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MATEMATICA E REALTA' Giovanna Nappo Nell'apprendimento della matematica è fondamentale il rapporto con i fatti concreti, con le esperienze vissute, la costruzione di oggetti, in una parola con la realtà. A partire dal mio personale incontro con la matematica, avvenuto sin da bambina tramite mio padre, Fiorenzo Nappo, che è stato attento insegnante e didatta, docente di Matematica e Fisica nei licei e di Meccanica Razionale all'Università, e in occasione dell'entrata nel centesimo anno da parte di Emma Castelnuovo, nata il 12 dicembre 1913, la migliore didatta in matematica che abbiamo in Italia e la cui fama è internazionale, vorrei discutere del ruolo centrale della realtà nell'apprendimento e nell'insegnamento della matematica. Dedicato a mio padre, Fiorenzo Nappo, che, dopo aver scritto dei racconti autobiografici, ne fece una raccolta e scelse come titolo "I miei figli e i miei scolari sono la mia eternità" Un ringraziamento particolare al Prof. Geronimo, che ha voluto ricordare mio padre, e alla signora Anna, allamico Claudio e mio fratello Gino che, pazientemente, mi hanno ascoltato/sopportato, durante la preparazione della conferenza.

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MATEMATICA E REALTA'

Giovanna Nappo

Nell'apprendimento della matematica è fondamentale il rapporto con i fatti concreti, con le esperienze vissute,

la costruzione di oggetti, in una parola con la realtà.

A partire dal mio personale incontro con la matematica, avvenuto sin da bambina tramite mio padre, Fiorenzo

Nappo, che è stato attento insegnante e didatta, docente di Matematica e Fisica nei licei e di Meccanica

Razionale all'Università, e in occasione dell'entrata nel centesimo anno da parte di Emma Castelnuovo, nata il

12 dicembre 1913, la migliore didatta in matematica che abbiamo in Italia e la cui fama è internazionale, vorrei

discutere del ruolo centrale della realtà nell'apprendimento e nell'insegnamento della matematica.

Dedicato a mio padre, Fiorenzo Nappo, che, dopo aver scritto dei

racconti autobiografici, ne fece una raccolta e scelse come titolo

"I miei figli e i miei scolari sono la mia eternità"

Un ringraziamento particolare al Prof. Geronimo,

che ha voluto ricordare mio padre,

e alla signora Anna, all’amico Claudio e mio fratello Gino che, pazientemente,

mi hanno ascoltato/sopportato, durante la preparazione della conferenza.

MATEMATICA E REALTA’

RICORDI E PROBLEMINI D'INFANZIA

MI SENTO UNA SCIMMIA

RIFLESSIONI SU "COME RISOLVERE UN PROBLEMA"

a) analisi e risoluzione schematica del problema

b) risoluzione formale

c) controllo dimensionale

d) calcoli numerici

e) verifiche qualitative, osservazioni e complementi

analisi e risoluzione schematica del problema

MATEMATICA E LINGUAGGIO

IDEE PRIMA DEI SIMBOLI

TORTE E FRAZIONI

UN ESEMPIO DI PROBABILITA’

calcoli numerici e LA CONCRETEZZA AIUTA A RICORDARE

AREA DEL CERCHIO: SCUOLE ELEMENTARI E MEDIE

verifiche qualitative, osservazioni e complementi

ISPIRANDOSI a "MATEMATICA NELLA REALTA' " di Emma CASTELNUOVO e Mario BARRA

CONCETTO DI LIMITE

da “CONOSCERE ATTRAVERSO LA MATEMATICA: LINGUAGGIO E REALTA' ” di Emma CASTELNUOVO

Premessa Un lato positivo: la sempre più forte presenza di allievi stranieri Il Triangolo: a) Lati b) Angoli c) Area costante. Perimetro minimo

d) Perimetro costante. Area massima

PER CONCLUDERE: LA PROBABILITA’ AL POSTO DELLA FISICA?

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Se c’è tempo . . . su altri pensieri di Emma Castelnuovo

L'IMPERFEZIONE DELLA MATEMATICA

ELOGIO DELLA LENTEZZA

AGGIRARE LE REGOLE

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APPENDICE SU KANZI (da WIKIPEDIA)

RICORDI E PROBLEMINI D'INFANZIA

Mi è stato difficile decidere come ricordare mio padre, che, come ha illustrato il prof. Geronimo, era una

persona eclettica e piena di iniziative, ma qui siamo alla Mathesis, e mi è sembrato giusto limitarmi a riflettere

sulle sue capacità di didatta della matematica. Mio padre ha lasciato scritto molti articoli in riviste di didattica e

fra le tante ne ho scelta uno in cui discute l’importanza dei problemi di fisica per la formazione degli studenti di

liceo, e il modo di affrontarli e risolverli, ma quello che più mi interessa è raccontare, da testimone diretta, le

sue capacità di didatta. Perciò, invece di prendere spunto dal suo articolo, voglio iniziare raccontando la mia

esperienza diretta, di come, attraverso il gioco ha avvicinato me e mio fratello alla matematica e di come ci ha

fatto vedere la matematica che c’e’ intorno a noi, nella quotidianità e, contemporaneamente, mostrandola

come una lente di ingrandimento attraverso la quale guardare la realtà.

Per iniziare ecco due problemi tipo che mio padre sottoponeva a mio fratello e a me per passare il tempo

durante le vacanze estive.

PROBLEMA DELLE ZAMPE E DELLE TESTE

In una stalla ci sono mucche e oche, vedo n teste ed m zampe:

quante oche e quante mucche ci sono nella stalla?

PROBLEMA DELLA VASCA CON RUBINETTO/I E SCARICO/SCARICHI

Una vasca ha un rubinetto che riempie la vasca in h ore, se lo scarico è chiuso, e uno scarico che

svuota la vasca in k ore, se il rubinetto è chiuso (varianti possibili con uno o due rubinetti e/o con

uno o due scarichi)

In quanto tempo si riempie la vasca se lasciamo sia il rubinetto che lo scarico aperti?

Ovviamente al posto di n, m, h e k c'erano numeri veri e studiati da mio padre perché ci fosse soluzione al

problema.

Il metodo di soluzione era vicino a quello del crivello di ERATOSTENE per trovare i numeri primi

(una divertente animazione si trova nel sito web http://it.wikipedia.org/wiki/File:Sieve_of_Eratosthenes_animation.gif#file )

o meglio della ricerca degli zeri (o meglio di uno zero) di una funzione continua, ossia per esclusione e tentativi.

