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1 Istituto di Studi e Ricerche - C.C.I.A.A di Massa Carrara L’impatto economico del settore lapideo nei Sistemi Locali del Lavoro di Carrara e di Massa Measuring the “white impact” ______________________ Stime e valutazioni da un’indagine esplorativa

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Istituto di Studi e Ricerche - C.C.I.A.A di Massa Carrara

L’impatto economico del settore lapideo nei

Sistemi Locali del Lavoro di Carrara e di Massa

Measuring the “white impact”

______________________

Stime e valutazioni da un’indagine esplorativa

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L’indagine è stata finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara ed interamente realizzata dalla ALFAMARK – Comunicazione e Marketing. Il titolare di questa, Dott. Alessio Falorni, docente a contratto di Economia dei distretti e sviluppo locale presso l’Università degli studi di Firenze, ne ha anche redatto il Rapporto conclusivo, ad eccezione del paragrafo 2.3, riguardante l’impatto “indotto”, che si deve invece al Dott. Fabio Ferretti, docente a contratto di Statistica per la Ricerca Sperimentale e Tecnologica presso l’Università degli Studi di Siena. Quest’ultimo ha anche realizzato il complesso lavoro di adattamento della matrice Input-Output nazionale dell’ISTAT al quadro economico-produttivo locale, come base tecnica per la stima dell’ “indotto” medesimo (vedi Appendice metodologica in Allegato). Il lavoro ha avuto un prezioso e costante riferimento nel Dott. Alberto Ravecca e nel Dott. Giorgio De Filippi, dell’ISR-CCIAA di Massa Carrara, mentre il Dott. Daniele Mocchi ha reso disponibile, opportunamente elaborato, il fondamentale quadro di riferimento aziendale traibile da INFOCAMERE.

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PRESENTAZIONE

Parlare di marmo a Carrara significa, inevitabilmente, mettere insieme

storie, tradizioni, economia e cultura: la letteratura è così abbondante e

ricca di approfondimenti che potrebbe stupire un’ennesima ricerca su

questo settore.

In realtà non è così: è vero che l’Istituto di Studi e di Ricerche di lapideo

se ne occupa naturalmente e con la massima attenzione, ma è

altrettanto vero che fino ad oggi non eravamo in grado di quantificare

l’incidenza del comparto sull’economia locale e non.

Se anche qualcuno, nel tempo, aveva tentato di offrire, quantomeno, un

quadro di interrelazioni, ora possiamo dire, con le dovute cautele del

caso, di conoscere la valutazione dell’impatto diretto e di quello indotto,

di un settore tra l’altro così ricco di prospettive.

Ci sono state molte difficoltà metodologiche da superare e rimane,

tuttavia, un certo carattere sperimentale di questa ricerca che ha

comunque il coraggio e il pregio di dirci con esattezza come si ripartisca

il valore aggiunto del lapideo nelle varie branche di attività, quali siano i

consumi intermedi, il valore della produzione e le unità di lavoro.

Di questo dovremmo tutti prendere atto quando si parla e si discute

delle prospettive future del marmo, dei suoi rapporti con l’ambiente

circostante, delle sue atipicità, del suo essere parte di un Distretto fra i

più consistenti e più coesi della Toscana.

Il lavoro è stato svolto con una Società specializzata che già aveva

collaborato con noi per un’analoga ricerca sull’indotto del Porto di Marina

di Carrara: anche in questa circostanza l’apprezzamento e il

ringraziamento ci sembrano davvero meritati.

Grazie alla fattiva collaborazione della Provincia di Massa-Carrara ed, in

particolare, dell’Assessore Paolo Baldini, che ha seguito personalmente

le fasi dello studio, si è creata una significativa sinergia da prendersi ad

esempio anche per il futuro.

Lo stesso significato, e le stesse considerazioni, si possono ripetere per

la Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, il cui Presidente Avvocato

Alberto Pincione ha recepito con entusiasmo la nostra proposta.

IL DIRETTORE I.S.R.

Alberto Ravecca

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INDICE 1. Obiettivi dello studio, scelte di metodo e parametri generali del comparto lapideo nell’economia locale 1.1 – Identificazione del campo d’indagine e metodologia di rilevazione e stima 1.2 – Alcune “macro-grandezze” del lapideo locale ed un cenno ad aspetti rilevanti dell’evoluzione recente 2. – L’impatto economico locale del settore lapideo 2.1 – La valutazione dell’impatto diretto 2.2 - L’impatto indiretto e quello indotto Spunti di riflessione e qualche misura riguardo all’impatto indiretto L’impatto indotto dell’“Estrazione di minerali non energetici” L’impatto indotto della branca “Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi” L’impatto indotto della (componente lapidea della) branca “Commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazioni di beni mobili” L’impatto indotto complessivo del settore lapideo 3. – Alcune riflessioni conclusive Appendice – Nota metodologica sulla stima dell’impatto indotto BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO ESSENZIALE Ringraziamenti agli interlocutori esterni che hanno consentito la realizzazione di questa indagine

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1 – Obiettivi dello studio, scelte di metodo e parametri generali del comparto lapideo nell’economia locale 1.1 – Identificazione del campo d’indagine e metodologia di rilevazione e stima A questo studio è stato assegnato l’obiettivo di realizzare un avanzamento significativo nella valutazione delle quantità finanziarie ed occupazionali attivate dal settore lapideo, con riferimento ad un contesto territoriale “locale” identificato col territorio dei comuni di Carrara, Massa, Montignoso ed Ortonovo. Devono quindi essere introdotte subito alcune precisazioni. In primo luogo, tale territorio, a meno del comune di Ortonovo, corrisponde solo ad una parte, seppure particolarmente significativa, del “Distretto industriale di Carrara”, identificato proprio dalle lavorazioni lapidee e comprendente anche i comuni di Fivizzano, Minucciano, Piazza al Serchio, Pietrasanta, Seravezza, Stazzema e Vagli Sotto (delibera del Consiglio Regionale toscano n. 69/2000); ma si sovrappone perfettamente all’insieme dei due “Sistemi Locali del lavoro” di Carrara (appunto, con Ortonovo) e di Massa (con Montignoso), che l’ISTAT ha definito nel dicembre 2005, tuttavia non riconoscendo a nessuno dei due SLL la qualificazione distrettuale specifica1. Nell’indagine, si è chiesto di distinguere la ricaduta delle grandezze indicate fra questo stesso ambito territoriale, quello riunito dalla restante parte della provincia di Massa Carrara (Lunigiana) e delle finitime La Spezia e Lucca, il resto d’Italia e l’estero. In secondo luogo, pur con tale problema aperto e sicuramente sullo sfondo delle motivazioni a sostegno dell’opportunità di questa indagine, non stanno fra gli obiettivi specifici di essa né una dettagliata ed approfondita discrimina dell’attributo di “distrettualità” né il ripercorrere le problematiche funzionali, competitive ed evolutive dell’economia della zona o del comparto produttivo lapideo, già assiduamente seguite sia dalla CCIAA provinciale che da organismi locali specializzati come l’Internazionale Marmi e Macchine di Carrara. Le analisi da questi stessi Enti recentemente condotte o comunque ad essi facenti capo e dai medesimi messeci prontamente a disposizione, sono state tuttavia fondamentali2 per ricavarne una consapevolezza preliminare di scenario che si è dimostrata decisiva per il lavoro compito. Fra l’altro, è stato proprio sui reperti di tali analisi, nonché su quanto già noi stessi conoscevamo in base alla nostra esperienza di ricognizione sull’articolazione territoriale dell’economia della nostra regione, che abbiamo fondato la decisione di dare a questa ulteriore ricerca un ruolo essenzialmente esplorativo. Bastava mettere a confronto la consistenza dell’investimento disponibile (pur in sé non poco rilevante) con la vastità e la forte complessità del campo d’indagine: poco più di 1150 unità locali, di dimensione estremamente variegata (molto più per fatturato che per addetti) e distribuite lungo una articolata filiera di fasi (dalla cava, alle lavorazioni di base, a quelle di rifinitura e infine di commercializzazione, rapportata ad una

1 ISTAT, “Distretti Industriali e Sistemi Locali del lavoro”, Roma, Giugno 2006. 2 Vedi la succinta Bibliografia.

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domanda che va dall’altissimo pregio artistico, all’abbellimento architettonico di elevata qualità, alla nobilitazione di rivestimento più corrente, fino alla produzione di materiali chimico-fisici di base destinati ad altre industrie manifatturiere. Porsi delle ambizioni rigorosamente inferenziali, specie se orientate a ricavare misure proponibili sul terreno strettamente scientifico come alternativa ad altre, localmente magari anche contestate ma “altamente” certificate (ISTAT, IRPET, Istituto Tagliacarne, ecc.), avrebbe imposto di mettere in campo una vera e propria squadra di rilevazione, da far operare su un campione strutturato di non meno di 110-130 “casi” ben selezionati e sapendo, come peraltro è poi stato inevitabile anche nel più riduttivo percorso scelto, che avremmo dovuto avere alle spalle un vero e proprio apparato di “persuasione sociale” per convincere un così gran numero di imprese a rispondere adeguatamente ad un questionario che, impostato per misurazioni di input-output, non può prescindere dal richiedere ai rispondenti un impegno di fornitura di dati elaborati secondo scansioni poco congeniali alla gestione più correntemente utile. Da qui l’approccio a carattere esplorativo, comunque capace di restituire quantificazioni significativamente approssimate e specificate rispetto alle componenti essenziali dell’universo d’indagine, quindi capaci di segnare l’avanzamento conoscitivo richiesto sull’impatto diretto, indiretto ed indotto del settore nell’economia locale. Ma, appunto, senza poi pretendere anche che le misure ricavate si potessero proporre come alternativa a quelle già fornite da fonti “ufficiali” correnti, salvo, semmai, per alcuni parametri rispetto ai quali restasse evidente un’attendibilità realmente molto elevata. Il metodo pare aver avuto un successo soddisfacente ed attribuiamo ciò soprattutto al fatto di aver scelto per riferimento temporale l’anno 20063. Si è potuta così garantire una particolare completezza di informazioni di base preliminari e di cornice, come “set” di parametri di riferimento sia per l’allestimento preliminare del rarefatto, ma in tal modo ben mirato, “campione qualitativo” di rilevazione, sia per l’indispensabile opera di “riquadrature” ed “approssimazioni successive”:

- le misure occupazionali rese disponibili dal nuovissimo e raffinato “Archivio Statistico delle Imprese Attive” dell’ISTAT, elaborato rispetto alle unità locali ed agli addetti e scandito per “branca di attività” all’anno 2005, che abbiamo poi provveduto a completare con stime sui comparti non o mal coperti (agricoltura, foreste e pesca; Pubblica amministrazione, istruzione, sanità ed assistenza pubblica), nonché a proiettare all’anno 2006 e ad integrare ulteriormente con i corrispondenti dati di Valore aggiunto a prezzi base ed Unità di lavoro forniti annualmente dall’IRPET;

- le unità locali e gli addetti, disaggregati produttivamente a ben 5 cifre ATECO e alla scala comunale (incluso Ortonovo), traibili dal data-base di INFOCAMERE, sempre al 2006;

3 Qualche azienda, per comodità e celerità di risposta, ha comunque fornito dati riferiti al 2007. Crediamo tuttavia si possa comprendere immediatamente che, nell’indagine in questione, il “focus” analitico sta essenzialmente nella distribuzione degli acquisti e delle vendite fra le differenti branche di articolazione dell’intera economia e fra i 4 ambiti territoriali precedentemente indicati, intuibilmente ben poco variabili fra due anni non solo contigui ma anche prevalentemente caratterizzati da una medesima tendenza congiunturale.

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- le misure di inport-export della Provincia ed il traffico del Porto di Marina di Carrara (queste ultime a noi già ben note anche da una precedente indagine specifica), relative alle merci lapidee e disponibili presso la CCIAA locale, alle quali abbiamo poi provveduto ad affiancare anche un più vasto quadro nazionale composto dalle 42 province italiane ritenute più significative rispetto al comparto.

Le oltre venti “unità” per le quali è stato poi compilato completamente ed adeguatamente il nostro questionario, con un impegno dei rispondenti davvero particolare e più volte reiterato da nostre richieste di spiegazione e frequenti necessità di rettifica, hanno fatto il resto, aiutandoci così a conseguire l’obiettivo di costruire una sorta di “quadro di casi potenzialmente rappresentativi” di differenti dimensioni, posizioni nella filiera o specificità produttive. Proprio per la messa a punto dei suddetti “profili-tipo” rappresentativi, si è infine provveduto ad impinguare i reperti conoscitivi tratti dai questionari con quelli ricavati da colloqui, talvolta vere e proprie interviste per telefono, con una ulteriore dozzina di altre imprese simili, tutte quante fra le maggiori e più emblematiche, ma senza dimenticare di includere anche un po’ di unità di piccola dimensione e particolare tipologia produttiva. L’opera è stata lunga, certamente un po’ assillante e del tutto inusuale per quasi tutti i rispondenti e, va sottolineato, non avrebbe potuto esser condotta a termine senza ripetuti e robusti supporti da parte di CCIAA, CONFINDUSTRIA e CNA provinciali. I limiti del metodo e della stessa “campionatura qualitativa”, consentono, esaminati anche criticamente i risultati finali di stima, di fornire qui delle misure quantitative “assolute” ritenute sufficientemente affidabili, accanto a quelle già preliminarmente messe a punto, per le masse retributive e la distribuzione per branca degli impatti diretti, indiretti ed indotti solo per l’insieme del comparto, assemblando cioè la cava, la lavorazione lapidea “in senso stretto” e produzione di granulati e infine il commercio all’ingrosso specifico. Un’analisi critica dei risultati ottenuti ha anche convinto della ragionevole attendibilità delle distribuzioni degli acquisti e delle vendite per branca anche specifiche a ciascuna delle tre fondamentali componenti sopra menzionate, ma allora con la cautela di limitarsi a misure percentuali sul rispettivo totale della massa d’acquisti o di vendite della componente stessa. C’è infine un ulteriore avvertimento da mettere nella dovuta evidenza. Come peraltro era preliminarmente sottolineato anche dal confronto, sui dati INFOCAMERE, fra il numero delle imprese attive e delle rispettive unità locali, soprattutto sulla fase di cava ma sensibilmente anche sulle altre due, l’universo d’analisi si presenta non solo, come già detto, estremamente frammentato, ma anche caratterizzato da una straordinaria complessità di aggregazioni fra unità operative posizionate diversamente nelle tre componenti suddette, magari riunite attorno ad una “Holding”, oppure gravitanti su una azienda “di nome” e la cui funzione specifica di fase (cava, o soprattutto realizzazione di prodotti finiti, o perfino commercio dei medesimi o di “grezzi”) finisce per dare identità all’intero raggruppamento nella percezione che ne hanno gli interlocutori esterni. Inoltre, talvolta si riscontrano casi in cui le unità medesime sono, di fatto, prive di una distinta identità aziendale, ovvero come mere divisioni funzionali di un’unica impresa. E’ dunque facile comprendere come, in un contesto d’indagine del genere, la

