Matteoli Immaginazione, Conoscenza e Filosofia_l'Arte Della Memoria Di Giordano Bruno

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MARCO MATTEOLI IMMAGINAZIONE, CONOSCENZA E FILOSOFIA: L’ARTE DELLA MEMORIA DI GIORDANO BRUNO FIRENZE LEO S. OLSCHKI EDITORE MMXII Estratto dal volume: BRUNO NEL XXI SECOLO Interpretazioni e ricerche ATTI DELLE GIORNATE DI STUDIO (Pisa, 15-16 ottobre 2009) a cura di SIMONETTA BASSI con una bibliografia bruniana 2001-2010 a cura di MARIA ELENA SEVERINI

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MARCO MATTEOLI

IMMAGINAZIONE, CONOSCENZA E FILOSOFIA:L’ARTE DELLA MEMORIA DI GIORDANO BRUNO

F I R E N Z E

L E O S. O L S C H K I E D I T O R EMMXII

Estratto dal volume:

BRUNO NEL XXI SECOLOInterpretazioni e ricerche

ATTI DELLE GIORNATE DI STUDIO(Pisa, 15-16 ottobre 2009)

a cura diSIMONETTA BASSI

con una bibliografia bruniana 2001-2010a cura di

MARIA ELENA SEVERINI

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MARCO MATTEOLI

IMMAGINAZIONE, CONOSCENZA E FILOSOFIA:L’ARTE DELLA MEMORIA DI GIORDANO BRUNO*

L’arte della memoria di Giordano Bruno, praticata, insegnata e sviluppa-ta per tutto il corso della sua vita, non va considerata solo come un singolaremezzo per conservare il ricordo di quanto si apprende – entro l’orizzonte fan-tastico-visivo di una memoria che, nel caso di Bruno, era già di per sé prodi-giosa –, ma rappresenta una vera e propria disciplina, che intreccia stretta-mente motivi filosofici con questioni di ordine retorico e metodologico. L’o-scillazione tra i piani dell’azione umana, del metodo e della filosofia è del re-sto uno degli aspetti più significativi di tutta la riflessione bruniana e caratte-rizza profondamente e costantemente la «nolana filosofia»: ogni atto creati-vo, in quanto estrinsecazione pragmatica e ‘fisica’ del pensiero, non è altroinfatti che la più o meno consapevole espressione di un unico principio pro-duttivo che è l’essenza della natura e che, in quanto tale, è anche intimamen-te e profondamente radicato nell’uomo. Il pensare, così come l’agire che sem-pre lo presuppone, è quindi uno dei modi del produrre naturale che giungea far scaturire enti non solo a partire dal loro fondamento metafisico o permezzo della loro costituzione fisica, ma anche attraverso la dimensione logi-ca, ovvero come frutto ed espressione della conoscenza e del pensiero uma-ni. Ciò tuttavia è comprensibile – e filosoficamente sostenibile – solamentese si assume la condizione dell’uomo come strutturalmente parte della natu-ra, con la conseguenza che tutta l’esperienza si forma e si realizza esclusiva-mente entro la dimensione dell’ombra naturale. Questa visione, nota con ilnome di teoria delle ‘ombre delle idee’, occupa la prima parte del De umbrisidearum – fondando teoricamente la successiva arte della memoria – e collo-

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* Una versione ridotta di questo lavoro dal titolo Nel laboratorio della fantasia: Giordano Bru-no tra filosofia e arte della memoria è stata pubblicata su «Viator. Medieval and Renaissance Stu-dies», XLI, 2010, Multilingual issue, pp. 393-406.

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ca la conoscenza umana ad un livello decaduto e ontologicamente depoten-ziato rispetto al piano metafisico ed a quello naturale, poiché ogni esperien-za conoscitiva può avvenire solo ed esclusivamente a posteriori, come proces-so di indagine e comprensione dei fenomeni naturali e sulla base di percezio-ni parziali e frammentarie da parte dell’uomo: la verità prima e divina è in-fatti inaccessibilmente nascosta dietro il volto infinito della natura universa-le, che a sua volta si comunica all’uomo per gradi progressivi ed è coinvoltain una perenne mutazione, essendo anch’essa infinita in estensione e in du-rata. L’assunzione che tra la dimensione metafisica, quella naturale e quellaumana sussistano separazione e distanza (scandite secondo la suggestiva me-tafora della luce che illumina il corpo opaco proiettandone l’ombra) è un te-ma che ritorna, per lo più inalterato, lungo tutto il corso dell’esperienza in-tellettuale di Bruno; perfino nel De imaginum, signorum et idearum composi-tione – pubblicato nel 1591, quasi un decennio dopo il De umbris idearum –la sua definizione ritorna pressoché identica a quella dei primi scritti:

Ens in tria capita distributum intelligitur, metaphysicum, physicum et logicumuniversaliter dictum; ut tria sunt omnium principia, Deus, natura, atque ars; et tressunt effectus, divinus, naturalis, artificialis […]. Ideae sunt causa rerum ante res,idearum vestigia sunt ipsae res seu quae in rebus, idearum umbrae sunt ab ipsis re-bus seu post res, quae tanto minori ratione esse dicuntur quam res ipsae quae a na-turae gremio proficiscuntur, quanto res ipsae quam mens, idea atque principium ef-fectivum, supernaturale, substantificum, superessentiale.1

Il valore di verità dell’esperienza umana è dunque originariamente infi-ciato da una ‘degradazione’ e da una lontananza rispetto alla divinità che so-no condizioni fondative dell’essere umano (l’ente logico); tra i due estremi sifrappone l’intera natura che, come un grande ed infinito velo, al tempo stes-so cela completamente e manifesta a tratti indefiniti la divinità della quale es-sa stessa è effetto e di cui anche l’uomo in qualche modo, a livello sostanzia-le, partecipa. Per questo motivo l’ombra che avvolge ed ‘oscura’ la conoscen-za umana non deve essere considerata come una scettica ammissione che tut-to il sapere è negativamente circoscritto alla sfera mondana – dunque falsatodai sensi e dalla frammentarietà dell’esperienza –, ma, proprio perché l’uo-mo è inserito ‘organicamente’ in essa, la natura gli offre la feconda possibi-lità di poter attingere costruttivamente con la propria intelligenza a tutta l’il-

1 G. BRUNO, De imaginum compositione, in ID., Opere mnemotecniche, II, edizione diretta daM. CILIBERTO, a cura di M. MATTEOLI, R. STURLESE, N. TIRINNANZI, Milano 2009, p. 492.

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limitata ed articolata complessità dell’infinito. Il raccogliere ed animare inte-riormente la frammentaria ed esplicata esperienza del reale può infatti consi-derarsi il modo più significativo per far riverberare interiormente questo no-stro essere ‘dentro’ al mondo, come parte organica e costitutiva di esso, pren-dendo coscienza – intellettualmente ed anche esistenzialmente – della confor-mità e consustanzialità dell’essere umano con l’ente naturale. Dal momentoche l’ars, ovvero l’atteggiamento pratico e operativo che caratterizza e conse-gue all’elaborazione del pensiero, è l’immediato e corrispettivo esito, nel-l’ambito intellettuale, dell’azione naturale, Bruno finisce, poi, anche col so-stenerne le intrinseche finalità creative: nel pensare e nell’agire pratico la men-te dell’uomo è profondamente ed intimamente ‘magica’, perché tocca la ma-teria, dando forma ed esistenza ad enti (sia logici che materiali), e interagen-do direttamente con la realtà e arricchendola con ulteriori e molteplici possi-bilità asseconda quell’impulso produttivo infinito e multiforme che è la cifrapiù caratteristica della visione della natura di Bruno.

