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martedì 11 dicembre 2018, ore 20,30 Emanuel Ax pianoforte Brahms - Due rapsodie op. 79 Benjamin - Piano Figures Schumann - Phantasiestücke op. 12 Ravel - Valses nobles et sentimentales Chopin - Notturno in si maggiore op. 62 n. 1 - Tre mazurche op. 50 - Andante spianato e grande polacca brillante in mi bemolle maggiore op. 22 Foto © Lisa Marie Mazzucco 154a STAGIONE 2018 | 19 SALA VERDI DEL CONSERVATORIO

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martedì 11 dicembre 2018, ore 20,30 Emanuel Ax pianoforte

Brahms - Due rapsodie op. 79Benjamin - Piano FiguresSchumann - Phantasiestücke op. 12Ravel - Valses nobles et sentimentalesChopin - Notturno in si maggiore op. 62 n. 1- Tre mazurche op. 50 - Andante spianato e grande polacca brillantein mi bemolle maggiore op. 22

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154a STAGIONE 2018 | 19 SALA VERDI DEL CONSERVATORIO

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È vietato, senza il consenso dell’artista, fare fotografie e registrazioni, audio o video, anche con il cellulare.Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo alla fine di ogni composizione. Si raccomanda di:• disattivare le suonerie dei telefoni e ogni altro apparecchio con dispositivi acustici• evitare colpi di tosse e fruscii del programma• non lasciare la sala fino al congedo dell’artistaIl programma è pubblicato sul nostro sito web il venerdi precedente il concerto.

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Antonio Magnocavallo presidente, Francesca Moncada di Paternò vice presidente, Marco Bisceglia consigliere delegato, Filippo Annunziata, Lodovico Barassi, Mario Bassani, Ilaria Borletti Buitoni, Anna Calabro, Andrea Kerbaker, Liliana Konigsman, Marco Magnifico Fracaro, Maria Majno, consiglieri

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Johannes Brahms (Amburgo 1833 - Vienna 1897)

Due rapsodie op. 79 (ca. 14’)

I. Agitato II. Molto passionato, ma non troppo allegro

George Benjamin (Londra 1960)

Piano Figures (ca. 13’)

I. Spell II. Knots III. In the mirror IV. Interruptions V. Song VI. Hammers VII. Alone VIII. Mosaic IX. Around the corner X. Whirling

Robert Schumann (Zwickau 1810 - Endenich 1856)

Phantasiestücke op. 12 (ca. 27’)

I. Des Abends II. Aufschwung III. Warum? IV. Grillen V. In der Nacht VI. Fabel VII. Traumes Wirren VIII. Ende vom Lied

I N T E R V A L L O Maurice Ravel (Ciboure 1875 - Parigi 1937)

Valses nobles et sentimentales (ca. 15’)

Fryderyk Chopin (Żelazowa Wola 1810 - Parigi 1849)

Notturno in si maggiore op. 62 n. 1 (ca. 6’)

Tre mazurche op. 50 (ca. 9’)

I. in sol maggiore II. in la bemolle maggiore III. in do diesis minore

Andante spianato e grande polacca brillante in mi bemolle maggiore op. 22 (ca. 14’)

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Il programma di questa sera offre un viaggio nella storia del pianoforte, attraverso il tempo, i generi e gli stili. È un iter di ascolto ricco e vario, che inanella brani di repertorio relativamente brevi, ma tutti compiuti e rifiniti, all’insegna dell’arte della miniatura, capace come in un aforisma di concentrare in piccolo grandi verità.L’op. 79 di Johannes Brahms raccoglie due composizioni definite rapsodie, su suggerimento dell’amica compositrice Elisabeth von Herzogenberg cui sono dedicate. Il titolo richiama un libero divagare, quasi improvvisativo, dal carattere spesso virtuosistico e con allusioni di sentore popolareggiante. Brahms vi infonde la propria personale scrittura, densa e stratificata, e adatta il genere della rapsodia all’interno di una salda struttura formale. Composte nel 1879, le due rapsodie si collocano negli anni della maturità del compositore, tra le virtuosistiche variazioni giovanili e l’ultima produzione, intima e rarefatta. Vi si coniuga all’interno

