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Tesi di laurea triennale in Fisica Matrici random e legge del semicerchio Relatore: Prof. Luca Molinari TESI DI LAUREA DI: Marco Saltini Matricola 724832 Codice P.A.C.S.: 02.10.Yn Anno Accademico 2010/2011

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Tesi di laurea triennale in Fisica

Matrici randome legge del semicerchio

Relatore: Prof. Luca Molinari

TESI DI LAUREA DI:Marco SaltiniMatricola 724832Codice P.A.C.S.: 02.10.Yn

Anno Accademico 2010/2011

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Indice

1 Introduzione 21.1 Matrici random nella fisica nucleare . . . . . . . . . . . . . . 31.2 Spaziatura dei livelli e Wigner Surmise . . . . . . . . . . . . . 4

2 Densita di probabilita congiunta 82.1 Densita di probabilita congiunta per gli elementi di matrice . 92.2 Densita di probabilita congiunta per gli autovalori . . . . . . 102.3 Analogia con il gas di Coulomb . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

3 Legge del semicerchio 153.1 Metodo del punto di sella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153.2 Metodo dei polinomi ortogonali . . . . . . . . . . . . . . . . . 193.3 Metodo del calcolo supersimmetrico . . . . . . . . . . . . . . 23

Conclusioni 31

Bibliografia 34

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Capitolo 1

Introduzione

Le matrici random, ossia matrici i cui elementi sono variabili random, sonocomparse per la prima volta negli scritti di matematica statistica negli an-ni ’30, ma il loro studio intensivo e cominciato attorno agli anni ’50, perspiegare il comportamento statistico delle risonanze neutroniche nella fisicanucleare. Questo studio intensivo e stato iniziato da Wigner, per l’analisi e lacomprensione degli spettri nucleari, e da quel momento in poi si e sviluppatoanche in altre branche della fisica, come per esempio nello studio del chaosquantistico o in generale dei sistemi ergodici, ma anche in altre branche del-la matematica, quale per esempio lo studio degli zeri della funzione zeta diRiemann. Wigner, nel suo lavoro On the distribution of the roots of certainsymmetric matrices [14], presento la sua idea che un’hamiltoniana di un sis-tema complesso e a molti corpi, come poteva essere il nucleo di certi atomi,avesse delle proprieta statistiche analoghe a quelle delle matrici random digrandi dimensioni.

Il contributo maggiore per lo studio delle matrici random sotto l’aspet-to formale, e stato dato dal matematico indiano Mehta, quando nel 1967pubblico la prima edizione del suo volume Random matrices and the statis-tical theory of energy levels [11], in cui raccolse tutti i risultati fino a quelmomento raggiunti, aggregandoli tra di loro e presentandoli in un unico vol-ume, quando questi risultati, prima di quel momento, si trovavano sparsi edisgregati nella letteratura scientifica.

In questo elaborato verra presentata inizialmente la teoria delle matricirandom (RMT) e la motivazione fisica di tale studio, partendo dai risultatifondamentali riguardanti la fisica nucleare e la spaziatura dei livelli energeti-ci nucleari. Quindi ci si restringera allo studio di una certa classe di matricirandom, ossia le matrici random hermitiane con gli elementi che seguonouna legge di distribuzione gaussiana: saranno presentate le funzioni densitadi probabilita congiunta sia per questi elementi di matrice, sia per gli auto-valori della matrice stessa. Infine, e questo e il punto focale dell’elaborato,si derivera, sempre per le matrici hermitiane, la legge del semicerchio di

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Wigner, che afferma che avendo una matrice N ×N , nel limite di N grande,la distribuzione media della densita degli autovalori tende ad assumere laforma di un semicerchio. Questa legge verra derivata attraverso tre diversimetodi, che saranno confrontati tra di loro, ossia attraverso il metodo delpunto di sella, il metodo dei polinomi ortogonali, e il metodo del calcolosupersimmetrico.

1.1 Matrici random nella fisica nucleare

Gli esperimenti di scattering neutronico effettuati sui nuclei atomici comebersagli, negli anni ’30, ebbero il risultato di mostrare come i nuclei stessifossero sistemi complessi. In particolare, l’ampiezza dei picchi della sezioned’urto e la loro posizione su una scala di energia, mostrarono quanto ilmodello a particelle indipendenti, per quanto molto accurato per descrivereil ground state e i livelli poco eccitati, fosse del tutto inaccurato a descriverei livelli maggiormente eccitati dei nuclei stessi. Infatti, con l’aumentaredell’energia di eccitazione, molti dei nucleoni costituenti il nucleo vengonoespulsi dal nucleo stesso, e descrivere le loro complicate interazioni per mezzodi un potenziale medio, non e una buona approssimazione. Analogamente,cercare di descrivere il comportamente individuale di ogni singolo nucleonerisulta troppo complicato, mentre cercare di descrivere il comportamentomedio dei nucleoni per mezzo di un modello statistico e sicuramente piuutile e piu facile.

Uno dei punti di maggior importanza nello studio delle reazioni nucleari,e certamente lo studio dei comportamenti statistici dei vari livelli energeti-ci. E risaputo che i livelli energetici di un sistema siano governati da unoperatore hermitiano H, chiamato hamiltoniana. Sapendo risolvere quindil’equazione agli autovalori

H |n〉 = En |n〉 ,

ogni informazione sul sistema puo essere facilmente raggiunta. Purtroppo,nel caso del nucleo, le difficolta sorgono per il fatto che l’hamiltoniana delsistema non e nota, e se anche lo fosse, sarebbe parecchio complicato risolverela relativa equazione agli autovalori. La scelta piu ragionevole, consistequindi nel porre ipotesi statistiche sull’hamiltoniana. Rappresentandola informa matriciale, si puo pensare che i suoi elementi siano variabili random,che seguono una certa legge di distribuzione. Il punto focale riguarda quindila determinazione del comportamento dei suoi autovalori.1

1Wigner fu il primo a ipotizzare che il comportamento statistico dei livelli ener-getici fosse identico a quello degli autovalori di una matrice random, con opportunecaratteristiche.

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1.2 Spaziatura dei livelli e Wigner Surmise

Si consideri un piccolo intervallo di energia δE e centrato nel livello E, taleche

E � δE � D,

dove D e la distanza media tra due livelli consecutivi, cosa si puo dire delladistribuzione dei livelli energetici all’interno di questo intervallo δE?

Figura 1.1: Alcune sequenze di livelli. Da sinistra a destra: i) livelli casualisenza correlazioni, serie di Poisson; ii) sequenza di numeri primi; iii) livellidelle risonanze neutroniche dell’erbio 166; iv) livelli energetici di una bigliache si muove all’interno del biliardo di Sinai; v) zeri della funzione Zeta diRiemann sulla retta Rez = 1/2; vi) sequenza di livelli equispaziati [1].

Per quanto riguarda la fisica nucleare, sperimentalmente si trova che nu-clei diversi hanno densita dei livelli molto diverse tra di loro, analogamente aquanto mostrato nella fig.1.1, in cui le distribuzioni dei livelli dei sei oggettiin esame sono nettamente diverse tra di loro, ma le fluttuazioni della po-sizione precisa di un determinato livello, non sembrano dipendere dal nucleoconsiderato, o dall’energia di eccitazione, ma seguono proprieta statistichecomuni.

Per lo studio delle proprieta statistiche che seguono questi livelli, siconsiderino i livelli

E1 ≤ E2 ≤ . . .

contenuti nell’intervallo δE. Se ora Si = Ei+1−Ei e la distanza tra due livelliconsecutivi, si ha che il valore medio di questa distanza coincide ovviamente

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con D. Definendo quindi la spaziatura relativa si come

si :=SiD,

puo essere introdotta la densita di probabilita p(s), definita dalla condizioneche p(s)ds sia la probabilita che un si assuma un valore compreso tra s es+ ds (e che quindi un livello energetico si trovi in tale intervallo).