Nel caso del problema delle teste e delle zampe, con 7 teste e 20 zampe, ragionavo all'incirca così:

davo per scontato che ci fosse almeno una mucca e almeno un'oca ("ci sono mucche ed oche" significava per

me che c'era almeno un'oca e una mucca) e provavo, ad esempio, con 2 mucche e quindi 5 oche; scartavo

questa possibilità perché allora ci sarebbero state 8+10=18 zampe, e quindi dovevano esserci più mucche,

provavo allora con 3 mucche e quindi 4 oche e questa volta la soluzione era giusta, infatti 12+8= 20 zampe.

Ricordo perfettamente che, a sei anni circa, assolutamente inconsapevole di stare risolvendo un problemino di

matematica, visualizzavo una stalla e le mucche e le oche insieme alle loro relative zampe e teste: mio padre ci

aveva solo sottoposto un problema divertente e concreto.

Nel caso del problema della vasca, con “un’ora” per riempire la vasca e “due ore” per svuotarla, ragionavo

all'incirca così:

ci voleva più di un'ora per riempire la vasca, provavo allora con due ore, e in due ore il rubinetto riempirebbe

due vasche e lo scarico ne svuoterebbe una, quindi due ore è la soluzione. Ovviamente in questo caso mi era

andata bene, in altri casi avrei provato con vari tempi, sempre espressi in ore, mezzore e quarti d'ora,

aumentando o diminuendo il tempo a seconda del risultato ottenuto.

Mio padre ci sottoponeva questo tipo di problemi (e specialmente le sue varianti) quando eravamo un po’ più

grandi, ma anche in questo caso la visualizzazione giocava un ruolo essenziale nella soluzione.

MI SENTO UNA SCIMMIA

A sei anni risolvevo problemi di matematica, ero un fenomeno? Assolutamente no! semplicemente avevo

assistito alla formulazione di questo tipo di problemi da parte di mio padre a mio fratello e alle relative

spiegazioni e risposte, e avevo capito...

esattamente come KANZI il famoso bonobo, che viveva con la madre in un centro di ricerca della Georgia State

University e che, assistendo al tentativo dei ricercatori di insegnare alla madre un vocabolario fatto di simboli,

lo aveva imparato senza che nessuno lo avesse coinvolto e, apparentemente, senza mostrare interesse.

"l'esempio vale più di qualunque lezione e/o predica"

Ed esattamente come i ricercatori si meravigliarono moltissimo che Kanzi riuscisse a padroneggiare le parole

che avevano provato con fatica ad insegnare alla madre, così i miei genitori si meravigliarono enormemente

che riuscissi a rispondere al problema rivolto a mio fratello: all'inizio pensavano che fosse un caso, e per

sincerarsene mio padre mi chiese di risolvere problemi simili, ai quali rispondevo correttamente...

(va precisato che mio fratello, al contrario della madre di Kanzi, non aveva avuto nessuna difficoltà a capire e

risolvere i problemi che gli aveva posto mio padre....)

Vorrei anche ricordare che oltre a Kanzi, c'erano altre scimmie che partecipavano a questo studio, e alle quali i ricercatori cercavano di insegnare i simboli che Kanzi padroneggiava: ebbene Kanzi, spontaneamente, ha provato ad aiutare i suoi compagni nell'apprendimento.

Lo sottolineo perché un'osservazione simile, sull'aiuto spontaneo dei compagni in difficoltà, si trova nei resoconti sulle esperienze di Emma Castelnuovo con i ragazzi delle scuole medie, ad esempio:

... lavorando con le mani e osservando, i ragazzi si aiutano tra loro, aiutano il compagno che incontra maggiori

difficoltà a raggiungere i risultati degli altri. Non conta solo la spiegazione del maestro, ma anche quella dei

compagni, che in genere adoperano esempi più semplici.

RIFLESSIONI SU "COME RISOLVERE UN PROBLEMA"

I seguenti brani, presi da un articolo di mio padre, a proposito dei problemi di Fisica, e della loro importanza

nella formazione scientifica degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, saranno la guida per

questa conversazione. Si tratta di problemi di Fisica, ma ciò che scrive può essere facilmente trasposto al caso

di problemi che riguardano situazioni "reali" e che vanno risolti matematicamente, ad esempio, i problemi di

probabilità hanno spesso questa caratteristica.

-----------------------------------------------------------

da Fiorenzo Nappo, Come si può risolvere un problema di fisica? , SCUOLA VIVA, dicembre 1967

----omissis----

Il problema di fisica impone all'alunno una serie di prove sulle sue capacità intellettive; lo costringe infatti alla

riflessione attraverso una minuziosa analisi del testo per capirne lo scopo; migliora le sue doti di intuizione,

affinandole, per il tramite della ricerca delle soluzioni ed infine obbliga lo studente ad accettare in maniera

critica i risultati ottenuti dalla risoluzione matematica.

Il problema di fisica, pertanto, non deve essere inteso come una pura e semplice applicazione di formule, nelle

quali alle lettere è sufficiente sostituire i dati numerici del problema ed effettuare i relativi calcoli.

Anche questo è necessario e costituisce una delle parti essenziali nello svolgimento di un problema, ma ridurre

soltanto al calcolo numerico la risoluzione di un problema di fisica equivale ad inaridire la sua funzione di

profonda meditazione e di sottili intuizioni.

Pertanto il problema di fisica non deve essere inteso come una banale applicazione di leggi già note, ma come

uno strumento veramente efficace nel quadro generale della formazione culturale dello studente.

Inoltre la risoluzione di un problema garantisce in maniera inequivocabile l'insegnante della reale

comprensione da parte dell'allievo della materia svolta.

----omissis----

Nella risoluzione di un problema di fisica esistono diverse fasi il cui schema è indicato nel seguente prospetto

a) analisi e risoluzione schematica del problema

b) risoluzione formale

c) controllo dimensionale

d) calcoli numerici

e) verifiche qualitative, osservazioni e complementi

Ho riportato tutti (o quasi) i 5 punti elencati da mio padre, ma ci soffermeremo principalmente sul primo punto

e sull'ultimo.

a) analisi e risoluzione schematica del problema

E' questa la prima e forse la più importante fase, poiché in essa l'allievo deve analizzare il problema

attentamente e deve chiedersi quali idee sono contenute in esso.

