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l culto mariano ha espresso nei secoli capolavori di fede e di amore verso la Madre di Dio. I testi, le preghiere, i canti, le immagini sacre ispirate dalla Vergi- ne Maria colpiscono per la loro bellezza e per quell’originalissimo stu- pore che li pervade e che apre il cuore al Mistero dell’Incarnazione. Il popo- lo di Dio ha innalzato cat- tedrali meravigliose in onore di Maria e la teolo- gia ne ha celebrato le lodi con parole piene di luce e di gioia, manifestando l’amore di ogni cristiano verso Colei che ha fatto risplendere nella sua vo- cazione il prodigio ineffa- bile della grazia di Dio. Maria è veramente il capolavoro della grazia, perché in lei si compie il Mistero di Dio che si fa uomo, del Verbo che si fa carne. In lei vediamo lu- minosa l’immagine della Chiesa madre dei creden- ti, splendida come la Ge- rusalemme celeste, avvol- ta di sole e coronata di stelle come la donna dell’Apocalisse, trafitta dal dolore come l’Addolorata presso la Croce, adorante e soave pres- so la culla del Dio Bambino, santa e Im- 1 Formazione Liturgica Culmine e Fonte 1-2007 Maria, Madre di Dio mons. Marco Frisina I Annunciazione (particolare) - Basilica S. Caterina d’Alessandria Galatina (sec. XIV)

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l culto mariano ha espresso neisecoli capolavori di fede e diamore verso la Madre di Dio. I

testi, le preghiere, i canti, le immaginisacre ispirate dalla Vergi-ne Maria colpiscono perla loro bel lezza e perquell’originalissimo stu-pore che li pervade e cheapre il cuore al Misterodell’Incarnazione. Il popo-lo di Dio ha innalzato cat-tedral i meravigl iose inonore di Maria e la teolo-gia ne ha celebrato le lodicon parole piene di luce edi gioia, manifestandol’amore di ogni cristianoverso Colei che ha fattorisplendere nella sua vo-cazione il prodigio ineffa-bile della grazia di Dio.

Maria è veramente ilcapolavoro della grazia,perché in lei si compie ilMistero di Dio che si fauomo, del Verbo che si facarne. In lei vediamo lu-minosa l’immagine dellaChiesa madre dei creden-ti, splendida come la Ge-rusalemme celeste, avvol-ta di sole e coronata di

stelle come la donna dell’Apocalisse,trafitta dal dolore come l’Addoloratapresso la Croce, adorante e soave pres-so la culla del Dio Bambino, santa e Im-

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Maria, Madre di Diomons. Marco Frisina

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Annunciazione (particolare) - Basilica S. Caterina d’AlessandriaGalatina (sec. XIV)

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macolata nella sua vocazione di grazia,che schiaccia la testa del Serpente, stu-pita dinanzi all’Angelo dell’Annuncia-zione, piena di gioia esultante nell’in-contro con Elisabetta, incoronata digloria e Assunta in cielo alla destra delFiglio. Ogni festa mariana ci mostra unvolto di Maria svelando un volto di Ge-sù, la Madre e il Figlio sono indissolubil-mente uniti nell’unico Mistero di salvez-za che risplende nella liturgia dellaChiesa. Il miracolo di grazia della Vergi-ne Maria viene offerto ai credenti du-rante tutto l’anno liturgico in una sortadi mirabile ritornello che quasi mensil-mente scandisce il cammino di preghie-ra di tutta la Chiesa.

Già nella preghiera giornaliera l’An-gelus rappresenta la scansione gioiosadelle ore del giorno, proprio come lacampana che un tempo si faceva udireper rammentarci la preghiera dell’AveMaria. Il ricordo dell’Incarnazione devesegnare il tempo della nostra esistenzacome legame forte al centro della Re-denzione, come un mistico orologio checi rammenta che Cristo è venuto inmezzo a noi.

Anche il Rosario è memoria viva dellegame che unisce Maria e Gesù, tutti edue inseparabili nella storia salvifica. Lamemoria dei misteri di Cristo non puònon ricondurci alla Madre, porta santaattraverso la quale questi misteri sonoentrati nella nostra storia, via maestrasulla quale Cristo ha voluto venire finoa noi. Questa preghiera semplice è unmodo per metterci su questa via, perentrare da quella porta e affacciarci al

mistero di Cr isto con sempl ic i tà eprofondità. Ci facciamo accompagnaredalla Madre e dal suo “sì” incondizio-nato alla volontà di Dio per comprende-re Gesù, lasciamo che sia lei a interpre-tare quei momenti decisivi per la nostrasalvezza che il Vangelo ci presenta,

Annunciazione, Mosaico (sec XI)

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chiediamo a Maria di intercedere pressoDio perché Egli apra il nostro cuore adaccogliere con fede il Signore Gesù nel-la nostra vita affinché porti frutti d’a-more e di verità.

La preghiera mariana diviene perciòper tutti noi una necessità dell’anima af-

fannata, una luce per la mente alla ricer-ca della verità, un sollievo per il cuoretormentato dal dubbio e dalla sofferen-za. Rivolgersi a Maria è ritrovare un portoaccogliente in cui rivivere la propria fedenella pace, guidati e sostenuti da Coleiche ha vissuto per prima la forza creatri-ce dello Spirito che in lei ha realizzatol’Incarnazione di quel Verbo eterno “percui tutte le cose sono state create”.

In un tempo storico come quello chestiamo vivendo è necessario ritrovarequesta stella che sappia condurci allameta, occorre che sappiamo riconquista-re con profondità ed equilibrio quelledevozioni che forse nel passato sono sta-te vissute con superficialità e sentimen-talismo ma che portavano in sé veritàprofonde e fondamentali. Bisogna evita-re di compiere l’errore contrario, ovverodi rinunciare a un’autentica devozionemariana con la scusa a volte di esserecosì più rigorosamente “cristocentrici”.In realtà l’amore verso Maria nasce solonei cuori che sanno stupirsi della graziadi Dio e che sanno riconoscerne la ne-cessità nella propria vita. Non si com-prende Maria se non si comprende il mi-stero della grazia divina di cui lei è il ca-polavoro. I tempi odierni hanno propriobisogno di riscoprire la bellezza dellagrazia e nel contempo di vederla lumino-samente presente nella sua Chiesa, dicui Maria è l’Icona perfetta.

Impariamo, dunque, a celebrare congioia e amore le feste e le memorie ma-riane, riscoprendo in esse tutta la bel-lezza e la forza della Redenzione dona-taci da Cristo.

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Kiev, Cattedrale di Santa Sofia

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a venerazione per la Madre delSignore permea la tradizione bi-millenaria della Chiesa. Indi-

spensabile all’incontro tra Dio e uomo,Maria appartiene da sempre all’annunciodel mistero di Cristo e alla sua celebrazio-ne. Le varie Chiese, nel corso del tempo,hanno espresso, con caratteristiche pecu-liari ai diversi riti, la lode, la supplica, l’a-more verso Maria1. Senza indugiare neidettagli, offriamo qualche coordinata.

Nei secc. IV-V la memoria di Mariaprende risalto nella liturgia del Natale (vedile omelie natalizie di sant’Agostino e sanLeone Magno) e nel tempo che lo precedee accompagna, sviluppando in varie Chie-se il sorgere di una esplicita festa dellaVergine Madre. Saranno quindi le festivitàorientali della Presentazione, Annunciazio-ne, Assunzione, Natività a connotare il cul-to mariano: giunte a Roma nel sec. VII, siestenderanno in tutta Europa col diffon-dersi della liturgia romana.

Ma ancor prima del ciclo natalizio edelle feste della Vergine è da considerarela “dimensione mariana” della stessapreghiera liturgica: con Maria e comeMaria, la Chiesa celebra i divini misteri(ascolta la Parola, vi acconsente con fede,diventa un solo corpo in Cristo). Per anti-ca e universale tradizione, infatti, la me-moria della Vergine appartiene alla cele-

brazione dell’Eucaristia. Non si deve pen-sare che la sua menzione nella Preghieraeucaristica sia di stampo devozionistico: èil segno che non possiamo tacere la me-moria di Maria nel memoriale dei misteridi Cristo. Da lei sono venuti storicamentea noi il corpo e il sangue di Cristo: perciòla Chiesa la ricorda, la celebra, la invoca,sperimentandone la comunione e imitan-done gli atteggiamenti interiori. Nell’e-sercizio del culto, la Chiesa vede se stessain Maria, Vergine in ascolto, Vergine inpreghiera, Vergine Madre, Vergine offe-rente (cf. Marialis cultus 16-23).

L’Oriente bizantino

L’Oriente cristiano, pur unitario nelleorigini, comprende una pluralità di Chie-se e raggruppamenti di Chiese. Il nostrosguardo si ferma alla Chiesa bizantina,detta anche “grande Chiesa” per averraccolto l’eredità della tradizione orienta-le che riserva nella liturgia un posto sin-golare a Maria. Innestata nella Divina Li-turgia, nell’Ufficiatura quotidiana, setti-manale, mensile, e nel ciclo annuale, lapietà mariana permea armonicamenteogni espressione della preghiera ecclesia-le, nel rispetto della gerarchia del cultodovuto a Dio. Non vi è contrapposizione

Maria nelle liturgie d’Oriente e Occidente

p. Corrado Maggioni, smm

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tra culto tributato a Dio e venerazione diMaria, giacché questa è vista nell’alveodel culto divino: come rivolgersi a Dio,senza far memoria della Santa Madre diDio?

Il ricordo di Maria, oltre che nel ciclodel Natale, si è progressivamente orga-nizzato nel corso dell’anno bizantino at-torno a cinque delle 12 feste del Dode-caorton: la Nascita della Madre di Dio, l’8settembre; l’Entrata nel tempio, il 21 no-vembre; l’Incontro, il 2 febbraio; l’An-nunciazione, il 25 marzo; la Dormizione,il 15 agosto, che è la più sentita tra le fe-ste mariane: preparata da quindici giornidi digiuno e prolungata fino al 23 ago-sto, qualifica come “mariano” l’interomese di agosto.

Altre feste mariane sono la Concezio-ne di Anna, madre della Theotokos il 9dicembre; la Memoria della Theotokos il26 dicembre; la Deposizione della sua ve-ste il 2 luglio e della sua cintura il 31agosto (legate ai santuari di Blacherne edi Chalcoprateia edificati a Costantino-poli per custodire tali insigni reliquie). Nelciclo del tempo ci sono poi la festa del-l’Akathistos (quinto sabato di Quaresima)e della Vergine Fonte viva (venerdì dopoPasqua). Sono da aggiungere le moltepli-ci feste locali e particolari di ogni Chiesaortodossa, come le innumerevoli feste diicone mariane.

La ricca innografia (pensiamo al-l’Akathistos) e l’omiletica di epoca patri-stica commentano i testi biblici concer-nenti Maria, facendo risuonare la fedenella “sempre Vergine e Tuttasanta Ma-dre di Dio”; la lode per la Benedetta fra

le donne; la supplica per Colei che nonsmette di pregare per noi il suo Figlio,Salvatore delle anime nostre. Il ruolo svol-to in Occidente dall’eucologia, in Orienteè affidato agli inni e ai tropari - gli sti-chirà, i kondakia, i canoni -, tra i qualispicca l’antifona detta Theotokion: can-tata ad ogni ora dell’ufficiatura diurna enotturna, ricorda incessantemente la pre-senza di Maria nella storia della salvezzae nell’esistenza cristiana. Momento ma-riano significativo è pure il canto quoti-diano del Magnificat a mattutino, che hadato origine a una serie di antifone ma-riane dette appunto megálinaria. Simil-mente, l’antifona che ricorda la Croce eMaria, detta staurotheótokion, cantata ilmercoledì e il giovedì di ogni settimana,ravviva la memoria della partecipazionedella Madre alla Passione salvifica del Fi-glio.

La liturgia romana

Così Sacrosanctum Concilium 103riassume la dimensione mariana dell’an-no liturgico: «Nella celebrazione del cicloannuale dei misteri di Cristo, la santaChiesa venera con speciale amore la bea-ta Maria Madre di Dio, congiunta indis-solubilmente con l’opera salvifica del Fi-glio suo; in Maria ammira ed esalta ilfrutto più eccelso della redenzione e con-templa con gioia, come in un’immaginepurissima, ciò che essa tutta desidera espera di essere». In questa luce è stato ri-visto il Calendario romano e, coniugandoil deposito eucologico tradizionale con gli

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apporti mariani della Lumen gentium, èstata riespressa la lex orandi del Messalee della Liturgia delle Ore, ed è stata arric-chita la scelta di testi biblici relativi a Ma-ria nel Lezionario, compreso per il Comu-ne della BVM. L’edizione del Messale initaliano del 1983 contiene ulteriori ora-zioni e prefazi sulla figura di Maria. Inol-tre, è da ricordare la raccolta di Messedella beata Vergine Maria, che costituisceuna sorta di appendice del Messale Ro-mano: contiene 46 formulari completi diogni parte, con notevole incremento an-che nell’adozione di testi biblici.2

La venerazione liturgica per Maria ri-splende visibilmente nelle celebrazioni insuo onore, distinte in solennità, feste ememorie. Alcune sono antiche, altre dipiù recente introduzione nel Calendario;a celebrazioni commemorative dei misteridella vita di Maria, se ne accompagnanoaltre di origine devozionale, sorte in unluogo particolare o fiorite in una data fa-miglia religiosa, che hanno conosciutolarga diffusione nel popolo cristiano. Ec-co le solennità: Immacolata Concezionel’8 dicembre; Maria Santissima Madre diDio il 1° gennaio; l’Annunciazione del Si-gnore il 25 marzo (festa congiunta di Cri-sto e di Maria); l’Assunzione il 15 ago-sto. Le feste sono: Presentazione del Si-gnore il 2 febbraio (festa di Cristo e diMaria); Visitazione il 31 maggio; Nativitàdi Maria l’8 settembre. Le memorie obbli-gatorie: Cuore Immacolato di Maria (sa-bato seguente il Sacro Cuore di Gesù);B.V. Maria Regina (22 agosto); B.V.M.Addolorata (15 settembre); B.V. Mariadel Rosario (7 ottobre); Presentazione di

Maria al tempio (21 novembre). Le me-morie facoltative: B.V. Maria di Lourdes(11 febbraio); B.V.M. di Fatima (13 mag-gio); B.V. Maria del Monte Carmelo (16luglio); Dedicazione di Santa Maria Mag-giore (5 agosto); Santo Nome di Maria(12 settembre); B.V.M. di Guadalupe (12dicembre).

La componente mariana del culto li-turgico non si limita tuttavia alle celebra-zioni in onore di Maria, giacché in altrigiorni e tempi dell’anno, nel brano evan-gelico e nelle preghiere della Messa edell’Ufficio, è presente il ricordo dellaVergine. Si pensi al tempo di Avvento (cf.il ricordo di Maria in inni, antifone, re-sponsori, orazioni, specie dal 17 al 24 di-cembre, prefazio II e II/A), alla solennitàdel Natale (il ricordo proprio nella Pre-ghiera eucaristica), ai giorni dopo Natale,alle feste della Santa Famiglia e dell’Epi-fania; la Madre del Signore è sobriamen-te ricordata in una orazione del venerdìdella V settimana di Quaresima, in innidel Giovedì e Venerdì Santo, nelle solen-nità dell’Ascensione (cf. prefazio propriodel Messale Romano italiano) e della Pen-tecoste. Nella tradizione liturgica roma-na, fin dal medioevo, nei sabati durantel’anno è possibile adottare la Messa el’Ufficio votivo della BVM attingendo aiformulari del Comune.

Oltre al ricordo della sempre VergineMadre di Dio nel cuore della celebrazioneeucaristica, come attesta dall’antichità ilCanone romano, si deve menzionare l’u-so quotidiano di cantare il Magnificat neiVespri, espressione della comunioneorante con Maria da parte della Chiesa

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pellegrina nel tempo verso la beatitudineeterna, e le antifone mariane che corona-no la preghiera di Compieta. Anche lecelebrazioni di sacramenti e sacramentalifanno trasparire o accentuano «alcune ri-sonanze mariane, provenienti dal nucleostesso del sacramento o direttamente oper via analogica»3. Il supplice ricordo diMaria è ri levante anche nelBenedizionale.

La “sobrietà” mariana della liturgiaromana (talora sbrigativamente lamenta-ta da alcuni), va considerata alla luce del-la rigogliosa pietà popolare sviluppatasiin Occidente: pensiamo al Rosario, alle li-tanie, all’Angelus Domini, alle processio-ni; sebbene distinti dall’azione liturgica enon assimilabili a essa, i pii esercizi e ledevozioni del popolo cristiano sonoespressioni rilevanti di culto.

La liturgia ambrosiana

Se il Calendario ambrosiano è oggiquasi uniformato al romano per le cele-brazioni mariane, non devono sfuggire leparticolarità della liturgia della Chiesa diMilano, tradizionalmente connotata damanifesta tonalità mariana: «Il “senso”di Maria nella liturgia ambrosiana non èun frutto di “devozioni” o di “feste” insuo onore, ma originariamente e profon-damente è da ricercarsi nel contesto delmistero di Cristo. Detto legame lo si co-glie dalle preghiere. Dato l’alveo teologi-co antiariano in cui la liturgia ambrosianaè stata formulata, preghiere, canti, for-mule liturgiche da una parte lasciano

sempre il primato a Cristo, ma dall’altrafanno riferimento alla figura, alla missio-ne e alle prerogative di Maria» (A. M.Triacca). In breve, è a motivo della fedeprofessata e celebrata nel Dio-Uomo, chela liturgia ambrosiana celebra la VergineMadre, riconoscendole il posto affidatoleda Dio nella storia della salvezza.

La sua memoria risalta ripetutamente(non così nella liturgia romana) nei testidel giorno di Natale, «consacrato conl’incarnazione del Verbo e con la vergina-le maternità di Maria» recita l’orazionedella messa. Così il prefazio (risalente alsec. V): «Il tuo Figlio unigenito fu conce-pito da Maria che divenne madre e rima-se vergine intatta. Ella credette alla paro-la dell’angelo e concepì il Verbo in cuiaveva creduto. La sua integrità rimasetanto illibata che madre della verginità lapossiamo proclamare. Beato il grembosanto della Vergine Maria, che fra tutte ledonne sola meritò di portare il Signoredel mondo e di darlo alla luce per la no-stra salvezza eterna»; e il canto allo spez-zare del pane: «Grande è il mistero disalvezza: Vergine è colei che ha genera-to, e il figlio di una donna è uomo e Dio.E’ il Creatore di tutte le cose, è il Signoredella sua stessa madre»; e il canto allacomunione: «Gioisci, piena di grazia, ilSignore è con te. Tu sei l’esultanza degliangeli, sei la Vergine Madre, la gioia deiprofeti! Tu, per l’annuncio dell’angelo,generasti la gioia del mondo, il tuo Crea-tore e Signore. Gioisci, perché fosti de-gna di essere la madre di Cristo» (testoraffrontabile, come altri ambrosiani, acanti della liturgia orientale). Si vedano

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anche i canti al vangelo e alla comunionedella messa della notte e l’orazione dellamessa dell’aurora.

Oltre che nei giorni prima e dopo Na-tale, il risalto “mariano” è specialmenteofferto dalla solennità della divina mater-nità della Vergine Maria nella domenicaVI di Avvento, illuminata dal vangelo del-l’annunciazione (attestata dal sec. V).L’oggetto della festa è ben espresso daidue antichi prefazi a scelta: «E’ veramen-te cosa buona e giusta… celebrare il mi-stero della beata vergine Maria che, ac-cogliendo con fede illibata l’annunziodell’angelo, concepì il tuo Verbo, rive-stendolo di carne mortale; nell’esiguitàdel suo grembo racchiuse il Signore deicieli e il Salvatore del mondo e per noi lodiede alla luce, serbando intatta l’inte-grità verginale»; il secondo prefazio (è lafonte del prefazio di Avvento II/A delMessale Romano italiano) recita: «…cele-brare con solenne memoria il mistero del-la vergine Maria. Dalla sua fecondità ègerminato per noi colui che ci sazia conangelico pane. La ricchezza dissipata daEva peccatrice da Maria ci è ridonata; dauna donna si è infiltrato tra noi il velenodella colpa, da una donna comincia l’o-pera di salvezza. All’insidia strisciante delmale si oppone la forza del Redentore; lamaternità, che era diventata principio dimorte, ci ridona il Dio vivo onde il genereumano risorge libero dall’antica oppres-sione…».

Nella tradizione ambrosiana sono con-siderate feste cristologiche la Presenta-zione il 2 febbraio (vi è una ricca serie diantifone mariane per la processione ini-

ziale), l’Annunciazione il 25 marzo (accol-ta a Milano per influsso romano-franco,fu abolita da san Carlo Borromeo e rista-bilita nel 1897), e la Visitazione il 31maggio.

Merita segnalazione il responsorio Va-dis Propitiator (ispirato a un kontakion diRomano il Melode), conclusivo dell’Uffi-cio delle letture del Venerdì Santo, in cuiMaria si rivolge al Figlio: «Al sacrificio,solitaria vittima, tu vai, Signore, per tutti.Non c’è Pietro con te, che pur diceva:“Per te voglio morire”. Ti abbandonòTommaso, che gridava: “Andiamo tutti amorire con lui”. Nessuno c’è dei tuoi: tumuori solo, Figlio e Dio mio, che imma-colata mi preservasti. Venite e vedetel’Uomo-Dio a una croce confitto. Nessu-no c’è dei tuoi: tu muori solo, Figlio e Diomio, che immacolata mi preservasti».

Il Comune della BVM presenta un ori-ginale deposito eucologico (nel rito am-brosiano ogni formulario contempla unprefazio proprio) e di antifone, in cui ri-salta il rapporto tra Maria e la Chiesa, laverginale divina maternità, l’esemplaritàdi Maria, la sua intercessione.

La liturgia ispano-mozarabica

Tra i riti occidentali odierni vi è quelloche fa capo alla Chiesa di Toledo. Cono-sciuto il massimo splendore nel sec. VII(epoca visigotica), con la conquista deimussulmani il rito ispanico sopravvisse inalcune parrocchie toledane (“mozarabi”erano detti i cristiani sotto la dominazio-ne araba), dove è stato conservato anche

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dopo la riconquista nel sec. XI e la conse-guente estensione del rito romano a tut-to il territorio spagnolo. Dopo il VaticanoII è stato rivisto e pubblicato il Missale Hi-spano-Mozarabicum, utilizzabile, oltreche a Toledo, in tutta la Spagna ove lo ri-chieda la devozione e l’interesse (le con-dizioni nei Praenotanda).

Se il ricordo mariano è accentuato aNatale (è celebre l’illatio che canta ilrapporto tra Maria e la Chiesa) e neltempo antecedente e seguente, è inmodo speciale la festa di Santa Maria aesprimerlo, fissata al 18 dicembre pertutta la Spagna dal X Concilio di Toledo(656). Con ricchezza straordinaria diformule assai estese, i testi della messae dell’ufficio confessano ed esaltano ilprodigio della divina e verginale mater-nità di Colei che ha concepito e genera-to il Figlio di Dio nostro Redentore. Leletture bibliche sono Mi 4,1-3.5-8; 5,1-4; Sal 86,5-6; Gal 3,27-4,7; Lc 1,26-38.46-55 (l’eccomi della Vergine è se-guito dal Magnificat).

La seconda data mariana è l’Assunzionedi Santa Maria Vergine, il 15 agosto (atte-stata in epoca mozarabica): nelle elaboratee diffuse preghiere è racchiusa una mirabilemariologia pregata. Le letture della messaindicano versetti del Cantico; Sal 44,5;2Cor 10,17-11,2; Lc 10, 38-42; 11, 27-28(al vangelo di Marta e Maria segue la beati-tudine con cui Gesù replica alla donna cheloda il grembo che lo ha generato).

Infine, la terza data festiva è la Conce-zione di Santa Maria Vergine, l’8 dicem-bre, accolta in ragione della grande de-vozione della Spagna all’Immacolata edel pronunciamento dogmatico, utiliz-zando testi del deposito eucologico ispa-nico. Le letture sono Pro 8,22-33; Sal44,5-6; Gal 3,27-4,7; Lc 11,27-28.

Pur conservando la sua fisionomia ar-caica, la mariologia della liturgia ispano-mozarabica è di indubbio valore. Oltreche nel tempo natalizio, la Vergine è ri-cordata nel Venerdì Santo, nell’illatio del-la Veglia Pasquale, nel tempo di Pasqua,a Pentecoste, nelle feste di Santi e Sante.

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——————1 Cf. C. Maggioni, Benedetto il frutto del tuo grem-

bo. Due millenni di pietà mariana, Portalupi Edito-re, Casale Monferrato 2000.

2 Cf. C. Maggioni, La Madre del Signore nell’odiernaliturgia romana, in Credere oggi 24 (4/2004) 43-60.

3 Cf. Congregazione per il Culto Divino, LetteraOrientamenti e proposte per la celebrazione del-l’anno mariano, n. 22; vedi ai nn. 12-21 per l’Eu-caristia, ai nn. 22-25 per i Sacramenti, ai nn. 46-50 per la Liturgia delle Ore

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a solennità dell’Immacolata è,senza dubbio una delle più sen-tite nel popolo cristiano, al pun-

to che - se capita in domenica di Avvento- le varie chiese ottengono l’indulto dallaSanta Sede di celebrarla, a dispetto dellenorme liturgiche, che vogliono le dome-niche di Avvento con precedenza assolu-ta su qualsiasi festa.

Molti cristiani però si fermano all’ag-gettivo “immacolata”, e pensano si cele-bri un “titolo” della Madonna, quell’at-tributo cioè che la definisce “immacola-ta”, senza alcuna macchia di peccato. Ilcanto Tota pulchra, cioè “Tutta bella sei,o Maria” ha ispirato pittori e scultori aprodurre immagini di una bella ragazza.

Dimenticano questi cristiani che og-getto della festa è un avvenimento pre-ciso: la concezione di Maria nel grem-bo di sant’Anna. E questo evento nonpuò essere raffigurato. Fissata all’8 set-tembre la nascita di Maria, è chiaro chenove mesi prima, cioè appunto, l’8 di-cembre, è il giorno in cui sant’Anna èrimasta incinta di quella creatura chesarebbe stata Maria, la Madre del Figliodi Dio, fatto uomo. Una memoria della“concezione di sant’Anna” è celebratain Oriente. La fede della Chiesa vede inquesto evento, che normalmente nes-suno festeggia o ricorda, un momentonella storia della salvezza. Tutti, inquanto figli di Adamo, veniamo conce-

piti e nasciamo in una situazione dipeccato, quello appunto che ha avutoinizio alle origini dell’umanità e ci hareso quindi soggetti al potere di Sata-na, da cui Gesù ci avrebbe liberato conla sua morte redentrice, e dal quale ve-niamo effettivamente salvati con il bat-tesimo. Per Maria, questo crede laChiesa, è stata doverosamente fattaun’eccezione. Non è scritto chiaramen-te in nessuna pagina del Nuovo Testa-mento, e pertanto non tutti i cristiani,nel corso dei due millenni di storia del-la Chiesa, erano d’accordo su questaverità. San Tommaso d’Aquino, peresempio, e la scuola domenicana nonla ritenevano una verità di fede, mentresan Bonaventura e la scuola francesca-na la ritenevano coerente, nella logicadella storia salvifica. Ecco perché sem-bra una festa tipicamente francescana(e dei Conventuali in particolare: vedila novena nella Chiesa conventuale deidodici Apostoli in Roma, e la “miliziadell’Immacolata” di san MassimilianoKolbe, conventuale).

A queste discussioni in seno alla Chie-sa ha posto fine il Papa Beato Pio IX, chenel 1854 ha “definito” essere verità rive-lata da Dio che Maria “è stata preservata(cioè salvata prima) da ogni macchia dipeccato originale, fin dal primo istantedel suo concepimento”. Il Papa, notate,non dice che Maria non ha avuto bisogno

L’Immacolata Concezionep. Ildebrando Scicolone, osb

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di essere salvata, dal momento che sanPaolo nella lettera ai Romani, afferma che“tutti in Adamo hanno peccato” e “han-no bisogno della misericordia di Dio”. LaChiesa afferma che anche Maria è statasalvata da Cristo Gesù; essa però è statasalvata prima, in vista dei meriti di lui.