Nel caso in cui le posizioni dei livelli energetici (e quindi gli autovaloridell’hamiltoniana considerata) non siano correllate tra di loro, per calcolarequesta probabilita per un intervallo s, si suddivida l’intervallo stesso in nsottointervalli di lunghezza s/n. La probabilita assumera la forma

p(s)ds = limN→+∞

(1− s

N

)Nds,

da cuip(s)ds = e−sds. (1.1)

La distribuzione (1.1) prende il nome di distribuzione di Poisson (fig.1.2).

Figura 1.2: In ascissa e riportata la distribuzione di probabilita p(s), e inordinata la spaziatura s. Si puo notare come la distribuzione di Poissonnon sia quella seguita dagli autovalori di una matrice simmetrica a valorireali (GOE), ne approssimi bene l’istogramma, che rappresenta un grandeinsieme di livelli energetici, di 27 nuclei differenti [2].

Empiricamente, pero, si noto quanto questa distribuzione di probabilitanon fosse quella seguita dai livelli energetici nucleari a fissati spin e parita,cosı come questa distribuzione differiva da quella degli autovalori di matricirandom hermitiane a valori reali (cf. fig.1.2). Invece, si osservo come la dis-tribuzione di probabilita degli autovalori di tali matrici ben approssimasse

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quella dei livelli energetici nucleari; analogamente, fu osservato che molti al-tri sistemi fisici seguivano tale distribuzione di probabilita, come ad esempioil biliardo di Sinai, o un atomo di idrogeno immerso in un intenso campomagnetico. Oltre a questi sistemi fisici, ce ne sono molti altri che seguonouna distribuzione di probabilita ben approssimabile a quella degli autovaloridi una matrice hermitiana a valori reali, lasciando ipotizzare una sorta diuniversalita della distribuzione dei livelli energetici dei sistemi complessi enon integrabili.

Wigner propose quindi la seguente distribuzione di probabilita, per unasequenza di livelli energetici a fissati spin e parita:

p(s) =πs

2exp

(−π

4s2). (1.2)

Questa distribuzione di probabilita prende il nome di Wigner Surmise (fig.1.3).

Figura 1.3: In ascissa e riportata la distribuzione di probabilita p(s), ein ordinata la spaziatura s. La linea tratteggiata rappresenta la WignerSurmise (1.2), mentre la linea continua rappresenta la distribuzione degliautovalori di una matrice simmetrica a valori reali [7].

Questa distribuzione, valida per matrici hermitiane invarianti sotto trasfor-mazioni ortogonali, puo essere generalizzata anche al caso di matrici invari-

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anti sotto trasformazioni unitarie o simplettiche [13]:

p(s) =

πs2 exp

(−π

4 s2)

32s2

π2 exp(− 4πs

2)

218s4

36π3 exp(− 64

9πs2)

(1.3)

rispettivamente (cf. fig.1.4).

Figura 1.4: Wigner Surmise per matrici invarianti sotto strasformazioneortogonale (linea continua), unitaria (linea tratteggiata) e simplettica (lineapunteggiata) [9].

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Capitolo 2

Densita di probabilitacongiunta

Se gli elementi di matrice di una matrice random hermitiana sono variabilirandom che seguono una legge di distribuzione gaussiana, allora questa ma-trice appartiene a un insieme cosiddetto gaussiano. Le matrici hermitiane,in particolare si dividono in diversi sottoinsiemi, a seconda che i loro ele-menti siano reali, complessi o quaternioni reali, e che quindi siano invariantirispetto a una coniugazione ortogonale, unitaria o simplettica; queste matriciappartengono rispettivamente all’insieme ortogonale gaussiano (GOE), al-l’insieme unitario gaussiano (GUE), all’insieme simplettico gaussiano (GSE).In questo elaborato, saranno trattate esclusivamente le matrici random her-mitiane i cui elementi sono complessi, e che quindi apparterrano all’insiemedelle matrici invarianti sotto coniugazione unitaria, per le quali, a differen-za del caso ortogonale, non c’e invarianza sotto inversione temporale (unamatrice di questo tipo potrebbe essere l’hamiltoniana di un elettrone in uncampo magnetico esterno).

Quando si parla di matrici random con elementi complessi, si intende cheogni elemento di matrice sia composto da una variabile random a formarela parte reale e una variabile random a formare la parte immaginaria, cioe

Hjk = xjk + iyjk,

con xjk e yjk variabili random. Ovviamente, la richiesta che H sia her-mitiana, implica che Hjk = H∗kj , dove l’asterisco indica l’operazione diconiugazione complessa.

In questo capitolo, quindi, dopo aver definito l’insieme a cui apparten-gono le matrici hermitiane con elementi complessi, si mostrera come si ot-tiene la densita di probabilita congiunta per gli autovalori di una di questematrici, ossia la probabilita che gli autovalori di questa stessa matrice as-sumano ognuno un fissato valore, partendo dalla densita di probabilita con-

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giunta degli elementi di matrice. Sara infine mostrata l’analogia tra questadensita di probabilita e il fattore di Boltzmann per un gas di Coulomb.

2.1 Densita di probabilita congiunta per gli ele-menti di matrice

L’insieme unitario gaussiano (GUE) e definito nello spazio delle matricihermitiane dalle seguenti proprieta.

1. La probabilita P (H)dH che un sistema di GUE appartenga all’ele-mento di volume

dH =∏i≤j

dHRij

∏i<j

dHIij , (2.1)

dove HRij = Re(Hij) e HI

ij = Im(Hij), e invariante sotto la trasfor-mazione

H → U−1HU

dove U e una matrice unitaria.

Questo significa che se H ′ = U−1HU, allora

P (H ′)dH ′ = P (H)dH.

2. Le componenti di H linearmente indipendenti sono anche statistica-mente indipendenti. Cio equivale a richiedere che P (H) possa esserescritta come prodotto di funzioni di una sola variabile

P (H) =∏i≤j

fRij (HRij )∏i<j

f Iij(HIij) (2.2)

Queste due proprieta che definiscono GUE, fissano univocamente la for-ma funzionale di P (H) (chiamata densita di probabilita congiunta per glielementi di matrice).

Sfruttando queste due proprieta si puo quindi dimostrare [12] che ladensita di probabilita congiunta P (H), per gli elementi di matrice di unamatrice H appartenente a GUE possa essere scritta come

P (H) = exp(−a tr H2 + b tr H + c), (2.3)

con a, b, c reali, e a positivo.

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2.2 Densita di probabilita congiunta per gli auto-valori

Ma cio che piu e importante nello studio del formalismo che sta alla basedella teoria delle matrici random, e il capire quale sia la forma della densitadi probabilita congiunta per gli autovalori di una matrice H appartenentea GUE, ossia la probabilita che ognuno dei suoi autovalori assuma un de-terminato valore. Quindi, di seguito, sara derivata appunto la densita diprobabilita congiunta per gli autovalori, attraverso il seguente teorema.

