Martinelli.MD.Orecchio Interno

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C. Martinelli -ORECCHIO INTERNO-

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Orecchio Interno: Labirintiti, Malattia di Menière, sindromi menieriformi, Otosclerosi.

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C. Martinelli -ORECCHIO INTERNO-

Labirintiti

Derivano dall'ingresso di germi, di pus o di tossine nelle cavità labirintiche. Tale ingresso può

effettuarsi:

• dall'orecchio medio (Labirintiti Otogene), attraverso:

a. le finestre ovale o rotonda;

b. il promontorio (rilievo osseo dato dal giro basale della coclea);

c. prominenza del canale semicircolare laterale;

b. una qualsiasi zona di osteite;

• dal meato acustico interno (ciò che si può avverare nella meningite cerebro-spinale)

(Labirintiti Meningiogene);

• per fratture della rocca petrosa

• dal circolo sanguigno in corso di malattie infettive (Labirintiti Ematogene).

La sintomatologia è quasi esclusivamente funzionale, e può riassumersi nella seguente triade:

1. Sordità totale, o subtotale, ad evoluzione molto rapida;

2. Sintomi di scompenso vestibolare spontaneo quali vertigini, nistagmo, asimmetrie

toniche; essi talvolta possono passare inosservati, o perché di lieve entità o perché

mascherati da un compenso vestibolare centrale;

3. Areflessia vestibolare ai vari stimoli.

Sintomi generali, quali cefalea, febbre, tossiemia, etc., non sono mai dovuti alla labirintite: ove

siano presenti, indicano una complicanza in vista, o già in atto (ricordare la formula labirintite

purulenta + febbre a 40° = meningite !).

Labirintiti da otite media suppurativa acuta

Labirintite sierosa

È così indicata una forma lieve, in cui l'infezione degli spazi labirintici attraverso le finestre

labirintiche o lungo i vasi sanguigni (evenienza molto rara stante le poche comunicazioni vasali tra

orecchio medio e interno) è attenuata, e le lesioni si limitano a un edema o a una congestione: di

solito, compare nella prima settimana dell'otite media acuta (Labirintite precoce).

Sintomi funzionali: ipoacusia recettiva, che di rado diviene totale; acufeni; sindrome vestibolare

periferica armonica irritativa (vertigine oggettiva, vomito, nistagmo intenso verso il lato leso,

reflettività aumentata dal lato leso).

Questa forma spesso rappresenta la prima tappa di una labirintite più grave: perciò la sua

evoluzione, che mai supera i 6-8 giorni, va strettamente sorvegliata. Se la causa non viene risolta

subito si passa prima ad una rapida fase siero-fibrinosa e poi alla fase purulenta.

labirintite purulenta

Provoca sempre una più o meno estesa osteite delle pareti labirintiche, ciò che spiega il facile

complicarsi della labirintite con una pachi- o lepto-meningite, o quanto meno con una petrosite.

L'infezione alla leptomeninge si avvera attraverso il meato acustico interno e le guaine aracnoidee

del nervo acustico.

Generalmente la labirintite compare dopo 2-4 settimane d'otite acuta (Labirintite tardiva) ed è

spesso sostenuta o dallo streptococco (otite post-scarlattinosa) o dal pneumococco tipo II, spesso

con fatti di necrosi ossea acuta, rapida.

Sintomi: ipoacusia recettiva grave (con adattamento patologico e recruitment); acufeni; sindrome

vestibolare periferica armonica deficitaria (nistagmo spontaneo verso il lato sano, vertigini gravi,

reflettività diminuita o assente dal lato leso); cefalea.

Si verificano lesioni irreversibili dell'epitelio sensoriale.

Labirintiti da otite media suppurativa cronica

In due momenti evolutivi l'otite media cronica può complicarsi con una labirintite:

1. quando la suppurazione è colesteatomatosa e provoca fatti osteitici;

2. quando è in corso una riacutizzazione della flogosi.

L'invasione dell'orecchio interno può essere diffusa sia alla chiocciola che ai canali semicircolari

(labirintite diffusa) oppure limitarsi a una parte di esso e avremo allora una labirintite parziale o

circoscritta, cocleare o vestibolare (spesso conseguente all'otite colesteomatosa). Quest'ultima si

rivela spesso con il cosiddetto "segno della fistola": è dovuto a un'erosione del canale laterale

osseo (fistola labirintica o fistola endolinfatica che mette in comunicazione il labirinto membrano

con la cavità endotimpanica), perciò la compressione del trago contro l'imbocco del condotto

uditivo esterno provoca una crisi vertiginosa rotatoria oggettiva. La vertigine è dovuta all'aumento

di pressione nel condotto che attraverso la perforazione timpanica e la fistola stimola il labirinto

membranoso (corrente utriculipeta). Si ha nistagmo orizzontale con componente rotatoria verso il

lato dell'orecchio malato. Il paziente tende a cadere dalla parte opposta alla lesione.

Spesso il segno della fistola rappresenta l'unico sintomo della labirintite vestibolare (talvolta vi

sono pure: lievi vertigini, cefalea, iporeflettività allo stimolo termico). La labirintite cocleare è

meno frequente; essa è caratterizzata da gravissima ipoacusia. Evolve però facilmente in labirintite

diffusa, con osteite e necrosi progressive. Le forme cliniche di labirintite successive ad otite cronica

sono le seguenti:

Labirintite sierosa

Uguale a quella più su descritta. Insorge soprattutto dopo un intervento chirurgico radicale sulla

mastoide; è benigna, e si risolve generalmente in pochi giorni.

Labirintite purulenta

Anche questa forma ricorda l'analoga da otite acuta; però il decorso è meno tumultuoso i sintomi

hanno uno stacco netto poiché non sono mascherati dai segni otitici, la prognosi è meno riservata.

Tuttavia va seguita ora per ora potendo essa aprire la via alla meningite (controllare precocemente

il liquor!).

Labirintite cronica

Intendiamo per tale quella labirintite che subdolamente lede e distrugge i recettori vestibolari e

cocleari: è detta anche latente poiché si mette in evidenza soltanto in occasione di un esame della

funzione auricolare (dal quale risultano: anacusia, areflessia vestibolare) mentre il malato non

accusa, se mai, che modeste crisi vertiginose, e la grave sordità è da lui imputata soltanto all'otite

media.