Su che cosa si basa la Chiesa per af-fermare che è verità rivelata (dogma difede) che Maria è stata concepita “senzamacchia dipeccato ori-ginale, persingolare (=unico) privi-legio”? Cer-t a m e n t esulla co-stante fededella Chie-sa, testimo-niata dallaTradizione.Nella Bibbiat r o v i a m operò alcunivalidi indizi.Sono princi-palmente leletture bibli-che della fe-sta. In Ge-nesi 3 (pri-ma lettura)leggiamo leparole cheDio rivolgeal serpente:“Io porrò

inimicizia tra te e la donna, tra la tua stir-pe e la sua stirpe, questa ti schiaccerà ilcapo”. Se c’è inimicizia tra satana e laDonna, vuol dire che mai sono stati ami-ci, mai Maria è stata sotto o con Satana.Il Vangelo del giorno è l’annunciazione.Attenzione però a non fraintendere. L’an-gelo annunzia a Maria: “Tu concepirai edarai alla luce un figlio”. Ma non è que-sta concezione (attiva) di Maria che cele-

briamo l’8d i cembre :non Mariache conce-pisce, maMaria che èc o n c e p i t a(concezionepassiva). I lmotivo percui leggia-mo questobrano evan-gelico stanel salutodell’Angelo:“Ave (Ralle-grati), o pie-na di gra-zia”. Que-sto partici-pio perfetto(chechar i -toméne, ingreco) signi-fica “ama-ta” da sem-pre dal Si-gnore. Non

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Immacolata, Guido Reni, sec. XVII

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c’è stato un momento in cui Maria nonsia stata gradita al Signore, nemmeno l’i-stante in cui è stata concepita.

La concezione immacolata di Mariadiventa così il primo momento della rea-lizzazione dell’opera salvifica, il compi-mento del primo annuncio salvifico,espresso in Genesi 3 (il protoevangelo). Ilsole di giustizia, che è Cristo Signore, cheapparirà alla sua nascita, illumina già l’o-rizzonte, come l’aurora che illumina l’O-riente, ancor prima che spunti il sole.

La seconda lettura, tratta dall’innocristologico di Efesini 1, ci dà il sensoecclesiologico della festa. Paolo, bene-dicendo Dio per il suo piano salvifico,dice: “Egli ci ha scelti, prima della crea-zione del mondo, per essere santi e im-macolati al suo cospetto”. Il privilegiosingolare di Maria diventa un segnoemblematico di ciò che Dio ha fatto al-l’umanità intera. Tutti siamo stati resisanti e immacolati, nel pensiero di Dio,ancor prima che noi pure fossimo con-cepiti. Questa santità ci è stata donatadopo, nel battesimo. Maria allora di-venta il prototipo, il modello dei salvati.Quello che è stato concesso a Maria, èconcesso a tutta la Chiesa, sposa santae immacolata, amata dal Signore.

Il senso profondo della solennità ècantato dal prefazio: “Oggi hai preser-vato la Vergine Maria da ogni macchia

di peccato originale, perché fosse de-gna dimora del tuo Figlio. In lei hai se-gnato l’inizio della Chiesa, sposa santae immacolata”.

Un corollario si può ricavare da que-sta festa: la grandezza della maternità ela sacralità della vita umana, fin dal pri-mo istante del concepimento. Come puòun cristiano che celebra l’immacolataconcezione di Maria, ritenere che la vitaintrauterina non sia una vera vita umana,della quale quindi si può disporre libera-mente, fino a sopprimerla?

Vorrei concludere presentando un’ori-ginale immagine della concezione di Ma-ria. Ho detto che quell’istante non è ri-producibile. Ma in un quadro, che si con-serva nel mio monastero di San Martinodelle Scale (Palermo), è raffigurato il Pa-dre eterno che dipinge la Madonna suuna tela, sorretta dai santi Gioacchino eAnna (genitori della Vergine). Mariasboccia da una rosa. Sotto il dipinto, unangelo (Michele) tiene legato il demonio.Sono raffigurati l’evento e la teologiadell’evento. Come Maria, ogni cristianopuò far proprie le parole di Isaia che co-stituiscono il canto d’ingresso: “Io gioiscopienamente nel Signore, perché mi ha ri-vestito delle vesti di salvezza, e mi ha am-mantato dell’abito della giustizia (= san-tità), come una sposa ornata dei suoigioielli”.

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a Chiesa celebra come giornonatalizio dei santi quello dellamorte, ossia la loro nascita al

cielo. Ma ci sono tre eccezioni: per Cristo,Giovanni Battista e la Vergine Maria. Findal IV sec., si cominciò a celebrare, oltrealla nascita storica di Gesù, anche quelladel Battista. Di queste nascite parlano ivangeli, che invece tacciono circa la nasci-ta terrena della Vergine. La lacuna fu col-mata, già nel II sec., dall’autore del Proto-vangelo di Giacomo, racconto apocrifo,che in modo immaginario ma molto signi-ficativo, risponde alle domande sulla vitadi Maria, le sue origini, i nomi dei suoi ge-nitori, la sua nascita straordinaria. Pur nonessendo libro canonico, il Protovangelo diGiacomo ebbe un successo straordinarioe grande importanza nella pietà popolare,nella liturgia e nell’iconografia marianasia in Oriente che in Occidente. Infatti,grazie anche a esso, noi possiamo affer-mare: Maria è venuta al mondo per com-piere l’ineffabile disegno di dare il Salva-tore all’umanità peccatrice.

1. Storia e celebrazione

L’origine della festa della Nativitàdella Vergine è legata alla città di Geru-salemme, precisamente alla dedicazione

della chiesa edificata nelle vicinanzedella piscina probatica, luogo in cui latradizione sosteneva esserci stata la ca-sa di Gioacchino e Anna. Sulle sue rovi-ne i Crociati edificarono la chiesa dedi-cata a “Santa Maria, dove nacque”, og-gi denominata “Sant’Anna”. Dal sec. Vi pellegrini venerano in questo luogo lanascita della Vergine.

In Occidente questa festa fu accoltanel VII sec., ultima delle quattro grandifeste mariane di provenienza orientale.La Natività della Vergine, per secoli - pun-tualizza la Lettera della Congregazioneper il Culto Divino, Orientamenti e pro-poste per la celebrazione dell’Anno ma-riano, Città del Vaticano 1987 - assiemeall’Annunciazione, Presentazione e As-sunzione, “ha costituito un cardine dellapietà l iturgica verso la Tuttasanta”(cf.n.4). La festa dell’8 settembre celebrala vocazione unica e irripetibile della Ma-dre del Signore: ella è nata per generarela Vita (cf C. Maggioni, Maria nella Chie-sa in preghiera. Solennità, feste e memo-rie mariane nell’anno liturgico, San Pao-lo, Cinisello Balsamo 1997, 68-73).

Fin dalla sua nascita - eternamentepresente nella mente di Dio in ragionedella divina maternità - la Vergine occupaun posto privilegiato nella storia dell’u-manità. Difatti, quando Colei che deve

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Aurora di Cristo sole di giustiziaNatività della Beata Vergine Maria (8 settembre)

p. Sergio Gaspari, smm

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partorire partorirà, ritorneranno a Dio i fi-gli dispersi d’Israele (I Lettura della Mes-sa: Mic 5,2-5), e saranno tutti riuniti dal“Dio con noi”, concepito dalla Vergineper opera dello Spirito Santo, principio einizio della generazione nuova dei figli diAbramo (Vangelo: Mt 1,1-16.18-23).

A motivo della sua missione di Madredel Salvatore, “nel giorno della sua nasci-ta - canta la liturgia bizantina - hanno co-minciato a soffiare i venti annunziatoridella salvezza”.

Proprio per questo l’8 settembre pres-so i bizantini segna simbolicamente l’ini-zio dell’anno liturgico: alba dell’eventosalvifico, la Vergine apre l’anno dei miste-ri di Cristo con la celebrazione della suaNatività; nel contempo, in quanto Chiesagià perfetta - colei cioè che ha realizzatocompiutamente in sé la Chiesa prima del-la Chiesa - chiude l’anno della salvezza, il15 agosto, con la gloria della sua Assun-zione al cielo.

2. Aurora della salvezza

La Messa dell’8 settembre è aperta daquesta antifona: “Celebriamo con gioiala Natività della beata Vergine Maria: dalei è sorto il sole di giustizia, Cristo, no-stro Dio”. E la preghiera “Dopo la comu-nione” commemora la beata Vergine co-me “speranza e aurora di salvezza almondo intero”. La nascita della Verginerappresenta l’aurora annunciatrice delgiorno senza tramonto di Cristo Signore.

Come il sole non appare improvvisa-mente nel cielo ma, nel suo sorgere, è

preceduto dall’aurora, così l’ingressonel mondo del “Sole che sorge dall’altoper rischiarare quelli che stanno nelletenebre e nell’ombra della morte” (Lc1,78-79), è preceduto dalla presenzadella Vergine Figlia di Sion. Sulla scortadi tale immagine, l’inno Akàthistos lapresenta così: “Come fiaccola ardenteper chi giace nell’ombre, contempliamola Vergine santa, che accese la luce divi-na” (Stanza 21). E in apertura la elogia-va quale stella che, annunciando il sole,rinnova la creazione: “Ave, o stella cheil sole precorri; Ave, o grembo del Dioche si incarna; Ave, per te si rinnova ilcreato” (Stanza 1).

Il simbolismo cosmico dell’aurora èstato usato, fin dall’antichità, per indi-care il rapporto tra Cristo, vero Sole digiustizia (cf. Mal 3,20) e Salvatore uni-versale, e Maria che, avendolo precedu-to, è giustamente salutata quale auroradella salvezza.

Per il significato che esprime, la primaluce nel cielo mattutino è foriera del su-peramento delle tenebre notturne, è me-moria del fermento vitale che animò ilsorgere della luce nelle tenebre delle ori-gini. E Maria, aurora dei tempi nuovi, è ilsegno della creazione nuova: portatrice“nel mondo della luce vera, quella che il-lumina ogni uomo” (Gv 1,9). Ecco per-ché s. Giovanni Damasceno (+ 750 ca.) inquesto giorno predicava: “Oggi un cieloè stato creato sulla terra. Oggi per ilmondo è l’inizio della salvezza”. In effettila nascita della Vergine Tuttasanta è la di-scesa del Cielo di Dio sulla terra. Il Dama-sceno poi continuava: la Theotokos è

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l’”unica novità sotto il sole; la meravigliadelle meraviglie”. E, rivolto all’assemblea,concludeva: ella è “come un giglio inmezzo alle spine”. Difatti alcuni secolidopo, il monaco Eadmero di Canterbury(+ 1124), per spiegare la santità unicadella Vergine, ricorreva al curioso parago-ne della castagna, che nasce e si sviluppain un involucro circondato da spine, sen-za esser toccata dai loro aculei. I lpungiglione del peccato non ha mai feri-to la Madre del Signore. Paolo VI presen-tava l’appartenenza unica della Vergine aCristo con queste parole: “Il Figlio di Diosi riservò nell’immensa palude che è l’u-manità, una zolla innocente, una fiorita eprofumata aiuola”. In questo senso si di-ce che la Vergine, alba della salvezza eMadre di tutti gli uomini, diventa un au-gurio universale: per i cristiani, perché lasalvezza celebrata di anno in anno, siamotivo di risveglio e di impegno spiritua-le; e per l’umanità la figura della Vergine,unica creatura non sfiorata dal peccato,segni un’era di speranza nuova.

3. Icona compiuta della Chiesa

Il simbolismo cosmico dell’aurora ciconduce ora a contemplare nella personadella Vergine l’itinerario evangelico checiascun credente è esortato a percorrerenella sua vita per arrivare a Dio. Dopo l’e-sperienza mortifera del peccato, in Ma-ria, stella mattutina che annuncia il Soleintramontabile, l’umanità vede già rea-lizzata perfettamente l’intera vita dei di-scepoli di Cristo. Ella del resto, donna

nuova e icona compiuta della Chiesa, ègià la nostra terra nel Cielo eterno di Dio.

1) L’alba è l’ora del risveglio dal son-no, in cui tutto si rianima con l’appariredella luce. E Maria è l’alba dei tempinuovi: con l’annuncio del Signore allaFiglia di Sion, ha inizio la redenzione.Fin dalla sua chiamata a Madre di Dio,ella è mostrata come la discepola atten-ta alla voce del Signore e pronta all’a-scolto obbediente. La Serva del Signoresvela così ai credenti la loro identità di-scepolare: vale a dire il fedele divieneautentico servitore del Figlio quando,come lei, giunge a pronunciare il suo“Ecce, adsum” e “Fiat mihi”.

2) Nell’annunciare l’uscita dalla notte,l’alba è l’ora trepida della risurrezione delSignore. E Maria, mentre la fede duranteil Triduo pasquale si oscurava nei disce-poli, lei, la prima fedele, ha atteso trepi-dante la risurrezione del Figlio. Nella Pa-squa appare quale “Apostola” degliApostoli, quindi testimone privilegiata delRisorto; colei che sta nel giardino della ri-surrezione per annunciare lei stessa la Vi-ta nuova del Figlio ai discepoli che si re-cano al sepolcro rimasto vuoto.

3) L’alba è l’ora del risveglio dal sonnoinerte alla vigile contemplazione. E Ma-ria, Serva docile e obbediente, è colei checustodisce gelosamente le Parole del Fi-glio Maestro nel suo cuore. Ella fa cono-scere al mondo la Parola che salva. Lo haintuito sapientemente santa Caterina daSiena che esclama: “O Maria, dolcissimo

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amore mio, in te è scritto il Verbo dalquale noi abbiamo la dottrina della vita;tu sei la tavola che ci porgi quella dottri-na” (Orazione 11, 126). S. Sofronio diGerusalemme ricorre all’espressione “Li-ber Verbi”, Maria è “Libro aperto di Cri-sto Sapienza”: dal suo grembo verginalesi può contemplare e ascoltare la Paroladivina. Per questo ella è accolta dallaChiesa quale Madre e Maestra di vita spi-rituale (MC 21).

4) L’alba è l’ora dell’offerta delle primiziedella preghiera. E la Vergine con il Magnifi-cat ha inaugurato il canto nuovo dei tempimessianici. L’inno mariano, che da 20 secolirisuona intatto nella Chiesa, “dovrebbe es-sere ben imparato e ritenuto da tutti” - os-servava Lutero - perché in esso la Vergine“ci insegna come dobbiamo amare e loda-re Dio...” (cf. M. Lutero, Scritti religiosi, acura di V. Vinay, Claudiana, Torino 1967,431-512). Israele ha insegnato al mondo a

pregare. Infatti il pio israelitaè spirito salmodiante; e laChiesa dal Magnificat dellaFiglia di Sion impara a darepriorità alla lode salmica e alringraziamento, prima an-cora che alla preghiera dipetizione.

5) L’alba è l’ora dell’of-ferta e della Cena eucari-stica. E Maria è la Servadell’offerta pasquale findalla nascita di Gesù. Nel-la Presentazione al tempiodel Figlio “per offrirlo alSignore” (Lc 2,22), già siprefigura lo Stabat Materai piedi della Croce. LaVergine vive una sorta di“Eucaristia anticipata”,che avrà il suo compimen-to nell’unione col Figlionella passione e si espri-merà dopo la Pasqua nellasua partecipazione alla ce-lebrazione eucaristica (cf.EdE 56). Se l’Annunciazio-Natività di Maria, icona russa, sec. XIII, Novgorod

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ne può esser vista come una sorta di Li-turgia della Parola, la Presentazione sipresenta come una Liturgia eucaristica, dirisposta e di offerta a Dio che, in Cristo,viene dal suo popolo, nuovo tempio delloSpirito, per donarsi quale pane di vita.Eccelsa Figlia di Sion, Maria è l’alba delgenere umano, l’aurora del tempo salvifi-co che prepara il cuore dei figli verso lapienezza della Cena pasquale.

6) L’alba è l’ora soffusa di speranza,densa di propositi di opere buone perl’intera giornata. E Maria, tempio santodel Signore, nella visitazione è la donnadel servizio. Infatti, Serva del Signore incammino verso la casa di Zaccaria, è laprima “evangelista” e missionaria dellaChiesa. In quanto “donna del primo pas-so” (T. Bello) verso la parente Elisabetta,la visitazione richiama altre visite dellaVergine: ella visita i fedeli alle nozze diCana, li ripara dagli assalti del maligno(cf. Ap 12), li visita nelle apparizioni pri-vate. La permanenza poi di tre mesi daElisabetta, mostra la sua presenza mater-na nella Chiesa e nella vita dei discepoli.

7) L’alba è l’ora in cui la terra si bagnadi rugiada, allusione all’azione fecondan-te dello Spirito trinitario all’annunciazio-ne e alla Pentecoste. La Pentecoste per-sonale di Maria all’annunciazione è pre-ludio e anticipo della Pentecoste apostoli-ca. Ricolma di Spirito Santo, ella “cumfestinatione” compie la sua missione“apostolica” in Giudea per portare allafamiglia di Zaccaria Cristo salvatore e ilsuo Spirito santificatore. La visitazione di

Maria si prolungherà e dilaterà nella “vi-sitazione” degli Apostoli dopo la Pente-coste apostolica, quando non ci saràun’altra partenza della Vergine verso lacasa di Elisabetta, bensì la partenza degliApostoli verso tutti i popoli della terra,sostenuti e accompagnati dalla protezio-ne materna e orante della Vergine.

Rilievi conclusivi

Aurora di Cristo, sole di giustizia, laVergine ha realizzato nella propria perso-na le aspirazioni dell’umanità. Per questoil grande filosofo e scrittore francese J.Guitton affermava: “La primavera dell’u-manità è nascosta” nella Vergine Maria.In quanto “donna nuova” (MC 57) e“colonna di luce”, ella può “essere as-sunta a specchio delle attese degli uomi-ni del nostro tempo” (MC 37). Infatti “èstata sempre proposta dalla Chiesa allaimitazione dei fedeli...perché, nella suacondizione concreta di vita, ella aderì to-talmente e responsabilmente alla volontàdi Dio” (MC 35). In quanto tale, rappre-senta al vivo il cammino faticoso e felicedella persona singola e dell’umanità inte-ra verso la propria realizzazione. Su que-sto sfondo luminoso si colloca l’assioma“Maria paradigma di vita”, come soste-neva sant’Ambrogio di Milano (+ 397),quando rilevava: “Haec est imago virgini-tatis. Talis enim fuit Maria, ut eius uniusvita omnium sit disciplina” (De virginibus2,2,15, in PL 16,222), che vuol dire: “Lavita di Maria è in grado di costituire unanorma di comportamento per tutti”.

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1. Un rito singolare

Singolare e altamente espressiva fu lacelebrazione eucaristica presieduta dalSanto Padre Giovanni Paolo II la mattinadel 15 agosto 1988 nella Basilica di SanPietro a conclusione dell’anno marianonella solennità dell’Assunzione della B. V.Maria. Accanto all’altare della Confessio-ne, a lato destro di chi guarda, era statoeretto un «taphos» o sarcofago in legnolavorato, sormontato da un baldacchinoa cupola, ornato di fiori variopinti, cherappresentava la tomba di Maria al Get-semani, tomba nella quale era stato de-posto dagli apostoli – secondo le molte eantiche tradizioni apocrife – il suo corpoverginale incorrotto. In quell’occasione sicelebrò il «rito dell’epitaphios», inclusonella parte iniziale della celebrazione eu-caristica. Partendo dalla Cappella Paolinae attraverso la scala regia, la processioneintroitale si snodò fino all’altare dellaconfessione al canto delle litanie dei San-ti. I monaci di Grottaferrata portavanosteso un velo ricamato raffigurante laDormizione della Madre di Dio – chiama-to appunto «epitaphios» – che deposerosul «taphos», mentre alcune giovani del-l’Eparchia di Piana degli Albanesi lo co-spargevano di fiori e profumi e il corocantava il tropario bizantino del giorno:

«Nella maternità hai conservato laverginità e nella dormizione non hai

abbandonato il mondo, o Madre diDio; sei passata alla vita essendo ma-dre della vita, e con le tue preghierehai liberato dalla morte le anime no-stre».1

In tal modo veniva quasi visivamentedelineato il duplice oggetto della festa, laDormizione e l’Assunzione: la prima pri-mariamente celebrata nelle liturgie orien-tali, la seconda quasi esclusivamente inquelle occidentali.

2. Una memoria antica

La collocazione nella Basilica di S. Pie-tro di un «taphos» di stile orientale ci ri-chiama prima di tutto l’uso diffuso nel-l’ambiente greco e slavo durante il me-dioevo di rendere quasi presente in ogniluogo dell’ecumene bizantina la solennecelebrazione che si compiva a Gerusa-lemme, al Getsemani, per la veglia e lafesta dell’Assunta, costruendo in ognichiesa un sarcofago e deponendovi l’epi-taphios della Dormizione, davanti al qua-le in ambiente russo si veglia tutta la not-te del 14 agosto, cantanto i lunghi enco-mi della Vergine, in simmetria con gli en-comi che si cantano il Sabato Santo perla Pasqua del Signore.

Questo rito ci riporta ai primordi delculto mariano, che pare si sia sviluppato

L’Assunzionep. Ermanno M. Toniolo, osm

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in ambiente giudeo-cristiano proprio ac-canto alla tomba di Maria. Studi recentisulla tomba restaurata dopo l’alluvionedel 1972 e sugli scritti apocrifi giudeo-cri-stiani hanno proposto per il più anticoracconto della Dormizione, cioè il Transi-tus Romanus, una data di composizioneche oscilla tra il II e il III secolo e reca ma-nifesta l’impronta delle celebrazioni giu-deo-cristiane di fine primo secolo e inizidel II, fino cioè all’anno 135, anno in cuil’imperatore Adriano, sedata l’insurrezio-ne degli zeloti, rase al suolo Gerusalem-me riducendola a colonia romana, espul-se definitivamente tutti i giudei e proibìdrasticamente ogni tipo di culto giudai-co. Il Transitus Romanus conserva traccedel culto protocristiano e – come gli altriapocrifi – accenna con contorni esatti allatomba della Vergine, situata al Getsema-ni in un complesso cimiteriale del I seco-lo. Il luogo fu trasformato nella primametà del secolo V in un vero e propriosantuario a forma di croce; sopra di essopiù tardi fu costruita dall’imperatoreMaurizio una basilica, rasa al suolo daSolimano. Rimane tuttora l’antico san-tuario, con lunga scala di accesso, officia-to da monaci russi.

Gli studiosi concordano però nell’af-fermare che tanto nel santuario del Get-semani, quanto in quello del Kathismacostruito in quel medesimo periodo dalvescovo Giovenale di Gerusalemme sullavia di Betlemme, non si celebrava l’even-to della dormizione, ma solo la memoriadi santa Maria, in particolare la sua divinaverginale maternità. Ne sono esempio ti-pico le Omelie sulla Madre di Dio di due

celebri autori gerosolimitani: l’esegetaEsichio al tempo del concilio di Efeso(431) e Crisippo subito subito dopo ilConcilio di Calcedonia (451). Si sa peròche il Vescovo Giovenale, richiesto dalleimperatrici di inviar loro una qualche reli-quia della Madre di Dio, rispose che nonconosceva reliquia alcuna di lei.2

3. L’evento celebrato in Oriente

La Dormizione come oggetto di cultoe di una particolare celebrazione in Orien-te sembra risalire agli inizi del VI secolo.Non è questo il luogo di accumulare testi-monianze storiche, quasi sempre fram-mentarie. Ricordo solo l’editto dell’impe-ratore Maurizio (582-602) che estese lafesta della Dormizione a tutto l’impero bi-zantino, perché fosse da tutti celebratacon venerazione. Le testimonianze patri-stiche diventano determinanti nei secoliVII-VIII con i massimi esponenti: Modestodi Gerusalemme, Germano di Costantino-poli, Andrea di Creta e Giovanni Dama-sceno: autori citati anche dalla Costituzio-ne definitoria dell’Assunta di Pio XII Muni-ficentissimus Deus (1950) e dal ConcilioVaticano II (Lumen gentium, 59).

È utile tuttavia ricordare le prime duetestimonianze omiletiche: quella siriacadi Giacomo di Sarug (451-521), grandeinnografo, che commemora in versi lafesta della dormizione della Madre diDio, ma si limita ai racconti apocrifi del-la sua morte e sepoltura; e quella piùimportante greco-palestinese di Teotec-no di Livia (fine sec. VI-inizi sec. VII), che

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focalizza in modo sorprendente l’ogget-to di questa, che egli chiama «festa del-le feste, l’Assunzione della Semprevergi-ne», nei tre successivi momenti: morte,risurrezione, assunzione gloriosa, e nellafinalità per cui si celebrano: la Madreglorificata interceda per noi pellegrinisulla terra:

«La nostra terra, la Madre di Dio eSemprevergine, è fiorita. Quand’era interra, vegliava su tutti, era come unaprovvidenza universale per tutti i suoisudditi, assunta in cielo, costituisceper il genere umano una fortezza ine-

spugnabile, intercedendoper noi presso il suo Figlio eDio».3

Da allora, la Dormizionenel mondo bizantino diven-ne il centro delle celebrazio-ni mariane: la sua Pasqua digloria fin dal secolo X vienepreceduta da una “piccolaquaresima” di preparazione(dal 1° al 14 agosto) e so-lennizata con otto giorni difesta.

Tra gli innumerevoli troparidella liturgia bizantina, com-posti nei secoli VIII-IX, che fe-stosamente celebrano la Dor-mizione, cito solo il kontakiondi Cosma il Melode:«La tomba e la morte nonprevalsero sulla Madre diDio, che non si stanca di in-tercedere, né mai cessa disupplicare. Colui che dimorò

in un grembo sempre-vergine ha assun-to alla vita la Madre della Vita».4

4. L’evento celebrato in Occidente

Col Papa Sergio I (687-701), di originesiriaca, vengono importate a Roma quat-tro feste celebrate in Oriente: la Natività,la Purificazione, l’Annunciazione e laDormizione, quest’ultima arricchita diuna vigilia con celebrazione liturgica. Daallora e fino alla restaurazione di san PioV (1572) la vigilia dell’Assunta conobbe a

Dormizione, Pskov, 1994, icona di P. Andrea Davydov

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Roma una fastosità incredibile, con pro-cessione notturna da San Giovanni in La-terano a Santa Maria Maggiore.

Da Roma, la festa si estese pian pianoa tutto il mondo occidentale: ne fanno fe-de i libri liturgici romani (Sacramentari eantifonari), i libri liturgici gallicani e celti(Messale gotico antico, Messale dei Fran-chi, ecc:) i libri liturgici ispanici (spec. il Sa-cramentario mozarabico), come pure i libriliturgici ambrosiani (spec. il SacramentarioBergomense). Cito come classico esempiola celebre antica orazione “Veneranda” delSacramentario Gregoriano, comunementeconosciuto come Adrianeo, per la proces-sione vigiliare dell’Assunta:

«Degna di venerazione è per noi, o Si-gnore, la festività di questo giorno, incui la santa Madre di Dio subì la mor-te temporale; ma non poté esseretrattenuta dai vincoli della morte coleiche dalla propria sostanza generò, in-carnato, il tuo Figlio, nostro Signore»;e il Messale gotico del rito gallicanoantico, nel prefazio canta:«È cosa degna e giusta, o Dio onnipo-tente, che noi ti rendiamo somma-mente grazie in questa gloriosa circo-stanza, cioè nel giorno sopra tutti mi-rabile in cui l’Israele fedele è uscitodall’Egitto, in cui cioè la Vergine Ma-dre di Dio da questo mondo migròverso Cristo: lei che non fu toccata dalcontagio della corruzione né subì ladissoluzione del corpo nel sepolcro».5

In Occidente tuttavia non andò di paripasso la liturgia con la teologia: la “lexorandi” precedette di molto la “lex cre-

dendi”. Il blocco insormontabile controogni racconto apocrifo, iniziato già consan Girolamo e seguito dalla tradizionelatina, venne superato per vie traverse,nei secoli VIII-IX, con due pseudonimi: lopseudo-Girolamo (probabilmente Pasca-sio Radberto) e soprattutto lo pseudo-Agostino (forse Ratramno di Corbie), chemisero a fuoco l’Assunzione della Vergineal cielo, pur senza definirne tutto lo spes-sore teologico. Nella tradizione latina me-dievale e fino ad oggi prevalse non la de-scrizione della dormizione con i tanti rac-conti narrati dagli apocrifi, ma la contem-plazione della glorificazione della Madredi Dio in anima e corpo in cielo. Questarimane la nostra posizione, anche dopo larestaurazione liturgica postconciliare diPaolo VI, il quale così sintetizza il significa-to della celebrazione dell’Assunta:

«La solennità del 15 agosto celebra lagloriosa Assunzione di Maria al cielo:è, questa, la festa del suo destino dipienezza e di beatitudine, della glorifi-cazione della sua anima immacolata edel suo corpo verginale, della sua per-fetta configurazione a Cristo risorto;una festa che propone alla Chiesa eall’umanità l’immagine e il consolantedocumento dell’avverarsi della speran-za finale: ché tale piena glorificazioneè il destino di quanti Cristo ha fattofratelli, avendo con loro “in comune ilsangue e la carne” Eb. 2,14; cfr. Gal4,4)» (Marialis cultus, 6).A questo punto, credo utile proporre

brevemente nel loro insieme i testi dellaliturgia eucaristica della solennità dell’As-sunzione.