Teorema 1. La densita di probabilita congiunta per gli autovalori di unamatrice appartenente a GUE e data da:

PN (λ1, . . . , λN ) = CN exp

(−

N∑i=1

λ2i

)∏i<j

(λi − λj)2, (2.4)

con CN = cost. che soddisfa la condizione di normalizzazione∫ +∞

−∞· · ·∫ +∞

−∞dλ1 · · · dλNPN (λ1, . . . , λN ) = 1. (2.5)

Dimostrazione. Data una matrice H appartenente a GUE, consideriamo isuoi N autovalori λ1, . . . , λN , e altre variabili tra loro indipendenti pµ, cheformano, insieme ai λi, un insieme completo di parametri indipendenti, chedeterminano tutti gli elementi Hij della matrice H. Visto che H e hermitiana,servono l = N(N − 1) elementi pµ diversi per determinare tutti gli Hij .Sapendo inoltre che

tr H2 =N∑i=1

λ2i ,

e

tr H =N∑i=1

λi,

si ha che

P (λ1, . . . , λN , p1, . . . , pl)N∏i=1

dλi

l∏µ=1

pµ =CN exp

(−a

N∑i=1

λ2i + bN∑i=1

λi + c

)

× |Jac (λ, p)|N∏i=1

dλi

l∏µ=1

pµ,

(2.6)

con

Jac (λ, p) =∂(H11, . . . ,HNN , H

R12, H

I12, H

RN−1,N , H

IN−1,N )

∂(λ1, . . . , λN , p1, . . . , pl). (2.7)

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Considero ora H ′ come

H ′ = diag (λ1, . . . , λN ), (2.8)

e data quindi la matrice unitaria U tale che

H = UH ′U † = UH ′U−1, (2.9)

si ha che∂U †

∂pµU = −U † ∂U

∂pµ≡ Sµ. (2.10)

Da questa relazione si osserva facilmente che Sµ e una matrice antisimmet-rica, infatti i due termini di questa equazione sono uno meno l’aggiuntodell’altro. Inoltre vale la relazione

∂H

∂pµ=∂U

∂pµH ′U † + UH ′

∂U †

∂pµ, (2.11)

da cui

U †∂H

∂pµU = SµH

′ −H ′Sµ = [Sµ, H′]. (2.12)

Riscrivendo (2.12) in termini di componenti∑ij

∂Hij

∂pµU∗iαUjβ = (Sµ)αβ(λβ − λα), (2.13)

e analogamente ∑ij

∂Hij

∂λkU∗iαUjβ =

∂H ′

∂λk= δαβδαk. (2.14)

Quindi, definendo M come

M ≡

∂SR12∂p1

(λ2 − λ1) · · · ∂SR12∂pl

(λ2 − λ1)∂SI12∂p1

(λ2 − λ1) · · · ∂SI12∂pl

(λ2 − λ1)· · · · · · · · ·

∂SRN−1,N

∂p1(λN − λN−1) · · ·

∂SRN−1,N

∂pl(λN − λN−1)

∂SIN−1,N

∂p1(λN − λN−1) · · ·

∂SIN−1,N

∂pl(λN − λN−1)

. (2.15)

dall’equazione (2.7) si ottiene

|Jac (λ, p)| = det

(IN 00 M

)

= det

∂SR12∂p1

· · · ∂SR12∂pl

∂SI12∂p1

· · · ∂SI12∂pl

· · · · · · · · ·∂SRN−1,N

∂p1· · · ∂SRN−1,N

∂pl∂SIN−1,N

∂p1· · · ∂SIN−1,N

∂pl

∏i<j

(λi − λj)2(2.16)

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dove IN e la matrice identita N × N . Inserendo quindi l’equazione (2.16)nella (2.6), si ottiene

P (λ1, . . . , λN , p1, . . . , pl)N∏i=1

dλi

l∏µ=1

= C exp

(−a

N∑i=1

λ2i + b

N∑i=1

λi + c

)∏i<j

(λi − λj)2f(p1, . . . , pl)

N∏i=1

dλi

l∏µ=1

pµ,

(2.17)

dove f(p1, . . . , pl) e una funzione delle sole pµ.L’integrazione sui parametri pµ, altera esclusivamente la costante di nor-

malizzazione, e puo quindi venire inglobata nella stessa [6]. La densita diprobabilita congiunta per gli elementi di matrice diventa quindi

P (λ1, . . . , λN ) = C exp

(−a

N∑i=1

λ2i + bN∑i=1

λi + c

)∏i<j

(λi − λj)2, (2.18)

che, con una traslazione λ→ λ+cost., e un opportuno riscalamento, assumela forma

P (λ1, . . . , λN ) = C exp

(−

N∑i=1

λ2i

)∏i<j

(λi − λj)2,

che e la (2.4).

Si noti come il riscalamento effettuato per passare dall’equazione (2.18)all’equazione (2.4) ha l’effetto di fissare la varianza degli elementi di matricea σ2 = 1

2 .Volendo generalizzare questo risultato anche per le matrici di GOE e di

GSE, si mostra [12] che il risultato appena raggiunto puo essere riscrittonella forma

PNβ(λ1, . . . , λN ) = CNβ exp

(−β

2

N∑i=1

λ2i

)∏i<j

|λi − λj |β, (2.19)

dove β assume i valori 1, 2 o 4 a seconda che la matrice considerata ap-partenga a GOE, GUE o GSE rispettivamente.

La costante di normalizzazione CNβ , imposta dalla condizione (2.5),assume il valore [12]

CNβ =(2π)N/2

βN/2+βN(N−1)/4 (Γ(1 + β/2))−NN∏i=1

Γ(1 + iβ/2). (2.20)

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2.3 Analogia con il gas di Coulomb

Osservando l’equazione (2.19), l’analogia con il gas di Coulomb balza subitoall’occhio. La densita di probabilita congiunta per gli autovalori non e nien-t’altro che il fattore di Boltzmann per un gas di Coulomb per tre valoriparticolari dell’inverso della temperatura β. In particolare, se si consideraun sistema di N particelle a una temperatura T , con un’energia potenzialedel sistema

W (~r1, . . . ~rN ) ,

la probabilita che queste particelle si trovino in ~r1, . . . , ~rN e data da

p(~r1, . . . , ~rN ) =1

Ze−βW (~r1,...~rN ), (2.21)

dove il termine e−βW (~r1,...~rN ) e il fattore di Boltzmann per il sistema dato, eZ e la funzione di partizione definita da

Z :=

∫· · ·∫d~r1 · · · d~rNe−βW (~r1,...~rN ), (2.22)

con gli integrali che sono estesi alla regione di spazio in cui si trovano le Nparticelle.

Si nota quindi che, se si e in presenza di un’energia potenziale del tipo

W (~r1, . . . , ~rN ) =1

2

N∑i=1

|~ri|2 −∑i<j

ln |~ri − ~rj |, (2.23)

le equazioni (2.19) e (2.21) coincidono. Le particelle con un’energia poten-ziale di questo tipo possono essere pensate come distribuzioni lineari di car-ica, che incontrano perpendicolarmente il piano in cui si muovono. Allorasi puo facilmente mostrare, risolvendo un banale problema di elettrostatica,come il modulo del campo elettrico generato da una particella in posizione~ri, nella posizione di una seconda particella in ~rj sia proporzionale all’inversodel modulo della distanza tra le due particelle:

Eij(|~ri − ~rj |) ∝1

|~ri − ~rj |,

che quindi sotto integrazione porta a un potenziale nel punto ~rj (generatodalla particella in ~ri) della forma

Vij ∝ − ln |~ri − ~rj |,

che dara luogo a un potenziale totale

V ∝ −∑i<j

ln |~ri − ~rj |,

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che motiva il secondo termine dell’energia (2.23). Il primo termine del-la medesima equazione puo essere motivato, pensando che il gas si muovaall’interno di un potenziale armonico.

Da questa analogia, si puo osservare come gli autovalori di una matricerandom appartenente a uno degli insiemi gaussiani, si comportino esatta-mente come se fossero delle particelle cariche che si respingono tra di lorocon una forza proporzionale all’inverso della distanza tra loro.1 Una sec-onda conseguenza di questa analogia, e il fatto che alcune grandezze ter-modinamiche quali l’entropia, l’energia libera o il calore specifico del gasdi Coulomb, possano essere studiate nello stesso identico modo per la seriedegli autovalori della matrice in considerazione.