1. Pensare per immagini

Nel descrivere il funzionamento delle facoltà cognitive Bruno assegna al-la fantasia un ruolo centrale per la formazione ed elaborazione del pensiero,configurandola come una sorta di ‘schermo’ sul quale prendono forma le im-magini che la mente crea sia sulla base delle percezioni sensibili (come loroproiezione e rappresentazione), sia a partire da quanto è conservato in me-moria, che ritorna alla consapevolezza interiore attraverso la visualizzazionedi scene evocative. Secondo uno schema ereditato e ripreso dalla tradizionearistotelico-tomistica il sensus internus – la cui dimensione più attiva e crea-tiva è detta imaginatio – permette di far convergere nella medesima modalitàcognitiva i segni rappresentativi dei vari aspetti dell’esperienza esteriore, as-sieme alle astrazioni prodotte dalla ragione (le intentiones primae, ovvero iconcetti individuali delle cose) e alle idee elaborate dall’intelletto (le inten-tiones secundae), con lo scopo di sostenere la mente nell’opera di definizionedi quanto è oggetto di conoscenza.2 I sensi interni agiscono quindi come una

2 Cfr. TOMMASO D’AQUINO, Quaestiones de quodlibet, VIII, q. 2, a. 1 co.: «Et secundum hoc,res quae sunt extra animam tripliciter se habent ad diversas animae potentias. Ad sensus enim ex-teriores se habent sicut agentia sufficientia, quibus patientia non cooperantur, sed recipiunt tantum.[...] Sed ad imaginationem res quae sunt extra animam, comparantur ut agentia sufficientia. Actio

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sorta di ‘interfaccia’ visuale che media costantemente tra la percezione delmondo esteriore e la costruzione del suo senso e nella quale i concetti sonoconfrontati con le immagini derivate dalla realtà per determinare il valore diquanto è esperito.3 L’acquisizione della conoscenza viene pertanto considera-ta come l’esito di un processo dinamico che sfrutta a pieno la complessa arti-colazione delle facoltà interiori, unificando tutti gli impulsi, gli stimoli e leimpressioni prodotti dalle diverse fonti cognitive e trasferendoli sul comuneterreno della fantasia, conferendo appunto una forma visiva ai contenuti men-tali. I dati della conoscenza, della percezione sensibile, della memoria e per-fino le idee più astratte vengono tutti rappresentati attraverso scene vive erealistiche che sono proiettate sullo ‘schermo’ fantastico, permettendo cosìdi confrontare quanto proviene dall’esterno attraverso i cinque sensi conquanto appartiene già alla conoscenza ed è conservato nel magazzino dellamemoria: di fronte a tali immagini la facoltà della ragione (ratio) astrae l’in-tentio prima (cioè un primo contenuto concettuale ed individuale), mentrel’intelletto elabora da entrambi – dalle immagini e dal loro significato imme-diato – i concetti veri e propri (intentiones secundae); questi ultimi, per la for-za creativa della mente stessa, prendono nuovamente un aspetto concreto esensibile, ogni volta che vengono associati a figurazioni e ad affezioni emoti-ve, con lo scopo di essere oggetto di ulteriore disamina da parte delle facoltàintellettive. L’idea che i dati cognitivi siano elaborati attraverso un processobidirezionale di ‘reificazione’ e astrazione dei concetti è alla base dell’atto co-noscitivo ed è parte fondamentale e determinante dell’attività del pensiero(tanto che in più luoghi Bruno, riprendendo e forzando Aristotele, sostieneche non si può pensare senza immagini); 4 essa offre un modello di interpre-tazione dell’universo conoscitivo secondo il quale i contenuti della mente agi-

enim rei sensibilis non sistit in sensu, sed ulterius pertingit usque ad phantasiam, sive imaginatio-nem. Tamen imaginatio est patiens quod cooperatur agenti: ipsa enim imaginatio format sibi ali-quarum rerum similitudines, quas nunquam sensu percepit, ex his tamen quae sensu recipiuntur,componendo ea et dividendo […]. Non autem ad hoc quod ex seipsis sufficiant, cum sint in poten-tia intelligibilia; intellectus autem non movetur nisi ab intelligibili in actu. Unde oportet quod su-perveniat actio intellectus agentis, cuius illustratione phantasmata fiunt intelligibilia in actu, sicutillustratione lucis corporalis fiunt colores visibiles actu. […] Phantasmata autem quae a rebus exte-rioribus accipiuntur, sunt quasi agentia instrumentalia: intellectus enim possibilis comparatur adres quarum notitiam recipit, sicut patiens quod cooperatur agenti: multo enim magis potest intel-lectus formare quidditatem rei quae non cecidit sub sensu, quam imaginatio».

3 Cfr. G. BRUNO, Cantus Circaeus, in ID., Opere mnemotecniche, I, edizione diretta da M. CILI-BERTO, a cura di M. MATTEOLI, R. STURLESE, N. TIRINNANZI, Milano 2004, pp. 664-668.

4 Cfr. G. BRUNO, Explicatio triginta sigillorum, in ID., Opere mnemotecniche, II, cit., pp. 120-122: «Non est enim philosophus, nisi qui fingit et pingit, unde non temere illud: ‘intelligere est phan-tasmata speculari’ et ‘intellectus est vel phantasia vel non sine ipsa’; […] sicut enim nihil intelligi-mus sine phantasmate, ita non est quod sine phantasmate recordemur».

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scono come principio ‘formale’ per una ‘materia’ costituita dalla fantasia, dan-do vita ad enti logici e al contempo sensibili che portano alla coscienza (e con-servano in memoria) le ‘impressioni’ delle idee grazie al reciproco ed attivoriferirsi di significati e loro espressione visiva. L’arte della memoria di Brunoprende dunque le mosse da queste importanti considerazioni di carattere gno-seologico, facendo convergere ogni attività del pensiero sulle immagini e con-centrando tutta la consapevolezza intellettiva sull’uso della fantasia, intesacome spazio fisico/psichico sul quale convergono tutte le operazioni menta-li. Ciò non impedisce che – a livello di elaborazione dei contenuti del sapere– la dimensione intellettuale non possieda alcuna autonomia operativa ri-spetto ai condizionamenti psicologici ed affettivi tipici delle facoltà ‘inferio-ri’; piuttosto rimarca come ogni singolo pensiero sia il frutto di un costante ecostruttivo confronto tra l’esperienza esteriore e la dimensione concettuale,facendo incontrare i dati sensibili e i concetti astratti sull’esclusivo piano del-la proiezione fantastica, avvalendosi in maniera consapevole dello spontaneoe continuo passaggio dei contenuti alla loro manifestazione fisico-visiva e,nuovamente, alla loro traduzione in nuovi o differenti significati. Tale attitu-dine – che si fonda su innati presupposti gnoseologici, ma che, nel caso del-l’arte, acquista anche uno spiccato valore metodologico – fa sì che la sferadella conoscenza venga considerata da Bruno alla stregua di un modello vir-tuale che ricalca specularmente la natura perché essa, perennemente e su unascala che ha come estrema cornice di riferimento l’infinito, pone in atto in-numerevoli esseri riversando le forme degli enti nella materia universale e pla-smando corpi che rivelano, nell’aspetto esteriore, l’impronta essenziale cheessa ha comunicato loro.5

L’arte della memoria di Bruno riprende e reinventa le mnemotecniche tra-dizionali, ovvero quei sistemi ideati dai retori greci e latini per mandare a me-moria brevi testi e discorsi che furono poi perfezionati, in ambito religioso edurante il medioevo, con lo scopo di farne un utile sostegno retorico al ser-vizio della predicazione del vangelo e per la difesa dell’ortodossia cristiana.6

Si trattava di espedienti mnemonici basati sulla visualizzazione di raffigura-

5 Cfr. G. BRUNO, De la causa, principio et uno, in ID., Dialoghi filosofici italiani, a cura e con unsaggio introduttivo di M. CILIBERTO, Milano 2000, pp. 206-208.

6 Sull’arte della memoria si veda: P. ROSSI, Clavis universalis. Arti della memoria e logica com-binatoria da Lullo a Leibniz, Milano-Napoli 1960; F. A. YATES, The Art of Memory, Chicago 1966;C. VASOLI, Arte della memoria e predicazione, «Lettere italiane», XXXVIII, 1986, pp. 478-499; U. ECO, Mnemotecniche come semiotiche, in La cultura della memoria, a cura di L. BOLZONI e P. COR-SI, Bologna 1992, pp. 35-36; L. BOLZONI, La stanza della memoria. Modelli letterari e iconografici nel-l’età della stampa, Torino 1995; M. CARRUTHERS, The Craft of Thought. Meditation, Rhetoric, and theMaking of Images, 400-1200, Cambridge, MA 1998.