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5. I testi dell’«Assunzione dellaB.V. Maria» (liturgia eucaristica)

5.1. I formulari

La Messa vigiliare (unica tra le festemariane) e quella del giorno propongonoorazioni antiche e nuove e utilizzano consapiente equilibrio testi dell’Antico e delNuovo Testamento, esegeticamente validie comprovati.

a) L’eucologia. Le orazioni attualisono quelle composte da Pio XII per laMessa dell’Assunta dopo la definizionedogmatica del 1950. Nuovo invece e diispirazione postconciliare è il prefazio.

Le orazioni, rivolgendosi a Dio Padre,affermano:

– «O Dio, volgendo lo sguardo all’u-miltà della Vergine Maria, l’hai in-nalzata alla sublime dignità di ma-dre del tuo unico Figlio fatto uo-mo, e oggi l’hai coronata di gloriaincomparabile...» (orazione collet-ta vespertina);

– «O Dio onnipotente ed eterno, chehai innalzato alla gloria del cielo incorpo e anima l’immacolata VergineMaria, madre di Cristo tuo Figlio...»(orazione colletta del giorno).

Appare evidente il reciproco rapportotra i misteri che riguardano Maria: la suaimmacolatezza nella Concezione e in tut-ta la vita, la sua verginità illibata, e so-prattutto – mistero centrale – la dignitàsublime incomparabile della sua divinamaternità, sono i fondamenti della suaglorificazione celeste, in anima e corpo.

A quest’orizzonte cristologico, dopoil Concilio Vaticano II si è aggiunta la pro-spettiva ecclesiologica, documentata dal-la Lumen gentium nei numeri 59 e 68,dai quali il nuovo prefazio desume dottri-na e termini. Cito:

«Oggi la Vergine Maria,madre di Cristo, tuo Figlio e nostroSignore, è stata assunta nella gloriadel cielo.In lei, primizia e immagine dellaChiesa, hai rivelato il compimento delmistero di salvezza e hai fattorisplendere per il tuo popolo,pellegrino sulla terra,un segno di consolazione e di sicurasperanza.Tu non hai voluto che conoscesse lacorruzione del sepolcro colei che hagenerato il Signore della vita».In questa sintesi teologico-liturgica ri-

mane sottintesa la dormizione e sepoltu-ra della Vergine, di cui si dice che non haconosciuto – per grazia di Dio – la corru-zione del sepolcro; emerge invece fulgidala sua assunzione alla gloria del cielo: as-sunzione che realizza già in Maria il coro-namento definitivo del mistero di salvez-za divino sull’uomo, che culminerà nellanostra futura glorificazione celeste; as-sunzione che costituisce un segno di cer-ta speranza e di consolazione per noi an-cor pellegrini sulla terra.

b) La divina Parola. Le pericopi bibli-che scelte dalla liturgia romana per la ce-lebrazione della messa vespertina nellavigilia sono le seguenti. Prima lettura: dalprimo libro delle Cronache con salmo re-

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sponsoriale dal salmo 131; seconda lettu-ra: 1 Cor 15, 54-57; Vangelo: Lc 11, 27-28; le pericopi scelte per la messa delgiorno dell’Assunta sono: prima lettura:Ap 11,19; 12,1-6.10, seguita dal salmoresponsoriale con versetti tratti dal salmo44; seconda lettura: 1 Cor 15,20-26;Vangelo: Lc 1,39-56.

I testi biblici ci riportano al quadrodella storia di salvezza, iniziata nel para-diso terrestre dopo la seduzione di sata-na e prolungata nella lotta che dura con-tro di lui sulla terra, fino a che il dragonon sarà definitivamente debellato, com-preso il peccato e la morte, mediante lavittoria finale di Cristo: la prima vittoriaGesù l’ha già riportata per la sua Madrebenedetta.

Maria infatti è l’arca della divina pre-senza e potenza: l’arca di ieri, trasportatada Davide a Gerusalemme, è solo un sim-bolo del passaggio della Madre di Dio tracanti di gioia dalla terra alla Gerusalem-me celeste, dove come Regina risplendealla destra del Re della gloria.

I due vangeli – della sera e del giorno– indicano le due dimensioni dell’eventocelebrato: la grazia del Padre, che com-pie meraviglie nell’umile sua serva innal-zandola sopra i cori degli angeli e deisanti (“magnificat”); e la vita di fede(“beata colei che ha creduto”) e di ob-bediente sequela di Cristo (“beati coloroche ascoltano”) che ha contrassegnatol’esistenza terrena della Madre: «la Ma-dre del mio Signore», la chiama Elisa-betta. Dunque, fondamento della suagloria rimane la divina maternità e labeatitudine dell’ascolto, come scala di

beatitudini che l’ha condotta fino allagloria del cielo.

5.2. Una proposta interpretativa

La festa dell’Assunzione è la festa del-le feste di Maria: la festa della sua perso-na e della sua vita. Infatti l’ingresso glo-rioso della Madre di Dio e semprevergineMaria nei cieli corona e sigilla la sua umi-le eroica esistenza di fede, di obbedien-za, di amore a Dio e al suo progetto, aCristo e alla redenzione, allo Spirito e allasua misteriosa effusione, all’uomo e allasua eterna salvezza.

È l’evento che corona i suoi privilegie la sua missione. Ora la possiamo dav-vero chiamare Immacolata, perché maiombra di peccato l’ha sfiorata in tuttala sua esistenza terrena; ora è in realtàe per sempre la «piena di grazia», per-ché la santità ricevuta all’origine e cre-sciuta con la sua generosa corrispon-denza fino alle supreme possibilità crea-te, viene ratificata dal dono di gloriadello Spirito, che la costituisce viventearca di Dio. Ora è la Vergine eterna,l’incorrotta e l’incorruttibile; ora è inpienezza la Madre di Dio Redentore: lasua maternità, con la quale per fedeconcepì prima nel cuore che nel corpocolui che i cieli non possono contenere,oggi trova la ratifica definitiva: ed è re-stituita al Redentore l’eroica compagna,che come Madre e socia continuerà sot-to di lui, e accanto a lui, il suo arcanoministero di cooperazione, di interces-sione, di materna premura, iniziato al-

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l’annunciazione, confermato ai piedidella croce, fino a che tutti i fratelli delsuo Gesù, ancora peregrinanti tra af-fanni e pericoli, non siano introdottinella patria beata.

Il vangelo della visitazione e del Ma-gnificat è il testo più significativo perquesta solennità. La Vergine infatti oggi èsalita non sui monti di Giuda, ma suimonti eterni, dove dimora Iddio: dallacondizione mortale e passibile, a quellaimpassibile e immortale; dal peregrinarenella fede, alla contemplazione della glo-ria; dal seguire Gesù nell’umiltà e nellapovertà, all’essergli per sempre unita nel-la beatitudine, con l’anima e col corponon più soggetto ai condizionamenti pre-senti. Maria dunque, nata dalla terra enostra sorella, è entrata nella pienezzadel Figlio glorificato, come Madre e comesposa, inizio della chiesa che avrà il com-pimento nel tempo futuro. Ma passando

al cielo, non ha abbandonato la terra. Celo ricorda Germano di Costantinopoli:

«Tu non hai lasciato coloro che haisalvato; non hai abbandonato coloroche hai radunato: perché il tuo spiritovive sempre e la tua carne non conob-be la corruzione del sepolcro. Tu veglisu tutti: il tuo sguardo, o Madre diDio, si posa su tutti».6

“L’anima mia magnifica il Signore!”Il magnificat di Maria inaugura il cantodella Chiesa, come melodia in crescendo,che diventa alla fine un’immensa sinfo-nia. Il magnificat è il canto della sua vita;è il canto della storia di Dio, per lei e pergli umili e i poveri, che Dio ha esaltato edesalterà; è il canto della fedeltà del Si-gnore al suo progetto d’amore; è il cantodi tutti i redenti che formeranno con Leila santa Città di Dio, dove ognuno le diràcol salmo: «Sono in te tutte le mie sor-genti» (Salmo 86).

——————1 UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE DEL SOMMO PON-

TEFICE, Liturgie dell’Oriente cristiano a Roma nel-l’anno mariano 1987-88. Testi e studi, LibreriaEditrice Vaticana, Città del Vaticano 1990, pp.694-699 (foto dopo la pag. 1020).

2 Si consultino gli studi del padre Frédéric Manns,francescano della Terra Santa, che ha continuatocon impegno i lavori archeologici e storici dei suoiconfratelli B. Bagatti, E. Testa, M. Piccirillo. Citosolo: F. MANNS, Scoperte archeologiche e tradizioniantiche sulla Dormizione e Assunzione di Maria,in L’Assunzione di Maria Madre di Dio. Significatostorico-salvifico a 50 anni dalla definizione dog-matica, a cura di G. CALVO MORALEJO - S. CECCHIN,Pontificia Academia Mariana Internationalis, Cittàdel Vaticano 2001, pp. 169-182.

3 Per l’omelia di Teotecno di Livia in traduzione ita-

liana si veda: Testi mariani del primo millennio, acura di G. GHARIB - E.M. TONIOLO - L. GAMBERO - G.DI NICOLA, vol. II, Città Nuova Editrice, Roma 1989,pp. 81-87. Per l’omelia di Giacomo di Sarug, ibid.,vol. IV, Città Nuova Editrice, Roma 1991, pp. 172-177.

4 Anthologion, t. IV, Roma 1968, p. 1037.5 Per una migliore collocazione storica, rinvio allo

studio di C. MAGGIONI, Benedetto il frutto del tuogrembo. Due millenni di pietà mariana, PortalupiEditore, Casale Monferrato 2000, pp. 86-91. I te-sti dei Sacramentari e dei Messali antichi in Testimariani del primo millennio, cit., vol. III, CittàNuova Editrice, Roma 1990, pp. 900-974.

6 GERMANO DI COSTANTINOPOLI, Omelia I per la Dormi-zione della santa Madre di Dio, in Testi mariani delprimo millennio, cit., vol. II, p. 354.

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esù ci diede sua Madre per Ma-dre sul Calvario, proprio nell’orain cui Ella era immersa nel più

profondo dolore; sotto la Croce Maria cistava realmente partorendo nel dolore (cfGen 3,16) e a ciascuno di noi il Figlio, in-dicando l’Addolorata, ripete come a Gio-vanni Evangelista “Ecco tua madre” (Gv19,27). Sappiamo che una caratteristicaessenziale dell’amore è la partecipazioneai dolori della persona amata; i Vangeli,difatti, ci presentano la Vergine intima-mente legata al destino di passione delFiglio. La vita di Maria fu segnata dal do-lore: visse poveramente, partorisce in unagrotta, dovette fuggire in esilio e ritorna-re a Nazareth nell’assoluto silenzio. I Van-geli parlano poi di tre episodi che sottoli-neano il dolore della Madonna: La profe-zia di Simeone- Lo smarrimento di Gesùnel tempio- La presenza ai piedi dellaCroce. “Anche a te una spada trafiggeràl’anima” (Lc 2,35); “Angosciati tuo padree io ti cercavamo” (Lc 2,48); “Stavanopresso la Croce di Gesù sua madre” (Gv19,25). I Padri della Chiesa sono partico-larmente attenti a questa sofferenza;quelli del II secolo anche se non vi accen-nano direttamente, collegano tuttavia laVerginità di Maria con la Passione di Cri-sto. Come a dire che c’è un martirio delcuore e un martirio che va oltre l’immagi-nabile. Dal III secolo in poi si riscontrauna significativa esegesi al brano di Gv.

19,25-27 e dal IV secolo si hanno invecele più antiche testimonianze scritte sullaspada e l’angoscia di Maria.

I Padri colgono l’atteggiamento in-teriore della Madonna presso la Crocee la portata del testamento di Gesù,identificando il dolore di Maria con laspada di Simeone. In questi secoli l’at-tenzione è rivolta soprattutto alla Ver-gine nel mistero dell’incarnazione diCristo, a partire dall’XI-XII secolo si co-mincia a guardare al suo ruolo svolto alCalvario, accanto al Figlio Salvatore eRedentore. Nell’XI secolo sant’Anselmod’Aosta, benedettino, contribuisce adiffondere il culto dell’Addolorata, cul-to della Compassio Virginis; la devozio-ne verso la Vergine è molto vicina all’e-sperienza umana, intrisa di sentimentoe tenerezza. Umanità condivisa anchein seguito dal beato Guerrico abate d’I-grey, sant’Amedeo di Losanna, fino asan Bernardo, la cui devozione verso laMadonna è ricca di afflato poetico:“Una spada ha trapassato veramente latua anima, o santa Madre nostra! Delresto non avrebbe raggiunto la carnedel Figlio se non passando per l’animadella Madre. Certamente dopo che iltuo Gesù, che era di tutti, ma special-mente tuo, era spirato, la lancia crude-le non poté arrivare alla sua anima.Quando, infatti, non rispettando nep-pure la sua morte, gli aprì il costato,

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La Vergine Addoloratasuor Clara Caforio, ef

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ormai non poteva più recare alcun dan-no al Figlio tuo. Ma a te sì. A te trapas-sò l’anima…”

A lui è stato attribuito anche unPlanctu Mariae, espressione letteraria chenasce in ambiente medievale; si tratta diun canto devoto che ispira la liturgia e di-viene motivo di sacre rappresentazioni. InOriente fin dal IV secolo con sant’Efremsi conosce un ‘pianto di Maria’ inseritonell’Ufficio Siriaco dei vespri del sabatosanto. Nel VI secolo Romano il Melodecon un inno a Maria presso la Croce ne

celebra la presenza. Altri testi poeticicantano la devozione ai dolori della Ma-donna, si ricorda in modo particolare loStabat Mater, il celebre pianto compostoda Jacopone da Todi (+ 1306). È una se-quenza di straordinaria bellezza lirica nel-la sua semplicità e struttura; è uno deicanti che il popolo di ogni epoca eseguecon sentimento di pietà e compassioneimmedesimandosi nel dolore e nella ri-cerca del Figlio morto. L’approfondimen-to della Mater dolorosa prosegue grazieanche a san Pier Damiani (+1702); egli

esprime chiaramente che leparole “e a te una spada tra-figgerà l’anima”, si riferisco-no alla com-passione di Ma-ria: “Mentre tuo figlio sentiràla passione nel corpo, te laspada della compassione tra-figgerà lo spirito”.

I teologi hanno molte vol-te discusso per sapere se Ma-ria partecipa alla Redenzionedel Figlio suo. San Paolo nel-la sua dottrina del Corpo Mi-stico afferma che non soloMaria, ma tutti i membripossono essere corredentori.La Vergine lo è nel senso piùpieno perché è Madre, Ma-dre divina e umana; Ella è lasorgente della redenzioneper aver detto Sì all’Incarna-zione e per aver dato suo Fi-glio per la salvezza del mon-do.

Come sottolinea il mona-co benedettino Ruperto diLa Madonna della passione, Cappelle del S. Monte di Varese

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Deutz (+1130) “Maria soffrendo vera-mente sul Calvario le doglie del parto, labeata Vergine ha dato vita alla salvezzadi noi tutti. Ella è realmente la Madre ditutti noi”. Con il tempo accanto ai varitesti poetici e alle riflessioni teologiche, apartire dal XIII secolo si passa dal culto al-le Cinque piaghe del Crocifisso a quellodei Cinque dolori di Maria che diverrannopoi per motivi simbolici i sette dolori. Set-te perché rimanda ad episodi evangelici:dalla profezia della spada (cf Lc 2, 34-35)fino alla deposizione e sepoltura di Gesù(cf Gv 19,40-42). In Olanda nel 1940 na-sce la prima Confraternita intitolata aiSette dolori, in seguito si costituirannoovunque molte altre intitolate alla Ma-donna dei sette dolori, alla Pietà, all’Ad-dolorata.

Il culto alla Mater dolorosa viene ulte-riormente propagato dai Servi di Marianei secoli XVI e XVII; la devozione allaMater dolorosa trova spazio anche nellaliturgia. Circa la festa liturgica dell’Addo-lorata notiamo che essa ha conosciutodue celebrazioni: una nel tempo quaresi-male- pasquale e l’altra nel mese di set-tembre. Il primo documento proviene dalConcilio provinciale di Colonia celebratonel 1423. In esso viene stabilito che lafesta della Commemorazione dell’ango-scia e dei dolori della Beata Vergine Ma-ria, sia celebrata il venerdì dopo la III do-menica di Pasqua. Nel 1482 Sisto IV com-pone e fa inserire nel Messale Romanocon il titolo di Nostra Signora della pietà,una messa riferita all’evento di Maria aipiedi della Croce. Nel 1668 i Servi di Ma-ria avevano intanto ottenuto dalla Santa

Sede di celebrare i Sette dolori della Ver-gine nella domenica successiva all’Esalta-zione della Croce (la terza domenica disettembre). Nel 1727 ancora su loro ri-chiesta s’iscrive nel Calendario Romanola festa dei sette dolori della Beata Vergi-ne Maria, fissandone la data al venerdìdopo la domenica di Passione. Nel 1814Pio VII inserisce la celebrazione dell’Ad-dolorata nel calendario della Chiesa lati-na, mentre un secolo dopo su richiesta diPio X la celebrazione viene fissata al 15settembre, data confermata da Paolo VIda celebrare come memoria all’indomanidell’Esaltazione della Santa Croce (14settembre) e con il titolo di Beata MariaVergine Addolorata. La vicinanza delledue date pone la pietà mariana nella giu-sta luce e la inquadra, come sottolineanoalcuni autori moderni, nella cornice forte-mente cristologica di esaltazione-glorifi-cazione del dolore e del sacrificio di Cri-sto. La Madonna è corredentrice nell’o-pera della salvezza; sulla Croce Gesù vivela drammaticità del dolore e in questo“strazio agonizza anche sua Madre”.

Celebrare il dolore di Maria significacelebrare la sofferenza del Figlio e in lui ildolore di ogni fratello, di ogni epoca.

Bibliografia:

DE FIORES, S. Maria nel Mistero di Cri-sto e della Chiesa, ed. Monfortane,1995.

AA.VV., Maria presso la Croce, Voltomisericordioso di Dio per il nostro tempo,Rovigo, Centro mariano, 1996.

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gni libro liturgico si apre semprecon una Premessa. Pochi, però,si soffermano sul suo contenuto

per un confronto e soprattutto per un’in-telligente azione pastorale. Quel conte-nuto infatti costituisce la chiave di com-prensione indispensabile per raggiungerealmeno tre obiettivi: a) cogliere il proget-to globale di Dio e la partecipazione a es-so attraverso il particolare momento cele-brativo che fa vivere l’evento salvifico; b)avere una chiave di comprensione di ciòche si celebra per vivere sempre meglio ilmistero; c) far sì che il mistero attraversola celebrazione raggiunga la vita. Questomovimento continuo dal mistero alla vitaattraverso la celebrazione, e viceversa,chiama in causa l’operatore pastorale intutto ciò che concerne le metodologie ele strategie per il raggiungimento dell’o-biettivo (evangelizzazione, pastorale, ca-techesi, animazione, spiritualità...).

Da ciò si comprende il motivo per cuinon è pastoralmente corretto usare un li-bro liturgico senza aver fatto oggetto diattento studio le Premesse teologico-pa-storali, oltre a tutto il resto dei contenuti.L’edizione italiana – che ha visto la luceesattamente 20 anni fa in occasione del-l’anno mariano (1987-1988) – accantoalla Premessa generale è arricchita ancheda alcune parole dei Vescovi italiani (=

CEI). Quanto segue è una presentazionedei contenuti essenziali di tutta la parteintroduttiva per una valorizzazione atten-ta di questa Appendice al Messale Roma-no. La conoscenza del “progetto” facilitala messa in opera delle strategie per rag-giungere l’obiettivo: la partecipazionepiena ai santi misteri.

La Presentazione della CEI

Nel promulgare la Raccolta la CEI pre-senta alla Chiesa italiana una serie di ri-flessioni e di orientamenti organizzati indieci paragrafi, con lo scopo di precisareil valore e la funzione di questo “stru-mento”, invitando a far sì che il contenu-to in oggetto sia motivo di riflessione a li-vello comunitario e personale. Tre sonogli ambiti che aprono al confronto:

– Un patrimonio da valorizzare. LaRaccolta costituisce un’occasione pre-ziosa per valorizzare un patrimonio d’i-nestimabile valore, frutto di sintesi traliturgia e pietà popolare; un patrimonioche nel suo insieme costituisce comeuna mirabile sinfonia “di speranza e diamore”. È questa l’espressione di unaTradizione viva che testimonia il modocon cui i fedeli hanno manifestato lun-go il tempo e nelle forme più diverse (sipensi alla teologia, alla poesia, alla mu-

Le «Messe della B.V. Maria»Conoscere per educare alla celebrazione e alla vita

don Manlio Sodi, sdb

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sica, all’arte, alla mistica...) il proprioamore alla Vergine Maria.

Se in passato la dimensione propria del-la pietà popolare è stata di stimolo per te-sti, titoli e composizioni varie, oggi l’espe-rienza ecclesiale viene a trovarsi su un cri-nale da cui questa sintesi, accumulata neltempo, rifluisce sull’intera vita ecclesialeper illuminarne la perenne e attuale tradi-zione vivente in modo da renderla semprepiù conforme allo spirito liturgico.

– Un contenuto di fede da approfon-dire perché sia vissuto. Conoscere la Rac-colta costituisce un’occasione privilegiataper “approfondire i motivi e le forme del-la pietà mariana” attraverso la valorizza-zione delle due costanti della vita dellaChiesa: l’annuncio e l’esperienza sacra-mentale del mistero, o – come affermanoi Vescovi italiani – attraverso il “quotidia-no ascolto della parola di Dio” e la “ge-nuina celebrazione dei santi misteri”.

Il rischio di uno scollamento tra liturgiae pietà popolare, che di tanto in tanto siaffaccia nella prassi pastorale, trova occa-sione di superamento solo quando il miste-ro della Vergine è annunciato, celebrato,imitato... sempre nel contesto della cele-brazione del mistero del Figlio. Nel pianodella salvezza, infatti, Maria appare semprestrettamente unita a Cristo suo Figlio. Taleatteggiamento e ruolo è evidenziato e ri-proposto continuamente dalla liturgia. Èevidente, pertanto, il richiamo esplicito afar riferimento all’anno liturgico: a quellastruttura cioè che offre un itinerario di fedee di vita perché il fedele possa conformarsisempre più al Cristo “con Maria”.

– Un rinnovato impegno per l’operato-re pastorale. La precisazione ricorda chetale uso deve essere attuato secondo par-ticolari modalità e indicazioni, in modo darealizzare una delicata opera di persuasio-ne per educare nei modi più diversi la sen-sibilità del clero e dei fedeli. Tra le righe silegge chiaramente che il cammino da fareè notevole, e che l’opera educativa del po-polo di Dio va portata avanti con un lavo-ro di persuasione che affonda le sue radiciin una duplice tappa formativa: quella delclero e quella dei fedeli.

Imprescindibile punto di partenza e diverifica sarà l’impegno “a meditare nellesedi opportune, a valorizzare nella prassipastorale gli insegnamenti teologici, litur-gici, spirituali, catechistici, contenuti nel-l’Introduzione generale e nelle Premesseai singoli formulari” (n. 10).

L’Introduzione generale alla Raccolta

L’introduzione generale è distribuita in43 paragrafi, secondo uno schema comu-ne a tutti i libri liturgici rinnovati: a) la par-te biblico-teologica aiuta a collocare Ma-ria nel contesto dell’intero mistero salvifi-co del Cristo I: (nn. 4-18); b) il contenutospecifico della Raccolta, i suoi destinatari,la struttura e l’uso da farne sono delineatinella II (nn. 19-22), III (nn. 23-26) e IVparte (nn. 27-37); c) il ruolo decisivo dellaparola di Dio è sottolineato sia nella Vparte (nn. 38-41), sia in modo ancora piùampio ed esplicito nella Premessa al Le-zionario; d) l’ultima parte richiama il com-pito dell’adattamento (VI: nn. 42-43).

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Riecheggiando l’esortazione conciliarea promuovere “il culto, specialmente li-turgico, verso la beata Vergine” (Lumengentium 67), la Raccolta si pone in que-sta linea di risposta concreta al dettatoconciliare. “Nell’ambito della liturgia ro-mana la venerazione verso la beata Ver-gine Maria si presenta ricca di contenutie organicamente inserita nello svolgi-mento dell’anno liturgico” (n. 2). È l’o-biettivo che troviamo realizzato nei libriscaturiti dalla riforma liturgica conciliare,a cominciare dal Messale Romano e dallaLiturgia delle Ore fino ad altri libri liturgici“alcuni dei quali contengono appositecelebrazioni per venerare la memoria del-l’umile e gloriosa Madre di Cristo”. Talericchezza di contenuti, strutturata secon-do la linea pedagogica dell’anno liturgi-co, costituisce il materiale della Raccolta.

– La beata Vergine Maria nella cele-brazione del mistero di Cristo. Qui si offreil fondamento biblico-teologico dell’insie-me del discorso celebrativo realizzato at-traverso la Raccolta. Sono i paragrafi chepermettono di conoscere il progetto glo-bale di questo strumento.

La Vergine Maria ha partecipato inti-mamente alla storia della salvezza con lasua presenza attiva, varia e mirabile “aimisteri della vita di Cristo” (n. 5). È soloda questa realtà che traggono valore e si-gnificato le messe della Raccolta, inquanto la Chiesa in ogni tempo e luogoonorando la Madre, celebra i fatti salvificidel mistero del Figlio, cui “la beata Vergi-ne fu associata, in vista del mistero diCristo” (n. 6).

Da questo nucleo che ripropone in ra-pida sintesi il progetto che la Chiesa haricevuto dal suo Maestro e che porta apienezza nel tempo, scaturiscono quattrolinee di riflessione che costituiscono co-me un’ulteriore chiave ermeneutica perentrare nel vivo della Raccolta: a) nellemesse di santa Maria si celebrano gli in-terventi di Dio per la salvezza degli uomi-ni (cf nn. 7-10); b) è ricordata la presenzadi Cristo nelle celebrazioni liturgiche (cfn. 11); c) è sottolineata la comunionecon la Vergine nelle celebrazioni liturgi-che (cf nn. 12-13); d) è riconfermata l’e-semplarità della beata Vergine nella litur-gia (cf nn. 15-18).

Concludendo su questa prima partedell’Introduzione non resta che prendereatto del metodo pedagogico con cui laChiesa, anche attraverso questo nuovostrumento per celebrare Maria, prendeper mano i suoi figli allo scopo di condur-li al Figlio attraverso la Madre. Questodunque il progetto globale le cui strate-gie vanno attuate secondo la strategiaper eccellenza qual è quella tipica del-l’anno liturgico, attraverso cui la Chiesa“completa la formazione dei fedeli” (Sa-crosanctum concilium 105).

– Natura della Raccolta. Sotto questotitolo i paragrafi 19-22 dell’Introduzioneoffrono alcune puntualizzazioni allo sco-po di facilitare la conoscenza e l’uso dellaRaccolta: favorire nell’ambito del culto al-la Vergine l’attuazione di celebrazioni cherisultino caratterizzate da ricchezza didottrina; che siano all’insegna di una va-rietà che nel suo insieme ponga maggior-

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mente in evidenza l’ampiezza del mistero;che commemorino correttamente ciò cheil Padre ha operato nella Vergine Maria;che siano di aiuto per una comprensionee un inserimento sempre più vivo nel mi-stero di Cristo e della Chiesa (cf n. 19).