Terapia delle labirintiti

La terapia è essenzialmente chirurgica e deve sempre essere associata a massiva

somministrazione di antibiotici. Il tipo di intervento chirurgico, che può andare, secondo i casi,

dalla semplice paracentesi timpanica, sino all'apertura del labirinto con svuotamento timpano-

petro-mastoideo, sarà suggerito dall'attenta valutazione dei dati anamnestici, clinici e radiografici.

Malattia di Menière

Affezione dell'orecchio interno e del primo neurone vestibolare caratterizzata dai seguenti

sintomi:

1. ipoacusia trasmissiva all'inizio, in seguito recettive ed infine mista, fluttuante, di media

entità, che si accentua durante le crisi vertiginose, con parziale recupero successivo,

lentamente aggravantesi con il ripetersi delle crisi, prima uni- poi bilaterale;

2. paracusia disarmonica (uno stesso suono è percepito nei due orecchi con diversa altezza)

con il progredire della malattia;

3. vertigini rotatorie "obiettive" violente (da far cadere a terra il paziente), insorgenti a crisi

improvvise, con intervalli di perfetto benessere fra una crisi e l'altra, di varia durata da

pochi minuti ad alcune ore o giorni;

4. Senso di orecchio tappato (fullness);

5. acufeni acuti;

6. fenomeni di eccitazione neurovegetativa (sudorazione, pallore, vomito, etc.);

7. durante la crisi vertiginosa si osserva nistagmo spontaneo di tipo “irritativo” (sindrome

armonica periferica irritativa: nistagmo spontaneo con la fase rapida che batte verso il lato

leso ed asimmetrie in senso opposto) e dopo alcune ore, con l'attenuarsi dei sintomi, di

tipo “deficitario” (sindrome armonica periferica deficitaria: nistagmo spontaneo con la fase

rapida che batte verso il lato sano ed asimmetrie dal lato leso). Nel periodo di benessere il

Nistagmo spontaneo è generalmente assente.

Qualunque sia la patogenesi, interessa definire con esattezza i sintomi della malattia, in ispecie nei

suoi periodi iniziali.

Periodo iniziale (stadio I) - La sintomatologia inizia con la comparsa di un idrope endolinfatico

acuto (la malattia di Menière e stata anche definita come il "glaucoma del labirinto"). Il dotto

cocleare è più facilmente distensibile dall'idrope di quanto non lo sia il labirinto posteriore

membranoso; questo spiega perché la sintomatologia, all'inizio, e non di rado anche

successivamente, mostri una prevalenza dei sintomi cocleari su quelli vestibolari. L'idrope

endolinfatico, in queste prime fasi iniziali, determina soltanto segni a carico della funzione uditiva;

e la diagnosi di malattia di Menière verrà posta per il tipico particolare aspetto della curva

audiometrica. L'idrope endolinfatico determinerebbe irrigidimento della membrana tectoria, e, per

la ben nota formula dell'impedenza, aumento di soglia per i suoni gravi (per via aerea ed ossea),

che regredisce spontaneamente o a seguito di cure. Un esame dell'udito, nel momento dell'acme

dell'episodio acuto idropico, mette in evidenza, oltre alla tipica curva audiometrica (ipoacusia

fluttuante), anche una sofferenza a livello dell'epitelio sensoriale (presenza del fenomeno del

recruitment, ecc.), cui corrisponde, dal lato soggettivo, una sensazione di fastidio quando i suoni

superano una certa intensità. Tale sintomo va sempre ricercato in presenza di un'ipoacusia perché

orienta per un interessamento delle strutture sensoriali dell'orecchio interno. Le crisi vertiginose

possono insorgere sin dal primo inizio della malattia, e questo rende più agevole la diagnosi

corretta, cosa che è naturalmente importante ai fini di una terapia precoce specifica. Si ha

vertigine rotatoria, accompagnata da nausea e vomito, sudorazione e in alcuni casi diarrea. La

crisi è preceduta da sensazione di tappamento auricolare ed acufeni nell’orecchio malato. La crisi

dura in genere da 20 minuti a 3 ore e non si accompagna a perdita di conoscenza. Risoltasi la crisi

vertiginosa scompaiono la sordità parcellare sui toni bassi, la sensazione di tappamento auricolare

e l’acufene. Non di rado, la malattia può esprimersi, per molti mesi ed anche per anni, soltanto

con le tipiche crisi di ipoacusia (malattia di Menière cocleare); anche in tal caso, in seguito,

compaiono lesioni irreversibili dell'epitelio sensoriale, e l'alterazione della curva audiometrica

resterà stabile, con il tipico aspetto "in salita", per via aerea ed ossea.

Periodo dell'idrope endolinfatico cronico (stadio II)- In questo stadio della malattia (che può

anche mancare, o, se presente, avere una durata variabile ed imprevedibile), si assiste allo

stabilizzarsi dell'ipoacusia (prima descritta) da idrope endolinfatico, con i segni costanti di una

cocleopatia irreversibile. È difficile che in questa seconda fase manchino le crisi vertiginose, più

frequenti e con remissioni estremamente variabili. Le crisi sono sempre precedute da tappamento

auricolare e da acufeni nell’orecchio sordo, anche se la loro intensità varia nel modo più strano, e

non in rapporto con il quadro di sofferenza cocleare. I pazienti si presentano generalmente al

medico generico e soprattutto allo specialista quando la malattia ha raggiunto questo stadio, per

cui una cura medica, anche mirata ed adeguata, potrà solo determinare un miglioramento della

sintomatologia vertiginosa, mentre sarà più diffìcile avere una modificazione apprezzabile della

soglia uditiva.

Fase terminale della malattia (stadio III) - E' caratterizzato da una sordità neurosensoriale severa.

In questo stadio, l'ipoacusia è pantonale, per via aerea ed ossea. Vi è una curva piatta che non

permette di per sé di fare la diagnosi di malattia di Menière, se non vi fossero gli acufeni e le crisi

vertiginose oggettive. Tipico del III stadio è la comparsa di violente sensazioni di spinta lineare

che proiettano il paziente per terra, verso l’avanti o all’indietro (catastrofe otolitica di Tumarkin)

non precedute da alcun segno premonitore e, a volte, causa di severi traumatismi. Paiono dovute a

una rottura della membrana del sacculo o dell’utricolo. Sono ben evidenti tutti i segni

paradigmatici di una cocleopatia (naturalmente irreversibile): il fenomeno del recruitment, il SISI

test, la distorsione a cupola della curva audiometrica vocale, l'abbassamento della soglia

dolorosa uditiva, ecc.. I fenomeni degenerativi hanno in questo stadio colpito anche le cellule della

cresta ampollare; la stimolazione termica labirintica dimostra, dal lato interessato,

un'iporeflettività di grado anche notevole (è difficile si giunga però all'areflettività tipica del

neurinoma nello stadio conclamato).

