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6 Migliaia di persone da tutta Ital Numerose le scolaresche Il 5 maggio 1945 una pattuglia americana entrava nel campo di concentramento di Mauthausen. Inizia da quel momento la fine delle sofferenze dei deportati, molti dei quali italiani, a causa del terrore nazista. Per questo ogni anno la prima domenica di maggio migliaia di persone giungono a Mauthausen per ricordare quanto è avvenu- to nel corso della seconda guerra mondiale, le sofferen- ze subite a causa del fascismo e del nazismo e per rin- novare il loro impegno affinché non si ripetano più tali tragedie. P er i deportati politici italiani Mauthausen è un campo ricco di si- gnificati. È qui che sono sta- ti rinchiusi più di 7.000 an- tifascisti, soprattutto prota- gonisti degli scioperi del marzo 1944 e gli antifascisti rastrellati in ogni parte d’Italia. A Mauthausen e nel- la rete di sottocampi ad es- so collegati (Gusen I, II e III, Ebersen, Melk, il castello di Harteim e molti altri) i pri- gionieri vivevano in condi- zioni inumane, con una scar- sa alimentazione e costretti a lavorare nelle cave e nelle fabbriche di armi come schiavi. Era la politica na- zista dell’annientamento at- traverso il lavoro più bestiale. È a Mauthausen che venne- ro portati, attraverso le mar- ce della morte, i deportati di altri campi che stavano per essere liberati dalle truppe sovietiche che avanzavano da est. È sempre a Mau- thausen, nei giorni imme- diatamente successivi alla liberazione, superstiti di ol- tre 27 paesi giurarono di lot- tare e se necessario com- battere per “un mondo nuo- vi, libero, per tutti”. Ecco perché anche que- st’anno la celebrazione del- la liberazione del lager di Mauthausen ha assunto un significato del tutto parti- colare. Erano presenti al- l’interno dell’ex fortezza in cui si trovava la parte prin- cipale del lager, nella mat- tina del 6 maggio, delega- Il discorso di Maris al monumento che ricorda il sacrificio dei deportati italiani di Bruno Enriotti Mauthausen R icordato il

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Migliaia di persone da tutta Ital

Numerose le scolaresche

Il 5 maggio 1945 una pattuglia americanaentrava nel campo di concentramento diMauthausen. Inizia da quel momento la fine

delle sofferenze dei deportati, molti dei quali italiani, acausa del terrore nazista.

Per questo ogni anno la prima domenica dimaggio migliaia di persone giungono aMauthausen per ricordare quanto è avvenu-

to nel corso della seconda guerra mondiale, le sofferen-ze subite a causa del fascismo e del nazismo e per rin-novare il loro impegno affinché non si ripetano più talitragedie.

Per i deportati politiciitaliani Mauthausen èun campo ricco di si-

gnificati. È qui che sono sta-ti rinchiusi più di 7.000 an-tifascisti, soprattutto prota-gonisti degli scioperi delmarzo 1944 e gli antifascistirastrellati in ogni parted’Italia. A Mauthausen e nel-la rete di sottocampi ad es-so collegati (Gusen I, II e III,Ebersen, Melk, il castello diHarteim e molti altri) i pri-gionieri vivevano in condi-zioni inumane, con una scar-sa alimentazione e costrettia lavorare nelle cave e nellefabbriche di armi comeschiavi. Era la politica na-zista dell’annientamento at-traverso il lavoro più bestiale.È a Mauthausen che venne-

ro portati, attraverso le mar-ce della morte, i deportati dialtri campi che stavano peressere liberati dalle truppesovietiche che avanzavanoda est. È sempre a Mau-thausen, nei giorni imme-diatamente successivi allaliberazione, superstiti di ol-tre 27 paesi giurarono di lot-tare e se necessario com-battere per “un mondo nuo-vi, libero, per tutti”.Ecco perché anche que-st’anno la celebrazione del-la liberazione del lager diMauthausen ha assunto unsignificato del tutto parti-colare. Erano presenti al-l’interno dell’ex fortezza incui si trovava la parte prin-cipale del lager, nella mat-tina del 6 maggio, delega-