“l’impeto ardente” e lo stile fantasioso dell’amico e collega Schumann con una libera rielaborazione della forma sonata. La Prima rapsodia, un Agitato in si minore, contrappone due temi, il primo ritmico e irruento, il secondo melodico e introverso, ma pur sempre inquieto, fino a che “un’oasi di lunare melodia” si spalanca nella sezione centrale volta al maggiore. La ripresa è anch’essa ricondotta al lirismo, con una coda in cui il secondo

Aforismi sulla tastiera

Composte nel 1879, le due rapsodie si collocano negli anni della maturità di Brahms, tra le virtuosistiche variazioni giovanili e l’ultima produzione, intima e rarefatta

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tema sfuma l’impeto del primo. La Rapsodia n. 2 (Molto passionato, ma non troppo allegro in sol minore), meno estesa della precedente, propone addirittura quattro gruppi tematici, giustapposti tra loro e separati dalla sospensione di una corona, con caratteri ben distinti: melodico il primo, scattante il secondo quasi marziale, sinuoso il terzo, cupo e drammatico il quarto.

Con un balzo di più di un secolo dalle sonorità brahmsiane si giunge al pianoforte contemporaneo del compositore inglese George Benjamin, giovanissimo allievo di Messiaen e per molti anni insegnante del Royal College of Music di Londra, oltre che direttore della London Sinfonietta. Piano Figures (2004) è una raccolta di 10 pezzi brevi per pianoforte solo, destinati a giovani interpreti. In realtà il dichiarato intento didattico è contraddetto da una facilità solo apparente, viste le difficoltà ritmiche e interpretative da fronteggiare. La raccolta ha il merito di coniugare il carattere di studio tanto con il rigore compositivo quanto con l’inventiva: ciascun pezzo collega la propria atmosfera espressiva con una particolare tecnica esecutiva e con un coerente procedimento compositivo. I titoli evocativi ed esplicativi ne danno ragione: nel primo, Spell (sortilegio), la mano destra rimane incantata sullo stesso ritmo, con delle settime rarefatte che sembrano trapelare direttamente dal silenzio; in Knots (nodi) le linee melodiche si aggrovigliano e incrociano le mani dell’esecutore; in In the mirror, il movimento di una mano si rispecchia nell’altra. Nella quarta miniatura, Interruptions, tutto il materiale è costretto all’interno di tre scale, mentre il successivo Song è una forma semplice e libera, con delle strofe variate. I ribattuti molto percussivi di Hammers (martelli) sono una sfida in termini di sonorità e ritmo, dovendo risuonare come clacson e lasciando allo stesso tempo emergere una nascosta melodia interna. L’apparente semplicità di Alone maschera la polimetria delle due mani, mentre in Mosaic gli otto tasselli di cui si costituisce richiedono che ad ogni nota si associ un preciso attacco e una prestabilita armonia. Il penultimo pezzo è il più esteso e sfaccettato, con un trascolorare attraverso diversi caratteri Around the corner (dietro l’angolo). Infine Whirling conclude con motivi ostinati che richiedono una grande indipendenza delle due mani. In poco più di dieci minuti, vengono presentati idee e stati d’animo tanto diversi nella maniera più diretta e concisa possibile.

Nel 1837 Robert Schumann, l’inventore dell’estetica del frammento, componeva l’ennesima raccolta pianistica di pezzi brevi, in cui la sua complessa personalità si esprimeva con febbrile concisione tra slanci