Questa analisi ponderata e minuziosa porta a capire l'argomento richiesto, ad inquadrarlo nel complesso delle

nozioni acquisite, ad intuirne lo scopo.

Una volta capito il problema, la risoluzione schematica è la breve e succinta indicazione della strada per

risolvere il problema.

Tutta questa parte deve essere svolta non adoperando simboli matematici, ma esprimendo concetti.

In questo l'allievo si abitua ad acquisire delle idee, delle quali i simboli matematici sono una breve e

succinta indicazione ma (per l'allievo) non lo sono mai, in generale, con estrema chiarezza.

I simboli matematici sono una conseguenza immediata e rappresentativa delle idee, che non possono

essere sostituite da alcun simbolo.

b) risoluzione formale

----omissis--- E' necessario fare bene attenzione nella risoluzione del sistema poiché le operazioni matematiche,

talvolta, impongono limitazioni alle grandezze (coinvolte) ----omissis---

In generale l'attenzione dell'allievo si dirige con troppa immediatezza alla parte formale, che è invece

l'espressione matematica delle idee contenute nel problema e che deve essere pertanto successiva all'analisi e

alla risoluzione schematica di esso.

c) controllo dimensionale

----omissis---- Il controllo dimensionale è un controllo qualitativo; infatti, se esiste un errore numerico nel

risultato ottenuto dalla risoluzione formale, esso non è posto in evidenza dal controllo dimensionale, poiché un

numero non ha dimensioni.

d) calcoli numerici

----omissis---- Ogni dato di un problema è il risultato di una misura ed in fisica non esistono misure esatte.

Ad esempio si conosce un lato di una lastra rettangolare di vetro che è di m 0,75: ciò vuole dire che la misura

è esatta fino ai centimetri, cioè la vera lunghezza è compresa tra 74 e 75 cm. ----omissis----

Nota Bene: Le parole tra parentesi (per l'allievo) e (coinvolte) sono aggiunte per maggiore chiarezza

e) verifiche qualitative, osservazioni e complementi

In questa fase il problema trova una ulteriore verifica nella ricerca di problemi analoghi di tipo più semplice

----omissis---- Ad esempio si vuol sapere il tempo di caduta di un grave nell'aria, con velocità iniziale nulla a

partire da un'altezza assegnata.

E' evidente che il tempo di caduta del grave senza la resistenza dell'aria nelle medesime condizioni è

certamente inferiore e pertanto il suo calcolo dà una verifica qualitativa.

Le osservazioni servono talvolta a trovare risoluzioni per strade diverse da quella seguita ovvero servono a

sviluppare in maniera più dettagliata questioni marginali inerenti al proposto.

Infine i complementi danno la possibilità di generalizzare il problema; di solito la generalizzazione porta a

trattare e risolvere questioni più difficili e complesse.

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a) analisi e risoluzione schematica del problema

MATEMATICA E LINGUAGGIO

“la risoluzione schematica è la breve e succinta indicazione della strada per risolvere il problema. Tutta

questa parte deve essere svolta non adoperando simboli matematici, ma esprimendo concetti.“-

Su questo punto è bello accostare le parole di Emma Castelnuovo in un'intervista con Franco Lorenzoni

(maestro elementare e fondatore della Casa-Laboratoriodi Cenci e promotore dell'OFFICINA MATEMATICA)

- Emma Castelnuovo: Scrivere è molto importante e io credo che il linguaggio possa essere facilitato dalla

matematica. Se devi spiegare come si costruisce un rettangolo che ha la base tripla dell’altezza, questo è più

facile che raccontare un’esperienza che hai vissuto. Così la matematica può facilitare un uso corretto del

linguaggio, perché ci sono da adoperare poche parole, ma in modo chiaro e sintetico. La matematica può

aiutare a parlare bene l’italiano. Non una matematica fredda, naturalmente, ma una matematica appresa con

i materiali, di cui poi si possano verbalizzare i passaggi e le scoperte fatte con poche parole semplici, chiare,

legate all’esperienza.

“L'allievo deve analizzare il problema attentamente”

La lettura attenta del testo deve essere un punto fondamentale e, per esperienza di docente, posso affermare

che è spesso la vera causa degli errori degli studenti. A questo proposito voglio raccontare un episodio, che

amo ricordare. Ad un ragazzo, che non avevo mai incontrato prima, pur essendo figlio di amici, e che doveva

superare l'esame di scuola media consigliai: - Quando dovrai risolvere il problema di matematica, leggi bene il

testo: per rispondere bene devi aver capito bene le domande. -

Lo incontrai qualche tempo dopo: con grande orgoglio mi disse di aver superato brillantemente l'esame e di

aver letto per ben sei volte il testo (forse aveva anche esagerato... e sicuramente il merito era suo e della

mamma, ma mi piace pensare di aver contribuito un pochino anche io...)

IDEE PRIMA DEI SIMBOLI

"L'importante è acquisire delle idee, delle quali i simboli matematici sono una breve e succinta indicazione."

ESEMPIO a livello di scuola elementare TORTE E FRAZIONI: mio padre mi aveva spiegato cosa era una frazione

1/2, 1/3, 1/4, 1/5, 1/6 etc. attraverso le fette di una torta divisa in 2,3,4,5,6 etc. parti uguali

UN MEZZO

UN MEZZO

UN TERZO

UN TERZO

UN TERZO

UN SESTO

UN SESTO

UN SESTO

UN SESTO

UN SESTO

UN SESTO

ma senza assolutamente indicare come si scrivono, ne conoscevo solo il nome, il significato, MA

ASSOLUTAMENTE NON IL SIMBOLO MATEMATICO!!!

In questo modo potevo eseguire semplici equivalenze e/o risolvere semplici problemini come, ad esempio, due

sesti è uguale a un terzo ( 1/6+1/6 = 1/3) OSSIA potevo rispondere alla domanda: mangiare due fette di una

torta divisa in sei parti uguali è lo stesso che mangiarne una fetta di una torta divisa in tre parti uguali?

oppure 1- (1/2+ 1/6) = 1/3 OSSIA potevo rispondere alla domanda: se ricevi prima metà di una torta e poi un

sesto, quanto ne rimane per tuo fratello?

oppure 1/2 -1/6=1/3 OSSIA potevo rispondere alla domanda: se ricevi metà di una torta e ne mangi una fetta

da un sesto, quanta te ne rimane da mangiare?