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capacità di ottenere, nelle risposte alla domanda “A quale branca di attività compra e a quale vende”, una distinzione così chiara e persistente da rendere ricostruibili anche i flussi interni fra le tre fasi suddette all’interno dell’aggregato di comparto, sia stata particolarmente debole. Per ovviare almeno parzialmente a queste difficoltà, abbiamo centrato la rilevazione più sull’unità locale che sull’impresa, cioè non solo cercando di distinguere le divisioni interne e chiedendo, se ben identificabili, la compilazione di un questionario specifico per ciascuna, ma anche insistendo affinché i rispondenti precisassero quanto meglio possibile anche gli eventuali percorsi interni in questione. Ciò ha indubbiamente migliorato un po’ la significatività e precisione delle risposte, ma talvolta ha ulteriormente intorbidato le acque, portando infatti ad introdurre divisioni settoriali “forzate” e quindi, ad esempio, “scaricando” sul commercio quelle che poi forse potevano essere semplici unità di fase commerciale di un’impresa identificata come di lavorazione, e così via. In sintesi, l’esplorazione ha avuto il pregio di sottolineare ancor meglio la complessità degli intrecci interni al comparto, per giunta risultanti anche in costante evoluzione; ma appunto, sulla capacità dei risultati di consentire la ricostruzione attendibile dei percorsi e dei flussi di passaggio da una fase all’altra e viceversa, è doveroso avvertire che le quantificazioni ricavate vanno considerate davvero con molta cautela perfino sull’aggregato di tutto il comparto. Sulle singole tre componenti, invece, c’è pure qualche incoraggiante corrispondenza (ad esempio, nei rapporti “cava-a-produzione” e “produzione-da-cava”, “produzione-a-commercio” e “commercio-da-produzione”); altre volte, però, si notano discrasie marcate (es.: “produzione-da-commercio” e “commercio-a-produzione”), sebbene interpretabili e almeno in gran misura spiegabili proprio nell’ipotesi di una particolare frequenza di identificazioni errate, o perfino consapevolmente o inconsapevolmente evitate, della posizione (codice ATECO) dell’interlocutore indicato dai rispondenti. 1.2 – Alcune “macro-grandezze” del lapideo locale ed un cenno ad aspetti rilevanti dell’evoluzione recente Il già ricordato aggiornamento al 2006 dell’attendibile4 Archivio ASIA dell’ISTAT, conta, nei due SLL di Carrara e di Massa, intorno alle 1150 unità locali, con circa 4850 addetti (Tav. 1). A risottolineare la forte complessità del comparto con cui si è dovuto letteralmente “fare i conti”, quasi il 50% delle prime ricade nel commercio all’ingrosso di materiali lapidei, dove però impegnano poco meno del 30% degli addetti totali e dove, con le rispettive “imprese attive” (osservazione basata su dati INFOCAMERE), stanno in un rapporto di 1,4/1. La metà degli addetti complessivi opera invece nelle unità locali classificate nelle “lavorazioni di minerali non metalliferi” (la quota specifica del lapideo vi raggiunge quasi l’85%, col resto costituito pressoché interamente dalla produzione di abrasivi, di ceramica e di refrattari), anche qui segnando un

4 E’ prevista la sua sostituzione, nel 2011, al consueto Censimento generale delle attività economiche extragricole.

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rapporto di 1,4/1 rispetto alle imprese. Il rimanente quinto circa di addetti risulta nelle attività di cava; ma le poco meno di 160 unità locali corrispondenti fanno qui capo ad un numero di imprese quasi dimezzato. Tav. 1 – Ricostruzione del quadro occupazionale locale al 2006 e parametri strutturali Tornando ai dati commentati e forzando un po’ la confrontabilità fra i risultati della rilevazione censuaria del 2001 con i dati 2006 ricavati dall’archivio ASIA (si badi che l’ISTAT attribuisce al primo una “copertura di universo” superiore al secondo!), è particolarmente significativo rilevare la complessiva tenuta occupazionale della cava e il forte incremento (un quinto!) della fase commerciale, a fronte di una sensibile riduzione (poco più di un decimo) nella lavorazione manifatturiera. Il comporsi di queste dinamiche segna una stabilità pressoché completa dell’aggregato complessivo del comparto; tuttavia, ne consegue un lieve calo della, sempre notevole, incidenza sia sull’industria (dal 32% al 30%) che sull’intera economia produttiva della zona

SLL di Massa+ SLL di Carrara Unità locali AddettiVal. ass. Val. ass. Comp. % su Comp. % su Variaz. %

2006 2006 tot. 2006 tot. 2001 2001-06

Agricolt., caccia e silvicoltura 348 346 0,6 0,7 1,5Pesca, piscicolt. e servizi connessi 35 25 0,0 0,1 -4,3 C Estrazione di minerali 156 1024 1,9 2,0 1,2DA Ind. alimentari e del tabacco 256 919 1,7 1,5 20,5DB Industrie tessili e dell’abbigliamento 52 301 0,5 0,6 -2,1 DC Ind. conciaria, pellettiera e calzat. 2 11 0,0 0,0 59,0DD Ind. del legno (escl. mobilio) 118 284 0,5 0,7 -13,1 DE Ind. cartotecnica ed editoriale 55 161 0,3 0,4 -19,7 DF Ind. petro-carbochim. e nucleare 5 67 0,1 0,1 4,6DG Ind chim.; fibre sint. e artificiali 10 170 0,3 0,5 -28,6 DH Ind. della gomma e plastica 30 126 0,2 0,2 4,2DI Lavorazione di minerali non metalliferi 483 2889 5,2 6,5 -11,0 - di cui: lavor. lapidee * 418 2427 4,4 5,5 -11,5 - di cui produz. di abrasivi * 32 177 0,3 0,4 -9,3 DJ Metallurgia e prod. generici in metallo 332 2027 3,7 3,8 5,3DK Fabbr. di macchine e appar. mecc. 153 1183 2,1 2,8 -15,8 DL Elettromecc. e mecc. di precisione 135 391 0,7 0,9 -12,3 DM Fabbricaz. di mezzi di trasporto 112 1488 2,7 2,4 23,9DN Altre industrie manifatturiere 88 335 0,6 0,5 47,1E Energia elettrica, gas e acqua 15 226 0,4 0,6 -19,4 F Edilizia e strette connesse 1901 5443 9,9 8,7 25,1G Commercio e riparaz. di beni di cons. 4402 10537 19,1 19,4 8,6 - di cui ingrosso di lapidei e simili 570 1399 2,5 2,3 21,6H Alberghi e pubblici esercizi 1030 3560 6,4 5,2 36,1I Trasporti, magazzin. e comunicazioni 590 2808 5,1 5,9 -4,8 J Attività finanziarie 283 1161 2,1 2,5 -6,2 K Immob., nol., servizi vari alle imprese 3162 6003 10,9 9,8 22,6 - di cui immobiliari e noleggio * 1435 1555 2,8 1,4 129,0 - di cui servizi vari alle imprese * 1727 4448 8,1 8,4 5,5P.A., difesa, assic. sociale obbligat. 58 2296 4,2 4,5 2,9M Istruzione 196 3313 6,0 6,7 -0,7 N Sanità e assistenza sociale 814 5200 9,4 8,7 19,9O Altri serv. pubbl., sociali e personali 1582 2934 5,3 4,5 30,9TOTALE 16403 55229 100,0 100,0 10,4

AGRIC., FOR., PESCA 383 371 0,7 0,7 1,1INDUSTRIA 3747 16023 29,0 30,2 6,0SERVIZI 12117 37812 68,5 67,0 12,7

* = scompattata su base Infocamere al 2006

Fonte: proiezioni Alfamark su ASIA-ISTAT 2005, INFOCAMERE 2006 e IRPET 2005-2006

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(da quasi il 10% a poco meno del 9%), poiché risultano entrambi marcatamente cresciute (nell’ordine: +6%, principalmente al traino dell’edilizia e sue strette connesse, della produzione di mezzi di trasporto e dell’alimentaristica; +10%, sotto la spinta di commercio e riparazioni, alberghi e pubblici esercizi, immobiliari e noleggio, servizi vari alle imprese, sanità ed assistenza sociale, servizi vari alla persona e ricreativo-culturali). Come specificato nel Rapporto Economia 2007 di ISR-CCIAA provinciale, il lapideo apuo-versiliese ha fatto registrare, nel 20065, un deciso segnale di uscita da un periodo difficile, essenzialmente al traino di una positiva percezione di andamento delle attività immobiliari soprattutto a livello internazionale, ma pure italiano. Partendo dalle rielaborazioni precedentemente indicate sui dati di fonte IRPET, si evince che le due principali componenti del settore lapideo ivi più chiaramente identificabili con le attività da esaminare, ovvero le branche dell’estrattiva dei minerali non energetici e la lavorazione dei non metalliferi, contribuiscono all’8,6% circa del totale del valore della produzione (469 milioni di €, su 6560 complessivi) e a poco meno del 5,7% di quello del valore aggiunto (177 milioni di € su 3111). Entrambi i comparti mostrano una variazione positiva sui due parametri rispetto ai valori corrispondenti dell’anno precedente, comunque con leggera accentuazione sulle attività di lavorazione (+4,8% la produzione e +5% il valore aggiunto, contro +2,3% e +2,2% dell’altra branca). Sempre nel Rapporto Economia dell’IRS-CCIAA si indica che tali dinamiche sono principalmente da ricondurre a quella della domanda estera, testimoniata dal +10,2% di fatturato esportato e dal +3,7% degli specifici ordinativi; peraltro, si tratta di un trend che prosegue sull’onda del positivo secondo semestre del 2005, e che in parte, pur manifestando primi segnali di rallentamento, si nota anche nel 2007. In quest’ultimo anno, tuttavia, è più la domanda interna che quella esterna a tirare, e le esportazioni sono cresciute sensibilmente di meno (+3,3%). Sono proprio queste ultime indicazioni a preludere al diffuso e forte clima di preoccupazione registrato fra gli operatori durante la rilevazione di cui qui si presentano i risultati. I medesimi dati della Camera di Commercio indicano come ad aver goduto dell’intervallo favorevole siano state soprattutto le imprese medio-grandi, in virtù di un riassestamento organizzativo che ha accresciuto la loro capacità di intercettare la crescita generalizzata della domanda internazionale, con le piccole imprese e l’universo dei contoterzisti che hanno invece incontrato maggiori difficoltà. Il settore locale è fra l’altro piuttosto “verticizzato” (richiamando alla mente la classica struttura oligopolistica): come è evidente dalle analisi sui bilanci pure realizzate della CCIAA, bastano poche fra le prime imprese per ordine di fatturato della zona per dar conto di una fetta molto ampia di quello locale complessivo (nel commercio, con accentuazione decisamente di spicco). Gli ultimi tre anni, inoltre, hanno visto un forte incremento degli investimenti, che riflette proprio questo comportamento imprenditoriale (2004-2005: +15%; 2005-2006: +8,1%; 2006-2007: ben +20%).

5 Ma, l’abbiamo già accennato, la tendenza si conferma per quasi tutto il 2007, sebbene in tale anno vengano progressivamente profilandosi all’orizzonte le crescenti preoccupazioni sulla persistente forza dei fattori e Paesi traenti che poi porta infatti alle molto più preoccupanti prospettive caratterizzanti l’anno in corso.

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Occorre dunque tenere conto che anche questa nostra l’analisi d’impatto si inserisce nel passaggio fra uno scenario relativamente positivo ed un nuovo “down” contingente e di prospettiva a breve termine. Sul fronte occupazionale, l’anno di riferimento 2006 mostra un lieve calo sulle Unità di Lavoro dell’estrattiva (totale 734,2), e una sostanziale invarianza delle lavorazioni (circa 1972 complessive); si tratta peraltro di un andamento in linea con gli altri settori del sistema produttivo locale, con la sola metallurgia in netta controtendenza. Guardando ora specificamente alle componenti dell’export, ancora il Rapporto suddetto fa notare che sia l’anno 2006 che il 2007 registrano segni positivi soprattutto in ragione della ripresa dei lavorati (2006: +11%, 2007:+5%), che costituiscono circa i ¾ del valore totale esportato, mentre i grezzi dopo un anno eccellente (+7,8%) conoscono una lieve flessione (-2% circa). I dati confermano le indicazioni che nel corso dell’indagine sono provenute dagli opinion leaders locali, i quali hanno segnalato l’attuale presenza di aree strategiche d’affari soprattutto sul primo mercato, maggiormente capace di produrre valore aggiunto e meno suscettibile alla competizione sul costo del fattore lavoro da parte dei Paesi terzi. Peraltro, il benchmark con il principale competitor nazionale, ovvero il distretto di Verona-Valpolicella, mostra che nel periodo 2002-2007 è stato proprio su questa componente che si è avuta una perdita di quote di mercato rilevante del comparto apuo-versiliese a favore di quello scaligero; l’ultimo biennio dunque, seppure in controtendenza, non riesce a colmare il gap creatosi negli anni precedenti. Quanto agli sbocchi di mercato, se confrontiamo il quadro dei principali Paesi importatori al 2002 con quello attuale, notiamo alcune differenze evidenti. Gli Stati Uniti hanno continuato ad essere il mercato principale, e di gran lunga (circa 140 milioni di € di esportato complessivo); ma hanno conosciuto negli ultimi anni una cospicua flessione, sulla quale il fattore cambio euro-dollaro ha sicuramente pesato. E’ tuttavia calata anche la quota ascrivibile al Regno Unito (circa -27%), adesso terza destinazione preferita per i prodotti lapidei, superata nel corso del periodo dagli Emirati Arabi Uniti (+50%!). Ma fra i primi 10 Paesi troviamo anche Cina, India e Tunisia, mete privilegiate per i grezzi, e la Federazione Russa, importatrice di quasi 11 milioni di € di lavorati nel 2007. Colpiscono invece, rispetto a soli 6 anni prima, l’assenza nella “top 10” più recente del Giappone ed i cali vistosi della Francia e della Germania. 2. – L’impatto economico locale del settore lapideo 2.1 – La valutazione dell’impatto diretto L’indagine ha valutato in circa 1300 milioni di Euro il totale delle vendite realizzate dall’intero comparto lapideo della zona nell’anno 2006 (Tav. 2), di cui 465 circa costituirebbero (il condizionale è d’obbligo, tenuto conto di quanto detto al par. 1.1) i passaggi interni ad esso (inter-fase ed intra-fase) ed alle quali, dunque, possiamo intuibilmente ritenere legata (rapporti

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interaziendali di filiera) quantomeno la maggior parte delle ulteriori ulteriori 57 M€ dirette verso la Lunigiana (sicuramente esigua) e le finitime province di La Spezia e di Lucca. Ammonterebbe poi a quasi 370 M€ il fatturato sul resto d’Italia e infine a 417 quello sull’estero. Tav. 2 – Vendite totali stimate per il comparto lapideo locale La grande cospicuità delle vendite verso il territorio nazionale lascia aperta l’ipotesi che, pure qui, una quota ragguardevole si diriga ad aziende più o meno strettamente collegate, che, a loro volta, le riorientino ulteriormente, magari anche ricombinandole, sull’Italia e sull’estero. Il secondo aspetto su cui riflettere è che la somma stimata come esportazione è sostanzialmente quasi simile a quella effettivamente registrata per l’intera provincia di Massa Carrara (Tav. 3) nell’anno di riferimento: il che, trattandosi di una provenienza ristretta a 4 comuni (per quanto “cruciali” nello specifico) e soprattutto ai veri e propri prodotti lapidei sia di cava che di lavorazione, escluse dunque altre componenti minori (ma nell’insieme non irrilevanti) che invece si sommano nel dato provinciale stesso, darebbe già conferma della tendenza della produzione locale, specie quella uscente dalle lavorazioni, a dirigersi all’estero passando anche dalle dogane di altre province. Tav. 3 – Commercio internazionale delle province di Massa Carrara e di Lucca

Anno 2006 - Euro (dati definitivi) Massa Carrara LuccaImport Export Import Export