1Tale comportamento poteva essere intuito gia osservando la fig.1.2. La figura mostrainfatti una mancanza di autovalori a piccole distanze, come se gli autovalori stessi sirespingessero tra di loro.

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Capitolo 3

Legge del semicerchio

La legge del semicerchio di Wigner afferma che se si e in presenza di unamatrice N×N , la distribuzione degli autovalori della matrice stessa, definitacome

ρ(λ) :=1

N

N∑i=1

δ(λ− λi), (3.1)

dove δ e la delta di Dirac, nel limite di N grande, tende in media ad assumerela forma di un semicerchio, e in particolare:

ρ(λ) =1

πN

√2N − λ2. (3.2)

In questo capitolo, verranno presentati tre metodi diversi per arrivarealla legge del semicerchio; in particolare verra studiato il metodo del puntodi sella, il metodo dei polinomi ortogonali, e il metodo del calcolo supersim-metrico.

3.1 Metodo del punto di sella

Il metodo del punto di sella e forse il piu elegante tra i tre metodi cheverranno proposti per arrivare alla legge del semicerchio. Questo metodoviene chiamato cosı in quanto si sfruttera, per un’energia potenziale W data,l’equazione di punto sellaW ′(x) = 0, che portera a un’equazione differenzialedi ordine due per un polinomio g(x) che nel limite di N grande sara ridottaa un’equazione algebrica quadratica per una funzione di Green G(z), la cuisoluzione e il semicerchio.

In particolare, si considerera un gas di particelle cariche interagenti, cheinteragiscono tramite la forza di Coulomb. La densita di probabilita con-giunta degli autovalori, ovvero la densita di probabilita che queste particellesi trovino ognuna a una fissata posizione, puo essere scritta come il fat-tore di Boltzmann per il gas stesso. La densita di questo gas di Coulomb,

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all’equilibrio, e tale per cui l’energia potenziale sia minima, e la sua den-sita corrisponde alla densita degli autovalori dell’insieme gaussiano di cui faparte l’hamiltoniana del gas stesso.

Si consideri quindi un sistema di N particelle cariche, con posizioneλ1, . . . , λN , libere di muoversi ognuna su una linea retta infinita, quindi−∞ < λi < +∞. Supponiamo che l’energia potenziale del sistema valga

W (λ1, . . . , λN ) =1

2

N∑i=1

λ2i −∑i<j

ln |λi − λj |, (3.3)

dove il primo termine di W rappresenta il potenziale armonico che attraeogni particella nel punto di equilibrio λ = 0, e il secondo termine rappresentala repulsione elettrostatica tra ogni coppia di particelle.

Se queste particelle si trovano in una situazione di equilibrio termodinam-ico, a una fissata temperatura T , la densita di probabilita che le particellesi trovino nelle posizioni λ1, . . . , λN e data da

P (λ1, . . . , λN ) = C exp

(− W

kBT

)= C exp (−βW ) . (3.4)

La costante di normalizzazione C, in questo caso, non e nient’altro chel’inverso della funzione di partizione dell’insieme canonico. Se β = 2, l’e-quazione precedente non e nient’altro che la densita di probabilita congiuntaper gli autovalori di una matrice appartenente a GUE,

P (λ1, . . . , λN ) = C exp

(−

N∑i=1

λ2i

)∏i<j

(λi − λj)2,

in cui la produttoria∏

(λi − λj)2 e stata portata all’esponente.Effettuando ora il cambio di variabile λi =

√Nxi, si ottiene una diversa

espressione per l’energia potenziale1

W (x1, . . . , xN ) =N

2

N∑i=1

x2i −∑i<j

ln(√

N |xi − xj |). (3.5)

1Questo riscalamento e fisicamente ben motivato. Infatti per un sistema soggetto alpotenziale armonico V (λ) = 1

2kλ2, come il gas di Coulomb in esame, gli autovalori del-

l’energia possono assumere anche valori infiniti. In particolare lo spettro di un sistemaquantistico soggetto a tale potenziale e En = ~ω

(n+ 1

2

). Sapendo che nel limite di grandi

numeri quantici n (per esempio, con n dello stesso ordine di N , dimensione dell’hamiltoni-ana che governa il sistema), il caso quantistico si riduce al caso classico, per grandi valoridi n e ragionevole imporre l’uguaglianza

1

2kλ2 = ~ω

(n+

1

2

),

da cui si puo notare come λ sia proporzionale alla radice quadrata di n (e quindi a quella diN). Effettuando quindi il riscalamento λ =

√Nx, si ottiene che gli autovalori dell’energia

assumano esclusivamente valori finiti.

16

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Cercando quindi il minimo di W si ottiene l’equazione

0 =∂W (x1, . . . , xN )

∂xj= Nxj −

∑i 6=j

1

xj − xi. (3.6)

Definendo il polinomio g(x) come

g(x) :=

N∏i=1

(x− xi), (3.7)

si ha ha che

g′(x) =N∏i=1

(x− xi)N∑i=1

1

x− xi= g(x)

N∑i=1

1

x− xi. (3.8)

Mettendo in evidenza xj nell’equazione precedente, si ha

∑i 6=j

1

x− xi=g′(x)

g(x)− 1

x− xj=

(x− xj)g′(x)− g(x)

(x− xj)g(x). (3.9)

Facendo tendere x → xj e applicando due volte il teorema De l’Hopital, siottiene ∑

i 6=j

1

xj − xi= lim

x→xj

(x− xj)g′(x)− g(x)

(x− xj)g(x)

= limx→xj

(x− xj)g′′(x)

(x− xj)g′(x) + g(x)

= limx→xj

(x− xj)g′′′(x) + g′′(x)

(x− xj)g′′(x) + 2g′(x)

=g′′(xj)

2g′(xj).

(3.10)

Utilizzando ora (3.6) e (3.10), si ottiene l’espressione per xj

xj =1

N

g′′(xj)

2g′(xj),

cioeg′′(xj)− 2Nxjg

′(xj) = 0, (3.11)

con j = 1, . . . , N . Si osserva che il polinomio g′′(x)− 2Nxg′(x) ha gli zeri inx1, . . . , xN , e quindi e proporzionale a g(x). Confrontando i coefficienti deitermini di grado N-esimo dei due polinomi, si nota subito che la costante diproporzionalita tra i due polinomi e pari a 2N2, cioe

17

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g′′(x)− 2Nxg′(x) + 2N2g(x) = 0, (3.12)

che e un’equazione differenziale di ordine due2.Si consideri ora la funzione di Green G(z) con z = x− iε, ε > 0,

G(z) =1

N

N∑i=1

1

z − xi. (3.13)

Sapendo che ([13])

ρ(x) =1

N

N∑i=1

δ(x− xi) =1

πNIm

(N∑i=1

1

z − xi

), (3.14)

e sfruttando le proprieta della delta di Dirac, si ha che la densita degliautovalori ρ(λ) e

ρ(λ) = ρ(√Nx) =

1

N√N

N∑i=1

δ(x− xi) =1

π√N

Im G(z). (3.15)

Si nota subito, utilizzando l’equazione (3.8), che la funzione G(z) puo esserescritta come

G(z) =1

N

g′(z)

g(z), (3.16)

da cui si ricava, omettendo la variabile z per semplicita di notazione,

g′ = NGg,

g′′ = NG′g +NGg′ = NG′g +N2G2g,(3.17)

che inserite nell’equazione (3.12) portano a

NG′g +N2G2g − 2N2zGg + 2N2g = 0,

cioeG′ +NG2 − 2NzG+ 2N = 0. (3.18)

Si osserva che nel limite di grandi N , il primo termine dell’equazione prece-dente e trascurabile rispetto agli altri, e quindi l’equazione precedente as-sume la forma

G2 − 2zG+ 2 = 0. (3.19)

L’equazione differenziale (3.12) di ordine due per g(z), e stata quindi ridottaa un’equazione algebrica quadratica per G(z), con soluzione

G(z) = z ±√z2 − 2. (3.20)

2Questa equazione differenziale e l’equazione differenziale di Hermite per i polinomi di

Hermite g(x) = HN(x/√N)

.