La malattia prende il suo nome dal primo medico che ne ha descritto i sintomi (Prospero Menière,

1861). La lesione anatomo-patologica che sta alla base dei sintomi della malattia di Menière,

consiste principalmente in un'idrope endolinfatico di tutto il sistema labirintico, con alterazioni di

tipo atrofico degenerativo dei recettori labirintici e cocleari, dovuti all'ipertensione del liquido

endolinfatico (il ripetersi delle crisi idropiche provoca lesioni irreversibili dei recettori cocleari,

maculari ed ampollari). Precede l'idrope una condizione patologica opposta, e cioè un collasso del

canale endolinfatico: esso è di breve durata, e come l'idrope deriva da una sregolazione dello

scambio ionico e idrico che di continuo si svolge attraverso le membrane del labirinto

membranoso. Talora l'idrope non colpisce tutto il sistema, ma si localizza principalmente alla

coclea: malattia di Menière cocleare, con prevalenza dei sintomi uditivi (ipoacusia, acufeni) su

quelli labirintici (vertigine, nistagmo, eccitazione neurovegetativa).

Eziopatogenesi: La causa della malattia è sconosciuta. Esistono varie ipotesi che trovano riscontro

in tutta una serie di rilievi anatomopatologici (autopsia) e clinici (esame del paziente). La

manifestazione principale è l’idrope endolinfatica cioè la distensione di tutto il labirinto

membranoso per accumulo progressivo di endolinfa. Va detto che mentre non esiste malattia di

Ménière senza idrope endolinfatica (0,2/100 persone) si può avere idrope endolinfatica senza

malattia di Ménière (0,6/100 ossa temporali di persone decedute). Il dogma fondamentale della

malattia di Ménière è che alla realizzazione della malattia concorrano molti fattori eziologici tra di

loro assai diversi e scarsamente correlabili. L'aumento della pressione endolinfatica può essere

spiegato con meccanismi legati sia ad una aumentata produzione di liquido, sia ad un diminuito

riassorbimento. Vengono pertanto portate in causa lesioni vascolari di varia natura, che possono

ricollegarsi a deficienze vitaminiche, a squilibri neurovegetativi, a infezioni focali, ad alterazioni

della permeabilità capillare per azione dell'istamina e di sostanze istaminosimili, etc. Altre volte, la

causa dell'idrope endolinfatico sembra legata a processi flogistici cronici dell'orecchio medio

(malattia di Mènière post-otitica).

Possibili fattori in grado di favorire/scatenare la M. di Menière:

1. Osmotici: Alterazione nella composizione dell'endolinfa.

2. Meccanici: Squilibrio pressorio tra endolinfa e perilinfa

3. Immunologici: Alcuni menierici reagiscono positivamente ad antigeni dell'orecchio

interno (possibilità di patogenesi autoimmune)

4. Neurovegetativi: Disfunzione del simpatico cervicale o ipertonia vagale;

5. Vascolari: Sofferenza del microcircolo, vascolarizzazione anomala del labirinto.

6. Endocrini: Associato ad alterazioni tiroidee, surrenaliche. Ipotalamiche.

ovariche, etc.

7. Ereditari. Riscontro frequente di familiarità positiva

8. Congeniti. Malformativi

9. Traumatici: Traumi cranici accidentali, traumi acustici, danni iatrogeni

10. Infettivi: ipotizzate infezioni virali subcliniche che danneggerebbero i

meccanismi di riassorbimento dell’orecchio interno (otiti medie

croniche, labirintiti, etc.. )

La causa scatenante delle crisi della malattia sarebbero periodiche rotture della membrana di

Reissner con mescolanza dei liquidi endo e perilinfatici e paralisi da potassio dei nervi ampollari ed

ipoacusia di tipo meccanico.

La diagnosi si fonda su una precisa valutazione dei sintomi soggettivi e sull'esame otofunzionale.

Caratteristico il sintomo di Lermoyez, che consiste in una modificazione, in più o in meno, della

capacità uditiva del paziente, e del tono degli acufeni, in rapporto alla crisi vertiginosa.

La chiave diagnostica della malattia di Ménière è il riscontro di una ipoacusia fluttuante in un

paziente con una storia clinica caratteristica; un deficit di più di 10 dB su due differenti frequenze

è patognomonico (Baloh- Honrubia); nelle forme iniziali la perdita uditiva è neurosensoriale , come

già detto fluttuante, con curva in salita dalle basse frequenze oppure con perdita piatta pantonale,

con recruitment a testimonianza del danno cocleare, con discriminazione vocale scarsamente

compromessa ; nelle fasi avanzate l’ipoacusia può interessare anche le frequenze acute. La

diagnosi di malattia di Ménière è basata quindi principalmente su storia clinica e dati anamnestici e

sull’indagine audiometrica tonale con test al glicerolo (possibile nelle forme non ancora

stabilizzate per confermare la fluttuazione della soglia uditiva). Il test al glicerolo che è la sostanza

più comunemente usata per ridurre l’idrope endolinfatico a scopo diagnostico (sono utilizzati

anche urea e furosemide), viene somministrato per bocca a digiuno alla dose di 1,2 ml/Kg diluito in

parti uguali con soluzione salina isotonica. Vengono valutate le variazioni della soglia audiometrica

tonale prima e dopo 1 , 2 e 3 ore dall’assunzione del farmaco. La prova viene considerata positiva

se il miglioramento è pari a 15 dB per una delle frequenze comprese tra 250 e 2000 Hz oppure di

10 dB per 2 o più frequenze. L’esame audiometrico vocale viene eseguito per quantificare la

discriminazione vocale che risulta negli stadi avanzati scadente. L’indagine impedenzometrica è

volta ad escludere una componente trasmissiva dell’orecchio medio e a confermare la presenza di

recruitment con il test di Metz; la valutazione dei potenziali evocati uditivi del tronco encefalico

fornisce risposte normali per latenza se il deficit uditivo non è superiore a 50 dB; con l’incremento

dell’ipoacusia i parametri delle risposte ABR risultano patologici. L’esame vestibolare, pur

trattandosi di patologia labirintica, presenta scarsa specificità: nella fase acuta il quadro tipico è

quello di una forma irritativa di tipo periferico (iperreflettività monolaterale alle stimolazioni

termiche e roto-acceleratorie, nistagmo spontaneo e provocato orizzontale-rotatorio che batte

verso il lato interessato con consensuali deviazioni segmentarie toniche verso il lato sano.

