Marketing TCV "Fashion Seller" A.F. 2014

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A.F. 2014 2015 Marketing, web, strumenti Dennis Pozzer settembre 2014

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A.F. 2014 – 2015

Marketing, web, strumenti

Dennis Pozzer – settembre 2014

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STRUTTURA E METODO

Pagina di sinistra: diapositiva vista a lezione

Pagina di destra: spiegazione, parole

chiave, approfondimenti

Questa dispensa è stata realizzata con Martview (disponibile gratuitamente per PC all’indirizzo www.martview.com o per iPad sull’Applestore) per permettere agli studenti una lettura più semplice ed efficace dello slideshow presentato a lezione e il testo descrittivo delle diapositive stesse.

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CONTENUTI

GLOSSARIO di MACROECONOMIA DISECONOMIE PRODOTTI CICLO DI VITA DEL PRODOTTO

COMUNICAZIONE del PRODOTTO MATRICE PRODOTTO/TARGET (moda)

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MARKETING

Il processo di gestione attraverso il quale beni e/o servizi passano dall’ideazione al cliente.

Vale a dire l’insieme delle azioni coordinate che portano alla nascita di un prodotto, alla definizione del suo prezzo, alla messa in vendita e alla promozione.

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Tale processo comprende il coordinamento di quattro elementi chiamati “4 P” del marketing:

1. l'identificazione, selezione e sviluppo di un prodotto;

2. determinazione del suo prezzo;

3. selezione di un canale di distribuzione per raggiungere il posto dove vive il cliente (o dove acquista);

4. lo sviluppo e l'attuazione di una strategia di promozione per informare e/o attirare il cliente.

Il Marketing si basa sul fatto di pensare al business in termini di esigenze dei clienti e della loro soddisfazione. Il Marketing si differenzia dalla pura e sola vendita perché (nelle parole del professore Theodore Levitt C. della Harvard Business School) quest’ultima si occupa di "convincere, con trucchi e tecniche, la gente a scambiare il loro denaro per il vostro prodotto. La vendita è cioè interessata solo allo scambio di valori (un prodotto in cambio di denaro). Il marketing invece, è caratterizzato per un interesse sull'intero processo di business, costituito da uno sforzo strettamente integrato di scoprire, creare, suscitare e soddisfare le esigenze dei clienti”. In altre parole, il marketing ha meno a che fare con l’ottenere i soldi dei clienti quanto piuttosto a sviluppare una domanda di un determinato prodotto e a soddisfare le esigenze del cliente.

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PIL

In macroeconomia il Prodotto

Interno Lordo (PIL) è il valore monetario totale dei beni e servizi prodotti in un Paese da parte di operatori economici residenti e non residenti nel corso di un anno, e destinati al consumo dell'acquirente finale, agli investimenti privati e pubblici, alle esportazioni nette (esportazioni totali meno importazioni totali).

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PIL = C + I + G + (X – M) Il Pil è l’addizione del consumo (C), dell’investimento (I), della

spesa pubblica (G), più le esportazioni meno le importazioni (X – M). Vengono usate anche altre formule. Questa è la più chiara concettualmente. Dunque, il Pil è la somma di tutti i soldi spesi nel paese durante l’anno. Un concetto di contabilità nazionale che ha molteplici significati.

Il Pil è un concetto contabile e statistico. Quando si parla del Pil si dice spesso “la ricchezza nazionale”, il che è sbagliato. Il Pil non è la ricchezza del paese, ma è un flusso : soldi spesi in un lasso di tempo.

Non c’è rapporto con la ricchezza nazionale, che sarebbe la somma dei nostri attivi. Questo mostra anche come non abbia molto senso confrontare il nostro debito al nostro Pil, come invece fanno in molti.

Guardando l’equazione si vede che il deficit commerciale rientra nel calcolo del Pil. Il motivo è che il Pil misura quello che il paese produce.

Se si vogliono contare tutte le mele prodotte nel paese, come si fa? Il modo più semplice è di contare tutte quelle che sono vendute. Ma ci sono anche mele esportate e mele vendute che provengono da paesi esteri. Dunque per compensare si aggiungono le mele esportate e si deducono le mele importate.

Se vedete delle auto in coda col motore acceso potete subito stimare che il PIL del Paese sta crescendo, vista la benzina spesa…

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INFLAZIONE

Per inflazione (dal latino inflatio «enfiamento, gonfiatura», derivato da inflāre «gonfiare») in economia si intende l'aumento prolungato del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi in un dato periodo di tempo, che genera una diminuzione del potere d’acquisto della moneta.

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I prezzi aumentano ma non il potere d’acquisto: la vita costa di più!

Cause dell’inflazione: 1) Eccesso di moneta in circolazione. Immaginiamo

ipoteticamente che in Italia ci siano solo 5 mele e 5 persone con 1,00 € ognuna (5 euro in totale). Il prezzo delle mele è di 1,00 € l’una, tutti mangeranno una mela. Ma cosa accade quando ci sono 5 mele ma 2 persone hanno 2,00 € anziché 1 da spendere? (7 euro in totale, quindi alcune persone hanno un eccesso di moneta rispetto ad altre). Il fruttivendolo vende tutte le sue mele (2+2+1) e riceve la richiesta di altre 2 mele da parte di quelli rimasti senza (siccome ci sono solo 5 mele, due persone non mangeranno nonostante abbiano ancora 1 euro rispettivamente da spendere); salita la domanda quindi, il fruttivendolo decide di aumentare i prezzi da 1 a 2 € per una mela: probabilmente l’aumento del carovita (da 1 a 2 €) non permetterà di mangiare mele a 3 persone se non ci sarà un adeguamento salariale, e le persone che prima potevano permettersi 2 mele torneranno a poterne mangiare una sola.

2) Aumento dei costi di produzione. Se il legno aumenta di prezzo (magari perché le foreste diminuiscono) aumenteranno i costi di produzione (in questo caso la materia prima), e IKEA aumenterà il prezzo dei suoi mobili/armadi.

3) Aumento dei salari. Allo stesso modo se aumentano i salari, aumenteranno i costi sostenuti dalle imprese per produrre il bene finale. Aumenta il prezzo finale perché sono aumentati i salari e quindi all’azienda costa di più produrre.

