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ACCADEMIA DELLA CRUSCA CENTRO STUDI DI FILOLOGIA ITALIANA MAURIZIO CAMPANELLI RILEGGENDO LE LEZIONI PARINIANE DI BELLE LETTERE (E ALCUNE FONTI GIÀ NOTE) Estratto da "STUDI DI FILOLOGIA ITALIANA» voL LXI LE LETTERE FIHENZE MMlll

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ACCADEMIA DELLA CRUSCA CENTRO STUDI DI FILOLOGIA ITALIANA

MAURIZIO CAMPANELLI

RILEGGENDO LE LEZIONI PARINIANE DI BELLE LETTERE (E ALCUNE FONTI GIÀ NOTE)

Estratto da "STUDI DI FILOLOGIA ITALIANA»

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LXI

LE LETTERE FIHENZE

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RILEGGENDO LE LEZIONI PARINIANE Dl BELLE LETTERE (E ALCUNE FONTI GIÀ NOTE)\(·

Sebbene Parini abbia dedicato all'insegnamento gran parte della propria esistenza, non si può dire che la sua attività di insegnante abbia destato finora grande interesse 1• Mancano ancora oggi i documenti primari: per ricostruire metodi e contenuti, in una parola la storia, degli oltre venticin­que anni d'insegnamento cli Parini a Brera, vale a dire gli appunti e i libri elci suoi studenti. Mancano anche perché non sono mai stati cercati; perfi­no un volume, molto documentato, sul Parini e Brera non reca lumi al riguardo 2 .

C'è in verità un'eccezione., un quadernetto di appunti presi alle lezioni

* Questo studio nacque come relazione per il seminario ''·Scrit.t.ori in caueclra", svoltosi presso il Dipartimento di Italianistica clell"'Università "La Sapienza"' di Roma negli nit.imi giorni ciel maggio 2001. Vin da allora intendevo offrirlo alla memoria di Scevola Marioli i., il quale, in una sitnazione d'emergenza, volle affidarmi la stesura delle pagine dedicate a Parini nell'E11ciclopedia oraziana. Senza quell'esperienza il presente articolo non sarebbe mai staio scritlo.

' l_}ult.imo profilo cli Parini a mc noto è qnello di G. Barbarisi, in Storia della lcllemtum italia­na., Roma., Salemo., 1998, voi. VI (li Sellecenlo), pp. 569-633 (alle lezioni di belle leHcre sono dedi­cate le pp. 610-12)., che contiene anche una bibliografia int.clligentemcnt.c selezionata. Ma gli studi pariniani stanno conoscendo progressi davvero notevoli grazie alle pubblicazioni in vnrio modo oc­casionate dal bicentenario della morie del poeta; ne citerò alcune più avanti. Notizie sul Parini pro­fessore, oltre che dalla biografia dcl Heina., si ricavano eia /Jella vila e degli scrilli di Giuseppe Parini milanese. Lellere di due runici, Seconda edizione rivedu.l.a con diligenza ed accresciuta di giunte noi.abili, 1vlilano, Majnanli., 1802 (i due amici sono L. Brmnicri e P. Pozzetti; la prima edizione era apparsa a Piacenza uel 1801) e C. G. Scotti, Elogio dell'abate Giuseppe Parini, già pubblico profes­sore della Eloquenza 81lblime e di Belle ;Irti nel Ginnasio JJraidense, Milano, G. Motta al Malcauto­nc, 1801 :, eia leggere anche V. Bortolotti, Gillseppe Parini. Vita, opere e tempi, co11 doc111ne11ti inediti e rari., Milano, Verri., 1900., e H. Germano, Di a.lwni scolari di Giuseppe Parini, Lucca, Baroni., 1919. Nou ho avuto modo di vedere E. Filippini., Giuseppe Parini nei prùni anni del suo pro.fessoralo, «An­nali ciel Hegio Ginnasio G. Parini»., 1926-1927.

' A. Vicinclli, Il Parini e Brera. Uùwe11lario e la pianta delle sue stanze. La Sila azione nella scuola e nella cullura lllilanesc nel secondo Sellecelllo., Milano., Ceschiua, 1963. La ricerca di mate­riali risalenti all'insegnamcut.o cli Parini non sarebbe ciel rest·o fra le più agevoli., dato lo scarso valo­re, culturale e più latamente bibliotecario, che si è finora annesso a questo genere cli proclot.ti, come mostra F. Pozzi., Il barnabita Carlo Schiera e un 11u.ovo 11wnoscrillo sellecc11lesco delle Odi parinia­ne, «Aevurn. Rassegna cli scienze storiche linguistiche e filologiche», LXXV (2001), pp. 759-80. Jl manoscriU.o in questione è nn'ampia miscellanea contenente, oltre alle odi, la prolusione pariniana ciel '69 e una serie di test.i greci (in versione latina o italiana), latini e volgari che potrebhern esser stati oggetto delle lezioni di Parini (non vi sono però, a quel che sembra., appunti cli esposizioni dei test.i); Pozzi stesso racconta (p. 760) di aver rinvenuto ed «acquistai.o per modestissimo prezzo» il manoscrit.t.o su una bancnrella della ''·Fiera di Sinigaglia.'' a Milano.

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pariniane su Anacreonte da un anonimo studente tra il 28 gennaio e il 4 aprile 1791. Il documento fu fortunosamente recuperato da Silvio Giuseppe Mercati, il quale ne pubblicò uno specùnen nel 1942, in uno cli quei libretti per nozze che fanno la felicità di bibliofili e bibliografi., e sovente la dispera­zione degli studiosi'1• L'eccezione conferma la regola, perché il piccolo qua­derno ncil1-1rolo è ancora inedito nella sua interezza, ma sembra perfino che se ne siano perdute le tracce. Nel 1951 dovrebbe esser stato clonato dal Mercati alla Biblioteca Ambrosiana., stando a quel che il celebre bizantinista scrisse in un articolo apparso nella miscellanea in onore di Giovanni Galbiati,, pre­fetto della biblioteca milanese, che aveva sollecitato il clono. I-Io chiesto a personale qualificato dell'Ambrosiana se fosse consultabile, ma mi è stato risposto che non si trova né tra i manoscritti di Parini, né fra le carte di Galbiati né altrove nei fondi della biblioteca. In questo, si spera temporaneo, smarrimento (salvo che, per qualche a me ignoto motivo, il quadernetto non sia rimasto nelle mani del Mercati) sta scritta l'assai scarsa, per non dire nulla, fortuna che gli appunti su Anacreonte hanno avuto negli studi pari­niani. Non voglio sostenere che ciò sia un fatto grave; ma pure le pagine vergate dall'ignoto (per ora) studente avrebbero un qualche contributo da dare ad una migliore intelligenza della poesia pariniana. La notizia, costi­tuente il dato più macroscopico rivelato dagli appunti, che Parini leggeva e commentava Anacreonte nella traduzione latina cli Enrico Stefano., da lui scelta ed elogiata fra le altre disponibili\ non offre soltanto un positivo ri­scontro a quanto afferma il Reina nella sua biografia dcl poeta, laddove ri­ferisce il pensiero pariniano in materia cli traduzioni dal greco, e in partico­lare di traduzioni consigliate agli studenti''., ma potrebbe pure tomar utile in

" /)a/Le «Memorie della Scuola di Eloquenza del Sig.' Abba/e l'wù1i'\ Nozze Baldi - Cerocd1i., Homa 19 sctJcmbrc 1942.

' Giuseppe Parini maestro di eloquenza., in Afiscellanea Giovanni Galbiati, Milano., Hocpli., 1951 («Fontcs Ambrosiani», XXVI), voi. Il, pp. 377-84:, alle pp. 383-84 Nlcrcati pubblica nu altro picco­lo frammento degli appm1ti .

. -, «Noi abbiamo nella nostra lingua italiana più autori clic hauno tradotte le opere rii Anacreon­tc., e furono., per diruc alcuni., il Salvini con allri due~ che vanno uuiti in 11na stessa edizione:, abbia­mo ancora., cd è forse la migliore, la traduzione riel Paguini. Di questi però uon ci serviremo, perché uon è possibile ch'essi traduccssem Anacrcontc colla stessa semplicità., che è molto gelosa nel dover c011scrvarc i tcrn1i11i~ che hanno dovuto cangiare o per la lingnn nosl ra inferiore alln greca o per forza della rima che lianno adoperato., essendo r1ucsto l"'unico mezzo per reurlcr melodioso e grato il verso cori.o italiano. Onde farebbe d'uopo cl"'una trattazione in prosa, ma questa ci manca. l'er ciò arlopre­rcrno la traduzione cccclleut.c iu latino di Emico St.dano, uomo ccrtmncnte grande sì per tradurre che per connncntarc~ per il che si rese conn11c1Hlabilc nssaissi1110 nclla lcltcratura» (in N[crcali., G/u­seppe Parini ... cii .. , p. :l77). L'edizione di Anacrconte usata da Parini è 1l11acreo11/ is aliquo/ odac ab J-lenrico Steplw110 eode111 cam1i11e e:rpressae., in 'Ava1Cpéovwç 1Caì a,1,,1,rov uv6ìv ..tvpi1C6ìv noi1rr6ìv µéAJJ. A11acreo11lis et aliomm l-1yricom.111 aliq110/ poelamm Oda e. !11 easde111 I leni: Steplrnni Obser­oat.iones, Parisiis, apud Guil. Morelit11n et Hob. Stephamun., 1556.

'' «Circa lo studio rie' Classici Greci, che tanto è difficile il gustare negli originali, voleva, che se ne leggessero le buone traduzioni letterali., che conservauo., se non altro., le grandi fanne rlcgli origi­uali. E cosafac/le~ diceva egli~// reodere / se11lù11enli dell'origi11a!e a111pl(/ica11do, e lrooare l'anno-

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vista di un più mirato esame delle reminiscenze anacreontce disseminate nei versi cli Parini.

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Ben note sono invece le lezioni con cui Parini avviò la sua docenza nelle Scuole Palatine, che rappresentano senz'altro il lavoro più impegnativo tra quelli prodotti dal poeta nella lunga attività cli docente, e non solo in essa. Parlo cli quella trattazione spesso citata., sulla scorta delle edizioni, come Principii delle Belle Lettere, talora come Lezioni di Belle Lettere, che si pre­senta tradizionalmente divisa in due parti, la prima dedicata ai Principii fondamentali e generali delle Belle Lettere applicati alle Belle Arti, la secon­da ai Principii particolari delle Belle Lettere. Leggiamo ancora quest'opera nelle edizioni cli Bellorini e Mazzoni 7, entrambe benemerite ai loro tempi., ma oggi insoddisfacenti sul piano filologico., dal momento che., seguendo le orme del Reina, primo editore dei Principii (l 804), offrono un testo ibrido e basato su scelte talvolta arbitrarie.

Di queste lezioni esistono due manoscritti autografi, il primo dei quali (Bibl. Ambrosiana., S. P. 6 I 4. Vll. 3) contiene una versione molto ampia del testo., databile al primo biennio clell"'inscgnamento pariniano presso le Scuo­le Palatine (1769-1771)., il secondo invece (Bibl. Ambrosiana, S. P. 6 I 4. VII. 1) offre un Rist;retto delle Lezioni di Belle Lettere (così nel titolo), vale a dire una versione notevolmente abbreviata., che dovrebbe collocarsi negli anni immediatamente successivi (1771-1773). Circa trent'anni fa llobert Perroucl scoprì presso la biblioteca della famiglia Sioli-Lcgnano il mano­scritto cli uno studente che raccolse le lezioni tenute da Parini nel 1770; questo manoscritto coincide con la prima parte dell'autografo più ampio, dal momento che in quel tempo Parini soleva dettare il testo delle sue lezio­ni. Sono inoltre da lungo tempo note tre copie in pulito (Bibl. Ambrosiana, S. P. 6 I 4. VII. 2 e S. P. 6 I 4. Vll. 6., e Bibl. Trivulziana, E. 42, olim 60) cli appunti delle lezioni tenute da Parini sulla base del Ristretto e dell'ultima parte dell'Ambrosiano VII. 3; questi apografi sembrano risalire ad anni cli corso diversi e presentano una situazione testuale piuttosto complessa. Di ancor fresca stampa è un.'edizione dell'Ambrosiano VII. 3, che rinvia «l'am­pio e complesso apparato delle varianti interne» alla futura edizione critica, da realizzarsi nell'ambito dell'edizione nazionale delle opere pariniane: si

11ia i111ilaliva di qualche cosa con lungo giro di uersi; 111.a è quasi i111possibile d'i111itare le cose col suono proprio in pochi uersi, e in poche parole 11alural111e11le, e quasi a caso, co111e pur/anno i Clas­sici, onde nelle opere loro l'Arte, che lullojà, nulla si discopre» (F. Rciua., Vita di Giuseppe Parilli, in Ol'ere di Gillseppe Purini, pubblicate cd illustrale eia F. Hciua, voi. I, 1Vlila110, presso la Stamperia c Fonderia ciel Genio Tipografico, 1801, pp. LI-LII).

' G. Parini, Prose., a cnra di E.13ellorini., voi. I, Bari, Latcrza, 1913., pp. 181-302; lei., '!ìttte le opere edile e inedite, raccolte da G. Mazzoni, Firenze, G. 13arbèrn., 1925, pp. 763-857.

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trnlta di un lavoro elegantemente presentato, che si rivelerà prezioso per chi voglia recuperare le porzioni cli testo omesse da Heina., Bellorini e Mazzonill.

Forse già dalla fine del 1773, quando le Scuole Palatine, trasformate in Regio Ginnasio., confluirnno nella ex Università gesuitica di Brern., oppure, con maggiore probabilità, dal 1776, quando nel Hegio Ginnasio di Brera si aprirono i corsi dell'Accademia di Belle Arti e il poeta si trnvò a far lezione a giovanetti senza formazione letteraria, Parini iniziò un più tradizionale tipo cFinsegnarnento, basato sulla lettura e il commento di un testo, cli cui rimane testimonianza, per ora unica, nel citato quaderno di appunti su Anacreonte.

Non essendo stato mai disponibile un testo critico dei Principii, non sor­prende l'assenza, prolungatasi fino ai nostri giorni., cli studi specifici sui con­tenuti di queste lezioni, finite nel limbo degli scritti che vengono usati come un repertorio cli dati (in questo caso di sentenze cli poetica e filosofia dell'ar­te), ma non sono mai fatti oggetto di attenzioni specifiche. Questo panorama stagnante ha appena corninciato a movimentarsi grazie ad alcuni interventi contenuti nei recenti atti dei convegni svoltisi in occasione del bicentenario pariniano''; interventi qualitativarnente importanti, ma ridotti ad uno spa-

" Mi rifcrisr,o a Lezioni di Beffe Lettere., a cura cli S. 1Vlorgana., in Parini e le !Irti nella Milano Neoclassica .. a cura di G. Buccclla1i e A. Marchi., coordinamento e direzione scientifica di C. Barha­risi, Milano, Univel'sità degli Studi cli Milano, 2000, pp. 163-232; si veda anche il saggio cli S. Mor­gana, Le Lezioni di Ginseppc Pariniprojèssore di Nelle Lettere a Mifww, alle pp. XXXIV-XL dcl volu­me. Sull"au1ografo A1nhrosiano Vll. 3 .. oltl'e alla noia al 1cslo della Morgana (pp. 233-él4) .. si posso­no vedere due schede., con riprncluzione di una car1a, in «Con dalle carte». L'1lmbrosiana e Parini. !Wanoscrilli e docnmenti sulla cnltnm milanese del Scllecenlo, a curn cli G. Carnazzi., Milano, Cisal­pino., 1999, pp. 91-93 (a p. 122 l'elcnco delle Prose e Lezioni di Letlemtum conscrva1c uel fondo pariniano dclPJ\mbrosiana~ dove si trovano., ohrc ni 1nanoscl'itti ora citali~ altri 1ninori franuncnti an1ografi di lezioni). Sn 1ulla la malcria l'ilologica implicala dai Princ1jJii vi sono due soli si udi spe­cifici .. di cui il secondo sembra ignorare il primo: H. Pcnoucl, f,es «Leçons de lielles-Lellres" de Giu­seppe Parini. Essai dc reconstilution dc l'liisloire du le.etc .. in Studi sulla cultura lombarda in 111e­moria di Mario Apollonia., Milano., Vi1a e Pensiero .. 1972, val. I, pp. 162-174; A. Spina, JJer una nnoua. edizione dei "Pri11.cipj delle Belle f,ellere" di Giuseppe P(lrini, in Slndi ojjèrti ari 1lnna Ma.ria Quarlirofi e IJ0111e11ico J\1(lgnùw. Storia e/i'/ologia classica,Jilofogùt e storia deffa lelleratum 111odema, si.aria dell'art.e, scuola e società, bi/Jliogf'({/ia, Pavia, '·''Edizioni New Press" Como., 1987, pp. 185-98.