Il discorso di Maris al monumento che ricordail sacrificio dei deportati italiani

di Bruno Enriotti

Mauthausen

Ricordato il

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alia, soprattutto dai centri dove maggiore è stata la repressione

zioni provenienti da ogniparte d’Italia. Assieme ai su-perstiti ormai anziani chetornavano nel campo per ri-cordare ai figli e ai nipoti leloro sofferenze, c’erano lenumerose delegazioni deicomuni italiani con i lorosindaci, i loro gonfaloni euna infinità di scolaresche. Erano arrivate da ogni parted’Italia, soprattutto dai cen-tri dove maggiormente si eraaccanita la persecuzione na-zista; i comuni che avevanovisto i grandi scioperi delmarzo 1944, Sesto SanGiovanni, Torino, Empoli,Prato e tanti altri, dalle lo-calità in cui si era combat-tuta la lotta di liberazione edove i partigiani erano ca-duti nelle mani dei fascisti

e dei nazisti (non di rado percausa di delazioni) e dopo ilcarcere e le percosse eranostati deportati nei campi disterminio, dalle città dovel’impegno antifascista clan-destino aveva portato a nu-merosi arresti. C’erano i superstiti della de-portazione, donne e uominiormai anziani, c’erano i figlidei deportati, molti dei qua-li non avevano più fatto ri-torno a casa, c’erano le ban-diere i gonfaloni di tanti co-muni d’Italia, e c’erano so-prattutto le scolaresche.Centinaia di ragazzi e ra-gazze che i loro insegnantiavevano accompagnato aMauthausen per una lezio-ne di storia d’Italia tenutanei luoghi dove questa sto-

giorno della liberazione

Ogni anno la sezione di Savona organizza un viaggio studioper gli Istituti superiori delle province di Savona e Imperia. Qui sopra: il gruppo degli studenti savonesi davanti al monumento che ricorda i martiri italiani. In basso:il segretario della sezione di Savona-Imperia con il presidenteMaria Bolla Cesarini e alcuni studenti del gruppo.

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ria è stata vissuta e sofferta. A loro gli insegnanti e gliaccompagnatori – a volte exdeportati – spiegavano co-me si moriva nelle camerea gas, la fatica indicibile deltrasporto di pesanti massi dipietra sulla scala della mor-te, le sofferenze della vitanelle baracche, dove due otre deportati dovevano di-vidersi un lettino, dove il ci-bo era costituito da qualchescodella di brodaglia. Una lezione che nessun librodi storia avrebbe potuto of-frire agli studenti, ma chevissuta a Mauthausen co-stituirà per questi giovaniun ricordo indimenticabiledella tragedia che ha coin-volto i loro nonni durantel’occupazione nazista del-l’Italia.Numerose sono state le com-memorazioni, civili reli-giose, sia nel lager princi-pale che nei sottocampi.La manifestazione centralesi è tenuta a Mauthausen da-vanti al monumento che ri-corda il sacrificio dei de-portati italiani. Qui Gian-franco Maris, presidente na-zionale dell’Aned, ha ri-

cordato l’impegno preso daisuperstiti al momento dellaliberazione. “Eravamo de-portati di 27 paesi e parla-vamo lingue diverse. Ma inquel momento abbiamo sa-puto superare anche le dif-ficoltà di lingua e di com-prensione che derivavanodalla biblica Babele.Assieme abbiamo scritto undocumento in cui ci impe-gnavamo a conservare nel-la nostra memoria la soli-darietà internazione del cam-po e a trarne i dovuti inse-gnamenti; a percorrere unastrada comune, quella dellalibertà indispensabile pertutti i popoli, del rispetto re-ciproco e di collaborazionenella grande opera di rico-struzione di un mondo nuo-vo, libero, giusto per tutti.Queste parole – ha conclu-so Maris – noi superstiti dilager nazisti non le abbia-mo mai dimenticate e co-stituiscono ancor oggi perle generazioni che vengonodopo di noi un impegnosempre valido per superarele ingiustizie e le divisioniancora presenti nel mondo dioggi”.