18

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A questo punto, per arrivare alla densita degli autovalori, occorre pren-dere la parte immaginaria di G(z),

Im G(z) = Im√z2 − 2. (3.21)

Operando il cambio di variabile s = z2 − 2 e scrivendo s in forma trigono-metrica, si ottiene

Im√z2 − 2 = Im

√s = Im

√ρ(cos θ + i sin θ). (3.22)

Utilizzando ora la formula di De Moivre, e ricordando che

sinθ

2=

√1− cos θ

2=

√ρ− α

2ρ,

dove α = x2 − ε2 − 2 e la parte reale di s, si arriva a

Im√s =√ρ sin

θ

2=

√ρ− α

2=

√√α2 + 4x2ε2 − α

2. (3.23)

Facendo poi tendere ε→ 0,

Im√z2 − 2 = Im

√s =

√|x2 − 2| − (x2 − 2)

2, (3.24)

che per x2 − 2 > 0 e nullo, mentre per x2 − 2 < 0, vale

Im√z2 − 2 =

√2− x2. (3.25)

La densita degli autovalori assume quindi la forma

ρ(λ) =1

πN

√2N − λ2,

cioe si e arrivati alla legge del semicerchio (3.2).

3.2 Metodo dei polinomi ortogonali

Un secondo metodo, anch’esso molto elegante per arrivare alla legge delsemicerchio, e quello dei polinomi ortogonali. Cio che si sfruttera, sarannole proprieta di ortogonalita di questi polinomi rispetto a una certa funzionepeso w(λ), oltre al modo in cui si rapportano tra di loro i polinomi di Hermitecon quelli di Laguerre, e questi ultimi con le funzioni di Bessel del primo tipo.Sara quindi mediata la densita degli autovalori di una matrice random N×Nappartenente a GUE nel limite di grandi N , attraverso l’usuale operazionedi media sull’insieme canonico.

19

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Data una funzionef(λ1, . . . , λN )

si consideri l’integrale I(f) definito da

I(f) :=

∫ +∞

−∞· · ·∫ +∞

−∞dλ1 · · · dλNf(λ1, . . . , λN )

N∏i=1

w(λi)∆2N (λ1, . . . λN ),

dove∆N (λ1, . . . , λN ) :=

∏i<j

(λi − λj), (3.26)

viene chiamato determinante di Vandermonde. Allora il valor medio dif(λ1, . . . , λN ) sara definito come

f(λ1, . . . , λN ) :=I(f)

I(1). (3.27)

Come gia anticipato, si nota come questa operazione coincida con l’usualeoperazione di media sull’insieme canonico, nel caso in cui w(λi) = e−λ

2i .

Infatti∏e−λ

2i ∆2

N (λ1, . . . , λN ) non e nient’altro che la densita di probabilitacongiunta per gli autovalori di una matrice appartenente a GUE, a meno diuna costante moltiplicativa.

Sia ora

πi(λ) =N−1∑j=0

aijλj

una famiglia di polinomi nella variabile λ. Considerando la matrice [πi(λj)]ij ,con i = 0, ... , N − 1 e j = 1, ... , N , si ha che

det [πi(λj)]ij = det [aij ]ij det[λi−1j

]ij

= det [aij ]ij ∆N (λ). (3.28)

Si osserva che il determinante di Vandermonde

∆N (λ) = det

1 λ1 λ21 . . . λN−11

1 λ2 λ22 . . . λN−12

. . . . . . . . . . . . . . .

1 λN λ2N . . . λN−1N

= det

P0(λ1) P1(λ1) P2(λ1) . . . PN−1(λ1)P0(λ2) P1(λ2) P2(λ2) . . . PN−1(λ2). . . . . . . . . . . . . . .

P0(λN ) P1(λN ) P2(λN ) . . . PN−1(λN )

(3.29)

dove i Pk(λj) sono dei polinomi monici di grado k, opportunamente normal-izzati affinche valga l’uguaglianza nell’ultima equazione. L’ultima uguaglian-za di (3.29) e stata ottenuta sommando all’i-esima colonna opportuni mul-tipli delle colonne alla sua sinistra. Riscrivendo (3.29) in forma compatta:

∆N (λ) = det [Pk(λj)]kj . (3.30)

20

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La scelta di questi Pk(λj) e arbitraria, quindi per comodita verranno utiliz-

zati dei polinomi ortogonali rispetto alla funzione peso w(λ) = e−λ2, cioe i

polinomi di Hermite, definiti da

Hk(λ) =

[k/2]∑n=0

(−1)nk!

n!(k − 2n)!(2λ)k−2n, (3.31)

il cui quadrato della norma e∫ +∞

−∞dλHk(λ)Hl(λ)e−λ

2= 2kk!

√πδkl.

Ovviamente, visto che i Pk(λj) sono polinomi monici, verra fatta la scelta

Pk(λ) =1

2kHk(λ),

notando che il quadrato della norma di Pk(λ) vale

hk =k!√π

2k.

Quindi, sapendo che

det [Pk(λj)]kj =∑

permutazioni

εi1i2...iNPiN (λN ), (3.32)

dove

εi1i2...iN =

+1, se (i1, i2, . . . , iN ) e una permutazione pari di (1, 2, . . . , N)

−1, se (i1, i2, . . . , iN ) e una permutazione dispari di (1, 2, . . . , N)

0, se due indici sono uguali

,

e la somma e effettuata su tutte le possibili permutazioni di (i1, i2, . . . , iN ),e possibile calcolare la funzione di partizione Z = I(1).

Z =

∫ +∞

−∞· · ·∫ +∞

−∞dλ1 · · · dλN det [Pk(λj)]kj det [Pl(λm)]lm e

−(λ21+...+λ2N )

=∑

permutazioni

εi1...iN εj1...jN

×∫ +∞

−∞dλ1Pi1(λ1)Pj1(λ1)e

−λ21 · · ·∫ +∞

−∞dλNPiN (λN )PjN (λN )e−λ

2N

=∑

permutazioni

εi1...iN εj1...jNhi1δi1j1 · · ·hiN δiN jN

=∑

permutazioni

ε2i1...iNhi1 · · ·hiN

= N !h0 · · ·hN−1(3.33)

21

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Data quindi la densita media degli autovalori, definita da

ρ(λ) =1

N

N∑i=1

δ(λ− λi), (3.34)

utilizzando l’equazione (3.27), notando che la funzione integranda e simmet-rica rispetto allo scambio λi ↔ λj , e sfruttando la definizione della δ si hache

ρ(λ) =1

Z

∫ +∞

−∞· · ·∫ +∞

−∞dλ1 · · · dλN∆2

N (λ1, . . . , λN )1

N

N∑i=1

δ(λ− λi)e−∑λ2i

=1

Z

∫ +∞

−∞· · ·∫ +∞

−∞dλ1 · · · dλN∆2

N (λ1, . . . , λN )δ(λ− λN )e−(λ21+...+λ

2N )

=1

Z

∑permutazioni

εi1...iN εj1...jNhi1δi1j1 · · ·hiN−1δiN−1jN−1

×∫ +∞

−∞dλNPiN (λN )PjN (λN )δ(λ− λN )e−λ

2N

=1

Ne−λ

2N−1∑k=0

P 2k (λ)

hk

=1

Ne−λ

2N−1∑k=0

1

22kH2k(λ)

2k

k!√π.