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passionali e pause sognanti, secondo quella dualità che lui stesso ritrovava in sé e che aveva personificato nelle figure di Florestano ed Eusebio. I Phantasiestücke op. 12 sono ispirati al mondo fantastico di Hoffmann, secondo quell’inventare libero che non si preoccupa dei nessi logici. Affinità e contrasti legano i pezzi tra loro. I titoli evocano ma non descrivono: come dichiarava il compositore, erano dati a conclusione dei pezzi. Des Abends (A sera) è un quadretto intimo e onirico, in cui la tranquilla melodia si svolge sugli arpeggi con un ritmo cullante. Vi si contrappone lo slancio di Florestano (Aufschwung): un anelito al sublime, che è eccitazione e frustrazione insieme. Nel terzo pezzo ci si chiede perché (Warum?): è una domanda esitante e rassegnata, ripetuta più volte su una raffinatissima armonia. In Grillen (chimere), immagini grottesche fanno irruzione con andamento ora saltellante ora pesante o barcollante. E il fantasticare continua In der Nacht con il richiamo alla leggenda di Ero e Leandro, che soccombe nelle onde nel tentativo di raggiungere l’amata.

Altra favola, di nome e di fatto, è quella del pezzo successivo (Fabel), con un ritmo saltellante da folletto, interrotto da momenti di malinconia. Quasi uno studio, dall’andamento brillante e agitato, è invece Traumes Wirren (sogni inquieti). La fine del canto (Ende vom Lied) esordisce con un tema popolaresco e marziale prima di precipitare nel registro grave con accordi pensierosi, in una combinazione di “campane nuziali e mortuarie”. Ogni pezzo è un mondo, difficile da sintetizzare.

Con un altro salto temporale si approda ad un’epoca, il Novecento che, per costruire il presente e immaginare un futuro, ripensava e demistificava il passato. Nel 1911 presso la Salle Gaveau di Parigi venivano eseguiti dal pianista Aubert dei valzer anonimi che suonarono a molti, tra gli ascoltatori e i critici, “aciduli e sghembi”. Il gioco era quello di indovinarne l’autore: Satie, Kodály, Dubois… In pochi riconobbero la penna di Maurice Ravel, con quella scrittura chiara e dalle armonie dure e spigolose. Solo Debussy vi ritrovò “le angolosità nate dall’orecchio più raffinato che sia mai esistito”. Le Valses nobles et sentimentales sono una suite di otto valzer, in cui il pudore sentimentale e la misura ripensano il genere nelle sue due

I Phantasiestücke op. 12 sono ispirati al mondo fantastico di Hoffmann, secondo quell’inventare libero che non si preoccupa dei nessi logici

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anime ottocentesche, brillante e sentimentale, languida ed esibizionista, tanto nella frivolezza mondana delle composizioni degli Strauss, quanto nell’intimità di quelle di Chopin. Il titolo è un omaggio alle due raccolte omonime di Schubert: il valzer è una cornice classica per una scrittura del tutto moderna, una parola compassata che subisce un’ironica trasformazione di significato. Ne vengono intaccati con acutezza i cliché: persino lo stereotipo tempo ternario è stravolto dalle ambiguità ritmiche.

Gli otto valzer alternano andamenti e caratteri, intimità e sfacciataggine, in un insieme che si mantiene però organico e complementare nelle sue parti, fino all’epilogo finale che sintetizza gli spunti tematici precedenti e li conduce alla dissolvenza. È un gioco intellettuale, un “jeu d’esprit”, “il piacere delizioso e sempre nuovo di un’occupazione inutile”, come riporta la citazione sullo spartito. Ravel era affascinato dal ritmo e dalla vitalità del valzer: nel 1912 orchestrerà la raccolta per realizzarne poi un balletto (Adelaide, o il linguaggio dei fiori); nel 1920, all’indomani della guerra, celebrerà la fine del genere – e con esso della vecchia società europea – nella Valse, una musica di spettri ed echi di un mondo ormai eclissato.