L’indagine vestibolare effettuata nel periodo intercritico evidenzia o una situazione di normalità

espressione di un compenso transitorio statico e dinamico tra i due labirinti oppure, quando la

malattia è progredita, una tipica sindrome vestibolare deficitaria periferica (iporeflessia

monolaterale alle stimolazioni termiche e roto-acceleratorie, nistagmo che batte verso il lato sano

con deviazioni segmentarie toniche verso il lato malato). L’indagine TAC e/o RMN è facoltativa e

rivolta soprattutto ad escludere una patologia retrolabirintica dell’angolo ponto cerebellare: sono

stati descritti restringimenti del dotto endolinfatico o ridotta pneumatizzazione dell’osso temporale

ma tali sono frequenti anche nei soggetti normali.

Diagnosi differenziale. Talora i sintomi della malattia di Mènière possono apparire isolatamente, o

con caratteri diversi da quelli indicati: si tratta in tali casi di sindromi menieriformi, con ricca

varietà di fattori eziopatogenetici. Ad esempio si possono avere: vertigini non a crisi, ma

subcontinue, senza acufeni, dovute ad una arteriosclerosi labirintica, o ad una nevrite tossica con

lieve ipoacusia. Altre volte, la sintomatologia può essere legata a una nevrite del tronco nervoso,

ad un'anomalia vascolare dell'arteria uditiva interna, a una infiammazione dell'aracnoide

retropetrosa; nei due ultimi casi è la compressione del nervo che realizza la malattia. Ancora,

sindromi menieriformi possono comparire a seguito di svariatissimi fattori morbosi; neurolabirinti

infettive, labirintosi tossiche o circolatorie, aracnoiditi della fossa cranica posteriore, azioni

riflesse sul labirinto e sui neuroni vestibolari provenienti da organi lontani (fosse nasali, denti,

stomaco, rene, organi genitali, etc.), forme espansive del fascio vascolo-nervoso dell'orecchio, in

fase iniziale.

Una flogosi labirintica (in corso di otiti acute, o di flogosi cronica riacutizzata dell'orecchio medio)

si diagnostica per il quadro timpanico, radiologico, ecc. La curva uditiva è poi diversa (iniziale

caduta sui toni acuti).

La diagnosi differenziale deve essere posta con le forme tumorali dell'orecchio interno e

dell'angolo ponto-cerebellare; va posta inoltre con le lesioni di tipo tossico, vascolare o

traumatico dei nuclei vestibolari e della sostanza reticolare del tronco encefalico, che possono

dare una sindrome vertiginosa menieriforme, nella quale, però, non vi è assolutamente

compromissione dell'udito, mancano gli acufeni e le vertigini hanno carattere subcontinuo.

Lesioni spondiloartrosiche cervicali possono causare alterazioni della parete delle arterie

vertebrali con ipoafflusso sanguigno al tronco basilare e dare luogo ad una sindrome (di Neri-

Barrè) caratterizzata da cefalea prevalentemente occipitale, da disturbi dell'equilibrio e da vertigini

che compaiono soprattutto nei movimenti di rotazione del capo. L'ipotensione arteriosa generale

può rendere manifesta o aggravare tale sindrome.

Terapia della fase acuta. L’attacco acuto è generalmente autolimitante e si risolve in poche ore

(raramente in meno di 1 ora o in più di 1 giorno) in un lento decrescendo. Il paziente assume in

genere spontaneamente un decubito sul fianco sano in quanto spesso nella fase acuta si ha un

nistagmo spontaneo di tipo irritativo che batte verso il lato interessato e pertanto la posizione sul

fianco sano inibisce il nistagmo. I movimenti della testa e degli occhi devono essere sconsigliati.

Occorre mantenere una luce ambientale soffusa per limitare le stimolazioni visive. Se la nausea è

predominante sono indicati sedativi vestibolari quali antistaminici (dimenidrinato) 50 mg. per os

fino a 4 volte al giorno oppure 100 mg. per via rettale 3 volte al giorno; prometazina (Farganesse)

25-50 mg. per os o i.m.; fenotiazine quali la proclorperazina (Stemetil); benzodiazepine quali

diazepam (Valium) 5-10 mg. per os fino a 4 volte al dì oppure per via intramuscolare o endovenosa;

anticolinergici quali la scopolamina 0,5 mg. per via transdermica; antiemetici quali

metoclopramide (Plasil) generalmente per via parenterale im. o e.v.; diuretici quali la furosemide

(Lasix); soluzioni ipertoniche (mannitolo, glicerolo) per via parenterale.

Trattamento a lungo termine. Il trattamento nella fase di remissione ha lo scopo di ridurre la

frequenza degli attacchi e di preservare l’udito; la complessità dei meccanismi eziopatogenetici

proposti per la malattia di Ménière rende spiegazione della varietà numerosità dei trattamenti

proposti.

La funzione vestibolare può essere distrutta con solfato di streptomicina; questa metodica è

particolarmente utile nei casi di malattia di Mènière bilaterale, in quanto vi è una conservazione

dell'udito.

L'intervento chirurgico è di solito riservato a quei casi in cui:

1. il trattamento medico risulta inefficace

2. la funzione uditiva risulta molto compromessa

3. le crsi vertiginose sono gravi e frequenti

Sono stati proposti diversi interventi:

1. Decompressione del sacco endolinfatico;

2. Simpaticectomia cervicale;

3. Distruzione della funzione vestibolare con ultrasuoni: questi applicati con metodo speciale

al labirinto posteriore (metodo di Arslan), modificando il regime circolatorio della regione e

distruggendo i recettori vestibolari, porta a guarigione la malattia.

4. Neurectomia vestibolare per via retrosigmoidea che consiste nella sezione del nervo

vestibolare per isolare il labirinto malato dai centri nervosi.

