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PAGINA 1 Mario Martelli Specificità dell’analisi economica della regolazione SOMMARIO 1. Ragioni dell’intervento pubblico: i fallimenti del mercato 1.1. Economia del benessere 1.2. Efficienza economica. Il criterio paretiano 1.3. Concorrenza perfetta e realtà dei regimi di mercato 1.4. Incompletezza dei mercati ed esternalità 1.5. Beni pubblici 1.6. Costi di transazione e asimmetria informativa 1.7. Beni meritori 2. Modalità dell’intervento pubblico: programmazione e regolazione 2.1. La programmazione 2.2. Gli obiettivi di politica economica 2.3. Modelli di programmazione 2.4. Il modello della “programmazione per progetti” 2.5. Politiche economiche di riforma: regolazione e stato regolatore 2.6. Calcoli di convenienza sociale. Cenni all’analisi benefici costi nella regolazione 3. Conclusioni sull’inquadramento teorico dell’Air

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PAGINA 1

Mario Martelli

Specificità dell’analisi economica della regolazione

SOMMARIO

1. Ragioni dell’intervento pubblico: i fallimenti del mercato

1.1. Economia del benessere 1.2. Efficienza economica. Il criterio paretiano 1.3. Concorrenza perfetta e realtà dei regimi di mercato 1.4. Incompletezza dei mercati ed esternalità 1.5. Beni pubblici 1.6. Costi di transazione e asimmetria informativa 1.7. Beni meritori

2. Modalità dell’intervento pubblico: programmazione e regolazione

2.1. La programmazione

2.2. Gli obiettivi di politica economica

2.3. Modelli di programmazione

2.4. Il modello della “programmazione per progetti”

2.5. Politiche economiche di riforma: regolazione e stato regolatore

2.6. Calcoli di convenienza sociale. Cenni all’analisi benefici costi nella regolazione

3. Conclusioni sull’inquadramento teorico dell’Air

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Ragioni dell’intervento pubblico: i fallimenti del mercato

1.1. Economia del benessere

In senso lato, si parla di politica economica laddove ci si confronta con il tema

dell’azione pubblica e, in particolare su come utilizzare al meglio le (scarse) risorse

collettive, attraverso un uso della conoscenza fornita dall’analisi economica. In senso

stretto la politica economica è “… la disciplina che studia l’azione economica pubblica

indagando il processo di formazione delle preferenze della collettività (le scelte

sociali), sulla scelta delle istituzioni (mercato e Stato) e sulle scelte correnti dell’ente

pubblico”1.

Laddove si ritenga ragionevole un intervento attivo di qualche sorta dell’operatore

pubblico nell’economia, allora si evidenzia come la ratio di tale intervento sia andata

approfondendosi per gradi successivi. Un primo approccio riguardo le funzioni

economiche dello stato è quello che ammette lo svolgimento, da parte statale, soltanto di

compiti minimali2. Tale concezione giustifica l’attività di un governo le cui funzioni

siano finalizzate esclusivamente a garantire il conseguimento dell'obiettivo sociale della

coesistenza pacifica della collettività: all’interno di tale fattispecie, le funzioni

pubbliche sono pertanto circoscritte e finalizzate alla protezione dei membri della

collettività contro la forza e il furto e per tutelare il rispetto dei contratti. In accordo a

tale impostazione, ogni altra funzione che lo stato intendesse svolgere è ingiustificata. Il

finanziamento dell’azione del governo avviene attraverso un’Agenzia che fornisce

servizi di protezione e che ricorre a una tassazione obbligatoria.

La teoria economica ha ampliato il senso dell’azione di governo, allargandone il

campo d’azione anche a temi diversi dai pochi compresi nello stato minimale, tali da

assicurare un incremento del benessere della collettività. L’economia del benessere 1 N. ACOCELLA, Fondamenti di politica economica, Carocci, 1999, p. 35. 2 Sullo stato minimale, R. NOZICK, Anarchy, State and Utopia, Oxford, 1974.

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studia le condizioni che devono essere soddisfatte per assicurare un’allocazione

efficiente delle risorse collettive3. In particolare “si propone di determinare criteri

obiettivi, liberi da giudizi di valore 4 di natura politica che permettano di confrontare i

benefici e i danni connessi con date misure di … politica economica e che consentano

quindi di decidere se tali misure sono da considerarsi, nel complesso, vantaggiose o

dannose ed, eventualmente, quali misure di compensazione a favore di interessi lesi

siano necessarie per poter arrivare a una valutazione positiva”.

1.2. Efficienza economica. Il criterio paretiano

Particolarmente rilevante per quanto concerne l’uso delle risorse è e l'analisi

dell’efficienza economica, distinta in produttiva e allocativa. La prima pone la

produzione in rapporto con il costo, collegando tra di loro i fattori produttivi e i prezzi:

pertanto, si è in una condizione di efficienza produttiva in quanto in essa si minimizza il

costo per un livello dato di produzione o, in modo equivalente, si massimizza la

produzione con un dato livello di costi. L’efficienza allocativa riguarda invece il modo

in cui le risorse scarse sono ripartite tra i beni e servizi prodotti dal sistema economico.

Un’allocazione efficiente si ha quando non è possibile variare la distribuzione

inter-individuale di un dato paniere di beni senza peggiorare la posizione anche di un

solo individuo della collettività: se una determinata allocazione di risorse è efficiente in

tal senso allora è considerata ottimale in senso paretiano. Per converso, la condizione

non è efficiente dal punto di vista allocativo, allorché sia possibile ripartire

diversamente le risorse disponibili e migliorare la condizione di qualcuno senza

peggiorare la condizioni di altri5 6.

3 Si veda S. STEVE, Lezioni di scienza delle finanze, Cedam, 1976, p. 222. 4 Per il tema dei giudizi di valore si veda M. MARTELLI, Determinazione dei prezzi e giudizi di valore

nell’ABC, in S. MOMIGLIANO e F. NUTI GIOVANNETTI (a cura di), La valutazione dei costi e dei benefici nell’analisi dell’impatto della regolazione, Rubettino, 2001

5 Si vedano le voci Pareto ed Economia del benessere in F. CAFFÈ e N. ACOCELLA, Dizionario di Economia, traduzione di The Penguin Dictionary of Economics di G. Bannock, R. E. Baxter e R. Rees, Laterza, 1977. Su ottimalità paretiana ed efficienza economica si veda A. SEN, Etica ed economia, Laterza, 2002, pp. 44-52.