(3.35)

Utilizzando l’espressione

H2k(λ) =

k∑l=0

(k!)22k−l

(l!)2(k − l)!H2l(λ), (3.36)

si ottiene

ρ(λ) =1

N√πe−λ

2N−1∑k=0

k∑l=0

k!

l!(k − l)!H2l(λ)

2ll!,

e scambiando l’ordine di sommazione

ρ(λ) =1

N√πe−λ

2N−1∑l=0

H2l(λ)

2ll!

N−1∑k=l

(k

l

)

=1

N√πe−λ

2N−1∑l=0

H2l(λ)

2ll!

(N

l + 1

).

(3.37)

Utilizzando ora l’espressione integrale

e−λ2H2l(λ) =

(−1)l√π

22l+1

∫ ∞0

dte−t2t2l cos(2tλ),

22

Page 24: Matrici random e legge del semicerchio - infn.it ci. E risaputo che i livelli energetici di un sistema siano governati da un operatore hermitiano H, chiamato hamiltoniana. Sapendo

si arriva a

ρ(λ) =1

∫ ∞0

dte−t2

cos(2tλ)N−1∑l=0

(−1)l2l+1

l!t2l(N

l + 1

)=

2

∫ ∞0

dte−t2

cos(2tλ)L1N−1(2t

2),

(3.38)

dove L1N−1(2t

2) e un polinomio di Laguerre. Operando il cambio di variabiles = 2t

ρ(λ) =1

N√π

∫ ∞0

dse−s2

4 cos(sλ)L1N−1

(s2

2

). (3.39)

Per osservare il comportamento di ρ(λ) per grandi N , si utilizza quindil’espressione

limN→∞

1

NL1N−1

( sN

)=

1√sJ1(2√s), (3.40)

con J1 funzione di Bessel del primo tipo, da cui, per N →∞,

ρ(λ) =1

π

∫ ∞0

ds cos(sλ)1

s

√2

NJ1(√

2Ns) =1

√2N − λ2, (3.41)

che e esattamente la (3.2).3

3.3 Metodo del calcolo supersimmetrico

L’ultimo metodo che verra trattato e quello del calcolo supersimmetrico. Adifferenza dei due metodi visti precedentemente, questo e meno elegante, inquanto non studiato appositamente per arrivare alla legge del semicerchiocome gli altri due, ma si tratta piu di un vero e proprio calcolo, effettuatosfruttando le proprieta di anticommutazione di alcune variabili, chiamatevariabili di Grassmann.

Per prima cosa, bisognera esprimere un rapporto tra due determinanticome un integrale con una parte gaussiana e una parte grassmanniana, equindi si vedra come questo fatto, unito all’introduzione di quattro variabiliausiliarie (due complesse e due di Grassmann) che saranno impiegate peresprimere degli esponenziali sotto forma integrale, permetta di mediare unaopportuna funzione di Green, immagine della densita degli autovalori.

Prima di mostrare come si arriva al semicerchio attraverso il metodo delcalcolo supersimmetrico, e utile quindi introdurre le variabili di Grassmanncitate precedentemente. Queste variabili ηi sono definite attraverso le loro

3Le realazioni utilizzate in quest’ultima parte della dimostrazione sono risultatitabulati, contenuti nel volume Table of Integrals, Series, and Products [8].

23

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proprieta di anticommutazione. In particolare, data la variabile ηi e la suaconiugata η∗i

ηiη∗k + η∗kηi = 0

ηiηk + ηkηi = 0

η∗i η∗k + η∗kη

∗i = 0,

(3.42)

da cui segue che η2i = η∗2i = 0. Quindi la coniugazione complessa dellevariabili di Grassmann ηk e η∗k si definisce come

(ηk)∗ = η∗k

(η∗k)∗ = −ηk.

(3.43)

Si puo inoltre verificare che [10]∫dηiηi =

∫dη∗i η

∗i = 1∫

dηi =

∫dη∗i = 0. (3.44)

Da queste espressioni si nota come un integrale sulle variabili di Grassmannnon necessiti di estremi d’integrazione, in quanto definito dalle proprieta dianticommutazione delle variabili di Grassmann stesse.

Data quindi una matrice A hermitiana, N × N , si puo rappresentare ilsuo determinante come un integrale gaussiano sulle variabili di Grassmann:

det iA =

∫ N∏j=1

dη∗jdηj exp

(−i∑ik

η∗iAikηk

), (3.45)

e, date N coppie di numeri complessi a due a due coniugati, zi, z∗i , con

i = 1, . . . , N ,

1

det iA=

1

2iπ

∫ N∏j=1

dz∗j dzj exp

(−i∑ik

z∗iAikzk

). (3.46)

Visto che l’integrazione avviene su tutto il piano complesso, la convergenza diquest’ultimo integrale non e assicurata. E quindi opportuno considerare unapiccola correzione tale che la convergenza sia assicurata, e quindi riscriverela (3.46) con A− iξ, ξ > 0

1

det i (A− iξ)=

1

2iπ

∫ N∏j=1

dz∗j dzj exp

[−∑ik

(iz∗iAikzk + ξz∗i zkδik)

].

(3.47)

24

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Data ora la matrice H appartenente a GUE, si consideri la funzione diGreen

G(w) =1

N

N∑i=1

1

w − λi. (3.48)

Essendo la densita degli autovalori di H definita da (3.1) se la variabile we definita come w := λ − iε, con ε > 0, analogamente a quanto fatto nelmetodo del punto di sella si puo riscrivere la densita degli autovalori come

ρ(λ) =1

πIm G(w). (3.49)

Per calcolare la densita media degli autovalori ρ(λ) e ora necessarioscrivere G(w) come quoziente di due determinanti. Definendo la funzionegeneratrice Z(w, j) come

Z(w, j) =det(w −H)

det(w −H + iξ − j)=

det i(w −H)

det i(w −H + iξ − j), (3.50)

si verifica facilmente che

G(w) =1

N

[∂Z(w, j)

∂j

]j=0

. (3.51)

Inserendo ora (3.45) e (3.47) nell’equazione (3.50), si ottiene

Z(w, j) =1

2iπ

∫ N∏k=1

dz∗kdzkdη∗kdηk

× exp

{i∑mn

[z∗m(Hmn + (j − iξ − w)δmn)zn + η∗m(Hmn − wδmn)ηn]

}.

(3.52)

Un integrale di questo tipo, in cui compaiono integrali su z∗k e zk estesi a tut-to il piano complesso, e integrali di Grassmann che non necessitano di limitid’integrazione, viene detto superintegrale. Osservando poi che nell’espres-sione precedente, Re(−iw) = −ε < 0, la convergenza di questo integraleGaussiano e assicurata.

A questo punto e possibile mediare la funzione generatrice Z(w, j):

Z(w, j) =1

2iπ

∫ N∏k=1

dz∗kdzkdη∗kdηk

× exp

{−i

N∑m=1

[(w − j + iξ)z∗mzm + wη∗mηm]

}

× exp

{i∑mn

Hmn(z∗mzn + η∗mηn)

}(3.53)

25

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Si osserva che la somma ∑mn

Hmn(z∗mzn + η∗mηn)

all’esponente e una quantita reale. Infatti utilizzando (3.42) e (3.43) e faciledimostrare che (∑

mn

Hmnη∗mηn

)∗=∑mn

Hmnη∗mηn. (3.54)

Ricordando ora che tutti gli elementi di matrice Hmn sono variabili ran-dom statisticamente indiependenti tra loro, con valor medio zero, possiamoscrivere la varianza come

|Hmn|2 − |Hmn|2

= |Hmn|2 =θ2

N, (3.55)

con θ numero reale, che definisce la scala dell’energia (e quindi degli auto-valori della matrice H presa in considerazione).