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Vorrei citare anche un'altra esperienza personale, questa volta come docente. Un ragazzo, nipote acquisito,

aveva qualche difficoltà nelle operazioni algebriche del tipo -9+4: cominciava a "DARE I NUMERI" non sapeva

cosa doveva fare, ma appena gli dicevo, se mi hai dato 9 fumetti, io te ne devo 9, e te ne mancano 9, ovvero

"sei a quota -9". Se te ne restituisco 4, quanti te ne devo? e quindi a che quota sei? rispondeva sicuro : - Me ne

devi ancora 5, e quindi "sono a quota -5"-

Ovviamente il ragazzo non aveva attaccato ai numeri con segno nessun significato "reale" e, non avendo una

guida, entrava in confusione: è possibile ripetere a pappagallo frasi in una lingua sconosciuta e delle quali si

ignora il significato, ma non si può tradurre quelle frasi ne' esprimere concetti in quella lingua incomprensibile.

c) controllo dimensionale

"un numero non ha dimensioni": anche senza scomodare la Fisica e a livello di scuola elementare/media si

può e si deve dare un significato alla dimensione e a delle "REGOLE" di calcolo, come, ad esempio, la verifica

che (3/2) (2/3) = (2/3) (3/2) = 1. Ad esempio, si può aggiungere la “dimensione torta”, proseguendo la

raffigurazione delle frazioni con le torte.

(3/2) (2/3 di torta) = 1 torta

__________________________________________________________________________________

(2/3) (3/2 di torta) = 1 torta

Ovviamente la "torta" può essere sostituita con una "pizza", a seconda dei gusti e si può generalizzare ad altre

operazioni. Inoltre bisogna avere a disposizione più di una torta/pizza e sarebbe bene poter raffigurare le

torte/pizze con cerchi di cartoncino, e poterle tagliare con le forbici, anche se un disegno ha già un certo

effetto.

UN ESEMPIO DI PROBABILITA’: CALCOLO DELLA PROBABILITA' DI ESTRARRE UNA PALLINA BIANCA DA

UN'URNA (CON COMPOSIZIONE NOTA) senza formule (o quasi)

Si fanno diverse estrazioni da un'urna che contiene b palline bianche ed r rosse (b ed r numeri noti).

Problema 1: Calcolare la probabilità che nella prima estrazione la pallina estratta sia bianca.

La probabilità di estrazione di una pallina alla prima estrazione da un'urna è b/(b+r).

Problema 2: Calcolare la probabilità che nella seconda estrazione la pallina estratta sia bianca.

Qui bisogna chiarire bene le condizioni:

Le estrazioni sono con reinserimento o no?

Conosco l'esito della prima estrazione o no?

Nel caso di estrazioni con reinserimento, non ci sono problemi, di solito tutti si convincono, che la

probabilità di estrazione di una pallina alla seconda estrazione da un'urna è b/(b+r), e

indipendentemente dalla conoscenza o meno delle estrazioni precedenti.

Nel caso di estrazioni senza reinserimento, di solito capita sempre qualcuno che afferma che tale

probabilità vale (b-1)/(b+r-1), dando per scontato che nella prima estrazione sia uscita una pallina

bianca, perché nella domanda precedente ho chiesto quanto valeva la probabilità che uscisse una

pallina bianca alla prima estrazione (ecco di nuovo l’importanza di capire il testo)

Faccio allora la seguente precisazione: sono arrivata troppo tardi e NON so il colore della prima pallina

estratta. Ovviamente il problema si può risolvere in diversi modi, ma qui ci interessa un modo

sintetico che faccia capire a tutti, anche ai non matematici che tale probabilità vale ugualmente

b/(b+r), sia che le estrazioni siano con reinserimento o no.

SITAUZIONE CONCRETA/INTUIZIONE Di solito faccio il seguente discorso: Pensate che sia equivalente

estrarre le due palline contemporaneamente, una pallina con la mano destra e un'altra con la mano

sinistra e le tirandole fuori entrambe, a mani chiuse in modo che le palline siano nei miei pugni e

nessuno possa vedere il colore (nemmeno io) e decidere, di comune accordo, che quella nella mano

destra è la prima pallina estratta e quella nella mano sinistra è la seconda? Di solito tutti si dichiarano

d’accordo e concordano anche sul valutare la probabilità che la pallina nella mano destra sia bianca

come b/(b+r).

E se invece si decidesse che la prima pallina estratta sia quella nella mano sinistra? Anche in questo

caso si tratta di un problema equivalente. A questo punto quindi la probabilità di pallina bianca nella

mano sinistra vale b/(b+r). Ma la probabilità di pallina bianca nella mano sinistra non dipende dalla

decisione di considerarla prima estratta o seconda estratta e quindi ci si convince che la probabilità

che la seconda pallina sia bianca è uguale alla probabilità che la prima sia bianca e vale b/(b+r).

GENERALIZZAZIONE Lo stesso discorso varrebbe se fossi un polipo a più mani. E quindi la probabilità

che l'n-sima pallina estratta sia bianca vale sempre b/(b+r), sia nel caso di estrazioni con

reinserimento che senza reinserimento.

OSSERVAZIONI caso particolare b=3 r=4 estrazioni SENZA reinserimento, posso parlare di n-sima

estrazione per n=9?

Ovviamente no, allora chiaramente c'è una precisazione da fare, nel caso di estrazioni SENZA

reinserimento: la GENERALIZZAZIONE PRECEDENTE vale solo per n minore o uguale a b+r

COMPLEMENTI Ovviamente poi tali intuizioni vanno motivate con una o due dimostrazioni diverse,

(formula delle probabilità totali, o corrispondenza biunivoca tra gli insiemi che rappresentano gli

eventi) ma è da notare che non serve alcuna conoscenza matematica per accettare il ragionamento

precedente.

d) calcoli numerici

“Ogni dato di un problema è il risultato di una misura ed in fisica non esistono misure esatte”.

Anche se non si tratta di fisica, ma si rimane nel campo della matematica, e della matematica delle elementari,

si può dare l’idea che alcune misure possono non essere esatte, o che si possono dare delle “stime” o meglio

delle “limitazioni” di alcune misure.