“Ho scritto solo per il pianoforte. Questo è il mio terreno, quello su cui mi sento più sicuro”. Si ritorna nuovamente indietro, al “poeta del pianoforte”, così com’è spesso definito Chopin, per concludere questo eclettico excursus storico raccontato sulla tastiera. Il Notturno op. 62 n. 1 è uno dei due pubblicati nel 1846, a pochi anni dalla morte. È una delle composizioni più articolate e contrappuntistiche, con la mano sinistra che non si limita al solo accompagnamento ma partecipa alla densità melodica della scrittura. Il Notturno presenta una struttura tripartita, come un’aria col da capo di ascendenza italiana: due battute iniziali sembrano dare l’intonazione; una melodia cantabile viene quindi esposta, interrotta da una seconda ricca di arabeschi sul ritmo sincopato della mano sinistra. Dopo una sezione centrale estremamente modulante, ritorna la melodia iniziale tutta ornata di abbellimenti, non come gesto

Le Valses nobles et sentimentales sono una suite di otto valzer, in cui il pudore e la misura ripensano il genere del valzer nelle sue due anime ottocentesche, quella brillante e quella sentimentale

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accessorio di virtuosismo ma come ricercato effetto timbrico. La coda sincopata conduce alla dissolvenza. D’altro carattere ma stessa densità di scrittura sono le Mazurche op. 50, composte nel 1842. La mazurka era una danza popolare polacca, caratterizzata dalla ripetitività e da un particolare incedere ritmico che sospende l’accento sul primo movimento della battuta e lo sposta sul secondo. Solitamente divisa in tre sezioni, vi si contrappongono il carattere malinconico e il momento di brio. Chopin rievoca la danza nostalgicamente e ne reinventa la forma in una commistione di idioma popolare e di tecniche dotte. La prima della raccolta op. 50, Vivace in sol maggiore, presenta una incredibile varietà armonica e tematica, con diversi episodi lirici che inframmezzano il movimento fiero dell’inizio. L’Allegretto in la bemolle maggiore si apre con otto misure introduttive, caratterizzate da una evidente asimmetria ritmica tra la linea ostinata del basso e la sincope degli accordi. L’ultima mazurca, Moderato in do diesis minore, è la più densa e contrappuntistica con un tema esposto in canone ed espliciti riferimenti al Clavicembalo ben temperato di Bach. Delle tre Mazurche George Sand avrebbe scritto all’amico Delacroix: “valgono più di quaranta romanzi ed esprimono più di tutta la letteratura del secolo”. Con l’Andante spianato e la grande polacca brillante op. 22 si ritorna ancora più indietro ai primi anni Trenta dell’Ottocento. L’opera venne eseguita nel 1835 in occasione dell’ultimo gran concerto dato a Parigi da Chopin in qualità di virtuoso e conclude la serie delle polacche giovanili: finiva la carriera esecutiva e iniziava il periodo di massima creatività compositiva. Nell’opera vengono fusi due momenti musicali, composti separatamente e psicologicamente contrapposti: l’Andante in sol maggiore, sentimentale e crepuscolare come un notturno, “spianato” ossia senza contrasti, fa da introduzione con una melodia accompagnata da arpeggi secondo lo stile belliniano. La Polacca in mi bemolle maggiore è invece estroversa e vivace. Composta per pianoforte e orchestra è avviata da una fanfara dei corni, ma in realtà l’accompagnamento strumentale ha il mero ruolo di supporto e la Polacca viene quindi per lo più eseguita per pianoforte solo. Ha una struttura complessa e internamente articolata che coniuga la forma ritornello con quella tripartita della danza con trio. Vi si esprime un virtuosismo a tutto tondo.

Maria Grazia Campisi

Laureata in Discipline storiche, critiche e analitiche della musica al Conservatorio “G. Verdi” di Milano

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Emanuel Ax pianoforte

Nato a Lvov, città ucraina oggi in territorio polacco, Emanuel Ax ha incominciato lo studio del pianoforte a Varsavia a sei anni. Quando nel 1961 la famiglia si è trasferita negli Stati Uniti, ha proseguito gli studi alla Juilliard School con Mieczylaw Munz. Nel 1974 ha vinto il primo Concorso Internazionale per pianoforte Arthur Rubinstein di Tel Aviv; nel 1975 si è aggiudicato il Michaels Award of Young Concert Artists e quattro anni più tardi il prestigioso Avery Fisher Prize.Ha suonato con le più importanti orchestre europee e americane e, in recital, ospite delle maggiori società musicali e festival in tutto il mondo. In ambito cameristico collabora regolarmente con artisti del calibro di Young Uck Kim, Cho-Liang Lin, Yo-Yo Ma, Edgar Meyer, Peter Serkin, Jaime Laredo e, in passato, con Isaac Stern. Nella stagione scorsa è stato protagonista di una tournée negli Stati Uniti con Leonidas Kavakos e Yo-Yo Ma.Negli ultimi anni ha concentrato la sua attenzione sulla musica dei compositori del ventesimo secolo, tenendo prime esecuzioni mondiali