Si nota quindi che data una matrice Hermitiana M , vale

exp

[i∑mn

HmnMmn

]= exp

−1

2

(∑mn

HmnMmn

)2

= exp

[− θ2

2N

∑mn

|Mmn|2],

(3.56)

che inserita nell’ultimo esponenziale dell’equazione (3.53) riconoscendo cheMmn = z∗mzn + η∗mηn, porta a

exp

{i∑mn

Hmn(z∗mzn + η∗mηn)

}

= exp

[− θ2

2N

∑mn

(z∗mzn + η∗mηn)(z∗nzm + η∗nηm)

]

= exp

− θ2

2N

(∑m

|zm|2)2

(∑m

η∗mηm

)2

+ 2∑mn

zmz∗nη∗mηn

.(3.57)

Ricordando ora che l’integrale gaussiano e∫ ∞−∞

e−αx2+βx+γ dx =

√π

αexp

(β2

4α+ γ

), (3.58)

26

Page 28: Matrici random e legge del semicerchio - infn.it ci. E risaputo che i livelli energetici di un sistema siano governati da un operatore hermitiano H, chiamato hamiltoniana. Sapendo

si ha che

exp

− θ2

2N

(∑m

|zm|2)2 =

√N

2πθ2

∫da exp

[− N

2θ2a2 + ia

∑m

|zm|2],

exp

θ2

2N

(∑m

η∗mηm

)2 =

√N

2πθ2

∫db exp

[− N

2θ2b2 − b

∑m

η∗mηm

].

(3.59)

Inoltre si ha che vale4

e−θ2

N

∑mn zmη

∗mz

∗nηn =

θ2

N

∫dσ∗dσe−

Nθ2σ∗σ+iσ∗∑

m z∗mηm+i∑m zmη∗mσ. (3.60)

Quest’ultima uguaglianza puo essere verificata espandendo l’esponenzialedel membro di sinistra, e sfruttando il fatto che tutte le potenze superiorialla prima dell’esponente sono nulle, grazie alle proprieta delle variabili diGrassmann:

exp

(−θ

2

N

∑mn

zmη∗mz∗nηn

)= 1− θ2

N

∑mn

zmη∗mz∗nηn

= 1 +θ2

N

∑mn

z∗nηnzmη∗m,

(3.61)

mentre utilizzando le espressioni (3.44) quello di destra puo essere riscrittocome

θ2

N

∫dσ∗dσ exp

(−Nθ2σ∗σ + iσ∗

∑m

z∗mηm + i∑m

zmη∗mσ

)

= −θ2

N

∫dσ∗dσ

Nθ2σ∗σ +

1

2

(σ∗∑m

z∗mηm +∑m

zmη∗mσ

)2

= −θ2

N

∫dσ∗dσ

[N

θ2σ∗σ +

1

2

(σ∗∑mn

z∗mηmznη∗nσ +

∑mn

zmη∗mσσ

∗z∗nηn

)]

= −θ2

N

∫dσ∗dσ

[σ∗σ

(N

θ2+∑mn

z∗mηmznη∗n

)]

= 1 +θ2

N

∑mn

z∗mηmznη∗n,

(3.62)

4Si tratta di una trasformazione di Hubbard-Stratonovich. E una trasformazione chepermette di esprimere un esponenziale sotto forma integrale, integrando su una variabileausiliaria, una sorta di generalizzazione dell’integrale gaussiano (3.58). In questo caso levariabili ausialiarie sono le variabili di Grassmann σ e σ∗.

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che rinominando gli indici di sommazione, e l’equazione (3.61). Si e decisodi effettuare queste sostituzioni per riuscire a esprimere la funzione gener-atrice media Z(w, j) sotto forma di integrali gaussiani, che si sanno quindifacilmente risolvere. Inserendo ora le equazioni (3.59) e (3.60) nella (3.57),si ottiene

exp

{i∑mn

Hmn(z∗mzn + η∗mηn)

}=

∫dadb

2πdσ∗dσ exp

[− N

2θ2(a2 + b2 + 2σ∗σ)

]

× exp

[∑m

(ia|zm|2 − bη∗mηm + iσ∗z∗mηm + izmη

∗mσ)],

(3.63)

che inserita nell’equazione (3.53) permette di ricavare l’espressione della me-dia della funzione generatrice Z(w, j). Si osserva quindi che questa equazionee composta da N integrali quadrupli sulle variabili zk, z

∗k, ηk, η

∗k, oltre all’in-

tegrale in a, b, σ, σ∗, e che tutti questi N integrali quadrupli in zk, z∗k, ηk, η

∗k

sono uguali tra loro. Quindi il loro prodotto e uguale all’N -esima potenzadi uno di questi:

Z(w, j) =

∫dadb

2πdσ∗dσ exp

[− N

2θ2(a2 + b2 + 2σ∗σ)

]×(∫

dzdz∗

2iπdη∗dηe−i((w−j+iξ−a)|z|

2+(w−ib)η∗η−σ∗z∗η−zη∗σ))N

.

(3.64)

Considerando quindi l’integrale in η∗, η, e espandendo l’esponenziale, siottiene ∫

dη∗dη exp [−i ((w − ib)η∗η − σ∗z∗η − zη∗σ)]

=

∫dη∗dη

[−i(w − ib)η∗η − 1

2z∗z(σ∗ηη∗σ + η∗σσ∗η)

]=

∫dη∗dη η∗η [−i(w − ib) + z∗zσ∗σ]

= i(w − ib)− z∗zσ∗σ.

(3.65)

Rimane ora l’integrale doppio in z∗, z dell’equazione (3.64):

1

2iπ

∫dz∗dz [i(w − ib)− z∗zσ∗σ] exp

[−i(w − j + iξ − a)|z|2

]=

w − ibw − j + iξ − a

+σ∗σ

(w − j + iξ − a)2.

(3.66)

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Facendo ora tendere ξ → 0, la media della funzione generatrice assumequindi la forma

Z(w, j) =

∫dadb

2πdσ∗dσ exp

[− N

2θ2(a2 + b2 + 2σ∗σ)

]×(

w − ibw − j − a

)N (1 +

σ∗σ

(w − j − a)(w − ib)

)N.

(3.67)

Per risolvere l’integrale in σ∗, σ si nota che moltiplicando N volte l’inte-grando per se stesso, sopravvivono esclusivamente due termini, a causa delleproprieta delle variabili di Grassmann:∫

dσ∗dσ exp

(−Nθ2σ∗σ

)(1 +

σ∗σ

(w − j − a)(w − ib)

)N=

∫dσ∗dσ

(1− N

θ2σ∗σ

)(1 +

Nσ∗σ

(w − j − a)(λ− − ib)

)= N

(1

θ2− 1

(w − j − a)(w − ib)

),

(3.68)

da cui si ricava l’ultima forma per la media della funzione generatrice

Z(w, j) = N

∫dadb

2πexp

[− N

2θ2(a2 + b2)

](w − ib

w − j − a

)N×(

1

θ2− 1

(w − j − a)(w − ib)

).

(3.69)

A questo punto, sfruttando l’equazione (3.51), e possibile trovare lafunzione di Green media G(w),

G(w) =

∫dadb

2πexp

[− N

2θ2(a2 + b2)

](w − ibw − a

)N× 1

w − a

(N

θ2− N + 1

(w − a)(w − ib)

).