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DEFLAZIONE

La deflazione deriva dalla debolezza della domanda di beni e servizi, cioè un freno nella spesa di consumatori e aziende, che, in regime di deflazione, sono incentivati a posporre gli acquisti di beni e servizi non indispensabili, con l'aspettativa di ulteriori cali dei prezzi, con l'effetto di innescare una spirale negativa.

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Le imprese, non riuscendo a vendere a determinati prezzi parte dei beni e servizi, cercano di collocarli a prezzi inferiori.

La riduzione dei prezzi si ripercuote conseguentemente per le imprese sui ricavi, anch'essi generalmente in calo. Ne deriva il tentativo da parte delle imprese di ridurre i costi, attraverso la diminuzione dei costi per l'acquisto di beni e servizi da altre imprese, del costo del lavoro e tramite un minor ricorso al credito.

Se i prezzi scendono le imprese guadagneranno meno, siccome guadagnano meno licenziano i dipendenti, i dipendenti non hanno soldi per comprare, scende la domanda e quindi scendono ancora i prezzi ecc.

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CREDIT CRUNCH

Con il termine stretta del credito

(in inglese credit crunch), si indica un calo significativo (o inasprimento improvviso delle condizioni) dell‘offerta di credito al termine di un prolungato periodo espansivo, in grado di accentuare la fase recessiva.

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Il credit crunch avviene solitamente al termine di una fase di espansione economica (un periodo cioè in cui l’economia è positiva), quando le banche centrali alzano i tassi di interesse (il costo del denaro) al fine di raffreddare l'espansione ed evitare il rischio inflazione, spingendo gli istituti di credito ad alzare i propri tassi di interesse e chiudendo l'accesso al credito per chi non può permettersi la spesa.

In altri casi, può avvenire che, sull'onda di fallimenti bancari e ritiro della liquidità, le banche applichino una chiusura del credito per evitare esse stesse il fallimento.

Credit Crunch significa che non si fa credito a nessuno, che la liquidità in circolazione (i soldi) sta diventando come l'acqua nel deserto. Il fido bancario (la quantità di soldi che si possono spendere anche se ancora non si hanno) che copriva i costi di gestione delle aziende in attesa della vendita di prodotti/servizi e relativi pagamenti da parte dei clienti è diventato un miraggio. L'azienda deve anticipare gli stipendi, l'Iva, le tasse sul presunto reddito del prossimo anno e ogni forma di commodity. Finché i soci o gli azionisti riescono a mettere mano al portafoglio personale l’azienda regge, se finisco anche quei soldi prima di ricavarne altri… l’azienda fallisce.

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DISECONOMIE - ROTTURA DI STOCK - RICARICO o MARK UP - ROTAZIONE

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Con il termine diseconomie si indicano gli effetti negativi e l’eventuale incremento nei costi che un’azione o un comportamento intrapresi da un soggetto economico (azienda/commerciante nel nostro caso) comportano per lo stesso soggetto, per altri soggetti o anche per l’intera collettività. Le diseconomie possono determinarsi sia nell’ambito dell’attività produttiva di una o più imprese (diseconomie di produzione), sia in seguito al comportamento di uno o più individui (diseconomie di consumo).

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5% 9% 1%

3%

14% 68%

Come si può perdere un cliente?

cambio abitudini

prezzo alto

decesso

trasferimento

qualità insoddisfacente

servizio inadeguato

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Prima di vedere le diseconomie di un’azienda, vorrei portare la vostra attenzione su un dato molto interessante e spesso sottovalutato. Come sapete, voi sarete chiamati a soddisfare le esigenze di un cliente, il quale magari dovrà rispondere alle esigenze dei propri clienti, in quello che in gergo è definito mercato business to business (aziende o professionisti che svolgono un servizio per altre aziende). Oppure se vi trovarete a lavorare in un PV avrete di fronte il cliente finale. Il marketing è chiamato ad incrementare in modo competitivo la ricchezza di un’azienda (e non solo delle aziende, anche le organizzazioni no-profit devono incrementare la “ricchezza” in senso lato, in termini non monetari, comunque non devono bruciarla) attraverso la soddisfazione del cliente, cercando di porsi sempre una prospettiva a medio-lungo termine (non pensare solo al mercato di oggi, ma capitalizzare i successi ottenuti per il mercato di domani).

Ma come si può perdere un cliente? Vediamo: 2 volte su 3 si perde il cliente perché il servizio è inadeguato.

Cosa significa? Significa che o l’azienda ha sovrastimato le proprie capacità di offerta, oppure, il più delle volte, non ha compreso i bisogni del cliente. Vedrete che torneremo su questi concetti in fase di studio dei prodotti.

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ROTTURA DI STOCK

(STOCK OUT)

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Le rotture di stock (o "stock out") avvengono quando il prodotto non è presente negli scaffali e dunque non è disponibile per il cliente. Questo fenomeno avviene per una gestione non corretta delle scorte di prodotti finiti lungo la catena di fornitura che fa si che, per motivi logistici (ritardi nei trasporti, errori di consegna) o errori a monte all'atto della previsione della domanda e/o di programmazione della produzione l'azienda non riesce a distribuire il prodotto nelle quantità desiderate dal mercato, perdendo quindi sia in termini economici che a livello di immagine.

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FOOD

Fonte: Roland Berger Strategy Consultants - ECR Europe

16

179

3721

16 Cambia formato17 Ritorna dopo

9 Non compra

37 Cambia marca21 Cambia pv

Mercato FOOD: cosa fa il cliente se non trova quello che cerca?

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Analizziamo il grafico: sembra che la rottura di stock nel mercato food, in particolare se ci si riferisce alla grande distribuzione, non appare molto grave. “Solo” nel 9% dei casi il cliente non copra, anche se nel 21% finisce con il comprare dalla concorrenza. Questo perché la gamma di prodotti che un negozio food può offrire è molto vasta, quindi le alternative per il cliente sono molte.

Ma, se nel breve periodo il consumatore si limita a cercare e ad acquistare un prodotto sostitutivo, dalle stesse caratteristiche di quello non trovato, indirizzando la preferenza verso un altro brand, qualora il fenomeno dello stock out finisse per ripetersi il consumer finirebbe per perdere la fiducia nell'insegna (negozio) decidendo di cambiare negozio. Se al primo stock out oltre il 53% dei consumatori opta per un brand sostitutivo o per altro formato rimanendo nel PV, al terzo stock out la percentuale si ribalta e il 70% dei consumatori decide di abbandonare il negozio, facendo venire meno il rapporto di fedeltà che si era creato.