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zioni allegoriche e simboliche (le immagini) che rappresentavano le parti o iconcetti principali di quanto si desiderava mandare a memoria; queste veni-vano disposte in una sequenza visiva corrispondente all’ordine delle informa-zioni, grazie alla loro collocazione entro un percorso di ‘luoghi’ che erano ri-produzioni virtuali di spazi e contesti familiari: la diversa complessità e capa-cità di tali scenari era pertanto conseguenza della raffinatezza dei sistemi mne-monici adottati e, soprattutto, dell’ampiezza e della quantità delle nozioni daconservare in memoria. La ridefinizione da parte di Bruno di tali tecniche ini-zia, perciò, riscrivendo il nome e la funzione di questi elementi primari; le im-magini, infatti, vengono chiamate adiecta o formae, esprimendo con questitermini dall’implicito valore filosofico il loro ruolo maggiormente attivo diportatrici di un contenuto ‘essenziale’, ovvero il significato che rappresenta-no e che esse immettono nello scenario dei luoghi: «Est igitur forma in pro-posito aliquod cogitatum vel cogitabile opere phantasiae et cogitativae, adiec-tum locis […] ad aliquod repraesentandum et retinendum pro informationee perfectione memoriativae facultatis».7 I luoghi, a loro volta, vengono ribat-tezzati con il nome di subiecta, cioè sostrati, e vanno intesi come una speciedi supporto materiale e passivo che viene plasmato, cioè dotato di un senso-forma, grazie all’inserimento delle immagini mnemoniche: «Subiectum ergoin proposito […] est subiectum formarum phantasibilium, apponibilium etremobilium, vagantium et discurrentium ad libitum operantis fantasiae et co-gitativae».8 Già da queste prime due definizioni si intuisce il ruolo preminen-temente attivo delle immagini a discapito di una struttura locale volta piut-tosto ad accogliere e conferire ordine alle prime, fornendo la cornice di rife-rimento logico-contestuale alle informazioni basilari; per questo motivo un’al-tra efficace metafora, già in uso nella mnemotecnica classica e ripresa ancheda Bruno per descrivere il particolare rapporto istituito tra immagini e luo-ghi, paragona le prime alle ‘parole’ del linguaggio scritto ed i secondi alle pa-gine su cui il mnemonista compone e dispone il proprio ‘testo’: «sic fore, utordinem rerum locorum ordo conservaret, res autem ipsas rerum effigies no-taret atque ut locis pro cera, simulacris pro litteris uteremur».9 Nella rilettu-ra bruniana, tuttavia, il paragone tra le coppie parole/pagine e immagini/luo-ghi è portato alle estreme conseguenze:

Scriptura etiam habet subiectum primum chartam tanquam locum; habet su-biectum proximum minium, et habet pro forma ipsos characterum tractus. Ita et haec

7 BRUNO, Cantus Circaeus, cit., p. 692.8 Ivi, pp. 670-672.9 CICERONE, De oratore, II, LXXXVI, 354.

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ars obiective duplex admittit subiectum: primum videlicet, quod est locus, et proxi-mum, quod est appositum sive adiectum. Potentialiter etiam duplex admittit subiec-tum, memoriam videlicet atque phantasiam in genere loco unius, et speciem phanta-siabilem seu cogitabilem in genere loco alterius. Et admittit pro forma intentionemet collationem specierum existentium in uno subiecto ad species existentes in aliosubiecto.10

È dunque possibile identificare sia il sistema di tutto quanto è visualizza-to interiormente, sia – esaminando più approfonditamente – l’attitudine stes-sa del conferire una forma sensibile ad ogni contenuto mentale, con l’imma-gine di tutte le immagini, ovvero con l’insieme di quanto la mente conosce e,dunque, con la conoscenza stessa; ugualmente è subiectum primum dell’arte,cioè luogo, ‘pagina’ e sostrato universale per eccellenza, la fantasia stessa, per-ché accoglie le rappresentazioni di tutti i contenuti mentali. Tale interpreta-zione possiede importantissime valenze teoriche, che scaturiscono diretta-mente dal sistema della «nolana filosofia»: essa rivela innanzitutto – anchegrazie alla scelta di un nuovo lessico tecnico – che l’arte della memoria è coe-rente e conforme con i naturali processi conoscitivi, subordinati all’esperien-za sensibile e vincolati al filtro cognitivo della fantasia, per cui il privilegiare,come strumento metodologico e scienza del conoscere, un’arte che sia fon-data su questi particolari strumenti è dunque, secondo Bruno, il modo piùutile ed efficace per allineare tutta l’attività della mente con i naturali proces-si del pensare. In secondo luogo occorre sottolineare che, sebbene tale con-cezione affondi le proprie radici in una precisa idea del ‘ruolo’ ontologico chel’uomo gioca all’interno del contesto naturale – quale è appunto la teoria del-le ombre delle idee – essa è coerente anche con la ridefinizione della cosmo-logia bruniana: nella prospettiva infinitistica dell’universo, infatti, la natura èposta di fronte a Dio come suo somigliante effetto e speculare immagine; neriflette l’infinita luce creativa e l’assolutezza dell’essere nella perenne produ-zione e trasformazione degli enti che la costituiscono, attraverso la quale lapotenza di attuare ogni cosa possibile è estesa all’infinito e coniugata in unillimitato processo vicissitudinario.11 Quando è percepito e elaborato dall’uo-mo il volto unitario dell’impronta divina è tuttavia nascosto dietro la fram-mentaria ed eterogenea esperienza della natura e la conoscenza umana risul-

10 G. BRUNO, De umbris idearum, in ID., Opere mnemotecniche, I, cit., p. 144.11 Cfr. BRUNO, De la causa, cit., p. 213: «Il scopo e la causa finale la qual si propone l’efficien-

te, è la perfezzion dell’universo: la quale è che in diverse parti della materia tutte le forme abbianoattuale existenza: nel qual fin tanto si deletta e si compiace l’intelletto [universale], che mai si stan-ca suscitando tutte sorte di forme dalla materia».

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ta essere soltanto l’ultimo ed estremo grado di una scala naturale di trasmis-sione della verità che discende e si dissipa dall’unico e primo principio allapiù distante e incerta delle sue estrinsecazioni: «Rerum formae sunt in ideis,sunt quodammodo in se ipsis, sunt in coelo, sunt in periodo caeli, sunt in cau-sis proximis seminalibus, sunt in causis proximis efficientibus, sunt indivi-dualiter in effectu, sunt in lumine, sunt in extrinseco sensu, sunt in intrinse-co, modo suo».12 È necessario e inevitabile ripartire proprio dall’ultimo degliavamposti della verità, l’interiorità umana, per ricostruire la comprensionedel tutto e rivolgersi, grazie alla proiezione interiore e fantastica tramite laquale la natura si offre alla conoscenza, verso un primo e successivo grado dicomprensione del mondo. Attraverso la gestione consapevole e meditata del-la fantasia – soprattutto grazie alle tecniche dell’ars memoriae – si può dun-que tentare il passaggio dall’ombra della morte e dell’oscura frammentarietàdel sapere ad un’ancora parziale e offuscata luce di verità (tuttavia fondatasu solide premesse gnoseologiche), accedendo a una ‘visione’ più correttad’intendere e praticare la conoscenza.13

2. L’unità del cosmo interiore

L’affermazione con la quale si apre l’ars memoriae del De umbris idearumpostula che anche l’arte della memoria riposa – come tutta la consapevolezzaintellettuale – sotto l’ombra delle idee;14 essa è fondata sulla constatazionedella stretta dipendenza tra la centralità dell’aspetto visivo nei processi co-gnitivi naturali e l’utilizzo delle immagini e dei luoghi nelle tecniche di me-moria artificiale; tale corrispondenza porta anche ad un significativo paralle-lo istituito tra il metodo della conoscenza basato sulle immagini mnemoni-che e le dinamiche di produzione proprie del contesto naturale. A tale inno-vativa e radicale presa di posizione Bruno giunge elaborando un’arte del co-noscere che, puntualmente e nei suoi vari aspetti, cerca di riproporre sul pia-no gnoseologico i meccanismi di generazione e trasformazione degli enti na-turali: viene così ridefinita la nozione di immagine di memoria, che è consi-

12 BRUNO, De umbris idearum, cit., pp. 90-92.13 Cfr. ivi, pp. 46-48: «In orizonte quidem lucis et tenebrarum nil aliud intelligere possumus

quam umbram. Haec in orizonte boni et mali, veri et falsi. Hic est ipsum quod potest bonificari etmaleficari, falsari et veritate formari; quodque istorsum tendens ab istius, illorsum vero sub illiusumbra esse dicitur».