Sindromi menieriformi

Questo termine comprende condizioni patologiche che hanno come elemento comune una

sofferenza di differente entità a livello dell'orecchio interno, e, di conseguenza, un quadro

sintomatologico pressoché uguale (ipoacusia, acufeni e vertigini) anche se variamente combinato.

Si parla di sindromi menieriformi perché questi sintomi si riscontrano nella malattia di Menière.

condizione patologica paradigmatica di una sofferenza dell'orecchio interno. Nel maggior numero

di pazienti, la diagnosi differenziale con la malattia di Menière, anche nel suo periodo iniziale, è

possibile, non tanto sui dati soggettivi, quanto considerando i dati oggettivi (che è ben difficile

riscontrare tutti costantemente nelle sindromi menieriformi). Non si può escludere però che alcune

sindromi menieriformi possano rappresentare l'inizio atipico di una malattia di Menière vera e

propria; i fattori patogenetici in causa (angioneurosi allergica e/o dismetabolica) possono indurre,

ove poi si ripetano le crisi, ad una sofferenza secondaria delle strutture deputate alla formazione

ed al riassorbimento dei liquidi labirintici (stria vascolare, in ispecie), con la comparsa del tipico

quadro dell'idrope menierico, dapprima fluttuante, poi stabilizzato e con sofferenza dell'epitelio

sensoriale.

Le sindromi menieriformi sono pertanto quadri patologici ad eziologia difforme e variabile, ed a

meccanismo patogenetico relativamente costante (microvasale e/o dismetabolico), che vengono

raggruppate in base alla relativa uniformità del quadro sintomatologico soggettivo ed oggettivo.

L'eziologia, come si è detto, è varia, anche se i fattori in causa possono essere riuniti in due grandi

gruppi.

1. Il primo gruppo interessa i fattori capaci di modificare, in qualche modo, la vasoreattività

(abnorme in questi pazienti), come la esposizione al sole, al freddo, al vento, gli sforzi fisici

di ogni tipo, gli stress; tanto più se in momenti particolari della vita della donna

(mestruazioni, gravidanza, menopausa), o se preesistono condizioni patologiche generali

(disfunzioni endocrine, turbe circolatorie generali come ipotensione od ipertensione;

alterazioni della funzione digestiva, o della funzione renale; microangiopatie, come nel

paziente arteriosclerotico e/o nel diabetico).

2. Il secondo gruppo è da ricondurre ad una tossicosi esogena: per un eccesso di fumo o di

alcool; per l'assunzione di medicamenti ototossici (aminoglicosidi, chinino e derivati, acido

salicilico e alcuni diuretici, ecc.) od anche di medicamenti privi di effetti collaterali sulla

funzione uditiva; per l'ingestione eccessiva di cibi o di particolari alimenti (fragole, frutti di

mare, ecc.).

Un fattore eziologico di notevole rilievo è costituito dalle virosi. Non rare infatti sono le sindromi

menieriformi che insorgono in corso di affezioni virali acute, in ispecie nei periodi di pandemia,

durante la fase viremica della malattia.

I meccanismi patogenetici fondamentali possono ricondursi anch'essi a due grandi gruppi.

1. II più importante è una sofferenza a livello dei vasi dell'orecchio interno; se è interessata

l'arteria uditiva interna od uno dei suoi rami, si avrà un quadro sintomatologico tipico, e

non di rado irreversibile. Le alterazioni distrettuali del microcircolo sono però le più

importanti nell'insorgenza delle sindromi menieriformi, anche perché spiegano come

queste siano generalmente reversibili dal lato sintomatologico soggettivo ed oggettivo.

Naturalmente, il decorso e la prognosi sono diversi a seconda che il quadro sintomatologico

compaia in un paziente giovane e per la prima volta, o su di un terreno già patologico, come

nell'arteriosclerosi diffusa, nella malattia diabe-tica.ecc.

2. L'altro meccanismo patogenetico importante è correlato ad un dismetabolismo (da

tossicosi esogena e/o endogena), che può agire sia direttamente sulle strutture

dell'orecchio interno alterando la composizione e le caratteristiche biochimiche dei liquidi

labirintici, più di frequente con la mediazione del sistema microvasale. sistema che e

particolarmente sensibile a tutte le variazioni biochimiche locali (percentuale di ossigeno, di

anidride carbonica, concentrazione ionica, ecc.).

I due fattori, per la complessità del microcircolo e del metabolismo dell'orecchio interno, non di

rado si trovano ad agire in tempi successivi, e con meccanismo interdipendente e di reciproco

potenziamento; ogni alterazione vasale determina turbe biochimiche nel territorio interessato, e

queste a loro volta aggravano in intensità e nel tempo le turbe vasomotorie, in ispecie microvasali.

Il danno è ancor maggiore se il processo, direttamente od indirettamente, interessa le strutture

deputate alla formazione ed al riassorbimento dei liquidi labirintici, ed in particolare la stria

vascolare.

Le sindromi menieriformi, e non solo esse, quando insorgono nei giovani, evidenziano spesso un

substrato disreattivo particolare, che condiziona la loro comparsa. Si tratta di pazienti con turbe

nella circolazione periferica (arti freddi), con alterazioni microvasali dimostrabili a livello dei piccoli

vasi, quali, per esempio, quelli della congiuntiva, che liberano in eccesso sostanze vasoattive

(algogene), come l'istamina, la serotonina, ecc. e/o che hanno una particolare sensibilità a queste

sostanze; la liberazione avviene per meccanismi aspecifici (stress, fattori emotivi, sforzi fisici,

esposizione al sole e/o al freddo, ecc.) che, nei soggetti normali, non sono in grado di determinare

alcun evento patologico, anche transitorio.

E che esista un abnorme substrato patogenetico comune è dimostrato dal fatto che in questi

pazienti possono coesistere, nello stesso momento o in tempi successivi, condizioni patologiche

diverse dal lato sintomatologico. ma per le quali si può invocare un meccanismo patogenetico

analogo. Non è raro infatti osservare la presenza di una cefalea di tipo vasomotorio (emicrania) o

una cefalea posteriore (da interessamento del circolo vertebro-basilare) durante le crisi, o la

comparsa di una "sordità improvvisa idiopatica". Nei pazienti giovani sofferenti di malattia di

Menière (o di sindromi menieriformi) sarebbe dimostrabile un'eredità cefalgica di tipo

vasomotorio (Wolff). La frequenza poi di manifestazioni allergiche o allergo-simili delle mucose

rino-sinusali e bronchiali, e della cute, è molto alta in questi pazienti. Altro elemento da

considerare è il comune vantaggio di una terapia antistaminico-antiserotoninica, e, al contrario,

l'aggravamento portato da alcuni farmaci (ad esempio, i contraccettivi orali).