'' Si vedano C. Baroni., Parini critico .. in 1lllualità di Giuseppe Parini: poesia e impegno ciuile. A11i ciel Convegno (Varenna, Villa Monastero - Bosisio Pal'ini - Milano .. 27-30 scltcmbre 1999), pub­blicali come "R.ivisla di Le li.era tura Italiana», X VII (1999), pp. 467-71, A. Coltignoli., Parini e l'nnilà delle arli, ibide111, pp. 488-89, e A. Musinri., Parini e gli artisti di Brem: le istmzio11.i lellemrie .. ibi­de111 .. pp. 495-97; alcune riprese dal 1rn11ato !Jef Subfi111e, che Parini leggeva mollo prohabilmcule nella versione latina di Jacob Tali e iu quella francese dcl floileau, sono siate individuale da G. Ran­cio, Parini e li Subli111e, ibide111, l'P· 533-35. Preziosi apprnionclimenli sui Princ1jJii e sull'insegna­mento pariniano si leggono in F. Fedi, Parini e i teorici del Neoclassicis1110 .. in L'(lmabil rilo. Società e cultum nella Milano di Parini, a cura di C. Barbarisi, C. Capra, F Degrada, I·~ Mazzocca., I. Il., La 111nsica e le arli, Milano, Cisalpino, 2000 («Quaderni di Acme», 4S), pp. 969-92. l•:. Ghicle11i, Pari­ni, 111w teoria della leUemt11ra., i11 Le bnone doU.rùie e le bnonc leU.erc. Brescia per il bicentenario della morte cli Giuseppe Parini, 17-19 novembre 1999, a cura di B. Marlinclli, C. Annoni, G. Lan­gclla .. Milano, Vita e Pensiero .. 2001.. pp. 21-39, ha ricoslrni1o in clc11aglio il con1roverso quadro del­la fortuna dci Principii nelle storie le11eraric dell'Ouocenlo .. a partire dal Saggio sulla lclleratum contemporanea di Foscolo-Hobhouse, ccl lw fornito alcuni s1imolanti spnnli d'indagine sulla galle­l'ia cli sct·i1tori ilaliani che cosliluiscc la seconda metà delle lezioni pariniane.

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ruto pugno di pagine in volumi che ne contano tra le sette e le ottocento., a conforma cli una inferiorità bibliografica, per così dire, che i Principii con­tinuano a scontare., malgrado il fotto che le lezioni tenute alle Scuole Pala­tine siano la migliore specola di cui si disponga per scrutare la cultura filo­sofica e letteraria del Parini.

Invero nel denso tessuto della prima parte delle lezioni pariniane., quella dedicata ai principi fondamentali e generali delle belle arti, si cercherebbe inutilmente un solo nome cli autore moderno. Ma un elenco degli autori ai quali Parini esplicitamente si rifaceva nel definire i suoi principi' di estetica e critica letteraria lo fornirà il Heina., che di Parini era stato allievo, due anni dopo la morte del poeta, citando dapprima gli «antichi Critici» Aristo­tele ed Orazio (un nome che Reina non fa, ma che va senz"'altro tenuto presen­te., è quello cli Quintiliano), e quindi Du Bos., André, Batteux., Mendclssohn e Su lzer 10

• Questa lista è stata variamente riproposta nella bibliografia pa­riniana, spesso con l'aggiunta dei nomi cli Diclerot e Condillac per quanto riguarda lo sfondo filosofico d'impronta sensistica. Qualche approfondimento su alcune delle fonti citate dal l1eina potrebbe rivelarsi non inutile., anche per valutare a ragion veduta lo spessore culturale delle lezioni pariniane.

Il primo autore che si presenta alla nostra attenzione è l'abate Du Bos, autore delle fortunate R1/le.<:ions criliques sw· la poésie el sw· la peinlure., testo basilare dell'estetica settecentesca, apparso in prima edizione nel 1719 (la setti ma uscirà nel 1770). Importanti pagine della prima parte dei Prin.­cipii non sono se non traduzione o parafrasi di affermazioni di Du Bos 11

Ecco quanto si legge in apertura dclleR4/le.xions a proposito del fondamen­tale tema della noia:

L'ame a scs bcsoins comme le corps, et l'un dcs plus grands besoins dc l'homme est celui d'avoir l'esprit occnpé. L'ermui qui suit bicn-tot l'inaction de J"'ame, est un mal si douloureux ponr l'homme., qu'il cntreprend souvenl Ics travaux Ics plus pénibles., afin dc s'épargner la peine d'cn et.re tounnenté .

.Il est facile de concevoir comment lcs travaux du corps, mcme ceux qui scmblent demander le rnoins d'application., ne laissent pas d'occnper l'amc. 1-Iors de ccs occasions elle ne sçauroit else occupée qu'en dcux manicrcs: ou !"'cune se livre aux impressions quc les objcts extérieurs font sur elle, et c'esl cc qu'on appcllc sentir., ou bicn elle s'entrctient cllc-mcme par des spéculations sur des maticrcs., soit utilcs, soil curicuses., et c'est ce qu'on appelle réfléchir et méditer.

L'amc trouve pénible., et meme impraticable quelquefois, cette seconde maniere de s'occuper, principalement quand ce n'cst pas un scntiment actucl ou réccnt qui est le sujet dcs réflcxions. Il faul alors que l'ame fasse des cfforts continuels pour suivrc l'objet de son attention, et ces efforts., rendus souvenl infructueux par la disposition présente des organes chi cerveau., n.,aboutisscnt qu'à une contenti on vaine et stérile [ ... ] . Pcu de personncs mcmes sont assez bcurcuscs [ ... ] pour ctre ordinairement à ellcs-memcs une bonne compagnie. Un

'" Cfr. Hcina .. Vita ... cii., p. Xl.VI. 11 Sui debiti di Parini con Dn Bus rimane imprcscinclibilc N . .Tonarci, L'abbé D11 Bos el l'ltalie,

<dfovuc dc litt.ératnrc cornparéc»., XXXVII (1963)., pp. 190-200.

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pctit nornbre peni apprcnclre cet art, qui, pour mc servir de l"'cxprcssion d'l-Ioracc., fait vivre en amitié avcc soi-meme: Quod le ti/Ji reddal wnicwn. Il faut, pour cn elrc capablc, avoir un ccrtain tempérament cl'hurncurs [ ... ].Il font encore s''c1re appliqné clès la .ieuuessc à cles étudcs cl à des occupations clont Ics 1 ravaux clcmanden1 hcaucoup de rnéditation [ .. .].

La premiere maniere de s'occupcr cloni nous avons parlé., qui est celle de se livrer aux imprcssions que !es objc1s étrangers font sur nous., est beancou p plus facile".

Ed ecco la ripresa che ne fa Parini:

Ora !"anima nostra ha non manco bisogni di quel che si abbia il nostro corpo, e il maggior bisogno cli questa è quello cli dover essere sempre occupata[ ... ]. T'osto che l''ani­ma nostra si trova nella inazione., sia perché gli oggetti esteriori non operino o non variino bastevolmente operando sopra cli essa., sia perché essa non abbia bastevole energia per operare dentro cli sé, pruova essa un bisogno, cioè un sentimento cli pena, il qual senti­mento noi chiamiamo noia. Pochissimi sono quegli uomini, i quali, o per felicità cli tem­peramento o per eccellenza cl'eclncazione data a sé medesimi., non siano frequentemente soggetti a questo stato penoso della noia. La maggior parte sono costretti cli correr dietro anche a fatiche grandissime, ed a mettersi in gravissimi pericoli della vita, della roba o dell'onore per involarsi clall'alra cura che li persegue, cavalcando in groppa con essi. Le fatiche del corpo, gli affetti dcl cuore, le meditazioni della mente sono gli unichi mezzi con cui può l'uomo sottrarsi alle persecuzioni di costei. Ma gli affetti dcl cuore sono il mezzo più facile e il più comune, perché in tal caso noi n011 facciamo altro che lasciarci andare in balìa delle vivaci impressioni che in noi fanno gli oggetti esteriori, senza che noi siamo obbligati ad una lunga e determinata contenzione dello spirito e della volontÈI; la quale contenzione., a lungo anelare, è cagione in noi d'un'' altra pena"'.

Non si esagera dicendo che Parini si limita qui ad aggiungere il partico­lare dell'atra cura., che è una reminiscenza oraziana (Serm. 2., 7, 111-15 e Cann. 3, 1, 40 post equitem sedet atra Cura), quasi per compensare l'elimi­nazione dell'emistichio di Epist. 1., 18, 101., citato da Du Bos; per il resto non fa che ormeggiare le frasi dell'abate francese., disponendole, ora ampliate ora ridotte, in ordine variato rispetto a quello in cui si leggono nelle R~/lexions.

Ma la lettura decisiva per mettere a fuoco il retroterra culturale delle lezioni pariniane è q nella dei Principes de Littemture cli Charles Batteux., stampati nel 1755 in un'edizione che univa due opere circolanti separata­mente già da diversi anni, ovvero il trattato Les Beaux Arts réduits à un mente principe e il ponderoso Cours de Belles Leures. Parini mutua da Bat­teux elementi strutturali e affermazioni particolari delle sue lezioni, come, per fare un solo esempio, la divisione dei desideri umani in tre categorie, disposte in ordine progressivo, e !"individuazione dell'architettura come l'arte in cui tali categorie coesistono: «Tre cose cerca sempre l\wmo avidamente.

" Cito dalla scsw edizione, Paris, chez l'issot, 1755., vol. 1., p(J. 6-9. '" Le citazioni dai Principù'., l(lli e in seguito., sono tratte dall'eclizio11c di Mazzoni., raffrontata

eon qllclla dcll'alltografo Ambrnsia110 VII. :l curata dalla Morgana, ovvero., iu questo caso., Parini, 'lìille le opere ... cit., p. 775a-b, corrispondente a Lezio11i ... cit., p. 174a-b; in q11cst\1ltima si legge «aJtra cura»~ probabiln1cntc per un banale refuso~ dato che la 1czioue «alra cura» è gnrant.ita dalJa provenienza oraziana.

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Queste sono il necessario., la comodità., il piacere., e queste tre cose cercò egli di mano in mano nell'architettura, finché la ridusse ad aver per oggetto anche la procl11zione del Bello e a divenir per conseguenza una delle Belle Arti» 1

".

Queste parole uniscono e sintetizzano quanto Batteux aveva scritto nella premessa alla suaE.<:posilion de l'Art Poétique d'J-Jorace, inserita nel secon­do torno del corso di Belle Lettere., a proposito di nécessaire, comnwde e agrémerzt 1

\ e quel che si legge all'inizio del cap. VI della prima parte del trattato sulle Belle Arti, capitolo che si intitola A/1. quai L'Eloquence el L'Ar­chitecture d?f/èrent des autres Arts:

Les uns [sci!. rles Arts J furcut iuvcntés pour le seni hcsoin, chmtrcs pour le plaisir:, quelques-u!ls dùrent leur naissance cl"ahonl à la néccssité, mais., a·ianl sn clcpuis se revelir cl'agrémens, ils se placèrent à còté dc ccux qu'on appelle beaux Arts par honneur. C'est aiusi que l'Architccturc, aùml changé en demeures riantcs et commodes !es antrcs quc le besoiu avoit creusés pour servir de retraite aux hommes, mérita panni Ics Arts LL!le dislin­ction qu'cllc 11''avoit pas auparnvant "'.

Da Battcux derivano anche i tre principi fondamentali delle belle arti, vale a dire interesse, varietà e unità., che Parini espone nella parte iniziale delle sue lezioni; e parimenti da Batteux deriva la definizione dell'interesse, «vocabolo [ ... ] usurpato presentemente da tutta l'Italia in un più largo signi­ficato di quel che prima si facesse nella nostra lingua», come unione di utile e dilettevole. Il pensiero corre subito ad Orazio e quindi a tutta la trattatisti­ca italiana che dcll"Ars poetica si era precipuamente nutrita tra '500 e '700. Ma l'Orazio cli Parini, almeno in questo caso., è filtrato attraverso Battcux, che approfondisce i principi suddetti in molte pagine e in luoghi diversi della sua opera, seguiti da Parini con riprese anche letterali. Mi limiterò a ricor­dare che la prima fra le regole generali della poesia dettate da Batteux suona

'' Parini., 7)1/le le opere ... cii., p. 779a, equivalente a Lezioni ... cii .. , p. 176b. 1.-, «Quancl 011 cut ponrvll att néccssairc et nu co111111odc~ il n·'y avoit plus qu;1111 pas pour anivcr

à l"agrélllent.. Car le co1m110de tieni une espèce dc lllilieu cnlre le néeessaire et l"agréablc, puisqu''il n'csL antrc chosc q11.'1m néccntmirc aisé; débarrassé dc peinesi et quc, rPun aut re c8té, Pagréincnt ne semblc e tre qu'uu dcgré dc commodité dc plus» (cito eia Ch. Ba1tcux., Pri11cipes de Lillemt11re, 1. lll, Ciii lingue cl Lciclc, chcz K Luzac Iils, 1755., p. 170).

"' Ballcux, Pri11cipes ... cii., I. I., p. 29. Molto vivo nella lrallalislica seltcccnlesca sulle belle art.i è il dilrnllit.o relativo all'architettura- alla rpialc Parini fa spesso rif'crimcnto nei Prù1cipii-, arte che per la sua nalurn ibrida poneva dci problemi anche di classificazione; Mcndelssohn ad esempio la considerava soltanto «un'nrlc secondaria», perché doveva scn1prc subordinare la bellezza alla co­modità e alla durevolezza. Foscolo, descrivendo nelle Umzie il primo formarsi dcll'archilett.ura in T'oscana, cli1nincrà con1plctamcntc il u10111cnto dclPntilità: la nuova archilcU.ura nasce «al su0110 che invisibile spandcauo I le Cra~ie intorno»~ tanto che Pal'chilclto stesso~ «Hlcravigliando della sua ra1i­ca»~ vede sorgere dalla urn1cria un\lpcra rPartc che Jc iWusc conl.cn1plano «attonite»~ non nunmen­lando di aver niai visto un nniracolo sì rat.10» suggerito da l\iliuerva alle arti (cito dalPcclizione criti­ca curata da M. Seul.li in LJ. Foscolo, Poesie e carmi, a cura di l•'. Pagliai - G. Folcua - M. Scolli, Firenze, Le 1Vlon11ier., 1985, pp. 1065-66). Tut.t.o ciò è., ovviamcnlc., in pcrfcua sintonia con la pocli­ca delle Omzie, ma è anche mta spia di come, alme110 iu certi ambiculi., si era risolio il dibaltito sulla collocazione dcll"architct.turn nella gerarchia delle arti.

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82 MAlJBIZIO CAMPANELLI

Joindre l'1ttile cwec l'agréable., e il capitolo che l'autore francese scrive a commento di questa prima regola è te1rnto ben presente da Parini nel defi­nire l'interesse 17

[}ombra di Batteux si allunga sull'attività didattica di Parini anche al di là dei Prù1c1jJii. Una testimonianza di Jleina ci consente di recuperare l'os­satura dell"esposizione pariniana clell"!lrs poetica di Orazio; trattandosi del­l"opera più importante per le riflessioni sulla poesia di Parini e dell'intero Settecento., le parole del biografo-editore sono preziose e vanà la pena di leggerle per intero:

L'esempio però clic solcva egli più sovente dimostrare si è la Poelù;a di Orazio., in cui havvi le doti teoretiche e pratiche congiuntamente. Sudarono molto i Critici, e fra essi l'Einsio., per riordinarla. Parini mostrava che ordina1issima è per sé, quanto esser lo dee una pistola, che è l'immagine del discorso f'amigliarc., in cui per avventura divagasi qual­che volta dalle cose primarie, e che è fondata sui principj conmni alle Beli' Arti.

Infatti dal verso /-/11111ano capili ceruicem Piclor equinwn [1] parlasi della Composi­zione., divisa in varia, semplice ed ww., fino al verso Non salis esl pulchra esse poemalct: dulcia sunlo [99]., dove cominciasi a parlare clcll"bnilazione, distinta nel Vero, nello Scel­to e nel Pe1.fezio11alo, coll'applicm:ionc loro ai Costumi cd agli 11.f/etti Um.ani., e vi si pro­gredisce fino al verso O 1nr!jorj11ue11w11 qucunuis et uoce paterna [366]., dopo il qLrnlc trattasi cli regole generali spet.t:ant.i al BLwngusto fino alla fine"'.

Ma varrà anche la pena di notare la perfetta, e certo non casuale., sintonia di questo approccio all"epistola oraziana con quello proposto da Batteux nell'ultima pagina della sua esposizione dell'Ars poetica. Significativa al riguardo la citazione cli T-Teinsius, che sembra quasi esplicitare quanto riferito dal Reina; vi si può ravvisare un esempio di quel dualismo., che percorre tutta la cultura umanistica d'età moderna., tra ragioni della filologia., alla costante ricerca della verità testuale e storica, e ragioni della letteratura., tutte risolte all'interno cli rnùmpalpabile, eppur reale., efficacia poetica del testo. I-Tcinsius non aveva motivo cli affaticarsi tanto; noncuranza di Orazio o incapacità dei copisti, faceva poca differenza, se il testo apparentemente non ne soffriva:

Qnmtt à l'ordre de cet ouvrage, T-loracc n'a point voulu le partagcr par chapitres pour n'avoir point ce1 air magistral et trop philosophique, qui est ordinairement à charge à ceux qu''on instruit. Ccpcndant s'il cùt traité cctte matièrc sans méthodc, il eùt fait un cahos plut6t qu'un art et brouillé Ics idécs de ses lcctcurs plut6t que de !es éclairer. L'or­clrc y est, mais il faut le chercher avec un peu d'altention. Il sera présenté claircmcnt dans la table dc ce volume, oLt on vcrra Ics règlcs qui rcgardcnt [''Art; ensuite celles qui sont faites ponr 1"1\rtistc '''.

" Cfr. Battc11x., Pri11c1iJCs ... cii., LI., pp. 102-6 e Parini, 'folle le opere ... cii., p. 767a-b. I~ op­portuno ricordare che nell'Ambrosiano VII. 3 il «primo Principio di tulle le Belle Arti» non è l'inte­resse, bensì la verità., restando immutati i due successivi (cfr. /,ezio11i ... cit., pp. 168h-169a).

in Hciua~ Vita ... cii..~ p. LII; i corsivi~ qui e nelle SLLcccssivc cil.a:lioni., sono ncll~originalc. '" 11 volume, o ahncno la copia che ho io sott'occhio, ha in fondo una 11tble des 111alières, pilll­

tosto breve~ che non mi sc1nbra avere i requisiti qui annunciati da Batlcux:, nrn bi8ogncrcbbc vedere le precedenti edi~ioni dcl Co11rs., a comincimc dalla prima.