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CALZATURE

Fonte: Roland Berger Strategy

Consultants - ECR Europe Elaborazioni Federcalzature

54

9

37

54 Cambia PV

9 Non compra

37 Cambia marca

Mercato FASHION: cosa fa il cliente se non trova quello che cerca?

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ROTTURA DI STOCK

nel settore FASHION Una ricerca Confcommercio (Roland Berger Strategy Consultants) indica nel 40% la rottura di stock nel settore calzature: ciò significa che 4 volte su 10 quando il Consumatore entra nei nostri negozi cercando il 43 nero con i lacci o lo trova marrone invece che nero, oppure lo trova nero ma con la fibbia e probabilmente o non compra o comunque anche se si accontenta di un altro modello, ciò lo rende un cliente insoddisfatto. Si capisce bene dal grafico come sia importante porre grande attenzione al magazzino per quanto riguarda il settore fashion: se il cliente non trova il prodotto, la taglia, il colore, la vestibitlità che cerca nel 54% delle volte finirà dalla concorrenza!

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MANCATO RICARICO

(MARK UP) per

ECCESSO di MAGAZZINO

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MANCATO RICARICO – MARK UP Eccessivi invenduti pre e post svendita: il settore sia a causa dell’incessante variazione ed imprevedibilità della moda, ma soprattutto per l’enorme numero di taglie necessarie per un assortimento minimo è vittima, in tutti i livelli di prezzo, di un eccesso di invenduto, sia nella fase di pre svendita (con evidenti costi causati dal necessario dumping* sui prezzi, compensativo delle svalutazioni per i saldi), sia ancora più dell’invenduto post svendita, che comporta la vendita l’anno successivo di merce disassortita e fuori moda ed infine lo stoccaggio a prezzi irrisori. *Il dumping è una procedura di vendita di un bene o di un servizio su di un mercato estero (mercato di importazione) ad un prezzo inferiore rispetto a quello di vendita (o, addirittura, a quello di produzione) del medesimo prodotto sul mercato di origine (mercato di esportazione).

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ROTAZIONE

COPERTURA

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“La rotazione del monte merci nel settore calzaturiero è assolutamente inaccettabile.” (Massimo Donda, presidente Federcalzature) La rotazione nei negozi di calzature in Italia ma, e questo non deve consolarci, anche all’estero, si aggira attorno ad uno striminzito 2 annuo. Cioè in media la merce viene venduta in sei mesi e quindi il magazzino cambia solo due volte all’anno, come se tutta la merce arrivasse assieme, rimanesse per 6 mesi e venisse venduta alla fine del sesto mese per finalmente rinnovarsi. Se un negozio riesce a vendere, la quantità di prodotti presenti in negozio scende progressivamente; quando raggiunge un livello minimo, al di sotto del quale si rischia di perdere vendite (per rottura di stock), viene ordinata una nuova quantità di prodotti. Dato che comprare e immagazzinare costa, è interesse del negozio gestire la minor quantità di prodotti possibile. Decidere quanti prodotti avere in negozio significa dunque cercare il punto di equilibrio tra due sogni in qualche modo contrapposti: - Avere prodotti in abbondanza, in maniera da poter soddisfare qualsiasi esigenza del cliente - Avere in negozio solo i prodotti che sono sicuro di vendere, senza dover comprare neanche un prodotto in più del necessario. Due “sogni” che, definiti così, sono ovviamente irrealizzabili, ma che rappresentano due obiettivi tra di loro contrapposti, in continua tensione. Per misurare la capacità di raggiungere questo delicato equilibrio, si utilizzo normalmente due indicatori: la rotazione e la copertura. La rotazione misura quindi quante volte lo stock viene rinnovato completamente nel corso di un dato periodo (in genere 1 anno). Questo indicatore risponde alla seguente domanda: se prima di ordinare dei nuovi prodotti aspettassi che il negozio fosse completamente vuoto, quante volte ordinerei prodotti per riempire il negozio nel corso dell’anno? Naturalmente la rotazione è un indice teorico, perché il negozio non viene mai svuotato del tutto. L’indicatore consente di misurare la capacità di ordinare “poco e bene”. Un numero alto come indice di rotazione è sinonimo di buona gestione e/o di buoni prodotti, richiesti e quindi venduti con un’alta frequenza. Il calcolo può essere effettuato sia sul numero di pezzi, sia a valore (prezzo di vendita). I programmi di cassa sono in grado di offrire entrambi i dati perché consentono di “caricare” i prodotti quando arrivano in negozio e “scaricarli” quando il cliente paga e li porta via. L’indice di copertura indica invece per quanti giorni il negozio può continuare a vendere con lo stock presente in negozio senza ordinare nessun prodotto nuovo. Anche in questo caso si tratta di un indicatore teorico, perché non è detto che i clienti comprerebbero esattamente i prodotti che trovano se il negozio non riordinasse niente. Anche questo indicatore misura la capacità di riordinare solo lo stresso indispensabile, però la scala è rovesciata: un valore alto dell’indice è sinonimo di cattiva gestione perché segnala la difficoltà a vendere alcuni prodotti che rimangono sugli scaffali per troppo tempo. L’immagine iniziale dimostra quanto sia difficile definire quanto (e cosa) tenere in negozio… a causa della pioggia quest’anno l’indice di rotazione sulla moda mare è diminuito drasticamente!

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Beni di largo consumo

Beni di qualità

Prodotti specialistici

Beni di consumo

Suddivisi in tre classi, in funzione del comportamento del consumatore

PRODOTTI

Fashion Seller > marketing

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Passiamo ora ad analizzare le tipologie di prodotti, di beni di consumo.

I beni di consumo sono quelli acquistati dal consumatore finale e possiamo suddividerli in tre diverse classi: i beni cosiddetti di largo consumo, i beni di qualità ed infine i prodotti specialistici.