I sintomi delle sindromi menieriformi, come si è detto, ripetono quelli della malattia di Menière

negli stadi iniziali, pur essendo meno intensi e con un quadro oggettivo diverso. La sintomatologia

interessa in modo prevalente, e più di frequente, la funzione uditiva (anche se l'ipoacusia può

mancare); questo perché maggiore è la complessità del sistema circolatorio del labirinto anteriore,

e più specifica e peculiare la dignità funzionale dei singoli distretti dell'epitelio sensoriale. La crisi

vertiginosa è subcontinua, non acuta, ed è lieve. Le vertigini insorgono nel passaggio dalla

posizione eretta a quella supina e viceversa. Non ci sono nausea e vomito. Gli acufeni assumono

diverse tonalità.

La diagnosi si basa sui dati anamnestici (che permettono di identificare il fattore eziologico, e

talora anche il meccanismo patogenetico in causa), sempre tenendo presente il substrato

disreattivo che condiziona l'insorgenza della sindrome nei pazienti giovani, e la preesistenza di una

condizione patologica nelle persone di media età od anziane (in ispecie vasculopatie e/o

dismetabolismi).

L'esame otoscopico rivelerà l'assenza di dati patologici. L'esame dell'udito può variare a seconda

dell'intervallo trascorso dall'episodio acuto: generalmente, come si è detto, l'innalzamento di soglia

prevale sui toni alti, e solo raramente può interessare anche le frequenze medie o dare un deficit

pantonale non grave.

I segni vestibolari spontanei generalmente non sono molto evidenti; vi e un piccolo nistagmo

spontaneo diretto verso il lato dell'ipoacusia, e le asimmetrie toniche possono anche mancare. La

stimolazione termica evidenzia una reflettività quasi sempre normale.

La diagnosi differenziale si pone quasi esclusivamente con la malattia di Menière, che ha una

curva audiometria tipica e tale da far porre subito l'esatta diagnosi (curva da rigidità dell'orecchio

interno, cioè con innalzamento di soglia prevalente sui toni gravi, che non si ha invece nelle

sindromi menieriformi).

Nella diagnosi differenziale, deve porsi attenzione anche ad un possibile interessamento del nervo

VIII; tale evenienza si avvera, ad esempio, in presenza di un iniziale neurinoma del nervo VIII o di

un processo patologico che interessi in qualche modo la regione pontocerebellare. Il problema in

tal caso diventa strettamente specialistico e fa parte della più fine indagine otoneurologica.

La prognosi è buona, ove non vi siano altri fattori generali in causa: le crisi infatti possono ripetersi,

sia per la presenza di un substrato disreattivo generale (nei giovani), sia per la presenza di una

condizione patologica generale diffusa (vasculo-dismetabolica, nelle persone di media età od

anziane). Per tale motivo, la terapia in questi casi non può fermarsi a quella dell'episodio acuto, ma

deve tenere presente lo stato generale del paziente.

La terapia va diretta sull'episodio acuto, anzitutto, con farmaci ad azione vasoattiva; si usa l'acido

nicotinico o derivati, per la nota azione a livello del microcircolo dell'orecchio interno, e

considerando anche che un meccanismo vasospastico primitivo o secondario è in causa in queste

affezioni. Si associano anche farmaci antiedema ed antivasospastici e tali da bloccare la formazione

e l'effetto delle sostanze vasoattive che si liberano nel focolaio patologico (cortisonici,

antistaminici, ed antiserotoninici).

Ricerche più recenti hanno in parte modificato il concetto di fisiopatologia della vertigine,

introducendo la biochimica della vertigine. L'attività del sistema nervoso centrale in generale e le

complesse interazioni del sistema vestibolare in particolare sono costituite da sistemi biochimici ad

azione facilitante-inibente, che agiscono tramile i neuromediatori. Lo studio approfondito di tali

sistemi ha portato infatti ad interpretare in modo diverso alcuni dati strumentali quali

l'iperreflettività vestibolare simmetrica bilaterale, la vestibulopatia acuta che scompare nel giro di

pochi giorni senza lasciare traccia di sé e l'iporeflettività simmetrica bilaterale. Pur con la dovuta

cautela, tali quadri potrebbero essere interpretati come determinati da alterazioni biochimiche

interessanti i neuromediatori che agiscono sia in periferia che a livello del sistema vestibolare

centrale. Ricordiamo, fra le tante, le ben note sindromi vertiginose causate da carenze alimentari di

triptofano. aminoacido essenziale e precursore di uno dei principali neuromediatori, la serotonina,

e i disordini provocati dall'assunzione nelle donne di estrogeni coniugati, che ostacolerebbero

appunto il trasporto del triptofano.

Otosclerosi

L'otosclerosi (o otospongiosi) è una lesione circoscritta, a focolaio, della capsula labirintica, con

caratteri tipici e costanti, e con evoluzione progressiva. Colpisce con grande maggioranza le donne

nell'età giovane; subisce periodici aggravamenti con la gravidanza e l'allattamento (influsso

ormonico nocivo). L'etiologia è ignota: l'otosclerosi è spesso ereditaria e si trasmette per via

femminile (meccanismo di tipo ereditario prevalentemente legato al cromosoma X). Sono state

proposte diverse teorie: genetica, ormonale, vascolare, embriologica, virale, immunologica.

1. Ipotesi genetica: in molti soggetti con osteosclerosi (50%) è possibile riconoscere una forma

familiare. La trasmissione avviene con modalità autosomico dominante a bassa penetranza.

2. Ipotesi disendocrina: frequente nel sesso femminile, associata alla pubertà,

all'allattamento e alla gravidanza. Un'altra ipotesi riguarda la funzione paratiroidea, in

quanto un disparatiroidismo potrebbe innescare l'osteodistrofia tipica di questa patologia.

3. Ipotesi vascolare: l'alterazione della struttura vascolare dell'orecchio interno può esitare

verso un inadeguato apporto ematico alle strutture capsulari, con conseguente distrofia.