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1.3. Concorrenza perfetta e realtà dei regimi di mercato

La concorrenza perfetta postula dei mercati che abbiano caratteristiche definite

quali la sufficiente numerosità degli operatori (che non sono in grado di influenzarsi

reciprocamente), l’omogeneità dei prodotti, la liberta d’entrata e di uscita sul mercato, la

perfetta razionalità dei consumatori unita alla loro completa informazione.

La concreta realtà operativa mostra come tale ipotesi siano difficilmente

riscontrabili. Nella realtà prevalgono una serie di situazioni quali la presenza di

i) concorrenza imperfetta o monopolistica (sull’offerta e sulla domanda), ii) oligopoli,

iii) monopoli. Tali fatti fanno sì che, sostanzialmente, il regime della concorrenza

perfetta possa essere considerato irrealistico7. In tutte queste situazioni di mercato viene

violata infatti la condizione di uguaglianza tra prezzo e costo marginale che in

concorrenza perfetta assicura l’ottimo paretiano. Ad esempio, la presenza (e non

l’assenza) di costi di entrata e di uscita dal mercato si rivela come un altro importante

fattore di fallimento dell’ipotesi di base. La teoria infatti postula una “contendibilità”

dei mercati, ovvero che nuove imprese possano entrare liberamente e senza costi sul

mercato e ne possano fuoriuscire liberamente e senza costi. Tale ipotesi risulta non

veritiera nella concreta realtà operativa delle aziende: entrare su un mercato “nuovo”

costa in termini assoluti in ragione del capitale umano e fisico che occorre allocare e il

cui costo risulta accantonato (i cosiddetti sunk costs o costi accantonati).

Si parla quindi di fallimento del mercato, in generale, quando il sistema dei prezzi

di mercato, per qualche motivo, non fornisce informazioni esatte sulle scarsità relative

delle risorse e pertanto non si raggiunge una condizione d’efficienza allocativa per

consumatori e/o produttori, oppure quando esistono circostanze che impediscono di 6 Per un'analisi del rapporto tra efficienza allocativa e regolazione del sistema economico, R. W. HAHN

e J. HIRD, The costs and benefits of Regulation: Review and Synthesis, The Yale Journal of Regulation, Volume 8, No. 1, Winter 1991, pp. 233-278.

7 N. ACOCELLA, Fondamenti di politica economica, cit., p. 150-160. Sullo scarto tra teoria e realtà applicativa e sulla sostanziale inefficacia del modello della concorrenza perfetta in condizioni sub-ottimali si veda la teoria del “secondo ottimo” in R.G. LIPSEY e K. LANCASTER, The General Theory of Second Best, Review of Economic Studies, December 1956.

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determinare il massimo benessere dei consumatori e/o la massima efficienza dei

produttori (v., per questo ultimo caso, la selezione avversa8). L’elenco dei fallimenti

delle ipotesi concorrenziali diventano area, di converso, per l’intervento pubblico. Si

pensi alle azioni pubbliche di tutela della concorrenza (monopoli e oligopoli), di

incentivazione all’accesso ai mercati per le imprese, di tutela dei consumatori

innalzandone la dotazione informativa.

1.4. Incompletezza dei mercati ed esternalità

Il primo teorema dell’economia del benessere postula l’esistenza di mercati

completi nei quali tutti i beni e servizi siano in essere contemporaneamente: un mercato

completo offre quindi tutti i beni e servizi il cui costo di produzione è inferiore alla

disponibilità a pagare degli individui. Nella realtà appare essere possibile

un’incompletezza dei mercati9 legata alla presenza di i) esternalità, ii) beni pubblici e

iii) asimmetria informativa in ambiente incerto.

Nello specifico, si parla di effetti esterni al mercato o esternalità10 quando si è in

presenza di elementi che entrano i) come input nella funzione di produzione di una o più

imprese generando incrementi (esternalità positive) o diminuzioni di produzione

(esternalità negative) o come ii) argomenti nella funzione di utilità di uno o più

consumatori generando incrementi o diminuzioni di benessere, senza che in

corrispondenza di essi avvengano pagamenti (nel caso di esternalità positive) o sanzioni

(nel caso di esternalità negative) a favore del proprietario degli elementi stessi da parte

di coloro che ne godono i vantaggi o subiscono le conseguenze negative.

8 Un esempio di tale fenomeno si trova con riferimento al mercato assicurativo dove la selezione

avversa “… nasce dal fatto che gli assicurati (consumatori), conoscendo il proprio stato di salute, hanno un vantaggio sull’assicuratore (produttore) in termini di conoscenza del grado di rischio al quale sono esposti. Se questo ultimo fosse in grado di variare il prezzo della polizza in base al rischio relativo ad ogni individuo, ovverosia se disponesse di informazione perfetta, potrebbe soddisfare la domanda di tutti i cittadini …” F. NUTI, Introduzione all’economia sanitaria e alla valutazione economica delle decisioni sanitarie, Giappichelli, 1998, p. 38.

9 N. ACOCELLA, Fondamenti di politica economica, cit., p. 160-162. 10 J. E. STIGLITZ, Economia del settore pubblico, (edizione italiana a cura di G. PISAURO), Hoepli, 1996,

p. 120-121.

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Le esternalità possono essere dovute a fattori quali i) l’inesistenza di diritti di

proprietà, e ii) l’esistenza di attività di produzione o consumo congiunta di beni e

servizi. La loro problematicità per quanto concerne l’allocazione delle risorse è quella

che fanno divergere costi privati e costi sociali e fanno sì che, ad esempio, industrie che

causano esternalità negative (ad esempio, imprese inquinanti) producano più di quello

che è socialmente ottimale mentre quelle che causano esternalità positive (o generano

economie esterne positive) producano meno di quanto sarebbe socialmente auspicabile.

1.5. Beni pubblici

I beni pubblici11 si contraddistinguono per essere beni economici dotati di

caratteristiche particolari che seguono.

I beni pubblici sono connotati dalla “assenza di rivalità sul consumo”. Tale

caratteristica è legata al fatto che i consumatori consumano collettivamente il bene

considerato. Nello specifico, a differenza con quanto avviene con i beni privati, il

consumo di un’unità del bene x da parte del consumatore A non fa diminuire la quantità

di x disponibile per i consumatori B, C,…N. Tale fatto dipende da caratteristiche

intrinseche di tipo tecnico e/o economico del bene stesso che lo rendono indivisibile.

Esempi di bene pubblico sono la difesa, come pure la giustizia, la sicurezza pubblica.

Un limite alla non-rivalità può essere dato dall’insorgere di congestione nell’uso del

bene: superato un limite di congestione crea una situazione di rivalità sul consumo.

Per i beni pubblici si parla di “non escludibilità”. Tale condizione sta a significare

che non esistono (o non sono state attuate volontariamente) misure tali da escludere

alcuni soggetti dal consumo o tali da subordinare il consumo a un pagamento diretto.

