso, nel contesto dell'infezione zoonotica, che come vedete quelle del sistema nervoso, anche quelle che abbiamo visto l'altro giorno, la maggior parte erano comunque infezioni zoonotiche, anche se non ne abbiamo parlato. Quindi tutte le infezioni di cui parliamo spesso hanno questa caratteristica. Per esempio queste sono tutte le malattie presenti emergenti dal 1980 più o meno ai nostri giorni, e la maggior parte di queste malattie come vedete, sono malattie zoonotiche. A partire dall'HTLV, moltissimi anni fa, è un retrovirus ed è quello che ci fu tutta la storia se era o meno l'hiv etc. etc., non so se ve lo ricordate questo fatto. Dopodichè dopo pochi anni ci sarebbe stato anche il virus segnato qua, ma vedete che ci sono una serie di microrganismi che voi oggi considerate comuni, normali, appunto l'hiv, potrebbe essere l'helicobacter pylori, così come potrebbero essere altri che si sono aggiunti per esempio questa è la BSE, come patologia sarebbe l'encefalite spongiforme bovina.Noi l' Abbiamo scoperto in Italia intorno al 2000 però nel resto del mondo c'era un po' prima. Escherichia coli particolari, particolarmente virulente, così come il virus dell'epatite E, l'herpes virus di tipo 6, vedete ci sono una seire di patogeni batterici, virali comuni o altro che man mano sono stati identificati, cose che sono anche abbastanza ovvie e che voi sapete e ritenete ovvie. Dopodichè abbiamo tutti questi virus particolari che sono tenuti fondamentalmente nel gruppo degli altri virus , come lentavirus, il listavirus del pipistrello (e altri nomi improbabili che non riesco a sbobbinare), fino ad arrivare per esempio all'influenza H1N1 di tipo A che sarebbe l'influenza suina del 2009. Sopra c'è l'esempio della SARS, non so se vi ricordate, è un altro virus. L'H5N1 che è quella di origine aviaria, quella che si trova negli uccelli. Che altro c'è di interessante, il “sin nombre virus”, sarebbe il “virus senza nome”, fino ad arrivare a quelli più recenti che sono per esempio, questo virus il NESCoV(non sono sicura dica così, ma non ho trovato nulla) che sarebbe il nuovo 

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coronavirus. Quindi ci sono virus che vengono continuamente evidenziati. E queste fanno parte di quelle che noi chiamiamo patologie emergenti e si intersecano molto profondamente con le encefaliti di origine virale e nel contesto di quello che ho detto un attimo fa delle zoonosi, molti di questi si trasmettono così. Quindi tutti i virus emergenti, o riemergenti in alcuni casi, sono comunque zoonotici. E qui c'è una bella lista di zoonosi, quelle che noi consideriamo più facilmente e  quelle che voi considerate più comunemente zoonotiche perchè vengono portate direttamente dall'animale e non ci pensate che il contatto avviene diversamente, per esempio la brucellosi, è una zoonosi, così come la criptococcosi. L'influenza aviaria che vi ho detto un attimo fa, è una zoonosi, per esempio un altro interessante è il monkeypoxvirus, che causa una malattia simile a quella che si manifesta nell'uomo con il pox virus umano, ma che ha una serie di casi che si sono sviluppati nell'uomo, per il momento è  meno dannoso, diciamo così. La rabbia la associate facilmente ad una zoonosi. E ci sono le ultime due tabelle e abbiamo finito, nelle quali vi seleziona tutti i principali, i più comuni agenti zoonotici, nelle tabelle precedenti, per esempio, per quanto riguarda il virus delle febbri emorragiche, per esempio, ve li mette tutti insieme in una sola linea. Quelli delle encefaliti ne mette qualcuno sparso, fondamentalmente ve li ripete tutti, quindi ci mancano quasi tutti della tabella che abbiamo messo prima. (?) Quindi sono quelli più comuni o ricapitolati. E che cosa dovete vedere qua dentro? Chiaramente qua dentro quello che è interessante  se ve la mettete a guardare e ve la studiate, è possibile che ricordate qualche cosa, è fondamentalmente qual è  (?) e qual è la via di trasmissione all'uomo. Un'altra cosa che non so se ci avete fatto caso, in questa ultima parte della lezione, non vi ho nominato il mezzo diagnostico, per quale motivo? No no, esistono anche, ma il problema è che è ognuno singolarmente, non sono facili da mettere insieme.  

 

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Sbob  med lab lez Catalanotti 30 /04 

Le enteriti sono  le  infezioni che  riguardano  l’apparato gastrointestinale. Clinicamente sono caratterizzate dalla emissione di  feci diarroiche, più di  tre scariche al giorno altrimenti non è diarrea accompagnate da vomito o altre manifestazioni. Le enteriti sono dovute generalmente da infezioni di tipo batterico ma anche altre  che  colpiscono  gli  animali,  quindi  si  chiamano  zoonosi, ma  queste  zoonosi  colpiscono  l  ‘uomo  nel momento  in  cui  questo  ingerisce  alimenti  contaminati  compresa  L’acqua  contaminata  da  feci  queste infezioni possono essere banali, disturbo intestinale che dura una giornata, o patologie molto gravi. 

Vediamo l eziologia della diarrea: 

la  diarrea  presenta  un’eziologia mista,  o meglio  non  è mista ma  eziologia  da  parte  di  qualsiasi  tipo  di microrganismo da parte di batteri, miceti, parassiti. 

Le  enteriti  sono dovute  a  campylobacter  salmonella  lysteria  ed  escherichia  coli  l’ordine nn  è  casuale  lo vedremo avanti tra qualche diapositiva  le  infezioni coliche. Le  infezioni micotiche sono dovute a funghi  in soggetti compromessi prevalentemente ad opera di candida abbiamo  le parassitosi intestinali dovuti ad un numero  elevato  di microrganismi,  parassiti,  farò  solo  qualche  accenno  a  queste  infezioni  in  alcuni  casi infestazioni  ( qual è  la differenza  tra  infezioni e  infestazioni? L  infezione è  legata ad agenti unicellulari  le infestazioni ad agenti pluricellulari). 

le infezioni nelle diarree virali sono dovute ad rotavirus e adenovirus. 