4. Ipotesi embriologica: disarmonia di sviluppo fra base cranica e capsula ossea labirintica.

5. Ipotesi virale: nelle cellule della capsula otica è presente il recettore glicoproteico per i

paramyxovirus, rendendo le strutture dell'orecchio interno particolarmente sensibili alle

infezioni sostenute da questi virus. In accordo con tale ipotesi, nei soggetti con otosclerosi è

stata inoltre riscontrata la presenza di materiale genetico e proteico del virus virus del

morbillo.

6. Ipotesi immunologica: Secondo le concezioni più recenti si tratterebbe di una malattia

autoimmune. La capsula labirintica differisce da tutte le altre strutture ossee del corpo in

quanto raggiunge il suo completo sviluppo circa a metà della vita fetale e non va più

soggetta ai rimaneggiamenti che contraddistinguono la crescita delle altre ossa. Si forma da

uno strato di cartilagine che ossificandosi diviene lo strato encondrale, mentre i pericondri

esterno e interno danno origine rispettivamente allo strato peri- ed endostale. Nello strato

encondrale rimangono per tutta la vita isole di cartilagine ricche in collageno di tipo II. Uno

di questi isolotti è pressochè costantemente localizzato a livello del polo anteriore della

finestra ovale. Secondo teorie recentissime, l’otosclerosi sarebbe una malattia

autoimmune. L'autoantigene, rappresentato dal collageno di tipo II (collagene embrionale

presente nell'adulto soltanto a livello della capsula labirintica), scatena una risposta

immunitaria con produzione di autoanticorpi e conseguente attivazione dei macrofagi e

degli osteoclasti che danno così inizio ad un processo di riassorbimento dell’osso cui segue

la riapposizione.

L’otosclerosi è insomma caratterizzata dalla comparsa di focolai di rimaneggiamento in un osso

che dovrebbe essere immutabile. I focolai di rimaneggiamento sono ricchi di enzimi (tripsina,

idrolasi, etc.) che possono versarsi nei liquidi labirintici e danneggiare così l’organo del Corti.

L'otosclerosi interessa prevalentemente la razza bianca, il sesso femminile (il rapporto maschi -

femmine è di 1:2), le età giovani ( tra i 20 e i 40 anni) . E’ quasi sempre (95% dei casi) bilaterale,

ma può insorgere in epoche diverse nelle due orecchie. Molti elementi fanno ritenere che, in circa

la metà dei casi, sia in gioco un’ereditarietà dominante.

In caso di otosclerosi è possibile identificare 3 fasi progressive caratterizzate da precipue

alterazioni anatomo-patologiche:

1. Fase della congestione osteoide: i capillari dei canali Haversiani si dilatano

consensualemente alla tumefazione delle strutture perivascolari subcapsulari.

2. Fase della spongiosi: un'intensa attivazione osteoclastica innesca il riassorbimento della

strutture ossee determinando un aspetto a spugna.

3. Fase della sclerosi: in seguito al riassorbimento osteoclastico, l'attività osteoblastica

provoca la deposizione di nuovo materiale osteo-fibrillare disorganizzato e non regolare.

La progressione della malattia è lenta, attuandosi nel giro di anni.

Nel 40-50% dei casi è presente un focolaio unico; nel 30—40% un duplice focolaio; nel 10-20%

focolai multipli. Può insorgere in qualsiasi punto della capsula labirintica. La malattia colpisce di

solito in maniera analoga entrambi gli orecchi. La sede più frequentemente colpita è quella della

«fissula ante fenestram» situata, come dice il nome, davanti alla finestra ovale e dove esistono

abitualmente residui cartilaginei della primitiva capsula labirintica; possono essere interessate

anche altre sedi, come la platina della staffa, la regione posteriore alla finestra ovale, il

promontorio, il canale semicircolare esterno, la finestra rotonda etc.; la malattia si manifesta

però solo quando il focolaio otosclerotico provoca una limitazione dei movimenti della staffa nella

finestra ovale: in molti casi l'otosclerosi può pertanto decorrere assolutamente asintomatica e

costituire solo un reperto anatomo-patologico.

A seconda della sede si realizzano 3 forme cliniche:

1. Forma fenestrale o stapediale o stapedio-ovalare: è presente un solo focolaio a livello della

finestra ovale. Questa forma, che è la più frequente, fa parte delle malattie dell’orecchio

medio.

2. Forma cocleare: sono presenti uno o più focolai al di fuori della finestra ovale. A rigore,

questa forma fa parte delle malattie dell’orecchio interno.

3. Forma mista, fenestrale + cocleare.

L'ipoacusia provocata dall'otosclerosi è inizialmente di tipo trasmissivo e con prevalente

interessamento dei toni bassi; si aggrava progressivamente con grande lentezza, tanto che, di solito

viene avvertita solo dopo qualche anno dall'inizio della malattia, quando cioè la perdita media di

udito supera i 30 dB e comincia a costituire un lieve impedimento alla vita di relazione. L'ipoacusia

seguita poi ad aggravarsi lentamente, man mano che diminuisce la mobilità della staffa:

dapprima si ha un progressivo innalzamento della soglia per via aerea, mentre quella per via ossea

si mantiene normale, e la sordità è quindi ancora di tipo trasmissivo; successivamente viene ad

essere compromessa anche la percezione per via ossea, specie per i toni superiori a 1.000 Hz e la

sordità diviene così di tipo misto, aggravandosi particolarmente sui toni acuti. Non è ben chiaro il

motivo per cui la sordità da trasmissiva si trasforma in mista: l'ipotesi più probabile e che si abbia

una sofferenza del neuroepitelio come conseguenza dell'evoluzione endococleare, di alcuni focolai

otosclerotici (alterazione della pressione dei liquidi labirintici in associazione, probabilmente,

all'azione di particolari sostanze citotossiche che si liberano dal focolaio otosclerotico).

La malattia si sviluppa, come detto, in forma estremamente lenta. Talvolta compaiono periodi ad

evoluzione molto brusca.

Sintomatologia Soggettiva

1. ipoacusia ingravescente uni- o bilaterale.

2. acufeni (presenti nel 67% dei casi) talora precedono la comparsa dell’ipoacusia. Sono in

genere di tonalità grave o costituiti da rumori complessi ( es.: rumore di cascata ) ma non

hanno carattere peculiare essendo notevolmente variabili anche nel medesimo soggetto.

3. vertigini (presenti nel 25% dei casi) in genere associati alla perdita di udito neurosensoriale.