Pietre 80.154.673 65.313.514 25.791.967 10.094.741Ghiaia,sabbia e argilla 3.659.086 35.795.937 2.129.934 6.854.090Min. per le ind. chimiche e concimi 2.745.247 117.734 108.887 4.731Sale 248.307 0 59.820 10Altri prod. delle min. e cave n.c.a. 12.589.495 670.648 547.366 272.538TOT. ESTR. DI NON MET. O ENERG. 99.396.808 101.897.833 28.637.974 17.226.110

Vetro e prodotti in vetro 1.157.619 120.665 7.706.200 15.683.901Prod. ceramici non refr. e refrattari 2.247.966 15.770.486 3.677.142 947.186Piastr. in ceram. per pav. e rivest. 66.100 2.771.749 50.911 2.124.781Prodotti in terracotta per l'edilizia 12.804 8.547 90.086 13.803Cemento, calce e gesso 1.380.223 108.924 795.457 174.491Prod. in calcestr., cem. o gesso 2.118 944.856 79.755 928.805Pietre da taglio o costr., mod. e finite 6.171.796 298.695.892 5.792.307 107.098.425Altri prod. in minerali non metalliferi 715.214 9.035.308 357.896 8.326.054TOT. PROD. DI MIN. NON METALL. 11.753.840 327.456.427 18.549.754 135.297.446

Masse finanz. delle vendite "rilevanti"

Milioni di Euro 2006 A. M. e C.+O. R. MS+LU+SP Resto d'Italia Estero Totale

Vendite interne al comparto 460,4 55,8 264,1 368,2 1148, 6

-dicui al comm. all'ingr. e al dett. 296,2 14,5 93, 5 223,8 627,9

Carta, stampa ed editoria 0,0 0,0 73,5 0,0 73,5

Industria chimica 0,0 0,0 9,9 1,1 10,9

Edilizia e strette connesse 0,0 0,0 13,8 39,5 53,3

Trasp., magazz. e comunicaz. 4,3 0,8 0,0 0,0 5,2

P.A., difesa, assic. sociale obbligat. 0,0 0,0 6,8 7,9 1 4,7

TOTALE 464,8 56,6 368,2 416,7 1306,3

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Tanto più se, ancora, mettiamo in conto che sul dato doganale suddetto, sempre per via dei rapporti interaziendali già richiamati, è presumibile si scarichi pure una quota non trascurabile del prodotto esportato dal proseguimento versiliese del plesso produttivo in esame, dove presenta masse occupazionali inferiori ma pur sempre molto ragguardevoli (sui dati ASIA-ISTAT, circa 430 addetti in cava e intorno a 1900 in lavorazione, senza contare un commercio all’ingrosso specifico che, nel caso, non si hanno basi di riferimento per stimare) e che tuttavia vede registrare alla scala provinciale una vendita all’estero di poco superiore ad un terzo rispetto a quella di Massa Carrara. La diagnosi localmente accreditata nella zona (e sicuramente fondata su riscontri diretti) è che almeno 9/10 dei lavorati si diriga, largamente “containerizzata”, verso il porto di La Spezia e, per quote assai più piccole, verso Livorno o Genova. Non c’è stata l’occasione di raccogliere, nell’indagine, informazioni sistematiche anche su questo. Tuttavia, i dati di import/export 2006, specifici alle determinanti voci “Pietre” e “Pietre da taglio o da costruzione, modellate o finite” ed alle 42 province italiane che ne mostrano consistenze rilevanti (Tav. 4), lasciano intuire, se posti in corrispondenza con quelle occupazionali rispettive6, che le direzioni di transito e le “porte” di uscita dall’Italia di queste merci, così come ovviamente quelle di entrata, sono decisamente molto più numerose e, soprattutto, tendono anche a coincidere, a prescindere da consistenze locali della produzione, tanto con la presenza di rilevanti strutture portuali quanto con quella di centri di smistamento commerciale di primario rilievo o con posizioni strategicamente “frontaliere”. I segnali più evidenti del fenomeno parrebbero visibili, in particolare, su Cuneo, Como, Sondrio, Milano, Bergamo, Bolzano, Udine, Modena, Perugia, Palermo e Ragusa. Aggiungiamo ora qualche considerazione sul contributo che, all’insieme, deriva da ciascuna delle sue tre fondamentali componenti di fase, mai dimenticando che, come sottolineato all’inizio, le stime specifiche hanno dei margini di approssimazione un po’ più ampi rispetto all’aggregato, specie riguardo alla ricostruibilità dei flussi intra-settoriali, e che dunque è consigliabile non andare quasi mai oltre il commento delle distribuzioni percentuali fra branche di attività e ambiti territoriali di riferimento. La cava, forse per la non inferenzialità del campionamento d’indagine ma con conferme ribadite anche dalle aziende analoghe con cui si è proceduto a fare delle verifiche per contatto telefonico, sarebbe risultata non dare alcun contributo diretto all’esportazione ed orientare i propri sbocchi quasi esclusivamente su interlocutori locali, di trasformazione manifatturiera oppure (soprattutto) commerciali (Tav. 5). Una delle aziende più grandi, nel ribadire anch’essa tale caratteristica, ci ha indotto ad introdurre, con quantificazione precisata e pertanto debitamente “pesata”, una piccolissima quota di mercato nazionale, indicandola come “una delle novità più recenti, comunque di modesto rilievo”.

6 Sempre archivio ASIA-ISTAT; al dato di questo, reso talvolta molto spurio dal riferimento all’aggregato “Lavorazioni dei minerali non metalliferi”, viene affiancato pure il valore registrato dal censimento 2001, invece disponibile con disaggregazione molto più spinta.

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Tav. 4 – Province particolarmente rilevanti per il comparto lapideo Tav. 5 – Il “prototipo” della cava La proiezione di stima complessiva, basata sulle quantità effettivamente rilevate, conduce ad una somma di 171 milioni di Euro (vedi tav. 6), che è appena un po’ superiore a quella ricavabile dai dati cortesemente messici a disposizione dall’IRPET per l’Area di Massa e Carrara (comprensiva di Montignoso) e da noi ricalibrati con l’inclusione di Ortonovo, rafforzando già così il nostro, pur cauto, affidamento anche su tutto il quadro quantitativo specifico messo a punto.

Quadro "tipico" delle vendite A. M. e C.+O. R. MS+LU+SP Resto d'Italia Estero Totale"rilevanti" della cava - Distr. % su tot.

Prod. della lavor. dei miner. non met. 25 2 3 0 29Comm. all'ingr. e al dettaglio 69 0 2 0 71TOTALE 94 2 5 0 100

Import Export per Anno e Territorio Italiano secondo la class. merceologica per attività economica (CPATECO)Milioni di Euro Pietre Pietre da taglio o costruzione, modellate e finite

Milioni di Euro Unità Milioni di Euro UnitàTot. non metallif. Tot. non metallif.

TERRITORIO 2005 2006 ASIA 2005 Cens. 2001 2005 2006 ASIA 2005 Cens. 2001import export import export generale specifico import export import export generale specifico

Cuneo 1,1 5,9 0,9 6,5 554 182 9,9 2,1 8,1 2,8 4.725 764VerbanoCusioOssola 2,7 0,9 2,6 1,1 309 287 0,3 14,7 0,5 15,8 1.008 772Como 12,0 0,5 13,9 0,7 125 19 1,5 16,4 1,3 18,0 1.694 355Sondrio 2,6 1,5 2,2 1,5 406 203 1,3 16,9 1,5 22,2 842 429Milano 4,5 11,5 4,7 15,2 8.308 1016Bergamo 48,1 4,1 45,9 3,5 685 271 3,4 64,0 5,1 62,9 6.211 1103Brescia 4,2 19,5 5,7 22,9 1.060 497 9,3 27,1 11,4 29,6 5.132 1178Genova 0,1 0,4 0,5 0,8 274 302 2,9 10,5 3,2 9,7 955 474La Spezia 8,2 2,0 8,2 1,6 102 45 1,3 15,6 2,5 18,2 934 495Bolzano Bozen 15,2 2,0 19,4 1,3 351 67 4,9 22,4 4,3 28,4 1.378 327Trento 10,4 5,7 11,9 5,1 1.540 990 13,3 39,0 8,5 42,6 2.909 1207Verona 131,1 28,7 155,2 26,6 562 193 18,0 497,6 22,3 537,3 7.878 5349Vicenza 14,7 3,7 17,1 5,9 629 303 3,1 67,0 4,5 67,3 6.123 1596Padova 2,6 6,5 3,9 6,6 4.767 520Treviso 1,0 10,8 1,3 10,4 6.760 551Pordenone 0,4 7,4 1,1 8,7 3.721 595Venezia 2,4 0,8 1,9 5,5 … 3Udine 6,7 1,7 9,0 1,4 260 59 0,7 18,9 0,7 23,7 2.181 513Reggio Emilia 0,3 4,5 0,5 4,9 9.636 562Modena 3,4 31,1 5,7 30,2 19.592 883Massa Carrara 73,6 61,1 80,2 65,3 1.128 968 4,5 268,4 6,2 298,7 2.764 2551Lucca 22,8 9,5 25,8 10,1 429 285 4,0 108,6 5,8 107,1 3.040 2328Siena 0,1 0,8 0,2 0,6 287 231 0,3 15,0 0,1 15,6 3.265 407Perugia 1,1 0,4 1,3 0,5 587 191 0,3 5,2 0,3 4,8 5.603 502Viterbo 0,2 9,2 0,4 12,6 4.517 454Frosinone 1,6 1,0 2,3 1,6 304,5 216 0,8 6,1 0,4 5,1 2.497 670Roma 1,2 9,4 3,6 10,5 1.126 633 1,1 32,7 1,0 28,2 5.113 1647Salerno 0,9 2,2 0,7 2,1 3.889 688Caserta 0,1 0,1 0,2 0,1 250 225Foggia 0,4 0,7 0,5 1,4 612 360 0,0 0,3 0,0 0,3 0,0 576Foggia 0,0 15,0 0,0 8,0 1.312 305Benevento 4,0 11,6 6,1 11,8 625 374 0,4 14,1 0,6 15,7 4.525 2024Lecce 0,7 0,0 0,4 0,1 444 265 0,0 0,4 0,1 1,1 0,0 719Trapani 0,3 4,0 0,9 4,1 500 288 0,1 26,0 0,1 29,7 2.191 1406Palermo 0,4 2,8 0,2 4,1 424 63 0,1 20,3 0,2 20,6 1.904 384Messina 0,0 0,0 0,0 0,0 268 5Ragusa 12,2 0,9 16,7 0,7 92 45 1,0 17,7 1,1 18,5 1.869 727Catania 1,7 0,3 1,2 1,0 348 97Agrigento 0,5 0,0 0,4 0,0 292 82Sassari 0,1 2,8 0,0 1,0 309,8 593 0,3 1,3 0,2 0,6 1.240 582Nuoro 0,0 6,7 0,0 7,8 312,5 276 0,0 1,5 0,0 1,9 815 393Cagliari 0,1 0,4 0,1 0,4 464,3 107 0,5 0,2 0,6 0,3 1.894 512

Cava pietre - Censimento 2001 Lavorazione specifica - Censimento 2001 > 750 addetti > 5000 addetti > 500 addetti > 2500 addetti > 250 addetti > 1500 addetti > 150 addetti > 1000 addetti

> 500 addetti

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Se tuttavia si cerca conferma ulteriore della stima guardando questa volta dal lato degli acquisti complessivi che l’intero comparto effettua sulla cava stessa, si scopre una cifra superiore di quasi 4/10, che riporta all’attenzione il più volte richiamato problema, superato nel corso della nostra indagine solo parzialmente e contraddittoriamente (si rinvia ancora al par. 1.1), della abbondante presenza di unità di cava che i rispondenti di aziende di trasformazione o commerciali, specie se di media-grande dimensione e “multifunzionali”, identificano semplicemente come “approvvigionamento proprio” di materiale estratto localmente. Possiamo però subito aggiungere che la dimensione della discrasia finisce per ribadire ulteriormente l’attendibilità complessiva della stima ricavata, poiché è pressoché perfettamente proporzionale alla differenza fra il numero di addetti indicato per la zona dall’Archivio ASIA-ISTAT (poco più di un migliaio; vedi Tav. 1) e il numero, nettamente inferiore (poco meno di 750), ricavabile dai dati IRPET relativi alle Unità di lavoro. Le attività di trasformazione mostrerebbero di aver realizzato un fatturato di circa 370 Milioni di Euro, ai quali si aggiungono i circa 113 che risulterebbero invece far capo alla produzione di granulati (o talvolta, nel linguaggio locale corrente, “carbonati”). La cifra complessiva risultante (Tav. 6) è anche qui nettamente superiore (di quasi 1/5) a quella ottenibile dalla fonte IRPET, ma nuovamente ed anzi molto più marcatamente, a quest’ultima corrisponde un numero di Unità di lavoro molto minore rispetto alla massa occupazionale indicata da ASIA-ISTAT. Tav. 6 – Il “prototipo” della trasformazione industriale (lavorazione+ granulati) Si è a questo punto incoraggiati a sottolineare che il ripetersi dell’evidenza, mentre dà un confortante supporto alle cifre qui messe in campo e su cui peraltro non finiremo mai di raccomandare cautele di utilizzo, dà anche conferma di una critica, localmente diffusa, su una “forte e costante sottostima” dell’importanza economico-produttiva del comparto lapideo locale da parte delle “istituzioni” nazionali che periodicamente lo misurano. Sarebbe dunque davvero tempo di dedicare a questo problema un vero e proprio investimento per una ricognizione “definitiva”, di consistenza tale da consentire una solida inferenzialità scientifica di risultato, da cui ricavare risposte quantitative certificabili e quindi da mettere formalmente ed autoritativamente in campo. Tanto più che, altrimenti, come la storia locale ha annotato negli ultimi vent’anni e magari anche utilmente sfruttato, si riaffacciano periodicamente ragionamenti su una pretesa “depressione

Quadro "tipico" delle vendite A. M. e C.+O. R. MS+LU+SP Resto d'Italia Estero Totale"rilevanti" della trasf. - Distr. % su tot.