La precisazione, inoltre, dell’obiettivodella Raccolta costituisce l’occasione perricordare la provenienza dei vari formulari(cf n. 20), per accennare ai destinatari (isantuari mariani e – a determinate condi-zioni – le comunità ecclesiali) e alle mo-dalità per l’uso della Raccolta. Sono i duepunti che richiederanno un’adeguataesplicitazione, in modo che non vengaoscurato il principio generale della cele-brazione del mistero di Cristo nell’annoliturgico quale si attua attraverso il Mes-sale Romano, il Lezionario feriale e festi-vo e la Liturgia delle Ore (cf nn. 21-22).

– Struttura della Raccolta. I vari riferi-menti all’anno liturgico hanno già lascia-to intravedere la struttura interna dellaRaccolta. L’organizzazione interna deiformulari segue l’ordinamento logico del-l’anno liturgico, in modo che “i momentie i modi della cooperazione della beataVergine Maria all’opera della salvezza sia-no celebrati nel tempo liturgico più adat-to, e sia messa in luce l’intima associazio-ne della Madre del Signore alla missionedella Chiesa” (n. 24). Secondo questa lo-gica, l’insieme dei 46 formulari risultanocosì distribuiti:

a) Tempi forti – Nel tempo di Avvento,celebrando le due venute del Cristo nellastoria, la Chiesa contempla Maria come

“figlia eletta della stirpe d’Israele” (1), efa memoria del mistero dell’ “annuncia-zione del Signore” (2) e della “visitazio-ne” a Elisabetta (3).

I misteri dell’infanzia di Cristo e dellesue prime manifestazioni, celebrati neltempo di Natale, sono per la Chiesa unostimolo per esaltare Maria come “madre diDio” (4) e “madre del Salvatore” (5); percontemplarla “nell’epifania del Signore”(6) e “nella presentazione del Signore” (7);per ammirarla nel mistero della vita nasco-sta a “Nazaret” (8) e a “Cana” (9).

Nell’itinerario quaresimale – fino alsuo compimento nel Triduo pasquale – laVergine si pone davanti al fedele comeesempio di ascolto della parola di Dio peruna conformazione sempre più piena almistero della croce. Maria pertanto appa-re come la perfetta “discepola del Signo-re” (10) che segue il Figlio fin “presso lacroce” (11-12) da dove opera un “affida-mento” della Madre al discepolo e vice-versa, che si prolungherà fino alla parusia(13); nel frattempo la Vergine è invocatacome “madre di riconciliazione” (14).

Nell’arco dei 50 giorni della Pasqua, laChiesa contempla “Maria nella risurrezio-ne del Signore” (15), e la invoca come“fonte di luce e di vita” (16); la presenzanel “Cenacolo” esprime la sua attesa peril dono dello Spirito e la sua presenzamaterna nella Chiesa nascente (17), eper questo è invocata come “regina degliApostoli” (18).

b) Tempo Ordinario – Diversa è l’arti-colazione e la distribuzione dei formularinel tempo ordinario. Questo è il lungo

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periodo liturgico in cui la Chiesa, attra-verso l’annuncio continuo dei Vangeli si-nottici, ripercorre l’intero itinerario di fe-de proposto dal Vangelo. È anche il pe-riodo in cui la sottolineatura dei modelli èparticolarmente accentuata: modelli sonoi santi e i beati che hanno raggiunto laloro piena conformazione al Cristo; mo-dello per eccellenza è la Vergine Maria ilcui mistero viene particolarmente sottoli-neato da solennità, feste e memorie, ol-tre che in ogni celebrazione.

I formulari della Raccolta risultanosuddivisi in tre sezioni per poter metteremaggiormente in evidenza il ruolo dellaVergine nell’itinerario di fede del pellegri-nante popolo di Dio. La prima sezione in-fatti raccoglie formulari che celebranoMaria con titoli ricavati in particolare dal-la Scrittura e tendenti a sottolineare so-prattutto il rapporto vivo che intercorretra Maria e la Chiesa. In questo sensoMaria è riconosciuta e invocata come“madre del Signore” (19), “donna nuo-va” (20), “serva del Signore” (22), “tem-pio del Signore” (23), “sede della Sapien-za” (24), “immagine e madre della Chie-sa” (25-27), “regina dell’universo” (29).Completano questa sezione due formula-ri: uno sul “santo Nome di Maria” (21) el’altro sul “Cuore immacolato della beataVergine” (28). La seconda sezione racco-glie nove formulari che celebrano la me-moria della Vergine con titoli che pongo-no in evidenza la sua cooperazione in or-dine alla promozione della vita spiritualedei fedeli. Maria pertanto è venerata co-me “madre e mediatrice di grazia” (30),“fonte della salvezza” (31), “madre e

maestra spirituale” (32), “madre delbuon consiglio” (33), “causa della nostragioia” (34), “sostegno e difesa della no-stra fede” (35), “madre del bell’amore”(36), “madre della santa speranza” (37),e “madre dell’unità” (38). La terza sezio-ne, infine, propone otto formulari per ce-lebrare Maria secondo titoli che manife-stano la sua misericordiosa intercessionein favore dei fedeli. In questa prospettivala Vergine è invocata come “regina e ma-dre della misericordia” (39), “madre delladivina provvidenza” (40), “madre dellaconsolazione” (41), “aiuto dei cristiani”(42), “Vergine della mercede” (43), “sa-lute degli infermi” (44), “regina della pa-ce” (45), “porta del cielo” (46).

Lo sguardo sintetico sulla Raccolta of-fre già una conferma evidente del rispet-to e dell’attuazione dell’idea iniziale: lavera e piena celebrazione della Madre delSalvatore si attua quando Maria è vene-rata in stretta unione con i misteri del Fi-glio. Se tutto ciò risulta abbastanza chia-ro nei tempi forti, dipenderà da un’atten-ta azione pastorale valorizzare i “titoli”del tempo ordinario in modo che anchela seconda parte della Raccolta costitui-sca uno strumento di crescita nella cono-scenza della figura e dell’opera della Ver-gine e quindi un punto di riferimento si-curo nel culto; e questo sia a livello di ce-lebrazione eucaristica, sia a livello di altree diversificate celebrazioni in cui il mate-riale biblico ed eucologico della Raccoltapuò trovare una discreta applicazione.

– Uso della Raccolta. Questo libro li-turgico richiede un uso accorto e rispet-

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toso del Calendario liturgico. Per questole indicazioni segnalate nell’Introduzionevanno tenute particolarmente presenti inmodo da rispondere ad un criterio edu-cativo qual è quello offerto dall’anno li-turgico e dalle sue leggi.

L’Introduzione al Lezionario

Come ogni libro liturgico, anche il Le-zionario si apre con una breve Premessain cui si richiamano alcuni principi e orien-tamenti, in modo che la Raccolta raggiun-ga l’obiettivo per cui è stata elaborata. I10 paragrafi richiamano l’attenzione deglioperatori pastorali su due punti essenziali:sul significato e valore della parola di Dionei formulari della Raccolta, e sulla esem-plarità della Vergine vista come modellodi ascolto della Parola.

Il contesto cui si fa riferimento è l’In-troduzione generale al Lezionario, dove“l’importanza della parola di Dio nella ce-lebrazione dell’Eucaristia” (n. 1) è ampia-mente sottolineata. Le riflessioni vannolette come un’ulteriore esplicitazione, inprospettiva mariana, di quanto la Chiesapropone attraverso l’annuncio costante,prolungato e ripetuto della parola di Dionel culto. L’attuale Lezionario della Rac-colta ponendosi in stretta continuità conil Lezionario della messa, costituisce unulteriore ampliamento del modo con cuila Chiesa ha letto e continua a leggere, inprospettiva mariana, numerosi brani dellaScrittura; e questo o secondo “l’evidenzadel loro contesto o per le indicazioni diun’attenta esegesi, confortata dagli inse-

gnamenti del Magistero o da una solidaTradizione” (Marialis cultus, 12).

– La parola di Dio nei formulari dellaRaccolta. Le indicazioni riprendono pres-soché alla lettera i paragrafi 38-41 del-l’Introduzione all’Orazionale. Esse preci-sano, anzitutto, che anche la Raccoltacontiene una scelta di pericopi bibliche inquanto la parola di Dio costituisce, insie-me all’eucologia, ciò che esprime e defi-nisce “l’oggetto peculiare di una memo-ria liturgica” (n. 2). Ci troviamo qui difronte ad un principio basilare che sia alivello di formazione che di animazionerichiama l’operatore pastorale a porre at-tenzione a tutti i testi di un formulario, inmodo che il discorso celebrativo – e quin-di “formativo” – risulti completo.

Il Lezionario, in secondo luogo, offreuna scelta ampia, caratterizzata da tre ti-pi di letture: quelle che “riguardano di-rettamente la vita e la missione” dellaVergine o “contengono profezie che a leisi riferiscono” (n. 3a); letture che “findall’antichità vengono applicate a santaMaria” (n. 3b); o “letture del Nuovo Te-stamento, che non riguardano diretta-mente la beata Vergine, ma sono propo-ste per la celebrazione della sua memoriaper porre in luce che in santa Maria, pri-ma e perfetta discepola di Cristo, rifulse-ro in modo straordinario le virtù... chesono esaltate nel Vangelo” (n. 3c).

Nei nn. 4-5 seguono, infine, alcune in-dicazioni operative circa lo “schema diletture” proprio di ogni formulario, e l’im-portanza della “lettura continua” propriadel Lezionario feriale specialmente nei

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tempi forti; più elastica, invece, è la possi-bilità di scelta nel tempo ordinario.

– La Vergine, modello della Chiesa inascolto della Parola. È questa la parte piùdirettamente formativa, in quanto il con-tenuto dei paragrafi 6-10 tende a sottoli-neare quell’esemplarità della “Vergine inascolto” (Marialis cultus 17) e “in attua-zione” della Parola, cui la Chiesa di ognitempo e luogo è chiamata a conformarsinel proprio cammino di fede. La Chiesa in-fatti “pone davanti a tutti, come modellodel discepolo che ascolta fedelmente laparola di Dio, la Vergine di Nazaret, cheper prima nel Nuovo Testamento meritò diessere chiamata beata per la sua fede” (n.7). Ciò avviene particolarmente nel culto,dove la Chiesa “con fede ascolta, acco-glie, proclama, venera la parola di Dio, ladispensa ai fedeli come pane di vita e allasua luce scruta i segni dei tempi, interpre-ta e vive gli eventi della storia” (n. 9).

Nel contesto dell’affermazione prece-dente s’inserisce il contenuto dell’ultimoparagrafo dove si afferma che “eccellen-te atto di ossequio alla beata Vergine èproclamare correttamente la parola diDio nelle celebrazioni liturgiche e vene-rarla con amore; ascoltarla con fede e cu-stodirla nel cuore; meditarla nell’animo ediffonderla con le labbra; metterla fedel-mente in pratica e a essa conformare tut-ta la vita” (n. 10). Ci troviamo qui difronte ad un programma di pastorale espiritualità liturgica che sia nei santuaricome nelle comunità ecclesiali deve tro-vare il luogo e l’ambiente umano piùadatto per essere attuato.

– Le letture: loro distribuzione e te-matiche. Le pericopi sono distribuitenell’ambito dei singoli formulari, in mo-do che ogni messa risulti in sé completasia con la presenza di due o più letture,sia con rimandi all’ampia Appendiceper l’eventuale sostituzione o aggiuntadi altre letture. In base a questo ampioquadro di riferimento – che costituisce,tra l’altro, anche il criterio ermeneuticodel modo con cui la Chiesa (e partico-larmente la liturgia) legge e interpretale sacre Scritture, sempre a partire dalCristo, primo esegeta del progetto sal-vifico del Padre –, il Lezionario offre unrepertorio di 44 pericopi dell’AT e 56del NT; a queste si devono aggiungere38 pericopi di salmi e 12 di cantici (siadell’AT che del NT) con la funzione di“salmi responsoriali”.

Questa presenza così abbondante diparola di Dio nella Raccolta permette diaccostare ancora più in profondità la fi-gura della Vergine e di vederne il ruoloin quella storia di salvezza che, iniziatada: “In principio Dio creò il cielo e laterra...” (Gn 1,1), si prolunga nei conti-nui oggi della vita delle singole personee comunità. In tale prospettiva è possi-bile ripercorrere in rapida sintesi i gran-di temi del Lezionario. La sua organiz-zazione secondo i ritmi dell’anno litur-gico non fa che rinviare all’articolazionedella storia della salvezza di cui esso ap-pare come uno specchio: a) prefigura-zione e annuncio della salvezza ai padri;b) manifestazione piena della salvezzain Cristo; c) prolungamento della sal-vezza nel tempo della Chiesa.

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Conclusione

L’insieme dei contenuti della parte in-troduttiva della Raccolta permette di deli-neare una prima conclusione che, a livel-lo pedagogico e formativo, si rivela oltre-modo illuminante nella prassi pastorale. Ivalori emersi richiamano l’attenzione sullibro liturgico considerato nella sua glo-balità, e fanno sorgere la domanda: il li-bro in quanto tale è solo uno strumentofinalizzato esclusivamente alla celebrazio-ne oppure i suoi contenuti, espressi condiversi linguaggi, possono (devono!) ri-versarsi sulla vita?

Le riflessioni e le indicazioni emersesopra, se da una parte costituiscono ilparadigma di riferimento per una rettacelebrazione del mistero della Vergine,dall’altra offrono una serie di accentua-zioni che partendo dalla celebrazione rin-viano continuamente alla vita. Ciò che èin gioco infatti non è tanto la celebrazio-ne immediata di un aspetto del misterodella Vergine, quanto soprattutto il con-seguimento di un obiettivo specifico:quello cioè di educare a vivere il misterodel Cristo con Maria e come Maria. Aquesto tendono molte accentuazioniesplicite e implicite dell’Introduzione al-l’Orazionale e al Lezionario. Al raggiungi-mento di questo obiettivo tendono i con-tenuti dei singoli formulari attraverso: a)un’accurata selezione delle letture bibli-che; b) il confronto con i ricchi contenutidei diversi testi eucologici; c) una discretapresentazione del singolo formulario col-locata direttamente nel testo dell’Orazio-nale. Tale sintesi, mentre cerca di unire i

temi dell’eucologia e delle letture bibli-che, offre un paradigma dell’insieme deicontenuti per una celebrazione più viva epartecipata.

Una seconda conclusione richiamal’attenzione dell’operatore pastorale sulvalore dell’eucologia. Il lavoro più impe-gnativo richiesto ai redattori della Raccol-ta è stato assorbito dalla selezione e dalrimaneggiamento dei testi eucologici.Perché? Ogni celebrazione si modula fon-damentalmente su due elementi tra lorostrettamente connessi: l’annuncio dellaParola e la risposta dell’assemblea, di cuil’eucologia costituisce una delle espressio-ni più tipiche. Testimonianza di una fedepregata e celebrata, l’eucologia è il risul-tato del contatto vivo e vivificante con ilmistero del Cristo; è quindi una mirabilesintesi sia della speculazione contemplati-va che della vita della Chiesa stessa e delcammino di fede tipico dell’animo uma-no. L’eucologia diventa così la rispostadell’assemblea riunita al Dio che la inter-pella e la provoca alla fedeltà all’alleanzanel momento in cui si celebra il memoria-le di un avvenimento specifico di tale al-leanza. Si tratta di una risposta che variasecondo i tempi liturgici, in quanto ogniperiodo rivive con modalità proprie unaspetto particolare della salvezza.

Conoscere per educare alla celebrazio-ne e alla vita. L’iniziale sottotitolo diventapertanto un programma di confronto e diazione. Più ci si confronta con i contenutidel libro liturgico – a cominciare dalla suaparte introduttiva – più la celebrazionesarà compresa e realizzata con una parte-cipazione piena ai santi misteri.

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l capitolo V dell’OrdinamentoGenerale del Messale Romano sisofferma sulla “disposizione e

l’arredamento delle chiese per la Cele-brazione Eucaristica”. Tra i Principi gene-rali viene innanzitutto sottolineato che lechiese e gli altri luoghi che vengono uti-lizzati per la celebrazione dell’Eucaristia,nel caso queste manchino o siano insuf-ficienti, devono essere adatti alla cele-brazione delle azioni sacre e all’attivapartecipazione dei fedeli. Inoltre i luoghisacri e le cose che servono al culto devo-no essere davvero degni, belli, segni esimboli delle realtà celesti. Per questomotivo la Chiesa è impegnata a conser-vare le opere d’arte e i tesori del passatocercando nel contempo di promuoverenuove forme artistiche corrispondenti al-le caratteristiche di ogni epoca. “Nellaformazione degli artisti come pure nellascelta delle opere da ammettere nellachiesa, si ricerchino gli autentici valoridell’ arte, che alimentino la fede e la de-vozione e corrispondano alla verità delloro significato e al fine cui sono destina-te”. Si raccomanda che tutte le chiesesiano dedicate o almeno benedette,mentre le chiese cattedrali e parrocchialisiano dedicate con rito solenne.

Quanti sono coinvolti a vario titolonella costruzione, nella ristrutturazione e

nell’adeguamento delle chiese, consulti-no la Commissione diocesana di Liturgiae Arte sacra. Il Vescovo diocesano, poi, siserva del consiglio e dell’aiuto di questaCommissione per dare norme in questamateria o approvare progetti di nuovechiese. Riguardo all’arredamento dellachiesa, si raccomanda di ispirarsi “a unanobile semplicità, piuttosto che al fa-sto”. Nell’arredamento e disposizionedei vari elementi, non si curino solo lecose direttamente collegate alla celebra-zione delle azioni sacre, ma si abbia at-tenzione anche a ciò che contribuisce al-la comodità dei fedeli.

“Il popolo di Dio, che si raduna perla Messa, ha una struttura organica egerarchica, che si esprime nei vari com-piti e nel diverso comportamento se-condo le singole parti della celebrazio-ne. Pertanto è necessario che la dispo-sizione generale del luogo sacro sia ta-le da presentare in certo modo l’imma-gine dell’assemblea riunita, consentirel’ordinata e organica partecipazione ditutti e favorire il regolare svolgimentodei compiti di ciascuno”. I fedeli e laschola avranno un posto che renda piùfacile la loro partecipazione attiva. Peril sacerdote celebrante, il diacono e glialtri ministri sarà preparato un postonel presbiterio. Lì si prepareranno an-

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Ordinamento generale del Messale romano – 7

Stefano Lodigiani

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che le sedi dei concelebranti; se però illoro numero è grande, queste si dispor-ranno in altra parte della chiesa, masempre vicino all’altare. La natura e labellezza del luogo e di tutta la suppel-lettile devono poi favorire la pietà emanifestare la santità dei misteri chevengono celebrati.

Il secondo paragrafo di questo capi-tolo è dedicato all’ordinamento del pre-sbiterio per la celebrazione dell’Eucari-stia. “Il presbiterio è il luogo dove si tro-va l’altare, viene proclamata la parola diDio, e il sacerdote, il diacono e gli altriministri esercitano il loro ufficio. Si deveopportunamente distinguere dalla nava-ta della chiesa per mezzo di una eleva-zione o mediante strutture e ornamentiparticolari. Sia inoltre di tale ampiezzada consentire un comodo svolgimentodella celebrazione dell’Eucaristia e dafavorire la sua visione”.

La celebrazione dell’Eucaristia nelluogo sacro si deve compiere sopra unaltare. In ogni chiesa ci sia l’altare fissoche non può essere rimosso, il quale si-gnifica più chiaramente e permanente-mente Gesù Cristo, pietra viva. Negli al-tri luoghi destinati alle celebrazioni sa-cre, l’altare può essere mobile. “L’altaresia costruito staccato dalla parete, perpotervi facilmente girare intorno e cele-brare rivolti verso il popolo: la qual cosaè conveniente realizzare ovunque siapossibile. L’altare sia poi collocato inmodo da costituire realmente il centroverso il quale spontaneamente conver-ga l’attenzione dei fedeli”. L’altare, siafisso che mobile, deve essere dedicato

secondo il rito descritto nel PontificaleRomano, tuttavia l’altare mobile puòessere solamente benedetto.

Si incoraggia poi a proseguire l’uso dideporre sotto l’altare da dedicare le reli-quie dei Santi, anche non martiri, aven-do cura di verificare l’autenticità di talireliquie. “Nelle nuove chiese si costrui-sca un solo altare che significhi alla co-munità dei fedeli l’unico Cristo e l’unicaEucaristia della Chiesa. Nelle chiese giàcostruite, quando il vecchio altare è col-locato in modo da rendere difficile lapartecipazione del popolo e non può es-sere rimosso senza danneggiare il valoreartistico, si costruisca un altro altare fis-so, realizzato con arte e debitamentededicato. Soltanto sopra questo altare sicompiano le sacre celebrazioni. Il vec-chio altare non venga ornato con parti-colare cura per non sottrarre l’attenzio-ne dei fedeli dal nuovo altare.”

Sopra l’altare sul quale si celebra,venga distesa almeno una tovaglia dicolore bianco e si raccomanda di ornar-lo con moderazione. “Nel tempo d’Av-vento l’altare sia ornato di fiori conquella misura che conviene alla naturadi questo tempo, evitando di anticiparela gioia piena della Natività del Signore.Nel tempo di Quaresima è proibito orna-re l’altare con fiori. Fanno eccezione tut-tavia la domenica Laetare (IV di Quaresi-ma), le solennità e le feste. L’ornamentodei fiori sia sempre misurato e, piuttostoche sopra la mensa dell’altare, si dispon-ga attorno ad esso”.

Sulla mensa dell’altare si disponganosolo le cose richieste per la celebrazione

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della Messa: l’Evangeliario dall’inizio dellacelebrazione fino alla proclamazione delVangelo; il calice con la patena, la pissi-de, se è necessaria, il corporale, il purifi-catoio, la palla e il Messale siano dispostisulla mensa solo dal momento della pre-sentazione dei doni fino alla purificazionedei vasi. Si collochi in modo discreto ciòche può essere necessario per amplificarela voce del sacerdote. I candelabri posso-no essere collocati sopra l’altare oppureaccanto a esso, in modo da formare untutto armonico, comunque non devono

impedire ai fedeli di vedere comodamen-te ciò che si compie sull’altare. Sopra l’al-tare, o accanto a esso, deve essere poicollocata una croce, con l’immagine diCristo crocifisso, ben visibile allo sguardodel popolo radunato.

Nella chiesa deve essere predispostoanche un luogo adatto alla proclamazionedella parola di Dio: tale luogo generalmen-te deve essere un ambone fisso e non unsemplice leggio mobile, disposto in modotale che i ministri ordinati e i lettori possa-no essere comodamente visti e ascoltati

dai fedeli. “Dall’ambo-ne si proclamano unica-mente le letture, il sal-mo responsoriale e ilpreconio pasquale; iviinoltre si possono profe-rire l’omelia e le inten-zioni della preghierauniversale o preghieradei fedeli”.

La sede del sacer-dote celebrante “devemostrare i l compitoche egli ha di presie-dere l’assemblea e diguidare la preghiera.Perciò la collocazionepiù adatta è quella ri-volta al popolo, al fon-do del presbiterio, ameno che non vi si op-pongano la strutturadell’edificio e altri ele-menti, evitando ogniforma di trono. La se-de del diacono sia po-

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La Crocifissione, affresco, S. Maria Antiqua, Roma, sec. VIII

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sta vicino alla sede del celebrante, men-tre per gli altri ministri le sedi siano di-sposte in modo che si distinguano dallesedi del clero e che sia permesso loro diesercitare con facilità il proprio ufficio.

L’ultima parte di questo capitolo èdedicata alla disposizione dei posti inchiesa. Per quanto riguarda i fedeli, lacollocazione dei posti loro riservati deveconsentirgl i d i partecipare, con losguardo e con lo spirito, alle sacre cele-brazioni. “Le sedie o i banchi, special-mente nelle nuove chiese, vengano di-sposti in modo che i fedeli possano as-sumere comodamente i diversi atteg-giamenti del corpo richiesti dalle diverseparti della celebrazione, e recarsi senzadifficoltà a ricevere la santa Comunio-ne”. Si abbia cura inoltre che i fedelipossano ascoltare comodamente sia ilsacerdote, sia il diacono che i lettorigrazie ai mezzi tecnici moderni.

La schola cantorum deve essere col-locata in modo da mettere chiaramentein risalto la sua natura, in quanto essa èparte della comunità dei fedeli e svolgeun suo particolare ufficio. L’organo e glialtri strumenti musicali siano collocati inluogo adatto che permetta di poter es-sere di appoggio sia alla schola sia alpopolo che canta. In tempo d’Avventol’organo e altri strumenti musicali sianousati con quella moderazione che con-viene alla natura di questo tempo, evi-

tando di anticipare la gioia piena dellaNatività del Signore. In tempo di Quare-sima è permesso il suono dell’organo edi altri strumenti musicali soltanto persostenere il canto. Fanno eccezione tut-tavia la domenica Laetare (IV di Quaresi-ma), le solennità e le feste.

Il Santissimo Sacramento sia conser-vato nel tabernacolo collocato in unaparte della chiesa “assai dignitosa, insi-gne, ben visibile, ornata decorosamentee adatta alla preghiera. Il tabernacolosia unico, inamovibile, solido e inviolabi-le, non trasparente e chiuso in modo daevitare il più possibile il pericolo di pro-fanazione”. È conveniente che il taber-nacolo in cui si conserva la SantissimaEucaristia non sia collocato sull’altare sucui si celebra la Messa.

Infine il capitolo si chiude con alcuneindicazioni riguardanti le immagini sa-cre. Secondo un’antichissima tradizione,negli edifici sacri si espongano alla ve-nerazione dei fedeli le immagini del Si-gnore, della beata Vergine Maria e deisanti, disposte in modo che conducano ifedeli verso i misteri della fede che vi sicelebrano. Si presti attenzione però cheil loro numero non sia eccessivo e la lorodisposizione non distolga l’attenzionedei fedeli dalla celebrazione. Di un me-desimo santo poi non si abbia abitual-mente che una sola immagine.

(continua)

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Prima lettura: Ml 3,1-4 (oppure: Eb 2,14-18)

Salmo responsoriale: dal Sal 23Vangelo: Lc 2,22-40

La festa della Presentazione del Signoreidealmente si colloca alla fine del ciclo natali-zio e prelude a quello pasquale. Infatti nellapresentazione al tempio Cristo è offerto e sioffre come vittima sacrificale al Padre, offertache si consumerà sulla croce. Come ricorda laprima lettura alternativa (Eb 2,14-18), Cristo

è veramente sacerdote nell’offrire se stessoper i peccati del popolo. In questo misteroMaria ha un ruolo importante: la Madre offreil Figlio e insieme è offerta al Padre dal Fi-glio, secondo l’economia nuova della croce re-dentrice. Secondo la legge di Mosè ogni pri-mogenito ebreo è chiamato “santo”, cioè pro-prietà del Signore e a lui consacrato quale ge-loso possesso. Eventualmente può essere ri-scattato con un’offerta sacrificale (cf. Es13,2.12.15; Lv 12,2-6.8; 5,11). Gesù è offertoa Dio, come primogenito, e riscattato con l’of-ferta dei poveri. La lettura evangelica, oltre asottolineare l’osservanza della legge da partedi Giuseppe e Maria, indica la città santa diGerusalemme come punto di partenza dellasalvezza portata da Gesù. I due vecchi, Si-meone e Anna, che incontrano Gesù, rappre-sentano il popolo di Dio in attesa della salvez-za promessa. Come si dice all’inizio della be-nedizione delle candele, Gesù “veniva incon-tro al suo popolo, che l’attendeva nella fede”.Perciò in Oriente, ma anche in Occidente, lafesta è stata chiamata Hypapanté (= incontro).

Nel salmo responsoriale, in un crescendodi grande potenza sonora, le porte del tempiosono invitate a spalancarsi, sollevando i lorofrontoni e i loro archi per accogliere il Redella Gloria che entra nel suo tempio. Il tem-pio è anche evocato nel brano del profetaMalachia, proposto come prima lettura: ilprofeta annuncia l’arrivo di un messaggero diDio che entra nel tempio e attraverso un giu-

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La parola di Dio celebratap. Matias Augé, cmf

PRESENTAZIONE DEL SIGNORE2 febbraio 2007Vieni, Signore, nel tuo tempio santo

Presentazione di Gesù al Tempio,sec XVI, Bzommar (libano), Convento Armeno

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dizio purificatorio, prepara un sacerdozio pu-ro destinato a offrire a Dio l’oblazione pura esanta di Giuda e di Gerusalemme. La liturgiaodierna vede in questo messaggero di Dioche entra nel tempio per purificarlo, la pre-sentazione di Gesù al tempio di Gerusalem-me e la purificazione di sua madre Maria inossequio alla legge mosaica.