Nelle donne si può verificare un significativo peggioramento con l’allattamento, a causa del

depauperamento in Ca. Rigorose analisi hanno invece fortemente messo in dubbio l’effetto

peggiorativo della gravidanza, cui si dava credito in passato.

Segni

Nessuno (membrane timpaniche normali)

Audiometria

1) Nella forma fenestrale:

Ipoacusia di trasmissione, la cui entità è in rapporto al grado di fissità stapediale e va

progressivamente aumentando nel tempo; il successivo coinvolgimento delle cellule cocleari rende

l’ipoacusia di tipo misto. La forma fenestrale pura pertanto evolve gradualmente verso la forma

mista.

Possiamo pertanto distinguere in questa forma di otosclerosi quattro stadi evolutivi:

1. I stadio: è presente una ipoacusia trasmissiva pura, inferiore, esclusivamente a carico delle

frequenze gravi. La soglia della via ossea è normale; può essere presente la incisura di

Carhart, che si presenta come un avvallamento della curva sulle frequenze tra i 500 e i 4000

Hz con un picco sui 2000 Hz e una perdita massima di 15-20 dB.

2. II stadio: compaiono i primi segni di interessamento cocleare: la curva della via aerea

subisce un peggioramento anche per le frequenze acute (soglia tra i 50 e 60 dB) ; la soglia

della via ossea è sui 15 dB alle frequenze di 2000 e 4000 Hz.

3. III stadio: il danno neurosensoriale è ancora più evidente, specie a carico delle frequenze

acute.

4. IV stadio: è presente una ipoacusia mista ma prevalentemente neurosensoriale. C'è

difficoltà nel percepire le voci ed altri suoni (es. campanello)

Timpanogramma: normale o con picco leggermente smorzato.

Riflesso stapediale: assente. Patognomonica di un’anchilosi stapediale iniziale è il riflesso “on-off”,

caratterizzato da un doppio spike all’inizio e al termine della stimolazione, di segno negativo, con

ritorno alla isoelettricità tra le due deflessioni. La genesi di tale riflesso non è chiara.

Viene anche indicato come segno tipico della malattia, la paracusia di Willis, caratterizzata dal

fatto che l'intelligibilità è relativamente migliore in ambiente rumoroso che non in ambiente

silenzioso (il paziente sente meglio nei luoghi rumorosi). Questo fenomeno è conseguenza del fatto

che l'otosclerotico, nelle fasi iniziali, ha una sordità che interessa prevalentemente i toni gravi ed è

quindi meno disturbato dall'effetto mascherante del rumore ambiente.

Con il diapason si evidenzia che il Rinne è negativo, il Weber è localizzato al centro o lateralizzato

dalla parte in cui il "gap" fra via aerea ed ossea è maggiore, Io Schwabach e allungato. La prova di

Gellé è negativa ed alla prova di Lewis, la trasmissione attraverso la mastoide è migliore di quella

attraverso il trago che è, a sua volta, migliore di quella per via aerea.

L'esame audiometrico dà reperti differenti a seconda della fase della malattia. Nella fase iniziale la

via ossea è normale mentre la via aerea ha un andamento in salita per maggiore interessamento

dei gravi. Nella seconda fase la via aerea diviene orizzontale, equidistante dalla via ossea, che si

mantiene normale. Nella terza fase si aggrava la perdita per via aerea ed il tracciato scende sugli

acuti ed anche la via ossea comincia a deteriorarsi, specie sulle frequenze acute. Nelle fasi ulteriori

tanto la via aerea che la via ossea continuano a peggiorare accentuando la discesa sui toni acuti.

Nella diagnosi differenziale è di notevole aiuto l'indagine impedenzometrica: a differenza di

quanto si osserva nelle altre sordità di trasmissione, il timpanogramma appare infatti,

nell'otosclerosi, simile a quello normale, con la sola differenza di un gradiente più basso. Inoltre il

riflesso stapediale è assente (per fissità della staffa) nell'otosclerosi conclamata ed è invece

presente, ma con un tracciato assolutamente particolare e caratteristico (on-off pattern) nelle fasi

iniziali della malattia e può quindi consentire una diagnosi molto precoce.

2) Nella forma cocleare:

Ipoacusia neurosensoriale con recruitment.

Timpanogramma: normale.

Riflesso stapediale: presente.

3) Nella forma mista:

Ipoacusia di tipo misto.

Timpanogramma: normale.

Riflesso stapediale: assente.

Come si nota, l’audiometria consente la diagnosi di certezza nella forma fenestrale e mista. Nella

forma cocleare pura il sospetto può venire in base ad elementi anamnestici (ereditarietà, terapia

estro-progestinica, peggioramento con l’allattamento, ecc.). La diagnosi di certezza si consegue con

la TAC che visualizza il focolaio osteolitico a livello della capsula, purchè questo sia di dimensione

superiori al potere di risoluzione dell’apparecchio.

Terapia

La terapia d’elezione è quella chirurgica: un tempo si eseguiva la stapedectomia che consiste nella

asportazione della staffa e nel ripristino della continuità ossiculare mediante l’interposizione di una

protesi. Oggi si preferisce la stapedotomia ( che crea un minor rischio di sofferenza labirintica) : si

pratica un foro nella base della staffa ( che quindi non viene asportata) e si inserisce tra

quest’ultima e l’incudine una protesi a pistone, che viene agganciata all’incudine. La terapia

medica va riservata ai pazienti che non traggono giovamento dall’intervento chirurgico ( es. quelli

con otosclerosi neurosensoriale pura) ma alcuni A.A la propongono anche come terapia iniziale. Si

basa su una intensa e protratta florurizzazione (somministrazione prolungata di fluoruro di sodio)

che rende meno attaccabile l’osso e arresta il progredire della malattia. Il fluoruro di sodio avrebbe

una tripla azione: favorirebbe la calcificazione del tessuto osseo neoformato, bloccando il

processo; stimolerebbe la formazione di enzimi antitripsina bloccando l'effetto tossico sulle cellule

acustiche esercitato dalla tripsina rilasciata dal focolaio otosclerotico durante i processi di

rimaneggiamento; inoltre formerebbe a livello dell'osso dei cristalli di fluoroapatite assai più stabili

dei normali cristalli di idrossiapatite La terapia protesica è indicata in quei pazienti che non

traggono giovamento dalle altre modalità terapeutiche a disposizione.