Mauthausen

Cade il 5 maggio, an-niversario della libe-razione del lager di

Mauthausen avvenuta nel1945. Una pattuglia ameri-cana entra e la scorta tede-sca si volatilizza. Mi trova-vo per caso nelle vicinanzedell’erta che sale all’in-gresso monumentale del la-ger quando vidi passare lastaffetta americana e pro-vai una grande emozione.Mauthausen, il lager più im-portante dopo Auschwitzper numero di internati cir-ca 197.464 e per numero didecessi 68.874 nel campoprincipale e nei sottocam-pi secondo fonte tedesca -vedi Marsálek (membro delComitato internazionale dellager).Nella classificazione de-cretata il primo gennaio del1941 dalle autorità di poli-zia tedesca Mauthausen ri-sulta appartenere, dopoAuschwitz, alla categoriapiù terribile rispetto agli al-tri lager.È l’ultimo lager ad essereliberato e in “ritardo” ri-spetto al suicidio di Hitler

Una testimonianza di Bruno Vasarisui giorni della liberazione del campo

Mi salvai dalla morte perché il mio lavoronelle fogne del lagerera insostituibile

avvenuto il 30 di aprile.I prigionieri sono poten-zialmente liberi, ma do-vranno rimanere nel Lager,sotto la scorta americana,fintantoché non sarannoaperte le frontiere e dispo-nibili i mezzi di trasportoper il rientro in patria.Tentativi di raggiungerel’Italia attraverso la Svizzerae la Francia si rivelerannoimpossibili per la chiusuradelle frontiere. Alla gestio-ne di Mauthausen liberatasia sotto l’aspetto delle ne-cessità materiali che quellemorali-politiche presiedeuna commissione di ex pri-gionieri italiani, pur sottola supervisione americana.Cito alcuni nomi: GiulianoPajetta, Pugliese, Calore,Micheli, Antolini, Magini,Todros.Dopo una lunga at-tesa il ritorno in patria inferrovia attraverso ilBrennero. Il primo abbrac-cio con la patria avviene aBolzano. Qui ci dividiamo:per me e altri tre compagniritorno a Milano in au-toambulanza. Un po’ pervolta veniamo a conoscen-

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za dei terribili rischi cui sia-mo stati sottoposti dalla viltàe dalla ipocrisia delle scor-te tedesche decise a fare bel-la figura con gli Alleati, fin-gendo che i prigionieri ri-masti nel lager fossero re-lativamente pochi e fruis-sero di un buon trattamen-to. Per raggiungere questoipocrita tentativo le camerea gas e l’eccidio attraversouna selezione di massa.Anch’io sono stato obbli-gato a comparire dinnanziad una commissione per es-sere giudicato: se indi-spensabile per i lavori nellager la vita era assicurata,in caso negativo la cameraa gas.Esaminato da una commis-sione fui risparmiato perchéil mio lavoro alla fogna ven-ne per il momento ritenutoinsostituibile. Con questo sistema quantinon sappiamo, ma certa-mente centinaia e centinaiavennero assassinati con ilpretesto di inviarli a ripososulle colline adiacenti ilcampo.Si sono salvati i te-deschi? La loro sorte è perme ignota, ma ritengo chenon mancasse loro il tempoe la praticità di fuggire inun territorio che in sostanzaera la loro patria.Non com-prendevano o non volevanocomprendere quanto vile edisprezzabile fosse il lorocomportamento. All’arrivodegli americani le scorte te-desche si dileguarono.

Una studentessa di Speziascrive a Franco Cetrelli,il più giovane deportatomorto a Mauthausen

Una lettera immaginaria che ha vintola Borsa di studio a lui dedicata

Caro Franco,

ho davanti a me solo una tua fotografia, ma mi sei giàentrato profondamente nel cuore.Quattordici anni; i miei quattordici anni sono stati unatragedia. Mi sentivo grande, ma non lo ero per i miei ge-nitori. Volevo i vestiti firmati per non sentirmi inferioreai miei compagni “tutti firmati”, come si è soliti dire;volevo andare in discoteca, e non mi era concesso “per-ché ero ancora troppo piccola”... volevo, volevo... e, adun netto rifiuto tenevo, anche per giorni, il broncio, unbroncio ostinato.Solo ora mi accorgo delle mie frivolezze, della mia stu-pidità di ragazzina ... solo ora che crescendo, ho capitoil valore della vita umana. Ed i tuoi quattordici anni? Mi piace immaginarti sereno,giocare con i tuoi fratelli, avvolto dall’affetto dei geni-tori, mentre eri apprendista, “ragazzo di bottega”, comesi diceva allora, presso il negozio del fotografo diMigliarina, Renato Pedrini; ... improvvisamente, cattu-rato durante una serie di arresti di partigiani e collabo-ratori della Resistenza.