Ancora un esempio autobiografico: ovviamente il bambino o il ragazzo non possono "dimostrare" la formula

dell'area del cerchio, ma mi piace raccontare come mi rimase impressa la seguente costruzione e il successivo

racconto storico, per “capire” la formula dell’area del cerchio di raggio r:

AREA DEL CERCHIO DI RAGGIO r = 3,14 r2

l'area del cerchio è chiaramente compresa tra 2 r2 e 4 r2 ed è vicina a tre volte r2

2 r2 < AREA DEL CERCHIO DI RAGGIO r < 4 r2

Mi rimase molto impresso: avevo una chiave per poter ricordare questa "strana formula"!

Questa volta non era stato mio padre, ma una brava insegnante!

L'insegnate raccontò anche che l'area del cerchio era stata calcolata da Pitagora, con sempre maggiore

precisione, calcolando l’area di altre figure iscritte e circoscritte al cerchio.

LA CONCRETEZZA AIUTA A RICORDARE

"Non si dimenticano le cose che si sono viste e su cui si è operato."

(Emma Castelnuovo, intervista citata)

Un possibile sviluppo, successivo, alla scuola media potrebbe essere quello di calcolare l'area dell'esagono

interno

come 6 volte l'area del triangolo equilatero di lato il raggio r.

Qui serve il teorema di Pitagora inverso, applicato a mezzo triangolo:

ossia è noto un cateto r/2 ed è nota l'ipotenusa r : bisogna trovare l'altezza h !

A partire da (r/2)2 + h2 = r2 si ottiene h2= (1-1/4) r2 da cui h = (3) /2 r

e l'area dell'esagono interno è quindi 6 h r /2 =3 h r =3 (3) /2 r2 ossia circa 2,598 r2,

come si ottiene facilmente attraverso una calcolatrice.

In modo analogo si può calcolare l'area dell'esagono esterno

come 6 volte l'area del triangolo equilatero di altezza il raggio r.

Di tale triangolo è nota solo l'altezza r : bisogna trovare il lato s !

Il lato s si può trovare con la proporzione s : r = r : h , e ricordando che h = (3) /2 r

si trova che s = r2/h = r 2/ (3)

e l'area dell'esagono esterno è quindi 6 r s /2 =3 s r = 2 (3) r2 ossia circa 3,464 r2.

In conclusione, utilizzando una calcolatrice, i ragazzi possono trovare una nuova limitazione all'area del cerchio

2,598 r2 < AREA DEL CERCHIO DI RAGGIO r < 3,464 r2

Ed ecco un esempio di calcolo numerico (anche se solo accennato) ma che può essere utilissimo per capire il

significato della precisione di un calcolo.

Inoltre questo esempio potrebbe diventare un esempio di calcolo numerico ed essere utile anche quando si

tratta il metodo dell'estrazione delle radici quadrate!! infatti, in verità, il calcolo precedente ci ha permesso di

dire che

3 (3) /2 r2 < AREA DEL CERCHIO DI RAGGIO r < 2 (3) r2

ma per trovare delle limitazioni superiori ed inferiori serve trovare delle limitazioni superiori ed inferiori alla

radice di 3 . . . e ciò in sostanza equivale al metodo di estrazione della radice quadrata.

e) verifiche qualitative, osservazioni e complementi

La verifica dei risultati è una fase molto importante, anzi fondamentale. Ed è quella che, per

esperienza personale di docente, è meno presente negli studenti universitari. Forse ciò è dovuto alla

fretta e al poco tempo che gli studenti hanno nei compiti scritti ai quali li sottoponiamo, me temo che

sia un fatto più generale, ossia che nella scuola non si dia abbastanza importanza a questa fase.

Non si può ottenere un risultato assurdo, neanche negli esercizi più standard di analisi.

Ad esempio, se una funzione è positiva su un intervallo, il suo integrale su quel'intervallo DEVE venire

positivo, NON può essere un numero negativo. Se il risultato è negativo significa che c'è un errore,

magari è solo una semplice svista, ma va segnalata, cioè è importante abituare gli studenti a

controllare se i risultati sono ragionevoli, plausibili.

Mio padre possedeva il libro di Polya, Come risolvere un problema di matematica, (ed. italiana 1967),

"Se non riesci a risolvere un problema, ce ne sarà uno più facile che riesci a risolvere: trovalo."

Si vede subito la connessione con l’osservazione di mio padre a proposito della caduta di un grave

“E' evidente che il tempo di caduta del grave senza la resistenza dell'aria nelle medesime condizioni è

certamente inferiore e pertanto il suo calcolo dà una verifica qualitativa.”

Proprio grazie al fatto che era in casa, ebbi la fortuna di poter leggere il libro di Polya, quando ero

studentessa universitaria, e questo punto era fondamentale!

Ai miei studenti di probabilità posso perdonare sviste di ogni tipo, ma non c’è pietà per aver “trovato”

una probabilità maggiore di uno o, peggio, minore di zero! A volte (ma confesso, raramente) mi sono

sbizzarrita a proporre diverse soluzioni di un problema e a chiedere quali fossero quelle che andavo

sicuramente scartate, spiegandone il motivo.

Forse questo tipo di esercizi dovrebbe avere un posto nell'apprendimento della matematica e

abituerebbe lo studente a controllare se i risultati ottenuti sono appunto plausibili.

Per quanto riguarda poi le osservazioni e i complementi, questo è il terreno di Emma Castelnuovo, le

cui linee guida sono sintetizzate da Franco Lorenzoni in questo modo

- Emma Castelnuovo: ----omissis--- toccare è osservare. L’osservazione viene aiutata dalla mano ed io mi

chiedo: che cosa succede ora, che la mano non si adopera quasi più? Ci sono programmi per l’insegnamento

della geometria con il computer, come il Cabrì. Sullo schermo, però, le figure si vedono ma non si toccano.

Quindi tu vedi, ma non ti vengono in mente tanti problemi. Problemi e domande che invece arrivano quando

tocchi, manipoli.

CONCETTO DI LIMITE, UN ESEMPIO per la scuola media (ispirato da Emma Castelnuovo):

Somma della serie geometrica di ragione 1/2 1=1/2+1/4+1/8+1/16+1/32+1/64+1/128+1/256+.....

Si potrebbe generalizzare per il calcolo della serie x+x2+x3+x4+x5+...., ma forse non è poi così interessante...