14 Cfr. ivi, p. 122.

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derata l’ente dell’universo fantastico il cui corpo è l’aspetto stesso della figu-razione e la cui essenza è il significato che viene associato e rispecchiato inessa; ciò è motivato reinterpretando anche la relazione tra luogo ed immagi-ne, che vengono unite e strette in un intenso vincolo di rimandi simbolici cheli rende entrambi semanticamente efficaci, costituendo l’uno la materia cheaccoglie e ‘contestualizza’ il valore principalmente espresso dall’altra (rela-zione subiectum/adiectum). Ad un livello ancora più generale della propriariflessione Bruno realizza che l’immagine per eccellenza della memoria coin-cide con l’intero sistema delle immagini (e dei significati) e, in ultima istan-za, con la capacità stessa di costruire simboli visivi, mentre il luogo di tutti iluoghi è la fantasia stessa. Proprio a partire da queste considerazioni viene ri-pensato anche il ruolo complessivo dei subiecta, che essendo letti come l’a-spetto contestuale delle immagini, vengono, in ultima istanza, assimilati adesse, condividendone il compito di dare espressione e forma ad un unico se-gno mnemonico, costituito perciò da immagini propriamente tali (rappresen-tanti il significato specifico) e da immagini di luoghi (espressione di valori piùgenerali) ed assecondando così il desiderio di Bruno di fare della propria ar-te della memoria uno strumento unitario e sistematico per organizzare tuttigli atti ed i contenuti del pensiero.15 Poiché dunque la peculiarità più signifi-cativa dell’arte bruniana impone che le immagini siano considerate come leunità semantiche alla base della ‘logica fantastica’,16 ne consegue che la ‘sin-tassi’ che regola tali elementi venga ad essere costituita proprio dalle moda-lità che si utilizzano per organizzare i luoghi:

Nobis autem cum datum est illam [artem] invenisse et perfecisse, nec locis ma-terialibus – verificatis scilicet per sensus exteriores – ultra non indiguimus, nec ordi-ni locorum memorandorum ordinem adstrinximus, sed puro phantasiae architectoinnixi, ordini rerum memorandarum locorum ordinem adligavimus.17

La prescrizione di subordinare l’ordine dei luoghi a quello delle informa-zioni mnemoniche comporta infatti che gli spazi della tradizionale mnemo-tecnica locale non riferiscano più solamente la mera successione delle imma-

15 La valenza dialettica della mnemotecnica bruniana rispecchia la diffusa istanza riformatricedel metodo che fu propria dell’Umanesimo e del Rinascimento, finalizzata al tentativo di consegui-re nuovi mezzi per produrre argomentazioni, sillogismi e discorsi in maniera alternativa e oppostaalla tradizione logica della Scolastica. Cfr. C. VASOLI, La dialettica e la retorica dell’Umanesimo. ‘In-venzione’ e ‘metodo’ nella cultura del XV e XVI secolo, Milano 1968.

16 L’espressione è coniata da Paolo Rossi nel capitolo «La logica fantastica di Giordano Bru-no», in ROSSI, Clavis universalis, cit., pp. 103-134.

17 BRUNO, De umbris idearum, cit., p. 140.

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gini, ma riproducano di fatto, sul piano visivo ed architettonico, i gradi e gliordini di scansione logica di quanto è collocato in essi:

Committe [subiecta] communia communibus; minus communia minus commu-nibus, propria propriis; proprioribus atque propriissimis propriora atque propriissi-ma. Hic habes considerandi locum quo non modo ab omni oblivionis formidineexemptus fias, verum quoque ad perfectiores effigiandi et inscribendi usus, item in ordinando et methodum methodorum inveniendo promptior atque securior effi-ciaris.18

Anche il principio per ordinare gli spazi mnemonici, così come quello chedefinisce l’aspetto dei singoli significati, è ricavato dal materiale mnestico,con l’idea che la struttura dei luoghi divenga in qualche modo ‘simbolo’ de-gli aspetti più generali delle informazioni da visualizzare. In questo modo latessitura degli spazi mnemonici dà vita ad un sistema visivo di gerarchie e diclassi che tiene conto delle diverse e rispettive partizioni logiche di quanto èmemorizzato, così che sia la configurazione, sia la disposizione delle immagi-ni corrispondano in tutto e per tutto ai valori e all’articolazione dei concetti:pertanto l’organizzazione ‘classificatoria’ dei luoghi e delle figurazioni tra-sforma l’arte della memoria in una discursiva architectura 19 in grado di di-sporre gli spazi e le immagini in modo che essi traducano, nel segno com-plesso e composito di un unico scenario interiore, il sistema di nozioni, la lo-ro scandita sequenzialità e perfino l’articolarsi prolifico del ragionamento.

Ancora una volta il piano tecnico e quello dialettico si intrecciano negliesiti pratici della rinnovata arte della memoria di Bruno, perché all’internodegli scenari mnemotecnici tutto è ormai segno di qualcosa, dando conto siadei contenuti informativi specifici, sia delle nozioni e delle idee inerenti alcontesto e alla strutturazione logica dei dati. La pregnanza metodologica diquesto nuovo modo di intendere il rapporto tra immagine e luogo diviene co-sì un’ulteriore via per reinterpretare ‘tecnicamente’ il retroterra teorico sulquale si fondano i vincoli tra enti e contesti spaziali/relazionali, non risolven-dosi essi nella sterile dialettica di contenente/contenuto, ma rifacendosi aduna continuità e connessione sostanziale che sono forme a priori e spontaneesia del pensiero, sia, in ultima analisi, della struttura stessa della materia. Gliindividui che occupano lo spazio naturale sono infatti tutti in reciproca co-municazione a motivo del comune fondamento materiale e in quanto espres-sione ed estrinsecazione ‘accidentale’ di un unico principio sostanziale:

18 Ivi, p. 154.19 Ivi, p. 122.

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Noi veggiamo che tutte le forme naturali cessano nella materia, e novamente ve-gnono nella materia […] e le forme tutte insieme non intenderle, se non come chesono disposizioni varie della materia […]. Però si son trovati di quelli che avendoben considerata la raggione delle forme naturali, come ha possuto aversi da Aristo-tele et altri simili, hanno concluso al fine, che quelle non son che accidenti e circo-stanze della materia.20

Ammettendo che la natura universale produce a partire da un punto divista esclusivamente quantitativo, risulta a questo punto indifferente stabili-re quale ente debba effettivamente essere esplicato in un determinato mo-mento, così che i piani della totalità (universo) e della complessità delle cose(sottoposto alla conoscenza umana) divergono proprio sulla qualità e parti-colarità degli esemplari prodotti:

Perché dumque le cose si cangiano, la materia particulare si forza ad altre for-me? Vi rispondo, che non è mutazione che cerca altro essere, ma altro modo di esse-re. E questa è la differenza tra l’universo e le cose de l’universo: perché quello com-prende tutto lo essere e tutti i modi di essere; di queste ciascuna ha tutto l’essere, manon tutti i modi di essere. E non può attualmente aver tutte le circostanze et acci-denti; perché molte forme sono incompossibili in medesimo soggetto.21