Vediamo  la  patogenesi  delle  infezioni  perché  si  instaura  una  diarrea  batterica?  Perché?  Che  succede? Trattandosi di enteriti di origine alimentare  il soggetto  ingerisce alimenti o acqua contaminata o carni di animali  infetti,  questi  microrganismi  raggiungono  lo  stomaco,  nello  stomaco  normalmente  succede qualcosa: i microrganismi muoino perché c’è un ambiente acido allora la condizione essenziale è che questi microrganismi raggiungono lo stomaco in una carica batterica tale da prevalere sulla difesa dell’organismo in modo da provocare  lo  spostamento della bilancia  a  favore del potere di  infezione.  La  gran parte dei batteri  viene uccisa ma  statisticamente  c’è   qualcuno  che    riesce  a  sopravvivere  e  raggiungere  i  tessuti sottostanti, ma comunque devono soprattutto sopravvivere tanti da giustificare la loro azione patogena un solo batterio non è sufficiente. Avete visto l’elenco io vi ho citato prevalentemente ma non esclusivamente gram  negativi  quindi  tanti  gram  negativi,  tanti  bacilli  in  grado  di  produrre  tossine  ma  soprattutto  di produrre per esempio  l  ‘endotossina, non è sufficiente un solo batterio per  fare dannoma c’è bisogno di una certa quantità elaborata da un sufficiente numero di batteri, questi batteri devono superare la barriera gastrica e colonizzare  l’ambiente  intestinale. C’è una duplice possibilità: alcuni batteri  indipendentemente che  sono  gram  negativi  e  dalla  produzione  dell’endotossina,  tutti  i  tipi  di  batteri  producono  delle enterotossine oppure  inducono  indirettamente un danneggiamento della superficie assorbente per cui  si ha  l emissione di  feci  liquide,  si chiama questa diarrea acquosa. Sono delle enterotossine  che definiamo citotoniche,perché agiscono sul tono quindi sull’assorbimente e quindi sull emissione di feci  lquide alcuni batterri però sono in grado di produrre invece dellle enterotossine citotossiche o citotossine oppure sono in grado di penetrare nel tessuti sottostanti e determinare una diarrea infiammatoria. In uno stesso batterio possono coesistere i due sistemi oppure generalmente o uno o l’altro sistema, nel caso dei virus nn ho un meccanismo citotossico ma è sempre un meccanismo citotonico per via enzimatica. 

In realtà abbiamo due meccanismi patogenici: un meccanismo non  infiammatorio tipico dei virus e alcuni batteri  i quali ultimi agiscono con enterotossine citotoniche e poi un meccanismo  infiammatorio tipico di alcuni batteri non …… che grazie ad alcune tossine 

Come  riconosciamo una diarrea acquosa da una  infiammatoria macroscopicamente vediamo muco   nella diarrea  infiammatoria  a microscopio  sarà  evidente  la  presenza  di  cellule  infiammatoria  ovviamente  ci saranno dei granulociti 

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Come  riconosciamo  una  diarrea  acquosa  da  una  infiammatoria? Macroscopicamente  ci  può  essere  la presenza di muco,talvolta la presenza di sangue.Nella diarrea infiammatoria al microscopio soprattutto sarà evidente  la presenza delle  cellule  infiammatorie dove ovviamente  ci  saranno dei  granulociti è questa  la differenza  fondamentale  tra  i due  tipi di diarree. All’esame microscopico vedete questo  :nei soggetti con feci  normali  abbiamo  delle  cellule  epiteliali  che  possono  però  alterarsi  nelle  enteriti,gli  eritrociti  sono assenti nelle  feci normali  compaiono  se  c’è una  rettorragia ma  compaiono  anche  nelle  feci  con  diarrea infiammatorie.  I  leucociti  sono  assenti  nelle  feci  normali  ma  abbondano  nelle  feci  infiammatorie. Descriviamo le diverse sindromi: Campylobacteriosi è  la piu frequente.  EFSA è  l’Acronimo di European Food Safety Authority CIOè L’AGENZIA DELLA SICUREZZA DEGLI ALIMENTI HA SEDE A PARMA E ATTUALMENTE HA LA FUNZIONE DI RACCOGLIERE  I DATI DAGLI STATI POI TOCCA A NOI  LA  STATISTICA  DELLE  INFEZIONI,  casi  di  campylobacteriosi  sono  al  primo  posto  anche  se  per l’attenzione che si è posta a questi studi in effetti i casi di campylobacteriosi nel 2012 sono diminuiti resta comunque  la malattia  più  frequente.  La  visione  passiva  interessa  in  particolar modo  la  salmonellosi  e vedremo che la salmonellosi è stata tempo oggi di attenzione anche degli igienisti e dei microbiologi per cui i controlli sono aumentati tanto da far diminuire i casi di salmonellosi naturalmente c’è una controcorrente di  listeria  infatti   è stato dimostrato un aumento di casi di  listeriosi vedete sono  tanti  in unione europea 320mila casi. Cominciamo a ricordare campylobacter l’esame di microbiologia clinica nel corso intergato di medicina  di  laboratio  non  è  il  doppione  di microbiologia  quindi  a  nessuno  verrà  fatta  la  domanda  di campylobacter ma verrà fatto la domanda di campylobayteriosi.. però dobbiamo ricordare che è un bacillo molto  piccolo    questo  è  importante  questo  elemento  vi  sarà molto  utile  per  comprendere  poi  alcuni problemi diagnostici sulla campylobacteriosi sono pleomorfi un'altra cosa importante è che le forme cocco o  cocco  bacillari  sono  difficilmente  coltivabili  così  come  sono  difficilmente  coltivabili  se  sono  tenuti  in aerobiosi, devono essere quindi nelle forme giovani e devono essere bacillarima , ma per l’aspetto bacillare è  legato a condizioni ambientali, si tratta di batteri vivacemente mobili per uno o due flagelli è un bacillo gram  negativo  ma  non  viene  assolutamente  praticato  l’esame  microscopico  per  la  diagnosi  di campylobacteriosi perché non avrebbe senso,  le cose che riusciremo a vedere sono batteri  intensamente mobili ma  tutte  le enterobatteriaceae   come sapete sono  in gran parte mobili quindi non è un elemento valido dunque  come eccezione  alla  regola del protocollo diagnostico nell’  esame delle  feci  ,è un esame batteriologico non è un esame parassitoscopico e  invece è prettamente esclusivamente microscopico,  In batteriologia  un  esame microscopico  delle  feci  non  ha  senso.Il  professore  galdiero  vi  avrà  sicuramente spiegato l’  importanza dell’esame batteriologico, chiaramente è microscopico che  in alcuni casi ci da degli elementi utili ai  fine delle  terapia preliminare per esempio sapere se è un gran positivo mentre  in alcuni casi  per  esempio  nella meningite  certamente  l’esame microscopico  della  cerebrospinale  è  importante  perché ci consente di riconoscere subito nesserie mengitidis, lo stesso vale per  gonorrea. Dunque l'esame microscopico  e  l'esame  colturale delle  feci per  sospetto di  enterite batterica non ha  senso  e non  viene fatto.  Si  tratta  di  microrganismi  ossidasi  e  catalasi  positivi  hanno  scarsissima  anzi  nn  hanno  attività biossidative nei confronti dei carboidrati sono microaerofile alcune specie sono termofile, mi sono limitato a questi aspetti del metabolismo perchè sono utili per la diagnosi. Esistono diverse specie di campylobacter  tra  cui  campylobacter  jejuni  sottospecie  jejuni  e  coli  e  campylobacter  coli  e  anche  campylobacter  lari. campylobacter jejuni sub jejuni è responsabile di una tipica zoonosi perchè il serbatoio è rappresentato dal pollame e carne suina carne di coniglio, che rientrano in una normale alimentazione. se queste carni sono infette si contrae gastroenterite a parte altre sintomi.  Campylobacter  COLi è anche esso responsabile di una zoonosi anche in questo caso gastroenterite o di una enterite. La differenza è che    l’enterite ha  localizzazione  tipicamente  intestinale. Queste specie patogene per l’uomo sono termo tolleranti cioè resistono ad una temperatura di coltivazione di 42 gradi a differenza di  altri  specie  che  non  tollerano  questa  temperatura  e  devono  essere  coltivati  ad  una  temperatura esclusivamente di 37 gradi. Questa diapositiva dimostra  il numero di casi campylbacteriosi salmonellosi e shigella negli USA. Questa  infezione colpisce    in america circa   2 milioni di soggetti ogni anno  il registro è obbligatorio dal 1982 e piu frequente in america rispetto alla salmonellosi in età media trai 10 e i 29 anni. In italia  un  registro  vero  e  proprio  non  è mai  esisto  fino  a  poco  tempo  fa  c’erano  degli  studi  parziali    A PERUGIA A BERGAMO SI TRATTA DI STUDI che dimostra CHE LA SALMONELLosi rimaneva la piu frequente 