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I I

lllLECCl•:NDO LE Ll•:ZIONI l'AHINIANE DI 131<:1.LI·: IEl'TrnE 8.3

Danicl [-[ciusius prétcnd qu"il y a plusicurs morceaux q11i ne soni point à lcur piace. Mais cc déplaccmcn1 cs1 si pcu de cl10se en lni-mcmc., que quand il scroit démontré., cc qni n"est pas., et qu"au-licn dc l"auribucr à l"'incapaci1é dcs copistes, 011 l"a1tribueroit à I Ioracc mème., il ne feroit pas le moinclre 1or!., ni a11 bon gui'ì1 du Poète., ni à la droitme de son _jugemenl. Ainsi on peu! prenrlrc sur cc puint !"un ou !"nutre parti, sans courir aucun risq ue "0

Se Parini si ri f'à sovente a Battcnx., non bisogna per questo credere che sia schiacciato sul francese. Sembra, ad esempio., che Parini accetti soltanto in parte «la base esscnticlle et la regle fondamentale de tous les Arts» formula­ta da Batteux., ovvero la teoria che nelle arti utili., quali l'architettura e l"elo­quenza., il piacere debba avere il carattere della necessità («tout cloit y pa­roitre pom le bcsoin» )., mentre nelle arti destinate al piacere., quali la poesia e la scultura., l'utilità non debba aver luogo se non sia in funzione del puro piacere: «De mèrne que dans les Arts qui sont dcstinés au plaisir l"utilité n''a droit d"y cntrer que quancl elle est dc caractère à procurer le mème plaisir que ce qui auroit été imaginé uniquement pour plairc»; e subito dopo ag­giunge che nella poesia e nella scultura «n'csL pas le vrai qu"on leur cleman­dc., mais le beau » 21

• Parini nella lezione dedicata al principio della convene­volezza si limita., stando a quel che si legge nelle edizioni disponibili., ad affermare che «l\wrno ragionevole., inassi1narnente ne' casi determinati., cerca prima l'utile che il piacere., ed ama questo in grazia cli quello. Perciò è che [ ... J dee l'artista in somiglianti casi valersi dcl diletto soltanto quanto può all'utile confcrirc»~2 . La dicotomia postulata da Batteux è sparita., sembra anzi che la priorità dell'utile sul dilettevole valga per tutte le arti., e certa­mente la caratterizzazione della poesia come arte cli puro clilclto., data dal trattatista francese., doveva riuscire del tutto aliena al Par in i poeta non meno cbe al professore., rigorosamente convinto com'era della l'unzione civile della poesia., da esercitare attraverso l"inscindibile unione cli utile e dilettevole.

Parini ha certamente presente Batteux quando sviluppa il tema della scelta degli oggetti naturali che l'artista si propone cli imitare., ma tirando poi le fila delle lezioni dedicate ai principi fondamentali delle belle arti e al rap­porto tra verità e imitazione., sentirà il bisogno di rare il seguente distinguo:

Da quanto si è eletto finora., si può dirittamente inferire che !"oggetto delle Belle Arti non è soltanto la imitazione., come hanno clelto gli antichi., né soltanto la imitazione della Bella Natnrn., come dicono i moderni; ma è la presentazione degli oggelli fisici., morali o intellettuali., i quali., presentati o in realtà o per imitazione col mezzo degli organi della vista e clell"uclito., sono atti ad eccitare nella nostr"anima delle gradevoli sensazioni"''.

"' Bat!cux, Pri11cipes ... cit , t. lii, pp. 280-81. " 1/Jid., t. I, pp. 30-31. " Parini., 7l1lle le opere ... cit.., p. 804a., corrisponclcntc a Lezio11i ... cit.., p. 194b. '' l'arini., 'lì1lle le opere ... cit.., p. 783a., uvvcroLezio11i ... cit., pp. 178b-179a.

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84 MALJHIZIO CAMPANELLI

Il capitolo TV della seconda parte del trattato di Batteux si intitola Les loi.x du Got.tl n 'ont pour oly'el que l'ùnitalùm de la belle Nature., e la prima delle leggi generali del Gusto formulate dal francese suona proprio fmiler la belle Nature, affermazione che viene ripetutamente ribadita, non solo nel trattato sulle belle arti., ma anche nel corso di belle lettere. Batteux sembra così avvicinarsi al tema del bello ideale, inattingibile nella realtà, che sarà il fulcro dell"estetica neoclassica ( «En un mot, une imitation, où on voye la Nature, non telle qu''elle est en elle-mèrne., mais telle qu'elle peut ètre., e1 qu''on peut la concevoir par l"esprit» 21

).

li distinguo da Batteux può iscriversi tutto all"interno delle matrici sen­sistiche., verso le quali Parini mantiene un'indeflettibile fedeltà"\ ma note­vole nel passo ora citato appare anche la sintonia con alcune posizioni cli Moses Mendelssohn., autore di un opuscolo Sui principf/ondamentali delle Belle Arti e delle Belle Lettere (1757)., in cui si insisteva sulla «Jnoclalità» con la quale l'oggetto bello si rivolge alla «sensibilità» di colui che lo recepi­sce, e quindi sulla sfera della rappresentazione., clell'«effetto» che l'oggetto prnvoca nello spettatore, tanto che Mcnclclssohn vedeva in ciò una possibile chiave d'accesso a quelli che definiva i «misteri» dcll"anirna urnana. La tra­duzione italiana dcl trattatello cli Menclelssohn apparve nel 1779~"., quindi in una data posteriore agli anni in cui furono scritte e dettate le lezioni pa -rinianc; ma non è escluso che Parini potesse conoscerlo, o comunque essere al corrente delle idee estetiche cli Mendclssohn., per altre vie., che vanno da eventuali recensioni in gazzette letterarie a discussioni avute negli ambienti colti di Milano, in particolare con gli artisti che insegnavano a Brcra prove­nienti da Roma e da Napoli~7 • Noterò anche, per curiosità e per offrire qual­che altro elemento cli discussione., che il passo pariniano sull'oggetto delle belle mti è perfettamente parallelo ad una riflessione (così. si intitola) che figura nel volumetto L'arte di vedere nelle Belle Arti del disegno secondo i principii di Sulzer e di Mengs., apparso nel 1781: «L'essenza delle belle arti è di mettere gli oggetti., che ci cadono sotto i sensi, in istato di agire su di noi con

'~ Dnl cnpitolo lii clelln prima parte., intitolnto Le (Nnie ne doitpoi11t i111ilerla Nature telle qu 'effe esl: Ba11enx, Pri11cipes ... cit., t. l, pp. 16-17.

;.·, fl riferimento orlllai classico è a H. Spongano, La poelica del se11sis1110 e la poesia di Giuseppe Parini, Bologna., Pàtro11., 1964" (prima edizione: Milano-Messina, Principato, 1933); qunlche ulte­riore sp1111to in M. Cerrnti., Parini e il se11sis1110., iu L'w11abil rito ... cii., I. I, Letlemlura e socielà., pp. 583-87.

'" iVJ. Mcudclssolin, Pri11c1j~j generali delle Belle Lellere e /Jell'1/rti; 'll-atlalo del Subli111e e del Nalumle nelle Belle f,e/lere., traci. di C. Fcrdinaucli, Lansanna, presso la Società Tipogrn/'icn, 1779. C'è anche un'edizione moderna, che pure ho tenuto presente: M. Mcndclssolm., I {Jrinc1jJl/011da111en­lcdi delle /Jelle !Irti, a cura di M. Cometa., Palermo, Centro iutcrnazionale studi di estetica, 1989 ( «Acsthcticn Preprint», 26).

" Su queste eventualità dr. G. Savarcse, Ico11ologia pariniana. Ricerche sulla poelica del.figu­m/Ù>o i11 l'arù1i, Firenze., La Nuova Italia., 197:~, p. 3 (in seconda edizione: Homa, Bulz011i., 1990, I'· 15), e Fedi., Parini e i leorici del Ncoclassicis1110 ... cii .. , pp. 978-79.

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HILECCl•'.NDO LI' LEZIONI J>AHINIANE DI BELLE LE'l"l'EIH<: 85

una energia particolare., che ha la sua sorgente nel piacere» 211• Menclelssohn

e Sulzer sono fra i teorici moderni citati dal Heina, che riferisce le parole con cui Parini distingueva la sua posizione da quella dci due filosofi tedeschi. È una testimonianza che mette a fuoco un punto decisivo dell'insegnamento e clcll'csletica pariniani e lascia capire l'importanza cli Mcndclssohn e Sulzcr come punti di riferimento elci Parini professore e teorico d'arte e letteratura:

Ma conobbe egli di non avervi [scii. nel suo Corso di Belle Lettere] bastevolmente sviluppate tutte le filosofiche osservazioni risguarclanti le compiute Teoriche delle Bel­J"'Arti. Me11delssho11, e Sulzer procedettero oltre nelle Teoriche stesse; ma da nudi metafi­sici passarono ad ~m'estrernità opposta a quella dc' Critici antichi, cioè dal sentir 1roppo al troppo vedere. E inutile il ripetere tutte le opinioni cli Sulzer, e di Mendclsslwn cotanto clivolgate; basti il dire., che Parini da Filosofo e Letterato sommo si tenne nel mezzo, e ridusse a maggiore verità i principj l"ondamentali delle Beli' Arti. Non essendovi il trattato di lui sulle medesime tenterò di esporre il metodo, con cui le insegnava. Quanto alr'essen­za loro non conveniva egli con Sulzer, tampoco con !Vlendelsslwn., che la fa consistere in una pe1fezione sensibile rappresentala per l'Arte'''. Egli è vero, diceva Parini, che l'Arte aspira alla pe1fezio11e dietro quanto li.e acce1111a sparscu11ente la Natllra, ma noH l'ottiene gùwunai; perciocché //.011 è degli uomiHi il co11seguirla, siccome ci provano le contùute di­screpanze, che sorgo11ojin loro relativamente alle opere delle Arti, che trovar/SI: sempre più o meno di/eU/lose. Se la pe1jezio11e costituisse l'esseHza delle Bell'Arti, essa dovrebbe neces­sariamente trovarsi nell'opere delle medesùne, sicco1ne vi si lrova110 sempre i veri loro prù1-cipj, la Composizione, e la Imilazio11e, sieno esse bene o male trattale. La pe1jezi0He, secon­do l'angustia delle //mane menti, no11 è che un sentùnenlo, o tipo idea.le superiore ai sensi, che ci presentarono parzialmente idee o ùnmagini, oli.de comporlo, sebbene non n'esistesse mai l'oggeuo compiuto nella Natura. La sola bellezza derivante dalle sensibili proporzioni cade sollo i nostri sensi, e/orma lo scopo delle opere dell'Arte, che aspira a pCTfezionarla '".

I nomi cli Mcnclelssohn e Sulzcr ci portano sul terreno dci teorici ciel Neo­classicismo., ai quali Francesca Fedi ha dedicato il suo ottimo studio, mo­strando come non sia cli fatto possibile «riconoscere con sicurezza, circoscri­vere a luoghi o a espressioni significative degli scritti pariniani l'apporto delle teorie estetiche neoclassiciste» '11

, affermazione che, anche alla luce cli alcuni raffronti eia mc tentati ancor prima cli poter leggere lo studio della Fedi, mi sentirci cli sottoscrivere in pieno; simili raffronti sono dcl resto com­plicati dal carattere compencliario elci Principii, che restano pur sempre una trattazione scolastica c., non per caso, lasciata inedita dall'autore. In futuro tuttavia si potranno ancora evidenziare parallelismi e punti d'incontro tra le lezioni pariniane e i testi di maggior spicco clcll 'estetica settecentesca, per clclincarc con più sicurezza il profilo clcll' estetica pariniana - compencliaria

"' Venezia., presso G. B. Pasquali., 1781, p. 67; il leslo è anonimo, ma l'autore è Francesco Mili­zia: ne esiste un'edizione moderna curala da G. Natali., Pistoia-Homa, Tariffi, 1943 (il passo cit. è a p. 85). Sulla presenza di Sulzcr in Parini cfr. Savaresc, lco110/ogia ... cii., pp. 87-93 (96-103 della seconda ccli zio ne).

''' La cilazionc è leueralc: cfr. p. 8 della citala edizione dcl 1779. ·"' Hcina., /lit.a ... cit.., pp. XLVI-VII.

"' Fedi., Parini e i /.eorici del Neoclassicis1110 . . cii.., p. 980.

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86 1\•!Alì11IZIO CAMI'ANl\LLI

sì, ma niente affatto cli second'ordine o priva cli spunti interessanti - e per valutare quindi con miglior cognizione di causa la portata dell'esperimento cli Parini, vale a dire il tentativo di diff onclere le linee portanti dcl pensiero este­tico o., per dirla con lui., «i principii univernali del hongusto»., attraverso la scuola, sfruttando la peculiare fisionomia cli una cattedra., quella delle Scuole Palatine, che era nata con lui ed aveva un profilo che oggi si direbbe speri­mentale., dalla quale Parini impartiva un insegnamento che si poteva ritenere cli natura universitaria, rivolto ad un pubblico cli giovani già avviati negli sttt­di, fra i quali non disdegnavano cli sedere alcuni volenterosi adulti. Questo stato di cose era il requisito preliminare cd insostituibile per la riuscita del­p esperimento pariniano, e il poeta tcn terà disperatamente cli riprnclurlo a Brera, dove invece sarà costretto a far lezione ad acerbi giovanetti, fino agli ultimi suoi anni, in una situazione politico-culturale ormai profondamente muta­ta. Le lezioni pariniane avrebbero dovuto far uscire I" estetica, o «bongusto», - che come disciplina filosofica autonoma costituiva una delle maggiori novità prnclotte dalla cultura europea nei decenni centrali del Settecento -dal chiuso dei circoli intellettuali., finalizzandola ad educare il gusto cli quel­la che sarebbe divenuta la parte migliore della società; il poeta., che solo, nell'ottica cli Parini., poteva farsi tramite di quest"eclucazionc, mostrava così la sua utilità rispetto al corpo civile., rivendicando in esso una posizione di autonomia e prestigio. Misurando sintonie e dissidi dei Principii pariniani con i testi sacri dell'estetica settecentesca si potrà finalmente comprendere appieno come e perché Parini sia stato il «punto di riferimento imprescindi­bile (benché non sempre esplicito) per una generazione almeno di teorici dell'estetica: quella cli Leopoldo Cicognara, d''lgnazio Martignoni, del suo diretto allievo Giuseppe Bossi. Cioè dei neoclassicisti della seconda fase, meno noti ma non meno attivamente impegnati nello sforzo d'insegnare e diffondere - come Parini aveva raccomandato - il gusto per la bellezza neo-classica­mente intesa, vale a dire concepita come strumento di civiltà e cli educazione. Uno strumento da mettere alla prova (e che prova) negli anni febbrili delle repubbliche giacobine e del bonapartismo., fra Marengo e Waterloo» '12

Farò un esempio. Nell'esposizione del principio della chiarezza Parini distingue belle arti (architettura, scultura e pittura) e belle lettere in base alla teoria del segno., naturale in un caso., arbitrario nell'altro'n, facendosi

" Jbid .. , p. 972. "" «L'eloquenza., la poesia e tuUa l'art.e dcl dire hanno più che ncssun\ilirn al'lc bisogno dcll"os­

scrvanza di questo principio~ eouciossiac11é queste operino pit'1 incdiatmncntc che le alt.re 11011 fanno~ perché., laddove le altre ari i o ci prcsenlano gli stessi oggc11i che sono nella nalura, o ce li rappresen­tano per via di segni naturali cd immutabili, queste, ali" opposi lo, non si servono d'nllm che di segni di convenzione soggelli all'arbitrio, co' quali o ci danno idea degli oggclli, o ridestano nella nostra mente quelle idee che già ne abbiamo» (Parini., 1J1l!c le opere ... cii., p. 796b:, il passo pl'esenla una fol'ma parzialmente diversa, pul' rimanendo idcnlico nella sos1an~a, nell'Ambrosiano VII. 3: /,ezio-11.i ... cii., p. I 88a).

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i . !

HILECCl~''.11)0 LE LEZIONI PAHINIANI•'.))) BELLE Ll·'.TTEHE 87

così pmtavoce cli una tesi che percorre tutto il pensiero estetico settecente­sco., da Baumgarten e Meier., ad Harris e Du Bos., per arrivare a Menclelssohn e., trarnite quest\dtirno., al Laocoonle cli Lessing., cli cui costituirà lo sfondo temieoH. Sul dualismo del segno si innesta un ulteriore distinguo., fondato sulla differenza che corre tra il tipo di percezione presupposto dalle belle arti e quello cui è invece legata Parte del dire:

Quelle Belle Arti., che operano sopra la nostr"anima per mezzo del scuso della vista., rappresentano il loro oggetto tutto ad un 1 ratto., e questo si rimane costantemente tale quale si è presentato alla prima. Qnincli è che le parti componenti clell"opera cli qneste arti possono essere eia noi considerate più cl\ma volta., e Jloi vi possiamo scorgere cli poi ciò che non vi abbiamo scorto dapprima. )\/cli" arte del dire., all'opposito., ci convien disperare cli mai più intendere ciò che non abbiamo inteso mentre stava presente al nostro senso il segno rappresentativo clell"oggctto., cioè la parola. Né è da dire che., potendoci noi ricorda­re dell"espressione verbale che doveva rappresentarci Lrn pensiere., noi possiamo a più agio esaminarla e comprenderne il significato; impercioccbé., anche per questo capo., !"arte del dire sarebbe inferiore alle altre., essendo assai più facile I" esaminare !"oggetto presente di quel che sia !"esaminar l"oggetto che si ricorcla"-'.