Carta, stampa ed editoria 0 0 15 0 15Industria chimica 0 0 2 0 2Prod. della lavor. dei miner. non met. 12 1 9 13 36Edilizia e strette connesse 0 0 3 8 11Comm. all'ingr. e al dett. 6 0 5 21 32Trasp., magazz. e comunicaz. 1 0 0 0 1P.A., dif., assic. soc. obblig. 0 0 1 2 3TOTALE 19 1 36 44 100

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industriale” che, anche a giudicare dalle consistenze e dalle dinamiche del quadro globale qui messo a punto (Tav. 1), appare decisamente “fuori luogo”, specie poi quando i dati locali finiscono per mediarsi, nel contesto della provincia di Massa Carrara, con una Lunigiana che, invece, continua solo con modesta attenuazione a presentarsi connotata in tal modo. Venendo infine al commercio dei lapidei (Tav. 7), colpisce certamente il fatto che il suo fatturato è sostanzialmente in linea con la somma di quelli totali della cava e della produzione, così come, grosso modo, ne è il linea il contributo dato all’esportazione. Tav. 7 - Il “prototipo” del commercio all’ingrosso di lapidei C’è invece una fortissima discrasia fra quanto esso risulterebbe vendere localmente alla produzione ed a sé stesso e quanto invece da sé stesso acquista e dalla produzione viene acquistato (vedi le successive tavole disaggregate e quella globale riferite, appunto, agli acquisti), che ancora la questione della corretta identificazione settoriale dei “partners” commerciali da parte delle aziende che hanno risposto all’indagine; se ne trova infatti una parziale conferma, come già precedentemente accennato, sui rispettivi quadri di acquisti di materiali d’importazione, soprattutto grezzi, da fuori zona e principalmente dall’estero (vedi, successivamente, Tav. 11). Potremmo in sintesi dire, mutuando un suggestivo paradigma dall’evoluzione recente del mercato globale, che la fase commerciale costituisce, per l’intero comparto in esame, una sorta di vero e proprio “portale” di interfacciamento verso l’esterno e dunque ne mostra, certo con risvolti talvolta anche potenzialmente negativi, una caratterizzazione evolutiva di adattamento ai nuovi contesti operativi, che ne ha fortemente potenziato l’interattività ma di sicuro anche la vulnerabilità nel medio-lungo termine (pensiamo, principalmente, alla fortissima esportazione diretta di blocchi di estratto locale; ma non sfugge neppure il fatto che il nuovo “business” così profilatosi può aver indotto una relativa minor attenzione all’investimento di processo ed all’innovazione di prodotto nella fase della trasformazione industriale, soprattutto dalla quale, invece, continua ad esser sostenuta la rinomanza e la relativa “identificabilità” commerciale di tutto il sistema). Guardando ora agli acquisti dell’intero comparto, le cui consistenze e distribuzione costituiscono i riferimenti base per la valutazione della prima parte dell’impatto diretto, si nota innanzitutto che, dei circa 920 milioni di Euro stimati, poco più di 210 sono effettuati sull’estero e intorno ai 110 sul resto d’Italia. Ma circa altri 100 milioni ricadono sulle Province finitime di Lucca e La Spezia (oltre che sulla Lunigiana, intuibilmente sempre di rilevanza molto modesta), mentre ammontano a quasi 500 milioni quelli “locali”. Su questi ultimi, com’era da attendersi, torna ad emergere la netta dominanza (un po’ oltre i

Quadro "tipico" delle vendite A. M. e C.+O. R. MS+LU+SP Resto d'Italia Estero Totale

"rilevanti" del comm. - Distr. % su tot.

Prod. della lavor. dei miner. non met. 9 5 19 12 46Comm. all'ingr. e al dett. 23 2 10 19 54TOTALE 33 7 29 31 100

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3/5) degli “auto-acquisti”, ovvero di quelli dovuti ai passaggi fra fasi diverse del settore studiato (Tav. 8). Tav. 8 – Acquisti totali stimati per il comparto lapideo locale Risalta qui particolarmente la forte discrasia fra la quota relativamente modesta segnata dall’intera branca commercio, nella quale ricade appunto l’ingrosso dei materiali lapidei, rispetto alla molto più cospicua somma registratavi dal lato delle vendite e non c’è che ripetere ulteriormente l’incidenza avuta qui dall’errata identificazione settoriale dei “partners” d’affari da parte di molti dei rispondenti all’indagine. Va peraltro aggiunto che, in questo caso, anche tenendo conto di spiegazioni e precisazioni più dettagliate raccolte telefonicamente presso molte aziende su cosa fossero in gran parte quegli acquisti dichiarati sul commercio locale (carburanti, riparazioni e talvolta perfino veicoli, una miriade di piccoli approvvigionamenti di cancelleria, utensili vari, attrezzeria minuta, generi di conforto, legname, chimici, ecc., ecc.), si è arrivati a poter definire che, sempre “sovrabbondando” per non prestarsi ad una facile critica di aver teso a “gonfiare” le risultanti grandezze d’impatto, si doveva ridurre di non oltre 1/3 il Valore della produzione locale stimata, sull’intera area, per la branca “Commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazioni di beni mobili” allorché si doveva poi procedere a considerarla come base per il calcolo dell’impatto. In altri termini: 2/3 almeno di tale valore si considera specifico ad attività commerciali fornitrici di inputs non lapidei al comparto lapideo stesso. Precisato ciò sul commercio in particolare, passiamo a rilevare che la stima dell’impatto di tutto l’insieme degli acquisti in esame, distribuito fra le varie branche dell’economia locale, porta a valutarvi un’“attivazione diretta” extra-comparto di circa 930 posti di lavoro (Graf. 1 e Graf. 2), che dunque si aggiungono agli oltre 4300 già contati all’interno di esso. La branca “non lapidea” maggiormente interessata è quella dei trasporti e comunicazioni, seguita, se si guarda all’occupazione in particolare, proprio da quella del commercio e poi, pressoché su valori uguali, dalle banche ed assicurazioni, dall’insieme dei servizi alle imprese e dalla metalmeccanica. Su quest’ultima è importante annotare che le informazioni direttamente raccolte nel corso dell’indagine, sia presso le aziende del lapideo sia presso

Massa finanziaria di acquisti "rilevanti"

Milioni di Euro 2006 A. M. e C.+O. R. MS+LU+SP Resto d'Italia Estero Totale

Acquisti interni al comparto 318,3 86,7 32,5 172,4 609,9

-di cui al comm. all'ingr. e al dett. 8,3 0,6 0,7 0, 4 9,9

Legno e prod. in legno 2,9 4,3 9,2 0,1 16,6

Industria chimica 3,4 0,0 6,8 7,9 18,1

Industria metalmeccanica 34,5 1,6 24,0 0,3 60,4

En. el., gas e acqua 20,3 0,0 16,9 0,0 37,2

Comm. all'ingr. e al dett. 16,5 1,2 1,4 0,7 19,9

Trasp., magazz. e comunic. 40,6 3,8 13,0 30,8 88,2

Serv. bancari, assic. e finanz. 26,1 1,3 4,0 0,0 31,4

Inform., ricerca, att. profess. 13,0 1,3 2,0 0,1 16,4

Immob. e nol. beni mobili 13,0 1,6 2,5 0,0 17,0

Altre branche di attività 2,7 0,6 1,3 0,7 5,3

TOTALE 491,4 102,4 113,6 213,0 920,4

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qualche “testimone privilegiato” interno a quelle della branca in questione, hanno pienamente confermato la relativa scarsità dell’attivazione diretta tramite l’acquisto dei cosiddetti “grandi macchinari”. Graf. 1 Graf. 2

Impatto occup. diretto degli acq. localiextra-comparto

133

34

179

9

234

134

129

171135

12

Legno e prod. in legno

IndustriametalmeccanicaEn. el., gas e acqua

Comm. all'ingr. e al dett.

Alberghi e pubbl.eserciziTrasp., magazz. ecomunic.Serv. bancari, assic. efinanz.Inform., ricerca, att.profess.Altri serv. sociali eperson.Immob. e nol. di benimobiliAltre branche di attività

Impatto finanz. diretto degli acq. locali(milioni di Euro)

318,3

20,3 16,5

26,1

13,0

13,0

2,9

3,4 34,540,6

2,7

Acquisti interni delcompartoLegno e prod. in legno

Industria chimica

IndustriametalmeccanicaEn. el., gas e acqua

Comm. all'ingr. e al dett.

Trasp., magazz. ecomunic.Serv. bancari, assic. efinanz.Inform., ricerca, att.profess.Immob. e nol. di benimobiliAltre branche di attività

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Per questi resta semmai importante il legame, peraltro non economicamente quantificabile, dal lato delle innovazioni, delle “messe a punto”, delle segnalazioni di mercati (da dove vengono pietre lavorate, si lavorano pietre mediante macchine!), e così via. Si confermerebbe invece di notevole rilievo il rapporto che passa attraverso l’attrezzeria “minore” e soprattutto la grande massa dei cosiddetti “materiali di consumo” ed utensileria varia, a cui aggiungere la riparazione e la manutenzione sia dei macchinari in generale che quella (quando non l’acquisto) di macchine da movimentazione: entrambi le componenti non ricadono infatti nelle “riparazioni di beni mobili” sopra menzionate e comprese nella branca del commercio, ma si classificano statisticamente proprio dentro la metalmeccanica. Anche qui, va poi aggiunta qualche considerazione, sempre con le dovute cautele, su quanto emergerebbe dai quadri d’acquisto specifici alle tre differenti fasi del sistema lapideo complessivo. Sul versante della cava (Tav. 9), si evidenzia, com’era da attendersi, la grande incidenza dei costi dei materiali metalmeccanici, degli approvvigionamenti diversificati dalla branca del commercio e delle riparazioni (da cui, ripetiamo, proviene un’altra notevole quota dei materiali appena menzionati, oltre ai carburanti ed alle manutenzioni degli automezzi), dell’energia ed acqua ed anche di quanto pagato in termini di affitti e noleggi; ma, principalmente, spicca il peso dei costi finanziari che, nel caso specifico, si aggravano di quelli a copertura delle “preparazioni preliminari di coltivazione”, il cui rilievo è così grande da trovare ampio riscontro sugli ammortamenti. E’ invece modesto il costo dei trasporti, dato che questi vengono indicati dai rispondenti come per la maggior parte sostenuti dagli acquirenti. Tav. 9 - Il “prototipo” della cava Nella fase di trasformazione industriale, che potremmo indicare con l’attributo “in senso stretto” per distinguerla dai granulati, salgono invece vertiginosamente, com’era scontato, i costi per l’approvvigionamento di materiali estratti, in buona parte provenienti anche dall’estero o (in misura nettamente minore) dal resto d’Italia, nonché quelli per le sotto-fasi interne (segagione, trattamenti, rifiniture varie, integrazione del proprio prodotto con prodotti complementare o semilavorati di altri, ecc.). Restano poi comunque in relativa evidenza anche gli acquisti di materiali metalmeccanici, di l’energia ed acqua e per i servizi bancario-assicurativi, ai quali qui si affiancano quelli per i trasporti.

Quadro "tipico" degli acquisti A. M. e C.+O. R. MS+LU+SP Resto d'Italia Estero Totale"rilevanti" della cava - Distr. % su tot.

Industria metalmeccanica 15 0 26 0 41En. el., gas e acqua 7 0 1 0 8Comm. all'ingr. e al dett. 21 0 0 0 21Serv. bancari, assic. e finanz. 14 0 0 0 15Inform., ricerca, att. profess. 4 0 0 0 4Immob. e nol. di beni mobili 7 0 2 0 9Altre branche di attività 2 0 0 0 2TOTALE 70 0 30 0 100

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Questi ultimi hanno invece un’incidenza addirittura di vertice nel caso dei granulati, dove si allineano addirittura a quelli per i materiali di base e sono seguiti da poco lontano da quelli per l’energia ed acqua (Tav. 10, in aggregato con le lavorazioni per doverosa riservatezza verso i troppo pochi casi rilevati). Tav. 10 - Il “prototipo” della trasformazione industriale (lavorazione+ granulati) La fase commerciale (Tav. 11) mostra infine un “carico” di spicco molto accentuato sulla cava locale (coerente, dunque, col vistoso fenomeno di imbarchi di estratto grezzo presso il porto di Marina di Carrara), seguita dal materiale di provenienza esterna e principalmente estera (pure qui, con ampio riflesso sui traffici portuali locali). Modesta è invece la quota di acquisti dalla produzione, a testimonianza ulteriore del fatto che la funzione commerciale, accentuatasi recentemente d’importanza nella “catena realizzativa del valore”, viene quasi sempre integrata all’interno da parte delle aziende di trasformazione industriale. Sul rimanente quadro degli acquisti del commercio restano poi da segnalare solo i costi per i trasporti, fra i quali si evidenzia in misura nettamente più elevata che altrove la quota di quelli sostenuti su aziende estere. Tav. 11 - Il “prototipo” del commercio all’ingrosso di lapidei A questo punto vanno messe in campo le altre misure rilevate a completamento del quadro di impatto diretto, fra cui, soprattutto quella che passa per la notevolissima mole delle retribuzioni distribuite. Va innanzitutto precisato, in merito ad essa, che l’indagine ha teso ad accertare, in primo luogo, il vero e proprio “costo del lavoro” sostenuto dalle aziende. Si tratterebbe di ben 235,0 Milioni di Euro, ripartiti fra i 4850 addetti complessivi del comparto, che risulterebbero composti per quasi 6/10 da

Quadro "tipico" degli acquisti A. M. e C.+O. R. MS+LU+SP Resto d'Italia Estero Totale

"rilevanti" della trasf. - Distr. % su tot.

Estraz. di min. non energetici 17 1 1 8 27Legno e prod. in legno 1 1 3 0 5Industria chimica 1 0 2 2 6Prod. della lavor. dei miner. non met. 19 2 1 1 22Industria metalmeccanica 5 0 1 0 7En. el., gas e acqua 4 0 5 0 8Comm. all'ingr. e al dett. 2 1 0 0 3Trasp., magazz. e comunic. 9 0 4 0 13Serv. bancari, assic. e finanz. 4 0 1 0 5Altre branche di attività 3 0 1 0 4TOTALE 64 6 18 12 100

Quadro "tipico" degli acquisti A. M. e C.+O. R. MS+LU+SP Resto d'Italia Estero Totale

"rilevanti" del comm. - Distr. % su tot.

Estraz. di min. non energetici 33 15 5 27 80Prod. della lavor. dei miner. non met. 5 0 0 1 6Trasp., magazz. e comunic. 2 0 0 6 9Altre branche di attività 3 1 0 0 5TOTALE 44 16 6 34 100

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operai e simili, poi per poco più di 1/5 da impiegati e tecnici dipendenti e per 1/5 ulteriore da indipendenti. A questi ultimi, per i quali era intuibilmente poco proponibile una domanda sui profitti goduti, si è avuto cura di assegnare sempre, laddove non indicata, una “retribuzione figurativa”, pari allo stipendio medio degli impiegati e tecnici stessi. Se si pensa che, secondo tabelle di costo orario cortesemente fornite da un imprenditore, sulla retribuzione oraria in cava ed in lavorazione, ad esempio per un inquadramento di Livello C”, l’incidenza delle quote pagate ad INPS, INAIL e Sindacato presentano valori di 21,7%, 8,2%, 0,4% e di 21,9, 8,1 e 0,3%, si comprende subito il cospicuo contributo che ne deriva ai rispettivi Enti e rappresentanze, presso le quali, dunque, vengono in tal modo sostenuti ulteriori posti di lavoro. La massa retributiva “netta in busta” che resta distribuita agli addetti in questione è di 110,3 milioni di Euro, dei quali 98,2 %, stando alle residenze indicate, andrebbero, in linea di principio, ad impattare sull’economia locale per acquisti di beni o servizi, mentre ulteriori 9,3 vanno verso la Lunigiana e , soprattutto, le finitime aree delle province di La Spezia e di Lucca. A seguito di questo impatto, nella zona di studio verrebbero attivati, stando alla tavola ISTAT di distribuzione delle spese delle famiglie, altri 898 addetti/anno, con il commercio, com’era atteso, in posizione di assoluto spicco, seguito a molta distanza dagli alberghi e pubblici esercizi, dai servizi vari alla persona (parrucchiere, lavanderia, domestici, ecc.) e poi dall’edilizia e strette connesse (piastrellatori, imbianchini, installatori di impiantistica edile, ecc.) (Graf. 3). Graf. 3 Il quadro dell’impatto occupazionale diretto è così completo e presenta le eloquenti cifre di cui alla Tav. 12.

Impatto occupaz. diretto locale da spesa delle retribuzioni nette

12 42

584

86

20

26

8121

72 14 1

En. el., gas e acqua

Edilizia e stretteconnesseComm. all'ingr. e al dett.