Mentre dunque, nella prospettiva infinitistica, ogni cosa disperde la pro-pria individualità entro l’unità più ampia ed esplicantesi della natura univer-sale, la legge di mutazione si esprime, a livello di contesti particolari, nell’e-splicare gruppi definiti e complessi di possibilità, indirizzando gli atti pro-duttivi in maniera progressiva e conforme all’equilibrio circostanziale. Ogniente o complesso di enti è infatti ‘formalmente’ predisposto per accogliere –tra tutte le infinite possibilità della materia – solamente quelle inerenti alla‘propria’ natura; questa tuttavia non è isolata e separata dall’essenza degli al-tri enti, ma, poiché trova attuale fondamento nella comune matrice dell’es-sere, la gamma delle possibilità espresse da ogni singolo individuo o conte-sto risulta vincolata – secondo vari gradi di reciproca influenza – all’equili-brio risultante dalla somma delle relazioni di tutti gli enti correlati. Al massi-mo grado questa trama coincide con la totalità dell’ente naturale (l’universo)e l’eterogeneità e la specificità dei diversi e molteplici enti si acquieta nellatotalità ed omogeneità dell’esplicazione; diversamente più il cerchio di rela-

20 BRUNO, De la causa, cit., p. 241.21 Ivi, p. 280.

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zioni tra gli enti si stringe (le cose dell’universo), fino a giungere al singoloente, e più aumenta l’energia potenziale e dinamica della trasformazione edella vicissitudine, così da risultare massimamente ‘incompleto’, nella formae nella configurazione, quel sistema o spazio locale che, per essere un qual-cosa di determinato, esclude strutturalmente tutto ciò che effettivamente nonè e che potrebbe essere. Di conseguenza maggiore è la dimensione e la ragio-ne d’essere di un individuo (ad esempio un ‘mondo’ rispetto ad un singolouomo) e più numerose e diversificate sono le forme attuate in esso, più variae complessa la sua configurazione, più ricca di possibilità esprimibili la suacondizione:

In questi dumque astri o mondi (come le vogliam dire) non altrimente si inten-dono ordinate queste parti dissimilari secondo varie e diverse complessioni […] dicorpi composti, de siti e figure, che ne gli animali son le parti dette eterogenee […].Se dumque altrimente la terra et altri mondi sono animali che questi comunementestimati, son certo animali con maggior e più eccellente raggione.22

La diversità e la varietà di possibilità espressa in ogni singolo individuo ocontesto è dunque più fortemente caratterizzata dalla sua caducità ed è fun-zione della sua complessità, estensione e durata: se sono più ‘ricchi’ d’esserequei corpi e quegli enti che sono più grandi, più compositi e più durevoli,quelli più piccoli e semplici, che danno esplicazione, di volta in volta, a me-no possibilità, risultano tuttavia più cangianti e proprio in forza di tale atti-tudine alla dissoluzione ‘creativa’ – come parte di un incessante processo ditrasformazione che vincola ogni cosa a tutte le altre – le ‘minuzzarie’, cioè leminime trasformazioni ed i dettagli, acquistano una valenza costitutivamente‘organica’ entro quel moto di vicissitudine che, sulla lunga distanza e nell’il-limitata ampiezza, coinvolge anche i macrocontesti, fino ad abbracciare e ca-ratterizzare tutto l’universo.23 Si configura, in questo modo, una nuova visio-ne della ‘gerarchia’ naturale, secondo la quale non è indice di superiorità on-tologica l’avere una natura razionale, piuttosto che una materiale; è invece se-gno di una maggiore intensità dell’essere l’esprimere in atto una più ampiagamma di possibilità, poiché la maggiore ampiezza – e la conseguente fecon-dità e pluralità degli atti estrinsecati – è segno di una più stringente identifi-cazione e prossimità dell’ente con la sostanza naturale. Ciò sancisce la supre-

22 G. BRUNO, De l’infinito, universo e mondi, in ID., Dialoghi filosofici italiani, cit., p. 389.23 Cfr. G. BRUNO, Spaccio de la bestia trionfante, in ID., Dialoghi filosofici italiani, cit., p. 530:

«non è sì grande, sì magnifico, e sì bello architetto che non conste di cose che picciole, vilissime etinformi appaiono e son giudicate».

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mazia della totalità e della complessità rispetto alla semplicità ed individua-lità delle singole cose – che acquistano senso e valore d’essere soprattutto inquesta cornice globale – e costituisce uno degli aspetti teorici più importantidella filosofia di Bruno, caratterizzando in maniera significativa l’idea di unitàdel cosmo e della materia come matrice universale dell’essere.24 In questo sen-so i singoli enti, siano essi naturali oppure – come nel caso dell’arte di Bruno– mnemonici, rivelano la propria ragione d’essere solo se colti e compresi nel-la trama delle loro relazioni, nel loro ambiente naturale o, su un’altra scala,sul terreno del loro contesto logico, poiché mostrano che tutte le cose sonovincolate tra loro sopra il fondamento comune di un’unica sostanza, comeparte organica di un gioco di rimandi e diversificazioni, una ‘trama’ che si di-pana dall’unità prima ed assoluta dell’ente universale, fino alla molteplicitàvariegata dei suoi infiniti atti di estrinsecazione:

Cum vero in rebus omnibus ordo sit atque connexio, ut inferiora mediis et me-dia superioribus succedant corporibus, composita simplicibus, simplicia simpliciori-bus uniantur, […] ut unum sit universi entis corpus, unus ordo, una gubernatio,unum principium, unus finis, unum primum, unum extraemum […].25

Nessun ente è completamente individuo senza ammettere, contempora-neamente, che esso disperda la propria identità nel complesso di relazioni ediversificazioni al quale appartiene e, viceversa, ogni realtà complessa e con-testuale è ente unitario nel momento in cui viene colta come insieme delleeterogenee possibilità espresse attraverso i singoli enti che la costituiscono.Un ulteriore modo per cogliere la specularità e la conformità dell’arte dellamemoria con quella della natura consiste dunque nello scovare l’unità so-stanziale del tutto nel valore unitario e contestuale dei luoghi, la cui struttu-razione è modellata, sia simbolicamente che visivamente, sull’intreccio checaratterizza il sussistere ed il dipendere reciproco degli enti entro il contestonaturale. Le architetture e le scenografie dell’universo della fantasia diven-gono così teatro e rappresentazione del mondo, non solo per l’intenso valoreespressivo delle immagini messe in scena (concepite per essere gli ‘enti’ delladimensione logico-fantastica), ma anche perché rendono conto, nella loro di-sposizione, dell’organico tessuto che, ad un livello più profondo, è principiocostitutivo della natura stessa.

24 Cfr. BRUNO, De la causa, cit., pp. 278-281: «Alla proporzione, similitudine, unione et iden-tità de l’infinito non più t’accosti con essere uomo che formica, una stella che uomo».

25 BRUNO, De umbris idearum, cit., p. 50.

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3. Nel laboratorio della fantasia

L’ultimo e più importante aspetto filosofico che Bruno intende esprime-re attraverso le proprie tecniche di memoria artificiale riguarda la forza pro-duttiva dell’ente universale, manifestantesi nella possibilità di generare segnimnemonici grazie alla diretta trasformazione delle immagini presenti nellamemoria. Se lo scopo di Bruno è infatti quello di rendere la propria arte unvero e proprio ‘metodo dei metodi’, cioè un complesso ed esclusivo strumen-to conoscitivo che ricalca i reali meccanismi del pensiero e, in ultima istanza,le forme e i princìpi costitutivi dell’universo, è dunque necessario che tuttigli elementi della mnemotecnica vengano a corrispondere ad ogni aspetto del-la realtà naturale. Si è visto, in precedenza, come l’immagine ed il suo signifi-cato diano vita ad un’unità semantico-simbolica la cui natura è affine a quel-la degli enti reali; anche la nuova gestione dei luoghi corrisponde ad un cri-terio di conformità con il contesto naturale e prescrive che l’articolazione de-gli spazi interiori rifletta la struttura, al tempo stesso composita ed unitaria,che lega ed unifica tutte le cose. Infine, la possibilità di trasformare i signifi-cati accolti nella memoria e crearne di ulteriori, agendo direttamente sullaconfigurazione e sull’aspetto dei segni e degli scenari mnemonici, è vista daBruno come un modo per riprodurre interiormente l’incessante generazionee trasformazione degli individui che, ad ogni livello della realtà, coinvolgetutti gli enti. In questo modo il mondo della fantasia, oltre a simulare la con-figurazione e l’organizzazione ‘statica’ della dimensione naturale, può rende-re conto anche dei processi produttivi propri del movimento vicissitudinariouniversale.