“L’applauso dovrebbe essere dettato dall’emozione, non da una convenzione”

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di opere di John Adams, Christopher Rouse, Krzysztof Penderecki, Bright Sheng e Melinda Wagner. Nel gennaio 2017 ha eseguito la prima mondiale del Concerto per pianoforte di HK Gruber con la New York Philharmonic e, nel marzo 2017, anche la prima esecuzione europea con i Berliner Philharmoniker ripresa con l’Orchestre Philharmonique de Radio France, l’Orchestra della Tonhalle di Zurigo, la Royal Stockholm Philharmonic e i Wiener Symphoniker.Nella stagione scorsa, oltre ai concerti con i Wiener Philharmoniker ai BBC Proms e al Festival di Lucerna, ha collaborato con David Robertson (Concerti di Mozart), ha aperto la stagione della Philadelphia Orchestra sotto la direzione di Yannick Nézet-Seguin e si è esibito con le Orchestre di Cleveland, New York, San Francisco, Boston, Houston, Ottawa, Toronto, Indianapolis e Pittsburgh, e in recital alla Carnegie Hall. In Europa ha eseguito l’Imperatore di Beethoven con la London Symphony Orchestra e Bernard Haitink ed è stato protagonista di una lunga tournée con la Budapest Festival Orchestra e Ivan Fischer con concerti ad Amsterdam, Parigi e Budapest.Emanuel Ax registra in esclusiva per Sony Classical dal 1987. Tra le numerose registrazioni premiate con riconoscimenti internazionali ricordiamo i Concerti di Liszt, Schönberg e Chopin e la prima incisione di Century Rolls di John Adams con la Cleveland Orchestra (Nonesuch). Nel 2013 il CD Variations ha meritato l’Echo Klassik Award come “Registrazione solistica dell’Anno” nella categoria “musica del diciannovesimo secolo per pianoforte”.Di recente sono stati pubblicati i Trii di Mendelssohn con Yo-Yo Ma e Itzhak Perlman, un CD dedicato alle opere per due pianoforti di Brahms e Rachmaninov con Yefim Bronfman e i Trii di Brahms con Leonidas Kavakos e Yo-Yo Ma.Nel 2007 ha ricevuto la laurea honoris causa dalla Yale University.È stato ospite della nostra Società nel 1994, 1999, 2002 e 2009.

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Grazie ai musicisti che hanno dato prestigio al Quartetto

e ai soci che l’hanno sostenuto e lo sostengono!

Vogliamo esprimere gratitudine ai Soci d’Onore, e prima di tutto ai grandi musicisti che hanno contribuito al successo del Quartetto nei suoi 153 anni di attività (da Richard Strauss e Anton Rubinstein nei lontani anni dell’800 a Rudolf Serkin, Mieczyslav Horszowski e Ton Koopman in tempi più vicini), ai Soci Vitalizi, ai Soci Benemeriti, fra i quali i “fedelissimi” con oltre 50 anni di associazione, ai Sostenitori, che col loro contributo annuale esprimono il loro apprezzamento per il Quartetto, e vorremmo crescessero sempre più.