Quale colpa ti hanno attribuito?

Semplicemente quella di esserti trovato nel postosbagliato, al momento sbagliato!Arrestato: dal carcere (campo) di Bolzano meta dei de-portati prima di essere trasferiti in carri bestiame, chiu-si ermeticamente, tra gente sconosciuta. Giorni di viag-gio, senza cibo, senza acqua, tutti insieme ammassati,senza conoscere la destinazione.Dachau, Ravensbrück, Auschwitz, Flossenbürg; per teMauthausen fu la fine della corsa.Con l’entrata in un cortile, passando attraverso un can-cello con la scritta “ARBEIT MACHT FREI”, il lavororende liberi, ti sei lasciato alle spalle, insieme agli altri,troppi tuoi compagni, il “mondo degli umani”, per entrarein quello dove l’intelligenza umana si è fatta “bestia-lità”.I miei occhi vedono il sole, il mio corpo sente il tepore delsole, libertà per me è un tuffo nel mare azzurro, guarda-re gli uccelli volare, e le stelle nell’immensità dell’uni-verso. La mia gioia la ritrovo in una corsa pazza con gliamici e le amiche in un prato verde o in un bosco di al-beri e di fiori profumati.E i tuoi occhi che osservo così luminosi, felici e ancheun po’ birichini, che cosa hanno visto?Senz’altro la luce del sole e gli uccelli volare ... e chissà

Ogni annol’Aned diSpezia indice

una Borsa di studio intito-lata a Franco Cetrelli, ilpiù giovane deportatopolitico italiano, mortonel lager di Mauthausenquando aveva soltanto 14 anni.

Quest’anno laBorsa di studioè stata vinta da

Sara Pastorello,studentessa dell’Istitutotecnico navale statale“Nazario Sauro” diSpezia. Ecco il testo del suo elaborato.

Franco Cetrelliera solo unragazzo quando

è stato arrestato perchépresente alla cattura deltitolare del laboratoriofotografico in cui lavorava.Nonostante la giovanissi-ma età fu imprigionato alXXI Fanteria a La Spezia e quindi a Genova nel carcere di Marassi. Fu poideportato a Bolzano e aMauthausen, dove morìnel marzo 1945. Non avevaancora compiuto 14 anni.

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quante volte hai sognato di essere uno di loro per sentirtifinalmente libero! Ma troppo prematuramente, precoce-mente il tuo sguardo si è trasformato in terrore ... morte... i tuoi occhi ... che hanno visto come ultima visione del-la tua breve vita, un fucile puntato al petto. Russi, tede-schi, italiani, ebrei, polacchi, francesi, erano i tuoi com-pagni con i quali, alle prime luci dell’alba, dovevi trovartie subire l’appello nel cortile del campo: trascorrere oree ore al freddo gelido, sotto la neve o il sole cocente o lapioggia battente, fermi immobili per non subire le man-ganellate delle SS. Una lunghissima attesa, perché mol-ti, nel passaggio da un giorno all’altro, non avevano piùvoce ... erano, forse uomini e donne, in quel filo di fumoche si elevava alto nel cielo e si trasformava in una nu-vola, portata via dal vento?I tuoi occhi sgranati, esterrefatti, hanno visto corpi nu-di, percossi, senza un perché, senza pietà, stecchiti, am-massati l’uno sull’altro, privati della loro dignità uma-na.