Una riflessione ciel llttto analoga si legge nel Laocoonle lessinghiano., in cui traeva origine da uno spunto con tenuto nelle glosse che Menclelssohn aveva apposto agli abbozzi preparatorì dell'opera:

i\11che posto dunque che il poeta ci conduca nel più bcll"orcline da una parte dell'og­getto all'altra; e posto che egli sappia renderci la connessione cli tali parti in modo altret­tanto chiaro., quanto tempo impiegherà? Quel che !"occhio coglie cl\m tratto., egli lo cim­mera lelltamente e a poco a poco., e spesso accade che noi all"ultimo tratto abbiamo già clirne11ticato il primo. Tuttavia da questi tratti noi dobbiamo l'ormare un tutto. Le parti osservate rimangono costantemente presenti all"occhio; esso può scorrerle più volte; per l'orecchio invece le parti che percepiamo vanno perdute se non rimangono nella memo­ria. E anche se vi rimangono., quale fatica e quale sforzo costa rinnovare vivamente le loro impressioni nello stesso ordine., ripeJJsarle d'un tratto solo ad rnia velocità pi[t moderata., per giungere ad un qualche concctlo del tnlto! ''"

'" Si confrouti., a 1110' d'esempio., il passo pariniano con il seguente., tratto dai Prù1cipj di Meu­dclssohn: «I segni~ coi quali cspri1ncsi un oggct.t.o~ posso11 essere o uatura]i.1 o nrhilrari. NaturaJi sono? rpiando il rapporto dcl segno alla cosa segnala fondato è nelle proprietà islessc dcl segnalo, Le pas­sioni van congiunte per nalura loro di certi inovi111c11ti nelle 111c111bra ciel corpo~ sicc0111c anche di certi gesti e suoni. Chi esprime dunque tilt a!Ictlo clcll'auimo con que' suoni, gesti e moti., che gli competono., qL1egli servesi clc' segui naturali. Al contrario arbit:ari cl1iamansi quelli., che per natura loro non han uulla comune colla cosa segnala., d'arbitrio però sono stati addot.tati. 'l~'lli sono gli arti­colati Slloni di tutte le lingue., le lettere., i segni geroglifici degli antichi., cd alcune immagini allegori­che., ch"a giusto titolo fra i geroglifici annoverar si possono. Da codesta cousidcrn,,ionc scorre la prin­cipal divisione dell'Esprcssion sensibile., in belle Arli., e belle Lellere» (dalla citata trnch17.ionc dcl 1779., pp. 18-19., che corrispondono a p. 35 della versione moderna curala da Cometa),

.,.-, Parini., '/)1lle le opere ... ciL., pp. 796b-797a. li passo si prescuta in forma più ampia., soprattutto per l"inscr7.ione cli un csem1Jio relativo alla pittura., nell'Ambrosiano VII. 3: Lezioni ... cit.., p. 188a-b.

''" Cito da G. E. Lcssing., Laocoo11le., a cura di M. Cometa., co11sulc117.a per le fonti classiche cli G. Spatal'ora., Palermo., Aesthctica ccli,,ioni., 1991., p. 76 (= 2000')., p. 68.

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88 MAUBIZIO CAMPANE I ,Li

Si è molto discusso sulla presenza di Lessing in Parini'17; le conclusioni cli tale dibattito, sostanzialmente negative., interessano comunque poco o nulla i Principii, perché si può star abbastanza certi che all'inizio degli anni '70 Parini 11011 avesse letto il Laocoonle., pubblicato in tedesco nel 1766 e non ancora tradotto., a quanto mi consta., né in latino né in francese né in italia­no. Resta pur sempre la possibilità cli una conoscenza mediata., secondo i modi già indicati per Menclelssohn, ma bisogna tener presente che il Laoco­onte., con le sue prese cli distanza dalla teoria dell'unità delle arti, dalla di­namica delle sensazioni., dal principio dell'imitazione, non avrebbe davvero suscitato l'entusiasmo di Parini. La ricerca della fonte comune è aperta., ma il punto cli contatto tra i Princ1jJii e il Laocoonte andrà comunque valutato ne!Pottica che si è sopra proposta.

Continuando su questa falsariga, sarebbe possibile istituire paralleli per­fino con un'opera sicuramente aliena dall'orizzonte di Parini, com'è la mo­numentale !lesthetica cli Baumgmten, pubblicata nel 1750; ad esempio il passo in cui Baumgarten definisce il fondamento della corretta percezione estctir~a come un singulare veritatis sludùun'w potrebbe far da epigrafe alle lezioni sul rapporto tra verità e imitazione.

Quando Parini scrive che la perfetta osservanza del principio della propor­zione fa la bellezza degli oggetti naturali e in particolare dci fiori., che sono capaci cli esercitare su cli noi « trn 'impressione che eccita il sentimento del bello all'occasione cli essi», si muove su un piano apparentemente banale. Ma meno banale è la motivazione che Parini dà del fenomeno: i fiori eccita­no in noi il sentimcn to del bello anche., se non soprattutto, perché sono co­stituiti da proporzionate successioni di linee curvc'1''. È possibile avvertire qui l'influsso di una linea di pensiero facente capo ad l-Jogartl1., un nome ricorrente nella bibliografia pariniana., in cui si è lungamente discusso delle sintonie tra il Giorno e le opere satiriche deWartista inglese, ma non si è

"" Per questo tc11w., come anche per i rapporti di Parini con Winckehaann, rinvio all'/coHolugia /HtriHiruw di Savarese e allo studio della Fedi.

"" Aesthetica. Pars f. Aeslhetica theorelica, I, XXXllll, § 555: «Quo maior est aesthetice vero­n1111.1 vcrisi111ili11111., fictiouun1 fahulanunqnc silva., per quan1 Cl'l'arc potesi. pulcrc cogilalnrus~ uc va­gctur in cudcm 1iccntcr ingcnii pcctorisquc persona~ iam scparati1n ostcndi dchct singHlarc vcritatis stlldi11m, quo nomine complccti liccat nou ingcnium solum aptum, sed et. multo labore cxercitatiun et adsuetum perspicicudis veritatilrns aesthet.icologicis, nequc qnalemcunquc propensionem, secl f'ir­llllun rmin1i proposillllll iufercndi suis 1ueditationìbus vcritat.mn., qumn achnittaul salva totius pul­critucliue rnaxinwni. I-lune anin1i charactcrcn1~ quouiam mnnibus univcrsin1 belle cogitaudis ncccs­sarinm iuclico, clicanrns studimn veritatis absolllttmt et universale». Cito da A. G. Baumgarteu., Ae­sthetica, itcrnrn edita ad exernplar prioris cclitionis mmon11ll MDCCL-LVIII spatio irnpressae .... , Ba­rii, apucl Jos. Lat.erza et filios, 1936, p. 324 (il Cllratore dc!Pcdi~ione è A. Casati).

'1'' «I piì1 bei fiori son quelli [ ... ] ne' rprnli ci si present.ano tante lince curve, che variano dolce­

n1cnte cmrnni11ando di punto in punto; ne~ quali q11cst.c llncc curve., rinascendo 8ClllJH'C sin1ili., J"una dopo dell'ahra, rormauo 11n circolo che è principio e termine di sé medesimo; ue' quali appaiono vari circoli., Puno alPallro sovrapposto~ canuninanti per varie graziose curve» (Parini~ 1l1/.le le opere ... cii., pp. 790h-791a., corrispondente a LezioHi ... cit., p. 183b).

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HILECCE:'<DO LE Ll•:?:IONI PABINIJ\NE DI IJl<:LLE LETTEl\E 89

quasi mai ricordato che 1-logmth fn anche autore di un volume intitolato The Ana(ysis of /Jeau~y (1753)., pubblicato in italiano nel 1761 :, in questa trattazione teorica Hogarth aveva indicato nella linea oncleggian te., compo­sta di due linee curve contrapposte., il requisito primo della bellezza., non senza fare esplicito riferimento ai fiori "0

• Con I-Jogmth torniamo nel novero degli autori per cui si può presumere, al cli là cli ogni ragionevole dubbio, una conoscenza diretta da parte cli Parini. In queseambito sarà opportuno tener presenti anche gli autori italiani che avevano contribuito a diffondere i risultati cli importanti filoni cl"inclagine della filosofia europea coeva. Mi limiterò a ricordare le Ricerche intorno alla natum dello stile cli Cesare Bec­caria, pubblicate nel 1770, che erano state precedute dal Pmmm.ento sullo stile, articolo pubblicato dal Beccaria nel «Caffè»" 1

: la fenomenologia delle idee in rapporto con r"espressione.1 ovvero la dialettica tra idee e segni, che Parini sviluppa nelle lezioni dedicate all'ordine e alla chiarezza, si potrebbe raffrontare con la trattazione dcl Beccaria, che si svolge in buona parte sugli stessi temi. A Itri autori eia tener presenti nel leggere i Principii potrebbero essere il Murntol'i delle R~/lessioni sopm il buon gusto nelle scienze e nelle arti e dei trattati Della forza della fantasia umana e Della pe1.fetta poesia italiana., nonché il Bettinelli del Saggio sull'entusiasmo delle Belle Arti.

È inutile dire che quelli qui proposti non sono se non minimi assaggi. 11 compito di realizzare questo tipo di indagine spetta ad un futuro., auspicabi­le commento ai Principii pariniani. Mi sembra comunque di poter conclude­re che le lezioni cli Parini non sfigurerebbero in un'ideale raccolta dei classici dell'estetica settecentesca, se non altro per aggiungere un capitolo italiano alla storia della prima età della disciplina e studiarne la divulgazione nel­l'ambito della scuola"~.

* * '}.,•

Ma un approfondimento sulle fonti dirette delle lezioni di belle lettere può avere un interesse anche per la poesia pariniana? Tutti conoscono, per

<11 Cfr. L'analisi della bellezza. Scritta col disegno di fissar l"ldee vaghe dcl Ouslo. 'fradotta dal­l"Originalc Inglese di Guglielmo l-logarth., Livorno., per G. I'. Fantechi., 1761., pp. 76-77. Anche ncl­l"edizione italiana moderna: W. 1-Iogarth., f,'a.11alisi della bellezza., a cura cli C. M. Laudando., presen­tazione di L. Di Michele., Palermo, Aesthetica edizioni., 1999., p. 67 (Delle li11ee). Su Parini e 1-Jogar­th crr. da ultimo C. Snvuresc~ //11t pict111"a poesis mediatn:ce tra poesù1 e critica pariniana., in L'a111a­bil rito ... cit.., t. IL, pp. 952-56.

<1 T. I., Foglio XXV: cfr. Il «Cqf/è11 1764-1766., a cura cli G. Francioni e S. Hornagnoli., Toriuo.,

Bollali Boringhieri., 1993., pp. 277-84. <' Una recente e valida sintesi della prima epoca clell"estetica., E. Franzini., L'estetica del Se1te­

ce11to., Bologna., ll Mulino., 1995., dedica un breve spazio (p. 143) anche all"ambicnte milanese., ma no11110111ina Parini., a conf'cnna della din1cnlican:la generale in etti hanno a lungo versato i Principii~ opera che invece starebbe bene nel uutrito catalogo cli !lcstlwlica., la collana editoriale del Centro 111lcnH\'./.Ìonalc SLudi di Estetica di Palcnno~ in cui hanno visto la luce~ in edizione italiana con note cli commento., tanti testi della filosofia estetica settecentesca., dai classici ormai assodati ad opere 1Jrcssoché ignorale., ma non per questo meno rappresentative della cultura dcll"epoca.

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90 MAUHl/'.10 C:AMPANlèLLI

averla letta già sui banchi cli scuola, la favola del Piacere, inserita nel poe­metto il Mezzogiorno (starnpato nel 1765), e poi rifusa uel Meriggio di quel Giorno che non avrebbe mai avuto cornpimento. Carducci la definiva «il focolare cli tutta l'irnnia» dcl poema; Binni «motivo e mito essenziale della T11ellanschauung e della poesia pmin iana» •1

• Molto si è discusso sulla natura e sulla strnttura cli tale favola, chiamando in causa fonti letterarie e filoso­ficbe.1 non sempre autorizza te dalla lettera del testo, e contestando al poeta debolezze ideologiche e discontinuità poetiche H. A me sembra che possa valer la pena di mettere a confronto la favola con alcuni passi cli Batteux.

1 autore

che, come si è visto, costituisce il piì'1 immediato punto di riferimento del Parini teorico cli belle lettere"·;. Nella premessa alla sua esposizione clell"Ars poetica cli Orazio - luogo di assoluto rilievo nell'economia dei Principes e perfettamente presente a Parini - Batteux aveva disegnato un quaclrn del­Pumanità primitiva:

Le prémicr inventenr clcs arts est: le bcsoiu. C'es1 le plus ingénicux de 1ous !es maìtrcs et cclui dont les lcçons sont le mieux écontécs . .fotté en naissant

1 cornme le discnt Lucrècc

et Plinc, nnd snr la terre une., ai'a11t au-dehors dc lui le froid., le chand., l'humidc., !es chocs dcs aulrcs corps, au-cledans la faim, la soif, qui l'avertissoicnl vivemcul de songcr anx remèdcs, l'honune ne pul rest:er longtcms dans l'i11action. Il se sentii forcé de chercher des moyens; il cn 1rouva. Qnand il !es eut 1rouvés, il !es pcrfect.ionna., pour ks rendre d'un usage plus sfo'., plus facile., plus cornplet, quand le hesoin renaìtroit.

Ainsi quand il eut sen1i, par cxemple, l'i11commodité dc la plnie., il chercha un abri. Si ce fut quclque arbrc touff11 1 il s'avisa bientòt, pour rnienx assurer le couvert:

1 d'cu serrer

!es branches., de Ics cntrelacer., de joindre entrc clles celles dc plusiems arbres., afi11 de se procurer u11 to'ìt plus étcndu et: plus commode, pour sa famillc., pour ses provisions., pour quclques troupeaux. Enfin Ics observations s 1ét:ant multipliées., l"iudust.rie et le gofrt aùmt ajo111é dc .iour en .iour anx prémicrs essais quclque chose dc nouveau., soit pom consolider l"édifice., soit pour l'cmbellir, il s'cst fonné avcc le terns cettc suite de préceptes qu''on a appcllée Architect:mc et qui esl: !"art dc faire des dcmcures soliclcs, commoclcs et déccntcs "'.

'" C. Carducci., Studi su Giuseppe Pariui. li Parini 111aggiore., Bologna, Zanid1clli., 1937 ( "Edi­zione nazionale>>, XVII), p. 61; W 13iirni., Sel/ecenlo 111aggiore. Goldoni, Pariui, Alfieri, Milano, Gar­zauti, 19781 p. 262.

<< I risultati dcl pi[1 che secolare lavoro sulle fonti della l'avola si trovano ora raccolti nel prezioso commento cli M. Tizi, !lcl secondo volume di C. Parini, li Giomo, l'arma, Fondazione l'ietrn Bembo - Ugo Guancia Editore, 19961 pp. 172-82. L'ultima lct.t.ura analitica della favola è quella cli C. Savo­ca, /,aj(wola del Piacere e 1111 paradigma /11creziano, in 1lttualità di Gi11seppe Parini ... cii., pp. 211-24~ cui rinvio and1c per lo status quaestiont's; Savoca riconduce il Piacere pariniano ad uua 111atricc sessuale e prnponc quilldi., sulla base cli precisi riscontri testuali, cli scorgere dietrn la dcscrizio!le dcl Piacere e degli el'fctti da esso causati sulla terra l'influsso della voluptas qual è rappresentata nel proemio elci /Je rer11111 nat11m (ma questa mia sintesi fa torto alla ricchezza dell"articolo cli Savoca). Non mi sembra invece aggiungere granché cli nuovo M. Maslanka-Soro, L'aspetto parodistico eden­co111iaslico del 111ito dell'oro in Parini, ibide111., pp. 439-42.

,.-, Nell'inventario dci libri contem1to nel testrnne11to cli Parini compare un.'ccliziollc elci Pri11c1jJes in cinque tomi, che clev.'csscrc quella stampata nel 1774 (cl'r. Vicinclli., Il Parini e Brem ... cii., p. 261 ); ma certamente gli scrit.ti cli Battcux erano noti a Parini fin dagli anni 'GO, se non da ancor prima.

"' Batteux, Princ1jJes ... cit.., t. m., pp. 169-70.

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i :·., I I

HIU:CCEi\DO LE LEZIONI l'AHINIANI~ DI IJl<:LLE LETTl•:Jrn 91

Nel concepire i primi versi della favola, quelli che rappresentano., sotto l'ironica epigrafe« Vero forse non è; ma un giorno è fama I che fur gli uomini eguali»•\ l\1rnanità primigenia interarnente assorbita dalla comune preoc­cupazione cli soddisfare i bisogni prirnm'ì e cli fuggire il dolore, Parini po­trebbe aver avuto in mente questo passo di Batteux prima ancora delle fonti antiche rievocate dallo stesso trattatista francese o di Rousseau., la cui filo­sofia è per più cli un verso astralmente lontana dalle idee cli Parini. Il Precet­tor cl'amabil Rito, voce parlante del Giorno, sernbra che ribalti in modo si­stematico - e in questo brilla Pironia pariniana - la storia dcl progresso umano tracciata da Batteux., per il quale il bisogno non è soltanto ciò che rende tutti gli uomini geneticamente ed invariabilmente uguali., ma anche la molla che muove ogni progresso umano., il padre di tutte le arti., meccaniche e liberali, quindi cli tutte le attività esercitate dall\10mo. Leggiamo ancora quanto Batteux scrive nel primo capitolo dcl suo trattato sulle Belle Arti., capitolo intitolato Diuision et origine cles Arts:

On pcut !es diviscr [scii. !es Arts] en trois espèccs par rapport nux fins qu'ils se pro­poscnt.