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delle  infezioni  fino  agli  anni  2000  poi  con    camPYlobacteriosi    incominciò  ad  apparire  con  maggiore frequenza. Vedete questa tabella che si riferisce agli studi epidemiologici globali di tutta l’unione europea i casi di campylobacteriosi sono   200 mila casi mentre quelli di salmonellosi   sono 150 mila casi  . Quindi  la camPYlobacteriosi ha superato la salmonellosi . Protocollo diagnostico di campylobacter QUAL è  IL SENSO DI QUESTA DISCIPLINA CHE STATE STUDIANDO? NON è UN RIPETIZIONE DELL’ESAME DI MICROBIOLOGIA  MA  METTE  IN  CONDIZIONI  DI  POTER  UTILIZZARE  I  DATI  DI  LABORATORIO.  IL LABORATORIO DEVE CONFERMARE DETERMINATE DIAGNOSI E CHIARIRE L’ETIOLOGIA . DOVETE SAPERE IN QUALI  CASI  CHIEDERE  LE  INDAGINI,QUALI  IDAGINI  CHIEDERE    E  COSA  VI  DEVE  FORNIRE  UN  BUON LABORATORIO DI MICROBIOLOGIA . Nelle colture vecchie o nei vecchi materiali in cui il batterio è in aerobiosi non si sviluppa allora è chiaro che per un buon campionamento  deve farlo su feci liquide O comunque FECI non formate E CON UN’ enterite in atto cioè i batteri devono essere in forma bacillare e non in forma coccoide o in forma cocco bacillare . Il batterio può essere ricercato anche in feci NON FORMATE con enterite pregressa MA HA SENSO SOLO IN INDAGINI  epidemiologiche o eventualmente nelle indagini preparto in gravidanza. Feci anche non formate in  un’enterite  pregressa  in  un  soggetto  che  ha  avuto  un’enterite  una  settimana  prima  RITROVIAMO DIFFICILMENTE QUESTO BATTERIO. L’esame macroscopico consiste in un’osservanza delle feci diarroche possono essere sanguinolente perché campyilobacter ha la capicità di invadere i tessuti .l’esame microscopico non ha senso.  L’esame colturale e identificazione: per fare l’esame colturale o identifizione dobbiamo ricordare che le feci vanno arricchite (arricchimento selettivo di tipo fisico) CAMPYLOBACTER è GRANDE 0.2 μm COLI è GRANDE 0.5 μm.  POICHE  LE  FECI  SONO NORMALMENTE CONTAMINATE   DA COLI  SE UTILIZZO UN  FILTRO CON POROSITà 0.45 E FILTRO LE FECI SU QUESTA MEMBRANA DI ACETATO DI CELLULOSA dopo 45 minuti    in aerobiosi si omogeneizzano le feci si adagia SU UNA PIASTRA DI AGAR IN TERRENEO SELLETTIVO. COLI RESTA BLOCCATO SULLA MEMBRANA MENTRE CAMPYLOBACTER SE C’è è MOLTO PICCOLO per giunta è estremamente veloce E ATTRAVERSA LA MEMBRANA. Poi incubiamo la piastra a 37gradi in microaerofilia per 24 48 ore. Nelle specie patogene potremmo usare temperature di 42 gradi come ulteriore elemento selettivo. Andiamo ad osservare la piastra vediamo se si sono sviluppati i batteri, se non si sono sviluppati i batteri reincubiamo tenete presente che questo batterio si sviluppa su terreni dei quali parleremo è una coltura pura perchè gli altri batteri nn sono riusciti a passare la temperatura di incubazione è di 37 42 gradi, noi abbiamo fatto un arricchimento fisico con membrana ma naturalmente potrebbe anche passare qualche altro batterio allora non ci accontentiamo dell’ arricchimento fisico ma utilizziamo un terreno selettivo con antibiotici è un terreno molto ricco perchè vedete che alcuni terreni sono al carbone però vi sono anche terreni al sangue. gli antibiotici inibiscono lo sviluppo di contaminanti. a questo punto abbiamo ottenuto una coltura pura dopo arricchimento e coltura selettiva richiedono temperatura di 37 gradi ma anche 42 abbiamo detto microaerofilia dopo di che noi andiamo ad identificare: aspetto delle colonie, facciamo l esame microscopico andiamo a vedere l aspetto di questi batteri: spirilli gram negativi catalasi ed ossidasi positivi e facciamo la nostra tipizzazione, possiamo anche chiedere un antibiogramma che deve essere limitato naturalmente agli antibiotici che sono efficaci per il batterio è inutile che richiediamo 50.000 antibiotici che non servono a niente. è possibile anche una diagnosi diretta. allora diciamo che per fare l esame colturale noi mandiamo un tamponcino in terreni di coltura idonei. Faremmo fare utilizzare un tampone per salmonella e shigella e un tampone per campylobacter, tampone rettale. l esame colturale avete visto è molto complesso esiste una possibilità di una diagnostica diretta rapida, la diagnosi diretta tende ad diagnosticare l agente eziologico ricercando l antigene in quella indiretta l anticorpo, nell’ ambito della diagnosi diretto c'è l'esame microscopico ma abbiamo detto che non ci interessa molto non abbiamo nessun elemento per dire che c'è quel batterio poi c'è l esame colturale di quale abbiamo parlato poi abbiamo la possibilità di diagnostica diretta rapida andando a ricercare direttamente nel materiale patologico gli antigeni batterici che non sempre si può fare ma che nel caso di campylobacterosi noi 

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abbiamo la possibilità di diagnosticare campylobacter oltre che con l esame colturale anche con un test molto semplice che in due minuti 45 07 

 immunocromatografia:tecnica cromatografica antigene anticorpo si utilizza una striscetta dii nitrocellulosa su cui si mettono anticorpi anti campilobacter poi immersa in una sospensone di feci in modo tale che l'eventuale ag presente nelle feci migri sulla striscetta  e quando incontra l'anticorpo formi un precipitato. 