Caro Franco, piccolo martire dei più terribili edatroci giorni della nostra epoca, il 27 gennaio è di-ventato per tutti il “Giorno della Memoria”, per

non dimenticare.Chi ci aiuta a ricordare sono i sopravvissuti, i reduci,come sono chiamati, perché sono tornati, sono vivi ... vi-vi perché comunicano, si vestono, mangiano ... ma nel

Mauthausen

loro cuore lo strazio e il dolore sono vivi e presenti percoloro che sono rimasti laggiù, ridotti pelle ed ossa, mar-toriati, privati della loro libertà e soprattutto della lorodignità di esseri umani.La dimenticanza è, infatti, ora il più grande nemico da com-battere se si vuole conservare il passato ed evitarne ildissolvimento. Per ricordare e non ripetere, tenendo pre-sente le parole del premio Nobel per la pace Elie Wisel:“Perché oggi, come ieri, la minaccia per la nostra epo-ca è rappresentata ancora dal fanatismo, dall’intolle-ranza, dall’odio razziale, etnico e religioso. Il male nonè mai scongiurato per sempre”.Pensiamo alle guerra che insanguinano il nostro piane-ta!

Per ricordare e non dimenticare, sino a quando, co-me disse il nostro poeta Ugo Foscolo: “Il sole ri-splenderà sulle sciagure umane”.

Caro Franco, tu che sei passato così tragicamente dallaluce del sole al buio di una delle più grandi tragedie del-la storia, rimarrai ancorato saldamente nei nostri pen-sieri. Un abbraccio a te e a tutti quelli che con te hannolasciato un’impronta nel mondo, insegnando all’uma-nità che, non con la violenza ma con l’amore e la fratel-lanza si potrà costruire un futuro migliore per le prossi-me generazioni.

Sara

Ricordato il giorno della liberazione

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Il 5 maggio 1945una pattuglia americana entra nel campo

Le immaginidei fotografiamericani ilgiorno dellaliberazione

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Mauthausen

Pierre SergeChumoff

Francese, nato a Parigi nel 1922, radiotecnico, pri-ma della prigionia e della deportazione, viene ar-restato nel marzo del 1943 in quanto membro del-

la Resistenza francese. Imprigionato a Cherche-Midi, Fortde Romainville, campo di Compiègne, giunge nel cam-po di concentramento di Mauthausen il 1 aprile 1943(prigioniero numero 25.699).Dal 28 aprile 1943 nel campo di concentramento diGusen I (prigioniero numero15.014 dal 23 gennaio 1944numero 47.836); il 28 aprile 1945 di nuovo nel campodi concentramento di Mauthausen.Dopo la liberazionecompleterà studi in tecnologia e matematica, capo in-gegnere in un gruppo tecnologico; è autore di saggi sto-rici.Vive a Parigi.

di Angelo Ferranti

Diffuse nel lager la notizia della

Era utilizzatodai nazisti in quantoesperto radiotecnico

La “voce segret

“In questo lager, non dei peggiori, sonomorte più di centodiecimila persone.L’immagine più terribile, forse più ancora

della camera a gas, è la grande piazza in cui i prigionie-ri venivano raccolti e inquadrati per l’appello.“ ÈClaudio Magris che nel suo libro “Danubio” descrive lasua visita a Mauthausen.

Più avanti racconta della sua fatica scenden-do dalla Scala della Morte che conducevaalla cava di pietra: “Su questi 186 alti gradini

gli schiavi portavano macigni, cadevano per la fatica operché le SS li facevano inciampare e rotolare sotto isassi, venivano abbattuti a bastonate o a fucilate…”

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a liberazione di Parigi ascoltando la BBC

ta” che rincuorava i deportati

Pierre Serge Choumoff èuna persona minuta, haun volto forte, occhi viva-cissimi, che trasmettono.Ci fa capire subito che èmolto lieto di rilasciarequesta intervista a “que-sti amici italiani”- comeci tiene subito a sottoli-neare - a noi che gli chie-diamo quali furono i rap-porti con gli italiani.I compagni italiani li ricordotutti bene, con amicizia eaffetto!

Ho vissuto con molti di lo-ro le stesse condizioni ditensione, paura di non far-cela;era forte tra di noi lasolidarietà e l’aiuto reci-proco per resistere, orga-nizzandoci in forme diver-se.Ero arrivato a Mauthausen,il 1 aprile del 1943, e pocodopo trasferito a Gusen I,insieme a molti camaradefrancesi: ero stato arresta-to in quanto membro dellaResistenza.