Risulta assente qualche tipo di meccanismo che faccia dipendere, in modo diretto, il

godimento del bene e la sua misura dalla corresponsione di un pagamento che rispecchi

l’interesse del singolo a consumare il bene in questione (un esempio in specie è quello

11 F. NUTI GIOVANNETTI, La valutazione economica delle decisioni pubbliche. Dall’analisi costi benefici

alle valutazioni contingenti, Giappichelli, 2001, pp.279-280.

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delle strade Anas sulle quali non si paga alcun pedaggio). Tale caratteristica, unita

all’indivisibilità del bene pubblico, incentiva il consumatore a “nascondere” la sua

disponibilità a pagare per avere quel bene o servizio pubblico e appare suscettibile di

incentivare il free riding (letteralmente, correre gratis, comportarsi da parassiti) ovvero

il consumo in eccesso in assenza del pagamento di un corrispettivo.

1.6. Costi di transazione e asimmetria informativa

Una condizione necessaria perché il mercato funzioni in modo efficace e che i

consumatori abbiano un’informazione sufficiente per valutare i beni e servizi offerti dai

produttori. Spesso tale condizione è soddisfatta ma, frequentemente, si rileva su una

serie di mercati e per un quantità di prodotti un’imperfetta informazione a disposizione

dei consumatori.

Addirittura, si può postulare come l’informazione sia “un bene pubblico di per

sé”12: l’esatta informazione del consumatore x non diminuisce infatti la quantità di

informazione a disposizione degli altri n consumatori. Riguardo a ciò il mercato privato

è suscettibile di garantire un’informazione inadeguata come lo sarebbe per qualsiasi

altro bene pubblico.

Quando l’informazione manca oppure è distribuita in modo asimmetrico si parla

pertanto di difetti di informazione. Si apre in questo caso un campo vasto per

l’intervento pubblico finalizzato a proteggere i consumatori nelle loro scelte, con

particolare riguardo alla regolazione dei comportamenti dei produttori (si pensi alle

informative Consob sui prodotti esitati sui mercati mobiliari, alle informazioni

obbligatorie sui prodotti sanitari) oppure anche alla produzione pubblica di

informazione (si pensi ai notiziari sul traffico e/o meteo).

1.7. Beni meritori

12 J. E. STIGLITZ, Economia del settore pubblico, cit., p. 124.

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I beni meritori sono quei beni “la cui disponibilità è considerata utile dal punto di

vista sociale, indipendentemente dalla soddisfazione effettivamente goduta

dall’individuo13”.

La teoria del bene o bisogno meritorio nasce dalla considerazione che in talune

occasioni, il consumatore e i produttore non siano i migliori giudici di sé stessi. Se

questo fatto è evidentemente vero per talune categorie (minori, incapaci), la teoria

economica ha formulato delle interpretazioni su tale fattispecie parlando di

paternalismo, laddove si parla di sostituzione delle scelte “paterne” (o comunque di

persone esterne) a quelle di un individuo in situazioni determinate. Le situazioni tipiche

sono quelle in cui i) il processo di decisione degli individui non rispetta i canoni usuali

di razionalità e ii) le persone sulle quali si esercita il paternalismo non appaiono disporre

di informazioni rilevanti sulle scelte che ritrovano a fare (che sono distorte da

condizionamenti esterni di qualche sorta). Tale fatto rileva in molte azioni pubbliche,

particolarmente per quanto concerne la regolazione degli operatori in una serie di settori

quali sanità, istruzione, patrimonio artistico e culturale. Diventano quindi estremamente

rilevanti i bisogni (e beni) meritori14 nell’analisi e nelle definizioni degli assetti del

sistema economico. Una decisione dell’autorità di governo relativa all’istituzione di

regimi di sovvenzione di prodotti buoni (sanità, istruzione) e di penalizzazione di

prodotti cattivi (come, ad esempio, i liquori e il tabacco) è basata essenzialmente su un

approccio paternalistico unito alla presenza di esternalità nel consumo di tali prodotti. Si

pensi ai limiti imposti al consumo individuale di alcolici, legati, ad esempio, alla

necessità di limitare gli incidenti in stato di ubriachezza (esternalità negativa del

consumo) che coinvolgono terzi. Una rappresentazione schematica delle categorie dei

bisogni-beni è quella che segue15:

13 N. ACOCELLA, Fondamenti di politica economica, cit., p. 138. 14 R. A. MUSGRAVE, The Theory of Public Finance, McGraw Hill, 1959. 15 A. PETRETTO, Economia del benessere e intervento pubblico, in AA.VV., Lezioni di analisi costi-

benefici, Strumenti Formez, p. 334.

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0% % DI ESTERNALITÀ 100%

100% 100%

BISOGNO PRIVATO BISOGNO SOCIALE PURO

% D

I SO

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AN

ITÀ

DE

L

CO

NSU

MA

TO

RE

0%

BISOGNO MERITORIO PURO BISOGNO MERITORIO SOCIALE

0%

0% 100%

Almeno in linea teorica, le economie di mercato utilizzano la maggior parte delle

risorse disponibili per la soddisfazione dei bisogni dei quadranti superiori mentre nelle

economie che ricorrono maggiormente all’intervento pubblico sono considerati più

rilevanti i bisogni indicati nei quadranti inferiori.

2

Modalità dell’intervento pubblico: programmazione e regolazione

2.1. La programmazione

Da quanto esposto nel capitolo precedente si evince come il mercato, in ragione di

alcune specifiche caratteristiche di funzionamento, possa non essere in grado di allocare

con efficacia ed efficienza risorse scarse, in un quadro di conseguimento di obiettivi

pubblici e non individuali.

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L’Economia del benessere peraltro è caratterizzata dal fatto di “perseguire un

approccio essenzialmente normativo16. Essa è infatti tesa a rispondere a quesiti del

tipo: quali criteri debbono essere applicati per valutare la bontà e l’efficacia, dal punto

di vista sociale, delle varie misure dell’intervento pubblico? In accordo con tale

approccio, la politica economica presuppone la definizione di giudizi di valore, la cui

validità e consistenza sia riconosciuta in termini generali, sui quali basare schemi

normativi per valutare l'intervento pubblico”17. Occorre pertanto individuare e

inquadrare l’azione dell’operatore pubblico, alla luce di regole di ottimalità e di

efficienza economica, e da qui nasce l’esigenza che l’operatore pubblico si doti di un

modello di programmazione al fine di “adottare decisioni coordinate e coerenti di

politica economica”18.