Ricordare quindi che  

1)se dobbiamo fare un esame colturale(indiretto) faremo un tampone fecale da mandare in laboratorio con l'adeguato terreno di trasporto 

2)se invece dobbiamo fare un esame diretto dobbiamo mandare una piccola quantità di feci 

SALMONELLA 

famiglia delle Enterobacteriacae ;bacilli Gram‐ , mobili sono al secondo posto come causa di enteriti.  

si differenziano dalle altre della famiglia per avere poche attività enzimatiche (consiglio di riguardare lo schema sul libro La Placa di tutti) si differenziano dalle pseudoenterobacteriacee che non utilizzano glucosio e producono citocromo ossidasi l'inverso dicasi per le S. 

  Si conoscono 2500 sierotipi di S.in effetti la specie è unica ed è Salmonella Enterica suddivisa in6 sottospecie. quella dannosa per l'uomo è Salmonella enterica subspecie Enterica per le quali esistono circa 1500 sierotipi. 

come si dividono queste salmonelle? su base antigenica secondo il classico schema di Kauffmann white tenendo presenti i 3 antgeni caratteristici delle Enterobacteriacee: 

antigene O somatico 67 tipi 

antigene H ciliare in tutti tranne in quelli di polli e galline 

antigene V di virulenza  

sulla base dell'ag O suddividiamo le S in gruppi, esistono 67 tipi diversi con ag somatico diverso, quindii per es per l gruppo A avremo ag somatico 2,12 per il gruppo B invece 4, 5,12 per il gruppo C 6,7 ma anche 8 per il gruppo D 9 e via dicendo.    teniamo presente che in ogni gruppo ce ne sarà più di una S. perchè se le salm sono circa 1500 e i sierotpi  O 67, in ogni gruppo ce ne sarà più di una. a questo punto la discriminazione si fa in base all'antigene H. per es per il gruppo B che contiene S.paratyphi B e S.typhimurium che condividono lo stesso ag O (4,5,12), l'ag H sarà b per paratyphi B e i per tiphymurium. per fini pratici a noi non interesserà sapere tutto questo, ci basta sapere che è una S. B quindi e patogena, ci interessa tutto questo  per fini epidemiologici.Importante però ricordare che in ogni gruppo  comunque ce ne sono diverse.       

da patogeno ha delle isole di patogenicità adesine, invasine, lps  

forme cliniche: 

da una banale enterite fino a forme gravi che possono portare a setticemia; oltre ad una forma sintomatica poi si puo' avere la più subdola asintomatica che è più grave e permette la conservazione della specie.  

gastroenterocoliti        

tipologia più banale legata a serovar presenti nei cibi ed è banale. 

più grave invece puo' essere la febbre tifoide e paratifi dalle rispettive S.  

ciclo: ingestione batteri‐stomaco‐ intestino‐linfa‐circolo (BATTERIEMA) 

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sintomi nella prima settimana:(tifo addominale)stato stuporoso, malessere generale    

nella seconda settimana i batteri che erano in circolo tornano al tenue,raggiungono anche milza fegato e si moltiplicano, si concentrano nella cstifellea e seguendo il percorso del la bile  vengono poi eliminati con le feci. 

settimane successive:complicanze. Quando il batterio torna la 2 volta nell'intestino trova delle Placche Di payer già sensiblizzate e quindi determinare delle caratteristiche manifestazioni che sono le roseole tifose                           

serbatoi di infezione:è una zoonosi  da polli e prevede una trasmissione orizzontale tra polli. 

 La trasmissione trasversale avviene da pollo a pollo, tramite le uova del pulcino e dalla gallina può andare in senso reversibile ad un animale strisciante e a un topo. Ma non solo, può essere trasmessa tramite acqua e alimenti contaminati come il basilico (lo dico perché ora si avvicina la stagione del basilico), la frutta, la verdura, ma l’alimento sicuramente più pericoloso risulta essere le uova che possono essere infette, anche le carcasse e la carne del pollame. Tutto questo ha portato alla contaminazione dell’uomo, per cattive abitudini igieniche, per conservazione in ambienti contaminati, soprattutto nel frigorifero, è infatti più sicura la conservazione in frigoriferi di aziende alimentari piuttosto che nel frigo di casa, perché i primi vengono controllati continuamente, quello di casa mai se non (..non si capisce bene..). Passiamo ora alla diagnosi clinica, esiste una diagnosi batteriologica diretta, ma non l’esame al microscopio per ovvi motivi. Invece l’esame colturale si fa con un tampone fecale, che deve essere diverso dal tampone per gli altri batteri infatti bisogna richiedere quello per la ricerca di Salmonella e Shigella. La diagnosi deve essere azionata (?), deve essere cioè tempistica, non si possono richiedere tutte le analisi di Salmonellosi senza trovare il tempo presunto della malattia. Nella prima settimana l’unico modo per verificare una Salmonellosi è fare una emocoltura, cioè una ricerca della Salmonella nel sangue. <Uno studente chiede la differenza tra il campione di feci e il tampone di feci: il campione è rappresentato da un “vasetto” dove si conservano le feci, mentre il tampone è preparato con un gel particolare per la conservazione dei batteri. Quando facciamo un prelievo dobbiamo tenere conto di quale agente eziologico cerchiamo così da usare un terreno specifico, per esempio per le vie aeree se devi cercare lo streptococco usi il terreno di Stuart, se devi cercare nelle feci un enterobatterio ecc.. utilizzi il terreno di Amies, se devi cercare il Campylobacter usi il terreno ..(il nome non si capisce) per Campylobacter. Il vasetto è un’altra cosa, non ha conservanti, se devi fare la ricerca dell’antigene puoi usare un campione di feci (cioè il “vasetto”) pure se è più vecchio perché tanto  l’antigene rimane là, se però devi cercare una cellula batterica allora hai bisogno di un conservante e quindi utilizzi il tampone.> Nella seconda settimana comincia la scomparsa della batteriemia, prendiamo quindi un tampone di feci e facciamo una coprocoltura, nel frattempo dopo 14 giorni che il batterio è entrato in circolo ed è entrato in contatto con l’organismo che cosa succede? Si sono sviluppati gli anticorpi, quindi facciamo una ricerca degli anticorpi, dunque una ricerca anche indiretta. (Fa vedere una slide sul tampone) Ecco, lo mettiamo in coltura nel terreno di Amies con arricchimento in brodo di selenite che abbiamo già accennato con Campylobacter, dove però facevamo un arricchimento anche di tipo fisico, mentre qui ne faremo solo uno di tipo chimico. Dopo di che lo mettiamo a coltivare su terreni selettivi, ma non mi dilungherò troppo su questi terreni perché a voi serve solo capire il concetto di arricchimento. Dopo i terreni si fanno le prove biochimiche per individuare il ceppo che si è sviluppato. A partire dalla seconda settimana possiamo fare, abbiamo detto, possiamo fare diagnosi indiretta, cioè la ricerca di anticorpi. Come si ricercano gli anticorpi? Con una tecnica di agglutinazione. Perché? Perché l’antigene  che noi andiamo a cercare è localizzato su di una cellula batterica , allora noi facciamo la tecnica di agglutinazione perché gli anticorpi pervenuti nel siero del paziente andranno ad agglutinare le cellule contenenti questi antigeni specifici e quindi vanno ad agglutinare le cellule, e di conseguenza la 