Il punto di partenza per questa rivalutazione in chiave dinamica e com-positiva dell’ars memoriae consiste nell’invenzione del subiectum adiectivum,ovvero un tipo di immagine che, pur non essendo essa stessa segno di qual-che nozione specifica, assiste il luogo nella funzione memorativa e nell’espri-mere valori e informazioni relative alle immagini:

Subiecta adiectiva vero sunt quaedam, quae locis praedictis adiici possunt, diffe-rentia a suis substantivis in hoc, quod illa perpetuo manent eadem et immobilia; haecvero, licet perpetuo inibi manere debeant atque maneant, tamen pro occasione ad-ventantium formarum atque imaginum moventur, alterantur et in varios atque diver-sos usus assumuntur, dum per ea aliquid fit vel ipsi actioni eadem inseruntur quo-quo pacto.26

26 BRUNO, Cantus Circaeus, cit., p. 682.

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Gli aggettivi dei luoghi sono figure collocate stabilmente nei contesti, mache svolgono le proprie funzioni ‘simboliche’ in relazione alle immagini mne-moniche, rafforzandone la visione e aggiungendovi altre informazioni signi-ficative, come, ad esempio, i numeri delle pagine, la posizione entro un elen-co e, in generale, tutto ciò che non si è in grado o non è facile rappresentaredirettamente né attraverso l’immagine, né con il luogo. Si pensi, ad esempio,ad un tavolo posto nel centro di una stanza nella quale c’è un un uomo cheraccoglie un’ascia dal pavimento e con essa colpisce una delle gambe del ta-volo: in questo caso l’ascia funge da ‘aggettivo’, perché connota e rafforza lavisione del tavolo (caratterizzante il luogo) e quella dell’immagine (l’uomoche colpisce), unificando la percezione di entrambe. Nella sua versione piùefficace e versatile – sintetizzata dal sigillo dell’agricoltore dell’Explicatio tri-ginta sigillorum – il subiectum adiectivum si trasforma poi in una vera e pro-pria ‘anima del luogo’, concentrando su di sé tutto il carico emotivo e la for-za visiva della rappresentazione mnemonica:

Animam ratiocinantis perpetuo unitam proprio subiecto, pro diversarum forma-rum adventantium occasione diversimode se gerentem, adque specierum quarun-cumque productionem convertibilem, longeque vivacius quam alibi institutum adiec-tivum subiectum rerum nobis subministrantem occursum, agricola appello.27

Questa modalità prescrive di inserire nella scena elementi e dettagli che,per la particolare caratterizzazione e interazione visiva, rendono il tutto an-cora più fortemente espressivo, oltre ad aggiungere ulteriori simboli con cuicompletare la costellazione di informazioni raffigurate dall’immagine e nelluogo. Tratto essenziale di questo tipo di interventi è l’animazione comples-siva e vivace delle rappresentazioni fantastiche: nessuna immagine deve maiessere statica e nessun luogo deve mostrarsi totalmente inerte e passivo difronte alla presenza dei subiecta adiectiva. L’inserimento negli scenari mne-motecnici di questo tipo di figure introduce, infatti, la possibilità di lavoraresui segni mnemonici ‘in tempo reale’, modificando l’aspetto delle immaginied esprimendo tramite esse nuovi ed ulteriori significati: ogni scena viva, per-tanto, risulta essere l’effetto dell’interazione di tutti gli elementi che la com-pongono, per cui aggiungendovi nuove parti o cambiando le modalità concui esse si relazionano viene modificato il senso finale dell’intera rappresen-tazione. I luoghi, e i percorsi ricavati al loro interno, sono perciò resi ‘mallea-bili’ con la collocazione di immagini-aggettivi, affinché sia possibile dare vita

27 BRUNO, Explicatio triginta sigillorum, cit., p. 54.

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a molte scene diverse, pur continuando ad usare le medesime immagini e glistessi spazi, ma raffigurando differenti azioni, relazioni e situazioni tra i varielementi presenti sulla scena. La sistematica trasformazione di un contestofigurativo può così arrivare a produrre una continua mutazione dei significa-ti rappresentati in esso: una galleria di stanze che rappresenta lo zodiaco – èun esempio che Bruno stesso fa attraverso un suo specifico espediente, ‘laruota del vasaio’ 28 – può dare vita a molteplici rappresentazioni sempre di-verse, se in esse si visualizzano, facendole intervenire una dopo l’altra, le va-rie immagini dei pianeti ed inscenando, ora in una stanza, ora in un’altra eper mezzo dei vari oggetti disseminati lungo il percorso, i peculiari caratterie le connotazioni ad essi relative.

Una volta compreso il criterio compositivo e ‘combinatorio’ alla base ditale atteggiamento, la funzione dei subiecta adiectiva può essere resa ancorapiù efficace, con lo scopo di accrescere ulteriormente la produzione di signi-ficati, pur partendo da un numero compiuto e limitato di segni. È il caso, adesempio, delle tecniche di memoria verborum, ovvero di quegli espedienti –che Bruno eredita dalla mnemotecnica classica – ideati per rappresentare at-traverso immagini, non cose o nozioni, ma le singole lettere dell’alfabeto e levarie parole: Giordano Bruno, in tutti i suoi scritti di arte della memoria, de-dica ampio spazio a questo tipo di sistemi, proprio perché ritiene che essi sia-no utili e propedeutici all’acquisizione di una maggiore dimestichezza nell’a-nimazione dei segni e nell’elaborazione ‘dinamica’ dei significati per mezzodelle immagini. Nello specifico si tratta di visualizzare gruppi predefiniti difigure con le quali rappresentare le lettere dell’alfabeto o le sillabe e, attra-verso l’aggregazione e l’interazione reciproca e consecutiva di tali immagini– proprio come si fa quando si scrive una parola mettendo insieme le lettereo le sillabe che la formano –, unirle nella scena che rappresenta un singolotermine. Al di là della specifica applicazione tecnica, è utile osservare comein questo atteggiamento pratico risieda il seme di un’operatività mnemotec-nica assai fertile: componendo tra loro alcune immagini o parti di immagi-ni 29 da un codice predefinito di simboli sgorga una varietà molto più ampiadi significati, così come dalle poche lettere che formano l’alfabeto nasce lacomplessità e la pluralità delle parole che formano il linguaggio e dai quat-tro elementi semplici e fondamentali della natura nasce l’infinita eterogeneitàdegli enti che la popolano. Si introduce così nell’arte delle immagini e deiluoghi un elemento di composizione e costruzione delle figurazioni mnemo-

28 Cfr. ivi, pp. 68, 140.29 Cfr. gli espedienti delle tre e cinque ‘ruote’ in BRUNO, De umbris idearum, cit., pp. 222-288.