Alberghi e pubbl. esercizi

Trasp., magazz. ecomunic.Serv. bancari, assic. efinanz.Inform., ricerca, att.profess.P.A., dif., assic. soc.obblig.Istruzione

Sanità e assistenza

Altri serv. sociali eperson.Immob. e nol. di benimobili

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Tav. 12 – L’impatto occupazionale diretto locale del comparto lapideo nel suo insieme A chiudere lo scenario vengono poi (Tav. 13), in primo luogo, oltre 42 milioni Euro di ammortamenti, principalmente per macchinari ed edifici, dunque destinati a tradursi, nel medio termine, in acquisti di sostituzione. Tav. 13 – Le altre “cifre rilevanti” dell’impatto locale del settore in esame Poi si sarebbe arrivati a contare 9,8 M€ di pagamenti di “imposte e tasse” ai Comuni della zona (con Carrara in scontata posizione di assoluto spicco); ma va subito aggiunto che la “ricostruzione” di tale somma ha accusato un’evidente lacuna, visto che il gettito previsto per l’anno 2006, indicatoci dalle rispettive Amministrazioni, arriverebbe attorno ai 16 Milioni. Da

Addetti "annui" nelle 3 componenti (discriminante s ulle unità locali) del comparto lapideo e impatti d iretti

Addetti per area territoriale di residenza

(stima della ripartizione %) Val. assoluto

Addetti "annui" (Arch. ASIA ISTAT) A. M. e C.+O. R. MS+LU+SP Resto d'Italia Estero Totale

Cava 98,2 1,8 0,0 0,0 1024

Lavorazioni varie e granulati 97,5 1,2 1,3 0,0 2427

Commercio * 61,8 30,6 1,8 5,8 1399

TOTALE ADDETTI NEL COMPARTO 89,0 8,5 1,1 1,4 48504318 410 53 69

Imp. dir. degli acquisti extra-comp. * 27,5 19,1 15,4 38,0 3378929 645 520 1285

90,3 8,6 1,1 0,0 994Imp. diretto dalla massa retrib. netta 898 85 11 0

66,6 12,4 6,3 14,7 9222Impatto diretto complessivo 6144 1141 584 1353

* = In base ai risultati d'indagine, è stato escluso 1/3 dell'impatto sul commercio, poiché da attribuire ad "auto-acquisti"

Stime non scientificamente controllabili; valide essenzialmente come ordine di grandezza

Altre "cifre rilevanti" attivate dal comparto lapid eo (milioni di Euro, salvo diversa indic.)

Imposte e tasse varie M€ M€ Donazioni, sponsorizzazioni, ecc. M€ 2,1

Rilev. Dovuti

Ai 4 Comuni della zona 9,8 (16,0) Massa retributiva netta M€ 110,3

Alla Pr. di Massa Carrara 0,2 - di cui ripart. territ. stimabile

Alla Regione Toscana 3,0 A. M. e C.+O. R. MS+LU+SP Resto d'Italia Estero

Allo Stato italiano 44,0 M€ M€ M€ M€TOTALE 56,8 98,2 9,3 1,2 1,6

Ammortamenti M€ Trattenute+"Oneri riflessi" M€ 124,7

Immob. (terr. ed edifici) 7,2

Imp., macch. ed attr. 23,3 Export: 416,7 M€ (1024 add. Estr. + 2427 Lavor. + 139 9 Ingr.)

Altri analoghi 15,7 [ 413,7 M€]TOTALE 46,2 (Ma LU: 135,9 M€ (429 add. Estr. + 1900 ca. Lavor. + 900 ca. Ingr.)

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segnalare, poi, i 3 milioni di Euro alla regione Toscana (forse anche qui qualche carenza) e i ben 44 allo Stato. Infine, si stimerebbero perfino circa 2,1 milioni di Euro di “donazioni, emolumenti vari, sponsorizzazioni sportive, ecc.”. A seguito di tutto questo, resta già a questo punto davvero ben sottolineato quanto il comparto, di cui si sono tentate queste misurazioni, debba considerarsi ancora come “colonna portante” dell’economia della zona. Eppure, la valutazione non è finita qui. 2.2 - L’impatto indiretto e quello indotto Spunti di riflessione e qualche misura riguardo all’impatto indiretto Vediamo ora di fare alcune valutazioni, quando non qualche tentativa misurazione, di quello che può intendersi come “impatto indiretto” locale del settore lapideo, ovvero su quali attività, con relative consistenze occupazionali, sono legate in misura particolarmente stretta ad esso al di là di quanto già visto sulle relazioni economiche dirette. E’ certo un esercizio esclusivamente ipotetico, ma sempre molto significativo, del tipo “Cosa accadrebbe se l’attività studiata, improvvisamente, cessasse di esistere in tempi relativamente rapidi?”. Il sistema produttivo locale “dipendente”, da richiamare in primo luogo all’attenzione, è certo quello del Porto di Marina di Carrara: senza i volumi di traffico che il comparto lapideo continua ad assicurarvi, è chiaro che la sostenibilità economico-funzionale dell’intera struttura, anche così come ora si presenta, crollerebbe, trascinando con sé molte delle attività e dei posti di lavoro che proprio l’indagine specifica, ultimata e presentata qualche mese fa, ha messo in evidenza e consentito di misurare. Per darne una quantificazione tentativa, è certo opportuno escludere dal calcolo non solo la rilevantissima massa di occupazione indotta dal funzionamento dell’intero “sistema” che sul Porto medesimo si incardina ed ha un impatto indotto sull’economia locale, ma anche alcune attività di impatto diretto che è ragionevole supporre, in questa ipotetica simulazione di scenario catastrofico, potrebbero comunque trovare gli elementi base per proseguire la loro attività: ci riferiamo al grande cantiere navale e ad alcune piccole frazioni occupazionali come quella costituita dai concessionari demaniali per attività commerciali che potrebbero continuare a resistere legandosi all’impatto (al momento peraltro molto modesto) della funzione di ormeggio dei natanti da diporto. A tali esclusioni bisogna poi aggiungere, sempre per evitare la troppo facile critica di “gonfiare i numeri” ma stimando per così dire “a buon senso”, almeno 1/3 dell’insieme delle agenzie marittime e degli spedizionieri, poiché presumibilmente sostenuta da altri traffici locali orientati a terminali esterni o ad altre modalità di trasporto. Fatti questi “ragionevoli sconti”, fermandosi al solo impatto occupazionale diretto ma includendo ovviamente in questo quello delle masse retributive implicate, va considerato che si parlerebbe del crollo di quasi 800 occupati (Tav. 14).

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Sempre l’indagine specifica al porto ha poi chiaramente mostrato che quantomeno una parte molto cospicua del metalmeccanico locale, in particolare quello realizzatore di manufatti straordinariamente grandi e pesanti, è così legata alla presenza del porto commerciale e delle sue straordinarie attrezzature di sollevamento e carico (pur non potendone da sola sostenere la persistenza) da trovarsi costretta pressoché sicuramente, in caso di assenza della struttura in questione, ad abbandonare l’area alla ricerca di altre prossimità analoghe. Verrebbero così a sommarsi altri circa 1200 posti di lavoro, senza contare quanto deriverebbe dalla perdita (rinviamo ancora alla relazione conclusiva dell’indagine sopra ricordata) di 7,5 milioni di Euro di imposte e tasse varie (Comune di Carrara, Provincia, Regione e Stato) e quasi 20 milioni di IVA riscossa, di 5,3 milioni di ammortamenti annui destinati ad investimenti successivi di sostituzione e infine di ben 93 milioni di lavori pluriennali di grande infrastrutturazione. Tav. 14 – Ragguaglio sintetico sui principali riferimenti di impatto “indiretto” locale del comparto lapideo Considerato poi che i 234 addetti di impatto diretto del comparto lapideo, sopra misurati sul settore dei trasporti e comunicazioni, esauriscano davvero le ulteriori conseguenze sul medesimo, possiamo poi passare a mettere nel conto degli effetti indiretti qui esaminati quanto segue:

- almeno una metà, più o meno circa 300 posti di lavoro, delle altre attività locali di lavorazione dei non metalliferi non strettamente ricadenti nel comparto lapideo, cioè la produzione di abrasivi, di refrattari e di materiali da costruzione, che ad esso sono però da considerare quantomeno in buona misura “collaterali”, quando non proprio legate tecnicamente;

- un insieme di iniziative culturali (museo, alcune mostre, celebrazioni e simili, ecc.) promosse e sostenute dalla fortissima tradizione e consistenza storica che si incardina sulla lavorazione di una pietra così artisticamente rinomata;

Coinvolgimenti settoriali aggiuntivi Add./anno Val. agg. loc. stim. (Mil. di €)

Abrasivi, refratt. e ceramiche Presum. 50% 300 40,5

Sistema portuale (selezionato) Da ind. su Porto 878 10 9,7 (-: cant., 1/3 spediz., con. dem.)

Metalm. legata al porto comm. Grandi manuf. 1170 60,8

Altra prod. di macch. specif. * Scarsa: <3% Difficile valutare la caduta del rilevante legame t ecnico

Iniz. promoz. e culturali varie Stima riduttiva 50 Non valut. Caduta caratterizz. e ident. cultur.

Cons. su tur. e "visibil." intern. e politca Diffic ile valutare Caduta immag./miglior. ambient.

Da distretto industriale lapideo a distretto indust riale nautico? ….. Ce n'è di strada da fare!

* = Valutazioni tentative, supportate da raccolta di pareri da operatori locali esterni al lapideo

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- non sarebbe mai nata non solo la Internazionale Marmi e macchine ma anche e soprattutto la struttura fieristica periodicamente ospitante la “Marmotec” e che ora si è così brillantemente ricollocata a potente supporto di una “stella nascente” dell’economia locale come la nautica;

- vi sarebbe sicuramente una caduta, di portata presumibilmente non trascurabile, anche di “visibilità” della zona all’interno di un ben noto mondo di “VIP” che periodicamente si affascina del frequentarne i panorami produttivamente così specifici;

- scomparirebbero i presupposti a sostegno della ben nota “Strada del marmo”, certo resa opportuna anche dalle problematiche ambientali e di viabilità connesse al settore in esame, ma di indubbia ricaduta positiva sull’infrastrutturazione locale e di non trascurabile impatto sul contesto economico più generale di tutta l’area.

Infine, è noto (e molti rispondenti alla nostra indagine hanno pienamente confermato) il forte legame tecnico che il turismo locale ha con le lavorazioni lapidee e soprattutto (ma non solamente) con gli ambienti di cava. Si tratta di una consistente attività di visite organizzate e guidate e va poi aggiunto che tale attrattiva, non solo inserisce un elemento del tutto peculiare e fortemente identificativo nell’offerta turistica complessiva locale (la cui “base” resta peraltro certamente di carattere ambientale e principalmente marittima), ma che fa anche da continuo e potente veicolo di “rafforzamento comunicativo esterno” dell’immagine dei prodotti lapidei della zona, che ne beneficiano poi sicuramente non poco nei mercati di provenienza dei visitatori stessi. E si sa bene, dagli operatori del settore turistico così come dai suoi esperti di marketing, che chi prende in considerazione questa attrattiva come discriminante aggiuntiva di una scelta fra alternative vacanziere diverse, magari ambientalmente anche più accattivanti, preferisce di gran lunga trovare un contesto produttivo locale specifico ben “vivo e funzionante”, anziché una artificiosa costellazione di riferimenti museali e rievocativi “morti” e consegnati alla Storia. Si può quindi passare a commentare le stime dell’impatto indotto dell’attività lapidea locale, in tal caso considerata senz’altro nel suo insieme. Ricordiamo preliminarmente che, per impatto indotto, si intende quell’insieme di relazioni ed attività economiche che vengono attivate, in diverso grado e misura, dalla domanda di beni e servizi proveniente da uno specifico settore produttivo. Nel caso qui trattato, la stima è resa oltremodo complessa dalla forte integrazione che ne caratterizza la filiera: dall’escavazione, alla lavorazione e poi alla vendita del materiale lapideo. Se dunque tale stima dovrà evidenziare quali siano i vantaggi, in termini economici, dello sviluppo di queste attività quale volano per tutte le altre imprese del territorio locale che con esse hanno un rapporto produttivo funzionale, sarà necessario anche disaggregare l’analisi rispetto alle tre fondamentali fasi sopra indicate. Inoltre, sarà opportuno scontarne i già computati impatti diretti, al fine di evitarne una duplice considerazione. La stima si basa sull’utilizzo delle matrici input-output, che appunto ricavano grandezze econometriche proprio in funzione non solo dell’intreccio dei

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settori economici attivati dalle attività in esame con queste stesse, ma tengono poi anche conto delle ulteriori ridondanze interne all’insieme completo di relazioni intersettoriali che strutturano l’intero ambito economico-produttivo studiato. Alla tecnica di stima della matrice locale è dedicata la nota metodologica in Appendice al rapporto, nella quale ne sono stati più dettagliatamente illustrati i criteri di applicazione al caso specifico. È tuttavia importante richiamare anche qui gli elementi essenziali dell’utilizzo di questo strumento. Come sopra accennato, l’assunto principale da cui esso parte è che sia possibile studiare il “valore” delle branche produttive sulla base degli scambi intersettoriali che queste instaurano, globalmente e dinamicamente, all’interno di un contesto economico definito: in altre parole, nelle tavole input-output è possibile tener conto della quantità di beni che vengono ceduti da un determinato settore produttivo agli altri settori del sistema per l’espletamento della propria attività, compresa la quota di “autoconsumo”, ovvero di beni che sono riacquistati dalla stessa branca. Queste tavole si rapportano poi al quadro più generale dell’intera economia anche per un’altra via, in quanto alla matrice degli interscambi settoriali sopra descritta se ne affiancano altre due, che spiegano la struttura dell’economia stessa, rappresentandone i macro-aggregati più importanti per la definizione sia delle risorse necessarie all’attività produttiva sia degli impieghi finali che il sistema è in grado di produrre: stiamo facendo riferimento al valore aggiunto, al volume delle imposte e dei consumi, al valore delle importazioni e delle esportazioni, alla massa degli investimenti, ecc. . In questo senso, la lettura di una tavola input-output presenta la vera e propria “mappa” di un sistema economico, nella quale è possibile leggere i collegamenti e l’intensità dei flussi produttivi che questi generano. Ma questo livello di analisi non è ancora di per sé sufficiente a capire in che misura ed in quale grado tali interscambi riescano a generare una diversa intensità di impatto economico sul territorio di riferimento. A tal fine è indispensabile utilizzare altre matrici, derivate dalla tavola input-output, nelle quali è possibile leggere in specifico la composizione settoriale dei flussi di produzione (la cosiddetta “matrice dei coefficienti tecnici”) e l’attivazione che ogni settore è così in grado di trasmettere a quelli ad esso collegati: ovvero, appunto, stimare l’indotto creato dal settore produttivo che è oggetto di valutazione. Quest’ultimo aspetto delle tavole input-output è certamente quello più interessante, in quanto consente non solo di interpretare con maggiore accuratezza i legami intersettoriali medesimi, ma soprattutto di simulare le ricadute delle variazioni produttive di un settore “attivante” sull’intera economia locale. Come già evidenziato nella nota metodologica, la maggiore difficoltà nell’utilizzo di questa classe di strumenti di analisi, consiste nella loro difficile composizione qualora la dimensione dell’analisi di impatto non sia di livello nazionale (per il quale esistono le matrici fornite dall’ISTAT), ma di livello regionale o locale. La difficoltà consiste non tanto nella riproducibilità della metodologia di analisi, ma essenzialmente nella disponibilità di dati di contabilità economica

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caratterizzati da una forte disaggregazione territoriale e soprattutto classificati per branca di attività produttiva. Chiarite queste premesse, possiamo rinviare ai criteri descritti nell’Appendice metodologica chi volesse più dettagliatamente considerare come la tavola input-output del sistema economico locale è stata stimata partendo da quella nazionale. Inoltre, proprio per coerenza metodologica con i dati di base disponibili e utilizzabili per tale messa a punto, teniamo a ribadire, anche per la corretta lettura dei risultati che saranno qui di seguito commentati bisognerà tenere presente che la stima dell’indotto che sarà fornita, ovviamente anche assieme ad una quantificazione complessiva, prende le mosse dall’articolazione in tre branche produttive: ”Estrazione di minerali non energetici”, “Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi” e “Commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di beni mobili”. Per quanto riguarda le prime due, è intuibile comprendere che la loro associazione logica, a scala locale, con le attività lapidee in particolare, non vi sono problematiche davvero rilevanti di verosimiglianza; per la terza branca, invece, esse divengono tali da rendere necessaria l’assunzione di alcune ipotesi limitative, in conseguenza delle quali, quindi, è doveroso ripetere quanto più volte detto anche in altri momenti di questo studio sulla cautela con cui devono essere considerati i risultati presentati. L’impatto indotto dell’“Estrazione di minerali non energetici” L’analisi della matrice dei coefficienti tecnici, derivata dalla matrice input-output del sistema economico locale e che permette di valutare il fabbisogno diretto degli input di produzione interno, mostra che questa branca riceve input produttivi (ovvero flussi di beni che vengono utilizzati per l’attività) soprattutto da atre sei, elencate di seguito in ordine di importanza:

1. Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazioni7; 2. Industria metalmeccanica; 3. Informatica, ricerca, altre attività professionali; 4. Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni; 5. Servizi immobiliari e noleggio; 6. Intermediazione monetaria e finanziaria.