Soci d’Onore

Johann Becker (1888), Franco Faccio (1888), Charles Gounod (1888), Joseph Joachim (1888), Joachim Raff (1888), Anton Rubinstein (1888), Pablo de Sarasate (1888), Richard Strauss (1888), August Wilhelmj (1888), Antonio Bazzini (1892), Felix Mottl (1892), Mieczyslav Horszowski (1985), Rudolf Serkin (1985), Ton Koopman (2003), Francesco Cesarini (2006), Harry Richter (2006), Giancarlo Rusconi (2017)

Soci VitaliziFilippo Annunziata, Cesare Bacchini, Ilaria Borletti Buitoni, Gerardo Broggini,Paolo Dardanelli, Tomaso Davico di Quittengo, Carla Giambelli,Antonio Magnocavallo, Francesco Maino, Maria Majno, Francesca Moncada di Paternò, Carlo Vittore Navone,Gian Battista Origoni della Croce, Franca Sacchi, Luca Sega,Società del Giardino, Beatrice Svetlich, Pietro Svetlich, Paolo Terranova

Soci BenemeritiDomenico Arena, Sandro Boccardi, Salvatore Carrubba, Francesco Cesarini, Philippe Daverio, Francesca del Torre Astaldi, Fondazione Sergio Dragoni, Anna Maria Holland, Carlo Musu, Quirino Principe, Sua Eminenza Gianfranco Ravasi, Harry Richter, Carlo Sini

I fedelissimi (soci da oltre 50 anni)

Francesco Adami, Ladislao Aloisi in memoriam, Ester Ascarelli, Margherita Balossi Barbiano di Belgiojoso, Maria Piera Barassi Livini, Carlo Barassi,Cecilia Bicchi, Maria Luisa Bonicalzi, Alessandra Carbone, Marta Casagrande, Paolo Carbone, Paolo Carniti, Nicoletta Cipriani, Claudio Citrini, Mathias Deichmann, Giuseppe Deiure, Maria Cristina Delitala, Antonio Delitala, Nora del Torre, Roberto Fedi, Renzo Ferrante, Anna Ferrante, Salvatore Fiorenza, Maria Teresa Fontana, Anna Genoviè, Emma Guagnellini, Fiammetta Lang, Riccardo Luzzatto, Federico Magnifico, Antonio Magnocavallo, Rosalia Manenti, Giovanna Marziani Longo, Giovanni Miserocchi, Jacqueline Molho, Davy Molho, Giuseppe Mottola, Anna Mottola, Luciano Patetta, Luisella Patetta Deiana, Maria Carla Peduzzi, Alberto Piergrossi, Giancarlo Rusconi, Pietro Saibene, Giuliana Saibene, Maria Vittoria Saibene, Giovanni Scalori, Luigi Scalori in memoriam, Luciano Scavia, Angelo Mario Sozzani, Ilaria Stendardi Antonini, Luca Trevisan, Giovanni Weisz

Soci Sostenitori

Marco Bisceglia, Mario Broggi, Anna Broggi De Lellis, Anna Calabro, Alberto Conti,Maria Elisabetta De Ferrari Magnifico Fracaro, Nora del Torre, Andrea Kerbaker, Liliana Konigsman, Marco Magnifico Fracaro, Maria Candida Morosini,Ruth Pavese Westen, Lorenzo Stucchi

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PROSSIMI CONCERTI

SALA VERDI DEL CONSERVATORIO

Società del Quartetto, via Durini 24 – 20122 MilanoTel 02 795 393 │ [email protected] │ www.quartettomilano.it

martedì 15 gennaio 2019, ore 20,30 Quartetto JerusalemCiclo Beethoven / Bartók – IBeethoven - Quartetto n. 5 in la maggiore op. 18 n. 5 Bartók - Quartetto n. 2 op. 17 SZ 67Beethoven - Quartetto n. 12 in mi bemolle maggiore op. 127

BIGLIETTI

Intero € 35│Ridotto (Soci e over 70) € 29│Giovani (under 26) € 5

martedì 18 dicembre 2018, ore 20,30 Cappella neapolitanaAntonio Florio direttoreLeslie Visco sopranoMarta Fumagalli mezzosopranoPer la nascita del VerboMusiche di Caresana, Netti, A. Scarlatti, Fago

BIGLIETTI

Intero € 35│Ridotto (Soci e over 70) € 29│Giovani (under 26) € 5