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sospensione batterica che aspetto fisico ha? All’inizio è torbida, quando ci metto il siero contenente gli anticorpi si formano dei complessi che sedimentano sul fondo e il liquido che colore avrà? Limpido! Quindi c’è la chiarificazione della sospensione batterica.  Allora andate al microscopio e potete notare una opalescenza uniforme quando il test è negativo, quando vedete che il liquido è limpido vuol dire che il test è positivo perché gli anticorpi hanno agglutinato gli antigeni. Con questo test noi andiamo a saggiare nel siero del paziente anticorpi diretti contro antigeni gruppo‐specifici, quindi vediamo se ci sono anticorpi diretti contro Salmonella del gruppo A, se ci sono anticorpi conto Salmonella del gruppo B e quindi Salmonella Paratyphi B e poi contro gruppo B del Tifo. La positività, per esempio dire “io ho anticorpi contro Salmonella Paratyphi B”, non significa dire che il paziente ha Salmonellosi da Paratyphi di tipo B, sono stato chiaro? Mentre quando andiamo a fare l’esame colturale noi diremo che ha una Salmonellosi di tipo B perché abbiamo trovato l’antigene per quell’anticorpo. Noi saggiamo sia anticorpi diretti conto antigeni somatici sia quelli diretti contro antigeni ciliari, perché? Perché gli antigeni somatici sono i primi a comparire e di conseguenza i primi anticorpi sono gli anticorpi anti‐somatici, gli anticorpi contro gli antigeni ciliari compaiono per ultimi e scompaiono per ultimi. Allora ci sono le seguenti possibilità: 

1‐ La presenza di soli anticorpi contro l’antigene somatico significa che l’infezione è allo stato iniziale 2‐ La presenza di soli anticorpi contro l’antigene ciliare significa che l’infezione è pregressa, che il 

paziente è guarito o è stato vaccinato 3‐ La presenza di anticorpi sia contro gli antigeni somatici, sia contro quelli ciliari H significa che il 

paziente ha un’infezione in atto 4‐ L’assenza di anticorpi significa che il paziente non è mai venuto a contatto con quell’antigene. 

Il monitoraggio degli anticorpi è molto utile per stabilire la guarigione del paziente. Il numero di casi di Salmonellosi si è drasticamente ridotto negli ultimi anni per l’introduzione dell’EFSA (ente americano..) che ha il compito di coordinare i vari istituti di sanità e di controllare (non si capisce). Sono stati elaborati dei protocolli per il controllo alimentare, per esempio delle carni e delle uova perché bisogna assicurarsi che in un certo numero di anni venga azzerata la Salmonellosi o limitata al massimo la presenzi di Salmolla Typhi di tipo 1 nelle uova e nelle carni. Quindi questi protocolli servono per la ricerca della Salmonella nelle carni e nelle uova ed è stato messo appunto anche un regolamento per la ricerca della Salmonella negli escrementi degli animali negli allevamenti, tutti gli allevamenti di galline o polli devono essere controllati ogni 16 settimane con la ricerca di Salmonella nel guano e nelle polveri; se per caso è presente la Salmonella, gli animali devono essere eliminati. Gli antibiotici (non si capisce). Questa politica sanitaria ha dunque portato l’abbassamento dei casi di Salmonellosi. 

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Med lab lezione 06/05/14 CATALANOTTI 

(riascoltate le registrazioni laddove segnaliamo i min perché è veramente arabo)

Parleremo oggi di un altro batterio, di INFEZIONI sostenute da un altro batterio E.coli, come ho detto altre volte, anche se si tratta di un batterio che vive nell’intestino può essere responsabile di infezioni.

Ho dato per scontato che sapeste cosa significa OPPORTUNISMO e PATOGENICITà CONDIZIONATA

spieghiamo cosa si intende per opportunismo tra le varie relazioni di simbiosi cioè di rapporti tra l’organismo ospite ed il batterio si istaura una condizione di opportunismo o di patogenicità condizionata, significa che alcuni microrganismi, non soltanto batteri ma anche miceti ad es , (?? Non so se dica:” candida prevalentemente”??), che normalmente vivono da saprofiti in un determinato distretto, nel caso di E.coli nel gastrico, si chiama coli proprio perché vive nel colon prevalentemente, e lì ha una funzione importante ovvero insieme alla restante popolazione batterica determina la produzione di vitamine; tuttavia può succedere che in determinate condizioni questo batterio acquisisca caratteri di patogenicità, questo può succedere ad es, o per l’ acquisizione di particolari acquisizioni di patogenicità oppure perché cambia sede naturale, lo stesso coli può determinare infezioni nelle vie urinarie , oppure per alcuni streptococchi orali , i quali possono essere patogeni in seguito ad un abuso di saccarosio ad es.,possono procurare la carie dentale, in altri casi nel soggetto che ha delle immunodeficienze alcuni batteri normalmente innocui acquisiscono caratteri di patogenicità, determinando una condizione di opportunismo o patogenicità condizionata.

E.coli è un baccillo gram neg mobile , (caratteristico 7.33) che caratterizza la flora intestinale o meglio la popolazione batterica intestinale. La normale popolazione intestinale colonizza l’intestino sin da subito, infatti nel neaonato già troviamo proprio E.coli. La nicchia intestinale preferita è la mucosa del colon per la capacità che ha questo tessuto di utilizzare il gluconato o per meglio dire tale distretto è ricco di gluconato che E.coli riesce ad utilizzare più facilmente rispetto ad altri batteri e pertanto lo colonizza di più, prevalendo su altri batteri che non hanno la stessa capacità.