Il calcolo della matrice inversa di Leontief e dei relativi moltiplicatori settoriali conduce al quadro (Tav. 15, Graf. 4, Graf. 5) dei consumi intermedi indotti tra le 27 branche in cui è stata suddivisa l’economia locale. I dati mostrano, appunto, come il 90% di tali consumi derivi dai 6 sopra indicati, oltre a quello intestatario dell’impatto; spiccano, in particolare, i circa 72 milioni di Euro per il “Commercio e riparazioni”, i 66 per l’“industria metalmeccanica” metalmeccanica” ed i 30 per i “Trasporti e comunicazioni”, evidenziando perciò che un eventuale incremento (ma può ovviamente valere anche per il contrario) delle attività della branca attivante avrebbe su queste le ripercussioni più positive. Merita ricordare che, specie avendo fatto menzione anche della branca del “Commercio e riparazioni”, dove sta l’assai cospicua componente

7 Confidiamo, da qui in poi, che ci venga fatto sconto, nel commento, di una semplificazione delle “etichette” richiamate.

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dell’ingrosso di materiali lapidei, le stime in questione sono già al netto degli impatti diretti valutati nel capitolo precedente e che, nuovamente per evitare una possibile critica di “gonfiamento delle cifre” messe in campo, vengono anche escluse del tutto alcune “frazioni residuali” di impatto indotto ricadenti comunque all’interno delle altre due branche di attività che compongono l’intero comparto studiato (vedi, appunto, tav. 15). Tav. 15 - Composizione percentuale dei consumi intermedi indotti dalle

attività della branca ”Estrazione di minerali non energetici”.

Milioni di € 2006 valore % rango

1 Agricoltura, caccia e silvicoltura 0,0 0,0 25

2 Pesca, piscicoltura e servizi connessi 0,0 0,0 27

3 Estrazione di minerali non energetici 0,6 0,3 16

4 Alimentari, bevande e tabacco 0,6 0,3 17

5 Tessili ed abbigliamento 0,1 0,1 21

6 Concia, prodotti in cuoio, pelle e calzature 0,0 0,0 26

7 Legno e dei prodotti in legno 0,3 0,1 18

8 Carta, stampa ed editoria 0,1 0,1 20

9 Coke, raffinerie di petrolio, trattam. dei comb. nucleari 1,2 0,6 12

10 Prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali 1,1 0,5 14

11 Articoli in gomma e materie plastiche 0,0 0,0 23

12 Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 3,3 1,6 9

13 Industria metalmeccanica 66,0 32,3 2

14 Mezzi di trasporto 1,1 0,5 15

15 Altre industrie manifatturiere 0,0 0,0 24

16 Produz. e distribuzione di energia elettrica di gas e acqua 2,5 1,2 10

17 Edilizia e strette connesse 3,6 1,8 8

18 Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazioni 72,2 35,3 1

19 Alberghi e ristoranti 3,7 1,8 7

20 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 30,1 14,7 3

21 Intermediazione monetaria e finanziaria 4,3 2,1 5

22 Servizi immobiliari e noleggio 4,0 1,9 6

23 Informatica, ricerca, altre attività professionali 6,8 3,3 4

24 Pubblica Ammin. e difesa; assicur. sociale obbligatoria 0,1 0,0 22

25 Istruzione 0,1 0,1 19

26 Sanità e altri servizi sociali 1,1 0,5 13

27 Altri servizi pubblici, sociali e personali 1,5 0,7 11

TOTALE 204,3 100 Sulla base di questi risultati è quindi possibile valutare che l’indotto della branca rappresenta una quota di circa il 6,9% del valore complessivo della produzione realizzata dal sistema produttivo locale (204 milioni di Euro circa);

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mentre per quanto riguarda invece il valore aggiunto la quota su quello totale è quantificabile nel 6,1% (184 milioni di Euro circa). I grafici che seguono illustrano la composizione percentuale del valore della produzione e del valore aggiunto nelle differenti branche produttive, attivato dall’indotto sopra indicato. Graf. 4 - Composizione % del valore della produzione dovuto all’indotto dell’”Estrazione di minerali non energetici”.

32%

28%

13%

10%

3%

10%

4%

Comm. all'ingr. e al dett.

Industria metalmeccanica

Trasp., magazz. ecomunic.

Immobiliari e noleggio

Inform., ricerca, att.profess.

Serv. bancari, assic. efinanz.

Altre branche di attività

Graf. 5 - Composizione % del valore aggiunto dovuto all’indotto

dell’”Estrazione di minerali

30%

21%16%

10%

14%

5%

4%Comm. all'ingr. e al dett.

Immobiliari e noleggio

Industria metalmeccanica

Trasp., magazz. ecomunic.

Inform., ricerca, att.profess.

Serv. bancari, assic. efinanz.

Altre branche di attività

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Per quanto riguarda infine la stima delle Unità di Lavoro8 “derivanti”, nelle branche industriali extra-lapidee suddette, dall’insieme di queste attivazioni, il valore ottenuto assomma a ben 1.091. L’impatto indotto della branca “Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi” Sempre secondo la matrice dei coefficienti tecnici, la branca “Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi” risulterebbe ricevere input produttivi soprattutto da altre cinque (oltre che, marcatamente, da se stessa), di seguito elencate (Tav. 16):

1. Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazioni; 2. Industria metalmeccanica; 3. Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni; 4. Informatica, ricerca, altre attività professionali; 5. Edilizia e strette connesse.

Naturalmente, pure l’Estrazione di minerali non energetici vi spicca per rilevanza di input produttivo, ma ribadiamo ancora che il ruolo è qui fortemente ridimensionato dall’elisione dell’impatto diretto già precedentemente considerato. Tav. 16 - Composizione percentuale dei consumi intermedi indotti dalla

branca ”Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi”.

Milioni di € 2006 valore % rango

1 Agricoltura, caccia e silvicoltura 0,0 0,0 25

2 Pesca, piscicoltura e servizi connessi 0,0 0,0 27

3 Estrazione di minerali non energetici 1,7 0,3 12

4 Alimentari, bevande e tabacco 0,7 0,1 17

5 Tessili ed abbigliamento 0,1 0,0 20

6 Concia, prodotti in cuoio, pelle e calzature 0,0 0,0 26

7 Legno e dei prodotti in legno 0,3 0,1 18

8 Carta, stampa ed editoria 0,1 0,0 21

9 Coke, raffinerie di petrolio, trattam. dei comb. nucleari 1,4 0,3 13

10 Prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali 1,2 0,2 16

11 Articoli in gomma e materie plastiche 0,1 0,0 23

12 Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 184,4 36,1 1

13 Industria metalmeccanica 79,2 15,5 3

8 Si precisa che, con particolare riguardo alla stima dell’impatto indotto, appare inaccettabile ripetere l’operazione, invece utile e metodologicamente più giustificabile, di associare i valori di produzione di ciascuna branca agli addetti/anno forniti dall’Archivio ASIA dell’ISTAT, peraltro certamente più “intellegibili” a chi non abbia una radicata dimestichezza tecnica con le matrici input-output. Si è dunque dovuto ritornare alle Unità di lavoro fornite dall’IRPET e peraltro coerenti con stime ISTAT a scala di provincia, delle quali abbiamo già indicato i forti sospetti di sottostima nel caso specifico di studio ma che, per i motivi appena espressi, non hanno qui un’alternativa scientificamente “certificata”.

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14 Mezzi di trasporto 1,2 0,2 15

15 Altre industrie manifatturiere 0,0 0,0 24

16 Produz. e distribuzione di energia elettrica di gas e acqua 2,9 0,6 11

17 Edilizia e strette connesse 29,1 5,7 6

18 Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazioni 120,8 23,7 2

19 Alberghi e ristoranti 4,3 0,8 10

20 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 34,0 6,7 4

21 Intermediazione monetaria e finanziaria 5,9 1,2 8

22 Servizi immobiliari e noleggio 5,0 1,0 9

23 Informatica, ricerca, altre attività professionali 30,0 5,9 5

24 Pubblica Ammin. e difesa; assicur. sociale obbligatoria 0,1 0,0 22

25 Istruzione 0,1 0,0 19

26 Sanità e altri servizi sociali 1,3 0,3 14

27 Altri servizi pubblici, sociali e personali 6,2 1,2 7

TOTALE 510,4 100 Le 5 branche sopra citate riassumono il 57,4% dei consumi intermedi di quella qui in esame e si arriva addirittura al 93,6% se vi includessimo l’effetto “residuo” di auto-attivazione; vedi ancora Tav. 16). Vi spiccano principalmente i 120,8 milioni di Euro del commercio e riparazioni ed i 79,2 della metalmeccanica. I coefficienti di attivazione dati dall’inversione della matrice di Leontief ci danno poi un impatto indotto complessivo della branca qui in esame che, sul valore totale della produzione locale, segna una quota del 18,2% (1.115 milioni di Euro, distribuiti come da Graf. 5). Graf. 5 – Composizione % del valore della produzione dovuto all’indotto

della branca “Prodotti della lav. di minerali non metalliferi”.

38%

20%

13%

7%

6%

5%

11% Prod. della lav. di min.non met.

Comm. all'ingr. e aldett.

Industriametalmeccanica

Inform., ricerca, att.profess.

Trasp., magazz. ecomunic.

Immobiliari e noleggio

Altre branche di attività

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Per quanto riguarda, poi, il valore aggiunto, la quota di indotto specifico sul totale risulterebbe del 14,6% (443 milioni di Euro, distribuiti come da Graf.6). Graf. 6 - Composizione % del valore aggiunto dovuto all’indotto della branca

“Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi”.

30%

21%11%

9%

8%

14%

7%

Prod. della lav. di min.non met.

Comm. all'ingr. e aldett.

Immobiliari e noleggio

Inform., ricerca, att.profess.

Industriametalmeccanica

Trasp., magazz. ecomunic.

Altre branche di attività

La stima delle Unità di Lavoro complessivamente derivanti dall’indotto in esame nelle sole branche industriali extra-lapidee suddette arriva a contarne ben 1.976. L’impatto indotto (della componente lapidea) della branca “Commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazioni di beni mobili” Rispetto alle due branche industriali del comparto lapideo, la stima dell’indotto per quella interna al “Commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazione di beni mobili” risente di numerose interferenze, visto che, alla scala locale, essa si mischia qui con una vasta tipologia di specificità tecnicamente e gestionalmente molto diverse. Un’applicazione “meccanica ed acritica” (per così dire) della procedura di stima, porterebbe infatti ad includere una quota fortissima di auto-attivazione, che peraltro non sarebbe comunque corretto attribuire interamente alla filiera del marmo e connessi. Sulla base di questa considerazione, vista la impressionante cospicuità già emersa nelle valutazioni di impatto diretto e quindi allo scopo di fornire delle stime prudenti, che preferibilmente evitino (a costo di cadere parzialmente nell’errore opposto) di gonfiare i valori misurabili, si è scelto di vincolare l’auto-attivazione della branca che conseguirebbe dalla componente lapidea all’abbattimento di ben ¾ delle quantità “meccanicamente” restituite dalla matrice input-output. Introdotto questo vincolo, passiamo allora a rilevare che, secondo i dati ancora una volta ricavati dalla matrice dei coefficienti tecnici, la branca riceve input produttivi soprattutto da altre 5, che elenchiamo di seguito, escludendo però, come sempre, dal computo quanto già misurato in termini di

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impatto diretto e che dunque, ulteriormente, abbatte molto anche il ruolo di “Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi” e addirittura azzera “Estrazione di minerali non energetici”; risultano così, malgrado queste drastiche operazioni al ribasso, messe in ordine decrescente (Tav. 17):

1. Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 2. Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazioni 3. Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 4. Informatica, ricerca, altre attività professionali 5. Industria metalmeccanica 6. Edilizia e strette connesse

Tav. 17 - Composizione percentuale dei consumi intermedi indotti dalla

branca ”Comm. all’ingrosso e al dettaglio; ripar. di beni mobili”.

Milioni di € 2006 valore % rango

1 Agricoltura, caccia e silvicoltura 0,0 0,0 24,0

2 Pesca, piscicoltura e servizi connessi 0,0 0,0 26,0

3 Estrazione di minerali non energetici 0,0 0,0 27,0

4 Alimentari, bevande e tabacco 0,6 0,2 16,0

5 Tessili ed abbigliamento 0,1 0,0 20,0

6 Concia, prodotti in cuoio, pelle e calzature 0,0 0,0 25,0

7 Legno e dei prodotti in legno 0,3 0,1 17,0

8 Carta, stampa ed editoria 0,1 0,0 19,0

9 Coke, raffinerie di petrolio, trattam. dei comb. nucleari 1,2 0,3 12,0

10 Prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali 1,1 0,3 14,0

11 Articoli in gomma e materie plastiche 0,0 0,0 22,0

12 Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 122,5 34,3 1,0

13 Industria metalmeccanica 18,8 5,3 5,0

14 Mezzi di trasporto 1,1 0,3 15,0

15 Altre industrie manifatturiere 0,0 0,0 23,0

16 Produz. e distribuzione di energia elettrica di gas e acqua 3,1 0,9 11,0

17 Edilizia e strette connesse 10,6 3,0 6,0

18 Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazioni 121,9 34,1 2,0

19 Alberghi e ristoranti 3,7 1,0 10,0

20 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 28,9 8,1 3,0

21 Intermediazione monetaria e finanziaria 5,4 1,5 7,0

22 Servizi immobiliari e noleggio 4,4 1,2 9,0

23 Informatica, ricerca, altre attività professionali 27,0 7,6 4,0

24 Pubblica Ammin. e difesa; assicur. sociale obbligatoria 0,1 0,0 21,0

25 Istruzione 0,1 0,0 18,0

26 Sanità e altri servizi sociali 1,1 0,3 13,0

27 Altri servizi pubblici, sociali e personali 4,7 1,3 8,0

TOTALE 356,9 100

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Alle ancor molto cospicue attivazioni che “residuano” sulla branca della lavorazione di minerali non metalliferi (123 milioni di Euro), si affiancano ora quelle del commercio e riparazioni (122, quelle dei trasporti e comunicazioni, (circa 30), quelle dell’informatica e attività libero-professionali” (27) ed infine l’”industria metalmeccanica” (circa 19). I coefficienti di attivazione hanno stimato, per la branca in esame, una quota di circa l’11,7% del valore complessivo prodotto dal sistema locale (746 milioni di Euro), mentre sul totale del corrispondente valore aggiunto la quota si attesta al 10,1% (306 milioni di Euro). Graf. 7 - Composizione % del valore della produzione dovuto all’indotto

della branca “Comm. all’ingr. e al dett.; ripar. di beni mobili”. Graf. 8 - Composizione % del valore aggiunto dovuto all’indotto della

branca “Comm. all’ingr. e al dett.; ripar. di beni mobili”.