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Sono beni acquistati frequentemente, con il minimo sforzo (per esempio, molti prodotti alimentari)

1. Beni di largo consumo (convenience goods)

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Si tratta di prodotti per i quali il cliente, pur ragionando astrattamente in termini di marca, non è disposto a fare sacrifici o costi di ricerca. È vero, il consumatore può avere delle preferenze di marca…

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Prodotti che se non sono reperiti facilmente, altrettanto facilmente sono sostituiti con altri analoghi o ritenuti tali

Fashion Seller > marketing

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…ma non è disposto a sacrificarsi per cercare quella specifica marca qualora non la trovasse nell'ambito dell'offerta merceologica di un determinato punto vendita. Pensate all' esempio fatto poc'anzi, ai dentifrici. Tutti abbiamo bisogno di un dentifricio, tutti abbiamo delle preferenze di marca, però qualora questi prodotti se non sono reperiti facilmente, altrettanto facilmente sono sostituiti con altre marche. Ciascuno di noi ha una preferenza di marca, ma se andando nel proprio supermercato, nel proprio punto vendita non ritrova nell'assortimento il suo dentifricio abituale, magari perché andato fuori stock in quel particolare preciso momento, il consumatore comunque acquista un dentifricio, magari di un'altra marca concorrente, perché è sostituibile.

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2. Beni di qualità (shopping goods)

Il loro acquisto comporta un certo dispendio di tempo e di energie per la valutazione delle varie offerte presenti sul mercato

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La seconda categoria sono beni di qualità, detti anche shopping goods. Il loro acquisto comporta un certo dispendio di tempo e di energie per la valutazione delle varie offerte presenti sul mercato. Dunque in questo caso il consumatore investe del proprio tempo per cercare e valutare le diverse alternative presenti sul mercato

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Prodotti per i quali il cliente non ragiona in termini di marca se non alla fine del processo di acquisto che tende ad essere più lungo e con diversi confronti

Fashion Seller > marketing

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Si tratta di prodotti per i quali il cliente non ragiona per termini di marca, se non alla fine del processo. Di solito questo tende ad essere più lungo per i diversi confronti. La valutazione delle alternative diverse è molto più attenta.

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Tale processo finisce normalmente nel punto di vendita al quale il consumatore si è rivolto e verso il quale c’è spesso una notevole fiducia e fedeltà

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Questo processo di acquisto finisce normalmente nel punto vendita al quale il consumatore si rivolge abitualmente, e verso il quale c'è spesso una notevole fiducia, fedeltà. Questa location diventa il luogo dove il consumatore fa dei confronti di prezzo e tra le caratteristiche qualitative dei prodotti presenti in assortimento. Il rapporto di fiducia e di fedeltà non è tanto verso una specifica marca quanto piuttosto verso il retailer, verso il punto vendita.

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Per il prodotto è importante essere presente nel ventaglio di alternative che il dettagliante offrirà al consumatore entrato nel suo negozio per definire il suo processo di acquisto

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Per il prodotto è dunque importante essere presente nel ventaglio di alternative che il dettagliate offrirà al consumatore che è entrato nel suo negozio per definire il suo processo di acquisto. Se mancasse il prodotto, il rischio è che il consumatore acquisterà comunque un prodotto comparandolo rispetto agli altri presenti in assortimento. È evidente dunque per un'impresa, la necessità di collocare il suo prodotto in questi punti vendita in modo che il suo prodotto sia presente in assortimento e possa essere comparato rispetto a quello degli altri. Provate a pensare all'acquisto di un capo di abbigliamento: normalmente il consumatore ha un'idea generica del capo di abbigliamento che desidera, pensate ad un cappotto, solo raramente ha un'idea di marca o di modello, ma non di uno specifico capo di abbigliamento con determinate caratteristiche molto precise. Il consumatore quindi decide di andare in un negozio nel quale lui riversa una particolare fiducia, in un negozio che vanta una certa reputazione di serietà commerciale o di convenienza economica, una reputazione per avere un'offerta ampia e variegata di questi capi di abbigliamento. All'interno di questo negozio il consumatore compara i diversi campi di abbigliamento nell'ambito della tipologia di prodotto e alla fine di questo processo deciderà quello che specificatamente intende acquistare. L'acquisto dunque si perfeziona dopo diversi confronti in un negozio di sua fiducia. Provate a pensare all'acquisto di articoli per lo sport, racchette da tennis, calzature sportive, anche qui ritroverete un processo di acquisto da parte del consumatore che si perfeziona all'interno del suo negozio di fiducia, comparando gli articoli posti in assortimento. È evidente l'importanza dell'impresa industriale di avere il proprio prodotto presente in assortimento perché altrimenti il consumatore non potrà compararli con quelli della concorrenza.

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Quei beni che il consumatore considera, in qualche modo, unici

3. Prodotti specialistici (specialty goods)

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Ed infine la terza categoria di prodotti quelli specialistici, detti specialty goods, cioè quei beni che il consumatore considera non interscambiabili con altri prodotti.

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Prodotti ad alto valore economico o psicologico per i quali il cliente è disposto a sopportare sacrifici e costi di ricerca

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Si tratta evidentemente di prodotti ad alto valore economico o psicologico per i quali il cliente è disposto a sopportare sacrifici, costi di ricerca. Pensate ai costi di ricerca relativi ai costi di uso del proprio tempo, il consumatore per questi beni è disposto a cercare i prodotti in numerosi punti vendita per poterli comparare tra loro, quindi con costi del proprio tempo. Pensate ai costi di acquisizione delle informazioni: il consumatore è disposto ad acquistare riviste specializzate per poter comparare i prezzi dei vari prodotti è disposto ad andare ad acquisire informazioni presso amici o parenti o altri consumatori per sapere quale è il prodotto più idoneo a soddisfare le sue esigenze. Pensate ai costi di rischi di errore nella scelta, la paura il timore del consumatore di sbagliare scelta e quindi di incorrere in alcuni costi aggiuntivi quali i costi di riparazione, di manutenzione del bene stesso. Infine i costi di ricerca connessi alla percorrenza spaziale per raggiungere i numerosi punti vendita anche molto distanti tra loro. Dunque, per questi prodotti di alto valore economico e/o psicologico il cliente è disposto a sopportare sacrifici e costi di ricerca. Provate a pensare al consumatore che vuole acquistare un orologio di lusso, che vuole comprare un orologio particolarmente prestigioso, ha quindi in testa un'idea ben precisa di orologio che vuole, alla marca che vuole, e proprio perché è di alto valore economico e/o psicologico il consumatore sarà disposto a cercare questo orologio in numerosi punti vendita, a comparare i prezzi che i punti vendita offrono per questo modello.