Ma Maria va al tempio soprattutto per as-sociarsi all’offerta del Figlio. Maria e Giu-seppe, presentando il Bambino, riconosconoche Gesù è “proprietà” di Dio ed entra nelpiano dell’attuazione del disegno divino per-ché “è salvezza e luce per tutti i popoli”. Nelmistero della Presentazione Gesù cominciala sua missione nei riguardi del tempio edell’intero popolo. Al pari dei profeti, Gesùprofessa per il tempio un profondo rispetto;vi si reca per le solennità come ad un luogod’incontro con il Padre suo; ne approva lepratiche cultuali, pur condannandone lo ste-rile formalismo; con un gesto profetico, scac-

cia i mercanti dal tempio e afferma che essoè casa di preghiera. E tuttavia annuncia larovina dello splendido edificio, di cui non ri-marrà pietra su pietra. Gesù stabilisce unculto verso il Padre “in spirito e verità” (Gv4,23), un culto non più legato al tempio o aqualsiasi altra località geografica o sacra. Sitratta del culto che Cristo compie nell’offertadella sua vita, adempimento efficace e defi-nitivo di tutti i molteplici sacrifici e riti anti-cotestamentari.

Tra le orazioni della messa che meglioesprimono il messaggio delle letture biblicheche abbiamo illustrato, c’è l’orazione sulleofferte quando, rivolgendosi al Padre, ricor-da che nella celebrazione eucaristica laChiesa “ti offre il sacrificio del tuo unico Fi-glio, Agnello senza macchia per la vita delmondo”. Possiamo aggiungere che offrendo ilsacrificio di Cristo, la Chiesa offre anche sestessa al Padre “per Cristo, con Cristo e in Cristo”.

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DOMENICA V DEL TEMPO ORDINARIO (C)4 febbraio 2007Sulla tua parola getterò le reti

Prima lettura: Is 6,1-2a.3-8Salmo responsoriale: dal Sal 137Seconda lettura: 1Cor 15,1-11Vangelo: Lc 5,1-11

L’autore del salmo responsoriale rendegrazie al Signore al cospetto degli angeli, ri-volto al tempio, per la benevolenza e fedeltàdimostrata nel concedergli l’aiuto da lui in-vocato. La preghiera termina con un’espres-sione di fiducia e con la speranza che Dioporti a compimento ciò che ha benevolmenteiniziato. Riprendendo le parole di questosalmo, anche noi eleviamo a Dio un canto dilode perché nonostante la nostra miseria e le

nostre infedeltà, abbiamo fatto esperienzadel Signore, della sua bontà che dura persempre; sappiamo che egli continua a esserefedele alle sue promesse e ad indicarci lastrada da percorrere.

Le letture bibliche di questa domenica ciricordano che la nostra vita acquista senso eindirizzo quando facciamo una personaleesperienza di Dio. Ogni vero incontro conDio non lascia mai l’uomo come prima, ma locambia, lo rende cosciente della propriamissione e delle proprie responsabilità. Èquello che succede a Isaia nella grandiosavisione ambientata nel tempio di Gerusalem-

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me, di cui ci parla la prima lettura, ed èquello che succede a Pietro e ai suoi compa-gni Giacomo e Giovanni allorché incontranoGesù presso il lago di Genesaret (cf. il van-gelo): mentre da una parte provano sgomen-to, perché, come Isaia, davanti alla santità diDio scoprono il proprio peccato, dall’altra so-no affascinati da questo incontro e trovano ilsenso della loro vita, scoprono la loro missio-ne. Come afferma san Paolo nella secondalettura, essa consisterà nell’annunciare l’o-pera di salvezza del Signore. Non c’è missio-ne senza un’esperienza di Dio.

La missione d’Isaia, quella di Pietro, diGiacomo e Giovanni, e quella di Paolo na-scono da una profonda e personale esperien-za di Dio. Colto di stupore per la pescastraordinaria Pietro reagisce come Isaia chevede la gloria del Signore nel tempio di Ge-rusalemme. Le loro vite da ora in poi saran-no profondamente trasformate da questaesperienza. Fare esperienza della vicinanzadi Dio è possibile a tutti noi. Se guardiamocon fede il mondo e gli eventi della storia, vipossiamo trovare sempre la trasparenza dia-fana della rivelazione del Signore. Ma Dio cisi rivela soprattutto attraverso la sua Parolache è il Figlio suo incarnato. Il brano evan-gelico odierno inizia affermando che la follafaceva ressa intorno a Gesù “per ascoltare la

parola di Dio”. È questa stessa parola cheascoltata da Pietro, Giovanni e Giacomo, litrasforma in discepoli di Gesù e continuatoridella sua opera. Essi, dice il vangelo, “tiratele barche a terra, lasciarono tutto e lo segui-rono”. È l’inizio di una vita nuova che rompecon il passato per proiettarsi verso un futuroaffascinante e fecondo.

Il canto al vangelo, tratto da Gv 15,16, ciricorda che tutti noi siamo stati scelti perchéportiamo frutti duraturi di salvezza. La Chie-sa ha sempre sentito l’esistenza cristiana co-me una chiamata, una vocazione: san Paoloafferma un parallelismo reale tra lui che è“apostolo per vocazione” (Rm 1,1) e i cristia-ni di Roma che sono “santi per vocazione”(Rm 1,7) o quelli di Corinto che sono stati“chiamati a essere santi” (1Cor 1,2). Ognichiamata è fondata sul fascino e sulla poten-za della parola di Dio sperimentata. Ognunodi noi è chiamato personalmente a “lascia-re…” per poter “seguire” Gesù ed essere,come dice san Paolo di se stesso, testimonedella risurrezione di Cristo. Oggi l’umanitàcrederà alla risurrezione di Cristo non per itestimoni di ieri ma per quelli di oggi, chesiamo tutti noi, solo però se imiteremo quellidi ieri con fedeltà e generosità. Cristo non haaltro corpo visibile che quello dei cristiani,non ha altro amore da mostrare che il nostro.

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DOMENICA VI DEL TEMPO ORDINARIO (C)11 febbraio 2007Beato chi pone la speranza nel Signore

Prima lettura: Ger 17,5-8Salmo responsoriale: dal Sal 1Seconda lettura: 1Cor 15,12.16-20Vangelo: Lc 6,17.20-26

Il salmo responsoriale odierno è il pri-mo salmo del salterio, che può essere con-

siderato la chiave di lettura di tutta la col-lezione dei salmi, una vera introduzione alsalterio. Due vie, due destini, due umanitàsi confrontano: il giusto che ripone la pro-pria fiducia nella legge del Signore è comeun albero alto che non vede appassire lesue foglie; l’empio invece è arido come pu-

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la dispersa dal vento. Il salmo ci pone difronte a noi stessi e al conflitto tra il benee il male che agita la storia dell’umanità ela vita di ognuno di noi. Il ritornello ci in-vita a scegliere la via della salvezza, a por-re cioè la speranza nel Signore; solo inquesto modo la nostra vita sarà piena efruttifera.

Nel breve brano di Geremia (prima let-tura) ascoltiamo lo stesso messaggio delsalmo responsoriale: “Benedetto l’uomoche confida nel Signore”. Anzi, il salmoresponsoriale riprende le parole di Gere-mia e le sviluppa con nuove immagini. Chesenso ha confidare nel Signore, porre lalegge di Dio al centro della nostra vita?Che significa scegliere la via non di radofaticosa del bene? “Confidare nel Signore”significa porre il fondamento dell’edificiodella propria esistenza in Dio. Il contrarioequivale a costruire l’esistenza sulla fragi-lità e i limiti delle proprie risorse. Due vieo due possibili scelte. Su questo dualismolegato alle decisioni umane, si articola an-che la struttura delle beatitudini, che ilvangelo d’oggi ci propone nell’originaleversione di san Luca.

Le beatitudini sono l’espressione piùgenuina del messaggio evangelico, e quin-di possono essere considerate come unasintesi della fisionomia morale del disce-polo di Gesù. Nel testo che ci offre Lucaemerge con insistenza l’esaltazione dellapovertà che l’evangelista presenta comeuna chiara esigenza per colui che intendeseguire Gesù. Infatti la prima beatitudine,che definisce e specifica tutte le altre, ini-zia con queste parole: “Beati voi pove-ri…”, e in seguito: “Beati voi che ora ave-te fame…” Nella redazione di san Luca,alla serie delle quattro beatitudini segue

poi quella delle quattro maledizioni o deiquattro “guai”: “Ma guai a voi ricchi…Guai a voi che ora siete sazi…”. La po-vertà esaltata dalle beatitudini, pur essen-do una vera povertà, non è una misuramortificante di austerità, non è disprezzodei beni di questo mondo; viene piuttostopresentata come una situazione che diven-ta segno della disposizione totale del cuoredell’uomo che intende seguire Gesù poveroe stabilire con lui una vera comunione divita. Il povero è beato, perché ha le mani eil cuore aperti all’attesa d Dio, che non de-lude. Il Catechismo della Chiesa Cattolicaci ricorda che “la vera felicità non si trovanella ricchezza o nel benessere, né nellagloria umana o nel potere, né in alcuna at-tività umana, per quanto utile possa esse-re, come le scienze, le tecniche e le arti,né in alcuna creatura, ma in Dio solo, sor-gente di ogni bene e di ogni amore” (n.1723). E santa Teresa di Gesù afferma: “achi possiede Dio non manca nulla: Dio so-lo basta”.

Si potrebbe riassumere il messaggiodella parola di Dio in questa domenica conle parole dell’antifona d’ingresso, tratte dalSal 30: Dio è “mio baluardo e mio rifugio”,o anche col ritornello del salmo responso-riale: “Beato chi pone la speranza nel Si-gnore”; chi confida in Lui, non resterà maideluso. Nel brano proposto come secondalettura, san Paolo ribadisce indirettamentequesta stessa dottrina quando afferma cheper la potenza di Dio Cristo è risorto equindi anche per noi si dischiude la spe-ranza della risurrezione: “Se poi noi abbia-mo avuto speranza in Cristo soltanto inquesta vita, siamo da compiangere più ditutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risu-scitato dai morti, primizia di coloro che so-no morti”. Si tratta sempre di riporre ogninostra speranza nel Signore.

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Prima lettura: 1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23Salmo responsoriale: dal Sal 102Seconda lettura: 1Cor15,45-49Vangelo: Lc 6,27-38

L’affermazione di san Giovanni “Dio èamore” (1Gv 4,8) sembra quasi anticipatanella dolcissima e soave preghiera del Sal102, da cui è tratto il salmo responsoriale diquesta domenica. Il salmista sente il doveredi lodare il Signore e ringraziarlo per gli in-numerevoli benefici concessi a lui e al suopopolo nel corso della storia. L’odierna litur-gia propone la prima parte del salmo checanta l’amore e il perdono di Dio, un perdo-no che supera le rigide leggi della giustizia.Il salmista parla con tono commosso dellapazienza di Dio e della sua bontà e magnani-mità nel perdonare i peccati. Nel tempo del-la Chiesa, quest’inno alla misericordia diDio diventa anche un inno a Gesù Cristo, incui si sono manifestati la bontà di Dio e ilsuo amore per gli uomini (cf. Tit 3,4). La li-turgia di questa domenica al tempo stessoche ci invita a celebrare la misericordia diDio, ci propone di imitarla. Infatti il verticedell’insegnamento di Gesù nel vangelo d’og-gi è costituito dall’invito a diventare “miseri-cordiosi” come lo stesso Padre celeste è mi-sericordioso.

La liturgia eucaristica inizia col cantod’ingresso il quale è una fiduciosa e gioiosaconfessione di fede nella misericordia diDio: “Confido, Signore, nella tua misericor-dia. Gioisca il mio cuore nella tua salvezza,canti al Signore che mi ha beneficato” (can-to d’ingresso - Sal 12,6). La prima lettura cipropone la grandezza di animo di Davide

che, pur avendo occasione di eliminare ilsuo nemico, il re Saul, si mostra misericor-dioso con lui e lo risparmia perché, nono-stante tutto, “è il consacrato del Signore”.Con questo gesto Davide, eminente figuramessianica, annuncia il superamento dellavendetta e apre la strada al perdono. Gesùnel brano evangelico odierno proclama ilsuo nuovo comandamento sull’amore che siestende anche ai nemici, che non solo biso-gna amare, ma anche fargli del bene, bene-dirli e per i quali si deve pregare. L’inse-gnamento di Gesù è fondato su due princi-pi: il primo, preso dalla saggezza degli anti-chi, dice “ciò che volete gli uomini faccianoa voi, anche voi fatelo a loro”; il secondo èsquisitamente teologico e dice “siate mise-ricordiosi, come è misericordioso il Padrevostro”. Il modello proposto è infinito, è l’a-more stesso di Dio. In particolare, il perdo-no dei nemici è un gesto di bontà, di gran-dezza e di sapienza, perché è imitazione delmodo di agire di Dio, che “è benevolo versogl’ingrati e i malvagi”. Alla fine del branoevangelico viene enunciato il criterio cheregola il rapporto dell’agire dell’uomo equello di Dio: “con la misura con cui misu-rate, sarà misurato a voi in cambio”. Si faesperienza dell’amore salvifico di Dio nellamisura in cui si è generosi e misericordiosicon gli altri, anche se nemici.

Lungo l’anno liturgico ritorna più volte iltema dell’amore come centro della vita cri-stiana. C’è forse il rischio di assuefarsi al so-lito e vago discorso che ci richiama ad amar-ci gli uni gli altri.

L’appello di Gesù è però estremamenteconcreto, realistico, al tempo stesso che esi-

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DOMENICA VII DEL TEMPO ORDINARIO (C)18 febbraio 2007Il Signore è buono e grande nell’amore-Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro

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gente e radicale. L’amore cristiano deve es-sere vissuto in modo profondo e totalizzan-te, come comportamento interiore ed este-riore che abbraccia tutti, che non escludenessuno. Se è rivoluzionario l’annuncio del-le “beatitudini”, proclamato domenica scor-sa, lo è forse anche di più l’annuncio di unamore che insegna ad amare l’altro soloperché è l’altro. Questo ideale sublime loha incarnato perfettamente Cristo, l’ultimo

Adamo, la cui immagine sarà compiuta innoi con la nostra partecipazione piena allarisurrezione del Signore (cf. seconda lettu-ra). Benedetto XVI ci aiuta a passare dallamensa della Parola alla mensa del corpo diCristo, quando afferma: “nella comunioneeucaristica è contenuto l’essere amati e l’a-mare a propria volta gli altri […] L’amorepuò essere ‘comandato’ perché prima è do-nato” (Deus caritas est, n. 14).

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MERCOLEDI DELLE CENERI21 febbraio 2007Lasciatevi riconciliare con Dio

Prima lettura: Gl 2,12-18Salmo responsoriale: dal Sal 50Seconda lettura: 2Cor 5,20-6,2Vangelo: Mt 6,1-6.16-18

Il Mercoledì delle Ceneri è la porta dellaQuaresima, il periodo dell’anno liturgico cheha lo scopo di preparare la Pasqua. Il camminoquaresimale verso la Pasqua è un viaggio gioio-so perché ci porta alla Vita. Questa gioia peròscaturisce dai cuori purificati dalle opere delpeccato che conducono, invece, alla morte. Ilsecondo prefazio di Quaresima definisce que-sto Tempo quale “tempo di rinnovamento spiri-tuale”. Sulla stessa lunghezza d’onda, le dueprime letture della messa d’oggi parlano dellaconversione. La calamità che ai tempi di Gioe-le (1,4) ha colpito la terra di Giuda diventa peril profeta un segno per invitare il popolo allaconversione: “Così dice il Signore: ritornate ame con tutto il cuore” (prima lettura). San Pao-lo ci ricorda che la conversione, nella prospet-tiva cristiana, non è il cammino che noi dob-biamo fare per andare a Dio, ma piuttosto ilcammino di riscoperta di quanto Dio in CristoGesù ha fatto per noi: “lasciatevi riconciliarecon Dio” (seconda lettura). La riconciliazionefra noi e Dio è possibile perché il Padre ha già

rappacificato il mondo nella croce del Figlio.Da parte sua, il brano evangelico illustra il si-gnificato delle pratiche quaresimali tradiziona-li: elemosina, preghiera e digiuno, con un con-tinuo richiamo a superare il formalismo. Gesùne parla nel contesto del discorso sulla nuovagiustizia, superiore all’antica; egli illustra le ca-ratteristiche di questa nuova giustizia e le ap-plica alle tre pratiche fondamentali della pietàgiudaica: l’elemosina, la preghiera e il digiuno.

Il rito penitenziale dell’imposizione delleceneri si compie subito dopo la liturgia dellaParola. Si tratta di un gesto, antico ma non anti-quato, che intende esprimere lo stesso messag-gio che illustrano le letture bibliche della mes-sa. Nell’ultima riforma si è voluto conservare laformula classica dell’imposizione delle ceneri:“Ricordati che sei polvere, e in polvere torne-rai”, ma se ne è aggiunta un’altra: “Convertite-vi, e credete al Vangelo”. La prima si ispira aGn 3,19; la seconda a Mc 1,15. Sono formuleche si completano a vicenda: una ricorda la ca-duta umana, il cui simbolo sono la polvere e lacenere; l’altra indica l’atteggiamento interioredi conversione a Cristo e al suo Vangelo, pro-prio della Quaresima. Con il gesto della cenereiniziamo la Quaresima, ma finiremo con quellodell’acqua della Veglia pasquale. Cenere all’i-

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nizio; acqua battesimale alla fine. Ambedue igesti esprimono un’unità dinamica. La ceneresporca; l’acqua pulisce. La cenere parla di di-struzione e morte; l’acqua battesimale della Ve-glia pasquale è la fonte della Vita. Nella nottedi Pasqua accendiamo il fuoco nuovo, simbolodi rinnovamento e di vita risorta: la cenere è,invece, fuoco spento, morto. La Quaresima co-mincia con la cenere e finisce con il fuoco nuo-vo e l’acqua battesimale.

La Quaresima che iniziamo oggi è untempo di maturazione individuale e colletti-va della fede. Fuori di una prospettiva di fe-de, essa corre il pericolo di svilirsi in un pe-riodo di tempo in cui lo sforzo morale e lepratiche ascetiche rischiano di diventare fi-

ne a se stese e pertanto possono condiziona-re negativamente l’approfondimento di unaautentica esperienza di vita cristiana. LaChiesa non insiste più, come ha fatto in tem-pi passati, nelle pratiche penitenziali in sécome gesti puntuali da compiere. Mutati itempi, possono e debbono cambiare anche imodi concreti di esprimere l’ascesi; non puòscomparire però il sincero slancio di conver-sione verso Dio. L’orazione colletta dellamessa parla della Quaresima come di “uncammino di vera conversione, per affrontarevittoriosamente con le armi della penitenza ilcombattimento contro lo spirito del male”.La partecipazione all’eucaristia ci è di soste-gno in questo cammino (cf. orazione dopo lacomunione).

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DOMENICA I DI QUARESIMA (C)25 febbraio 2007Resta con noi, Signore, nell’ora della prova

Prima lettura: Dt 26,4-10Salmo responsoriale: dal Sal 90Seconda lettura: Rm 10,8-13Vangelo: Lc 4,1-13

Il salmo responsoriale, ripreso poi dall’an-tifona alla comunione, parla della protezionedivina accordata a colui che ha fiducia inDio. Nel vangelo con la citazione di questosalmo il diavolo ricorda a Gesù che, in quan-to Figlio di Dio, ha il diritto di essere salvatodalla morte e da ogni pericolo; ha questo di-ritto perché Dio stesso ha promesso il suoaiuto a chi confida in lui. Gesù però rispon-de: “Non tenterai il Signore Dio tuo”. Non sipuò usare la parola di Dio per eludere la suavolontà. Bisogna piuttosto fidarsi di lui nel-l’obbedienza incondizionata al suo volere.

Le letture odierne sono incentrate sullafede, che è anche un atteggiamento interioredi fiducia nelle promesse divine. Il brano del

Deuteronomio riporta una lunga preghierache, per ordine di Mosè, l’israelita dovevapronunciare nel momento in cui egli offriva leprimizie dei frutti del suolo per ringraziare ilSignore di avergli donato la terra. Questa pre-ghiera è la più antica professione di fede inDio del popolo d’Israele, in un Dio fedele allesue promesse. Infatti il dono della terra è vi-sto come l’ultimo di una serie di doni, di in-terventi salvifici che Dio ha compiuto lungola storia del suo popolo, da Abramo in poi.Con il gesto dell’offerta delle primizie e laprofessione di fede che l’accompagna, Israelericonosce che tutto quanto è e possiede è do-no di Dio. Anche il brano di san Paolo è unaprofessione di fede, in questo caso di fedecristiana in Gesù quale “Signore”, fonte disalvezza per tutti: chi riconosce e proclamache Gesù Cristo, il crocifisso, è il Signore ri-sorto dai morti, approda alla salvezza che è ildono di Dio promesso ai credenti.

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L’evento delle tentazioni di Gesù, riporta-to dal vangelo, episodio che tradizionalmenteapre la Quaresima, può anch’esso essere con-siderato una vera professione di fede. La fedeè messa alla prova dalla tentazione, la qualenon risparmia neppure il Cristo. Ma vediamocome egli affronta questa prova. Tutte le ri-sposte che Gesù dà al tentatore sono ispiratenelle parole della Scrittura. Satana cerca inmodo subdolo, usando anche lui le paroledella Scrittura, di indurre Gesù a fare dellescelte personali e comode contrarie al dise-gno di Dio su di lui. Ma Gesù, rispettando lalibertà sovrana del disegno salvifico, al cuicompimento è votato, pronuncia il suo “sì”definitivo al Padre e si abbandona totalmenteal suo destino. In questo modo, “vincendo leinsidie dell’antico tentatore” (prefazio), Gesùdiventa per noi l’emblema luminoso della fe-de in Dio, cioè dell’adesione piena e totale aDio e al suo piano tracciato nel cosmo e nellastoria. “La vittoria di Gesù sul tentatore neldeserto anticipa la vittoria della passione, su-prema obbedienza del suo amore filiale per il

Padre” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.539). Come per Cristo, anche la nostra stradadi fedeltà alla parola di Dio è cosparsa diostacoli e tentazioni. Dio però ci assicura ilsuo aiuto e la sua forza per superare ogni pro-va. Abbiamo la certezza che Cristo ha vinto leforze del male e la sua vittoria è anche di tut-ti coloro che si uniscono a lui per mezzo dellafede e dei sacramenti.

La Quaresima si apre con un forte appel-lo alla riscoperta della purezza della fede li-berata da tutte le ignoranze, i surrogati e leescrescenze abitudinarie e magiche. Bisognaprendere chiara coscienza di tutto ciò chenella nostra vita contraddice la scelta fonda-mentale fatta nel battesimo abbracciando ivalori del vangelo, scelta che deve orientarel’intero corso della nostra esistenza. Di fron-te alla tentazione costante, che per la nostranaturale fragilità avvertiamo, di emanciparcida Dio e di prostituirci agli “idoli”, occorreriaffermare la fedeltà alla parola di Dio e lafede nella potenza salvatrice del Signore.

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DOMENICA II DI QUARESIMA (C)4 marzo 2007Il Signore è mia luce e mia salvezza

Prima lettura: Gn 15,5-12.17-18Salmo responsoriale: dal Sal 26Seconda lettura: Fil 3,17-4,1Vangelo: Lc 9,28b-36Vale la pena fidarsi di Dio perché egli è

fedele alle sue promesse. Questo messaggioriprende e sviluppa uno degli aspetti delmessaggio della domenica scorsa invitandociad una fede che si apre alla speranza. Il Sal26, da cui è tratto il salmo responsoriale, siesprime in due momenti di un unico atteg-giamento di profonda e sconfinata fiducia inDio. Nel primo momento tutto è bello e sem-plice per chi confida nel Signore. Il secondo

momento, che è quello che maggiormenteviene ripreso dal salmo responsoriale, è ilmomento in cui l’orante cerca il volto del Si-gnore nel buio della prova; la preghiera di-venta lamento senza smarrire però il suoslancio di speranza e fiducia illimitata inDio. La certezza di “contemplare la bontàdel Signore nella terra dei viventi”, ci devedare la forza della speranza anche nei mo-menti della sofferenza e della prova.

Un nomade dell’antico Oriente non pote-va avere desiderio maggiore di una dimorafissa e di una numerosa discendenza. Sono le

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grandi aspirazioni di Abramo, di cui parla laprima lettura. Dio gli promette un figlio euna sconfinata discendenza, ma egli è anzia-no e sua moglie Sara è sterile; Dio gli pro-mette una terra, ma la terra su cui Abramocammina è occupata dai cananei. La fede diAbramo non ha un appiglio umano a cui po-tersi attaccare. Ciò nonostante, “egli credetteal Signore, che glielo accreditò come giusti-zia”. San Paolo ha chiamato Abramo “padredi tutti noi” (Rm 4,16), cioè capostipite ditutti noi che crediamo e che per mezzo dellafede veniamo giustificati da Dio.

Il vangelo riporta il brano della trasfi-gurazione. Gesù offre ai tre discepoli predi-letti una visione anticipata della sua gloriadi risorto, che culmina nella testimonianzadel Padre che rivela l’identità profonda diGesù: “Questi è il Figlio mio, l’eletto;ascoltatelo”. È da sottolineare l’invito all’a-scolto, ripreso dalla colletta del giorno. Co-me ricorda il prefazio, poco prima dell’e-vento della trasfigurazione, Gesù fa il pri-mo annuncio della sua passione e morte e,in seguito, indica le condizioni per seguir-lo: “Se qualcuno vuol venire dietro a me,rinneghi se stesso, prenda la sua croce ognigiorno e mi segua” (Lc 9,23). In questocontesto, l’invito ad ascoltare Gesù acqui-sta un senso preciso e particolare: ascoltateGesù perché è mio Figlio; ascoltatelo nono-stante le parole che dice siano paradossali.

Fidatevi anche se vi propone un camminodi sofferenza; seguitelo anche se dovetepassare per sentieri stretti e disagevoli. Latrasfigurazione è la grande rivelazione diGesù, la scoperta piena della sua realtà acui si è invitati attraverso l’ingresso nell’o-scurità della fede che ci conduce attraversola via della croce, sorretti dalla speranza,all’esperienza della risurrezione.

La seconda lettura è un’esortazione allasperanza, non in una terra o in una discen-denza, come per Abramo, ma in Dio stessoche si pone come terra promessa, come fu-turo capace di appagare pienamente le no-stre attese: “La nostra patria è nei cieli edi là aspettiamo come salvatore il SignoreGesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostromisero corpo per conformarlo al suo corpoglorioso”. La contemplazione anticipatadella gloria di Gesù non ci risparmia loscandalo della croce, ma lo sostiene nellasperanza.

La pienezza perpetua e stabile della no-stra trasfigurazione in Cristo avverrà nellavita eterna, ma si prepara e anticipa qui eora. La celebrazione eucaristica è prefigura-zione e anticipazione del banchetto eternonel quale contempleremo il volto glorioso delCristo, quel volto trasfigurato di cui i disce-poli Pietro, Giovanni e Giacomo ebbero sulmonte Tabor un saggio transitorio.

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Prima lettura: Es 3,1-8a.13-15Salmo responsoriale: dal Sal 102Seconda lettura: 1Cor 10,1-6.10-12Vangelo: Lc 13,1-9

L’odierna liturgia propone come salmoresponsoriale alcuni versetti della primaparte del Sal 102, un poema che canta l’a-more e il perdono di Dio, un perdono che

DOMENICA III DI QUARESIMA (C)11 marzo 2007Il Signore ha pietà del suo popolo

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supera le rigide leggi della giustizia. Il sal-mista parla con tono commosso della pa-zienza di Dio e della sua bontà e magnani-mità nel perdonare i peccati. Nel tempoquaresimale, quest’inno è un invito adaprire il cuore alla misericordia di Dio,pronto sempre a perdonare.