31%

24%12%

11%

8%

11%

3%

Comm. all'ingr. e aldett.

Prod. della lav. di min.non met.

Immobiliari e noleggio

Inform., ricerca, att.Profess.

Trasp., magazz. ecomunic.

Edilizia e stretteconnesse

Altre branche diattività

31%

32%

9%

8%

6%

5%

9% Prod. della lav. di min.non met.

Comm. all'ingr. e aldett.

Inform., ricerca, att.profess.

Trasp., magazz. ecomunic.

Immobiliari e noleggio

Industriametalmeccanica

Altre branche diattività

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Quanto alle Unità di Lavoro derivanti dall’indotto della branca qui esaminata, questa volta depurate interamente delle auto-attivazioni interne alle due branche industriali lapidee, si arriverebbe a contarne 1.599. L’impatto indotto complessivo del settore lapideo Possiamo ora riassemblare, per l’intero comparto lapideo locale, le stime disaggregate precedentemente commentate, su cui dunque limitiamo ulteriori considerazioni ed alleghiamo un’unica tavola di sintesi (Tav. 18). Tav. 18 - L’impatto indotto globale del settore lapideo: consumi intermedi,

valore della produzione, valore aggiunto e unità di lavoro (Milioni di Euro correnti 2006 e numero di unità).

Consumi intermedi

Valore della

produzione

Valore aggiunto

Unità di lavoro

1 Agricoltura, caccia e silvicoltura 0,0 0 0 0

2 Pesca, piscicoltura e servizi connessi 0,0 0 0 0

3 Estrazione di minerali non energetici 2,0 22 7 33

4 Alimentari, bevande e tabacco 1,0 2 1 13

5 Tessili ed abbigliamento 0,0 0 0 0

6 Concia, prodotti in cuoio, pelle e calzature 0,0 0 0 0

7 Legno e dei prodotti in legno 0,0 1 0 3

8 Carta, stampa ed editoria 0,0 0 0 0

9 Coke, raff. di petr., tratt. dei comb. nucleari 3,0 5 0 0

10 Prod. chimici e di fibre sintetiche e artificiali 3,0 7 1 6

11 Articoli in gomma e materie plastiche 0,0 0 0 0

12 Prod. della lavor. di minerali non metalliferi 310,0 678 206 1.161

13 Industria metalmeccanica 164,0 309 75 431

14 Mezzi di trasporto 3,0 6 2 14

15 Altre industrie manifatturiere 0,0 0 0 0

16 Prod. e e distr. di en. elettrica, gas e acqua 8,0 17 5 6

17 Edilizia e strette connesse 43,0 71 35 314

18 Comm. all'ingrosso e al dettaglio; riparazioni 314,0 615 242 2.237

19 Alberghi e ristoranti 11,0 24 10 75

20 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 92,0 189 83 529

21 Intermediazione monetaria e finanziaria 15,0 46 26 78

22 Servizi immobiliari e noleggio 13,0 139 122 62

23 Inform., ricerca, altre attività professionali 63,0 161 82 619

24 Pubbl. amm. e difesa; assicur. sociale obblig. 0,0 0 0 0

25 Istruzione 0,0 2 2 19

26 Sanità e altri servizi sociali 3,0 12 8 62

27 Altri servizi pubblici, sociali e personali 12,0 30 16 198

TOTALE 1.071 2.346 934 5.860

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Parrebbe particolarmente degno di segnalazione il fatto, ben coglibile da questo quadro di assieme, che, malgrado (lo ripetiamo ancora) le operazioni di drastico abbattimento delle auto-attivazioni operate per escludere la duplicazione di quanto già computato sull’impatto diretto e poi anche per evitare la più volte ricordata e temuta critica di “gonfiamento” delle cifre, risulterebbe ancora molto chiaramente una forte “auto-iteratività” indotta del comparto lapideo su se stesso. Ciò è da intuibilmente da intendersi, proprio tenendo conto che questo tipo di stima, come accennato all’inizio del nostro commento, guarda a dove ricadrebbero gli impulsi generati da una sua (ovviamente augurabile) crescita ulteriore, come una straordinaria capacità di auto-sostenersi: lo sviluppo specifico tende a generare ulteriore sviluppo specifico, malgrado che anche i riflessi su tutto il contesto economico produttivo locale (in testa su tutti: matalmeccanica, trasporti, servizi vari alle imprese e libero-professionali, edilizia e strette connesse) si siano rivelati, come abbiamo cercato di mettere in luce, pure molto potenti e diffusi. Ma c’è pure una rilevanza di “entro-contenimento” territoriale, degli impulsi generati, più forte di quanto forse era preliminarmente scontato: si tratta pur sempre di un plesso che in gran parte si estende un bel po’ oltre i confini di ciò che abbiamo definito per “locale”, mentre sia gli acquisti che le vendite, ovviamente, impegnano in misura massiccia sia il resto d’Italia che l’ambito internazionale. 3. – Alcune riflessioni conclusive Niente più che un’indagine esplorativa Alla fine di questa presentazione costellata di “numeri” è doveroso ripetere quanto premesso nel paragrafo iniziale: l’indagine ha avuto un carattere essenzialmente esplorativo e dunque tutti i parametri qui forniti devono essere valutati ed utilizzati con cautela, senza che possano esser proposti in alternativa a fonti preesistenti, indubbiamente più “certificate”. Tuttavia, malgrado questa consapevolezza di fondo non vada mai trascurata, i risultati ottenuti appaiono, complessivamente, non implausibili e, addirittura, presentano coerenze con altre fonti, sempre “certificate”, che rendono fondata l’ipotesi di una marcata sottostima econometrica “ufficiale” tanto sulle grandezze messe in campo dal comparto lapideo quanto, forse, su un po’ tutte quelle in gioco nell’economia della zona d’analisi. L’unica componente qui esaminata che lascia qualche dubbio in più, in particolare su una possibile e contrapposta sovra-stima, comunque non proprio esasperata, parrebbe poter essere quella costituita dal commercio all’ingrosso di prodotti lapidei, le cui consistenze di fatturato sono risultate più imponenti di quanto poteva attendersi. Ma anche qui va detto che, stando comunque ai rapporti fatturato/addetti nelle aziende rilevate ed alle informazioni telefoniche di messa a punto e controllo raccolte da alcune altre per via telefonica, nonché guardando alla consistenza occupazionale specifica

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ricavabile dall’incrocio fra il data-base di INFOCAMERE e quello ASIA-ISTAT, potremmo aver conseguito un’approssimazione di stima davvero valida. Peraltro, conforta il riscontro offertoci dal Club dei distretti, che, per l’intero distretto industriale apuo-versiliese ma sull’anno 2003, era arrivato a stimare circa 1250 milioni di Euro di fatturato totale9 Resta il fatto che, perfino nell’ipotesi, francamente un po’ forzata rispetto agli accorgimenti di “quadratura e controllo” presi, che questi risultati scontassero un errore di approssimazione molto elevato, rimane non intaccata, visti i valori misurati, la piena conferma di un ruolo ancora cruciale del settore lapideo, nel suo insieme, nel quadro economico globale sia della zona che di tutta la provincia di Massa Carrara. Uno dei più consistenti e coesi “distretti industriali” della Toscana e, presumibilmente, dell’intero Paese Le stesse “cifre” messe in campo, l’accentuata complessità delle architetture aziendali di gruppo riscontrate e che hanno anche creato molte difficoltà di rilevazione e di congruità di risposta da parte di molti degli intervistati, l’articolazione in tre fondamentali fasi di filiera e la presenza di altre sotto-fasi intercalate da una vera e propria rete di passaggi tecnici e di complementarietà di prodotto, consegna già un robusto riscontro del fatto di avere a che fare con ciò che più propriamente si intende per “distretto industriale”, anche nel suo più ristretto intendimento di “reticolo territorialmente compatto di interdipendenze operative e di offerta integrata fra piccole e medie imprese”. Qui, la fase commerciale, malgrado il suo permeare una quota davvero preponderante delle architetture aziendali riscontrabili e la sua funzione forse non sempre solo positiva, appare nata davvero da un “adattamento di convenienza ed opportunità” ai nuovi canoni del mercato globale da parte del tessuto produttivo industriale pre-esistente: ne costituisce un’integrazione necessaria di interfacciamento verso l’esterno ed un terminale-portale strategico nella chiusura della catena di generazione del valore. Certo, per la sua imponenza e per il fatto di aver mostrato quanto talvolta tenda a saltare la fase di trasformazione industriale, allacciandosi direttamente al momento estrattivo puro e semplice, anzi talvolta introducendo prodotti alternativi a quelli di quest’ultimo (ma si potrebbe comunque ritenerli anche imprescindibili), una sua eccessiva accentuazione di presenza e di ruolo potrebbe aver perfino portato un po’ a trascurare il fatto che la fase industriale suddetta rimane quella che dà, magari assieme ad alcuni segmenti peculiari del prodotto di cava, l’immagine distintiva ed internazionalmente riconosciuta, quindi essenziale come supporto reale di quel valore nel mercato globale medesimo in cui oggi si gioca la sfida competitiva. Che dire quando tutto questo si associa, in un ambito territoriale relativamente poco esteso, alla presenza di due città, ad una suscettività

9 Vedi: Giacomo Becattini e Fulvio Coltorti, “Aree di grande impresa ed aree distrettuali nello sviluppo post-bellico dell’Italia: un’esplorazione preliminare”, particolarmente Tav. 6.13, pag. 198, in: G. Becattini, “Il calabrone Italia”, Bologna, 2007.

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turistica che appare utilmente combinarsi con quella industrial-commerciale qui in esame, con un porto (qualificato di Categoria “A” a scala europea) che si sostiene essenzialmente su questa presenza, con una struttura promozionale dedicata e che gode della prossimità proprio del porto (secondo le più recenti raccomandazioni comunitarie di competitività) e finisce per integrarsi con altre suscettività locali per questa via complementare (pensiamo evidentemente al nautico), con un centro studi dedicato e costantemente monitorante l’evolversi delle vicende, con una fortissima identità socio-culturale, infine con Enti locali che arrivano a trattare con l’imprenditoria un gettito tributario specifico che appare di ammontare fondamentale per i loro stessi interventi anche nel così detto “welfare”? Crediamo che chi, dentro o fuori anche dalle Università, sta nel ruolo di decisore sulle “etichette distrettuali” da riconoscere, dovrebbe evitare di affidarle al gioco meccanico di un calcolatore che associa parametri quantitativi molto parziali ad un modello logico assai semplificativo come quello delle “dominanti settoriali”, che in fondo sono fino ad ora state le effettive discriminanti in questione: quel modello è notoriamente (forse anche inevitabilmente) troppo semplificato, rispetto alle strutture reali da analizzare e alle tendenze evolutive di cui bisogna pure tener conto, per non produrre, purtroppo, alcuni risultati pesantemente invalidi. L’esperienza esplorativa qui maturata, misurando proprio i flussi input-output interaziendali, sia infra-settoriali che inter-settoriali e con un’adeguata scansione di ambiti territoriali, suggerisce quale sarebbe la via migliore per discriminare la questione su un terreno scientificamente ben più solido e verosimigliante alla realtà. Ma, bisogna certo aggiungere, si è avvertiti pure sul fatto che, allora, occorre predisporre investimenti di ricerca del tutto garanti dal punto di vista dell’inferenzialità dei risultati e, pertanto, impegnare risorse ingenti sia finanziarie che di apparato d’indagine. Un’area industrialmente svantaggiata? A giudicare dalle masse finanziarie ed occupazionali messe in campo dal settore caratterizzante, dal suo grado di evoluzione integrata, infine dalla sua forte interdipendenza con un quadro economico locale produttivamente molto articolato e che, a saldo di un periodo evolutivo fra i più difficili di quelli susseguitisi per l’intero Paese e per la Toscana dal secondo dopoguerra, ha perfino segnato un aumento occupazionale senz’altro ragguardevole e si è anche diversificato dal punto di vista merceologico e delle dimensioni aziendali, resta oggi davvero difficile sostenere che l’area qui studiata possa ancora considerarsi “industrialmente svantaggiata”. E’ un’altra etichetta rimastale addossata a seguito di una lunga e sicuramente difficoltosa fase di ristrutturazione, dopo il crollo di un assetto caratterizzante di “industria pesante e di base” risalente alla prima metà del secolo scorso e ormai consegnato definitivamente alla Storia, salvo il recupero di qualche componente produttiva particolare oggi comunque collocata, come già detto, in un contesto ben più robusto e diversamente strutturato. Tanto più che a questo plesso industriale, com’è anche qui emerso e come è pure stato confermato dall’indagine ultimata qualche mese fa sul Porto di Marina di Carrara, si combina un tessuto di servizi tutt’altro che privo di

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momenti particolarmente qualificati e, come nel caso del Porto stesso così come in quello del polo fieristico e poi perfino in suscettività turistiche di sensibile consistenza e di variegato fondamento ambientale, presenta anche profili di interessante specificità e qualificazione. Ma quello che quest’area appare anche possedere, e costituisce un attributo aggiuntivo effettivamente raro, è che la radice fondamentale proprio del suo settore produttivo più cospicuo e caratterizzante è saldamente assicurata alla scala locale, anche nei confronti delle estreme mobilità e volatilità che oggi connotano lo scenario internazionale, dal fatto di trarre il suo alimento più cospicuo e peculiare da un giacimento naturale di risorsa pregiata. E’, insomma, proprio la cava di marmo la sorgente del grande fiume di valore che appare fertilizzare gran parte di questo scenario, anche se le acque richieste, ovviamente, devono essere integrate in un ambito più vasto di interscambio. L’impatto di questo attingimento massiccio di risorsa, così come quello della sua lavorazione e commercializzazione, è impressionante (Fig. 1 e Fig. 2) e dà un’impronta d’effetto, una sorta di “white impact”, sia dal punto di vista ambientale-naturalistico che da quello paesaggistico-urbanistico. Fig. 1 – I segni dello “white impact” a monte Posto che la diversificazione settoriale e l’integrazione con il versante dei servizi sta ormai emergendo come il nuovo assetto da proporre e da privilegiare per un “distretto industriale” a cui il mercato globale sta imponendo di essere un po’ meno caratterizzato e invece un po’ più aperto

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all’esterno e produttivamente articolato10, ma a patto di mantenere una coesione quanto più possibile salda ed intensa, nel caso dell’area e del settore qui in esame la sfida per gli amministratori locali, per i “decisori politici” e perfino per gli “opinion leaders” appare essere soprattutto quella di mantenere un equilibrio quanto più possibile calibrato (e si è visto che, di per sé, esso è invece oscillante e non auto-regolato) fra le tre fasi fondamentali del “motore economico” di spicco, ovvero il comparto lapideo; tuttavia lasciando anche spazio adeguato alle novità emergenti più dinamiche, magari sempre integrabili per una o più delle interdipendenze con componenti locali di rilievo (torniamo, dunque, all’esempio costituito da nautica- fiera-porto-turismo-sbocco commerciale a mare”). Fig. 2 - ….. e a valle, con lo sbocco a mare Per quasi tutte le altre realtà comparabili che si riscontrano sia in Toscana che nel Paese, il problema fondamentale appare quello di averle, queste componenti e queste potenzialità radicate e novità promettenti. Qui, invece, ci sono tutte; ed il fatto che fra di esse si aprano non solo sinergie ma anche conflitti andrebbe sempre visto, ci azzarderemmo a suggerire, come un problema di crescita e non di “svantaggio”. Tanto più che, per i territori ricadenti in un Paese come l’Italia, nella nuova stagione di “cattura” di investimenti, così come dei tanto cacciati “fondi comunitari”, il successo si gioca sulla forza e sulla dinamicità di punta dell’economia locale, non più certo sui “ritardi” ed i fenomeni di “deindustrializzazione”.