Nella foto grande: le truppe americane sfilano lungo “Les Champs-Elysées” alla liberazione di Parigi. Nelle altre immagini il campo come si presenta oggi.

Nella foto grande: le truppe americane sfilano lungo “Les Champs-Elysées” alla liberazione di Parigi. Nelle altre immagini il campo come si presenta oggi.

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Come radiotecnico misi alservizio di quella lotta le mieconoscenze in quel momentostrettamente vietate; duran-te quella attività fui costret-to a cercare dei pezzi di ri-cambio, delle valvole…qualcuno mi seguì e fece ilmio nome, venni fermato eincarcerato e solo per un ca-so non fui ucciso, il mio no-me venne trascritto non conla Ch ma con la Sch, facen-domi scivolare in fondo nel-l’elenco e ciò mi valse la sal-vezza: 116 compagni furonotrucidati per vendetta e rap-presaglia per l’attacco al ci-nema Rex.Il nostro trasferimento, mioe dei miei compagni, non av-venne nel solito modo, incarri bestiame pigiati e co-stretti in condizioni indicibili,ma con un piccolo convo-glio, strettamenti sorveglia-ti. Arrivammo a Mauthasendi notte e fummo condotti allager con una marcia forza-ta.Quando dovetti riferire deimiei studi e dei lavori cheavevo svolto, dissi che co-noscevo il tedesco, un po’dipolacco, oltre al francese,che ero radiotecnico e ave-vo appreso il disegno tecni-co e scrivevo bene… questequalifiche furono fonda-mentali per la mia nominaad aiutante dell’archivistadel mio blocco. Devo anchedire che il mio nome di ori-gine russa non sollevò par-ticolari attenzioni.Ho svolto anche funzioni dicontrollo delle macchineutensili: ispezionavo alesa-trici, torni, per le produzio-ni militari della Steyr che neitunnell di Gusen doveva rea-lizzare componenti per la V2.Uno dei modi per ostacola-

Pierre SergeChumoff

re la produzione stava nelloscartare gli attrezzi per ef-fettuare con precisione le la-vorazioni. Data la difficoltàdi reperire attrezzi sostitu-tivi, lo scarto degli utensiliprovocava ritardi e danneg-giava la produzione. Ma torniamo al mio rappor-to con i compagni italiani.La maggior parte di loro ar-rivarono nei primi mesi del‘44. Erano politici e per dipiù considerati dei traditoriin quanto oppositori dellarepubblica di Salò e del IIIReich. Erano completamente im-preparati. Sorpresi.L’impatto con l’organizza-zione del campo e le sue re-gole feroci provocarono deiveri drammi. La giornatanel campo era segnata da uninsieme di obblighi che do-vevano essere rispettati ri-gidamente. Noi francesi, cheeravamo già da mesi nel la-ger, cercammo di aiutarli inogni modo. In quel periodo io mi occu-pavo del registro degli arri-vi e una delle prime cose chemi sforzavo di far loro capi-re era di apprendere subito ilnumero che gli era stato as-segnato, numero che tutti igiorni, mattino e sera, nel-l’adunata nel grande piaz-zale doveva essere ripetutoda ognuno di loro in tede-sco.

A Choumoff chiediamo sesi ricorda i nomi di alcunidi loro.

Sì, ricordo Tonussi, e con luiMaris, Belgioioso, Pagano,Albertini: li consideravo gliintellettuali del gruppo. Epoi Ravelli e altri ancora,fraternizzammo subito, e fu-

rono molte le occasioni incui ci aiutammo reciproca-mente. Molti di loro eranocompagni che avevano ope-rato nelle formazioni parti-giane e così fu possibile or-ganizzare dei piccoli gruppidi resistenza nelle nostre ba-racche. Ricordo che Albertini rap-presentò gli italiani nel co-mitato di resistenza inter-nazionale clandestino chenella fase finale, prima del-la liberazione del campo daparte degli americani, trattòcon la Croce Rossa.

Sappiamo che durante lasua permanenza nel cam-po di Gusen I si trovò nel-la singolare possibilità -dovuta alle sue conoscen-ze nel campo della ra-diofonia - di avere infor-mazioni sull’andamentodella guerra ascoltando inotiziari della Bbc che litrasmetteva sia in tedescoche in polacco. Come siconcretizzò questa parti-colarissima circostanza ?