Il fine della programmazione economica diventa quindi quello di formulare la

politica economica dello stato in modo coerente e razionale, a fronte del conseguimento

di un insieme di obiettivi, sottoposti a vincoli e con strumenti che tengano conto di un

quadro intertemporale. Altrettanto importante per la definizione dei “contorni” della

politica economica è il ruolo del settore privato: da un lato esso è la molla principale per

la crescita economica e dall’altro influenza il settore pubblico (livello delle entrate

tributarie) ed è influenzato dalle scelte del settore pubblico in tema di fiscalità (politica

tributaria e di investimenti pubblici (es. investimenti strutturali). Un modello di

programmazione diventa il mezzo in grado di cogliere, simultaneamente, l’interazione

temporale tra obiettivi, vincoli e strumenti dell’azione pubblica e il ruolo del settore

privato. Le priorità intersettoriali vanno perciò stabilite nel quadro di una

16 L’economia positiva e l’economia normativa sono i due rami dell’economia politica. La prima studia

il comportamento dei diversi tipi di soggetti e le modalità di funzionamento dei sistemi economici in cui tali soggetti operano. Tale studio è compiuto partendo da ipotesi di comportamento razionale dei diversi soggetti. L’economia normativa consiste nel confrontare stati diversi di un sistema economico dato, oppure comparare diversi sistemi economici, alla luce di determinati giudizi di valore. Altresì l’economia normativa ha anche per scopo l’elaborazione di nuovi giudizi di valore, in base ai quali valutare stati e assetti economici alternativi. Si veda G. COSTA, Equilibrio concorrenziale ed efficienza paretiana: un’introduzione ad alcuni concetti fondamentali della teoria economica, in AA.VV., Lezioni di analisi costi-benefici, Strumenti Formez, 1987, p. 243.

17 A. PETRETTO, Economia del benessere e intervento pubblico, cit., p. 287. 18 N. ACOCELLA, Fondamenti di politica economica, cit., p. 282.

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programmazione economico sociale che, a partire dalle risorse finanziarie disponibili,

analizzi criticamente le aree di intervento prioritarie nel paese riconciliando nel medio

termine gli inevitabili conflitti tra le esigenze dei vari settori.

2.2. Gli obiettivi di politica economica

Appare fondamentale definire quali siano gli obiettivi dell’azione di governo,

derivando anche un’indicazione del peso relativo da attribuire a tali obiettivi. Un primo

passaggio è quello di convertire (e correlare) gli scopi dell’azione politica in obiettivi di

politica economica. Un esempio di lettura molto semplificata per tale azione è

rappresentata nella tavola che segue.

SCOPI POLITICI INTERNI SCOPI POLITICI ESTERNI

OBIETTIVI

ECONOMICI

Benessere

materiale Equità

Morale e

religione

Protezione

persone e

beni

Sicurezza

esterna

Solidarietà

internaz

Pieno impiego ▲ ▲ ▲

Miglioramento

concorrenza

interna

▲ ▲

Difesa ▲ ▲

Educazione ▲ ▲ ▲

Elaborazione dell’autore su tavola redatta da M. Tiberi per il corso sul “Nuovo modello

dell’intervento pubblico”, Sspa, Ottobre 2002.

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La scienza economica ha poi elaborato diversi modi di esprimere gli obiettivi 19

che possono ricondursi a quelli riportati di seguito.

- Metodo degli obiettivi fissi. Consiste nell’attribuzione di valori prefissati alle

variabili che costituiscono gli obiettivi di politica economica (ad esempio, il

livello del reddito o un certo tasso di disoccupazione).

- Metodo delle priorità (ordinabili lessicograficamente). Può darsi che non sia

possibile esprimere valori prefissati. In tale caso si indicano priorità nel

raggiungimento degli obiettivi e gli obiettivi stessi si ordinano

lessicograficamente: laddove gli obiettivi siano quelli della piena occupazione

(priorità aa) e della stabilità dei prezzi (priorità ab), allora si fissa un certo tasso di

disoccupazione e si minimizza, poi, il tasso di variazione dei prezzi.

- Metodo degli obiettivi flessibili con saggio marginale di sostituzione. Attraverso

una strumentazione mutuata dalla micro-economia, anziché fissare intermini rigidi

le quantità di beni e servizi di cui intende dotarsi, il programmatore indica in

termini flessibili i suoi obiettivi, derivando quali quantità variabili di tali beni si

possono sostituire reciprocamente, l’una con altra, ottimizzando il livello dei beni

stessi.

2.3. Modelli di programmazione

Il modello di programmazione è una rappresentazione analitica semplificata del

sistema economico che permette di identificare “quantitativamente “ gli effetti delle

politiche pubbliche.

Una rappresentazione grafica sulla necessità di inquadrare attività sparse in un

modello di programmazione è quella che segue:

19 N. ACOCELLA, Fondamenti di politica economica, cit., p. 286-294.

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n ATTIVITÀ

IN “ORDINE SPARSO”NON DECIFRABILE

⇓ m PROGETTI

INQUADRATI IN UN PROGRAMMA BEN FORMULATO E SPIEGATO,

ARMONICO CON LA PROGRAMMAZIONE LOCALE E NAZIONALE

Rispetto a un modello di programmazione, le politiche pubbliche si possono

classificare secondo due criteri: da un lato vi sono politiche pubbliche dirette ed

indirette, dall’altro vi sono politiche pubbliche quantitative, qualitative e di riforma. In

particolare, le prime si identificano come segue:

- dirette: mirano al raggiungimento di certi obiettivi imponendo un certo

comportamento a talune categorie di operatori. Includono razionamenti, massimali

(prezzi amministrativi), vincoli (parchi naturali);

- indirette: riguardano la politica fiscale, la politica monetaria e la politica dei

cambi. Non impongono un comportamento diretto, bensì inducono gli operatori a

comportarsi nel modo desiderato.

Altresì, le politiche pubbliche si distinguono20 in:

- quantitative: si agisce sul livello della pressione fiscale e su quello della spesa

pubblica;

- qualitative: il legislatore introduce nuovi strumenti (ad esempio, una nuova

imposta come l’Irap) o elimina strumenti esistenti (ad esempio, il massimale su

determinati tipi di crediti bancari), senza modifiche al sistema economico; 20 J TIMBERGEN, Economic Policies. Principles and Design, North Holland, 1956 (Trad. it. Principi e

metodi della politica economica, Angeli, 1969).

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- di riforma: si introducono o si eliminano strumenti, comportando modifiche al

sistema economico (nazionalizzazioni, privatizzazioni, regolamentazioni).

Non esiste un unico “modello” di programmazione. Nel corso dell’evoluzione

della teoria economica, si sono pensati e attuati diversi modelli di programmazione che

si riportano di seguito.