PIU' BELLA L'INTERPRETAZIONE DA MATEMATICA NELLA REALTA' (E. Castelnuovo, M. Barra)

-------- da Emma Castelnuovo CONOSCERE ATTRAVERSO LA MATEMATICA: LINGUAGGIO E REALTA' --------

scaricabile da http://matematicandoinsieme.wordpress.com/vedere-oltre-le-figure-e-i-numeri/

1. Premessa

-----omissis---- Con tutto il pessimismo che possiamo avere, c’è però oggi, per la scuola italiana, un lato positivo: la sempre più forte presenza di allievi stranieri. Figli di persone che hanno lasciato il loro paese per sfuggire a guerre, a ideologie politiche, a disoccupazione, a una vita che non permette di vivere. Questi allievi entrano nelle nostre scuole portando, sempre, qualcosa di diverso. Il solo fatto di conoscere male la nostra lingua è un grande aiuto per i compagni italiani: è un invito ad esprimersi in modo corretto per farsi capire, a dire la stessa cosa con termini diversi, ad approfondire, anche se inconsciamente, l’etimologia delle parole, a confrontare parole e scritture delle varie lingue, a capire che i segni per le lettere e per in numeri non sono uguali in tutti i Paesi. A rendersi conto, anche, che la lingua italiana non è poi tanto ricca; e basta riferirsi alla sola matematica per capirlo. -----omissis---- Un termine matematico che riesce difficile agli allievi stranieri (che parlano qualunque altra lingua) è la preposizione “per“. Nella lingua italiana si usa per tutto: come complemento di tempo, di stato, di luogo,… E in matematica, ed è qui la difficoltà per gli stranieri, si utilizza per due operazioni l’una inversa dell’altra: la moltiplicazione e la divisione: si dice infatti “3 per 4”, e si dice anche “8 diviso per 2”. ANCHE PER GLI STUDENTI ITALIANI!!! Molto meglio l'inglese in cui si dice "3 volte 4"!!! E non sarebbe meglio dire “8 diviso (in parti uguali) tra 2”, oppure “8 diviso in 2 (parti uguali)"?!?! Aiutare i compagni stranieri in matematica vuol dire aiutare se stessi. Accade poi che gli allievi italiani ricevono dai compagni stranieri, oltre a una migliore conoscenza della propria lingua, uno stimolo verso la percezione materiale, l’osservazione, l’intuizione,……; doti, queste, che nei nostri Paesi sviluppati si vanno sempre più indebolendo. Mi ricorda, questo, quando un secolo fa, nel 1908, scriveva lo storico della matematica David Eugene Smith a proposito dell’insegnamento della matematica nelle Scuole Secondarie degli Stati Uniti. Diceva che nella scuola l’insegnamento della matematica è troppo astratto, ma che, fortunatamente, la presenza di tanti poveri emigrati che hanno lasciato il vecchio continente, l’Europa, per cercare lavoro in America, porterà un soffio di aria nuova perché spesso hanno più intuizione e più spirito di osservazione dei nostri giovani. Ecco ricordiamocelo, fra questi emigrati che venivano dall’Europa, c’erano molti italiani. La storia si ripete … In questo clima di amicizia e di collaborazione vogliamo che i ragazzi costruiscano la Matematica.

2. Il Triangolo

Mi riferisco, come ho detto prima, alla Scuola Media e penso ai tre anni. Fermo l’attenzione su una sola figura: il triangolo. Una figura scialba, il triangolo. Lo voglio considerare in vari contesti.

a) Lati E’ solo lavorando con un materiale, delle sbarrette tipo meccano, che ci si rende conto di una proprietà caratteristica del triangolo: è l’unico poligono rigido. Si coglie bene questa proprietà confrontandolo con altri poligoni sempre costruiti con sbarrette. Questa caratteristica ci porta a guardarci intorno: le impalcature, i ponteggi, tutte le costruzioni edili sono basate sul triangolo. Questa osservazione ci fa riflettere sulle costruzioni antiche e ci porta a renderci conto come la tecnologia, nei secoli, abbia fatto raggiungere al triangolo una posizione unica nell’architettura: basta osservare la griglia a doppia rete dell’Expo di Montreal del 1967; è una vera opera d’arte.

b) Angoli E’ la considerazione degli angoli di un triangolo che porta, in modo naturale, a cogliere concetti elevati in matematica. Costruiamo, su una tavoletta, un triangolo realizzato in filo elastico, con base fissa. Si possono ottenere tanti triangoli: basta spostare un punto dell’elastico. Per semplicità, realizziamo dei triangoli isosceli e portiamo l’attenzione sugli angoli. Non c’è bisogno di “spingere” all’osservazione: il movimento, la variazione fanno notare subito che se gli angoli alla base diventano più piccoli, l’angolo al vertice aumenta, mentre, se aumentano gli angoli alla base, diminuisce l’angolo al vertice. Sono i casi limite che attirano l’attenzione. E’ il movimento che porta a cogliere questi due casi estremi. E sono i due casi limite che portano ad intuire un’invariante: la costanza della somma degli angoli di un triangolo. (fig.1)

Penso che chi non ha avuto l’occasione di provare questa esperienza didattica non possa immaginare quale impressione può suscitare in allievi di undici/dodici anni la scoperta di questa proprietà. E’ il movimento, la variazione che hanno portato alla scoperta di una invariante. E subito, l’espressione “caso limite”, “invariante” diventa di tutti, come un fatto naturale. E il concetto di funzione comincia, anch’esso, a far parte del vocabolario di tutti.

c) Area costante. Perimetro minimo E’ ancora un filo elastico che ci aiuta a costruire dei triangoli di ugual base e di uguale altezza, e dunque di uguale area. Si fissano due chiodi, A e B, su una tavoletta; questi saranno gli estremi della base. Si dispone poi un filo di ferro sulla tavoletta, parallelamente alla base, e si fa in modo che un elastico legato ai chiodi A e B abbracci il filo di ferro. Scorrendo lungo il filo di ferro, si realizzano tanti triangoli di ugual base e di uguale altezza, e dunque di uguale area. Lasciando libero l’elastico, questo verrà a disporsi dove la tensione è minima: è il caso del triangolo isoscele. Il fatto che il triangolo isoscele ha il perimetro minimo si potrebbe anche dimostrare in base al teorema di Pitagora. Si conclude che fra tutti i triangoli di ugual base e uguale altezza, e quindi di uguale area, è il triangolo isoscele ad avere il perimetro minimo. (fig.2)

E’ bello, poi, portare l’attenzione sulla riflessione della luce: anche un raggio di luce percorre il cammino minimo.

d) Perimetro costante. Area massima.