Nel cuore della Quaresima risuona dinuovo l’invito pressante alla conversione.Possiamo illustrarlo partendo dalla primalettura: Dio ha compassione delle sofferen-ze del popolo d’Israele che vive sotto il gio-go della schiavitù in Egitto. Ecco quindiche il Signore sceglie Mosè e gli comunicache intende liberare il suo popolo dal pote-re dell’Egitto per farlo uscire da questopaese verso un paese bello e spazioso. Sap-piamo il resto della storia. Israele, guidatoda Mosè, intraprende il suo grande esodoattraverso il deserto verso la terra promes-sa. Nella seconda lettura, san Paolo ci ri-corda che la maggior parte di coloro chehanno lasciato l’Egitto non hanno raggiuntoil traguardo della terra promessa, perché sisono ribellati al loro Dio, ed Egli li ha pu-niti. Infatti liberati dalla schiavitù e dive-nuti popolo eletto di Dio, gli israeliti hannotradito l’amicizia e la fiducia del Signore esono tornati a essere schiavi, questa voltadegli idoli e della loro superbia. E conclu-de Paolo: “tutte queste cose accaddero aloro come esempio, e sono state scritte perammonimento nostro”. Infatti anche noicontinuiamo, nonostante l’amore con cuiDio ci ha salvati e seguita a circondarci, afare l’esperienza del peccato.

Nelle domeniche terza, quarta e quintadi Quaresima, il ciclo C di letture biblichedi quest’anno si configura come una cate-chesi sulla riconciliazione, tema che trova

il suo vertice nella celebrazione della Pa-squa, segno supremo della nostra riconci-liazione con il Padre. Nel brano evangelicovediamo come due fatti di cronaca (alcunimorti in una rivolta contro i Romani e l’im-provviso crollo della torre di Siloe che sep-pellisce diciotto persone) forniscono a Ge-sù lo spunto per parlare del giudizio divinoe di esortare i suoi ascoltatori non a unistintivo sentimento di paura e di momenta-neo ravvedimento, ma ad un atteggiamentosincero e costante di conversione. La para-bola con cui si conclude il brano parla delfico che non porta frutto e che si vorrebbetagliare, ma che invece viene lasciato conla speranza di una maturazione ulteriore.Con questa parabola, Gesù non si proponedi indicare i limiti della misericordia diDio, ma di affermare con assoluta chiarezzache egli, nella sua bontà, accorda a tutti iltempo per accogliere il suo invito alla con-versione; è un messaggio di consolazione eun invito a non ritardare il tempo per por-tare frutti degni di conversione.

Nella colletta alternativa domandiamoal “Padre santo e misericordioso” di in-frangere la durezza della nostra mente edel nostro cuore così che possiamo portare“frutti di vera e continua conversione”. Laconversione è uno dei punti nodali dellapredicazione di Gesù, e quindi un elemen-to costitutivo e costante dell’esistenza cri-stiana: anzi, si può ben dire che l’esistenzacristiana trae origine dalla conversione e sisviluppa attraverso un continuo camminodi conversione, che la Quaresima esprimein modo simbolico come tempo di prepara-zione alla Pasqua. Ricordiamo però che laconversione diventa effettiva solo se la no-stra vita cambia, se la parola di Dio, ascol-tata e accolta, diventa in noi comportamen-to di vita.

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DOMENICA IV DI QUARESIMA (C)18 marzo 2007Il Signore è vicino a chi lo cerca

Prima lettura: Gs 5,9a.10-12Salmo responsoriale: dal Sal 33Seconda lettura: 2Cor 5,17-21Vangelo: Lc 15,1-3.11-32

L’antifona d’ingresso invita alla gioia: “Ral-legrati (Laetare), Gerusalemme… Esultate egioite voi che eravate nella tristezza…” (cf. Is66,10-11). Il salmo responsoriale riprendequesta tematica in chiave di ringraziamento:“Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla miabocca sempre la sua lode…” Perciò questadomenica si chiama anche “Domenica Laeta-re”. Il tema ritorna nel vangelo al termine del-la parabola del figliol prodigo: “Bisogna far fe-sta e rallegrarsi, perché questo tuo fratello eramorto ed è tornato in vita…”

Le letture bibliche odierne, nel cuore delcammino quaresimale, sono una solenne pro-clamazione della misericordia di Dio e unpressante invito a riconciliarci con Lui. Inquesta domenica, come in quella precedente,ritroviamo il tema della conversione, vista peròsotto l’aspetto della riconciliazione come donodell’amore di Dio. La prima lettura parla dellasollecitudine di Dio per il suo popolo, al quale,dopo la traversata del deserto, offre in donouna terra e una patria. Il brano del vangelo ri-porta la bellissima parabola del figliol prodigo,che viene accolto dal padre misericordiosonella casa paterna. Nella seconda letturaascoltiamo Paolo che parla di un Dio miseri-cordioso che ha riconciliato a sé il mondo inCristo; l’amore fedele di Dio ci viene comuni-cato tramite la fedeltà solidale di Gesù croci-fisso. All’azione di Dio che salva, l’uomo è in-vitato a corrispondere: come Israele che cele-bra nella gioia della pasqua il dono della terra

promessa; come il figliol prodigo che riconosceil suo peccato e si getta nelle braccia del pa-dre.

La liturgia di questa domenica quaresima-le è un invito alla riconciliazione con Dio econ i fratelli. Notiamo però che centro dellabellissima parabola del figliol prodigo non ètanto la riconciliazione di quest’ultimo con suopadre e la sua decisione di tornare in famiglia,ma l’amore del padre che ridona al figlio mi-nore la condizione precedente prima ancora diascoltare il suo pentimento. Qualcuno ha chia-mato questo racconto la parabola del Padremisericordioso o prodigo d’amore. È nota l’o-pera di Rembrandt, che ha dipinto in modomeraviglioso l’episodio della parabola: nellemani del padre, notiamo la sinistra affusolata,femminile, materna; la destra invece forte, ma-schile, paterna. Mani che esprimono amore,appoggio, sollecitudine, fermezza, sicurezza.

La conversione – riconciliazione è anzi-tutto una grazia, un dono dell’immenso amo-re di Dio. Egli è sempre pronto ad accoglier-ci. Anzi Dio ha fatto già la sua parte, ci hariconciliati a sé tramite Gesù Cristo. Tocca anoi fare la nostra parte. La misericordia diDio ci viene incontro. Tocca a noi accoglierlanella concretezza della vita. Dio non chiudela porta in faccia a nessuno. Tocca a noi var-care la soglia di questa porta sempre aperta.Come nella parabola del figliol prodigo, ilprimo atto della riconciliazione per quanto anoi concerne è la constatazione della propriamiseria, del proprio peccato. È un discorsoche va talvolta contro corrente in un ambien-te culturale in cui si è perso di molto il sensodel peccato. La conversione, poi, non puòesaurirsi nell’intimo del cuore, è chiamata a

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esprimersi nel segno sacramentale. Infattil’esperienza cristiana della conversione èsuggellata dal sacramento del perdono e hacome effetto la riconciliazione con Dio e coni fratelli. Riconciliati con Dio, non siamo piùdivisi e disgregati in noi stessi, ma ritrovia-

mo la nostra unità interiore e la nostra veralibertà, che ci rende capaci di un servizio re-sponsabile sia a Dio che ai fratelli. Final-mente, riconciliati con Dio, possiamo gustarela gioia nella cena pasquale dell’Agnello (cf.la colletta alternativa).

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SAN GIUSEPPE, SPOSO DELLA BEATA VERGINE MARIA19 marzo 2007Tu sei fedele, Signore, alle tue promesse

Prima lettura: 2Sam 7,4-5a.12-14a.16Salmo responsoriale: dal Sal 88Seconda lettura: Rm 4,13.16-18.22Vangelo: Mt 1,16.18-21.24a (oppure: Lc

2,41-51a)

La prima lettura, il salmo responsoriale ela seconda lettura ci invitano a contemplaresan Giuseppe, l’umile artigiano di Nazaret, co-me termine di tutte le promesse fatte da Diolungo la storia. Preceduto da molti giusti chehanno popolato la storia della salvezza: daAbramo (cf. la seconda lettura), divenuto giu-sto per la sua fede e padre di molti popoli, at-traverso Davide, servo di Dio e padre della di-scendenza messianica (cf. la prima lettura), insan Giuseppe si compie la connessione tral’antica e la recente storia della redenzione, tral’Antico e il Nuovo Testamento. In questo con-testo, il ritornello del salmo responsoriale cele-bra il Signore che è fedele alle sue promesse.

Noi consideriamo talvolta grandi coloro chefanno carriera, che hanno successo. La fisiono-mia spirituale di san Giuseppe che emerge daivangeli è, invece, quella di un personaggio mo-desto, umile; di lui non viene riferita una solaparola, ma dalle poche notizie che ci vengonoofferte, emerge un uomo di fede e profonda-mente giusto, un uomo che adempie scrupolo-samente la delicata missione che gli è stata as-segnata. Giuseppe è un uomo in docile ascoltodella voce di Dio. Di lui, poi, i vangeli ignorano

qualsiasi gesto di vanteria, di esibizionismo, diambiziose manovre, mentre non li tacciono peraltri personaggi della cerchia di Gesù, come aesempio per gli apostoli.

San Giuseppe, come Abramo prima, èchiamato ad una scelta di fede: le apparenzesono contro Maria e Giuseppe vorrebbe licen-ziarla in segreto (vangelo: Mt 1,19). Probabil-mente il santo Patriarca non comprese appienoil progetto di Dio (vangelo: Lc 2,50), come nonlo aveva capito Abramo, ma come lui si fida edesegue prontamente i comandi del Signore. Sipotrebbe dire che le apparenze sono spessoanche contro Dio: la sofferenza umana, le stra-gi degli innocenti che muoiono di fame, la dif-ficoltà ad incontrare uomini giusti nella so-

S. Giuseppe, icona melchita, sec. XVII

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cietà moderna, l’egoismo dilagante. Perciò an-che noi abbiamo bisogno di un atto di fede peraccogliere il progetto di Dio su di noi, progettodi cui pure noi non comprendiamo compiuta-mente né la logica né i traguardi.

Giuseppe è un uomo giusto (vangelo: Mt1,19; prefazio della messa), concetto che nellaterminologia biblica convoglia quello di fedele.Egli accetta il piano di Dio, di cui diventa umi-le strumento “saggio e fedele” (prefazio dellamessa). Senza clamore, senza protagonismi,senza pretese particolari. Pur non essendo ilpadre di Gesù secondo la carne, Giuseppe haadempiuto nei suoi confronti una autentica eresponsabile missione paterna. Nell’orazionesulle offerte si chiede che il Padre ci doni “lastessa fedeltà e purezza di cuore che animò sanGiuseppe nel servire il suo unico Figlio”. Tuttala vita di Giuseppe, probabilmente breve, è

stata dedicata a preparare al Figlio di Dio l’am-bito in cui rivelarsi al mondo perché l’umanitàfosse redenta. L’orazione colletta lo ricordaquando afferma che Dio ha voluto “affidare gliinizi della nostra redenzione alla custodia pre-murosa di san Giuseppe”. Le decisioni di sanGiuseppe nelle varie circostanze della sua vitarientrano sempre e incidono profondamente neltessuto della storia salvifica.

La nostra esistenza terrena è una breve ap-parizione sul palcoscenico della storia, comequella di Giuseppe nella storia evangelica. Civiene offerto giusto il tempo per cogliere l’in-tervento straordinario di Dio e assecondarlonell’obbedienza della fede. Possiamo ben direche Dio si affida anche a noi perché, oltre leapparenze deludenti di questa vita, coltiviamoil sogno di Dio: introdurre nel mondo il suo Fi-glio perché l’umanità sia redenta.

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DOMENICA V DI QUARESIMA (C)25 marzo 2007Grandi cose ha fatto il Signore per noi

Prima lettura: Is 43,16-21Salmo responsoriale: Sal 125Seconda lettura: Fil 3,8-14Vangelo: Gv 8,1-11

La prima parte del salmo responsoriale ri-flette l’esultanza degli Israeliti per il loro ritor-no in patria dalla schiavitù babilonese. Nellasupplica della seconda parte invece il salmistasi rivolge a Dio perché porti a compimento ilsuo progetto e non abbandoni il popolo nellafaticosa opera di restaurazione. È un salmo disperanza che emerge e si rivela proprio quandoa livello umano non appare un minimo di spa-zio su cui appoggiarla. Dio è grande e fedelema ogni gioia passa attraverso la faticosa puri-ficazione del cuore. Come il Signore ha un tem-po liberato il suo popolo dalla schiavitù, così

egli offre oggi a noi la libertà dalla schiavitù dinoi stessi, dei nostri peccati.

Filo conduttore dei vari testi odierni po-trebbe essere il tema dell’ “esodo”. Una del-le costanti nelle pagine dell’Antico Testa-mento, che si espande nel messaggio cristia-no del Nuovo Testamento, è quella della li-berazione dalla schiavitù personale, interio-re, sociale e politica. Il profeta Isaia (primalettura) evoca l’evento dell’esodo, il cui ri-cordo è visto dal profeta come incentivo cheapre il cuore d’Israele al futuro in cui Dio siripromette di intervenire con nuovi prodigiin favore del suo popolo. L’apertura verso unfuturo di speranza e di liberazione piena ri-lancia questo messaggio e lo orienta versoCristo, supremo perfezionatore della libera-

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zione qui annunciata. San Paolo (secondalettura) dice di voler dimenticare il passato edi essere proteso verso il futuro; si trattaquindi anche qui di un esodo, sia pure a li-vello personale. Egli ricorda il suo passatoper riaffermare la scelta che ha fatto di Cri-sto, “per il quale – afferma – ho lasciato per-dere tutte le cose e le considero come spaz-zatura, al fine di guadagnare Cristo…”.

Nel vangelo vediamo Gesù circondato daun gruppo di scribi e farisei che gli conduconouna donna accusata di adulterio. Gli Scribi e ifarisei si rivolgono a Gesù accusando la donna,parlano della donna ma non alla donna. Gesùinvece risponde a loro, poi si rivolge diretta-mente all’adultera: prima parla con lei degli al-tri (“Nessuno ti ha condannata?”); infine le ri-volge la parola decisiva di perdono (“Neanch’ioti condanno, va’ e d’ora in poi non peccarepiù”). Da una parte, gli scribi e i farisei, nega-tori di ogni perdono. Dall’altra parte, Gesù chepur non eludendo il problema del peccato delladonna, contesta non la validità della denunciadegli accusatori, ma la loro presunta giustizia,il loro erigersi a giudici e difensori del dirittodivino: “Chi di voi è senza peccato, scagli per

primo la pietra contro di lei”. Gesù invita i suoiavversari a guardarsi dentro, a vagliare il pro-prio cuore, sentimenti e desideri; solo così pa-role e azioni potranno essere autentiche.

Non mancano oggi storie scandalistiche. Cen’è tutta una gamma che va dal piccolo pette-golezzo fino agli affari e vicende delle personein vista, cose che forniscono un inesauribilemateriale ai vari rotocalchi. Anche qui questevicende vengono presentate talvolta in un at-teggiamento accusatore di indignazione morale,con il quale si intende giustificare a se stessi eagli altri il fatto che ci si occupa di simili argo-menti. Il vangelo ci invita a volare più in alto,guardando le cose dei nostri simili con occhi dimisericordia. Là dove c’è una persona piegatain due sotto il peso delle colpe, là ci deve esse-re il dono della liberazione e della vita nuova.Ricordiamo finalmente che il futuro della sal-vezza, pur rimanendo sempre un dono gratuitodell’amore di Dio, è però legato anche al nostroimpegno concreto. Dopo il dono del perdono,Gesù aggiunge: “Va’ e d’ora in poi non peccarepiù”, parole che rivelano il senso dell’interoracconto che, possiamo dire, viene interpretatocome un esodo morale di conversione.

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ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE26 marzo 2007Eccomi, Signore: si compia in me la tua parola

Prima lettura: Is 7,10-14Salmo responsoriale: dal Sal 39Seconda lettura: Eb 10,4-10Vangelo: Lc 1,26-38

Nove mesi prima del Natale, celebriamonell’odierna solennità il mistero dell’Incar-nazione del Figlio di Dio. Si tratta di una ce-lebrazione che “è festa congiunta di Cristo edella Vergine, del Verbo che si fa figlio diMaria e della Vergine che diviene Madre di

Dio” (Paolo VI, Marialis cultus, n. 6). La pri-ma lettura riporta il messaggio del profetaIsaia al re Acaz, chiedendogli di non elemo-sinare aiuto dall’Assiria, ma di fidarsi solodell’aiuto di Dio. Il re giudica talmente inop-portuna la proposta, che non accetta nemme-no di chiedere un segno, anche portentoso, asostegno della promessa divina. Acaz prefe-risce gingillarsi con le sue fanciullesche fan-tasie, piuttosto che aderire al lungimiranteprogetto di Dio. In ogni modo, il Signore gli

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dà lo stesso un segno: la nascita di un figlio,che la madre chiamerà Emmanuele, un nomeche vuol dire “Dio con noi”. San Matteo vedel’adempimento di questa profezia nel concepi-mento verginale di Gesù (cf. Mt 1,23).

Il salmo responsoriale e il suo ritornellomettono in stretto rapporto l’atteggiamento diGesù e quello di sua madre Maria nel miste-ro dell’Incarnazione. Da una parte, la totaleadesione di Gesù al progetto del Padre: “Ec-co, io vengo per compiere, o Dio, la tua vo-lontà” (parole riprese anche dall’antifonad’ingresso); dall’altra, l’abbandono obbe-diente di Maria alla volontà di Dio: “Eccomi,Signore, si compia in me la tua parola”. Laseconda lettura e il brano evangelico sono dainterpretare sulla stessa lunghezza d’onda.Vediamo più in particolare,

Il brano della lettera agli Ebrei della se-conda lettura spiega come il Messia porta a

termine l’opera di restaurazione dell’uma-nità. Attraverso l’offerta volontaria della pro-pria vita, egli instaura i tempi nuovi che rea-lizzano il compimento delle promesse divine.Il Figlio di Dio viene per salvare l’uomo me-diante l’offerta non di “olocausti né sacrifici”ma del proprio corpo, e lo fa sottomettendosialacremente alla volontà salvifica del Padre:“Ecco, io vengo – poiché di me sta scrittonel rotolo del libro – per compiere, o Dio, latua volontà”.

Il brano evangelico di Luca mette in evi-denza l’atteggiamento di fede e di obbedien-za di Maria, che alle parole dell’angelo ri-sponde: “Eccomi, sono la serva del Signore,avvenga di me quello che hai detto”. ComeGesù è servo di Dio, offertosi al Padre in unatteggiamento di obbedienza per la salvezzadegli uomini, così anche Maria si dichiaraserva del Signore pronta a collaborare al suodisegno di salvezza. A questo proposito, ri-prendendo la dottrina dei Padri della Chiesa,il Vaticano II afferma: “Dio non si è servitodi Maria in modo puramente passivo, ma [...]ella ha cooperato alla salvezza umana nellalibertà della sua fede e della sua obbedien-za” (Costituzione Lumen Gentium, n. 56).L’obbedienza di Maria al Signore è riflessodell’obbedienza totale del Figlio suo quandoentra nel mondo.

Il prefazio della messa afferma che laVergine accolse “nella fede” la parola del Si-gnore. Il sì di Maria è incondizionato e fidu-cioso. In lei abbiamo il modello di vita d’o-gni uomo che si apre al dono della salvezza.Il piano divino della salvezza viene propostoanche a noi perché lo accettiamo sottomet-tendo a esso la nostra esistenza. La fede ap-pare così come un atto di obbedienza, nelsenso che credere significa lasciare che lapropria vita sia illuminata e determinata dalpiano che Dio ha sulla storia.

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Annunciazione, icona bizantina, sec. XIV, Ohrid (Jugoslavia)

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a sequentia è un genere lette-rario e musicale che sorge inFrancia tra l’VIII e il IX secolo.

Le prime notizie affidabili sull’origine diquesta forma ci sono tramandate daun monaco dell’abbazia svizzera di SanGallo conosciuto come Notker Balbulus(840 ca. – 912). Egli spiega nell’intro-duzione al suo Liber hymnorum comesiano andate le cose: dapprima il termi-ne sequentia aveva un significato squi-sitamente musicale, e indicava il cosid-detto “iubilus”, ossia la ricca ornamen-tazione melismatica che si sviluppavasulla sillaba finale « ia» dei lunghi alle-luia, soprattutto prima della proclama-zione del Vangelo. La difficoltà di ricor-dare a memoria i complessi movimentimelodici sviluppati su una sola sillabafece gradualmente affermare la prassidi sostituire il melisma conclusivo conun testo sillabico (in cui cioè si cantavauna sillaba diversa per ogni nota, ren-dendo molto più facile la memorizza-zione delle melodie). L’espediente mne-motecnico risultò assai efficace, e lalarga diffusione di questi testi sillabicisemplici e popolari portò ben presto acomporne altri sullo stesso modello, inmaniera del tutto autonoma. NotkerBalbulus decise poi di sostituire testipoetici di questo genere anche ai lun-ghi melismi delle sillabe le e lu (oltreche ja), giustificando la sua ulterioreiniziativa con la difficoltà manifestatadai popoli d’Oltralpe nell’apprendere le

longissime melodiae della liturgia ro-mana, che era stata imposta da pochidecenni a tutto l’Impero. Di lì a poco siaffermò la prassi di comporre ex novoper questi testi, ormai autonomi, anchele melodie: il che ci consente di consi-derare la sequenza non più un sempli-ce espediente per aiutare la memoria,ma una vera e propria forma letterariae musicale nuova, destinata ad unospecifico uso liturgico. I testi delle se-quenze, che dapprima erano in prosa(non a caso in origine erano chiamateanche semplicemente prosae), furonopoi composti in versi ritmati. Infine siimpose anche la rima, fino alla formaconsacrata a Parigi da Adamo di SanVittore (XII sec.), composta da “terzinecaudate”, abbinate cioè due a due perla rima della cauda, secondo la forma:aac – bbc. Questa è anche la formadello Stabat Mater.

Le sequenze ebbero uno svilupposorprendente nel corso del medioe-vo. Ce ne sono state tramandate ol-tre 5000, la maggior parte delle qualiè disponibile nei cinquantacinque vo-lumi degli Analecta hymnica MediiAevi (Lipsia 1889-1922). Ma questaflorida produzione, che era giunta adassumere una posizione quasi domi-nante nel campo liturgico, fu pro-gressivamente scoraggiata e poi dra-sticamente ridotta quando la riformaliturgica di san Pio V ridusse a cinquesole il numero delle sequenze del

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La sequenza: Stabat Materdon Filippo Morlacchi

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messale (oltre allo Stabat Ma-ter sono state conservate:

Victimae paschali, di Wipone, perl’Ottava di Pasqua; Veni Sancte Spiri-tus, attribuita a Stefano di Langton,per la Pentecoste; Lauda Sion Salva-torem, di san Tommaso d’Aquino,per il Corpus Domini; Dies irae, attri-buita a Tommaso da Celano, per lacommemorazione dei defunti: que-st’ultima fu poi esclusa dall’ultimariforma della liturgia).

Lo Stabat Mater era in origine parteintegrante della memoria liturgica di«Nostra Signora della Pietà», previstaper il venerdì dopo la domenica di Pas-sione; nel 1727 Benedetto XIII inserìquesta celebrazione mariana nel calen-dario romano come «festa dei Sette Do-lori della B.V. Maria». A questa ricorren-za, san Pio X nel 1913 aggiunse anchela commemorazione della Vergine Ad-dolorata il 15 settembre, ossia il giornosuccessivo alla festa dell’esaltazione del-la Santa Croce. L’attuale liturgia ha con-servato solo questa seconda commemo-razione, cancellando – forse non del tut-to a ragione – quella nel tempo di pas-sione. La liturgia prevede quindi oggil’uso dello Stabat Mater solo per il 15settembre: nella messa (come sequenzafacoltativa) e nella liturgia delle ore (laprima parte costituisce l’inno dell’ufficiodelle letture, la seconda parte è inveceutilizzata come inno del vespro).

La paternità dello Stabat Mater è sta-ta ascritta a numerosi autori: i papi Gio-vanni XXII (secondo il fertur di un anticocronista, Giorgio Stella) e Innocenzo III

(secondo alcuni critici letterari), san Ber-nardo e san Bonaventura, e perfino sanGregorio Magno. Ma l’attribuzione piùverosimile e quasi unanimemente accet-tata ne riconosce l’autore in Jacoponeda Todi (1236 [?] – 1306). Le incertezzenell’attribuzione scaturiscono dallo stiledel testo, colorito ma sobrio, privo dellaveemenza intemperante e del feroce di-sprezzo della corporeità che si manifestanelle altre opere del frate francescano;ma la sua vicenda biografica può rende-re ragione di questa differenza stilistica.Era appena trentenne quando la mogliegli morì in un incidente, e in quell’occa-sione egli scoprì sulle carni di lei, sotto levesti, un cilicio: segno che l’amatissimaconsorte lo seguiva nella sua vita mon-dana e festaiola solo a malincuore. Ilgiovane vedovo ne rimase così impres-sionato da convertirsi senza indugio aduna vita di volontaria povertà e di rigidoascetismo espiatorio. Dieci anni dopoentrò come frate laico nell’ordine fran-cescano (1278) e appoggiò con la suaconsueta intransigenza la causa degliSpirituali; per questo si inimicò BonifacioVIII, e ciò gli costò la duplice condannaalla scomunica e al carcere. Fu liberatoda entrambe solo alla morte del pontefi-ce, al quale successe il più mite Bene-detto XI (1303): Jacopone poté così tra-scorrere gli ultimi tre anni della sua vitanella serena quiete del convento di Col-lazione, nei pressi di Todi. Lo stile dolen-te ma pacato della sequenza rende dun-que plausibile l’ipotesi che essa sia statacomposta proprio in quegli anni di ritro-vata tranquillità, e in tal caso l’attribu-

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zione jacoponica del testo non incontranessuna reale obiezione.

Anche ad una prima analisi, la se-quenza rivela uno stile composto, solen-ne, di compunzione raccolta e mistica:affatto diverso da quella passionalità ur-lante, bramosa di sofferenza e di impla-cabile dominio della corporeità cheemerge dalla lettura del Laudario corto-nese, parimenti attribuito a Jacopone. Iltono sobrio e misurato ricorda piuttostoquello della lauda drammatica Donna diparadiso, nota anche come Pianto dellaMadonna, forse il capolavoro del poetaumbro. In entrambe le composizioni laVergine Maria assume pieno risalto diprotagonista, e viene descritta nella pie-

nezza della sua umanità ma an-che nella sublime nobiltà dellasua condizione privilegiata di Madre delSalvatore. Lo Stabat è ricco di remini-scenze scritturistiche filtrate con passio-ne d’amore, espresse in un dettato lim-pido e scorrevole ed in un linguaggiosemplice e popolare, frutto di una deli-berata volontà di rinunciare ad ognisfoggio di bravura per raggiungereun’essenzialità sobria ed efficace. Il testolatino della sequenza è accompagnatoda una traduzione semplice e letterale,che non ambisce ad esprimere alcun va-lore letterario o poetico, e viene offertasolo come sussidio per una migliorecomprensione dell’originale.

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Stabat Mater dolorosaiuxta crucem lacrymosadum pendebat Filius.

Cuius animam gementem,contristatam et dolentem,pertransivit gladius.

O quam tristis et afflictafuit illa benedictaMater Unigeniti,

quae moerebat et dolebat,pia Mater, cum videbatnati poenas incliti.

Quis est homo, qui non fleret,matrem Christi si videretin tanto supplicio?

Quis non posset contristari,Christi matrem contemplaridolentem cum Filio?

Addolorata, la Madre stava in pianto presso la Crocementre pendeva il Figlio.

La sua anima gemente,rattristata e dolenteè stata trafitta da una spada.

Oh quanto triste ed afflittafu la benedetta fra le donne,Madre dell'Unigenito!

Piangeva e soffriva la Madre pietosacontemplando le piaghedel divino suo Figlio.

Chi potrebbe trattenersi dal piantose vedesse la Madre di Cristoin tanto tormento?

Chi potrebbe non provare dolorecontemplando la Madre che soffre insieme al Figlio?