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Il cliente è molto informato e tende a ragionare esclusivamente in termini di marca

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Ecco dunque che in questo caso, nel caso dei prodotti specialistici, il cliente è molto informato e tende a ragionare esclusivamente in termini di marca.

Il filo rosso che lega i prodotti di largo consumo e i prodotti specialistici è una progressione logica e analitica che va dal potere del retailer a quello dell'impresa industriale. Nel caso dei prodotti di largo consumo è evidente, come abbiamo mostrato, il potere del commerciante: per l'acquisto di un dentifricio il consumatore va in un punto vendita e acquista sicuramente un dentifricio, anche quando non trova quello che preferisce. Una forma intermedia di comportamento tra il potere della marca e il potere del negoziante si trova negli shopping goods. All'opposto, nel caso di prodotti specialistici, il potere dell'impresa industriale è maggiore di quello del negoziante perché per questi prodotti il consumatore ha un'idea di marca, un'idea di modello, molto precisa ed è quello il modello che desidera, che vuole acquistare e che compara tra numerosi punti vendita.

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IL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO

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Ora passiamo ad un tema importante quale è quello del ciclo di vita del prodotto.

Il ciclo di vita del prodotto richiama questa metafora biologica dell'esistenza di un ciclo di vita anche quindi se volete, con un connotato deterministico, il prodotto nasce, si sviluppa diventa maturo e poi declina inesorabilmente.

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Ve

nd

ite

Lancio Sviluppo Maturità Declino

Pro

fitt

i Fashion Seller > marketing

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Questa schematizzazione la possiamo così delineare: se noi poniamo sull'asse delle ascisse il tempo e sull'asse delle ordinate il volume delle vendite oppure anche l'entità dei profitti (quindi sull'asse delle ordinate mettiamo dei valori monetari) ci troviamo di fronte ad uno schema che ci delinea il ciclo di vita canonico. Vediamo che esiste una fase di lancio del prodotto, viene immesso sul mercato in questa fase, e nella fase di lancio abbiamo alcune caratteristiche: le vendite crescono ma non crescono consistentemente i profitti e addirittura sono di segno negativo, i volumi delle vendite in effetti nella fase di lancio sono molto ridotti e non coprono assolutamente i costi sostenuti per la progettazione del prodotto e per la sua realizzazione, produzione e per l'immissione sul mercato; segue poi una fase di sviluppo, dove le vendite crescono ad un tasso molto più consistente. La fase di sviluppo è quella che viene seguita dalla cosiddetta fase di maturità dove vengono a stabilizzarsi le vendite su un determinato livello, a cui segue la fase del declino. La curva continua rappresenta dunque il volume delle vendite, la curva tratteggiata indica invece l'entità dei profitti. Come vedete le cose corrono abbastanza in parallelo.

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CVP: le vendite

Lancio Scarse

Sviluppo Crescenti

Maturità Picco delle vendite

Declino Riduzione

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Andiamo a vedere queste quattro fasi in relazione ad alcuni connotati chiave:

- le vendite nella fase di lancio le vendite sono scarse, nella fase dello

sviluppo le vendite sono crescenti segue quella della maturità dove si raggiunge il volume massimo delle vendite ma poi le vendite si stabilizzano e poi segue il declino. Pensate ad esempio a quanto noi negli ultimi 10 anni abbiamo registrato nel campo della vendita della telefonia mobile: nella fase di lancio c'erano solo pochi consumatori che compravano il telefono mobile, quindi le vendite erano limitate. Si è poi vista una fase di sviluppo dove molti consumatori si iniziavano a dotare del cellulare, quindi le vendite crescevano anche sull'ordine del 30/40% l'anno, ora possiamo dire di aver raggiunto una fase di maturità dove i volumi di vendita si sono normalizzati, dove la gente compra sì il telefono mobile ma per sostituire un modello vecchio quindi è una domanda prevalentemente di sostituzione e chissà mai se ci attenderà una fase di declino della telefonia mobile magari quando arriverà un prodotto sostitutivo che incorporerà altre funzioni e che quindi potrà far entrare in una fase di declino i modelli tradizionali della telefonia mobile

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CVP: i profitti

Lancio Negativi

Sviluppo Crescenti

Maturità Alti

Declino Declinanti

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Analizziamo ora il ciclo di vita del prodotto dal punto di vista dei

- profitti

nella fase di lancio sono nettamente negativi, nella fase di sviluppo crescenti, divengono finalmente positivi anche se ancora in modo limitato ma crescono in modo consistente, nella fase di maturità abbiamo l'entità più consistente dei profitti e infine nella fase del declino dove gli profitti calano di valore assoluto

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CVP: tipi di clienti

Lancio Innovatori (2%)

Sviluppo Pionieri (15%)

Maturità M. Anticipatrice (34%)

M. Ritardataria (34%)

Declino Ritardatari (16%)

Fashion Seller > marketing

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Vediamo ora altre facce altri spaccati del ciclo di vita del prodotto ad esempio

- i tipi di clienti nella fase di lancio, nell'introduzione sul mercato, abbiamo

solo dei consumatori innovatori e si stima rappresentino solo il 2% del mercato del consumatore, i pionieri arrivano nella fase di sviluppo e rappresentano il 15% quando si entra nella fase della maturità esistono due tipologie di consumatori una cosiddetta maggioranza anticipatrice 34% e una maggioranza ritardataria che ha più o meno la stessa consistenza quantitativa 34% della fase del declino quando cioè solo i ritardatari pari al 16% compra il prodotto.ad esempio se è vero che da telefonia mobile vive oggi la sua fase di maturità ci sarà al in circa un 16% di potenziali consumatori che ancora non si sono dotati del cellulare e che se ne doteranno nella fase di declino.

Volendo sezionare il mercato odierno della telefonia mobile, si potrebbe ipotizzare che stiamo assistendo ad una fase di declino per il telefono cellulare per così dire classico e ad una fase pionieristica, o di sviluppo, dei palmari. Quindi ad un cluster di consumatori pari al 16% che acquista telefonia mobile obsoleta a prezzi molto competitivi ma con una tecnologia datata e che non offre possibilità di implementazioni future si contrappone un cluster di pionieri, pari a circa il 15%, che acquista smartphone, blackberry, videofonini e palmari.