Agli inizi di giugno del 1944,fui richiesto dal responsa-bile dei servizi di trasmis-sione radio del campo persostituire un compagno bel-ga, trasferito da altra parte.Sostenni un esame che ac-certò le mie competenze. Questo posto era molto im-portante. Si trattava di man-tenere in perfette condizio-ni di efficienza tutte le apa-recchiature ricetrasmitten-ti. La stazione radio era ilcentro nevralgico del campo:qui arrivavano tutte le infor-mazioni dello stato mag-giore.In particolare scopersi chesi potevano ricevere i noti-

ziari della Bbc e di altre sta-zioni radio che trasmetteva-no in determinate ore delgiorno, sempre le stesse, dan-do notizie sull’andamentodella guerra e sull’avanzatadei diversi fronti, quello de-gli americani e quello deirussi. L’ufficiale delle SSche comandava la nostra po-stazione era molto energi-co, intelligente: sempre alleprese con il bisogno di tro-vare pezzi di ricambio permantenere in buone condi-zione tutti gli apparati radio.Ricordo le sue sfuriate ver-so il comando di Liens, dacui si dipendeva per avere ipezzi sostitutivi; io ero mol-to sorvegliato. Avevo scoperto che l’unicomodo per poter ascoltare perpochi minuti i notiziari inbreve che venivano trasmessialla fine dei giornali radiodella Bbc in inglese e in po-lacco, alle dieci e qualcheminuto di ogni giorno, eraquello di segnalare un falsoguasto a uno degli apparec-chi riceventi. Il guasto peressere riparato richiedeval’uso di una cuffia. Mi veni-va consegnata sotto strettasorveglianza e solo per po-chissimi minuti, capite lostress. Ero molto sorveglia-to. In pochi minuti dovevosegnalare un guasto inesi-stente, per poter chiedere lecuffie e contemporanea-mente simulare la ripara-zione affinché subito dopoquella stessa radio potesseessere nuovamente disponi-bile e soprattutto cercare dicapire bene cosa veniva tra-smesso dal notiziario dellaBbc che ricevevo in cuffia.Ogni volta mi trovavo in unostato di estrema tensione eal tempo stesso ero conscio

Mauthausen

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La “voce segreta”che rincuoravai deportati

della situazione ecceziona-le in cui mi trovavo: potevoconoscere il reale andamentodella guerra e dare così spe-ranze a tutti che forse la fi-ne delle nostre sofferenzeera prossima.Tenete conto che il tutto av-veniva in uno spazio limita-to e che alle mie spalle simuovevano altre due SS, pu-re esse addette alla sorve-glianza e alle trasmissioni.

In che modo riuscì a diffon-dere le notizie che ap-prendeva dai notiziari, sen-za essere scoperto?

Potevo contare su una pic-cola rete di compagni di pro-vata fiducia: belgi, jugosla-vi, oltre ai miei compagnifrancesi. Ero sicuro che nonmi avrebbero mai tradito. Inseguito la rete si allargò in-cludendo altri compagni dialtre nazionalità .L’episodio più importantedi cui fui protagonista fuquando appresi in anticipola notizia della liberazionedi Parigi, Marsiglia eGrenoble da parte delle for-ze alleate.Da settimane l’andamentodella guerra mostrava che learmate del III Reich conti-nuavano a subire grandi per-dite e che il morale delletruppe era a terra.Anche noi subivamo conti-nuamente bombardamentida parte dell’aviazione de-gli alleati: le SS ci costrin-gevano in migliaia a rifu-giarci nei tunnel dove si la-vorava alle produzione di unaereo. Dieci, quindicimilaprigionieri, rinchiusi con laforza, con ogni volta decinedi vittime dovute ai tentati-vi di sottrarsi alle spinte e

alle pressioni di tanti corpi.Io mi nascondevo sotto il pa-vimento delle baracche: ilgiorno prima della libera-zione di Parigi appresi la no-tizia nel solito modo.La diffusi immediatamente:lo scalpore fu grande. Le SS pensarono inizial-mente a una notizia inven-tata. Trovarono successiva-mente conferma negli alticomandi tedeschi. Non riuscivano a spiegarsicome la notizia della cadu-ta fosse giunta nel campoancora prima che questo ac-cadesse.Le conseguenze furono chetutte le radio vennero modi-ficate. Venne soppressa lapossibilità di ricevere in on-de corte. La liberazione di Parigi daparte degli alleati avvenneil 24 agosto del ‘44.