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Pro peccatis suae gentisvidit Iesum in tormentiset flagellis subditum.

Vidit suum dulcem natummoriendo desolatum cum emisit Spiritum.

Eia Mater, fons amoris,me sentire vim dolorisfac, ut tecum lugeam.

Fac ut ardeat cor meum in amando Christum Deum,ut sibi complaceam.

Sancta Mater, istud agas,Crucifixi fige plagascordi meo valide.

Tui Nati vulnerati,tam dignati pro me pati,poenas mecum divide.

Fac me vere tecum flere,Crucifixo condolere,donec ego vixero.

Iuxta crucem tecum stare,te libenter sociarein planctu desidero.

Virgo virginum praeclara,mihi iam non sis amara, fac me tecum plangere.

Fac ut portem Christi mortem,passionis fac consortemet plagas recolere.

Per i peccati del suo popolo ella vide Gesù nei tormentie sottoposto ai flagelli.

Vide il suo dolce figliodesolato nell’agonia,mentre rendeva lo Spirito.

O Madre, sorgente di amore,fa’ ch’io senta la forza del tuo dolore,affinché pianga con te.

Fa’ che arda il mio cuorenell’amare il Cristo-Dio,per essergli gradito.

O Madre santa, concedimi questo:imprimi le piaghe del Crocifissosaldamente nel mio cuore.

Condividi con me le sofferenzeper il Figlio tuo dolenteche per me si degnò di patire.

Con te lascia ch’io pianga vere lacrimee soffra con il Crocifisso,finché io stesso avrò vita.

Restarti sempre vicino sotto la croce,associandomi di cuore con tenel pianto: questo desidero.

O Vergine santa tra le vergini,non respingere la mia preghiera,fa’ che io pianga insieme a te.

Fammi portare la morte di Cristo,partecipare ai suoi patimenti,adorare le sue piaghe sante.

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La prima parte della sequenza (stro-fe 1-4) descrive la passione del Signore:davanti agli occhi del lettore è rappre-sentata la scena del Golgota, con laMadre lacerata nell’intimo dal tremen-do dolore di vedere il figlio crocifisso.Tuttavia il testo, fedele al dettato bibli-co, riferisce che la Vergine, sebbenedolente (dolorosa), tuttavia «stabat» aipiedi della croce: stabat, ossia “era fer-ma, in piedi, solida” (cfr Gv 19,25, do-ve l’evangelista usa il verbo ìstemi, chesignifica appunto “sto in piedi, sto sal-damente fermo”). La tendenza a raffi-gurare con crudo realismo la scena delCalvario è coerente con la sensibilitàche si stava sviluppando al tramontodel medioevo, attenta alla contempla-zione commossa dei dolori del Figlio (sipensi alla nascente devotio modernaed alla pia pratica della via crucis, a cuila tradizione popolare affianca a buondiritto il canto dello Stabat mater). LaVergine Maria è dunque raffigurata sì

dolente, ma insieme sostenuta da unafede grande e incrollabile, che la sor-regge nell’ora terribile del supplizio.Oltre alla cornice giovannea, il testodella sequenza rimanda alla profezia diSimeone, che predisse alla madre latrafissione dell’anima con una spada didolore (cfr Lc 2,34-35). E così l’insisten-za sulla sofferenza della Madre gra-dualmente prevale sulla contemplazio-ne della fede di lei.

A partire dalla quinta strofa il poetainvoca con ardore il desiderio di parte-cipare personalmente ai dolori del Fi-glio unendosi ai dolori della Madre. Èla parte centrale della sequenza, la piùlunga e caratteristica (strofe 5-18), cheesprime il desiderio mistico del poetadi condividere la passione del Redento-re grazie all’intercessione e al modellodi Maria. Ella fu totalmente partecipedei dolori di Cristo perché lo amava te-neramente, con cuore di madre, comefiglio adorato; il poeta (e con lui l’o-

Fac me plagis vulnerari,cruce hac inebriari ob amorem Filii.

Flammis ne urar succensus,per te, Virgo, sim defensusin die iudícii.

Christe, cum sit hinc exire,da per Matrem me veniread palmam victoriæ.

Quando corpus morieturfac ut animae doneturParadisi gloria. Amen.

Ferisci il mio cuore con le sue ferite,inebriami della sua croce,per amore del tuo Figlio.

Che io non bruci senza fine nell’inferno,che io sia da te protetto, o Madre, nel giorno del giudizio.

O Cristo, nell’ora del mio passaggiofa’ che, per mano della tua Madre,io giunga alla palma della vittoria.

Quando la morte dissolverà il mio corpo,fa’ o Signore che alla mia anima sia donatala gloria del Paradiso. Amen.

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rante di ogni tempo), chiedo-no alla Vergine di suscitare un

profondo amore verso Gesù anche nelloro cuore e manifestano l’ardente de-siderio di poter a loro volta parteciparealla passione con gli stessi sentimentidella Madre di Dio. La contemplazionedella passione del Figlio passa attraver-so la contemplazione della compassio-ne della Madre: ella è fons amoris cheviene invocata affinché faccia sentire laforza (vim) del suo dolore anche al cre-dente che prega. La devozione maria-na rimane però solidamente ancorataad un rigoroso cristocentrismo: il sensodell’invocazione rimane il desiderio diamare Cristo ed essergli graditi (ut sibicomplaceam). Il tema della compassio-ne viene ripreso più e più volte, sottodiverse angolazioni, ma custodendo ilprimato dell’amore sul dolore.

Le ultime strofe implorano la sal-vezza eterna dell’anima del poeta, in-vocando la protezione della SantaVergine. Frutto della passione di Cri-sto è la redenzione del mondo; con-templandola, ogni credente è spinto

all’amore, ed è l’amore che apre leporte del paradiso. Sembra qui affio-rare il tema stilnovistico dell’amorecortese che chiede di essere ricambia-to, tema letterario che si stava svilup-pando impetuosamente proprio neidecenni a cavallo tra XIII e XIV secolo:in fondo, il dantesco «amor ch’a nul-lo amato amar perdona» (Inf., V,103)non si distanzia molto dall’intuizionedel canto natalizio Adeste fideles:«sic nos amantem quis non redama-ret?» («chi non ricambierebbe con al-trettanto amore un sì grande amoredel Signore per noi?») e dall’ideacentrale dello Stabat mater: «fac meplagis vulnerari, cruce hac inebriariob amorem Filii». Contemplando lapassione del Verbo «che ci ha amati eha dato se stesso per noi» (cfr Gal2,20), cerchiamo di ricambiare amorecon amore, e conseguire così il pre-mio della vita eterna. L’intercessionee il modello di Maria ci aiutino a su-scitare in noi quei sentimenti di mise-ricordia e di compassione che apronole porte del cielo.

——————1 Qualcuno ha voluto leggere in questa raffigu-

razione classica di Maria (e/o di altre donne cri-stiane), provate fino al martirio, ma eroicamen-te invitte e impavide dinanzi al dolore, un te-ma di derivazione più stoica che cristiana: cfr J.FONTAINE, Un cliché de la spiritualité antiquetardive: «stabat immobilis», in Mélanges J.Straub (Romanitas christianitas), Berlin - NewYork 1982, pp. 528-552

2 Sul rapporto amore-dolore nella spiritualitàfrancescana (cui Jacopone appartiene) si ricor-di almeno questo passaggio dei Fioretti, in cuiFrancesco si rivolge a Dio poco prima di riceve-re le stimmate: «O Signore mio Gesù Cristo,

due grazie ti prego che tu mi faccia, innanziche io muoia: la prima, che in vita mia io sentanell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile,quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nel-la ora della tua acerbissima passione; la secon-da si è ch’io senta nel cuor mio, quanto è pos-sbile, quello eccessivo amore del quale tu, Fi-gliuolo di Dio, eri acceso a sostenere volentieritanta passione per noi peccatori» (Terza consi-derazione delle sacre sante stimmate). Nulla ache vedere, dunque, con certi eccessi doloristi-ci che vengono attribuiti alla spiritualità cristia-na (tavolta forse a ragion veduta, ma non dirado a torto).

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on è solo intento di conti-nuità con l’immagine dellarosa mistica offerta nella

scorsa puntata, né solo frutto di per-sonali predilezioni, l’aver scelto cometitolo dell’attuale tranche della nostracronologia della musica sacra la com-posizione più famosa di GuillaumeDufay: il mottetto Nuper rosarum flo-res, scritto nel 1436 per l’inaugura-zione della cupola brunelleschiana diS. Maria del Fiore a Firenze. In queipochi minuti di musica puramente vo-cale si assomma in modo forse ine-guagliabile la realtà dell’uomo rinasci-mentale. Al punto che le proporzioniarchitettoniche della cupola si rifletto-no a vari livelli in quelle del mottetto,sì che le frasi musicali vi sono dispo-ste secondo un “rapporto aureo” nelquale i segni dell’ordo mensuralis sta-biliscono le relazioni intercorrenti frale quattro sezioni: I:II:III:IV = 6:4:3:2.A dire per sempre l’anelito d’equili-brio, di sovrana venustà, di serenaumanità, che il Quattrocento proponecome segno epocale determinante. Ela figura di Dufay, nato nel primo an-

no del secolo, è più di altre emblema-tica per la sua volontà di non respin-gere l’appena scorso Medioevo, anzidi portarlo a straordinaria sintesi; e altempo stesso di aprire gli orizzonti al-la “Rinascenza”, ad una sensibilitànuova per cui il sapere compositivonon è più autoappagante, ma suscitaemozioni, immagini, chiama l’ascolta-tore a farsi spettatore degli esiti co-struttivi e insieme del palpito lirico dicui l’uomo è capace. La “musica divi-na” e la “musica humana” di Boezionon si contrappongono più: questanon vuol ora riflettere supinamente legeometrie celesti, ma affermarsi conautonomia di genio. E il sacro in mu-sica esce dagli ambiti della pura teo-logia per aprirsi a quelli della filosofia,della rivolta confessionale, della mac-china spettacolare. Lo schiudersi di“flores” di sì intenso profumo sono-ro, è anche lo schiudersi d’un tempoaltrettanto intenso di personalità e dicapolavori, tutti dalla fisionomia for-temente stagliata. Additiamo soltantole tre colonne portanti dei duecentoanni in esame: il Rinascimento, di cui

NUPER ROSARUM FLORES...Due secoli di profondi mutamenti nel cammino

della musica sacra: il Cinquecento e il Seicento

don Maurizio Modugno

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XV Secolo

1400Nasce Guillaume Dufay (la data è tradi-zionale). È educato come fanciullo can-tore nella Cattedrale di Cambrai. Primaal servizio della famiglia Malatesta, dal1428 entra nella cappella pontificia, ri-manendovi per almeno cinque anni. E’poi alla corte sabauda di Torino, quindiancora a Roma e a Firenze, ove il mottet-to Nuper rosarum flores è un evento re-gistrato da tutte le cronache del tempo.Dopo il 1437 la sua attività è poco nota:si sa che passato il 1450 avrà a sua sedestabile la città di Cambrai, ove morirà nel1474. Per lui i più grandi autori del tem-po scriveranno dei “compianti” musicaliche dicono dell’universale meravigliaovunque suscitata dalle sue chansons,dai suoi mottetti, dalle sue messe.

1401Il re di Francia Carlo VI fonda a Parigila “Cour d’Amour”, circolo di intellet-tuali votati alla poesia e alla musica.

1403Viene costituita la Schola Cantorumdella Basilica di S.Marco a Venezia.

1410Fernando Estéban, maestro di cappellaa Siviglia, scrive le Reglas de canto pla-

no é de contrapunto é de canto deorgano.

1418Nicolas Grenon (1380-1456 ca.) passadalla cappella del duca Jean de Berry aquella del duca di Borgogna Jean sanspeur. Dal 1425 al 1437 sarà nella cap-pella pontificia a Roma.

1420 e ss.Nasce nel 1420 Johannes Ockeghem:fiammingo, cantore ad Anversa, è dal1452 maestro di cappella del re diFrancia, incarico che conserverà sinoalla morte nel 1496 a Tours. Famosoper la sua musica ricca di colori e fervi-da di sentimento, compì numerosiviaggi in tutta Europa: di lui ci sono ri-maste circa 17 messe, il primo requiempolifonico, mottetti e chansons. Suomaestro è Gilles Binchois (1400-1460),anch’egli fiammingo prima soldato,poi sacerdote. Dal 1430 alla morte faparte della cappella di Filippo il buono,duca di Borgogna. Famosissimo nelsuo tempo, si distingue soprattuttoper le sue chansons polifoniche, degnedi Dufay per perfezione formale e in-tensità espressiva. Anche se più anzia-no, non è meno insigne l’inglese JohnDunstable (1380-1453). Esercita l’a-stronomia e la matematica; al serviziodel duca di Bedford, lo segue spesso in

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appena s’è detto; la Riforma ela Controriforma; il nascente

Barocco. Entro gli spazi da esse se-gnati risuonano musiche di bellezza

incomparabile, s’affermano ideali su-blimi, nascono forme, stili, modi chemai più usciranno dalla storia. Percor-riamoli insieme.

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Europa, affermandosi anche nel conti-nente. Ha lasciato prevalentementemusica liturgica, nella quale si fondo-no il gusto contrappuntistico dell’ ArsNova francese e quello per le conso-nanze della polifonia inglese.

1435Nasce Johannis Tinctoris, teorico ecompositore fiammingo: attivo primain patria, poi in Italia, oltre che di nu-merose composizioni sacre e profane,è autore di dodici trattati, fra cui il pri-mo dizionario di musica Terminorummusicae diffinitorium.

1463Muore Santa Caterina de’ Vigri: natanel 1413, clarissa, pittrice e musicista,priora del convento del Corpus Dominia Bologna. Nella teca ove è custodito ilsuo corpo nel 1937 viene scoperta una“violeta”, una sorta di ribeca (espostanel 2005 a Cremona), tuttora in perfet-to stato di conservazione e ritenuto ilpiù antico strumento ad arco oggi esi-stente. Nel 1608 Federico Zuccari loraffigura nel dipinto “La visione di San-ta Caterina” imbracciato da un angelo.La Santa lo aveva infatti commissionatodopo averlo visto suonare da uno spiri-to celeste in un’estasi mistica. È un ca-so rarissimo di reliquia musicale.

1467Morte di Michael Behaim di Heidel-berg, primo dei grandi Meistersinger,che vedranno il loro apogeo con HansSachs di Norimberga (1494-1576) e

Adam Puschmann (1532-1600).

1470Viene completato in quest’anno ilBuxheimer Orgelbuch, una delle fontipiù preziose della letteratura per orga-no, sviluppato attorno all’attività diKonrad Paumann, un virtuoso attivotra Monaco e Mantova, e compren-dente ben duecentocinquanta compo-sizioni.

1480 nasce Costanzo Festa: cantore nellaCappella Sistina dopo il 1517, è consi-derato il fondatore della scuola romana.

1484Jacob Obrecht, fiammingo (1450-1505), è nella cappella della cattedraledi Cambrai. Presente più volte a Ferra-ra, viene considerato un tipico espo-nente della tendenza intellettualisticadella musica polifonica fiamminga del‘400.

1485Nasce Clément Janequin, musicista esacerdote francese. Nel 1549 si stabili-sce a Parigi, divenendo nel 1557 com-positore del re. Tra le numerosissimechansons da lui scritte, divengono ce-lebri quelle descrittive.

1496Papa Alessandro VI fa costruire il pri-mo dei due organi della basilica di SanPietro.

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XVI secolo

1500Si diffonde in Italia l’uso del mandolinoe della viola da gamba. Nasce Cristobal de Morales. Vive a Ro-ma dal 1535 al 1545, come tenoredella cappella papale; tornato in Spa-gna, è maestro di cappella a Toledo,Siviglia e Malaga. E’ il primo grandecompositore spagnolo che assurge afama europea. Nella sua musica ha sa-puto fondere sia la scienza compositi-va fiamminga sia l’eredità della musicaiberica, popolare e colta.

1504Nasce Jacob Arcadelt: fiammingo oforse francese, è quasi senz’altro allie-vo di Josquin Després in Francia e poidi Philippe Verdelot a Firenze. Vive alungo a Venezia, quindi a Roma comecantore nella Cappella Papale e infinepresso il Cardinale di Lorena a Parigi.

1505Vede la luce nel Leicestershire ThomasTallis: dal 1542 è maestro di cappelladei re d’Inghilterra Edoardo VI, Maryed Elisabetta I. La sua produzione ri-sente dei rivolgimenti dovuti alla rifor-ma anglicana e restaurazione cattolica.Scrive su testi inglesi e latini, i primi fi-nalizzati alla liturgia anglicana, i secon-di in stile contrappuntistico non insen-sibile ai modelli europei.

1510Nasce a Venezia Andrea Gabrieli. Si

hanno su di lui scarse notizie biografi-che. Forse è prima organista al Duomodi Verona, certo lo è a Venezia dal1550. Nel 1562 intraprende, insiemead Orlando di Lasso, un viaggio in Eu-ropa. Compositore, organista, didatta,è, tra gli altri, maestro di Hassler e delnipote Giovanni. Eccelle tanto nellamusica strumentale (celebre la sua Bat-taglia), quanto in quella vocale: il suostile, spettacolare, coloristico, ricco dieffetti e di audacie melodiche e armo-niche, è tipico dell’arte veneziana. Suocoetaneo è lo spagnolo Antonio deCabezón, l’organista cieco di Carlo V edi Filippo II. Al seguito della corte viag-gia sovente in Europa. Dal 1554 al1556 è a Londra, dove la sua arte in-fluenza in modo considerevole la musi-ca inglese. E’ uno dei massimi rappre-sentanti dell’arte organistica spagnola.

1514Nasce Giovanni Animuccia. Formatosia Firenze, venne presto a Roma al ser-vizio del Cardinale Ascanio Sforza. Nel1555 fu chiamato a succedere al Pale-strina come maestro della CappellaGiulia. Compone madrigali e musichesacre, tra cui si ricordano le Laudi spiri-tuali, dedicate all’amico S. Filippo Neri.

1517Muore Heinrich Isaac. Nato forse nel1450, della sua vita anteriore al 1484quasi nulla è noto. In quest’anno Lo-renzo de’ Medici lo chiama dalle Fian-dre a Firenze, dove rimarrà fino al1496. Dopo un breve periodo al servi-

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zio dell’imperatore d’Austria, tornerànella città toscana, dove si stabilirà de-finitivamente. A lui si deve una produ-zione vastissima, profana (pose in mu-sica i Canti carnascialeschi del Magnifi-co) e sacra, nella quale spiccano i tre-cento mottetti per il proprium missaedel duomo di Costanza (il ChoralisConstantinus). La sua figura è tra lepiù emblematiche del Rinascimentoper il gusto straordinario, la leggerezzae l’eleganza dell’espressione.

1524Martin Lutero imprime una decisa svoltaalla sua concezione della musica sacra:“Il testo e la musica, l’accentazione, lamelodia e l’andamento generale, devo-no provenire dalla lingua e dalla voceautenticamente native”. Con i Geystli-ches Gesangk Buchlein egli offre all’usoliturgico testi e corali che andranno aformare il corpo fondamentale del cultoriformato e della “Deutsche Messe”.

1525Nasce a Palestrina Giovanni Pierluigi.Nel 1537 è fanciullo cantore a S. MariaMaggiore a Roma. Nel 1544 viene no-minato maestro di canto e organistanel Duomo di Palestrina. Quando il Ve-scovo di Palestrina Giovanni Maria delMonte è eletto Papa col nome di Giu-lio III, egli diviene, nel 1551, maestrodella Cappella Giulia. Nel 1555 è no-minato cantore nella Sistina, incaricoche lascia quasi subito (perché non ce-libe) per quello di maestro di cappellain S. Giovanni in Laterano e poi a S.

Maria Maggiore. Nel 1565 di-viene direttore dell’educazionemusicale nel Seminario Romano, tor-nando poi nel 1571 alla Cappella Giu-lia. Muore nel 1594. “Princeps musi-cae” è la personalità di riferimento diun’intera epoca per la impareggiatamaestria contrappuntistica e per laspontanea bellezza delle linee melodi-che, non aliene da ascendenze grego-riane. La maggior parte della sua pro-duzione rispecchia i criteri propostidalla Controriforma nell’ambito dellamusica sacra, precipui quelli dell’uso ditemi non profani e della percepibilitàdelle parole dei testi liturgici. Indiscus-so capo della “Scuola romana” è stu-diato da secoli come modello assoluto.

1532Vede la luce a Mons il compositore Or-lando di Lasso. Prima fanciullo cantorenella città natia, nel 1544 entra al ser-vizio di Ferdinando Gonzaga. Dal 1549è a Napoli con il marchese D’Azzia. Dal1553 è maestro di cappella in S. Gio-vanni in Laterano. Dopo un periodonelle Fiandre, scende nel 1556 a Mo-naco prima come tenore, poi comemaestro nella cappella di corte, doverimarrà per tutta la vita. Stimato eonorato come pochi musicisti del suotempo, ha firmato una produzione va-stissima, segnata da una peculiaregrandiosità, da una sintesi mirabile deiportati italiani, francesi e fiamminghi,da scelte di testi poetici culturalmenteavvertite (Petrarca, Ariosto, Bembo,Sannazzaro).

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1539-1562Redazione del Salterio ginevri-

no, musicato da Louis Bourgeois eClaude Goudimel.

1541Gioseffo Zarlino, nato nel 1517, fratefrancescano, è ordinato sacerdote: sitrasferisce poi a Venezia, ove è allievodi Willaert. Nel 1546 è nominato mae-stro di cappella a S. Marco, incaricoche occuperà fino alla morte nel 1590.Compositore di pregio, Zarlino è so-prattutto il grande teorico del XVI se-colo. Sue opere fondamentali sono leIstitutioni armoniche (1558), le Dimo-strazioni armoniche (1571), i Soppli-menti musicali (1588). L’universo zarli-niano, di stretta matrice matematica, sibasa sulle definizioni di maggiore e diminore ed è alla base della teoria mu-sicale moderna.

1543Nasce il compositore inglese WilliamByrd. Forse allievo di Tallis, viene nomi-nato organista prima del duomo diLincoln, poi della cappella reale a Lon-dra. Attento alla musica strumentaleper virginale e per consort di viole,scrive oltre duecento composizioni reli-giose e profane, tra cui spiccano i gra-duali da tre a sei voci, considerati l’e-spressione più alta della sua arte.

1544A. F. Doni (1513-1574) pubblica il Dia-logo della musica, che descrive le abi-tudini dei circoli musicali del tempo.

1548Ad Avila nasce Tomas Luis de Victoria.Studia in Spagna e poi a Roma, ove èforse allievo del Palestrina. Nel 1569diviene organista nelle due chiese spa-gnole di Roma, S. Maria di Montserrate S. Giacomo. Due anni dopo è mae-stro di cappella nel Seminario Romano.Ordinato sacerdote nel 1575, passanel 1579 al servizio dell’imperatriceMaria, figlia di Carlo V. A Roma è an-cora cappellano a S. Girolamo dellaCarità, tornando poi a Madrid e rima-nendo fino alla morte, nel 1611, alservizio dell’imperatrice, nel frattemporitiratasi in monastero. Victoria è il piùgrande compositore del Rinascimentospagnolo e uno dei massimi del suotempo. Tipico rappresentante dellaControriforma, spirito mistico, la suamusica è da accostare alle appassiona-te esperienze spirituali di santa Teresad’Avila e di san Giovanni della Croce.

1550Il Book of common prayer anglicanoviene corredato di una notazione mu-sicale.

1560Nasce a Napoli Carlo Gesualdo, princi-pe di Venosa, nipote dei cardinali Car-lo Borromeo e Alfonso Gesualdo. Lasua vita è poco conosciuta, se si esclu-de l’omicidio della moglie, Maria d’A-valos, sorpresa in adulterio con Fabri-zio Carafa e il successivo matrimoniocon Eleonora d’Este, nipote di AlfonsoII duca di Ferrara, ove si è rifugiato nel

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1590, per sfuggire sia la giustizia, siala vendetta dei d’Avalos. È musicistaper diletto, ma eccelso: e va compresocome personalità di cerniera fra il Ri-nascimento e il Barocco, per l’uso ac-centuato del cromatismo, per la con-templazione dei temi della morte e deldolore, per l’espressività fortementechiaroscurata. L’audacia armonica, lostile declamatorio, l’apparente stasi so-no i segni ulteriori della sua musica,certo tra le più originali e affascinantidel suo tempo, non casualmente para-gonata alla pittura del Caravaggio.

1562Gasparo da Salò costruisce il primoviolino pervenuto ai nostri giorni. ADublino nasce John Dowland: giova-nissimo entra al servizio dell’ambascia-tore inglese a Parigi, ove studia atten-tamente la musica francese. Viaggia inGermania e in Italia, venendo poi as-sunto come liutista prima alla corte diDanimarca, poi a quella d’Inghilterra.La raccolta di pavane intitolate Lachry-mae per viola e liuto è considerata lasua opera più significativa.

1563Si chiude il Concilio di Trento, iniziatonel 1545. Le sessioni XXII, XXIII e XXVsi erano occupate degli abusi e delleistanze di rinnovamento in tema dimusica sacra. E quindi di eliminare dal-la liturgia la presenza del contrappun-to imitativo, al fine di non perdere l’in-telligibilità e il valore del testo sacro; digarantire la sacralità della celebrazione

eliminando i temi e i testi pro-fani; di formare musicalmentei sacerdoti soprattutto con l’insegna-mento del canto gregoriano. Tali lineeguida verranno attuate principalmentegrazie all’opera di S. Carlo Borromeo,che partirà dal principio secondo ilquale la musica sacra deve perpetuarela “soave melodia degli angeli musi-canti”. Arcivescovo di Milano, il Borro-meo incarica il maestro di cappella delduomo, Vincenzo Ruffo (1510-1587),di porre in pratica i provvedimenti delConcilio. Negli anni Ottanta indivi-duerà in Orazio Vecchi (1550-1605) lapersonalità idonea a proseguirne l’o-pera.

1568Vincenzo Galilei pubblica il Fronimo,uno dei più completi trattati del temposulla musica e sulla tecnica liutistica.Nel 1581 pubblicherà il Dialogo dellamusica antica et della moderna. Nellostesso anno il Sinodo di Ravenna pre-scrive la presenza dell’organo nelleCattedrali della Serenissima.

1572A Roma papa Gregorio XIII vieta glispettacoli teatrali, con eccezione diquelli curati dalla Compagnia di Gesùe dalle Accademie.

1574Enrico III di Francia è in visita a Vene-zia: davanti a lui si esibiscono ai dueorgani della Basilica di S. Marco Clau-dio Merulo (1533-1604) e Andrea Ga-

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brieli. La musica strumentale aVenezia conosce un periodo di

eccezionale rigoglio.

1575S. Filippo Neri istituisce a Roma laCongregazione dell’Oratorio in S. Ma-ria in Vallicella. Per rendere piena e se-rena la partecipazione dei fedeli agliesercizi spirituali, il Santo introduce l’u-so di far precedere e seguire l’omeliadal canto delle Laudi spirituali. Colla-boreranno con lui Animuccia, Palestri-na, Anerio e altri. L’oratorio barocco,specifica forma musicale, è da consi-derare un’evoluzione di tale uso.

1580Muore a Cremona Andrea Amati, ca-postipite della più celebre famiglia diliutai. Suo nipote, Nicola, sarà maestrodi Guarnieri e di Stradivari. Nasce a Pa-lermo Sigismondo d’India. Di famiglianobile, è presente in diverse città italia-ne, da Mantova (ove conosce Monte-verdi) a Firenze, da Piacenza a Modenae Torino, qui come musico da cameradi Carlo Emanuele I di Savoia. A Romaè per due anni al servizio del CardinaleMaurizio di Savoia. Ha pubblicato ottolibri di madrigali, due di villanelle, cin-que libri intitolati Le musiche e compo-sizioni sacre.