Modello della programmazione centralizzata. Esperienze importanti in relazione

all’attuazione di questo modello sono i piani quinquennali sovietici (formulati e attuati a

partire dal 1929). L’applicazione di tale modello si fonda sul controllo da parte dello

stato di tutti i fattori di produzione e sull’assegnazione a ciascun settore di precisi

obiettivi di produzione per il periodo del piano. Altresì, un fondamentale esempio di

programmazione centralizzata applicata a paesi ad economia di mercato è stato quello

del controllo centralizzato dello sforzo bellico in Gran Bretagna, Stati Uniti e

Germania 21 durante la seconda guerra mondiale. L’applicazione del modello postula

quindi una posizione dominante dello stato nell’economia attraverso la presenza di

imprese pubbliche in tutti i più importanti settori di produzione. Obiettivi dell’azione

pubblica con questo modello diventano, attraverso un controllo diretto e indiretto sul

settore pubblico e privato, la crescita dell’economia, lo sviluppo delle infrastrutture di

base e l’industrializzazione: tutti tendono all’aumento dell’occupazione, del reddito

individuale e del benessere della popolazione.

Modello della programmazione indicativa. Le esperienze più interessanti di

programmazione indicativa si sono avute in Francia dal dopoguerra agli anni ottanta del

secolo scorso, in Inghilterra sotto i governi laburisti ed in Italia negli anni sessanta e

settanta. L’applicazione di tale modello, postula un qualche livello di controllo diretto

da parte dello stato sui fattori di produzione al fine di influenzare direttamente lo

sviluppo economico e sociale di un paese e rappresenta “un momento” di presa di

21 Gli esempi applicativi di applicazione e funzionamento di tale modello in paesi occidentali ad

economia di mercato si studiano ancora adesso. Si veda, sull’esperienza tedesca, A. GRAZIANI Lo sviluppo dell’economia italiana dalla ricostruzione alla moneta unica, Bollati Boringhieri, Torino, (1998), e anche S. LANARO, L’economia tra la guerra e la ripresa economica, su http://www.israt.it/israt/sportello/italia_repubblicana/lanaro.rtf.

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coscienza dei problemi che il paese deve affrontare e delle azioni che occorre

intraprendere per risolverli. Per quanto riguarda l’Italia, lo strumento vuole essere il

documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) anche se, in questi ultimi

anni, tale documento rappresenta un esempio di programmazione indicativa per il medio

termine. Gli strumenti sono il controllo diretto della finanza pubblica e delle imprese

pubbliche e tutta una serie di misure volte a conseguire obiettivi di sviluppo del settore

privato (attraverso incentivi fiscali, saggi di interesse). Rimarchevole per quanto

concerne l’Italia è il sistema delle partecipazioni Statali, nato negli anni trenta per

rilevare le partecipazioni del sistema bancario in grave crisi finanziaria e presente fino

al termine del secolo scorso.

2.4. Il modello della “programmazione per progetti”

L’esperienza teorico operativo più avanzata sul tema dei modelli di

programmazione è quella della “Programmazione per progetti”. La programmazione

per progetti vuole essere il momento finale di un’attività di programmazione del sistema

economico in cui i) si parte dalla programmazione macroeconomica per passare a

ii) una programmazione settoriale e finire alla iii) programmazione per progetti. La

programmazione a livello di progetto è tenuta a rispettare le scelte prioritarie all’interno

di ciascun settore, così come a loro volta le scelte settoriali devono rispettare le priorità

dell’intervento pubblico nel quadro delle scelte a livello di programmazione

macroeconomica22. Una “seria” programmazione per progetti comporta quindi

l’inclusione nel Programma di governo, di attività che oltre ad aver superato l’analisi di

22 Occorre qui rifarsi a una definizione univoca di progetto, fungibile per questo modello di

programmazione. In tale guisa, progetto è “un insieme di attività con cui si utilizzano risorse scarse con il fine di ottenere benefici differiti nel tempo”. Si veda a riguardo, G. PENNISI e altri, Tecniche di valutazione degli investimenti pubblici, IPZ, 1991. Nell’applicazione di questo modello occorre sottolineare due aspetti: i) la scarsità delle risorse disponibili comporta, una volta effettuata la scelta di un progetto, l’esclusione di altri progetti in competizione per le stesse risorse ii) l’altro aspetto rilevante è la natura “intergenerazionale” di qualunque progetto, che sta a dire che, maggiore è la quantità di risorse allocate su un progetto e tanto più lontane sono le generazioni che trarranno beneficio dal progetto stesso.

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priorità intrasettoriale sono state oggetto di studi di identificazione/prefattibilità tali da

giustificarne l’appartenenza al piano di investimento.

Nella concreta applicazione di tale modello di programmazione, il progetto

(intervento) diventa uno strumento dell'intervento pubblico nell'economia di mercato. Si

attribuisce all'autorità pubblica il compito di dar coerenza al suo programma nazionale

di medio periodo, basandolo su interventi specifici, ciascuno dotato di un adeguato

grado di correlazione interna. Altresì, in un quadro siffatto, l’applicazione del modello

presuppone “ … una delega ampia agli enti periferici (Regioni, province, comuni) per

le principali decisioni, tanto allo stadio della preparazione e valutazione

dell'intervento, quanto a quello della sua realizzazione ... Elemento fondante del

modello è quindi “… l’interazione tra organi centrali della politica economica e

amministrazioni ed enti responsabili della preparazione e realizzazione dei progetti: i

quadri macro-economici previsionali, preparati in prima istanza dagli organi centrali

della politica economica sulla base degli obiettivi di sviluppo a medio e lungo termine e

di modelli di programmazione basati su stime aggregate delle relazioni tra input ed

output, vengono gradualmente migliorati grazie alla programmazione micro-economica

a livello dei settori e dei progetti. E viceversa. Sino alla definizione, per interazione, di

un piano realistico composto di progetti specifici che, a loro volta, rispondono agli

obiettivi di politica economica del Paese…”23.

Il passaggio da un approccio progetto-per-progetto a un approccio integrato-per-

programma, implica pertanto già in sede di programmazione, la definizione e l’utilizzo

di metodologie, tecniche e procedure di valutazione, che siano idonee per le diverse fasi

del ciclo del programma24. Se da un lato, si è alle prese con una programmazione nel cui

ambito occorre ordinare, selezionare e valutare interventi puntuali, dall’altro occorre

analizzare e valutare l'efficacia dell'insieme delle attività previste sugli obiettivi di 23 Per gli avanzamenti teorici più importanti sul tema della programmazione per progetti si veda G.