Les uns ont pour objet Ics besoins dc l'homme., quc In Nature semblc abamlonner à lui memc dès qn'nne fois il est né: exposé au froid., à la faim., à mille 1mmx, elle a voulu que Ics rcmèdcs et les p1·éscrva1ifs qL1i lui soni nécessaircs fnssent le prix dc son industrie et dc son trnvail. C"'est dc-là qne sont sortis Ics Arts mécaniques.

Les autres ont ponr objet le plaisir. Ceux-ci n·'onl pu naìtrc qne clans le sein dc la joie et des senlimc11s qne produiscnt l"'abondancc et la lranquillité: on les appellc lcs heanx Arts par cxccllence. T'cls sont la Musiquc., la Poesie., la Peinturc, la Sculptnre et !"'Art du gcstc ou la Dansc.

La troisièmc cspèce contient lcs Arts qui ont ponr objet l'utilité et l'agrémenl tout à la fois:, tels sont l'Eloqnence et l'Architecture: c'cst le besoin qui Ics a fait éclore et le gufo qui !es a perfectionnés; ils tienucut une sorte dc milieu eJJtrc !es deux autres espèccs: ils eu partagcnt i·, agrément et l' utilité ;11

Il piacere dunque non è un clono dei celesti agli uomini, come appare nella favola pariniana, ma deriva anch"'esso dal bisogno., come già aveva scritto un altro autore lungamente meditato da Parini, Du Bos, in apertura delle sue R~/lexions: «Les hommes n'ont aucun plaisir nature] qui ne soit le fruit clu besoin»•''. La dicotomia ontologica, stabilita dal Precettar cl'amabiJ Hito, tra gli uornini «a cui con miglior man Titano I formò gli organi egregi, e meglio tese I e cli fluido agilissimo inonclolli» e quelli clall'«ebeti fibre»., che «dinanzi al pungo! del bisogno anclaro», capovolge la prospettiva cli Bat-

;? Cito, qui e in seguito, dal primo volume di Parini, Il Giomo ... cit., in cui D. !sella ha ripropo­sto i testi critici da lui pubblicali nel 1969, con la correzione di qualche minima svista e un breve punto sugli studi successivi. li testo che riporto è sempre quello della seeouda redazione.

<11 Batteux., Prù1cipcs ... cii.., t. I., pp. 4-5.

«1 Du Bos, I/Pfle:ào11s ... cii .. , voi. I, p. 5.

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92 MALJHIZIO CJ\MPJ\NELI .I

teux., secondo il quale erano stati gli uomini tutti, senza distinzioni piovute dal cielo., ad arrivare al piacere, sfruttando un istinto cli miglioramento in­sito nella natura umana., che li aveva portati, attraverso l"'industria e il gu­sto., a conseguire il necessario e il comodo ' 0

; e si ricordi al riguardo anche l'immagine clelr'«umil vulgo ... dell'industria donato», nato per recare i pia­ceri al Giovin Signore senza gioirne egli, con cui si chiude la favola. Lungo il continuwn che unisce indissolubilmente il bisogno e il piacere Batteux dispone le arti: al bisogno corrispondono le arti meccaniche, mentre le arti promosse dal piacere non sono quelle di Venere e cli Bacco, alle quali si ridu­ce la scoperta ciel «buono» e del «meglio» da parte degli eletti nella favola pariniana., bensì le Belle Arti. Se nella favola narrata dal Precettore sono i celesti che spediscono il Piacere a variare le sorti umane, perché dispiaciuti eia «l'uniforme degli uomini sembianza»., in Batteux erano gli uomini ad esse­re annoiati dall'uniformità degli oggetti che la Natura gli offriva ed a trovarsi così in condizione di conseguire il piacere, che è frutto dcl loro genio:

Ce sont les hommes qui ont foit Jcs Arts., et e' est pour enx-mèmes qn'ils lcs onl foits. Emmyés d\me jmùssancc trop uniforme dcs objets qnc lcur offroit la Nature tonte simple et se tronvant cl"'ailleurs dans une situation propre à reccvoir le plaisir., ils curent rccours à leur génie pour se procnrcr nn nouvel onlre d'idées et de scntimens., qui réveilliìt leur esprit et ranimiìt Jcur goùt .-,,.

Insomma Batteux dà dell'origine del piacere una spiegazione del tutto immanente, antropologica., come cli un fatto risolventesi all'interno cli istinti insopprimibili della natura umana, e quindi proprio cli tutti gli uomini; per­ciò non pone alcuna soluzione di continuità tra il bisogno e il piacere. Bat­teux naturalmente aveva le sue fonti; ma non mi sembra azzardato pensare che sia stato a propria volta fonte cli Parini e che la favola del Piacere sia nata come ironico stravolgimento"2

., reso possibile dalla maschera del Pre­cettor cl"'amabil Hito, cli quanto Parini leggeva., e certamente sottoscriveva in pieno, in Batteux, ma anche in Du Bos.

Se si accetta l\clea che Parini, sulla scorta di Batteux e Du Bos., conside­rasse piacere e bisogno quali due complementari ed inscindibili estremi di un'unica vicenda avente c01ne motore l"'«industria» umana, si potrebbero appianare anche alcune fra le sconnessioni ideologiche notate dagli esegeti nella favola., come la presunta ambiguità insita nella figura del Piacere e il

.-,o crr. anche il passo citato n nota 15 .

. -,, Batlcux., Principes ... cii., t. 1, p. 5. " ln sintonia con l"'impim1to e il lono generale del Ciomo: di capovolgimenlo della tavola dci

valori lrova la sua forma d'arte ncll"'inversionc clclr'ironia., la quale detta la sua legge a lutto il poe­ma, così da 11llirno D. !sella, Classicilà e 111umlitrì: Parini fm ieri e oggi, in Lo JJ;fifano del Giouù1 Signore: le ari i nel Sellecento di Parini, a cura di l~ 1'vlazwcca e A. 1Vlornndot ti, Milano., Skirn., 1999, p. 18.

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HILECCl•:NDO LE LEZIONI l'AHINIANI·: DI llELLE U'.TTEHE 93

fotto che non venga data una motivazione plausibile delle disuguaglianze sociali. La motivazione plausibile sernplicemente non poteva esistere sul piano ontologico., e proiettare il piacere umano nel cielo., anzi farlo discendere dal cielo ad uso e consumo cli pochi era., alla luce delle idee ereditate dalla trat­tatistica francese piì'1 imrnediatamen te presente a Parini., un totale ed inso­stenibile arbitrio, un'1invenzione del Precettore per gratificare l"albagia del Ciovin Signore. Quanto all'origine della distinzione tra nobili e plebei., il pensiero autentico del Parini., adombrato nei versi 330-32 della favola («poi che in altra etade I arte forza o fortuna i padri tuoi I grandi rendette»)., era stato chiaramente espresso nel Dialogo sopra la nobiltà (175 7): la distinzio­ne era nata da situazioni contingenti e da qualità., negative o positive che fossero., dcl tutto in11nanenti" 1

• L'ipotesi che il Piacere pariniano venga da matrici filosofiche e che la sua assunzione in cielo sia un arbitrio dcl Precet­tore sembra avvalorata anche dal fatto cbe la figura del «bel Genio» si pre­senta iconograficamente piuttosto spoglia., come se Parini abbia preferito concentrarsi sugli effetti prodotti dal Piacere più che sulla persona dcl Ge­nio; e il particolare figurativo cli maggiore miginalità ed evidenza., i Vezzi e i Giochi cbe «a lui giran dintorno»., non è che una pregnante memoria ora­ziana (la Venere cli Cann. 1, 2., 3:3-34., quarn locus circwn volaf; e/; Cupido) s-1.

l~ significativo che il Genio pariniano non possieda alcuno dei molti attributi simbolici che caratterizzavano J"irnmagine del Piacere nell'Iconologia del Hipa"\ fonte precipua e costante cli Parini in questo genere cli descrizioni., carne ha dimostrato., con dovizia cli esempi., Bavarese; quegli attributi., o al­meno parte cli essi., non avrebbero certo sfigurato in una scena di gusto ro­cocò., come più volte è stata definita la rappresentazione della discesa del Piacere sulla Terra nella favola pariniana.

I passi citati di Datteux andranno tenuti presenti anche nel leggere il celebre brano sul lusso (Mattino 661-670; 677-686 nella seconda redazione), che ha dato luogo a tante discussioni sul rapporto tra Parini e i Verri., brano in cui la «necessitacle» è definita «antiqua ... I madre e donna dell"arti»., vale a dire delle mti meccaniche., con un'espressione che pare memore della citata frase cli Batteux., «Le prémier inventeur cles arts est le besoin», e di quanto il francese aveva scritto nel primo capitolo., pure già citato., del suo trattato sulle Belle Arti.

'" Cfr. Parini., 'lli/le le 01>ere ... cii.., pp. 723-24 . . -,, Cfr. M. Campanelli .. Parini, Ciuseppe, in Euciclopcdia omziana .. III .. Homa, lstituto cleln<:nci­

clopctlia Italiana .. 1998, p. :l81a. ,-,.-, Si può vedere l"'cclizionc che Parini aveva tra i suoi libri al n1mncn1o della lnort.c: In Padova.,

per I'. I'. Tozzi, 1618, pp. 411-12:. oppure l'eclizionc romana elci 1603 .. appresso L. l"acij, pp. 398-400, leggibile anche in una moderna ri,;tmnpa ana,;tatica (1-Iilclesbeim - New York, C. Olms, 1970., 1984'); o ancora l'edizione settecentesca con le aggiunte di Cesare Orlancli, di un anno posteriore alla pubblicazioue del Mezzogiomo: I. IV. l'erngia, nella S1amperia di P. C. Costantini, 1766, pp. 377-79.

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94 MALIHIZIO C:Mvll'llNELLI

Un altro tema ciel Giorno che può giovarsi della lettura cli 13atteux è quel­lo della dialettica tra natura ccl arte. In un passo dcl Mezzogiorno (603-25., poi Meriggio 496-518)., a proposito cli uno degli «emi» compagni del Ciovin Signore, si presenta la natura che., non sapendo cli cosa ornare il volto ciel soggetto in questione., affida il lavoro all"arte, «e !"arte suda I sollecita din­torno all'apra illustre. I Molli tinture preziose Jinfo I polvi pastiglie delicati unguenti I tutto arrischia per lui. Quanto cli novo I e mostruoso pii'1 sa tesser spola I o bulino in!agliar gallico ccl anglo I a lui primo concede». l_}aberrazio­ne contenuta in questi versi, e con essa l'ironia pariniana., potrà esser piena­mente apprezzata soltanto se si terrà presente che per 13atteux., come per Du Bos, e quindi anche per Parini, non può darsi arte al di fuori., e meno che rnai al di sopra., della natura; Parte non è se non rappresentazione o imitazione della natura, e come tale non può '·'arrischiare·,·, o creare nulla., se non vuole degenerare nella mostruosità e nella follia. Così si esprime Batteux in un capitolo del suo trattato che si intitola Le Génie n'a pu produire les Arls que par l'ùnitation: cc que c 'est qu 'ùnitcr:

Le Génie qui 1ravaillc pour plairc, ne doit donc., 11i ne pe111., sortir dcs bor11es dc la Nature mcme. Sa fonclion consiste non à imagincr ce qui ne peut Ctre, mais à trouver cc qui est. lnvcnler dans !es Arts, n'esl poi11t donner l'etre à un objet., e'' est le reconnolt:re où il est, et co111rne il est [ ... ].

Lcs Arts ne créent poinl lems rcgles: ellcs sont indépendantcs de lcur capricc et inva­riablement tracécs dans l'cxemple dc la Nature.

Quelle csl clone la fonction cles Arts? C'est dc transporter !es trait:s qui sont clans la Nature et dc !es préscnter dans des objcts à qni ils ne soni point naturels [ ... ]. D'où jc conclus quc Ics Art:s., dans ce qui est prnprcment Art., ne sont que dcs imitations, dcs res­sernblances qui ne soll1 point: la Nature, mais qui paroissent l''ètre, et qu'ainsi la matière des bcaux Arts n''csl poinl le vrai., mais seulcment le vraisemblable··,,'.

[}immagine clell"arte che «suda»., posta in risalto da Parini con la collo­cazione del verbo in fine cli verso., richiama alla mente il passo dell'Ars poe­tica., citato anche nelle lezioni sul principio della facilità.;7 , in cui Orazio raffigurò un lavoro destinato a rimanere vano: «Ex noto fictum carmen se­quar, ut sibi quivis I speret idem., suclct rnulturn frustraque laboret I ausus idem» (vv. 240-42).

Ma il terna è talmente importante che si presterebbe ad ulteriori appro­fondimenti, pur rimanendo nel novero degli autori che Parini conosceva per diretta e non superficiale lettura. J~ il caso dcl trattato muratoriano Della pc1/etla poesia italiana (1706), laddove si argomenta sulla capacità della poesia (non senza un parallelo con la pittura) di ritrovare ed esprimere il «raro e rnaraviglioso» insito nella natura. Frasi come le seguenti si potranno

"' Battcux., l'rincipes ... cii., I.!., pp. 7-9. ·" Parini, 'folle fe opere ... cii .. , p. 800a; f,ezio11i ... cit., p. 191a.

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.!

HILECCl':'-'DO LE LEZIONI l'AHINIANI·: DI IJl<:LLE LETTl~IH'. 95

utilmente confrontare con i versi di Parini: «E affin cli spiegare convenevol­mente questo ufizio.

1 e debito., mi sia permesso di clire.1 che il Poeta ha da

compiere, da perfezionar la Natura. E dicendo., ch'egli ha da perfezionare, intendo il fare eminente ne' suoi costumi, nelle sue operazioni, nelle sue qnalità, e in tutte !"'altre sue parti la Natura[ .. .]. Debito, e uso della Poesia si è il soccorrere alla Natura con migliorarla, o correggerla, o pur con fare gli oggetti d'essa piri deformi., più ridicoli., in una parola., più eminenti nella lor qualità, ch'ella non suol mostrarci» "n. Anche per Muratori però perfezioni ccl imperfezioni somme ritrovate dall'artista non erano che «erninenti Verità della Natura», capaci cli catturare l'attenzione e procnrare diletto con la «novità, cioè q ucl Bello., che nasce dalla Materia». Tornano in mente i versi in cui si descrivono le reazioni delle «dive» («Dei» nella prima redazione) di fronte allo spettacolo delle vivande imbandite: «e lor labbra imrnortali irrita e move I non la materia, ma il divin lavoro» (Mezzogiorno 737-47, poi Me­riggio 735-45); e ci si può spingere fino ai versi che introducono la «folla cl"' eroi», ovvero la sfilata degli imbecilli., nella Nolle: «in te raccogli I quanto di bello e glorioso e grande I sparse in cento cli loro arte o natura» (354-56).

Si potrebbero menzionare anche le teorie del gesuita Yvcs-Marie André, autore cli un Essai sur le Beau (pubblicato per la prima volta nel 174 le poi in più occasioni ristampato)., in cui si postulava l 'esistcnza cli un Bello essen­ziale., indipendente da ogni istituzione umana e divina, e si distingueva poi un Bello naturale, che non dipende dall'opinione degli uomini., e un Bello d"'istituzione umana, fino ad una certa rnisura arbitrario. Quest"'ultima spe­cie cli Bello., includente le arti, ammetteva un'ulteriore suddivisione: «Mais.1

pour plus grancl éclaircissement.1

il fouclroit peut-ètre encore diviser le Beau arbitrai re en plusieurs espèces; un Beau de génie, un Beau dc goùt.1 un Beau de pur capricc. Un Beau dc génie, fondé sur une connoissance clu Beau es­senticl, asscz étenclue pour se former un systèrne particulier clans l'applica­tion des regles généralcs; ce quc nous aclmettons dans les Arts. Un Beau de go{1t., fondé sur un sentimcnt éclairé clu Bcau naturel; cc qu'on peut aclmet­tre dans Ics modes avec toutcs les restrictions que clemanclent la modestie et la bienséance. Enfin, un Beau de pur caprice, qui, n'étant fondé sur ricn, ne doit ètre admis nulle part.

1 si ce n'est peut-ètre, sur le théiìtre de la Comédie» "".

André è un nome citato, insieme a quelli cli Du Bos e Battcux, nella biografia pariniana del Heina., come uno degli autori che trattando con sistematicità la materia delle Belle Lettere ed Arti avevano preparato la strada aff'esposizio-

"' Cito da L. A. Muratori .. Della pe1.fcua 1Joesia ilalia11a, a cnra cli A. lfoschioni, Milano .. Marzo­rnli., 1971, voi. I., pp. 114-15.

;•• I~ la fine ciel p1·imo discorso .. Sur le Bcau eu généml et cn parliculier snr le Bcau oisible, in Y.­M. André, E>Sai sur le f3ea11 .. nouvelle éditiou, angmentéc dc six cliscours, Sur le J11odus, Sur le f)eco­/'11111 .• Sur les Oraces .. S11r l'A11w11r du Nea11 .. S11r !'1l111011r désintéressé, l'aris, chcz Crnparl, 1770 .. pp. 39-40.

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96 M;\LIHIZIO (:J\Ml';\1"ELI~I

ne di Parini. Tuttavia, per quanto ho potuto vedere., l'Essai sur le Beau non pare aver lasciato grandi tracce nei Principii; estranea alla sensibilità di Pa­rini sembra essere la nozione di Bello essenziale., così come non paiono inte­ressarlo in sede teorica le sottopartizioni del Bello arbitrario. Ma certo è che il Bello cli puro capriccio sembra essere proprio la dimensione estetica in cui vivono i «semidei» dcl Giorno.