Si tratta di un batterio della famiglia delle …entero….. e come tali hanno un antigene somatico nell’( LPS NON LO SO 9.17 …), hanno antigeni (.. ciliati ) che sono mobili, per cui vengono classificati secondo lo schema di (…NOME 1 e White/Wright 2 nomi degli scienziati), che abbiamo visto l’altra volta per la classificazione delle salmonelle, che si basa sulla classificazione in base agli antigeni somatici; per cui in base agli antigeni somatici, agli antigeni ciliati e talvolta agli antigeni CAP ( CAPELLARI) vengono distinti …

questi ceppi se sono commensali raramente inducono malattia ma possono rappresentare anche patogeni nel distretto in cui vivono

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Distinguiamo ceppi occasionalmente convenzionalmente patogeni

• del tratto GI come : ENTEROTIPI O ENTEROPATOGENI

• delle vie urinarie come: UROTIPI

• del SN di cui vi ha già parlato la scorsa volta il professore D’Addio MENINGOTIPI di E.coli soprattutto nei bambini.

L’evoluzione di E.COLI da organismo commensale a patogeno avviene per acquisizione di isole di patogenicità, per trasformazione genetica che consiste nella sostituzione di un frammento di DNA deleto con ll’inserzione di un frammento di DNA di dimensioni (…nn so maggiori??) oppure con l’inserzione di un buon frammento di DNA che cod per caratteri di patogenicità.

……….Isole di patogenicità che determinano dissenteria oppure diarrea oppure sindromi di enteroemorragia

Questi tratti di inserzioni di nuovi frammenti determinano che questi ceppi patogeni sono più pesanti dei ceppi commensali questi ultimi pesano 4milioni e 600mila paia di basi , i ceppi enteroemorragici pesano 5milioni.. r

E gli uro patogeni pesano circa…

Dunque abbiamo ceppi enteropatogeni ceppi uro patogeni(,,,da 13.23 in poi) gli uro patogeni di E.coli e ceppi di meningopatogeni.

I ceppi enteropatogeni si distinguono a loro volta in 6 tipi, di cui i piu’ importanti

Ceppi enteropatogeni

Ceppi enteroemorragici

Ceppi enterotossinogeni 14.04

A quali isole di patogenicità devono le loro caratteristiche?

Si tratta prevalentemente di adesione (14.55 delle sostanze ) che consentono il legame del batterio con la mucosa. Queste adesine sono prevalentemente da definire 15.08

L’ aderenza di questi batteri si può manifestare in vari modi, può essere un’aderenza locale,un’ aderenza appena appena espressa, un’ aderenza assidua,un’aderenza focale, fino ad arrivare ad una massiva aderenza.

PATOGENESI

perché questi batteri ( 15.45…. )ricordate la volta scorsa abbiamo parlato dei meccanismi fondamentali di patogenicità, come patogenicità del meccanismo (…)infiammatorio dovuto a enterotossine a citotossi(..), ed invece una condizione di patogenicità, di diarrea infiammatoria caratterizzata da aciclotossine enterotossiche, cioè ciTotossine tossiche.

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Vedete (nn lo so gli ETEK/ENTEK), che sono gli enterotossinogeni, sono in grado di attaccare il batterio, aderire e poi rilasciano le due tossine che producono (16.57…)

Gli enteroemorraggici agiscono con un meccanismo più complesso, si attaccano intimamente alla mucosa cioè scusate alla parte (superficiale)??? della cellula, determinano un’alterazione del microvillo , ma soprattutto rilasciano la tossina simile a quella del (…17.23)

Poi abbiamo gli enteroaggreganti che oltre a determinare una aderenza diffusa sulla superficie, liberano una tossina citotossica diarrea-infiammatoria

I diffusamente aderenti agiscono come i precedenti a differenza dei quali però non rilasciano la citotossina della diarrea tipo(…18.10?)

Abbiamo poi gli (?…18.15etek)enteropatogeni, che aderiscono alle cellule e determinano un meccanismo particolare, diarree (pro)infiammatorie e poi abbiamo gli (enteroinvasivi?) che normalmente penetrano nelle nicchie all’interno e poi vengono rilasciati dalla cellula per un processo di esocitosi.

-Dei ceppi che abbiamo elencato parleremo essenzialmente degli ETEK (..18.53)

• Gli ETEK sono i ceppi storicamente conosciuti per primi, sono ceppi enteropatogeni, che devono la loro patogenicità ad un fattore di aderenza EF. Sono caratteristici di alcuni ceppi, di alcuni (..forse dice : sierotipi) tipi di cui (…19.22 fino a 19.56) non dovete impararli tutti

• Poi abbiamo gli entotossinogeni che devono la loro patogencità alla produzione di due enterotossine: la tosina (…20.08) e la tossina termostabile; anche in questo caso ci sono i fattori di colonizzazione che agiscono in prima istanza per favorire l’aderenza del batterio;anche in questo caso è associato questo potere(…20.26)ad aderenza

• Il discorso è diverso per(…20.37) i coli entero emorragici , che 3-4anni fa, fuorono considerati i responsabili di un grave focolaio epidemico di forma di diarrea rar. I coli entero emorragici sono detti anche ceppi vero-citotossici

Questi coli enteroemorragici sono chiamati ceppi verocitotossici quindi potete ritrovarli con l’acronimo EHEC o VTEC in altri casi STEC sono tutti sinonimi di un unico ceppo enteropatogeno. La loro azione patogena è legata alla produzione di una grande , di una pericolosissima tossina olotossina o tossina di Shiga e si divide in due varianti antigeniche SLT I e SLT II. Questa capacità tossinogenica è legata principalmente e diciamo in maniera di stretta correlazione al ceppo O157:H7, H126 o O104 che è stato appunto responsabile dei focolai verificatisi qualche anno fa. E’ un’infezione in crescente aumento anche se non è comunque una delle più frequenti delle infezioni intestinali. Il sierotipo maggiormente rappresentato è il 157 e dopo c’è stata anche la comparsa degli altri ceppi. Meccanismo patogenetico specifico riferendoci ai tre tipi.

Per quanto riguarda gli stipiti EPEC cioè quelli che si limitano ad aderire alla superficie abbiamo una tossinfezione alimentare legata all’aderenza fibrea sia a contatto con gli enterociti sia con la

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perdita e la disfunzione dello strato assorbente da cui deriva una diarrea acquosa. Non vi sono delle tossine particolari.

La diagnosi è possibile quando si ha il sospetto. Se c’è un bambino di cui si ha il sospetto di intossicazione alimentare ci limitiamo a fare una brodo coltura e vediamo se c’è in laboratorio andiamo a ricercare proprio questi ceppi, perché cosa facciamo !? ci mandiamo il famoso tamponcino, dopo l’insemenziamo e dobbiamo dire qual è il nostro sospetto. (..) Ma non utilizziamo un normale terreno per i coli , utilizziamo un terreno particolare che è il “Eosin metilen blu” che è un indicatore che da una colarazione verdastra Mentre su un terreno LB avete visto , andiamo a cimentare con un po di sieri caratteristici dei famosi ceppi EPEC e se c’è la condizione diciamo c’è un ceppo EPEC presumibilmente e la dignosi viene confermata.