Il problema duale, cioè il problema che riguarda i triangoli di ugual base e uguale perimetro, si realizza con un pezzo di spago. Ora conviene valersi della vecchia lavagna in modo che siano i ragazzi stessi a lavorare. Sono tre i ragazzi che operano; gli altri “vivono” questa costruzione. Due ragazzi tengono fissi sulla lavagna gli estremi di un pezzo di spago; lo spago deve avere una lunghezza maggiore della distanza fra le dita dei due ragazzi. Un terzo compagno fa in modo, utilizzando un gessetto, che lo spago sia sempre ben teso. Realizzano così tanti triangoli che hanno la stessa base. Ma . . . non c’è tempo di osservare tanti triangoli . . . perché il gessetto, che non viene mai staccato dalla lavagna, sta tracciando una curva: è un’ellisse. (fig.3)

Questa costruzione così semplice lascia tutti sbalorditi! Poi, avvicinano o allontanano gli estremi dello spago: tante forme di ellissi; e si può ottenere anche un cerchio. Il cerchio è un ellisse particolare. Il nostro problema riguardava l’area dei triangoli di ugual base e uguale perimetro: l’area è massima quando l’altezza è massima; è un triangolo isoscele, anche in questo caso, che realizza un caso importante: il massimo. Ma torniamo alla curva: l’ellisse. Qualcuno scrive: “questa curva la vedevo sempre, ma non ci facevo caso ….: è l’ombra di un disco segnaletico data dai raggi del sole. E’ la matematica che me l’ha fatta vedere …”. La matematica fa osservare la realtà ! E ancora il disegno, la prospettiva, l’arte, la storia. Ma vediamola meglio,questa curva. Studiamola proprio a partire dalla costruzione che abbiamo fatto avvalendoci dello spago. Quei due punti dove sono fissati gli estremi dello spago hanno, anche, una proprietà che riguarda la riflessione della luce: la proprietà dei fuochi si mette in evidenza costruendo una “fascia ellittica” in lamiera, e disponendo una piccola lampadina in uno dei due fuochi. E allora, e ancora una volta, dalla matematica alla realtà: l’arte. Costruzioni architettoniche che hanno

la forma di ellisse e costruzioni che sembrano ellissi ma non hanno la proprietà dei fuochi. A Roma, ha forma ellittica la Chiesa di Sant’ Andrea al Quirinale, opera del Bernini; mentre non ha forma ellittica la Piazza San Pietro, opera dello stesso Bernini. E di nuovo, matematica. Il cerchio, si è visto, è un ellisse particolare: basta far sovrapporre i due fuochi. Allora, un’idea: se si disegna un cerchio su una tela elastica e poi “si stira“ la tela nella direzione dei fili elastici, i due fuochi che erano sovrapposti vengono distanziati: dal cerchio all’ellisse con una trasformazione affine, e, quindi, con equazioni. Ci si basa sulla teoria dell’elasticità. Concetti nuovi ispirati alla realtà e al concreto; concetti nuovi realizzati con metodi matematici.

PER CONCLUDERE: LA PROBABILITA’ AL POSTO DELLA FISICA?

Avevo iniziato dicendo che, secondo me, la probabilità può avere il ruolo che mio padre auspicava per la fisica,

e aggiungo non solo a livello di scuole superiori, ma anche a livello inferiore. Di questo sono pienamente

convinta e per concludere vorrei sottoporvi l’opinione di Emma Castelnuovo (INDUZIONI, vol. 46, n.6 1993)

Dopo aver ricordato che nei programmi del 1979, scritto a temi, appariva un tema nuovo “LA MATEMATICA

DEL CERTO E DELL’INCERTO” e dopo aver passato in rassegna alcuni pregiudizi (da sfatare) Emma Castelnuovo

propone di cominciare con esempi concreti, come il problema della trasmissione delle malattie genetiche

(microcitemia e Morbo di Cooley) passando naturalmente al problema del lancio di testa e croce, per poi

tornare alla trasmissione dei caratteri ereditari e all’interpretazione statistica di frasi del tipo “In Italia c’è un

microcitemico ogni 25 abitanti”. Emma Castelnuovo finisce infine con queste parole nelle quali mi rispecchio

perfettamente

Credo che nessun argomento di matematica, oltre a essere fortemente legato con le altre discipline, è così

condizionato dalla vita di tutti i giorni: dai rapporti con la società a quelli più intimi con noi stessi. A mio avviso è

proprio su queste aperture, verso l’esterno e verso l’interno, che dobbiamo costruire l’insegnamento del tema

“matematica del certo e dell’incerto”

E’ proprio questo carattere di interazione con la realtà che mi ha fatto “innamorare” della probabilità, che ho

incontrato durante il mio percorso universitario grazie al prof. Giorgio Koch, che mi ha introdotto in questo

terreno e al libro di Bruno de Finetti, che Giorgio Koch volle adottare subito dopo essergli subentrato nella

cattedra di Probabilità, che, prima ancora di de Finetti era stata di Guido Castelnuovo, il padre di Emma . . .

Non mi permetto di fare paragoni, ma sicuramente sento un punto in comune con Emma Castelnuovo:

la fortuna che entrambe abbiamo avuto, di crescere accanto a un padre con una grande passione e grande

energia, un esempio fondamentale nella nostra formazione (. . . tutto, ovviamente, in proporzione . . .)

Se c’è tempo . . . su altri pensieri di Emma Castelnuovo

L'IMPERFEZIONE DELLA MATEMATICA

“E’ mettersi allo stesso livello, cioè suscitare interesse e quindi discussioni, accettare domande su domande,

anche le più balorde! Accettare delle domande a cui, là per là, non si sa rispondere e non avere scrupolo di dire:

guardate non lo so. Questa è la cosa fondamentale indipendentemente dalla materia che si insegna” .

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- Franco Lorenzoni : Più volte hai detto che il professore non deve stare in cattedra, si deve mettere al livello

degli allievi e non deve avere paura di mostrare le difficoltà che anche lui incontra.

