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Matteo Nicolin – SCAGLIE DI ATTERRAGGI Matteo Nicolin SCAGLIE DI ATTERRAGGI 2015 Opera tutelata da licenza Commons CC BY 4.0

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Matteo Nicolin – SCAGLIE DI ATTERRAGGI

Matteo Nicolin

SCAGLIE DI ATTERRAGGI2015

Opera tutelata da licenza Commons CC BY 4.0

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Matteo Nicolin – SCAGLIE DI ATTERRAGGI

Tutto è un pugno di mosche se tutto di un uomo; arcate temporali si inerpicano sulle reti chedelimitano la nostra esistenza.

Come salici piangenti travestiti da vigneti, scrutiamo nell’acqua indifferente e sempre diversa loscorrere delle nostre fogliose lacrime, la nostra anima piccola al riparo di fronde dimenticate dai tronchistessi. Come principesse disilluse schiudiamo le porte della nostra torre recondita e ci abbandoniamo a unaforesta solida e spigolosa.

Un cubo gigantesco è il teatro in cui qualche regista spiritoso e un po’ sadico ha scelto di farcideclamare il nostro ridicolo incedere. Incedere composto da null’altro che ruzzoloni e balbuzie.

Ciascuna parete del cubo è coperta da specchi, che restituiscono immagini potenziali e impossibilidella triste realtà che leggiamo negli occhi del prossimo. È impossibile fuggire, nascondersi od evitare leaspirazioni impietose, che spesso ci spingono a lanciarci contro di esse, nella speranza di fonderci con loroo, perlomeno, di distruggerle, restituendo un barlume di dignità crepuscolare al nostro esistere. Fino a checi sarà uno specchio integro, rimarremo soli con questi, le scaglie rotte degli altri e il nostro sangue.Dopodiché arriverà qualcuno che userà il nostro cadavere come collante e ripristinerà l’infinito specchiarsidella nostra benevolenza comicamente mal corrisposta.

Attorno al cubo uno stormo di uccelli con pannelli solari al posto delle ali, ad assorbire finoall’ultima goccia di calore/colore, nell’asmatico intento di saperci segregati nel grigio.

Il branco spinge ad una caduca ed ilare allegria, degna dei peggiori circhi di periferia.Una volta segregati nel corallo della solitudine, ecco che la nostra inconcludenza ci assale e si scaraventa sulpoco che ancora risuona di risa.

Domani ci sveglieremo con molti propositi destinati a crollare sotto il nostro sovrappeso. E ancora.Non finiremo mai di cadere, semplicemente l’attrito con aria e ostacoli ci sfoglierà lentamente, fino a cheanche la polvere del ricordo si disperderà in un tranquillissimo niente.

I macigni che ci costituiscono sono inevitabili. Vorrei sapere però con quanta ironia ci siano statedate ali fragili e belle: forse per capire l’esistenza di sconfitte migliori di noi.

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Matteo Nicolin – SCAGLIE DI ATTERRAGGI

PASQUA

Tutto cadetutto scadenella noia di un istantedi troppo

Quando colla congelala mia bocca a sorriso

E tu speri in sovraesposizionidiurne del tramontonostro

O elettrodiincancreniti in muscolari entusiasmiche spontanei feste comandatevomitano

Mentre disseta altroveil silenzio sanguinolenti nappi.

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PRIMAVERA

È un dolce procrastinaredi dimenticanze fittiziee attese di domaniche stanchi si smussanoin ondate di ieri

Oggi boccheggiain galla effimera tragiunchi di ventotiepido e indifferenticanneti

Calore gentile che primadel vesprourlerà carne bruciata

Alla banchisa di gemmami appresto forse a volareistinti insondabili e fughe.

Bolle. Bolle in cui ed entro le quali nidifichiamo immagini infide e desiderose, invenzione della realtà a questeesterna. Talvolta gli urti contro le bolle d’altri o le vibrazioni verdognole suscitate dal contatto con le spoglie dellenostre intenzioni ci suggeriscono la drammatica discrepanza tra percezione ed accettazione. Discrepanza generata dalterrore dell’annullamento. Abbarbicati come buffi uomini vitruviani stiamo alle pareti della nostra bolla nello sforzo disorreggerne l’integrità, che poi risulta essere la nostra stessa.

Per quanto ancora sarò e saremo in grado di sopportare le collisioni tra la mia intenzione percettiva e lavostra?

Sulla superficie interna della mia bolla intuisco profili montuosi, che mi riparano dalle vostre vetrine rosse e tristi. Tale protezione è molto spessa, per cui mi risulta difficile oltrepassarla anche volendo. È una bolla pericolosa, lamia, giacché in procinto di decapitare l’emotività e strappare il cuore alla mente.

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Matteo Nicolin – SCAGLIE DI ATTERRAGGI

ADULTI

Come bolle diconsapevolezza

Lentamente

Emergiamo dal sognoalle carezze parche e patriarcalidi distrazioni aeree...

...Esplodiamo!

Improvvisi specchi inesattimolecole intirizzitescaglie di atterraggi

Fluidi ammaccati e dimentichisogni vitali lungo vetrisottili di bolla.

Sono afflitto da un senso di pesantezza, che rallenta i miei movimenti. Come se avessi un guscio viscosoattorno alle mie intenzioni.

Molto più semplice rimirare i flussi dei miei passati sul guscio, che mi uccidono di claustrofobica nostalgia,assai più complicato è trivellare il rifugio-gabbia e prendere seriamente iniziativa.