PENNISI e P.L. SCANDIZZO, Valutare l’incertezza. L’analisi benefici-costi nel 21° secolo, (in corso di pubblicazione per) Giappichelli, 2003.

24 Sul ciclo del programma in un approccio “europeo” si veda COMMISSION OF THE EUROPEAN COMMUNITIES, Manual-Project Cycle Management - Integrated Approach and Logical Framework, Bruxelles, 1993.

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Agenda, nonché le interconnessioni tra situazioni rilevate in contesti territoriali diversi.

Si tratta, quindi, di prevedere un percorso logico che permetta di (a) esplicitare in modo

sistematico gli obiettivi del Programma e in particolare le idee forza sulle quali si

incentra, (b) verificare come tali obiettivi si articolano a livello dei diversi interventi e

(c) definire quali siano i vincoli esterni e interni che possano influenzare l’attuazione

operativa del singoli progetti che rientrano nel programma.

Per essere quindi correttamente programmati e valutati, i progetti che

compongono il programma vanno esaminati alla luce degli aspetti che seguono:

- coerenza esterna: la coerenza esterna di uno specifico progetto va valutata a

partire da indicatori valutati con riguardo a un set di “parametri nazionali” o di

numeri che costituiscono gli obiettivi dell’azione di Governo fissati dal decisore

politico nei suoi documenti di Agenda;

- coerenza interna: individua la relazione tra gli obiettivi individuati dal progetto,

le relative risorse previste e i risultati attesi;

- fattibilità: accerta che i singoli interventi di cui si compone il Programma

possano essere attuati nei tempi e ai costi previsti, nonché in linea con i risultati

attesi;

- efficienza: valutare il progetto in termini di rapporto tra risorse impiegate (umane

e materiali) e risultati attesi;

- efficacia: valuta il progetto nei termini in cui questo sia capace di raggiungere

gli obiettivi prefissati al momento della programmazione-progettazione.

2.5.- Politiche economiche di riforma: regolazione e stato regolatore

Le politiche di riforma alle quali si è accennato precedentemente hanno un forte

contenuto istituzionale, in quanto attraverso l’introduzione di nuovi strumenti o

l’eliminazione di strumenti esistenti “…modificano in modo sostanziale il sistema

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economico nei suoi caratteri e nelle sue regole di funzionamento…” 25. Oltre alle

nazionalizzazioni e alle privatizzazioni, tra le politiche di riforma assumono particolare

evidenza tutte quelle misure pubbliche che regolamentano la struttura produttiva e la

condotta delle imprese sul mercato.

Nell’esperienza internazionale e italiana l’attenzione crescente alla regolazione

quale strumento di intervento nell’economia appare legato al tema dei fallimenti del

“non-mercato”26. Laddove l’intervento pubblico dello “stato gestore” si è indirizzato al

controllo del sistema economico attraverso la costituzione e gestione di imprese

pubbliche, si verifica che:

- l’impresa pubblica non raggiunge gli obiettivi sociali ed economici (e il governo,

effettivamente non riesce a controllare effettivamente l’economia);

- l’’impresa pubblica viene catturata da interessi politici e sindacali particolari

rispetto a quelli collettivi e si rileva una elefantiasi degli apparati amministrativi;

- diminuisce progressivamente il consenso dell’opinione pubblica a drenare

risorse, a copertura della gestione deficitaria di tale categoria d’impresa.

A ciò va aggiunto che l’Articolo 104c del Trattato Ce (cd. Patto di stabilità)

impone dei vincoli fissi all’autonomo operare del governo nazionale per quanto

concerne la politica di bilancio che non può più essere liberamente destinato a coprire

anche i deficit gestionali dell’impresa pubblica.

Si afferma pertanto l’idea di uno stato regolatore, vero e proprio terzo super

partes munito di poteri normativi e autoritativi sull’attività dei privati al fine di

conseguire un funzionamento efficiente ed efficace del sistema economico. Tale entità

governa la società privilegiando la statuizione esterna di regole che consentono di

25 N. ACOCELLA, Fondamenti di politica economica, cit., p. 297. 26 Sul passaggio da stato gestore a stato regolatore si veda A. LA SPINA E G. MAJONE, Lo Stato

Regolatore, Il Mulino, 2000, pp. 15-60.

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conseguire il benessere collettivo senza la gestione diretta che è suscettibile di andare

incontro ai succitati fallimenti del non-mercato 27.

L’intervento indiretto, pensato e meditato da parte dell’operatore pubblico28 si

effettua attraverso la regolazione che appare come una “restrizione intenzionale,

prolungata e focalizzata, dell’ambito di scelta nell’attività di un soggetto privato,

operata da un’entità non direttamente parte in causa o coinvolta in quella attività,

secondo una regola statuita dall’interesse pubblico.”

Le caratteristiche intrinseche sono quelle che seguono:

- all’attività regolata la comunità attribuisce una particolare rilevanza sociale;

- c’è un “interesse pubblico” a tutelare taluni beni/posizioni;

- c’è un qualche soggetto pubblico (Regolatore), dotato di poteri coercitivi, che

vuole modificare la condotta di altri soggetti (anche non d’accordo), imponendo

sanzioni afflittive o premiali.

Talune fattispecie specifiche sono quelle che seguono:

- regolamentazione all’entrata - imprese pubblica utilità, farmacie, banche,

distribuzione commerciale, ordini professionali, informazione televisiva;

- regolamentazione tariffaria/prezzo;

- regolamentazione informativa e qualitativa - standard minimi di informazione e

qualità (ad esempio vini Doc e cibi Ogm free);

- regolamentazione attività d’ingegno-brevetti.

In un quadro siffatto si inserisce l’analisi di impatto della regolamentazione (Air),

prevista dalla Legge n. 50 del 1999 può certamente essere considerato come strumento

correlato a una politica economica di riforma e si inserisce “… in un’organica strategia

27 A. LA SPINA E G. MAJONE, Lo Stato Regolatore, cit., pp. 49-50. 28 Per gli albori della deregolamentazione in Italia si veda G. TREMONTI, Il fisco e la deregulation, in S.

CASSESE ed E. GERELLI (a cura di), Deregulation. La Deregolamentazione amministrativa e legislativa, Franco Angeli, 1985, pp. 118-124.

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di riforma del sistema della regolazione intrapresa negli ultimi anni …”. Nell’ambito di

una politica di regolazione del sistema economico, l’Air serve a giudicare se un

intervento di regolazione sia veramente indispensabile e indirizzare il regolatore verso

soluzioni normative il meno possibile onerose per i destinatari. Permette di considerare

diverse opzioni rilevanti d’intervento e di valutarle sulla base dei loro costi e benefici

prevedendo la consultazione dei destinatari interessati.