- Emma Castelnuovo : Si, perché in generale chi insegna non vuole mostrare le sue difficoltà, e invece spesso

trova le stesse difficoltà dei suoi allievi. L’importante è non pensare di fare tutto alla perfezione.

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ELOGIO DELLA LENTEZZA

- Franco Lorenzoni: Quale consiglio daresti a chi comincia ad insegnare?

- Emma Castelnuovo : Non avere mai fretta! Tutti pensano al programma ma io dico: non è importante svolgere

per forza tutto il programma. L’importante è che tutti capiscano, che fra loro gli studenti si possano aiutare.

Non si deve andare avanti finché l’ultimo non ha capito. Tornare su uno stesso argomento, anche a distanza di

un anno, è molto importante. Ci sono cose che non si dimenticano. Non si dimenticano le cose che si sono viste e

su cui si è operato.

AGGIRARE LE REGOLE

Nel 1940, il padre, Guido Castelnuovo, aveva aggirato le regole secondo le quali gli ebrei non

potevano frequentare l'università e aveva inventato l'Università a distanza, ottenendo un accordo con

l'Università di Friburgo, che non richiedeva la frequenza obbligatoria, affinché gli studenti ebrei

potessero sostenere gli esami a Roma, con professori ebrei estromessi dalle Università italiane a

causa delle leggi razziali o con professori non ebrei, ma che non approvavano tali leggi.

Alla fine degli anni sessanta, ad Emma Castelnuovo e ad altri insegnanti, Lina Mancini, Luisa Ragusa e

Ugo Pamapallona, Bruno de Finetti e Lucio Lombardo Radice mandavano degli studenti universitari,

particolarmente interessati alla didattica della matematica. Non c'era un permesso ufficiale, anzi il

permesso di "ospitare" per un anno qualche studente universitario era stato negato, ma ..., prima uno,

poi due, poi quattro e anche più, erano l' in classe, come fratelli maggiori dei ragazzini della scuola

media. Ed è proprio basandosi sulle osservazioni di questi ragazzini che gli studenti universitari

scrivevano le loro tesi di laurea.

Da questo tipo di esperienze presero il via le esposizione di matematica, alcune raccolte nel famoso

libro Matematica nella Realtà, scritto in collaborazione con Mario Barra. Si trattava di oggetti

costruiti con le mani dai ragazzi e di poster in cui venivano spiegati i metodi usati. Le esposizioni sono

andate in giro per l'Europa. Alla fine degli anni settanta l'esperimento fu esportato in Niger, nella

capitale Niamey: in venti giorni Emma Castelnuovo svolgeva il programma che a Roma prendeva un

anno intero.

Particolarmente interessante il confronto tra i temi svolti dai ragazzi di Niamey e di Roma,

sull'argomento "Ieri ero io il professore"

Niamey: "Io sono contentissimo, spiegare, io allievo, a dei professori mi ha fatto sentire grande. Molti

ci chiedevano cose in più di quelle scritte sui tabelloni. E noi siamo sempre riusciti a dare delle

spiegazioni esatte; ci si aiutava tra noi".

Roma: "Tutti i nostri clienti, che erano professori, sono rimasti entusiasti, perché noi ragazzi abbiamo

saputo esprimerci bene. Se facevano qualche domanda su argomenti che non erano sui tabelloni ci si

aiutava tra di noi".

Niamey: "C'erano dei visitatori che cercavano di metterci in difficoltà. Erano gelosi, perché noi si

rispondeva troppo bene".

Roma: "Qualche volta le domande che facevano erano 'cattive', erano fatte per farci cadere, per

metterci in difficoltà. Forse erano invidiosi".

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Per altre informazioni su Emma Castelnuovo e la sua attività si veda

Lectio Magistralis "Insegnare la Matematica" Festival della Matematica, Roma 2007.

http://www.auditorium.com/eventi/4896613

APPENDICE SU KANZI (da WIKIPEDIA)

da WIKIPEDIA italiana http://it.wikipedia.org/wiki/Kanzi

Il bonobo maschio Kanzi (nato il 28 ottobre 1980) è una delle grandi scimmie antropomorfe "parlanti" più capaci e famose del mondo. Per tutta la sua vita è stato studiato e allevato dalla ricercatrice statunitense Sue Savage-Rumbaugh. "Kanzi" in swahili significa "tesoro". Nato da Lorel e Bosandjo nella stazione di ricerca di Yerkes presso la Georgia State University, Kanzi è stato sottratto alla madre e adottato da una femmina più dominante, Matata, quando aveva solo pochi mesi di vita.

Da piccolo Kanzi assisteva, senza mostrarsi molto interessato, al programma di addestramento di sua madre Matata. Sue Savage-Rumbaugh cercava di insegnarle, con poco successo, a comunicare digitando dei lessicogrammi (simboli) su una tastiera collegata a un computer. È stato con grande sorpresa della ricercatrice che un giorno, quando Matata era assente, Kanzi ha cominciato spontaneamente a usare i lessicogrammi, dimostrandosi così il primo bonobo capace di fare uso di elementi linguistici, e la prima grande scimmia antropomorfa in grado di assimilarli senza un addestramento diretto.

Da allora (aveva due anni) Kanzi ha imparato a usare centinaia di lessicogrammi e a comprendere oltre 500 parole di inglese parlato (quando sente una parola indica il lessicogramma corretto). Notevoli sarebbero anche le sue capacità di capire semplici espressioni grammaticali e di articolare alcune comprensibili parole parlate (nonostante la quasi impossibilità, per una scimmia, di pronunciare consonanti).

da WIKIPEDIA http://en.wikipedia.org/wiki/Kanzi

Kanzi was stolen and adopted shortly after birth by a more dominant female, Matata. As an infant, Kanzi accompanied

Matata to sessions where Matata was taught language through keyboard lexigrams, but showed little interest in the

lessons.

It was a great surprise to researchers then when one day, while Matata was away, Kanzi began competently using the

lexigrams, becoming not only the first observed ape to have learned aspects of language naturalistically rather than

through direct training, but also the first observed bonobo to appear to use some elements of language at all.[2][3] Within

a short time, Kanzi had mastered the ten words that researchers had been struggling to teach his adoptive mother, and he

has since learned more than two hundred more. When he hears a spoken word (through headphones, to filter out

nonverbal clues), he points to the correct lexigram.[2][3]