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niche che evoca significativi aspetti combinatori e impone a chi usa l’arte diBruno di sperimentare in prima persona tutta la ricchezza espressiva del suosistema mnemonico, attraverso studiati e ripetuti atti di composizione e mol-tiplicazione delle figure: non a caso i sistemi per la memoria verborum del Deumbris sono rappresentati nel testo con tavole circolari che richiamano espli-citamente le ruote combinatorie dell’arte di Raimondo Lullo.30 Questa ‘com-binatoria fantastica’ costituisce il livello più alto e complesso della mnemo-tecnica bruniana – esposta in testi come l’Explicatio triginta sigillorum o il Deimaginum, signorum et idearum compositione – perché permette di modifica-re e produrre i significati attraverso operazioni visive compiute direttamentesulle immagini e sui luoghi mnemonici. Secondo le modalità operative pro-prie di questa più complessa versione dell’arte, gli scenari mnemotecnici di-vengono una sorta di laboratorio creativo nel quale scene ed immagini pre-definite vengono destinate al compito della ‘scrittura interiore’, ovvero per-dono l’iniziale e peculiare funzione di simboli assegnati a specifici contenuti,per divenire icone applicabili a qualsiasi informazione e adattabili alle esi-genze espressive di chiunque ne faccia uso. Valga per tutti un solo e signifi-cativo esempio, che Bruno stesso propone come archetipo di questa moda-lità e testimonianza pratica della sua messa in opera: il ventiduesimo sigillo,intitolato ‘la fonte o lo specchio’, dell’Explicatio triginta sigillorum. Con que-sto espediente Bruno mostra come sia possibile trasformare una strutturamnemonica pensata per rappresentare un determinato complesso di dati (inquesto frangente – ma, nuovamente, non è un caso visto la diretta filiazionedi tale attitudine compositiva dalla tecnica lulliana – si tratta degli elementialla base dell’ars combinatoria di Lullo) in un sistema per produrre e dare vi-ta ad altri contenuti mnemonici:

Unicam in unico scientiam subiecto contemplabar. Eius enim quot fuerant pre-cipuae partes, totidem praecipuae ordinabantur formae, quotque secundariae par-tium portiones, totidem primariis secundariae formae adnectebantur. […] Horumquidem signa per certa, determinata inque ordinem digesta loca dum praesentaren-tur, eorum significata pro nostro libito eorumque ratione meliore ad alia atque aliaconceptacula referebantur.31

30 Il rapporto tra Bruno e le fonti lulliane è stato approfonditamente analizzato da M. CAMBI

in numerosi scritti; in particolare si veda: La machina del discorso. Lullismo e retorica negli scritti la-tini di Giordano Bruno, Napoli 2002; Giordano Bruno e la tradizione lulliana: elementi, combinazionee mondi possibili, in Monadi e monadologie. Il mondo degli individui tra Bruno, Leibniz e Husserl, acura di B. M. D’IPPOLITO-A. MONTANO-F. PIRO, Soveria Mannelli 2005, pp. 41-56.

31 BRUNO, Explicatio triginta sigillorum, cit., pp. 68-70: si ricordi che nel lessico mnemotecnicobruniano il termine ‘forma’ («in una quadam formali serie») indica l’immagine mnemonica.

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La creazione di immagini a partire da altre immagini e l’espressione dinuovi significati attraverso quanto è già stato acquisito (e visualizzato) si rea-lizza per mezzo della visione di un unico edificio, formato da più stanze e piùpiani, nel quale vengono collocate le immagini degli elementi fondamentalidel sistema, in modo che i percorsi della vista interiore e gli oggetti lì disse-minati ne permettano la manipolazione. Un tale atteggiamento può quindi es-sere esteso a qualsiasi contenuto informativo, non solo strettamente lulliano:

Hinc ad inventionem faciendam, oculo uniformiter ad omnia visibilia se habentiatque successive converso unus fons, unum speculum praesentabit universa; unushabitus in una quadam formali serie complebitur, dum quodlibet subiectum per il-lam examinabitur.32

Una volta che si è stabilito il codice iniziale tramite cui connotare e raffi-gurare le singole parti dello scenario e dopo averlo arricchito di oggetti e fi-gure che facilitino l’interazione tra le immagini, è necessario modificare que-sti simboli, componendoli, aggregandoli e mettendoli in relazione con tuttigli altri, per far scaturire da essi nuove configurazioni e, pertanto, nuovi e ul-teriori significati. Così facendo, da una prima stratificazione di segni, per lapeculiare organizzazione dei luoghi e, soprattutto, grazie alla presenza di su-biecta adiectiva utilizzabili in molti modi, si può accedere a tutte le possibi-lità espressive implicite in uno specifico scenario, dando vita a nuove sceneper ogni nucleo semantico che si desideri rappresentare, portandolo in talmodo alla consapevolezza analitica e mnemonica della vista interiore.

Questo particolare aspetto figurativo costituisce, secondo Bruno, l’ulterio-re e definitivo modo per radicare profondamente la sua arte nei reali mecca-nismi di elaborazione del pensiero e, di conseguenza – poiché la struttura del-la mente è modellata su quella del contesto naturale –, anche in quelli di pro-duzione e trasformazione degli enti: «Hic locus est adducendi principii artisfigurativae, in qua illud praeaccipiendum est, quod omnia per omnia possuntfigurari: cogitatio enim naturalis virtus est, quae matris naturae facile conse-quitur, si diligentiae auribus vocem eius intimius adclamantis exhaudiat».33

Il corso mutevole che coinvolge tutti gli individui si configura come unperenne gioco di infinite trasformazioni che, in ultima analisi, riconduce alfondamento unitario del tutto: «è in volontà de la natura che ordina l’univer-so, che tutte le forme cedano a tutte. Lascio che è maggior dignità di questa

32 Ivi, p. 142.33 BRUNO, Explicatio triginta sigillorum, cit., p. 124.

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nostra sustanza, di farsi ogni cosa ricevendo tutte le forme, che ritenendoneuna sola, et essere parziale».34 L’arte della memoria permette così di coglierel’essenza della natura, non solo attraverso gli oggetti che la costituiscono (im-magini e luoghi), ma anche quando tenta di conformare le proprie operazio-ni al ritmo dei processi naturali: sebbene questi rimandino ad un sostrato in-finito ed unitario che strutturalmente non è proporzionabile con la finitezzaumana, è comunque possibile infondere nella fantasia l’impronta dell’infini-to come parte potenziale della sua operatività, ovvero rendendo lo spaziomnemonico un modello virtuale e, per certi versi, ‘sperimentale’ dell’inces-sante divenire naturale. Certamente, a motivo di una simile animazione dellefigure e degli scenari mnemotecnici, l’arte della memoria riletta in chiave bru-niana può forse sembrare uno strumento metodologico eccessivamente ri-dondante – se non controproducente – a fronte dell’istanza di dover ordina-re e classificare il sapere, semplificandone e unificandone gli esiti. Va osser-vato, tuttavia, che la maggior parte degli espedienti mnemonici di Bruno,quando non sono volti a far esercitare i propri lettori con l’animazione delleimmagini, sono intesi come mezzi proprio per portare distinzione tra i sim-boli mnemonici e, soprattutto, come mezzo per fornire visioni chiare e ordi-nate dei relativi contenuti. Come si è precedentemente e più volte sottolinea-to, nell’arte di Bruno è importante strutturare i luoghi seguendo il principioche fa corrispondere all’ampiezza dei contesti la portata logica dei contenutiin essi disposti, perché l’idea che ogni cosa sia connessa e interrelata alle al-tre è un paradigma fondamentale della praxis mnemonica, così come della«nolana filosofia»:

Si unum est ordinatum, membra ipsius alia membris aliis sunt adnexa et subor-dinata, ita ut superiora secundum verius esse subsistant, in extensam molem et mul-tiplicem numerum versus materiam se exporrigentia. […] Quem ordinem cum suisgradibus qui mente conceperit, similitudinem magni mundi contrahet aliam ab ea,quam secundum naturam habet in se ipso. Unde quasi per naturam agens, sine diffi-cultate peraget universa.35

Il caos fantastico, al pari di quello materiale, non è perciò alieno da ordi-ne e classificazione; bensì tutto ciò che unifica, collega e raccoglie le parti èconsiderato sintomo ed effetto di quell’unità di fondo che, come in natura,costituisce la matrice sostanziale di ogni cosa. Se si vuole cogliere il profon-

34 BRUNO, De la causa, cit., p. 260.35 BRUNO, De umbris idearum, cit., pp. 86-88.

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do legame tra l’arte della memoria di Bruno e la sua visione filosofica del co-smo e della natura è dunque necessario comprendere che unità e vicissitudi-ne, continuità e discontinuità degli enti, sono le opposte facce del medesimovolto – quello della natura infinita – che, proprio perché illimitata in esten-sione e durata può farsi tutta in tutte le cose e in tutti i frangenti, trasforman-dosi e mutando gli enti sulla sua superficie, affinché in essa abbiano esito edesplicazione tutte le possibili forme ed in ciò venga uguagliata quella assolu-ta coincidenza di potenza ed atto che giace al fondo della sua essenza divina.La caotica vicissitudine degli enti è pertanto tale perché è colta dal punto divista del singolo individuo, inchiodato nel divenire e nel trasformarsi di ognicosa, mentre da una prospettiva infinitistica – ontologicamente estranea odestrema rispetto all’ombra in cui l’uomo è radicato – essa non è altro che l’in-cedere regolare e perenne di quell’eterno pulsare attraverso cui la natura si per-petua e si rende infinita. Nei fatti una singola cosa, un solo ente, è solamenteun anello di una catena illimitata di eventi, mentre questa acquista tanto più‘senso’ – dal punto di vista del principio universale che anima il divenire –quanti più esemplari essa assomma: ogni individuo è quindi strutturalmentevincolato ad essa, poiché fonda la propria ragione d’esistenza in tutti gli esem-plari che l’hanno preceduto e in quelli che lo seguiranno.