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CVP: i concorrenti

Lancio Pochi

Sviluppo Crescenti

Maturità Numero stabile

Declino In riduzione

Fashion Seller > marketing

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Vediamo adesso dal punto di vista dei concorrenti il ciclo di vita del prodotto:

- i concorrenti (competitors)

nella fase di lancio i concorrenti sono pochi, sono limitati, possiamo dire che nella fase di lancio si rischia una situazione monopolistica o olivo polisti che in cui pochissimi concorrenti sono presenti nella fase dello sviluppo arrivano molti imitatori molte nuove imprese entro nel mercato perché vedono che il mercato sta crescendo sta sviluppando nella fase di maturità si ha una stabilizzazione del numero dei concorrenti e riassumendo in un mercato maturo e quote di mercato sono relativamente stabili anzi nella fase di maturità qualche concorrente comincia a pensare che sia il caso di disinvestire da questo mercato ormai maturo, sempre nel caso della telefonia mobile pensate a Motorola (2008), per investire in altri mercati che crescono a tassi molto significativi. infine nella fase del declino quando i profitti si contraggono anche il numero di concorrenti si restringe escono dal mercato per primi i concorrenti più deboli.

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CVP: le politiche di prodotto

Lancio offrire un prodotto base

Sviluppo estensioni del prodotto

Maturità differenziare marche e modelli

Declino eliminare prodotti deboli

Fashion Seller > marketing

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vediamo

- le politiche di prodotto

nella fase di lancio il mercato non conosce questo prodotto c'è bisogno di un prodotto generico di un prodotto base. nella fase dello sviluppo invece i concorrenti cominciano a praticare estensioni del prodotto, un prodotto con delle funzioni aggiuntive, supplementari che tende a differenziarsi da quello degli altri concorrenti. nella fase di maturità si raggiunge il massimo livello di differenziazione di marche e modelli, i prodotti divengono molto differenziati tra loro. Ed infine nella fase del declino inesorabilmente alcuni prodotti escono dal mercato, i prodotti deboli quelli verso i quali i consumatori non manifestano fedeltà cominciano a lasciare il mercato.

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CVP: la distribuzione

Lancio selettiva

Sviluppo intensiva

Maturità ancor più intensiva

Declino riduzione punti vendita non redditizi

Fashion Seller > marketing

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- la politica di distribuzione

nella fase di lancio solo pochi operatori del commercio sono disponibili ad accogliere nel loro interno dei nuovi prodotti pochi commercianti quando fu lanciata da telefonia mobile non volevano avere questi prodotti perchè temevano sarebbero stati dei flop, perché il mercato ancora non cresceva. Quindi nella fase di lancio c'è una politica selettiva.

nella fase di sviluppo invece aumenta il numero di punti vendita che vengono raggiunti da questi prodotti una politica intensiva nella presenza della distribuzione commerciale.

nella fase di maturità si raggiunge la massima estensione in termini di presenza dei punti vendita quindi una politica ancora più intensiva per l'impresa industriale nella fase del declino si comincia ad abbandonare alcuni punti vendita: quelli non remunerativi, quelli che fanno bassi volumi di vendita, quelli in cui diventa troppo costoso il riassortimento.

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CVP: la pubblicità

Lancio conoscenza per pionieri

Sviluppo conoscenza per il mercato

Maturità focus su differenze rispetto ai competitor

Declino riduzione e focus su clienti fedeli

Fashion Seller > marketing

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Passiamo ad analizzare le politiche della comunicazione con lo spaccato sulla pubblicità e sulla promozione.

- la pubblicità

nella fase di lancio la conoscenza deve mirare a pochi pionieri a pochi consumatori innovatori e a pochi retailer, e quindi avremo una pubblicità informativa che tende a far conoscere l'esistenza del prodotto a pochi potenziali consumatori. Nella fase di sviluppo la pubblicità si rivolge a tutto il mercato diventa una pubblicità informativa che vuole far conoscere l'esistenza del prodotto a tutto il mercato.nella fase della maturità la pubblicità focalizza sulle differenze rispetto ai competitori di vendita una pubblicità non voglio dire comparativa, ma sicuramente una pubblicità che focalizza, che esalta le caratteristiche specifiche di un determinato prodotto differenziato.nella fase del declino si tende a ridurre l'intensità pubblicitaria per tagliare sui costi.e si tende semmai a focalizzarla solo sui clienti fedeli.

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CVP: la promozione

Lancio intensa per

“far provare”

Sviluppo ridotta, la domanda è forte

Maturità in aumento per rafforzare la fedeltà

Declino ridotta (per agire sui costi) oppure intensa per eliminare il prodotto

Fashion Seller > marketing

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- quando si parla della promozione

nella fase di lancio c'è una attività di promozione molto intensa per far provare il prodotto, per testare il prodotto, per stimolare i consumatori innovatori ad avere il coraggio di acquistare quel prodotto assolutamente nuovo. Nella fase dello sviluppo la promozione diventa ridotta perché la domanda è molto forte e quindi è la domanda stessa che chiede il prodotto, non c'è bisogno di utilizzare una promozione intensa in questa fase. Nella fase della maturità c'è bisogno di fare una promozione per rafforzare la fedeltà dei consumatori. Invece nella fase del declino si cerca di tagliare sui costi per recuperare l'economicità di gestione su questi prodotti in declino o addirittura si fa una promozione di prezzo, tagliando sui prezzi, molto significativa, per eliminare definitivamente gli stock di magazzino.

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STRATEGIE PUBBLICITARIE

COPY STRATEGY

STAR STRATEGY

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A causa del continuo bombardamento di messaggi pubblicitari a cui siamo sottoposti, è sempre più difficile per i pubblicitari creare messaggi che catturano la nostra attenzione. Affinché uno spot sia efficace, deve essere intrapresa un'accurata strategia, studiata ad hoc.