10 Si rinvia a , scusandoci per l’autocitazione, a: Alessio Falorni, “Distretti industriali, grandi imprese, globalizzazione e logore diatribe”, in “Il Ponte”, n° 10 ottobre 2007; Enzo Rullani, “Si salvano i ‘cluster’ che non restano monosettoriali”, in “La Repubblica – Affari & Finanza”, 21 aprile 2008.

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Appendice - Nota metodologica sulla stima dell’impatto indotto La stima dell’impatto indotto degli effetti dell’attività lapidea sull’economia del territorio riunito dai due Sistemi Locali del lavoro di Massa e di Carrara si basa sull’utilizzo delle matrici input-output (altrimenti dette Tavole delle Interdipendenze Settoriali). E’ noto che l’analisi Input-Output (I-O) si afferma nel panorama della scienza economica a metà degli anni Sessanta, ad opera dell’economista russo Wassily Leontief, premio nobel nel 1973, il quale rielabora l’intuizione di un suo predecessore francese (F. Quesnay) in merito alla dipendenza dell’equilibrio economico generale dalla struttura delle interdipendenze tra gli operatori economici di una determinata dimensione territoriale. Sulla base di questi presupposti, l’interdipendenza strutturale di un sistema economico può essere studiata per mezzo di una particolare tecnica di indagine economica, detta appunto analisi delle interdipendenze strutturali. L’elemento centrale dell’analisi input-output è costituito dalla tavola intersettoriale dei flussi fisici. I sistemi economici di diversa dimensione territoriale (sistema Paese, Regione, Provincia) possono essere immaginati come un insieme di unità produttive. Ciascuna di queste unità realizza un duplice ordine di transazione da un lato come acquirente, dalle altre unità, di beni e servizi che impiega come immissioni nella propria attività produttiva; dall’altro come venditore del suo prodotto. In un arco di tempo, per esempio un anno, tra le diverse unità in cui è articolata l’economia si svolge un complesso di transazioni che è determinato dalle esigenze di impiego finale e dalle caratteristiche tecnologiche del sistema economico. L’analisi input-ouput utilizza una tavola (matrice) a doppia entrata dove per riga figurano le unità in qualità di venditori (output) e per colonna le stesse unità figurano in qualità di acquirenti (input), dove con il termine “unità” vengono indicate le diverse branche o i diversi prodotti (le relazioni intersettoriali rappresentate nella matrice, infatti, possono essere rappresentate “branca per branca” o “prodotto per prodotto”). La matrice input-output è una tavola che permette di rappresentare non solo i flussi di beni che vengono scambiati tra i settori economici, ma soprattutto permette di riunire anche le risorse e gli impieghi che generano tali scambi. L’esempio di matrice input-output di seguito riportato illustra la composizione di una tavola intersettoriale. Si tratta di un modello semplificato, in quanto le branche considerate sono solo 3 (agricoltura, industria e servizi). La matrice indicata con A rappresenta le transazioni interindustriali riguardanti i beni e servizi intermedi affluiti dal settore di origine (riga i) ai settori di impiego (colonna j) e da questi utilizzati come input del loro processo produttivo (le righe di tale matrice indicano il settore che vende, le colonne il settore che acquista). La matrice B illustra gli impieghi finali: in questa sono riportati i flussi di beni e servizi che dai settori di origine affluiscono agli utilizzatori finali per essere destinati al consumo, alla formazione del capitale ed alle esportazioni. La somma per riga degli impieghi intermedi e di quelli finali rappresenta il totale degli impieghi di beni e servizi dell’i-esimo settore.

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La matrice C riunisce il valore dei conti della produzione e della distribuzione del valore aggiunto, ed il blocco delle risorse disponibili. La lettura verticale della tavola input-output illustra come si formano le risorse delle tre branche produttive considerate; la lettura orizzontale, invece, fornisce l’indicazione di come tali risorse sono impiegate. Negli ultimi anni, l’ISTAT ha adeguato il proprio sistema di analisi dei conti nazionali sulla base di specifiche indicazioni comunitarie11, fornendo un’analisi basata su uno schema intersettoriale descritto attraverso le tavole delle risorse e degli impieghi (o “SUT tables”: “supply and use tables”). Da tali tavole è possibile poi ricavare la tavola input-output per l’anno di riferimento. Il quadro intersettoriale che viene fornito dall’Istat si basa su una scomposizione degli scambi in 96 branche produttive. L’Istituto, però, fornisce solo un’analisi di scala nazionale, evidenziando le difficoltà di poter pervenire ad un risultato di maggiore dettaglio (anche regionale); ciò, a causa della complessità del metodo e della sua onerosità in termini di realizzazione. Su tale carenza di dati riguardanti aggregati territoriali di dimensione inferiore sono stati scritti numerosi articoli riguardanti la possibilità di stimare tavole intersettoriali di livello regionale; in Italia, l’IRPET (Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana) è uno dei pochissimi enti di ricerca che realizza delle tavole input-output ottenute dalla matrice nazionale, stimate sulla base dei conti economici regionali italiani, poi aggiornate con anticipo temporale di circa 2 anni rispetto all’ISTAT stesso e infine portate fino alla scala di Sistema Economico Locale. Queste considerazioni evidenziano come sia oggettivamente assai complesso riottenere per via autonoma una matrice degli interscambi locali, nel nostro

11 Eurostat (1996), Sistema europeo dei conti 1995 - SEC95

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caso una matrice che sia in grado di rappresentare il sistema economico locale (SEL) “Area di Massa e Massa e Carrara” (comprendente i territori comunali delle due Città medesime e quello di Montignoso, in coerenza alla Del. Cons. Reg. n° 69 del 5/4/2000) e poi da estendere a quello qui in esame (inclusivo pure di Ortonovo). Il procedimento di stima al quale ci siamo attenuti, trova la sua origine nella matrice input-output nazionale; la più recente pubblicata dall’ISTAT, che si riconduce ai conti economici dell’anno 2000. Anziché, però, assumere l’ipotesi che la domanda complessiva del sistema locale (cioè la domanda di beni e servizi di produzione interna e di importazione) sia identica a quella che si rivolge al sistema economico nazionale, abbiamo utilizzato una serie di vettori di dati che ci consentissero da un lato di poter utilizzare alcuni aggregati, all’interno della matrice, che non fossero stime ma dati ufficialmente resi disponibili da fonti correnti o da rilevazione, e dall’altro di ponderare la stima dei flussi in relazione alle caratteristiche del mix produttivo del sistema economico locale. Ad integrazione dei dati forniti dall’ISTAT e rappresentati nella matrice input-output nazionale, sono stati utilizzati i vettori riguardanti: • il valore aggiunto, le unità di lavoro/anno e la produzione all’anno 2006

per il SEL di Massa e Carrara forniti dall’IRPET con un livello di disaggregazione settoriale pari a 30 branche produttive;

• la struttura delle imprese sul territorio locale (fonte: INFOCAMERE, classificazione a 30 branche) e su quello nazionale (fonte: ISTAT, classificazione a 96 branche) per l’anno 2006;

• i valori aggregati di imposte nette, importazioni, esportazioni, consumi, variazione delle scorte e investimenti relativi al sistema economico locale di Massa Carrara per l’anno 2006 (fonte: IRPET).

Come si può notare le diverse fonti statistiche non sono caratterizzate dallo stesso livello “minimo” di disaggregazione dei dati. È stato indispensabile uniformare almeno la numerosità delle branche da prendere in considerazione per la costruzione della matrice e per questo motivo, vista la disponibilità dei preziosi vettori di origine IRPET, è stata individuata la dimensione delle 30 branche produttive quale struttura di riferimento per la costruzione della matrice degli impieghi intermedi. In prima battuta, la matrice dei flussi nazionali, risalente all’anno 2000, è stata attualizzata all’anno 2006. Successivamente il numero delle branche produttive della suddetta matrice è stato ridotto da 96 a 27, con l’aggregazione dei flussi dei settori appartenenti alla stessa branca (3 in meno rispetto ai vettori forniti dall’IRPET, in quanto l’industria metalmeccanica è stata riunita in un unico comparto12, mentre la branca dell’estrazione di minerali energetici è stata eliminata dalla matrice i quanto contenente valori nulli in tutte le righe/colonne). Nella matrice ottenuta sono stati inseriti i vettori di dati disponibili con disaggregazione a 27 branche produttive, mentre i restanti vettori sono stati stimati tenendo in considerazione il valore complessivo degli aggregati (disponibile a livello locale) ed il mix produttivo che caratterizza il sistema

12 Come già per l’indagine ultimata qualche mese fa sul Porto di Marina di Carrara, si è dovuto procedere all’accorpamento a seguito di una persistente difficoltà particolare dei rispondenti a seguire distinzioni tecniche, certo non di uso corrente, riguardo ai differenti prodotti metalmeccanici.

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economico oggetto di studio in rapporto a quello nazionale che ha generato la matrice ISTAT. Dalla matrice input-output ottenuta secondo i criteri descritti è stata ricavata dapprima la matrice dei coefficienti tecnici, da cui la matrice di Leontief; quindi, dopo aver verificato che il suo determinante è diverso da 0, è stata infine ottenuta la matrice inversa di Leontief e la matrice dei coefficienti di attivazione, nelle quali è possibile leggere il valore dei moltiplicatori settoriali. Questi ultimi indicano, scorrendo la matrice per colonna, quale è l’aumento della produzione generato da un aumento unitario della domanda per la branca intestataria di quella colonna. I moltiplicatori settoriali possono ancora scomporsi nella componente diretta e in quella indiretta, cioè conseguente ad un incremento di domanda per la branca in esame generato non dal suddetto incremento unitario iniziale della sua domanda, bensì dall’impulso che le “ritorna” dagli altri settori, a cui più o meno intensamente si collega, proprio in quanto sollecitati dall’impulso primario ricevuto dalla medesima e ad essi trasmesso.

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Bibliografia di riferimento essenziale 1) ISR-CCIAA di Massa Carrara, “Rapporto Economia”, anni 2006, 2007

e 2008, Carrara, maggio 2006, 2007 e 2008. 2) ISR-CCIAA di Massa Carrara, “Osservatorio bilanci delle società di

capitali – Anno 2005”, Carrara, luglio 2007. 3) ISTAT, “Distretti Industriali e Sistemi Locali del Lavoro”, Roma,

Giugno 2006. 4) IMM, “Progetto PRO.MA.T.E.O, Carrara, settembre 2005. 5) IMM, “Uomini del masso e della tecchia”: qualche quesito sul

marmo”, analisi per conto della CCIAA di Massa Carrara, Carrara, 2007.

6) IMM, “Distretto Industriale lapideo: realtà e prospettive future”, analisi per conto dell’Amministrazione regionale toscana, Carrara, 2004

7) CERIS-CNR, “Innovazione tecnologica nel settore lapideo – Un’indagine sul distretto apuo-versiliese”, Torino, maggio 2007.

8) INVESTMASSACARRARA, “Dossier lapideo”, INTERNET: http://www.investmassacarrara.com/ita/community/download/documentazione/.

9) Carlo Montani, “Stone 2007 – Repertorio economico mondiale”, Il Sole 24 Ore Business Media Srl, Milano, 2007.

10) Alessio Falorni, “Distretti industriali, grandi imprese, globalizzazione e logore diatribe”, in “Il Ponte”, n° 10 ottobre 2007;

11) Enzo Rullani, “Si salvano i ‘cluster’ che non restano monosettoriali”, in “La Repubblica – Affari & Finanza”, 21 aprile 2008.

12) Giacomo Becattini e Fulvio Coltorti, “Aree di grande impresa ed aree distrettuali nello sviluppo post-bellico dell’Italia: un’esplorazione preliminare”, particolarmente Tav. 6.13, pag. 198, in: G. Becattini, “Il calabrone Italia”, Bologna, 2007.

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Ringraziamenti agli interlocutori esterni che hanno consentito la realizzazione di questa indagine Un sentito ringraziamento va, in primo luogo, agli amministratori o titolari di tutte le aziende che hanno compiutamente risposto al nostro questionario di rilevazione, effettivamente complesso ed inusuale rispetto alle loro abitudini di monitoraggio gestionale e che talvolta, per via della complessità del caso, richiedeva di esser compilato per più di una unità specifica. Si tratta di: Bruno Lucchetti Srl, Carbonati Apuani Srl, Carlo Telara Srl, Caro & Colombi Spa, COGEMAR Srl, Corsanini Sas, Devoti 3D Snc, EUROMARBLE Srl, FURRER Spa, IMERYS Minerali Spa, Marbo di Borghini Paolo & C. Srl, M+Q Italia Spa, OMYA Spa, R.E.D. Graniti Spa, Turba Marmi Srl, LAGO’S Srl, Statuaria Marmi Srl. . Per la cortese fornitura di molte informazioni aziendali, anche solo per via telefonica, siamo poi grati a: Adolfo Forti Marmi Spa, Cooperativa Cavatori Canalgrande a R.L., Cooperativa fra Cavatori Di Gioia Srl, Doganella Srl, Il Fiorino Spa, MAGTI Italia Spa, METRO Spa, NAMCO CO. Srl, GE.M.E.G. Srl, Sicilmarmi Spa, STEN Stones Spa. I dati relativi al valore della produzione ed alle unità di lavoro, articolati per 30 branche di attività economica e per sistema economico locale, che hanno fatto da base per la stima d’impatto locale sia diretto che indiretto, ci sono stati cortesemente resi disponibili dall’Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana (IRPET). Inoltre, abbiamo un grosso debito di riconoscenza ad ASSINDUSTRIA (particolarmente al Presidente, Dott. Alessandro Caro, al Direttore Dott. Andrea Balestri ed al Dott. Lorenzo Melani) ed a CNA (in particolare al suo Presidente, Dott. Antonio Chiappini) della Provincia di Massa Carrara, per il robusto sostegno dato all’iniziativa di ricerca, non solo fornendo indicazioni preziose per i contatti ed avviandoli, ma talvolta anche (come nel primo caso) con una formale esortazione agli associati. Infine, un aiuto prezioso, in termini di informazioni ed altri studi specifici al settore lapideo, ci è venuto dalla Internazionale Marmi e Macchine di Carrara e particolarmente dalla Dott.ssa Silvana Napoli.