Approfondire !"'indagine sulle fonti estetiche di Parini consentirà dico­gliere in più di un passo dcl Giorno sfumature speculative altrimenti desti­nate a restare occulte. Farò un ultimo esempio. Alla vista dei gingilli esibiti dal bellimbusto per cui l'arte suda, l'«eroe» che gli siede accanto prorompe in un'acre invettiva contro gli «artefici nostri» (il!fezzogionw 634-59., poi Meriggio 527-52)., che sfocia in una lode del «genio cli Francia»., capace di riprodurre felicemente «su i menomi lavori i grechi ornati»:, vien dietro l' im­magine dcl buongusto che fino ad allora era anelato romito «spaziando I per le auguste cornici e per gli eccelsi I timpani de le moli a i numi sacre I o a gli uomini scettrati; ed or ne scende I vago al fin cl"' agitar gli austeri fregi I entro a le man di cavalieri e clamc»''0 • L'obiettivo della satira pariniana è qui la moda (seguono immediatamente i noti versi dedicati al commercio); ma sarà bene ricordare che il «genio di Francia» contravveniva ad un precetto della Poetica di Aristotele (Vll 8-10 [50b-51a]), che aveva negato la possibilità che il bello si realizzasse in entità sproporzionatamente piccole ( 'CÒ yàp KaÀÒV f,v µqi:en Kaì 'Cal;n Ea'CtV, 81ò oU'CE n:aµµ1Kpov àv n yi:vouo KaÀÒv çéj)ov" 1

... )o troppo grandi, date le difficoltà cli percezione che entrambi questi op­posti ponevano all'osservatore. Sono precetti che la trattatistica settecente­sca sulle arti tenne ben fermi., come dimostra Mendelssohn: «ll Tutto non ha da passare i termini prescritti cli grandezza. I nostri sensi non han da perder­si né nel grande, né nel piccolo. Nei troppo piccioli oggetti manca al!"' animo nostro la varietà, ne' troppo grandi l\mità nel vario»"2

• Alla luce cli questa norma andrà letto anche il passo in cui si descrive il lavoro del «delicato rniniator di belle» (Mattino 671-701e734-44; 687-727 nella seconda rccla-

''" Una bella pagina esegetica s11 q11es10 passo si legge in C. Auuoni, Parini, poesia della seco­larizzazione e.fine della storia., in /,e buone dottrine e le buone leUcre ... cii.., pp. 73-74., rislarnpalo in Annoni, La poesia di Parini e la cillà secolare, Milano, Vila e Pensiero, 2002, pp. 51-52., il quale scrive «Il '·'·precettore cl"'antabil rii o.''[ ... ] visita con il suo alJicvo i luoghi più insigni della civiltit oc­cidcnlalc, e Ii riduce a tnisurn 111ig11un11e.

1 quasi per una rassegna., in proporzioni ridotte, delle fonne

cui te della tradizione maggiore: in ali 1·i termini, I 111 lo il mondo viene tendeuzialrnente rido I.lo ad mia Wnnderka111111er di co1Jic».

hl Si discute ancor oggi se Sif>ov in questo coutcsto rlcbba significare «aui1nalc» o pi11Hosto <<fi­gura»., «i1nniaginc»; nrn appena prima Aristotele aveva scritto che ciò che è bello~ KaÌ çépov KCXÌ &rcav itpéiyµo: èì cruvÉ<HfJKEV ÉK nviiìv., deve avere uou solo 1111 ordine delle parti che lo compongouo, ma anche m1 µÉyt0oç ... µi} 'tÒ 'tUXÒV. Castclvctro aveva tradotto con <<aniuwlc» («Pa11i1nalc bello, e ogui (altra) cosa che è consliluila di cerle (parli)»: L. Castclvelro, Poetica d'Aristotele 011/garizzata e spo­sta., a cura di W. Hornani, l., Homa - Bari, Laterza, 1978, p. 217).

''' Dalla citala 1raclmionc sellccenlesca elci Pri11cip/, p. 14., che corrisponde a p. 33 della versio­ne 1noclcnw curata da Cometa.

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lllLECCENDO LE LEZIONI PAlllNIANI~ DI llELLE LETTEBE 97

zione): ne risalterà ancor più il carattere velleitario del giudizio espresso dal Giovin Signore, sostanzialmente privo cli una materia su cui fondarsi, essen­do la resa pittorica ridotta ad una disposizione cli «colorati punti» dal minu­scolo supporto dell'opera, destinata ad essere chiusa in un medaglione o in una tabacchiera, o incastonata in un anello o ancora legata ad un braccio. Non saprei dire se Parini l'avesse presente, ma un brano cli Castelvetro., scritto ad esposizione dcl passo della Poetica ora citato., fornirebbe il migliore com­mento ad entrambi i luoghi pariniani:

L'altro rispetto., per lo quale si fanno le figure e gl'idoli grandi., si è per dimostrare l'eccellenza dell'arte, percioché nelle figure picciole e ncgl'idoli piccioli non si riconosco­no i vizii che vi sono., sì come si fanno nelle grandi e ne' grandi., dove qualunque picciolo peccato appare. Laonde i dipintori rei delle figure e i formatori rei degl"icloli fanno le loro opere picciole, perché non sic110 cli lcggicri scoperti i mancamenti da ognuno, ma i buoni artefici, e consapevoli quanto essi sicno sufficienti e sicuri dell'eccellenza dcl loro artifi­cio., fanno le loro figure grandi, sapendo che altri 11on vi noterà cosa da riprendere [ ... ). Perché quella cosa è veramente bella nella quale non si scopre bruttezza, ma., se vi fosse, si scoprirebbe; e quella veramente non è bella, che, essendo brutta., per alcuna cagione non apparendo la bruttezza., par bella"''.

Le lezioni sulle belle arti e le belle lettere, che sono la via più sicura e proficua per indagare la cultura filosofica cli Parini, possono offrire qualche contributo anche alla lettura delle Odi. Ecco una strofe dell'ode Il dono., scritta nel 1790, com'è noto, dopo aver ricevuto in regalo un'' edizione delle tragedie alfieriane da parte di Paola Castiglioni: «Caro dolore, e specie I gra­devol <H cli spavento I è mirar finto in tavola I e squallido, e cli lento I sangue rigato il giovane I che dal crudo cinghiale ucciso fo,, (vv. 37-42) 60

• Per com­prendere appieno questi versi, è opportuno rifarsi a quella pagina dei Prin­cipii in cui Parini affronta il problema della rappresentazione del male ed espone la teoria delle «grate commozioni» suscitate nell'anima dalle imma­gini degli oggetti rappresentati dalle arti che sollecitano il senso della vista. Eccone alcuni passi:

"" Caslclvctro., Poetica ... cit., I, p. 219. Parini al momenlo della morie possedeva la raccolta di Opere Parie critiche del Caslclvclro (che non comprendono la Poetica) stampata a Bergamo nel 1727 (cfr. Vicinelli., li Parini e Urera ... cit., p. 263); in alcnne liste di autori compilale da Pariui [orse per fini scolastici- e forse non selllprc di prima lllano - il nome dcl Castclvetro è regislrnlo due volle, la prima nella categoria elci Pliilologi, la seconda nella lisla che ha per litolo Poetica (ibid., pp. 312-13). Castclvetro è inserito anche nella seconda parte elci Prù1cipii., con un giudizio agrodolce, cd è cilato nella relazione al conte Finnian, Delle cagioni del prese11le decadilllento delle Belle Lettere e delle Belle Arli i11 Italia e di certi lllezzi onde restaurarle, in cui il «tempo ciel Casielvclro» è fatto quasi (il quasi è aggiunto in interlinea nell'autografo) coincidere cou quello dcl «rinascere dell'clo­qucma in Italia» (cfr. Parini, 7lrllc le opere ... cii., pp. 830h-831a e 946b; TJezio11i ... cii.., p. 215a).

'" La lezione delle stampe., a parlirc clallaprù1ceps (1791)., ègradeuol; la tradizione 1nauoscrilla invece reca concorde piace110/.

''" Cii o, qni e in seguito, eia G. Parini, Le Odi, cd. cril. a cura di D. !sella, Milano - Napoli, Hic­cianli, 1975.

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98 MAlJHIZIO CAMPANELLI

Nulla dopo cli ciò [scii. il timore cle"' prnprii nostri mali) è più atto ad interessare ed a commovere l"anima nostra che lo spettacolo cle"' mali o de·· pericoli dc' noslri simili [ ... ).

Ma siccome gli uomini sperimentarono che i mali fisici o morali presentati realmen1e in altrui, scbbc11c ecci1assero., comunemente parlando, qualche sc11sazione piacevole, pure ne eccitavano allo stesso tempo molte altre che erano ingrate e dolorose, e che coprivano interamente la piacevole, così tardarono assai, poco durarono, e finalmente lasciarono cli adoperare realmente questa sorta cli oggetti per uso delle Belle Arti. E nondimeno, poiché esse Belle Arti avevano trovato anche in questa sorta di oggetti un nuovo mezzo ed un nuovo stromento con cui eccitare nel nos1ro animo delle gradevoli sensazioni, così pensa­rono cli servirsene, 1emperandoli in modo che tu1te le sensazioni dispiacevoli fossero tolte, e rimanessero le piacevoli solamente. Ciò fu eseguito per mezzo della Imitazione, la quale, risparmiando cli presentarci gli oggetti reali, ci presentò soltanto le immagini cli essi [ ... ). D'altra parte, per mezzo della Imitazione, furono levate o almeno smorzate quelle idee troppo vive che dall'oggetto reale venivano destate nella mente, e che eccitavano nel cuo­re una sensazione troppo violenta., e perciò dolorosa. Perfine l'opera medesima della Imi­tazione, ossia la Imitazione medesima osservata nell'oggetto che ci veniva presentato dall"artc., fu per noi u11 1movo contemporaneo motivo cli piacere"''.

Anche in questo caso siamo cli fronte ad idee che, derivate da Aristotele., attraversano buona parte dell'estetica settecentesca, a partire da Du Bos. Ed è proprio a Du Bos che la pagina pariniana ora citata risale direttamente, alla sezione terza della prima parte delle Réjlexions, il cui titolo è Que le mérite principal des Poemes et des Tableaux consiste à ùniter les o~jels qui auroient excùé en nous des passions réelles. Les passions que ces ùnitationsfont naftre en nous ne sont que supe1ficielles. ln questa sezione Du Bos disseriva diffu­samente sullo spettacolo del male e sulle sensazioni che esso provoca nel­l'anima, stabilendo un parallelismo tra l'oggetto reale e l'imitazione artisti­ca da un lato., e dall'altro le due sofferenze che si producono nello spettatore., ovvero quella reale e duratura mossa dalla visione dell'oggetto e quella fit­tizia creata dalla contemplazione dell"opera d''arte, capace cli mutarsi in piacere proprio perché destinata a non durare oltre il momento in cui si guarda l'opera:

La copie de l'objct cloit., pour ainsi dire., excitcr cn nous une copie dc la passion quc l'objet y auroit excitée [ ... ). Ccttc irnpression superficicllc fai te par nne imitati on dispa­ro'ìt sans avoir des suites clurab!cs., camme en auroit une imprcssion faite par l"objet meme que le Peintrc ou le Poete a imité [ ... ). L'imitation la plus parfaite n''a qu\m ctrc artil'iciel., elle n''a qu\me vie empruntée, au lieu que la farce et l'activité de la nature se trouvcnt dans l"objet imité [prosegue citando Quintiliano., /nst;. 10., 2., 11). Voilà d'où procécle le plaisir quc la Poesie et la Pci nturc font à tous Ics hommcs. Voilà pourquoi nous regardons avec conteutement des pcinturcs clont le mérite consiste à rncttre sous nos ycux cles avan­tures si funestes., qu.'elles nous auroicnt fait horreur, si nous Ics avions vùcs véritable­mcnt; car, camme le dit Aristate clans sa poetique: Des mon.stres el des /1.0111.111.es morls ou. 111.ou.ranls qu.e nous 11 'oserions regarde1; ou. que nous ne verrions qu. 'cwec horrew; nous le

"" Parini, Tulle {e opere ... cit.., pp. 775h-777a., corrisponclcnlc a Lezio/li .. cit.., pp. 174b-175a.

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i;· I·

HILl~CGENDO LE LEZIONI PJ\HTNIJ\NE DI BELLE LETTEHF 99

voyons avec plaisir imilés dans les ouvmges des Peintres. JY!ieu.r ils soni imilés, plus nous les regardons avfrlement"'. 11 Cll est dc mcmc clcs imitations que fait la Poesie''".

E si ricordi che anche il Beccaria, in un"'opera certamente ben nota a Parini come le già citate Ricerche intorno alla natura dello stile, sosteneva che nelle belle arti l"immagine del dolore era preferibile a quella del piacere, per lo spontaneo paragone che lo spettatore istituiva con la propria si illazio­ne, riflettendo su piaceri della vita altrimenti destinati a restare inavvertiti. Beccaria notava inoltre che l"irnrnagine cli oggetti la cui vista riuscirebbe dolorosa., facendo un'impressione più debole cli quella che farebbero gli og­getti stessi., produce piacere, anche perché guarisce dalla noia, il male mora­le più pernicioso"".

Tutta la dialettica tra realtà e immagine riprodotta clall"arte.1

che nutre tanta poesia pariniana, sulla quale è tramato, ad esempio, un capolavoro come la tarda ode Per l'inclita Nice.

1 andrebbe sempre valutata a partire

dalle teorie estetiche esposte da Parini nella prima parte delle sue lezioni di belle lettere., cercando cli risalire cli lì alle fonti cli ogni assunto. Se Du Bos è sovente il prùnum movens dcl pensiero pariniano, non bisognerà mai dimen­ticare., valutando i materiali derivati clall"abate francese.1 la fondamentale differenza che separa i due sul tema clell"utilità della poesia., ovvero sulla possibilità cli persuadere, istruire, trasmettere valori morali tramite la paro­la poetica., utilità essenziale per Parini 70

., accessoria ccl esclusivamente su­bordinata alplaisirper Du Bos.

1 che in una sezione delle sucR4/lexions aveva

discusso Du motif quifait lire !es Poesies: que l'on n '.Y cherchc pas l'instmc­tion camme clans cl'aulres Livres 71

"' Il ri11vio messo in 1101.a eia Dn Bos è al capitolo IV della Poetica, in cni è scril.lo: & yò.p o:i:n:ò. ÀU1tEplòç oplòµev, 'toU'tCùV -i;àç EÌKÒvo:ç 'tÒ.ç µaÀtcr'tO: {]KptproµÉvo:ç xo:\poµev SeropoÙV'teç, ofov ST]p\rov 'te µopcpàç -i;lòv anµo-i;a-i;rov Ko:Ì VeKplòv (IV 3 [48h]). La versione francese è pi11Uosto libera., e non ho indagato se Du Bos traduca cli suo o si serva cli una traduzione preesistente; certo è che Parini sembra più in si11tonia con questo Aristotele franccsi,zato di quanto non lo sia con il testo originale.

'"' Du Bos., Ré/le.i;io11s ... cii.., voi. J., pp. 27-29. '''' Cfr. C. Beccaria, Opere, a cura di S. Romagnoli, Fircn,e, Sanso11i, 1958, voi. I., pp. 218-19. "' Non servirebbe citare qui la celebre conclusione clclr'oclc La salubrità dell'aria (1759): «Va

per ncglcll.a via I ognor l'util cercando I la calda fa111asìa, I che sol felice è qLianclo I l'1ttile 1tnir può al vanlo I di lusinghcvol canto»; n1a vale Ja pena cli ricordare che aIPinscgna di questo teina Pariui so­stenne la polemica contro i detrattori della poesia, cli c1ti resta docmncuto 11el Discorso sopra la poe­sia tenuto presso i 'lì-asfonnat.i nel 1761. 'fnua la rivendicazione elci primato delle belle lellere, armi della poesia, nclr'ambito delle belle arti, che Pari11i professa ex calliedm 11ci suoi Pri11cipii («la poe­sia, rciua e dominatrice cli tutte le altre Belle Art.i», Parini, '!ltlle le opCl'e ... ciL, p. 782b, ovvero Le­zioni ... cii.., p. 178b ), e che p1trc andrebbe esaminala alla luce di quel che scrivono in merito gli altri tratlatist.i dcl '700, va lcua ccl interpretata sullo sfondo cli questa polemica, contro coloro che ncl­Pa1nbicntc n1ilanesc ritenevano la poesia una sorla di orpello inutile alla socie1à civile.

" Si legga l'esordio cli questa sezione (34 della prima parte): «f,cs gcns clu méticr sout !es se1tls qui se fasscnt unc ét ude de la lect1tre cles Poctcs. 011 ne !es lit pl1ts, 11ous l'avons cléja dit, quc pour s\icct1per agréablcmcnt, clès qu.'on est sorti du Collégc, et non pas camme on lit Ics Historie11s et !es Philosophcs, c'cst-à-clirc pour apprc11dre. Si !'011 pcut lircr des instructions dc la lcctnre d'un pocmc, ccuc inslrnction n'cst gucrcs le motif qui fait ouvrir le livrc. Nous faisons clone le contraire c11 lisant

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lOO MALIBIZIO CAMl'ANELLI

La seconda parte dell'ode A Silvia ( 1795) ripercorre la progressiva dege­nerazione morale subita dalle donne della Roma antica., che dapprima co­minciarono ad assistere agli spettacoli teatrali, avvezzandosi così ai sangui­nari miti narrati nelle tragedie, quindi si misero a frequentare gli spettacoli del circo., facendosi spettatrici prima dei combattimenti tra fiere e poi di quelli tra gladiatori, e finalmente commisero esse stesse efferati delitti. La strofa chiave è quella che segna il passaggio dalle tragedie in teatro agli spettacoli del circo: «Quindi., perversa l'indole, I e fatto il cor più fiero., I dal finto clnol., già sazie, I corser sfrenate al vero» (vv. 69-72). La perversione che Parini vedeva., e voleva esprimere, in questa vicenda risulta più chiara, se si considera che l'evoluzione del gusto delle matrone romane fu diame­tralmente opposta a quella dell'urnanità intiera, che era passata dal vero al finto cluol raffigurato nell'arte., secondo la descrizione che Parini ne dà nella pagina dei Principii alla quale ho fatto cenno poc.'anzi, in cui si legge anche un riferimento all'«anfiteatro cli Roma»., che pure deriva da Du Bos. Que­st'ultimo aveva esaminato il valore estetico dci combattimenti circensi del­l'antica Roma, ponendo al culmine della spettacolarizzazione della morte il fatto che i gladiatori fossero addestrati dai lanisti ad assumere determinate posizioni ed atteggiamenti quando erano ormai ridotti in fin cli vita: «Ces Maitres leur apprenoient, pour ainsi dire., à expirer de bonne grace» 7 ~. Era quel morir con arte che impressionò particolarmente Parini, il quale nell"'au­tografo Ambrosiano VJT. 3 annotò un appunto ispirato alle parole cli Du Bos in margine alla pagina delle lezioni in cui menzionava il Colosseo («I Maestri della scherma insegnavano come dovessero stare e mettersi i Gladiatori, quando erano per morire») e non dimenticò cli farvi riferimento nell'ode: «Creando a sé delizia I e de le membra sparte, I e de gli estremi aneliti, I e del morir con arte» (vv. 89-92)7i.