Dilaniato da dubbi, la paura mi condanna alle ricorrenze che si celano dietro le palpebre.No, non riesco a definire. Sono una distesa di scaglie e frammenti tra cui in questo momento la mia

vita si avventura. I bordi taglienti delle schegge la feriscono, impedendole, impedendomi, impedendoci diproseguire.

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Matteo Nicolin – SCAGLIE DI ATTERRAGGI

Cosmi di paroleidee teorieselve di occhialiincrinati in categoriciintenti

Chi detiene trova forzadi filosofarechi soffre ha la forzadi sorridere

Inadeguatocome al solito comesemprenel portare a terminenel mantenereroveti di promesse

Instabiledi un’instabilità stancantelogora e conosciuta chestriscia per terra graffiando

Le ombresotto cui riposaun me stesso dimenticoo dimenticato.

Le ombre proiettate sui miei schermi solitari ti vedono inadatta ai gran gala, fuori luogo al carnevalesociale, ma così vera…

Forse ci assomigliamo, forse no. Ma tu sei nel mio cuore, anche se ignoro se per legame o cancrena.Una ruggine dalla quale non voglio liberarmi. Spero che un giorno ci rivedremo, ci riabbracceremo, spero di poterti parlare, spero che non stiamo

facendo un errore nel tagliarci fuori dalle nostre reciproche vite. Spero di non essere io il primoresponsabile di tale errore per qualche beffarda mancanza di coraggio.

Perché tutto il resto, se comparato a questo, appare così inferiore, così limitato e limitante…Se solo potessimo salvarci dal superfluo attraverso la comunione di qualche tempo unificato…

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Matteo Nicolin – SCAGLIE DI ATTERRAGGI

ESPATRIATI

Raggruppati in plotonidi solitudine.

EPIGRAFEIn memoria di Cyriel de Clippel (1995-2015)

Cyriel.Mansuetudine e irrequietezza coniugati nello stesso paio di occhi. Ora, che dal Conservatorio sono

tornato a casa, afferro gli ultimi brandelli di coinvolgimento e li strattono costretti su queste pagine, primache le odiate anestesie mi rendano nuovamente dimentico.

Il mio maestro di composizione Wim, mi ha dato oggi la notizia che sei sparito, lasciando solo unanota in cui pregavi il lettore di “non sentirsi in colpa” (nel frattempo, echi dal vicino Belgio parlano di unsuicida che si è lanciato ieri – ieri? - sotto un treno in corsa: tu sei belga e, per giunta, vieni proprio da quellazona).

Altri compagni mi suggeriscono una delusione amorosa, la tua prima avventura, stroncata sulnascere, con una ragazza.

Sei sparito, Cyriel, prima ancora che fossi in grado di scorgerti. Una stella cadente di creativaunicità, che trasuda sorrisi di cosciente inadeguatezza. Non voglio presumere troppo, ma forse sei anche tustato schiacciato dal fardello di inesistente che il nostro mondo ci accatasta sulle spalle quotidianamente.Non tutti abbiamo la fortuna (ché di fortuna si tratta) di disporre di generosi bastoni che ci aiutino nellaclaudicante avanzata, oppressi da tale peso.

Forse avrei fatto musica, con te. Forse, un po’ ti capisco.Non credo che nulla di tutto ciò importi, ormai. La tanto odiosa quanto vitale tendenza al procedere

come priorità assoluta ti vorrà principe di lacrime e parole per qualche giorno, fino a che le bocchericominceranno a masticare e tu sarai deglutito dalla provvida dimenticanza. Non so se tutto questo midispiaccia, ma mi fa male.

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Matteo Nicolin – SCAGLIE DI ATTERRAGGI

CONFESSIONE

Una penna bloccata come parole nella gola riarsa da calure non volute. Chiudo le palpebre e i profiliinfuocati delle Piccole Dolomiti mi si stagliano innanzi. Mi addolora sapere che i miei familiari si trovano a50 chilometri da queste mentre io sono dall’altra parte d’Europa. A volte mi risulta semplice chiudere ilcuore e seguire l’inerzia della mia ennesima scelta-condanna, che tanto avventatamente presi due anni orsono e che ora grava assieme a molti dubbi sulle mie spalle.

In un mondo che cambia per colpa degli uomini, mi accompagno ai colpevoli e piango le vittimenella solitudine stagnante del bilocale in cui con estrema fatica spingo in avanti la lancetta dei secondi diquesto straziante conto alla rovescia.

È un gioco al massacro, una questione di tempo: non potrò resistere per sempre in questecondizioni, che mi assottigliano l’animo.

I rumori di una città insonne accecano i sogni di guglie e vette, l’energia costretta all’interno del miocorpo si incancrenisce e mi costringe ad una stasi malata e triste.

Tutto quel che è fuori dal mio microcosmo mi riempie di disagio e dolore, perché così lontano -geograficamente e nell’essenza - da ciò che di più necessito.

Trascorro le mie giornate in un’inedia paurosa e incapace, salvo alcuni sprazzi di vita, sbocciati daquei semi fecondi che nei tempi felici scivolarono nelle mie tasche, allora altro non faccio che riempire il miovuoto con racconti di pienezza.

Il mondo degli umani mi appare di troppo, cancerogeno e sbagliato…Lontano da casa mia, condivido il vuoto con la mia sola presenza e il timore degli altri. Quanta

insicurezza mi assale in questa ora tarda, buia e falsamente illuminata da artificiosi bulbi, forse cruciale oforse scioccamente superflua.

Quando la scusa del proposito si indebolisce, l’incedere mi risulta pressoché impossibile.

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