Viene da noi un bambino con diarrea accompagnato dai genitori in viaggio in africa, i genitori anche loro hanno questa forma di diarrea e sospettate un’infezione da ETEC, ci segnalate che sospettate un’infezione da ETEC o coli e noi facciamo il famoso “tamponcino di Ansi” (?? Non si capisce ) , facciamo la ricerca di batteri confluenti , poi andiamo a fare una tipizzazione sierologica con uno dei ceppi che è presumibilmente ETEC . Gli ETEC producono tossine termolabile e termostabile e noi abbiamo la possibilità di confermare la presenza della tossina LT con un test di immunodiffusione , che è un vecchio test ancora abbastanza usato . Noi prendiamo una lastra di agarosio in cui mettiamo un pozzetto centrale e in questo pozzetto centrale mettiamo un antisiero diretto contro la tossina termolabile di coli e intorno a questo pozzetto centrale abbiamo messo dei dischetti imbibiti del ceppo isolato. Essendo un gel di agarosio la tossina migra in tutte le direzioni. L’eventuale tossina LT eventualmente contenuta nel ceppo migra dalla periferia in tutte le direzioni anch’essa quindi anche verso il centro se è specifico per l’antitossina si avrà una banda di precipitazione. E’ un test molto significativo.

Veniamo ora ai ceppi EHEC, che possiamo chiamare anche VTEC o anche STEC, sono ceppi caratteristici della sindrome emolitica lenica, vale a dire non è una sindrome di diarrea ma è una diarrea sanguinolenta, un’anemia emolitica, una riduzione delle piastrine e disturbi neurologici. Questi ceppi agiscono per effetto della produzione di enterotossine citotossiche , quindi è una diarrea infiammatoria che si presenta con feci contaminate dalla presenza di nuovi ceppi…31:38/ 32:01 La diagnosi è molto facilitata perché questi ceppi sono caratterizzati da non essere in grado di utilizzare il sorbitolo al contrario degli altri ceppi, anzi non producono neanche il ramnosio?? Noi utilizziamo un particolare tipo di Mc Conkey.Nel Mc Conkey normali Noi abbiamo il lattosio come fonte di energia, tant’è vero che utilizziamo questo terreno per differenziare i coli. Se utilizziamo un terreno che contiene lattosio non vediamo assolutamente nulla. Se utilizziamo un terreno Mc Conkey che non contiene lattosio ma che contiene come fonte di energia il sorbitolo e il ramnosio vediamo che questo batterio cresce ma presenta delle colonie negative perché non utilizzano né il lattosio né il sorbitolo. Questo è molto utile per lo screening. Naturalmente per confermare il ceppo sospetto facciamo la tipizzazione, andiamo a vedere se è un O157:H7 se è un O145 o un O104.

Passiamo ad un altro agente eziologico, adesso grazie alle migliori condizioni igieniche naturalmente meno diffuso, responsabile delle epidemie di colera. Si tratta di uno spirillo Gram - , aerobio-anaerobio facoltativo, fermenta gli zuccheri con produzione di acidi, ma non di gas

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-Come si fa a vedere se un batterio produce gas: si coltiva in un terreno liquido con brodo cultura, si pone in una provetta con un tappo di cotone, se il batterio produce gas solleva il tappo.- Sono ossidasi positivi, sono mobili per un flagello polare, vive in ambiente acquatico. E’ un batterio che determina malattie umane, non colpisce gli animali. In base all’antigene somatico O si distinguono sei antigeni e si dividono in 546 gruppi. E’ patogeno il gruppo O1, si distinguono tre sierotipi e due biotipi. Vi sono state 8 pandemie. Nel 1992 in Bangladesh è stato identificato il tipo O139. Esprime la sua azione patogena grazie ad una enterotossina. In realtà questa tossina agisce in modo positivo sull’ AMP trasformandolo in ciclico e vi è una mutazione della pompa sodio-potassio, c’è una condizione di ipersecrezione con segni clinici di diarrea ad acquosità ad acque di riso. Il protocollo: il tampone viene inoculato in un terreno TCBS e le colonie sono tipicamente verdi.

Staphylococcus aureus è responsabile di alcune tossinfezioni. Cioè alcuni stafilococchi producono una tossina che è in grado di contaminare alimenti e si ha questa forma di enterite che è gravissima e fastidiosissima. Una caratteristica di questi ceppi è che sono mannosio positivi, catalasi positivi, coaugulasi positivi, ma soprattutto sono DNAsi positivi e la tossina è termostabile, quindi la cottura dell’alimento distrugge il batterio ma la tossina no.

Enteriti protozoarie: le enteriti più frequenti sono causate da Giardia; le indagini sono piuttosto semplici, si procede con indagini microscopiche e si possono ricercare gli antigeni con tecniche immunologiche. Un altro è (non si capisce) che colpisce soprattutto i soggetti immunodepressi.

Enteriti virali: sono dovute a due tipi di virus Adenovirus e Rotavirus.

Gli Adenovirus sono responsabili di numerose infezioni in particolar modo nei bambini e di diarree infantili. test: un campioncino di feci viene inviato al laboratorio, si fa l'estrazione dell'antigene, si mette a contatto con una sospensione di lattice e polistirolo, anticorpi anti- adenovirus o anti- rotavirus ( molto spesso il test è combinato). In caso di positività si ha agglutinazione delle particelle di lattice e polistirolo; si puô fare anche un test ELISA, test rapido e più complesso.

APPARATO GENITO-URINARIO

Le infezioni dell'apparato genito-urinario sono infezioni che normalmente sono trasmesse per via sessuale; si chiamano anche malattie sessualmente trasmissibili.

Interazione organismo - ospite: i batteri contaminano la mucosa, significa che ci sono dei batteri che si moltiplicano restando in equilibrio con le difese dell'organismo; dal punto di vista microbiologico si ha infezione quando si ha moltiplicazione dei batteri. Quando i batteri manifestano i poteri di offesa in maniera predominante sui meccanismi di difesa dell'organismo allora si ha malattia. Dato che si tratta di infezioni, preferiamo parlare di IS ---> infezioni sessualmente trasmissibili invece che di malattie sessualmente trasmissibili.

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Le IS costituiscono un problema importantissimo economico e sociale.

I microrganismi responsabili di IST evadono facilmente i meccanismi di difesa; facilmente vi sono cotrasmissioni e coinfezioni in cui gli agenti di IST possono essere trasmessi e contratti contemporaneamente. Per pochi di questi agenti esistono vaccini.

ECOSISTEMA VAGINALE: nelle donne la malattia è legata ad assenza di batteri più che alla presenza.

L'ambiente vaginale è a ph acido per favorire la fecondazione( lo sperma è basico) e per proteggere da infezioni. A seconda dell'età il ph varia:

infanzia: ph acido

prepuberale: ph 7-8

fertile: ph 3.5- 4.5

climaterio: ph > 8

Il glicogeno è presente nell'infanzia e nell'età fertile, manca nelle altre due.