Accanto a questi riscontri puntuali, ma che comunque toccano temi non secondari della poetica pariniana, sarebbero possibili, naturalmente, anche

un Poctc de cc quc nous faisons cn lisaut un aut re livrc. En lisaut un Historicn., par cxcrnplc, nous rcgarclo11s son stylc commc l'acccssoirc. L'import aut c'cst la vfrité, c·'cst la singularité cles faits qu.'il uous apprencl. E11 lisant un pocmc, nous regarclous Ics instructions que uolls y pouvons prcndrc cornrnc l'acccssoirc. J}importaut c'cst le stylc, parcc quc c'cst dn stylc d'un pocrnc quc dépcncl le plaisir dc son lcctcur» (pp. 304-5). Nel Discorso sopra la poesia Parini parte dal presupposto «che l'instituto dcl poeta non sia cli giovare clirctt.arncntc, ma cli dilettare»; si dice però subito «persuaso che il poeta possa~ volendo~ giovare assaissi1no)). La prospettiva di Parini è cmnplctmncntc diversa da quc11a di Du Bos: «essendo cerio che utile è ciò che contrilmiscc a rcudcr l'uomo l'clicc, lii.ili a ragione si pos­sou chiamare quelr'arti che contribuiscono a reuderue felici col dilettarci in alcuni momcuti della no­stra vita». Ma Parini mostra auchc di credere acl una più tangibile utilità della poesia, in adesione alle sue convin:zioni più profonde e alla sua stessa prassi di poeta: «la poesia può ancora esser utile a quella guisa che utili sono la religione, le leggi e la polit.ica [ ... l» (l'arini, 1)1lle le opere ... cii., p. 687a).

" Si tratta della seconda sezione della prima parte (De l'attrail des Speclacles propres à e:i;cilcr en 11011s 1111c gmnde e111otio11. Dcs C:ladiale11rs), pp. 12-25 dell'ed. cii..

'" Cfr. Lezioni ... cii.., p. 174b e n. 7 (a p. 230), e Parini, Tulle le opere ... cii., p. 776, 11. 2, e .fonarcl., L'abbf. D11 Bos ... cit.., pp. 192-93.

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HILl<'.CCl,'.NDO LE LEZIONI PAHINIANI,: DI llELLE LETTl':lm 101

considerazioni cli carattere più generale. In una dichiarazione cl"intenti cli natura istituzionale., qual è il Programma per la cattedra biennale di Belle Lettere., scritto con ogni probabilità alla fine del 1769., sono sinteticamente esposti i fini della materia e del docente:

Essendo poi intenzione dell"Eloquenza d'indurre gli uomini ad abbracciare ciò che è giusto, onesto, saggio o migliore., oppure cli procurar loro degli innocenti piaceri colle opere dell'ingegno., perciò il professore insinuerà opportunamente che la verità., la giustizia, l'one­stà devono regnar sempre nelle opere d'Eloquenza:, anzi con questa regola sceglierà gli csempii da proporre".

Sono parole che potrebbero far da epigrafe all'ode La lmpostum, compo­sta e recitata in una pubblica adunanza dei Trasformati all''inizio degli anni ''60, che presenta l'Impostura come un docente intento a rivolgere i suoi «clolcissi mi precetti» ad un uditorio universale, che tiene insieme monarchi e mendicanti, come universale vorrà essere l'insegnamento cli Parini., desti­nato non solo a tutti coloro che avrebbero dovuto servirsi della parola per trattare «gli affari pubblici ed importanti., sia del Ministerio, sia del Forn., sia del Pulpito., sia cli tante altre respettive professioni che hanno pubblica fon­dazione nello Stato» (sono parole che seguono nel programma a quelle ora citate)., ma anche agli stessi nobili., che non avrebbero esercitato «veruna professione obbligata e faticosa», ma andavano comunque tenuti lontani dall'ozio.1 «veleno principale della società». Il ritratto dell'allievo delPlmpo­stura è concepito come esatto rovesciamento dei propositi che Parini fornrn­lerà nel programma: «Mente pronta e ognor ferace I cl'opportune utili fole I' have il tuo degno seguace: I ha pieghevoli parole; I ma tenace., e quasi monte I incrollabile la fronte. Il Sopra tutto ei non oblìa I che sì fermo il tuo colosso I nel gran tempio non starìa, I se qual base ognor col dosso I non reggessegli il costante I verosimile le piante» (vv. 49-60).

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La seconda parte dei Principii era destinata a fornire agli studenti alcuni lineamenti cli storia della letteratura italiana, ripercorsa dal punto cli vista.

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pressoché esclusivo, dell'evoluzione della lingua e dello stile, in sintonia con l'obiettivo dichiarato cli questa parte delle lezioni pariniane: educare i giovani a parlare e, ancor più, a scrivere un col'l'ctto italiano attraverso il contatto con gli «eccellenti scrittori». Molti sono gli autori che Parini passa in rassegna, sempre molto rapidamente; alcuni giucliz'ì meno compendiar!, come quelli su Boccaccio, Machiavelli o Tasso., meriterebbero forse un'ana­lisi capace di chiarirne i presupposti e situarli all'interno del dibattito lette-

' Pnrini, 7itue le opere ... cii., p. 859b.

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rari o coevo. Del resto la brevità della rassegna pariniana non deve indurre a conclusioni sbrigative; la suggestione esercitata clall"'impostazione comples­siva e dai singoli giudizi del Parini durò nel tempo., se è vero, come è vero, che alle lezioni cli belle lettere si ispireranno per più rispetti gli ideatori della famosa collezione dei «Classici Italiani» di Milano, pubblicata a partire dal 1802, in cui apparvero 249 volumi nell'arco cli dodici anni 75 . Mi limiterò qui ad un solo approfondimento, riguardante la sezione iniziale della seconda parte elci Principii, quella cli maggior respiro, in cui Parini ripercorre le ori­gini e i primi progressi della lingua italiana. Ciò che emerge da questa sezio­ne è la forte presenza cli Muratori, dcl Muratori delle Anliquitates ltalicae MediiAevi, ovvero delle Dissertazioni sopra le antichità italiane., il compen­dio in italiano delle Antiquitates che Muratori compilò negli ultimi anni cli vita (fu stampato postumo nel 1751).

Quando Parini fa notare che «negli stessi tempi migliori della lingua, il popolo romano parlava un latino notabilmente diverso eia quello che le per­sone nobili o letterate eran use cli parlare; talmente che erano institu ite in Roma pubbliche scuole, nelle quali il patrio sermone insegnavasi alla gio­ventù» 7", riprende una pagina della dissertazione XXXll (Dell'origine della lingua italiana) in cui Muratori aveva dimostrato che «né pure la stessa gran Roma, clov.'era il sacrario dcl migliore linguaggio latino, ne·' tempi stes­si cli Cicerone, non che cli Quintiliano, non andava esente da' solecismi e barbarismi; e fin d'allora bisogno ebbero i Romani cli studiare la grarnatica, per ottenere la lode Latine loquencli» 77

, difendendo, in polemica col Salvini, quanto aveva sostenuto nel trattato Della pe1fetta poesia italiana. Il Salvini., in un paio cli note da lui apposte all'edizione veneta del trattato muratoria­no, aveva affermato che a Roma c'erano sì molte scuole di grammatica an­che ai tempi cli Cicerone e Quintiliano, ma cli sola lingua greca; Muratori nel prosieguo ciel passo citato confutava quest'opinione rifacendosi ad un paio cli testimonianze contenute nel De grammaticis cli Suetonio, in cui si nomi-

" C[r. A. Colombo., Una "collezione pariniana" tra filologia e politica: i «Classici Italiani» di Milano, in 11llualità di Giuseppe Parini ... cil., pp. 381-85.

'" Parini, '!ltlle le opere ... cil.., p. 809b, corrispondente a Lezioni ... cit:., p. 202a-b. " Cito da L. A. Mural.ori., Dell'origine della lingua italiana. Dissertazione XXXII sopra le anti­

chità italiane, a cura di C. Marazzini, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 1988, p. 38; il passo si legge anche in Muratori, Opere, t:. I, a cura di C. Falco e F Fori.i., Milano - Napoli., Hicciarcli, s. cl. [ma 1964]., p. 631. Sulle ricerche liugnistiche cli Mural.ori, in relazione con il coevo clibnl.1.ito su origini e sviluppo della lingua italiana., si vedano almeno S. Timpanaro, Classicism.o e Illw11ù1.ismo nell'Otto­cenlo italiano, Pisa, Nis1ri - Lischi, 1969', pp. 239-42, 247-48 e 366-67; F. Marri, Ricerca elùnolo­gica e dialettologica nel Muratori, in Etimologia e lessico dialettale. Atti ciel XII Convegno per gli Studi Dialettali haliani, Pisa, Pacini, 1981, pp. 71-99; A. Sorella, Il progello linguistico - culturale di L. ;I. Muratori, Pescara., Editrice Trimestre., 1981, in particolare pp. 53-84:, F Mani, L. 11. Mura­tori tra filologi e lù1guisti del suo tempo, «Filologia moderna», X (1988), pp. 153-88; C. Manrn~ini., Storia e coscienza della lingua in Italia dall'Umanesimo al Romanticismo., 'l'orino, Hoscnberg & Sel­lier, 1989, pp. 71-87.

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navano espressamente studiosi e docenti di grammatica latina (dr. Gramrn. 7., l-2 e 5., e 10., 2).

Anche la notazione sulr'anteriorità della decadenza del latino rispetto al crollo politico di Ho ma., dovuta al trapianto di tanti diversi elementi stran ie­ri entro i confini del dominio romano fin dalla prima età irnpcriale («le ar­mate romane, uscendo fuori e ritornando., seco conducevano schiavi fore­stieri., e stranieri costumi e favelle» 711

)., si fonda su precisazioni fatte da Mu­ratori circa la decadenza della lingua latina nei primi cinque secoli dell"era cristiana., non solo nelle provincie ma in Homa stessa., «perché a deformarla era concorsa tanta feccia di gente forestiera» 79

., sebbene Parini prenda in considerazione soltanto la lingua e lo stile di prosatori e poeti, attribuendone il deterioramento alle mutate condizioni politiche, secondo una tesi vulgata («col cadere della romana libertà., tutte., per così dire., le muse rimasero sbi­gottite» 110

).

Parini sembra ricordarsi cli Muratori anche laddove ammonisce che «Trop­po malagevole cosa sarebbe e fors'anche inutile !"investigare delle rovine di quante lingue diverse sia composta la nostra., cd impossibile poi il cernere i vocaboli che appartengono a ciascuna di esse» 111

• Muratori aveva dedicato un" intera dissertazione., la XXXIII., al tema Dell'origine o sia dell'etimologia delle voci italiane., polemizzando contro etimologisti ed eruditi che non ammettevano altre fonti dell'italiano che non fossero latino e greco o ebraico o provenzale: «Il perché son io di parere che più diligentemente cli quel che finora s"'è fatto s"'abbiano a scrutiniare le lingue settentrionali, anzi fino l'ara­bica, per trovare la vera origine di assaissime nostre voci, che nazioni tali indussero nella nostra lingua o perché in Italia lungo tempo signoreggiarono o col mezzo del commerzio e della mercatura si familiarizzarono con gl'Ita­liani» 82. La dissertazione si chiude con un lunghissimo elenco di dubia, un Catalogo di molte voci italiane, delle quali si cerca l'origine, che ad una personalità poco incline all'erudizione, come quella di Parini, doveva ispira­re uno sconforto di cui si coglie l'eco nel passo citato.

Poco oltre leggiamo una frase, «Molto più vennero essi [ scil. i poeti To­scani] a questo cimento 8'

1 animati dallo esempio de"' Siciliani e de' Provenza­li., che alquanto prima., e cli quc' tempi eziandio, anelavano scrivendo le loro volgari poesie, singolarmente nobili e leggiadre, divenute famose nelle corti amorose della Francia e dell'Italia» 11

\ che non è se non la riduzione., in ter­mini così minimi da vanificarlo, cli un secolare dibattito sull'anteriorità o

'" Parini., Tulle le opere ... cil.., p. 810a., ovvero f,ezioni ... cit., p. 202b. "' Muratori, Dell'origine ... cit., p. 48; anche in Id., Opere ... cit., p. 633. 1111 Parini, Tulle le opere ... cit., pp. 809b-810a, corrispondente a Lezioni ... cit.., p. 202b. '" Parini, 1Ìtlte le opere ... cit., pp. 810b-811a; Lezioni ... cit.., p. 203a. '" Muratori, Opere ... cit., p. 639. "'' Si tratta dell'uso letterario della neonata lingua volgare. '" Parini, Tulle le opere ... cii., p. 811a-b.

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104 MAUHIZIO CAMPANELLI

rneno dci Provenzali rispetto ai Siciliani e quindi sull'eventuale molo cli fon­te svolto dai primi rispetto ai secondi., dibattito che implicava la scottante questione di una possibile origine straniera della poesia italiana. Muratori nella dissertazione XL (Dell'origine della poesia italiana e delle rime) si era pronunciato contro un.' illustre schiera cli cinquecentisti., seguiti dal Crcscim­bcni e dal Fontanini, e, facendo leva su una testimonianza attinta dalle F'am.iliari petrarchesche., aveva negato la seriorità dei Siciliani., che a suo avviso mutuarono la loro versificazione direttamente dalla poesia ritmica antica; la polemica dcl Muratori si indirizzava copertamente anche contro Gravina., il quale nella Ragion poelica aveva sostenuto che dalla Provenza erano derivate non solo la poesia, ma pure molte locuzioni e fogge espressive ciel più antico volgare 11

". Muratori concludeva così, facendo attenzione a non cadere nell'opinione opposta a quella da lui avversata: «Essendo aclunque preceduti i Siciliani ai Toscani., per attestato del Petrarca., ne viene per con­seguenza che da essi o prima., o nello stesso tempo che dai Provenzali, era coltivata in Sicilia la poesia italiana» 111

'. La pertinenza della frase pariniana a tale dibattito e l'accedere dcl Parini alla linea del Muratori sembrerebbero confermati clalr'assenza della menzione dei Siciliani nella primitiva, e più ampia, stesura delle lezioni cli belle lettere, quella testimoniata dall 'autogra­fo Ambrosiano VTI. 3 (databile al 1769-'71), in cui si legge, secondo il testo dato dalla Morgana: «E pure assai verisimile, che a q ucsto cimento venissern animati dall'esempio de., Provenzali., che poco prima., ccli quc·' tempi ezian­dio ... » lP.

Alla dissertazione sull'origine della lingua italiana ci riporta anche guan­to Parini osserva sulla dicotomia tra latino e volgare nelr'Italia tardomedio­evale, col latino ancora capace di assolvere la funzione cli lingua ufficiale., «contuttoché il latino cf'allora, anzi che risvegliarne oggi idea veruna di nobiltà, d'eleganza e cli buongusto., soglia piuttosto movcrci a riso» 11

ll; nota­zione quesf ultima forse memore della messe cli '·spropositi', ovvern cli volga­rismi, del latino notarile offerta da M11ratori ll'J. Pure il rilievo sul passaggio dal latino al volgare nella lingua dei predicatori («I chierici anch'essi s'avvi­clern che meglio sarcbbono stati intesi da' laici ccl idioti, se nel loro volgare avessero loro parlato dal pulpito; e così, col proceder dcl tempo, si diedero a farlo essi pure» "0

) sembra sintetizzare quanto Muratori aveva scritto sul pro­gressivo affiancarsi del volgare al lati no nelle prediche., fino al sostituirsi del

"' Cl'r. C. V. Graviua, Scrilli critici e teorici., cd. A. Quondam, 13nri., Lalcrw, 1973, pp. 288-89. "'' Muratori., Opere ... cii.., p. 685. , "' Lezioni ... cii., p. 203b. Difficile dire se in qucll'<d•: pmc assai verisimile, che venissero».,

rispetto al reciso «vc1111cro)> della versione successiva., si ccli un 111inin10 dubbio sul fatto che i Pro­venzali fossero stati fonte esclusiva dci poeti Toscani.

1111 Parini., 'lì1Ue le opere ... cii., p. 812a; /,ezio11i ... cii., p. 204a. '"' C:fr. Muratori., Dell'origi11e ... cii., pp. 64-67 e 69-72; anche iu Id., Opere ... cii., pp. 634-.35. ''" Parini, 'lì1fle le opere ... cii., p. 812h; /,ezùmi ... cii., p. 204h.