(3.70)

Osservando attentamente l’integrale doppio su a e su b a cui si e arrivati,si puo notare come questo possa essere scritto come prodotto di due singoliintegrali separati. Ognuno di questi due integrali, uno su a e uno su b,puo essere svolto con il metodo del punto di sella nel limite di grandi N .5

5Il metodo del punto di sella per la risoluzione di un integrale permette di determinareil comportamento asintotico per grandi valori di N di un integrale del tipo

I =

∫γ

dzf(z)eNg(z),

dove γ e una curva rettificabile nel piano complesso, e le funzioni f e g sono analiticheall’interno di un dominio D ⊃ γ. L’idea di base consiste nel modificare la curva γ su cuisi integra, in modo da far sı che la maggior parte del contributo dell’integrale, derivi daicontributi dati dai punti di sella della funzione integranda, e che quindi l’integrale si possaapprossimare con una sommatoria sui punti di sella della funzione integranda stessa, ameno di opportune costanti.

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Utilizzando questo metodo [10], quindi, si arriva a esprimere G(w) come

G(w) =

1

λ2−i√θ2−(λ2 )

2se λ2 < (2θ)2

1

λ2

(1+√

1−( 2θλ )

2) se λ2 > (2θ)2.

(3.71)

Prendendo quindi la parte immaginaria, analogamente a quanto fatto nellasezione 3.1, si arriva alla legge del semicerchio,

ρ(λ) =

1

2πθ2

√(2θ)2 − λ2 se λ2 < (2θ)2

0 se λ2 > (2θ)2.

(3.72)

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Conclusioni

La prima cosa che si nota osservando l’equazione (3.72) ottenuta con il meto-do del calcolo supersimmetrico e che questa sia espressa diversamente dall’e-quazione (3.2) per la legge del semicerchio ottenuta attraverso il metodo delpunto di sella e del metodo dei polinomi ortogonali. Questa differenza tra ledue espressioni e dovuta esclusivamente alla diversa varianza degli elementidi matrice utilizzata; questa e stata posta uguale a σ2 = 1

2 dal riscalamentoeffettuato nella sezione 2.2, quando e stata derivata la densita di probabilitacongiunta per gli autovalori, funzione utilizzata per arrivare alla legge delsemicerchio nei primi due metodi studiati. Nel caso del calcolo supersim-metrico, invece, e stata scelta una varianza σ2 = θ2

N che dipendesse da N ,in modo che per grandi valori di tale parametro, potesse essere sfruttato ilmetodo del punto di sella per la risoluzione di un certo integrale. Le dueformulazioni sono comunque equivalenti, in quanto i due semicerchi ottenu-ti differiscono esclusivamente per la lunghezza del raggio. E facile quindiverificare che a risultato ottenuto, sostituendo θ2

N = 12 nella (3.72), questa si

riduce all’espressione del semicerchio (3.2).Tutti e tre i metodi hanno inoltre il pregio di mostrare come la legge

del semicerchio sia seguita da matrici random esclusivamente di grandi di-mensioni. Nel metodo del punto di sella questo si nota nel momento in cuiper ottenere un’equazione algebrica di secondo grado per la funzione G(z)si rende opportuno trascurare un termine nell’equazione (3.18), termine chee trascurabile appunto nel limite di grande N . Nel metodo dei polinomiortogonali, la validita della legge per soli N grandi, si puo notare quandosi sfrutta il fatto che il limite per N → +∞ di un opportuno polinomio diLaguerre, corrisponde a un’altrettanto opportuna funzione di Bessel del pri-mo tipo. Nell’ultimo metodo studiato, quello del calcolo supersimmetrico, ilvincolo che la matrice N ×N presa in considerazione sia grande viene sfrut-tato imponendo che la varianza degli elementi di matrice sia proporzionalea 1N , per poter risolvere un integrale con il metodo del punto di sella.

Una cosa che invece differenzia il metodo dei polinomi ortogonali daglialtri due metodi studiati, riguarda il fatto che gli altri due metodi sonoutlizzabili esclusivamente per N grandi, mentre con i polinomi ortogonalisi puo notare come si possa calcolare la densita degli autovalori di tuttele matrici N × N , anche per N finito. L’equazione (3.39) mostra infatti

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come la densita degli autovalori media per qualsiasi N sia esprimibile comel’integrale di un opportuno polinomio di Laguerre. Un’operazione di questotipo risulta impossibile con il calcolo supersimmetrico, in quanto non si passaproprio all’integrazione sugli autovalori della matrice in considerazione, masi esegue esclusivamente la media su ognuno degli elementi di matrice, cosıcome risulta impossibile con il metodo del punto di sella, in quanto in questoc’e la richiesta esplicita che N sia grande.

Per quanto riguarda il risultato ottenuto, ossia la legge del semicerchiodi Wigner (3.2), la cosa che balza all’occhio e come una media vera e propriadella densita degli autovalori venga effettuata esclusivamente con il meto-do dei polinomi ortogonali. Con questo metodo si esegue la media delladistribuzione degli autovalori con l’usuale operazione di media sull’insiemecanonico, come si puo osservare dall’equazione (3.35). Con il metodo del cal-colo supersimmetrico, invece, l’operazione di media viene effettuata su ognisingolo elemento di matrice Hij . Il metodo del punto di sella e invece dif-ferente, in quanto non viene eseguita alcuna operazione di media. In questometodo, derivando l’esponenziale della densita di probabilita congiunta pergli autovalori, cio che si sta facendo e semplicemente il selezionare la config-urazione della densita energetica predominante tra tutte quelle possibili, equindi quella piu probabile. Questa configurazione coincide ovviamente conla densita degli autovalori media.

Un’ultima cosa che puo valer la pena osservare, e come nell’operazione dipassaggio dalla densita di probabilita congiunta per gli elementi di matricea quella per gli autovalori, si passi da un sistema a N2 gradi di liberta a unsistema a N gradi di liberta. Infatti la probabilita P (H)dH che un sistemadi GUE appartenga all’elemento di volume dH, richiede un integrazione su

dH =∏i≤j

dHRij

∏i<j

dHIij ,

cioe su N2 parametri indipendenti (che sarebbero le N2 variabili randomstatisticamente indipendenti tra loro), mentre quando si passa agli auto-valori, la probabilita P (λ1, . . . , λN )

∏Ni=1 dλi che N autovalori λ1, . . . , λN si

trovino all’interno dell’elemento di volume

N∏i=1

dλi,

richiede, come si puo vedere, un integrazione su soli N parametri (cioe sugliN autovalori della matrice in esame). Questa riduzione dei gradi di libertae avvenuta quando, nella sezione 2.2, e stata integrata la densita di prob-abilita congiunta per gli autovalori sulle variabili mute pµ. Integrazioneche ha avuto il solo effetto di alterare una costante di normalizzazionemoltiplicativa.

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Per concludere, quello che si puo osservare principalmente nello studiodi questi tre diversi metodi per la derivazione della legge del semicerchio diWigner, e di come due di questi metodi, quello dei polinomi ortogonali equello del punto di sella, siano due metodi estremamente lineari e eleganti,studiati appositamente per arrivare a questa legge. Il metodo del calcolosupersimmetrico e invece un metodo piu potente, che non si ferma allo studioche e stato presentato in questo elaborato. In particolare, con il metodo delcalcolo supersimmetrico e stata sfrutta la possibilita di scrivere il rapportotra due determinanti di matrici hermitiane, come integrale misto gaussianoe grassmanniano su variabili complesse e variabili di Grassmann, che haportato al semicerchio.

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