Lattobacilli: compaiono già nelle bambine e aumentano nell'età fertile, mentre sono rari nell'età prepuberale. Costituiscono il 95% della normale popolazione vaginale, sono batteri gram positivi, aerobi facoltativi; se ne conoscono circa 60 specie la più comune è Lactobacillus acidophilus.

- producono perossidi

- degradano glicogeno per mantenere il ph acido

- producono agenti antinfettivi

- competono con i batteri patogeni

- impediscono il legame di altri batteri con legami specifici e aspecifici, inoltre si legano alla fibronectina che viene sottratta alla mucosa ad altri batteri.

- producono sotto influenza estrogenica acido lattico

- determinano il rilascio di fattori favorenti l'aggregazione

- inibiscono la proliferazione di altri batteri

Gli estrogeni determinano proliferazione dell'epitelio, il progesterone sfaldamento e sul glucosio intervengono i lattobacilli con produzione di acido lattico.

I lattobacilli portano il ph vaginale a 3 fino a 4, gli altri microrganismi determinano aumento del ph.

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Vi sono 30 diversi tipi di IST:

batteriche: -batteri classici ( di vecchia conoscenza) Clamydia trachomatis ( sierotipi L1-2-3), Neisseria gonorrhoeae,

- batteri di seconda generazione Clamydia trachomatis (sierotipi D - K), Gadnerella vaginalis

parassiti: scabbia, Phthirus pubis

Perciò in base alla sindrome noi classifichiamo le infezioni. La classificazione può essere fatta anche dal punto di vista eziologico; quindi avremo una classificazione eziologica . Come si effettua questa classificazione? In base al tipo di manifestazioni patologiche che presenta; ad esempio se ha una manifestazione essudativa ( cioè una manifestazione infiammatoria) e, soprattutto, in base alla localizzazione del processo patologico, ad esempio una manifestazione infiammatoria a livello della mucosa vaginale ( vaginite) orienteranno il mio sospetto diagnostico verso patogeni in grado di colonizzare i genitali femminili, certamente non andrò a ricercare altri patogeni. Oltre le manifestazione essudative, possiamo avere anche dei dismicromismi, si intende un’alterazione della normale equilibrio microbico vaginale ( formata per lo più da lattobacilli). Possiamo avere diverse forme :

1. Vaginosi Batterica: assenza di lattobacilli

2. Vaginosi da eccesso passivo di lattobacilli ( per aumentata proliferazione).

3. Vaginosi ulcero-proliferative: Con manifestazioni ulcerose a livello dei genitali ( come nella sifilide, nel linfogranuloma venereo da chlamidya thracomatis, nelle infezioni da herpes virus).

4. Infezioni a forma sistemica: come nell’HIV, epatite ( che possono essere trasmesse anche per via sessuale).

L’HIV riveste particolare interesse soprattutto per le conseguenze sociali e cliniche che comporta a carico del paziente affetto; si pensi infatti all’elevato rischio di sviluppare altre patologie che possono andare da un’endometrite a neoplasie. Non solo, bisogna anche considerare l’alto rischio di trasmissione soprattutto attraverso rapporti sessuali non protetti, ma anche con trasfusione di sangue infetto.

Altre infezioni veneree con manifestazioni a livello vaginale sono rappresentate da infezioni da tricomonas vagialis, chlamidya vaginalis, gonorrhea ( nei nostri tempi, in particolar modo; a differenza degli anni ’80 in cui si era visto un’aumento delle infezioni di natura virale; si è riscontrato un’aumento delle infezioni batteriche, soprattutto sifilide e gonorrea. Ciò si osserva maggiormente in Occidente, nei centri metropolitani, soprattutto per un aumento di prostituzione ed omossessualità. Tali patologie sono aumentate anche a causa delle scarse condizioni igieniche nelle quali si vive, basti pensare come in Bielorussia negli ultimi anni ci sia stato un’incremento dei casi di sifilide).

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Alcuni patogeni sono caratteristici dei paesi in via di sviluppo( Patogeni di prima generazione), altri invece dei centri metropolitani ( Patogeni di seconda generazione); tuttavia gli impulsi migratori particolarmente massivi degli ultimi anni hanno capovolto un po’ questa situazione : In occidente, infatti, ci troviamo ad esportare patogeni di seconda generazione e importare patogeni di prima generazione. Per tale ragione si è considerato di notevo priorità istituire un centro di sorveglianza delle patologie infettive a livello europeo, di cui quindi fa parte anche l’Italia.

Protocollo diagnostico: Consta di diverse fasi: 1) Fase pre-analitica: Preselezione, prelievo e trasporto del campione. 2) Fase analitica vera e propria.

• Fase di preselezione: E’ chiaro che non è possibile per ogni campione ricercare tutti i patogeni conosiuti in natura. Per tale ragione risulta di fondamentale importanza effettuare una preselezione dei patogeni da ricercare in base alla sintomatologia del paziente e all’anamnesi ( patologica remota e recente, eventuali viaggi all’estero, alimentazione,…).

• Prelievo: Importante è prelevare correttamente il campione da analizzare, e prelevare il corretto campione nel quale effettuare la ricerca del patogeno.

Nel nostro caso specifico parleremo, ad esempio, di prelievi vaginali , prelievo mediante tampone (talvolta aiutandosi con uno speculo) di secreto vaginale, da effettuare alle prime ore del mattino quando la secrezione vaginale è più abbondante, prima che il paziente si lavi. Anche in questo caso il prelievo dovrà essere effettuato a diverse altezze in base al tipo di patogeno che si voglia ricercare: In caso si tratti di streptococco agalatiae faremo il prelievo nel terzo anteriore della vagina poiché se ci spostiamo più sopra non lo troviamo; al contrario se ricerchiamo patogeni che normalmente non colonizzano la vagina allora preleveremo un campione leggermente più su arrivando fino al collo dell’utero. Possiamo anche trovarci a fare dei prelievi uretrali, più dolorosi e più difficoltosi ( per tale ragione si utilizzano tamponi flessibili), nel caso in cui si vogliano ricercare patogeni che colonizzino il tratto uretrale.

• Trasporto: Di notevole importanza anche questa fase. Bisogna considerare, infatti, come non solo le modalità di prelievo ma anche quelle del trasporto varino in base al patogeno che si intende ricercare ( Ad esempio un thricomonas, che necessita di arrivare in laboratorio vivale e mobile, verrà trasportato in sospensione in un mezzo liquido. Utilizziamo un tampone di Stuart nel caso in cui vogliamo ricercare uno streptococco agalatiae). I tamponi utilizzati sono in microfibre, in modo da favorire un più facile rilascio del patogeno sul terreno di coltura nella fase analitica. Tuttavia per avere un’idea generale della situazione a livello della mucosa vaginale occorre analizzare anche a microscopio il campione ( strisciandolo su vetrino), in modo da ricercare non solo la presenza del patogeno, ma anche eventuale presenza di cellule immunitarie quali granulociti neutrofili, presenza di cellule e altro.

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