Che ogni evento presente nel mondo, persino il più contingente o appa-rentemente non riconducibile alla sua fonte naturale, sia parte sostanziale diquesto eterno ed assoluto moto di trasformazione del volto della natura, Bru-no lo asserisce piuttosto esplicitamente, quando afferma che il creare, il pro-durre e il trasformare – seppure siano azioni costitutivamente diverse – sonoanaloghe manifestazioni dell’agire naturale che si manifesta su tre diversi li-velli, tutti parimenti necessari nel dare piena espressione alle possibilità im-plicite nella sostanza universale: «Cum igitur omne possibile natura praestet,sive ante naturalia, sive in naturalibus, sive per naturalia, ita intelligas a natu-ralibus omnibus actionem proficisci, ut naturam per eadem agere non igno-res».36 Sia a livello ‘metafisico’, quando l’essenza stessa detta il ritmo macro-contestuale del prodursi di ogni cosa, sia in naturalibus, ovvero con gli attistessi della generazione naturale e, infine, per naturalia, cioè attraverso la re-lazione e l’interazione delle cose così come si manifestano sulla ‘superficie’della realtà, la natura risulta essere sempre l’unico agente e causa di ogni azio-ne e accadimento. Pensare, conoscere, creare immagini ed elaborarne i signi-ficati, non meno del realizzare concretamente le cose su impulso di tali atti-vità, è un tutt’uno con il produrre stesso della natura che manifesta la pro-

36 Ivi, p. 130.

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pria azione creatrice anche a livello gnoseologico. Certo: se consideriamo lacondizione finita e transeunte dell’uomo, questa continuità non è priva di ele-menti contraddittori e divergenti, perché la conoscenza – e qualsiasi metodosi possa escogitare per dirigerla – può solo tendere a concepire e abbracciarel’intensità e la portata infinita del produrre naturale nelle sue modalità e nel-l’attitudine delle operazioni, piuttosto che negli esiti. Anche le tecniche dimemoria inventate da Bruno infatti, come tutte le altre opere umane, nonpossono che tentare di trattenere nel tempo la presenza – in questo caso subspecie phantastica – degli individui, quando il loro valore essenziale risiedeinvece, a livello naturale, proprio nel fatto che essi si dissolvono per lasciareposto all’esplicazione di altre possibilità:

Forma vero extrinseca atque figuris inventoris clavis magnae per artem duro com-mittitur lapidi vel adamanti. Item conditiones, actus et nomen memoriae et cogitati-vae obiectis perpetuanda committuntur, quae tamen natura retinere non potuisset,quandoquidem fluctuantis materiae stomachus mature omnia digerit.37

La vera e ultima funzione dell’arte della memoria non consiste tuttavianell’afferrare i dettagli ed i particolari della superficie naturale per conferiread essi, in qualche modo, un corpo duraturo e stabile, quasi la mente tentas-se con ogni mezzo di frenare l’incessante impeto produttivo naturale; risiedepiuttosto nel fatto che essa può afferrare e realizzare intimamente il princi-pio e le modalità essenziali secondo cui la natura crea e trasforma ogni cosa.Il farsi metodo dell’arte, cioè la comprensione profonda e la realizzazione si-stematica delle forme essenziali del pensare (e dell’agire) in continuità econformità con quelle del prodursi naturale, rende la memoria e la fantasiaspecchi significativi e ‘veritieri’ del mondo:

Sed unde, inquam, haec arti facultas? Inde nimirum ubi viget ingenium. Inge-nium cuius est proxime? Hominis. Hominis vero cum suis facultatibus omnibus un-de emanavit primo? A natura sane parturiente. Ergo si ab exordio intueberis […],ad naturae cultum atque recognitionem inclinator. Id sane praestabis cum vociferan-ti clamantique principio intimiusque nos illustranti animum intenderis.38

Dietro il pretesto del metodo e della memoria vi è perciò l’invenzione diun sistema per pensare e, al tempo stesso, vivere i princìpi e i modi del dive-nire infinito, un teatro del mondo virtuale e visivo che permette di sperimen-

37 Ivi, p. 128.38 Ibid.

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tare interiormente gli esiti intellettuali della nuova filosofia di Bruno. Ricon-ducendo consapevolmente e sistematicamente tutto il pensare umano ad unospazio germinativo messo a disposizione dalla natura stessa (la materia/fanta-sia) e realizzando in esso le medesime dinamiche produttive e generative (ap-plicate ai contenuti mentali e attraverso la trasformazione dei segni) che agi-scono nel processo vicissitudinario, si finisce per realizzare una proiezione in-terna e consapevole della natura, che asseconda le medesime forze attraversocui essa si attua e, soprattutto, si scopre che la dimensione logica non è piùestranea al contesto naturale, ma è parte integrale e ‘organica’ di esso.

A conclusione di questo breve percorso che ha tentato di mettere a con-fronto alcuni elementi di rilievo della filosofia, della gnoseologia e della mne-motecnica di Bruno, appare dunque evidente come l’arte ideata da GiordanoBruno, sebbene in apparenza affine e simile ad altre analoghe e contempora-nee esperienze, si proponga di offrire un metodo che, per intenti ed esiti teo-rici, oltrepassa il campo delle mere applicazioni retoriche o dialettiche, perintrodurre significative implicazioni di carattere filosofico. Di fatto è un mo-do per ribadire una visione del mondo basata, innanzitutto, sulla consapevo-lezza che tutto il sapere procede dall’esperienza sensibile della natura e si tra-duce in conoscenza solo passando per il filtro ed il vaglio cognitivo della di-mensione fantastica. Ciò è conseguenza, come si è visto, di una innovativa con-cezione dell’uomo, che vede quest’ultimo calato nel contesto naturale comeparte organica e funzionale di esso, poiché tale è l’unico orizzonte ontologicoe gnoseologico concesso alla sua condizione: non è certo una prigione di oscu-rità ed ignoranza, visto che il ‘regno dell’ombra’, in realtà, è aperto alla lumi-nosità di una comprensione progressiva e costruttiva dell’infinito, l’unico ve-ro ‘limite’ che circoscrive questa nuova idea della dimensione naturale. Co-gliere questa prospettiva – grazie al modello conoscitivo che l’arte mette a di-sposizione e che aspira a riprodurre sia l’infinita e unitaria complessità del tut-to, sia la sua incessante trasformazione – è possibilità dell’uomo e dovere delsapiente; farsi poi parte attiva e consapevole delle dinamiche naturali, com-prendere che il creare umano – in atti concreti ed intellettuali – è perpetuareper naturalia l’impulso che sostiene la natura nella sua vitalità, è infine segnodistintivo del furioso, l’uomo che si spinge ad essere tutt’uno con il principiovitale e materiale che permea ed anima, dal profondo della sua essenza, l’uni-verso. Generare e trasformare i segni della memoria significa pertanto crearecome la natura e nella natura, a contatto e in continuità con essa, e permetteall’uomo, cogliendo il più profondo messaggio della «nolana filosofia», di pro-durre ed esprimere se stesso in unione e prossimità con l’in finito.