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HILECCENDO LI\ LEZIONI l'AHINJANlè DI BELLE LETTEHE 105

primo al secondo '' 1• Que.ste riprese dalle dissertazioni muratoriane potrebbe­

ro consentire cli aggiungere un particolare al quadro, certamente ampio, sebbene ancora in attesa cli essere delineato, dei rapporti di Parini con Mu­ratori"~.

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La seconda parte dei Principii è il luogo privilegiato., data anche la natu­ra eminentemente pubblica dell'esposizione., per valutare le idee dcl Parini in fatto di lingua, ancor più cli quanto lo siano i testi polemici contro il Ban­diera e il Branda., risalenti ad una diversa stagione., in cui il poeta era stato chiamato a confrontarsi con personaggi che avevano assunto posizioni estre­me"i. E il Parini che ci si presenta nelle lezioni è un tradizionalista rigoroso, sebbene alieno da ogni purismo, istintivamente ostile all'erudizione gram­maticale., tanto da ritenere la questione della lingua una vana disputa («Quindi sorsero le crudeli guerre grammaticali, nelle quali i furiosi paladini della lingua stillarono riclicolosamente pii'1 cli cervello e d'inchiostro che cli san­gue»''•). Il suo ideale, anche in questa materia, è quello del miscere utile dulci: lo studio della lingua e dello stile deve in primo luogo essere funziona­le alla fonnazione cli una scrittura destinata a svolgere un ruolo centrale nella vita civile, e che come tale non può concedere nulla al lenocinio gratui­to., al compiacimento arcaistico. Nel già citato Programma per la caltedra biennale di Belle Lettere, Parini aveva scritto che il professore avrebbe illu­strato «gli esempii pii'1 insigni degli eccellenti scrittori., procurando cli sce­glier quelli che sono più accomodati al presente uso dell'Eloquenza, relativi alle nostre circostanze cli governo., cl'econornia e cli costume»''\ e al tennine del discorso inaugurale della cattedra cli Belle Lettere aveva affermato che

'" Cfr. Muratori., Dell'origine ... cii.., p. 78; anche in Id., Opere ... cit.., pp. 637·38. '" Qualche spunto al riguardo in E. Bouorn, Parini e altro Setlecenlo. Fra Classicismo e lll11111i­

nisnw., Milano, Feltrinclli, 1988, pp. 85-87., che propone cli vedere nella strnfc dc /,a Laurea., in cui Parini ritrae il diritto cmnc una cmnpagua occupala «di spini e bronchi»~ 1111 iufJusso dcl trattato muratoriano /Jei di/erri della Giurisprudenza. Anche per la satira dell'erudizione vacua che si legge nel Discorso che lw servilo d'introdnzùme afl'Accade111ia sopra le caricature Parini potrebbe essersi ispirato., come suggerisce Bonora, al 1\<luralori delle ll{flessioni sopra il buon guslo, sebbene questo tipo di sa lira avesse assnnlo trai li lopici Ii11 dal prin10 Ciuqueeenlo~ se nou prinw (basterà ricordare i nomi cli Erasmo e Vives), e topici fossero anche i rifcrimeuli, che si leggono rispettivamente in Pa­rini e Muratori, allo zelo messo nell'indagare gli appellativi della Sibilla o i nomi dcl padre cli Ecuba e della madre di Anchise; si traltava dcl resto, co1nc pure Muratori ricorda, di una iradizione polemi­ca risalente alr'antichità stessa.

''" Sul terna cfr. da ultimo S. Morgana, Parini e la li11g11a iraliana dai 7ìn4òn11ati a /Jrera, in Ucu11abil rito ... cit., t. I, pp. 347-70, e n' Marlinoui, Parini e l'idea del «ser111on natio"., in l,e buone douri11e e le buone teucre . ., cit., pp. 126-il9.

"' Parini., 7ì1Ue le opere ... ciL, p. 827a, corrispondente a Lezioni ... cit., p. 213a, in cui si legge «slillarono ridicolosameute più cervello che sudore., e sparsero più inchiostro che sanglte".

'" Parini, 7ì1tte le opere ... cii., p. 859a.

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106 MAUHIZIO C:AMPANEl LI

in materia d'eloquenza si sarebbe trattenuto «più lungamente su quella parte dcl dire che serve alla comunicazione cle.1 nostri affari civili, di quella che nel forn difende la vita e le sostanze de.1 cittadini., cli quella che sostiene la digni­tà del legislatore colla nobiltà.1 colla precisione e colla sublime semplicità delle leggi, di quella, per ultimo.

1 che ora ci consola ed ora salutarmcntc ci

comrnove e ci turba colla santità della morale e colla veneranda maestà della religione»'"'.

T'uttavia le letture che Parini propone ai suoi studenti includono, oltre alle tre corone.1 un significativo catalogo di trecenteschi minori (Giovanni Villani, Bartolomeo da San Concorclio.1 Pietro Crescenzi.1 Iacopo Passavanti, Giovanni da Catignano), sia pur con l'avvertenza di «lasciar da parte le voci antiquate», e poi una selva di cinqucccnteschi.1 con i quali cli fatto si esauri­sce la sua breve storia della letteratura italiana, da cui restano fuori non solo, com'era ovvio.1 gli autori barocchi.1 ma anche i contemporanei, se si esclude qualche sparuta e fugacissima menzione finale. ]~ un Parini alline­ato alle posizioni della quarta Crusca ( 1729-17:38 L che non lesina elogi al vocabolario e all'accademia, alla quale attribuisce un ruolo precipuo nel­Paver provocato la fine della notte buia dcl Barocco (merito grandissimo ai suoi occhi): se erano stati i soli toscani a mantenere accese «le faville dcl bongusto», non tanto per il loro valore letterario quanto - precisazione si­gnificativa - per la «tenace venerazione che per amor proprio e delle cose loro portarono agli antichi esemplari clelPitaliana eloquenza», «grande ob­bligazione» si doveva avere alla Crusca che.1 mantenendo e promuovendo «la purità della toscana lingua», aveva fornito l'alimento atto a far rinascere il buongusto, spento nel resto d'Italia 97

• Ancor più notevole è il fatto che Parini abbia in Leonardo Salviati.1 in particolare nel Salviati clegliAvvertùnenti della lingua sopra 'l Decamemne (1584, 1586), il suo esclusivo punto cli riferi­mcnto.1 una sorta cli stella polarc.1 tanto nella selezione degli autori quanto nel giudizio su di essi, anche quando - è il caso delle pagine su Machiavelli - mostra di non condividere il parere dell'erudito fiorentino. Finalmente Parini inserisce fra le letture proposte agli studenti lo stesso Salviati, sia pur con alcune riserve, dovute sia a quei difetti nel modo di argomentare propri dei «grammatici di professione», sia all'essersi il Salviati servito cli vocaboli e frasi «che dovevano esser rancide fino dal suo tempo, e che ora lo sarcbbo­no assai più»; ciononostante gli Avvertimenti sono opera da leggersi non solo per i contenuti, «ma ancora per la singolare nitidezza e certo lepore, natura­le insieme e nobile, con cui è dettata» 911

Tirando le somme della sua rassegna cli autori, Parini arriva a formulare le seguenti regole intorno allo studio della lingua: 1) la lingua non va appre-

"" lbid., p. 657b. ''' lbid., p. 838b; Lezioni ... cit., p. 219a-b. '"' Pal'ini, 7ìllle le opere ... cit., p. 834b; Lezioni ... cit., p. 217h.

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sa dal popolo., ma dagli scrittori; 2) tra gli scrittori, si devono seguire i tosca­ni; 3) tra i toscani, si devono prendere a modelli i soli fiorentini., altrimenti si cadrebbe nel «gravissimo assurdo» cli proporre una lingua ibrida; 4) non tutti gli scrittori fiorentini si devono imitare, ma solo quelli che hanno scritto «regolarrnente e nobilmente», utilizzando gli altri solo come repertori cli termini speciali cli arti e mestieri, altrimenti ignoti ai lombardi; 5) non tutti gli scrittori illustri si seguiranno., ma solo quelli clcll"'età aurea, nella quale «hanno usato piì:1 gentilmente., più puramente e più regolatamente la loro lingua». Qneste regole configurano un progressivo imbuto che va nel senso del pii'1 puro classicismo tradizionalista, sebbene per Parini l"'età deff'oro della lingua paia essere più il Cinquecento che non il Tì-ecento. Ma le restrizioni non sono finite, perché glossando la quinta regola Parini si pone il problema, molto dibattuto nelle clisc11ssioni linguistiche settecentesche, clelr'uso («si suol dire che le lingue viventi sono soggette a mutazione, e che Puso è il supremo moderatore cli quelle., e che perciò conviene oggi adattarsi all'uso corren­te»""). La risposta è cli quelle che non ammettono repliche. La lingua «nobile comune italiana» ha raggiunto, «assai prima d'ora», il suo massimo grado cli perfezione, dal quale allontanandosi non ha potu Lo che anelare incontro ad un naturale processo cli corruzione:

Essa è deposta adunque, per tutta la sua forma e per la massima parte della materia, nel complesso delle buone scritture; essa adunqne., nella sna essenzialità., non depeude più punto dall'arbitrio del popolo; ella è fissa., ella è per questa parte della natura di quelle che chiamansi morte 1110

Giunto a questo estremo, Parini fa un passo indietro, ammettendo la possibilità che l"'italiano., essendo parlato da un popolo vivo., a differenza delle lingue realmente morte, venga arricchito «ragionevolmente» cli nuovi vocaboli. Questa possibilità sembra però contemplata in linea solo teorica., perché la sesta ccl ultima regola., che immediatamente segue nell'argomen­tazione pariniana, si ricollega alla prima nel precludere qualsiasi possibilità cli attingere all"'uso vivo: «a bene e ragionevolmente scrivere nella lingua nobile comune italiana non si dcc declinare dall'uso generale e costante degli eccellenti e classici scrittori italiani» 101

Bando alla lingua del popolo, all'uso vivo e ai forestierismi, restrizione al

'''' Parini, 71tlle le opere ... cit., p. 841b; Lezioni ... cit.., p. 221a. 11111 Parini., 71tlle le opere ... ciL., p. 842b; Lezioni ... cit., pp. 221b-222a. 1111 Parini, 1Ìtlle le opere ... cit.., p. 843a; Lezioni ... cit., p. 222a. Nelle lezioni dedicate al princi-

pio della chinrc~za, Parini aveva anunesso~ in ulti1na analisi., la possibilità che uu autore prendesse in prestito «eia un altro linguaggio, comunemente nolo ed analogo al proprio, il segno che sia o possa esser rappresentativo della sua nuova idea" (Parini, 711.lle le opere ... cit.., p. 797b; Lezioni ... cit., p. 189a); ma cli questa possibilità non resta traccia nella pmle dci Principii clcclicata alla lingua, da cui è bandila qualsiasi concessione ai forestieris1ni.

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108 MAUHIJl:IO CAMPANELLI

fiorentino dell'età aurea e dei soli eccellenti scrittori, visione della lingua letteraria come uno K'tfjµa cìç acl., sostanzialmente non suscettibile cli ulte­riori sviluppi: sono posizioni che pongono il milanese Parini nella linea del fiorentinismo cruscante, quella che si incarnava nelle figure dcl Salvini., cli Domenico Maria Manni e cli Salvatore Cmticclli., autore quest'ultimo cli una grammatica italiana che Parini., verso la fine delle sue lezioni, poneva al cli sopra di qualunque altra opera fino ad allora prodotta sull"'argornento. Ma le preclusioni nei confronti del fiorentino vivo e degli scrittori toscani contem ~ poranei, insicrne all'idea de!Pitaliano letterario come lingua morta., iscrivo­no Parini, che sul principio degli anni '70 si trovava all'inizio cli una delicata fase cli passaggio nella sua vicenda umana cd intellettuale, in una prospet­tiva ancor più oltranzista rispetto a quella degli autori ora citati., una pro­spettiva che ricorda per qualche verso quella cli Giulio Cesare Becelli., espres­sione niente affatto gretta del più intransigente conservatorismo linguistico settecentesco, del quale però Parini non poteva recepire la concezione del­la lingua letteraria come entità rivolta esclusivamente alla vita contempla­tiva, avulsa da qualsiasi dimensione civile., in cui invece si sarebbero dovu­ti impiegare i dialetti, ingentiliti attraverso l'osservanza dei dettami della retorica 102

; Parini., pur nella sua lucida valutazione dei pregi dcl dialetto, affidata al primo opuscolo contro il padre Branda., credeva che la lingua letteraria potesse e dovesse svolgere una l'unzione fondamentale nella vita sociale.

Era questa la scommessa cli Parini, fare del classicismo linguistico il tra­mite di un'educazione al buongusto ed uno strumento utilmente spendibile nel contesto civile. E tutto ciò andrà tenuto presente nel valutare non solo, com 'è ovvio, la lingua delle opere parini a ne, ma anche il rapporto di Parini con i Verri, sul quale c'è ormai una bibliografia abbastanza nutrita., che però si è sempre scontrata con una sostanziale carenza cli fonti, su entrambi i versanti 10

'1• La seconda parte dei Principii mostra che, se c'era un terreno sul

quale Parini e i Verri erano inconciliabili., non era quello delle riflessioni sul

"" Per 11n sintetico profilo delle posizioni dcl Bccelli, come per quelle dcl Salvini, ciel J\'lanni e dcl Corticclli e in genere dcl classicismo tradizionalista di metà Settecento, rinvio al classico M. Vita­le, J,a questione della li11g11a, Palermo., l'alumbo., 1978', pp. 241-52; per una piìi ampia ricogni~io­ne della cultura e delle ickc dcl Salvini e dcl Bccelli., 11onché per le vicende della quarta cdizio11c ciel Vocabolario della Crusca si veda dello stcsoo Vitale, L'oro nella li11g11a. Co11trib11tiper 11.11a storia del tmdizio11alis1110 e del p11ris111u italiano, Milano - Napoli, Hicciardi., 1986, pp. 335-441; sul Ma1111i e sul Corticclli grammatici vd. S. Tclvc., Prescriziu11e e descrizione nelle gnu1111wliche del Scl/ece11to., «Studi Linguistici Italiani»., XXVIII (2002), pp. 3-"32., 197-260 (in c011tiu11azio11e).

,,,., L'ultimo e migliore contributo è quello di C. Barbarisi., I /le,.,.; e l'idea del Giomo, in T11te1pre­taziu11i e letture del C:iomo (Garguauo dcl Carda, 2-4 ottobre 1997), a cura di G. Barbarisi e I~. l~sposito., Milano., Cisalpi110, 1998 («Quaderni di Acme», "3"3), pp. 205-50., con la bibliografia prece­dente., tra cui merita un'"csprcssa menzione M. Zolczzi, Snlle relazioni di Pietro Verri con i 'fra.~/or· 111ati e il Parini (1757-1765)., «Acvm11»., XLI (1967), pp. 114-52.

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Hlf,EGGENDO LE LEZIONI l'AHINIANE DI BELLE LETTEHE 109

lusso o sul commercio llH oppure sull'uso del ridicolo in letteratura, bensì quello della lingua. Eppure lo stabilire un nesso tra il Parini delle sei regole circa lo studio della lingua, il Parini lodatore della Crnsca, che legge buona parte della letteratura italiana col Salviati alla mano,· e il contrasto latente tra il poeta e i Verri conserverebbe un sentore cli arbitrarietà, se non sapes­simo., da una testimonianza del Reina, che Parini criticava esplicitamente i Verri, e in genere gli scrittori del Ca:f/è, nel contesto del suo insegnamento., e li criticava esclusivamente, a quanto pare, per le loro scelte in fatto di lingua:

Né cessava mai dall'inculcare lo studio dell'Italiana favella., che mostrava con finissi­me investigazioni essere la più ricca cli modi, la più armoniosa e pieghevole delle viventi. Abborriva egli la ricercatezza, e l'affettazione qual peste d'ogni scrittura, e sofferiva più presto la trascuraggine., e la licenza, quando non offendano la chiarezza., perché il primo scopo d'ogni discorso è d'essere inteso. Ma nemico della perniziosa novità soleva dire, che chi non conosce la propria Lingua, non può far valere, come si vo/'/'ebbe, i suoi pensieri, e che gl'Italiani co/'/'endo dietro al/also stile, ed alla C01(/i1sione de' vocaboli e modifore­stieri arrischiavano di perdere la precisione delle idee. E sebbene commendasse molto le filosofiche istituzioni della Società del Caffè, a cui non appartenne mai., biasimava in maniera cli lingua la licenza cli molti fra que' dotti Scrittori, la quale diffusasi per l'impor­tanza delle cose di Beccaria, fle,.,.i, e Frisi rendette oscuro, e corrnppe assai l'Italiano idio­ma. Fuggite, diceva egli, gli Scrillorelli Lombardi, ed i recenti Toscani degeneri dall 'an­tica loro grandezza ""'.

In questo caso, come in molti altri - ma non in tutti-, l'immagine del Parini corifeo di un classicismo nutrito cli virtù civili, che Reina consegnava alla letteratura e agli studi dell'Ottocento, corrispondeva pienamente a ve­rità.

MAUHIZIO CAMl'ANEl.JJ

itH Se si considerassero i fmnosi brani sul lusso e sul co1nnwrcio con1c espressione dc1l\u1tcntico pensiero pariniano, allora bisognerebbe parimenti ritenere che il ritrntt.o dcl poeta dclincnt.o nei vv. 905-39 dcl Mezzogiomo (poi Meriggio 893-927) corrisponda all'opinione che Parini aveva in asso­luto della poesia, il che, inutile dirlo, è improponibile. Parini qni come altrove espone, attraverso la maschera dcl Prccctt.ore, l'ottica perversa degli ambienti nobiliari., proprio per farne risaltare me­glio., tramite il velo dell'ironia, la perversione.

111.> Hcina., Vita ... cii., pp. LII-LIII.