2.6. Calcoli di convenienza sociale. Cenni all’analisi benefici costi nella regolazione

Obiettivo dell’analisi economica di un progetto29 o di una norma (o di un insieme

di norme) è la stima del contributo fornito dal progetto stesso al benessere economico

nazionale. “La più comune approssimazione del benessere economico di un paese è il

prodotto interno lordo (Pil)”30. Utilizzare il Pil si giustifica perché si ritiene che i prezzi

di mercato attraverso i quali si valorizzano i beni e servizi prodotti nel paese siano

orientativamente indicatori di benessere.

L’analisi benefici-costi (Abc) è una tecnica di analisi finalizzata a confrontare

l’efficienza di differenti alternative (politiche pubbliche, progetti, interventi di

regolazione 31) utilizzabili in un dato contesto per raggiungere un obiettivo ben definito.

L’Abc verifica se i benefici che un’alternativa è in grado di apportare alla collettività nel

suo complesso, i benefici sociali, sono maggiori dei relativi costi (costi sociali): in

presenza di opzioni alternative di intervento, è giudicata preferibile l’opzione in cui la

prevalenza dei benefici sui costi è maggiore. La logica dell’Abc è che le risorse di una

collettività sono limitate e il decisore politico deve destinarle agli interventi che

massimizzano il beneficio netto per la società32. Tale tecnica diventa suscettibile di 29 Per l’Air diventano rilevanti le implicazioni metodologiche in tema di valutazione di progetti, in

quanto si assimila il concetto di progetto in senso lato a quello di opzione regolamentare. 30 M. FLORIO, La valutazione degli investimenti pubblici, Il Mulino, 1991, p. 71. 31 Per una presentazione aggiornata dell’Abc, sui temi anche della regolazione si veda E. BOARDMAN-D.

GREENBERG-A. VINING-D. WEIMER, Cost-Benefit Analysis. Concepts and Practice (second edition), Prentice Hall, 2001.

32 A. DE MARCO-C. OGLIADORO, Analisi costi-benefici: introduzione e concetti fondamental”, in S. MOMIGLIANO e F. NUTI GIOVANNETTI (a cura di), La valutazione dei costi e dei benefici nell’analisi dell’impatto della regolazione, Rubettino, 2001.

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essere, anche in ragione della sua semplicità di impiego, la tecnica chiave di analisi in

un quadro che vede l’applicazione di una programmazione per progetti di cui si è

parlato in precedenza.

Nel capitolo precedente si è evidenziato che, spesso, a causa dei “fallimenti del

mercato”, i prezzi che si rilevano sul mercato possono essere dei segnalatori inadeguati

del livello di benessere dei singoli e della collettività. Si può affermare che i prezzi non

rispecchiano il valore che la collettività attribuisce alle merci, e quindi che le stesse

indicazioni della politica economica (e più in generale della politica tout court, che è

strettamente legata ai giudizi di valore dei rappresentanti della collettività), come, ad

esempio, quelle che si riferiscono a occupazione, distribuzione del reddito, ecc., siano

poco riflesse nei prezzi stessi (e nella conseguente allocazione di risorse). In queste

circostanze, diventano importanti le “correzioni da apportare al sistema dei prezzi per

avere una misura del benessere economico nazionale, che dipende soprattutto da cosa si

vuole misurare, in definitiva dipende dagli obiettivi della programmazione pubblica”. E

ciò comporta che “chi si occupa della programmazione nazionale e in particolare della

programmazione della spesa pubblica”33 deve dare agli analisti, chiamati a scegliere tra

alternative diverse, indicazioni non equivoche sugli obiettivi della programmazione

pubblica e come questi debbano diventare parametri che guidano la scelta e che quindi

devono informare l’analisi degli analisti stessi.

Il calcolo del livello di benessere collettivo e delle sue eventuali variazioni con

l'impiego dell'ACB presuppone l'applicazione e quindi il calcolo di prezzi-ombra. Tali

prezzi approssimano quindi meglio dei prezzi di mercato la valutazione che la società dà

del costo-opportunità di beni e servizi34: si parla di prezzi ombra o di conto proprio

perché non sono rilevati sul mercato ma stimati, cioè ricavati utilizzando appositi

metodi. L’utilizzo dei prezzi ombra tende pertanto a determinare decisioni in cui la

combinazione di fattori avviene in modo più coerente con i loro effettivi rapporti di

scarsità, e comunque con gli obiettivi dell’azione pubblica, non sempre segnalati in 33 M. FLORIO, La valutazione, cit., p. 72 e 73. 34 G. PENNISI e altri, Tecniche di valutazione degli investimenti pubblici, cit., p. 65.

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modo adeguato dai prezzi di mercato35. A partire quindi dal flusso di cassa finanziario36,

derivante dall'analisi effettuata ai prezzi di mercato, si arriva a computare il saldo netto

del vantaggio/svantaggio che il progetto arreca alla collettività, attraverso i passaggi37

che seguono.

A. Elaborazione dei parametri da parte del soggetto preposto all'attività di

pianificazione nazionale. Occorre cioè stimare e esplicitare le variabili

macroeconomiche (consumi, tassi di interesse, etc.); il tasso sociale di sconto,

il salario ombra per una categoria di lavoro di riferimento; i pesi distributivi da

attribuire ai componenti del reddito rispetto al numerario. Tale passaggio è

quello fondamentale e informa tutto il seguito dell'analisi.

B. Aggiustamenti alle seguenti voci contabili riportate nell'analisi finanziaria:

trasferimenti, costi accantonati ed esternalità tecnologiche.

C. Computo dei prezzi ombra da applicare al flusso di cassa del progetto, in

sostituzione dei prezzi di mercato 38.

D. Analisi e stima degli eventuali effetti economici39 indotti a monte e a valle dei

destinatari diretti e indiretti dell'intervento40 e non catturati dalle stime dei

prezzi ombra e dalle esternalità.

35 Sulla problematicità informativa si veda A. SEN, The Discipline of Cost-Benefit Analysis, in M. D.

ADLER AND E. A. POSTER (ed.), Cost-Benefit Analysis, Legal, Economic and Philosophical Perspectives, The University of Chicago Press, 2001, p. 95.

36 In termini di Air non ha quindi evidentemente senso parlare di analisi finanziaria (o a prezzi di mercato) perché l'Air è sempre eseguita in un quadro di analisi economica, finalizzata a stimare gli effetti dell'intervento per la collettività nel suo insieme.