Il processo di acquisto si compone di diverse fasi: 1) l'attenzione, l'acquirente è attratto da qualcosa,l'attenzione è catturata proprio dal messaggio pubblicitario. 2) l'interesse, il soggetto valuta ciò che ha attirato la sua attenzione, in base agli elementi acquisiti e reputati importanti. 3) il desiderio, se l'interesse è notevole , nel consumatore scatta un importante stato d'animo che spinge il soggetto a possedere il bene. 4) l'azione l'acquisto viene realizzato. Annamaria Testa, esperta di comunicazione,ha affermato:"Perché compri qualcosa, il destinatario del messaggio deve prima convincersi che la scelta procuri piacere,ricompensa o utilità, e quindi è la scelta giusta." E' stato dimostrato come dopo aver acquistato un prodotto, si presta molta più attenzione alla pubblicità, proprio per confermare o confutare la veridicità del messaggio pubblicitario, che certo presenterà il prodotto sempre in maniera ottimale. La pubblicità necessita di una comunicazione efficace, che può essere riassunta con le quattro "i" : impatto, interesse, informazione, identificazione; e le quattro "c": conoscenza, comprensione, convinzione, comportamento. La pubblicità è un'arma di persuasione, anche grazie alla sua attitudine a ragionare in modo progettuale sul pubblico, sugli argomenti, sulle risorse e sulle emozioni, (questo è ciò che si chiama marketing).

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COPY STRATEGY

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La copy strategy è un tipo di modello operativo usato in pubblicità. Implementato durante gli anni sessanta ad opera di alcune aziende e agenzie pubblicitarie statunitensi, esso definisce le scelte strategiche di un’azione pubblicitaria articolandole in cinque punti:

Consumer’s benefit è il vantaggio che il prodotto promette al consumatore;

Reason why è l’argomento razionale che la pubblicità fornisce per rendere credibili i vantaggi promessi dal prodotto;

Supporting evidence è il supporto retorico che avalla la credibilità della promessa strategica;

Tone of voice è la modalità espressiva di presentazione dei vantaggi e dei relativi argomenti;

Target è la definizione precisa della categoria di pubblico cui rivolgersi.

Tale modello nasce dall'esigenza di creare pubblicità coerenti e costituire un punto di riferimento non solo per la creazione del testo, ma di tutta quanta la pubblicità

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STAR STRATEGY

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La star strategy è un metodo pubblicitario esposto dal francese Jacques Séguéla nel suo libro “Hollywood lava più bianco” La star strategy, a differenza della copy strategy, che crea messaggi a base razionale, sposta l'asse verso valori emotivo-spettacolari. Così come lo star system di Hollywood creava i divi partendo da attori comuni cui veniva imposta una ferrea caratterizzazione, così Séguéla attribuisce ai prodotti un Fisico, un Carattere e uno Stile: il primo è il dato del problema (la funzione del prodotto), il secondo è il valore aggiunto (ciò che, inventato dalla pubblicità, farà amare e ricordare il prodotto), il terzo è il modo con cui il prodotto comunica con il consumatore. "Fisico e Stile possono cambiare, ma il Carattere mai".

Nell’immagine, la campagna Nescafè del 2010, in cui il prodotto è trattato e presentato in passerella come fosse una star… vedremo poi perché in questo caso particolare la cosa non ha funzionato.

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IL CASO NESPRESSO

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Il caso Nespresso è emblematico. Risulta un mix tra copy

strategy e star strategy mediata da un testimonial. Mancano alcuni elementi della copy strategy, come ad esempio la razionalizzazione del perché si dovrebbe comprare il prodotto, ma che vengono dimenticati grazie alla forza del personaggio e allo stile che contraddistingue il prodotto.

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3 principi-chiave

1. I consumatori scelgono i prodotti in base alle caratteristiche che possiedono

LE SCELTE DEL CLIENTE

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Contrariamente alla teoria economica neoclassica che stabiliva uno stretto legame tra un determinato prodotto e le utilità totali che il prodotto medesimo generava a favore del consumatore, Lancaster dice che il prodotto non genera direttamente utilità a favore del consumatore, il prodotto è in realtà un insieme di caratteristiche che esprimono specifici servizi che si traducono in particolari utilità dal punto di vista del consumatore. Dunque i prodotti sono un insieme di caratteristiche. Che cosa significa questa enunciazione teorica? Innanzitutto il fatto che i consumatori scelgono i prodotti in base alle caratteristiche che ognuno di questi propone, ricordate il caso dei dentifrici visto prima, si evidenziava che ciascun dentifricio ha delle specifiche caratteristiche dalle quali scaturiscono determinate utilità.

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2. Prodotti differenti, anche di settori diversi, possono soddisfare lo stesso bisogno

3. Uno stesso prodotto può soddisfare bisogni diversi

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I prodotti sono differenti e possono addirittura appartenere a settori diversi ma possono soddisfare lo stesso bisogno. Pensate ai consumatori che hanno problemi con le gengive, gengive sensibili, che si irritano facilmente, possono utilizzare in realtà prodotti farmaceutici così come possono usare specifici dentifrici che offrono anche la funzione di non irritare gengive sensibili. E uno stesso prodotto può soddisfare bisogni diversi: abbiamo dentifrici che promettono un effetto anticarie ma anche un effetto sbiancante, quindi soddisfano due bisogni diversi

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In base a tale impostazione, ogni prodotto può essere posizionato in una mappa multidimensionale,

in base alle sue coordinate

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con questi principi, con questa impostazione teorica, è chiaro che ogni prodotto può essere posizionato in una mappa multi dimensionale. Come dire, abbiamo “n” (enne) variabili concettualmente indipendenti per analizzare ciascun singolo dentifricio: vi saranno dentifrici che hanno l'effetto sbiancante e altri che non lo hanno, vi saranno dentifrici che hanno l'effetto anticarie e altri che non lo hanno, dentifrici che possiedono gusti differenti, in base cioè a “n” differenti dimensioni, “n” variabili, ciascun dentifricio avrà delle sue specifiche coordinate e quindi potrà essere posizionato in una mappa ad “n” dimensioni

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In base a tale impostazione, i consumatori possono esprimere il loro prodotto “ideale”, definendo le sue coordinate specifiche in base ai loro gusti e preferenze

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E’ abbastanza evidente che seguendo questa impostazione i consumatori possono esprimere il proprio prodotto ideale esprimendo le coordinate in base ai loro gusti e preferenze. Vale a dire: se noi chiediamo ai consumatori quale sia il loro dentifricio ideale certamente non troveremo una omogeneità di gusti, troveremo dei cluster di consumatori che chiedono ad un dentifricio ideale caratterizzato da un gusto molto forte alla menta e altri che chiedono un gusto radicalmente diverso, magari meno intenso, ci saranno consumatori che chiedono al dentifricio ideale di avere delle proprietà di igiene orale e di effetto sbiancante e altri che non sono interessati all'effetto sbiancante. Insomma i consumatori razionali, ammesso che lo siano, non sempre lo sono, saranno in grado di esplicitare le coordinate delle loro preferenze individuali in relazione ad uno specifico prodotto.