Lei è stato uno dei prota-gonisti del gruppo inter-nazionale che dirigeva laResistenza. Che ruolo eb-be nei giorni del crollo?Come avvenne la libera-zione del campo?

C’era un gruppo di resistenzainternazionale nel campo.Per gli italiani Albertini.Alla fine di marzo del 1945si capì dall’andamento del-la guerra che la Germanianazista stava crollando.L’ordine a Gusen come aMauthausen era di uccideretutti quanti vi erano rinchiusi.La camera a gas funzionavaal massimo. Sapevamo cheuna delle possibilità di an-nientamento consisteva nelrinchiudre i prigionieri mu-randoli nei tunnel o farli sal-tare con la dinamite.Noi a Gusen diventavamo

sempre più deboli. Non ave-vamo di che nutrirci. Decisicon altri compagni di tra-sferirmi a Mauthausen.Costituimmo piccoli grup-pi di compagni per impos-sersarci di armi: incontram-mo i rappresentanti dellaCroce Rossa, con me che fa-cevo da interprete a EmileValley nella trattativa con iVigili del Fuoco e un drap-pello di soldati austriaci, cheerano rimasti nel campo do-po la fuga delle SS e coi qua-li stabilimmo un patto di nonbelligeranza: “Voi non in-tervenite contro di noi e noifaremo altrettanto nei vostriconfronti”.Il 5 maggio fummo avverti-ti dell’ingresso degli ameri-cani nel campo. Il nostrogruppo era tra i più attivi.Con gli spagnoli e altri com-pagni ci recammo all’in-gresso del campo e armi al-la mano, all’una del pome-riggio, decidemmo di ab-battere l’aquila che sovra-stava l’ingresso del campo.Abbattendo quel simbolo cisembrava di aver definitiva-mente sconfitto il nazismo!C’è una foto di quell’episo-dio in cui mi si vede con al-tri mentre con una corda ti-riamo giù quel simbolo dimorte.Le ore successive le pas-sammo a organizzare l’ac-coglienza per l’arrivo degliamericani. Ci sembrava diaver contribuito a liberarci.In quel momento erano al-meno ventimila i superstiti.La situazione sanitaria eragravissima. Dovevamo di-videre per nazionalità quan-ti erano rimasti vivi per por-tare loro soccorso. .Organizzare la quarantena.Io nonostante tutto ero uno

dei pochi superstiti validi econ una conoscenza direttadelle condizioni del campo.Ho aiutato come interpreteEmile Valley nel negoziatocon gli americani per ren-dere più facile il rilascio deiprigionieri e il rientro nei lo-ro paesi.Sono arrivato a Parigi il 30maggio 1945 attraverso laSvizzera. Ma ritornai nuo-vamente a Mauthausen il 2giugno con Emile Valley.Fummo incaricati dal mini-stro francese dei veterani digarantire il rimpatrio di tut-ti i prigionieri e di recupe-rare i documenti che com-provavano la presenza di cit-tadini francesi all’internodel campo di concentra-mento di Mauthausen.Serge Choumoff ci salutacalorosamente. Anticipa ilsuo rientro a Parigi. Domani si vota in Franciaper le presidenziali e luinon vuole mancare. Ci rac-conta di un ultimo episo-dio, mentre il suo taxi loattende.

Quello che resta oggi delcampo di concentramento diGusen è frutto di una sceltadifficile: francesi e italianidecisero di acquistare un lot-to di terreno per impedireche ogni traccia di Gusensparisse. Scoprirono che quelterreno apparteneva alla mo-glie di una SS: la decisionedi dare soldi a un carneficefu quanto mai difficile daprendere.Prevalse la ragione: la me-moria di quel luogo di sof-ferenze per quanti eranomorti o lo avevano attraver-sato non doveva essere can-cellata per sempre.

Angelo Ferranti