37 Per un quadro analitico dei passaggi, G. PENNISI e altri, Tecniche di valutazione, cit., pp. 63-99 e M. FLORIO, La valutazione degli investimenti pubblici, cit., pp. 92-93.

38 Un riferimento fondamentale per l’esecuzione dell’Abc nell’Air è in F. SARPI, L’applicazione dell’analisi costi-benefici all’AIR, Rivista trimestrale di Scienza dell’amministrazione, I-2000, Franco Angeli, 2002.

39 Tenere conto degli effetti economici in termini di Acb e Air implica che l'analista concentri l'attenzione sulle categorie seguenti (argomenti rilevanti per obiettivi di politica economica): a) effetti occupazionali, con analisi in termini di occupazione diretta e indiretta e occupazione in fase di attuazione dell'intervento; b) effetti dell'intervento sul bilancio pubblico con relativa determinazione delle risorse finanziarie necessarie alla gestione dell'intervento.

40 Il riferimento specifico per l'applicazione dell'Abc nell’esecuzione dell'Air è quello della definizione dell'Ambito dell'intervento (in termini di settore e, soprattutto, di Destinatari diretti e indiretti).

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E. Attualizzazione del flusso di cassa dei benefici sociali netti dell'intervento

utilizzando il tasso sociale di sconto individuato nel passaggio A.

F. Esecuzione dell'analisi di sensitività e di rischio sul flusso di cassa economico.

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Conclusioni sull’inquadramento teorico dell’Air

Abbiamo detto dell’Air come strumento di una politica economica di riforma.

L’Amministrazione italiana, a livello centrale e periferico41, ha in corso da almeno un

biennio l’attuazione dell’Air e l’utilizzo di tecniche diverse (essenzialmente, l’Abc) per

l’analisi economica di specifici interventi di regolazione.

I paragrafi precedenti hanno mostrato come la valutazione degli interventi

pubblici dipenda necessariamente da premesse politiche42, relative alla determinazione

degli obiettivi che la collettività intende conseguire.

“… alzando gli occhi, fu alquanto sorpresa di scorgere il Gatto, che accovacciato sopra il

ramo di un albero le sorrideva. … “Micio, micino – incominciò a dire, quasi esitando,

perché non era ben sicura che l’appellativo fosse per piacergli - … Vuoi dirmi di grazia

che strada devo prendere?”

“Dipende da dove vuoi andare”, rispose il Gatto.

“Mi è indifferente”, disse Alice.

“Allora è anche indifferente prendere una strada piuttosto che un’altra”, sentenziò il

Gatto.

“Purché giunga in qualche sito”, completò Alice.

“Purché cammini”, disse il Gatto “puoi essere sicura di giungere in qualche sito”.

(1862) LEWIS CARROL, Alice nel Paese delle Meraviglie,

(Trad. di Emma C. Cagli) Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1988, p. 63.

41 La prima fase di sperimentazione dell'Air a livello nazionale è stata coordinata dal Dipartimento della

Funzione Pubblica attraverso un “Progetto finalizzato” nel corso del 2001, e ha visto l'analisi di cinque provvedimenti. Tra il 2002 e il primo trimestre del 2003 si è svolta una sperimentazione dell’Air in dieci regioni italiane (11 provvedimenti), nell’ambito di un progetto eseguito dal Formez per conto del Dipartimento della Funzione Pubblica. Lo scrivente ha partecipato a entrambi i progetti come economista dei due gruppi di lavoro.

42 S. Steve, Lezioni, cit., pp. 222-223.

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Deficit informativi relativi alla funzione del benessere sociale possono costituire

una difficoltà insuperabile per l’analista laddove (come spesso avviene) esso non

disponga di conoscenze adeguate circa le preferenze della collettività. In assenza di tali

informazioni, l’analista può utilizzare quanto gli viene rilevato sulle preferenze della

collettività dai prezzi di mercato di fatto, o da qualche loro stima. Tuttavia “gli stessi

cittadini non ritengono sempre che le priorità, quali sono espresse dai prezzi di

mercato, rappresentano fedelmente le loro preferenze”43.

L’analista Air, al quale è demandata la valutazione puntuale degli interventi con

l’Abc e la scelta tra opzioni alternative, finisce ancora di più con il trovarsi in una

situazione “spinosa” laddove entrino in gioco decisioni relative a norme che danno

vantaggi e svantaggi con costi e benefici intangibili44 legati a particolari valori sociali

rilevanti per la collettività come la salute o la vita degli individui. In questo caso

l’analista è chiamato a farsi carico diretto dell’attività d'identificazione e formulazione

di valori come le preferenze degli individui o dei gruppi sociali (che è ragionevole siano

definiti ai livelli superiori del processo decisionale).

Le prime esperienze applicative dell’Air hanno mostrato con chiarezza come

occorrano specifiche indicazioni dai responsabili delle programmazione su tali temi in

modo tale da fornire parametri ben definiti per l’analisi economica applicata all’Air, e

questa traduzione non può essere demandata a proxies di qualche tipo, stimate (spesso

in termini addirittura impliciti) da esperti. Laddove si debba applicare l’Abc all’Air e

manchi una politica di programmazione si richiede, comunque, che “… alcuni

parametri vengano comunque definiti dall'autorità politica, oppure siano definiti

tramite un processo graduale di preferenze rivelate…”45. Peraltro, non sempre i 43 F. Nuti, La valutazione economica delle decisioni pubbliche. Dall’analisi costi benefici alle

valutazioni contingenti, cit., p. 18. 44 Taluni autori parlano di beneficio intangibile quando “… l'output principale dell'investimento sia esso

stesso intangibile ovvero sia (o possa considerarsi) di impossibile valutazione monetaria a prezzi di mercato …” come è il caso, ad esempio, della salute in programmi sanitari. In molti casi, peraltro, ciò che genera il beneficio può essere materialmente tangibile, anche se di difficile o impossibile monetizzazione. Si veda C. BURATTI, Analisi costi-benefici e giudizi di valore nella sanità, Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 1997, LVI, 3, I, pp. 329-354.

45 G. PENNISI e P.L. SCANDIZZO, Valutare l’incertezza. L’analisi benefici costi nel 21° secolo, (in corso di pubblicazione per), cit.

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parametri di valutazione e scelta vengono definiti tramite un processo di preferenze

rivelate. In molti casi, essi vengono stabiliti a monte dall'autorità politica, tenendo

conto delle risultanze di studi ad hoc. In questi casi i parametri, stabiliti in via

amministrativa e talvolta anche legislativa, rappresentano pur sempre delle ipotesi che

assicurano la trasparenza delle decisioni relative alle singole operazioni, ma che

debbono essere riesaminate periodicamente alla luce della situazione economica

generale presente e futura del paese.