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Grado alcolico

Gusto AMARO>DOLCE

=D =A

=B

=E =C

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A questo punto siamo in grado di posizionare il prodotto in una mappa multi-dimensionale (matrice). Assumiamo ad esempio di analizzare un liquore e per ragioni di semplicità anziché utilizzare una mappa ad “N” dimensioni che non sarebbe facilmente trasmissibile, non sarebbe facile da comunicare anche sul piano didattico, assumiamo che un liquore abbia soltanto due dimensioni: il gusto, vale a dire più o meno amaro, più o meno tendente ad un gusto amaro, e il livello di grado alcolico. Alla luce delle considerazioni fatte fino ad ora è evidente che noi possiamo posizionare l'offerta per i prodotti realmente realizzati dai produttori di liquori in un determinato mercato e di posizionare contestualmente la domanda, cioè le preferenze che i consumatori esprimono sul loro prodotto ideale in termini di grado alcolico, cioè di gusto. Che cosa troviamo? Dal punto di vista dei simboli abbiamo utilizzato il simbolo della stella per indicare i singoli prodotti, i singoli liquori che sono realizzati dalle imprese che stanno sul mercato, abbiamo invece simboleggiato con dei cerchi il cluster di domanda vale a dire i consumatori che manifestano determinate specifiche preferenze rispetto alle due coordinate indicate. Troveremo ovviamente dei cluster di domanda più densi cioè maggiormente consistenti (più grandi a livello di superficie) che hanno evidentemente una gran massa di consumatori che vogliono un prodotto con quelle caratteristiche, e invece cluster di domanda molto piccoli che corrispondono sul nostro grafico a cerchi di dimensioni inferiori perché pochi consumatori vorrebbero un prodotto con quelle caratteristiche. Abbiamo dunque evidenziato la domanda e l'offerta. Quali considerazioni possiamo fare a riguardo? Innanzitutto chiediamoci quali cluster di domanda risultano totalmente insoddisfatti: concentratevi sulla lettera E. La lettera E corrisponde ad un insieme di domanda particolarmente consistente dove però non è situato nessun prodotto, vedete che non c'è nessuna stella all'interno di quel cluster di domanda? Quindi esiste una gran massa di consumatori che vorrebbe quel determinato grado alcolico e quel determinato gusto ma nessuno dei produttori offre quel prodotto e quindi è questa una domanda di mercato che potrebbe essere accolta qualora qualche impresa volesse lanciare un nuovo prodotto, un nuovo liquore sul mercato. Ancora guardate la lettera B. La lettera B è in corrispondenza di una stella che è esterna ad un cluster di domanda, sebbene in prossimità di questo cluster di domanda che al suo interno non ha nessuna altra stella, nessun altro liquore. Come si comporteranno i consumatori di questo cluster? Questi consumatori hanno delle preferenze molto nette, molto spiccate, ma non trovando un prodotto esattamente corrispondente alle loro aspettative si orienteranno verso il prodotto indicato dalla lettera B: è vero che un prodotto un po' diverso, soprattutto in termini di gusto, ma comunque il prodotto più vicino, prossimo alle loro aspettative, quindi i consumatori sacrificano le loro preferenze e il prodotto B è comunque venduto. In realtà noi capiamo che questo posizionamento è molto vulnerabile perché qualora una impresa concorrente decidesse di lanciare un prodotto e di posizionarlo esattamente all'interno di questo cluster di domanda è evidente che le vendite del prodotto B verrebbero vanificate per intero dall'ingresso sul mercato di questo nuovo prodotto, di questo nuovo liquore, perché alla fine questi consumatori non sono totalmente soddisfatti dalla lettera B, dal prodotto B.

Vediamo ora la lettera D, dove abbiamo una stella, una stella isolata che si trova nel quadrante in alto a sinistra e purtroppo è molto lontana da tutti cluster di domanda.

Che cosa significa? Significa che questo prodotto è sicuramente differenziato, l'impresa ha investito per realizzare questo prodotto differenziato ma non appaga nessun bisogno: i consumatori non comprano questo prodotto perché non soddisfa le loro preferenze, è un evidente caso di errato posizionamento del prodotto, di grave ed errato posizionamento del prodotto.

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Grado alcolico

Gusto AMARO>DOLCE

=A

=C

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Concentriamo l'attenzione sulla lettera C che è in corrispondenza di un cluster di domanda molto consistente con all'interno tre prodotti, 3 liquori, tre stelle. Che cosa significa? Significa che i 3 prodotti sono tra loro in concorrenza, una concorrenza diretta molto stretta, molto vicina che si traduce in una concorrenza di prezzo perché di fatto questi prodotti sono poco differenziati tra loro, presentano una grande omogeneità in termini di gusto e livello alcolico e quindi è chiaro che i consumatori di questo cluster di domanda sebbene apprezzino questi prodotti si orienteranno verso il prodotto che di questi tre avrà il prezzo minore, ragionando semplicemente e solamente in termini economici: è presente una forte price competition.

Arriviamo alla lettera A in cui troviamo la situazione ottimale per il prodotto posizionato all'interno di questo cluster. Perché? Perché è l'unico liquore che soddisfa le esigenze di una gran massa di consumatori, il prodotto A non ha altri concorrenti molto vicini, tutti gli altri prodotti sono molto differenziati da questo prodotto, e quindi è chiaro che questo cluster di domanda si orienterà solo verso questo prodotto e quindi questo prodotto godrà di un premium price, cioè di una maggiorazione di prezzo rispetto agli altri prodotti concorrenti perché i consumatori fedeli a queste coordinate saranno disponibili a comprare questo liquore anche se avrà un prezzo maggiore rispetto a tutti gli altri.

Ecco dunque il posizionamento della domanda e il posizionamento dell'offerta contestualmente analizzata all'interno di questa mappa bidimensionale che ci offre molte indicazioni analitiche su che cosa devono fare le imprese, sugli errori che rischiano di compiere le imprese e sui miglioramenti che possono apprestare rispetto al posizionamento strategico dei loro prodotti.

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Marketing Fashion Seller 2014-2015

Dennis Pozzer