1583Nasce a Ferrara Girolamo Frescobaldi.Allievo di Luzzasco Luzzaschi, appenaventenne si trasferisce a Roma, ove nel1607 è nominato organista di S. Maria

in Trastevere. Nello stesso anno segueil Cardinale Bentivoglio, suo mecenate,nelle Fiandre, rimanendovi per un an-no e pubblicando i suoi primi lavori (ilprimo libro dei Madrigali a cinque voci,le Arie musicali). Poco dopo vince ilconcorso per il posto di organista allaCappella Giulia, stabilendosi definitiva-mente a Roma. Vi rimarrà tutta la vita(anche al servizio degli Aldobrandini),salvo un periodo trascorso presso ilGranduca di Toscana Ferdinando II. Invita Frescobaldi fu universalmente ap-prezzato tanto per la sua prodigiosaabilità d’organista, quanto come com-positore. Sotto questo profilo egli è daritenere una delle personalità più altedel suo secolo per la ricchezza musica-le d’una produzione nella quale si as-sommano semplicità, purezza, passio-ne, eccelso magistero tecnico, che so-prattutto la sua opera strumentale – leToccate e partite, i Capricci, i Fiori mu-sicali, le Canzoni a più voci – ma anchequella vocale, testimoniano mirabil-mente.

1585Nel maggio del 1585 il pontefice SistoV pubblica la bolla Ratione congruit,atto ufficiale di fondazione della Con-gregazione dei Musici sotto l’invoca-zione della Beata Vergine e dei SantiGregorio e Cecilia, unendo quindi fra isuoi patroni accanto alla Vergine i duesanti musicali per eccellenza, GregorioMagno cioè colui che per tradizioneaveva istituito il canto ecclesiastico - ilcosì detto canto gregoriano - e Ceci-

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lia, vergine e martire che a partire daltardo medioevo si era progressivamen-te sostituita a Davide nel ruolo di pa-trona della musica. Sua prima sede è lachiesa di Santa Maria ad Martires, piùnota come Pantheon.

1599Muore a Roma Luca Marenzio. Nato aBrescia nel 1553, era stato attivo aTrento, a Modena, a Firenze (ove insie-me a Jacopo Peri e a Emilio de’ Cava-lieri aveva curato gli intermezzi esegui-ti durante i festeggiamenti per le noz-ze del duca Ferdinando con Cristina diLorena. Scende poi a Roma, quindi ri-

sale in Polonia e a Venezia.Non è casuale che la sua per-sonalità chiuda il Cinquecento: in lui enella sua eccelsa produzione madriga-listica, si assommano gli ideali del Ri-nascimento, già peraltro fecondi diquelli barocchi. Massimo esponentedel petrarchismo musicale, egli fa pro-pri gli artifici del simbolismo sonoro,della musica visiva, in sinergia con gliinputs offerti dai testi e con un’espres-sività di soavissimo intimismo. Non er-roneamente lo si pone alle soglie delrecitar cantando fiorentino, della na-scente opera in musica e della poeticamonteverdiana.

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Assunzione della Madonna, sec. XIV, Sacro Speco, Subiaco

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ome in molti libri del VecchioTestamento il tema della sa-pienza (la cui ricerca ha sem-

pre affascinato i popoli antichi e cheSalomone addirittura domanda a Diocome il bene più prezioso) si interpretacome profezia dell’avvento di Cristo,

così nel Nuovo Testamento si imme-desima con Gesù, seconda personadella Trinità, il logos che con l’incarna-zione è venuto ad abitare in mezzo anoi per sigillare una volta per tutte, sul-la croce, il patto nuziale d’amore perl’eternità con la sua sposa, la Chiesa.

A riguardo le parole del-l’apostolo Paolo sono mol-to esplicite: “…E mentre iGiudei chiedono i miracolie i Greci cercano la sapien-za, noi predichiamo Cristocrocifisso….Cristo potenzadi Dio e sapienza di Dio….il quale per opera di Dio èdiventato per noi sapienza,giustizia, santificazione eredenzione…” (1Cor 1,22-30).

A partire dal III sec. an-che nell’esegesi cristiana,dai Padri della Chiesa ai pri-mi scrittori cristiani, si cercòdi approfondire l’idea del-l’epifania del Figlio di Diocome la sapienza del DioPadre, associandola non so-lo con l’incarnazione, maanche con la passione e ilsacrificio di Cristo sulla cro-ce, dell’ “Agnello immola-to…degno di ricevere po-

Cristo incarnazione della sapienza divina

Roberta Boesso

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Mesopentecoste, sec. XVI, Kargopol’

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tenza e ricchezza, sapienza e forza,onore, g lor ia e benediz ione” (Ap 5,12).

Quella del Salvatore Emmanuele,‘Dio con noi’, è la tipologia iconogra-fica più importante di Cristo, legataalla simbologia sapienziale. Al centrodell’icona, a mezzo busto, è rappre-sentato l’Emmanuele, il cui volto èinscritto in un’aureola cruciformecon la scritta greca ‘Colui che è’. Taledenominazione di Cristo si lega diret-tamente all’interpretazione cristianadella sapienza, come commenta Dio-nigi lo Pseudo Aeropagita: “Il nomedi ‘Colui che è’ si estende su tuttociò che esiste…il nome della Sapien-za si estende su tutto ciòche pensa, è dotato di ra-gione e si recepisce con isensi, e supera tutto ciò…‘Colui che è’ (Es 3,14) è lacausa sovraessenziale e so-stanziale di ogni possibileessere”.

Il Figlio di Dio incarnan-dosi si è rivestito della bel-lezza divina; giovane e bel-lo, è immagine di quell’e-terna bellezza che l’uomopuò acquisire solo tramitela redenzione. La sua giova-ne età simboleggia il corponudo immacolato di Coluiche, come mite e umi leagnello, si immolerà per lasalvezza dell’umanità. I duearcangeli raffigurati sullacornice, che si inchinano

verso l’Emmanuele, simboleg-giano l’obbedienza da lorotributata al Signore e il loro ministeroliturgico.

Stesso significato sapienziale èracchiuso nell’icona della Mesopente-coste, così intitolata (come attesta l’i-scrizione sullo sfondo dorato) perchéla sua festa cade a ‘metà penteco-ste’, ovvero a metà del periodo cheintercorre tra la festa di Pasqua equella della Trinità. Alla base di que-sto soggetto vi è il racconto evan-gelico della disputa di Gesù dodicen-ne tra i dottori della legge, nel tem-pio di Gerusalemme, che rimaneva-

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Salvatore Emmanuele, sec. XVI, Mosca

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no stupiti di fronte alla suasaggezza. “Il bambino cresce-

va e si fortificava, pieno di sapienza,e la grazia di Dio era sopra di lui” (Lc 2,40).

Cristo Emmanuele è assiso su untrono dorato dall’alto basamento edallo schienale semicircolare: è il tro-no del re Salomone, è il trono dellasapienza. Con la mano sinistra Cristoregge il rotolo delle Scritture, centrocompositivo e ideale dell’icona: èsimbolo della Parola di Dio, dell’in-carnarsi della sapienza divina delCreatore che si dona agli uomini at-traverso il Figlio. Il gesto di benedi-zione che invece compie con la de-stra, in realtà sembra quasi invitaregli scribi, seduti sconcertati e attonitiintorno al trono, al dialogo, espri-mendo la volontà alla predicazione.

Tra gl i edif ic i dal le complessestrutture architettoniche che fannoda sfondo, spicca al centro dellacomposiz ione un grande tempiobianco a tre registri, dai tetti azzurri edalla cupola d’oro: è il tempio di Ge-rusalemme del re Salomone, sededella sapienza, la casa di Dio tra gliuomini. Il drappo rosso sospeso tragli edifici, quasi collegandoli tra loro,sta a ricordare, com’è di consuetudi-

ne nell’iconografia orientale, che l’e-pisodio qui raffigurato si svolge all’in-terno del tempio.

Anche questa icona, come la prece-dente, svela l’essenza di Cristo comeLogos, Verbo incarnato, fatto uomo.Nonostante le sembianze giovani, ilFiglio di Dio si ‘manifesta’ in tutta lasua maestosa nobiltà; il suo volto lumi-noso, dolce ma nello stesso tempo au-stero, è il volto del sapiente, del mae-stro che con autorevolezza e amore ciammaestra, riversando su di noi la sa-pienza divina che, come arcobaleno (acui allude la semicircolarità dello schie-nale del trono), congiunge il mondoterreno con quello celeste.

“Dalla sua pienezza noi tutti ab-biamo ricevuto e grazia su grazia”(Gv 1,16).

Rivestiamoci dunque di sapienzae, come il giovane Salomone, procla-miamo con gioia: ” Questa ho amatoe ricercato fin dalla mia giovinezza,ho cercato di prendermela come spo-sa, mi sono innamorato della sua bel-lezza….riposerò vicino a lei, perchéla sua compagnia non dà amarezza,né dolore la sua convivenza, ma con-tentezza e gioia”.

(Sap 8,2.16)

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acque nel 1869 nel Sudan;raccontare di lei vuol dire ri-chiamare migliaia di uomini,

donne, bambini che in ogni parte del-l’Africa sono stati schiavizzati, tortura-ti, uccisi…Una deportazione mai finitache continua ancora oggi in manieradiversa e si espande alle frontiere olungo le coste della penisola. Bakitanon è il suo vero nome; all’età di ottoanni viene rapita e per lo spaventoprovato dimenti-ca tutto i l suobreve passato,anche la suaidentità. I suoirapitori per unasorta di ironia lachiamano Baki-ta, che significafortunata e conquesto nomel’abbiamo cono-sciuta. Piccola et e r r i b i l m e n t espaventata è co-stretta a stare alpasso dei suoirapitori checamminano pergiorni attraver-sando boschi,monti e deserti.Man mano chesi attraversanovillaggi e paesi la

carovana s’ingrossa sempre più di nuo-vi schiavi. Merce umana, viene consi-derata… gente a cui viene negata lavita, schiacciata dal peso delle catene.Il pensiero di questi “cortei di martiri”mi lascia col fiato sospeso; il dolore ditanti innocenti s’impregna di silenzio, ilsilenzio che fa vibrare di nostalgia, chefa esprimere il cuore, fa parlare i sensi.Il dolore dei bambini non lascia maitranquilli, si ode ovunque, entra den-

SANTA GIUSEPPINA BAKITAsuor Clara Caforio, ef

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tro le maglie di tanti torpori.Così è ancora oggi e così è per

la nostra Bakita che strappata alle sueradici inizia il suo calvario. Lei stessaanni dopo ha la forza di raccontare:“Una mattina il padrone mi presenta aun mercante di schiavi che mi comperae mi unisce ad altri schiavi, erano treuomini, tre donne, fra cui una fanciullapoco più grande di me. Subito ci met-temmo in viaggio per otto giorni, cifermavamo solo qualche ora a riposareo a prendere cibo. Allora veniva toltala catena dal collo e posta al piede adistanza di un passo dall’altro, per im-pedire la fuga… Finalmente sostammoal mercato degli schiavi”.

Venduta e rivenduta più volte neimercati di El Obeid e di Kartoum lagiovane conosce l’umiliazione, la vio-lenza, le sofferenze fisiche e morali,poi finalmente nella capitale del Sudanarriva un po’ di sollievo perché vienecomperata da un console italiano dinome Callisto Legnani e con questo fi-nalmente un barlume di umanità; rac-conta ancora “questa volta fui davverofortunata, perché il nuovo padrone eraassai buono e prese a volermi tantobene. La mia occupazione era di aiuta-re la cameriera nelle faccende dome-stiche, non ebbi né castighi né percos-se, sicché non mi pareva vero di gode-re tanta pace e tranquillità”. Nella casadel Console la giovane conosce anchela serenità e la gioia; sentimenti finoallora repressi dalla crudeltà dei suoiaguzzini. Ma quanta nostalgia avràprovato nelle lunghe notti e nelle gior-

nate di lavoro? La stessa che mi tornain mente vedendo lo sguardo di tantagente che proprio nel Sudan muoreper fame, per mancanza d’acqua, permalattia. Uno sguardo velato di malin-conia per qualcosa che non c’è, man-ca, è distante, si perde nella memoriadi un Occidente che invece s’ingrassasempre più.

La storia di Bakita è intrisa di doloree di speranza; intanto nuove situazionipolitiche costringono il Console a par-tire per l’Italia e la nostra giovane chie-de e ottiene di partire con lui e unamico di famiglia, un certo AugustoMichieli. La moglie Maria Turina Mi-chieli chiede, arrivati a Genova, di farlarimanere presso di lei e così ricominciauna nuova esperienza, questa volta aZianigo, una frazione di Mirano Vene-to. Intanto l’acquisto di un albergo aSuakin nel Mar Rosso costringono piùtardi la signora Mieli a trasferirsi inquella località per aiutare il marito. Pri-ma di partire pensa bene di affidare lafiglia Mimmina e Bakita a qualche col-legio per avere un po’ d’istruzione e suconsiglio dell’amministratore di fami-glia Illuminato Cecchini, le ragazzinevengono affidate alle suore Canossia-ne. Precedentemente il signor Cecchiniaveva regalato alla giovane “moretta”un Crocifisso d’argento: “Nel darmelo,dice Bakita, il signor Illuminato lo ba-ciò con devozione, poi mi spiegò cheGesù Cristo, Figlio di Dio, era mortoper noi. Io non sapevo chi fosse, maspinta da una forza misteriosa lo na-scosi per paura che la signora me lo

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prendesse. Prima non avevo mai na-scosto nulla, perché non ero attaccataa niente. Ricordo che lo guardavo dinascosto e sentivo in me una cosa chenon sapevo spiegare”. La generosità diCecchini è gratuita, dettata dall’amoredi Dio; grazie al suo interessamento ledue fanciulle intraprendono un cam-mino di fede, soprattutto Bakita chenon essendo battezzata necessitamaggiormente di catechesi, di cono-scere Gesù e la sua Parola. Per la gio-vane comincia un nuovo percorso, chil’avrebbe mai detto?!… Dall’Africa at-traverso la schiavitù e un doloreprofondo…Come afferma la Scrittura:dall’Egitto ho chiamato mio figlio, l’holiberato dalla sua schiavitù… Davverola sofferenza dei perseguitati, degli af-flitti di ogni tempo non va persa. Misembra di vedere il Padre Eterno che diciascun pianto fa delle riserve speciali;goccia dopo goccia trasforma in perlepreziose il grido degli innocenti. Così èper Bakita che cresce nella consapevo-lezza di Dio che l’ha condotta attraver-so sentieri tortuosi senza mai abban-donarla. Intanto la sua signora Michieliritorna dall’Africa per riprendere la fi-glia e la nostra giovane, ma quest’ulti-ma con fermezza e coraggio manifestaapertamente l’intenzione di rimanerepresso le Madri Canossiane, è il 29 no-vembre 1889! Una data memorabileperché rinuncia a tornare in Africa, ri-nuncia alle sue radici per conoscere ilTutto. In lei, pur non essendo ancorabattezzata è all’opera la forza di quella“Luce vera che illumina ogni uomo,

che viene in questo mondo”(Gv 1,9). Spesso ha modo diraccontare: “Rientrata nel catecume-nato, trascorso il tempo dell’istruzionericevetti con una gioia che solo gli an-geli potrebbero descrivere, il santobattesimo, il 9 gennaio 1890. Mi fuposto il nome di Giuseppina Margheri-ta e Fortunata. Il giorno stesso ricevettila cresima e la comunione. Oh che in-dimenticabile data! Mi fermai nel cate-cumenato 4 anni, durante i quali sischiariva sempre più in fondo all’animauna voce soave che mi faceva deside-rare di essere anch’io religiosa. Alla fi-ne ne parlai con il mio confessore, eglimi suggerì di dirlo alla superiora […]La buona madre non solo mi accordòla domanda ma aggiunse ch’ella stessavoleva avere la soddisfazione di vestir-mi del santo abito e di accogliere lamia professione. Il 7 dicembre 1893entrai in noviziato a Venezia”. Succes-sivamente Bakita fa la professione reli-giosa, si consacra per sempre a Dioche lei usava chiamare in tono confi-denziale ‘el me paron’. Un padroneche finalmente la libera da ogni schia-vitù, che le ridona dignità, che ama econsola da ogni tribolazione.

La vita di Giuseppina Bakita si svol-ge per quasi cinquant’anni nella totaleumiltà, proprio come degna Figlia dellaCarità. Nella casa di Schio (VE) vive te-stimoniando l’Amore a Gesù concreta-mente, nella preghiera e nelle diverseoccupazioni che le vengono richiestecome cuciniera, sacrestana e portinaia.Uffici semplici ma cantieri utili che ad-

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destrano alla mitezza, allabontà verso tutti e ciascuno.

Comprende nella sua grande umanitàche missionario è chi è disposto a par-tire ma anche a restare fedelmente alposto assegnatole dall’obbedienza, co-me una sentinella che sta di guardia altesoro, come una testimone credibileche raccon-ta Dio conla vita.Consorellee educander icordanoad esempioche quan-do lavoravain cucina,aveva l’av-vertenza dis c a l d a r escodelle epiatti, per-ché le vi-vande arri-vassero cal-de davantialle nume-rose com-m e n s a l i .Verso leammalatedimostra, inoltre un’attenzione specia-le e grande delicatezza. La guerra del1914-1918 induce a sfollare parte del-la comunità e le educande a MiranoVeneto per cui Madre GiuseppinaBakita deve supplire a tanti uffici e fraquesti la sacrestia, dove naturalmente

si sente particolarmente felice perchépuò trascorrere parte del suo tempoalla presenza del suo ‘paron’. Il cappel-lano difatti scrive di lei: “In quel perio-do conobbi molto bene una suora afri-cana da tutti chiamata Madre Moretta.Si presentava sempre con umiltà esemplicità. Una delle sue occupazioni

era la sa-crestia. Lasua preci-sione edesattezza inquesto uffi-cio rivelava-no la suagrande fe-de nell’Eu-c a r i s t i a .Con moltas o d d i s f a -zione egioia pre-parava l’al-tare e gliarredi sacriper la Mes-sa. Uscivaspesso inespressioniche mo-stravano la

sua fede e invitavano alla bontà e allafiducia in Dio ‘el Paron… el Segnor’, ri-peteva, ma in tal modo che conquista-va anche l’animo dei soldati”. Tralascioaltri preziosi dettagli del racconto persottolinearne altri che emergono leg-gendo alcune sue biografie. Bakita è

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stata innanzitutto una fervente testi-mone dell’amore di Cristo Redentore;non poche volte per obbedienza è co-stretta a spostarsi nelle varie comunitàper raccontare la sua storia: una testi-monianza vivente della fede! Di naturatimida e schiva da ogni pubblicità devefarsi vedere e parlare in pubblico; isuoi racconti erano introdotti sempre:“Siate buoni, amate il Signore, pregateper quegli infelici che non Lo conosco-no. Sapeste che grande grazia è cono-scere Dio!” Dotata di sapienza ebontà a tutti dona consigli spirituali…,sopporta ogni inconveniente per amo-re delle missioni, per la sua Africa! Ne-gli anni 1936-’38 risiede nella casa diNoviziato per le Missioni Canossiane aVimercate (MI), dove svolge l’ufficio diportinaia e anche qui trova gente daaccogliere, da volere bene, da consola-re, da indirizzare a Gesù. Poi ancoraun’alternarsi di trasferimenti; a Schioarriva alla vigilia della seconda guerramondiale, inserita nei soliti umili uffici,interrotti ogni tanto da gravi disturbifisici.

In piena guerra mondiale l’8 dicem-bre del 1943 madre Giuseppina com-pie cinquant’anni di vita religiosa fra leFiglie della Carità con grande festa daparte di tutti che la considerano giàuna santa.

Con l’anzianità sopraggiungonoancora sofferenze lunghe e doloroseche Bakita accetta e offre. Durante lasua agonia rivive i terribili giorni dellasua schiavitù e più volte implora l’in-fermiera che l’assiste: “Mi allarghi le

catene… pesano!” E prima dimorire l’8 febbraio 1947 ha ilcoraggio di dire ancora: “Me ne vado,adagio adagio, verso l’eternità… Mene vado con due valigie: una contienei miei peccati, l’altra, ben più pesante,i meriti infiniti di Gesù Cristo. Quandocomparirò davanti al tribunale di Dio,coprirò la mia brutta valigia con i meri-ti della Madonna, poi aprirò l’altra,presenterò i meriti di Gesù e dirò all’E-terno padre: ‘Ora giudicate quello chevedete!’ Oh sono sicura che non saròrimandata! Allora mi volterò verso S.Pietro e gli dirò: Chiudi pure la porta,perché resto!”. Cosa dire di questadonna? Si dovrebbe pensandola canta-re il Magnificat: ... Grandi cose ha fat-to in me l’Onnipotente e santo è il suonome. Grandi cose ha fatto davvero ilSignore nel suo animo, prima di tuttole ha fatto sperimentare la misericordiapersino verso i suoi persecutori; le hadonato la grazia di riconciliarsi con lasua storia travagliata, di guarire nellamemoria.

L’amore per la sua terra non l’hamai abbandonata, questo vasto Conti-nente così ricco di umanità e afflittoda gravi ingiustizie. Una preghieracomposta da lei in occasione della suaprofessione religiosa esprime questanostalgia struggente: “O Signore, po-tessi volare laggiù presso la mia gente,predicare a tutti a gran voce la tuabontà: oh, quante anime potrei con-quistarti, fra i primi, la mia mamma, ilmio papà, i miei fratelli, la sorella mia,ancora schiava… Tutti, tutti i poveri

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negri dell’Africa, fa’ o Gesùche anche loro ti conoscano e

ti amino”. Alla sua morte una folle nu-merosa si è riversata nella casa di Schioper vedere e piangere la santa madreMoretta. Giovanni Paolo II l’ha procla-mata santa il 1 ottobre dell’anno giu-bilare del 2000 e la sua memoria si ce-lebra l’8 febbraio.

Concludo il mio racconto riportan-do parte dell’omelia che il Papa ha fat-to il giorno della sua beatificazione, èuna riflessione che ci coinvolge e c’in-vita ad essere solidali con tutti i profu-ghi, gli esiliati, le donne, gli uomini e ibambini del Sudan che ogni giorno vi-vono il flagello della povertà e delleguerriglie fratricide.

“La vita di Giuseppina Bakita si con-sumò in una incessante preghiera dalrespiro missionario, in una fedeltà umi-le ed eroica alla carità, che le consentìdi vivere la libertà dei figli di Dio e dipromuoverla attorno a sé. Nel nostrotempo, in cui la corsa sfrenata al pote-re, al denaro, al godimento causa tantasfiducia, violenza e solitudine, suorBakhita ci viene ridonata dal Signorecome sorella universale, perché ci riveliil segreto della felicità più vera: le Bea-titudini. Il suo è un messaggio di bontàeroica ad immagine della bontà del Pa-dre celeste. Ella ci ha lasciato una testi-monianza di riconciliazione e di perdo-no evangelici, che recherà sicuramenteconforto ai cristiani della sua patria, ilSudan, così duramente provato da unconflitto che dura da molti anni e cheha provocato tante vittime. La loro fe-

deltà e la loro speranza sono motivo difierezza e di azione di grazie per tuttala Chiesa. In questo momento di gran-di tribolazioni, suor Bakhita li precedesulla via dell’imitazione di Cristo, del-l’approfondimento della vita cristiana edell’incrollabile attaccamento alla Chie-sa. Nello stesso tempo desidero, anco-ra una volta, rivolgere un accorato ap-pello ai responsabili delle sorti del Su-dan, affinché diano realizzazione agliideali di pace e di concordia; affinché ilrispetto dei diritti fondamentali dell’uo-mo – e in primo luogo del diritto alla li-bertà religiosa – sia a tutti garantito,senza discriminazioni etniche o religio-se. Preoccupa grandemente la situazio-ne delle centinaia di migliaia di profu-ghi dalle regioni meridionali, che laguerra ha costretto ad abbandonarecasa e lavoro; recentemente sono statiobbligati a lasciare anche i campi doveavevano trovato una qualche forma diassistenza e sono stati trasportati inluoghi desertici ed è stato perfino im-pedito il libero passaggio ai convogli disoccorsi delle agenzie internazionali. Laloro situazione è tragica e non può la-sciarci insensibili”.

Bibliografia:

Dagnino M. L., Bakita racconta lasua storia,Città nuova 1989.

Mondrone D., Giuseppina Bakita, Isanti ci sono ancora, Vol. V, Ed. Prosanctitate.

Facco G., Bakita, ed. Messaggero,1981.

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Il tempo liturgico

l tempo liturgico nella suascansione annuale, l’Anno li-turgico, è un campo specifico

dello studio della liturgia in tutti i suoiambiti (storia, teologia, celebrazione,pastorale, spiritualità).

Dal punto di vista della liturgia comecelebrazione, è una dimensione del mi-stero di Cristo celebrato, ma è ancheconnesso con tutte le celebrazioni litur-giche, specialmente con l’Eucaristia e laLiturgia delle Ore. Infatti, non vi è cele-brazione eucaristica o della lode divinache non sia in qualche modo collegatacon la celebrazione dell’Anno liturgico;

e, viceversa, non c’è celebrazione deltempo liturgico che non si esprima at-traverso la celebrazione eucaristica, deisacramenti, della preghiera liturgica.

Si tratta quindi di una dimensioneche accompagna la celebrazione della li-turgia e la rende varia, ricca, significati-va, nell’opportunità di sottolineare inogni celebrazione la totalità del misterodi Cristo e qualche suo aspetto partico-lare, legato appunto ai tempi liturgici.

L’ anno liturgico nella Sacrosanc-tum Concilium n. 102-111

Il punto di partenza delle nostreconsiderazioni può essere la sintesi of-

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Corso di Liturgia per la Pastorale

p. Juan Javier Flores, osb

Ha avuto inizio il triennio del Corso di Liturgia per la Pastorale che l’Ufficio Litur-gico del Vicariato organizza d’intesa con i docenti del Pontificio Istituto Liturgico.Il Corso, ciclico triennale, nell’anno 2006 - 2007 tratta le tematiche relative alla“Liturgia e tempo - l’anno liturgico - la liturgia delle ore”.Il prof. p. Juan Javier Flores, Preside del PIL, alla presenza del segretario del Corso,p. Ildebrando Scicolone, e di don Marco Gandolfo, rappresentante dell’Ufficio Litur-gico, ha tenuto la seguente lezione introduttiva alle tematiche del Corso (I anno).

I

Liturgia e tempo: IL MISTERO

DELL’ANNO LITURGICO

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ferta dalla Chiesa nella SC n. 102: Ilmistero di Cristo nell’Anno liturgico.Con un testo che si richiama alla Enci-clica Mediator Dei di Pio XII, si mettein rilievo:– il dovere della Chiesa Sposa di cele-

brare il memoriale di Cristo; – la dimensione pasquale di questa

memoria nella domenica e nella pa-squa annuale;

– la totalità di questo mistero di Cri-sto nella sua preparazione, nei mi-steri della vita, morte, risurrezionedi Cristo e della sua ascensione, nelgiorno della Pentecoste fino alla at-tesa della sua gloriosa venuta;

– si afferma la ricchezza del misterodella redenzione che si apre alla co-munione di tutti i fedeli, rendendoin qualche modo presenti questimisteri, in maniera che tutti possa-no venirne a contatto ed essere ri-pieni della grazia della salvezza.n. 103: Il mistero di Maria nell’Anno

liturgico. Si mette in risalto, con efficacedottrina, la presenza di Maria nel miste-ro di Cristo e nella sua celebrazione.

n. 104: I santi nel mistero di Cristo.Secondo la tradizione ecclesiale i santisono venerati e celebrati in quanto le-gati al mistero del Signore. Si fa la loromemoria liturgica e si chiede la loro in-tercessione, mentre viene proposto illoro esempio di vita.

n. 105: Complessità di elementidell’Anno liturgico. La Chiesa, attra-verso l’Anno liturgico, non soltanto ce-lebra il mistero, ma ne completa gliaspetti nella evangelizzazione, nella

penitenza, nelle opere di carità, nellepie pratiche della religiosità popolare.

n. 106. Valorizzazione della dome-nica. Si ricupera la teologia e la pasto-rale della Domenica come giorno delSignore e dell’assemblea cristiana.

nn. 107-108: Riforma dell’Anno li-turgico. Si offrono alcuni criteri gene-rali per il rinnovamento dell’Anno li-turgico, con uno sguardo al passatotradizionale e con un’attenzione allasituazione presente, nonché alle pos-sibili forme culturali adattate secon-do le norme di SC 39-40. Si metteperò in risalto la centralità del miste-ro pasquale di Cristo come normaprevalente.

nn. 109-110: La Quaresima. Per laparticolare importanza che ha il tempodella Quaresima vengono proposte al-cune linee di rinnovamento.

n. 111: Le feste dei Santi. Sono da-te alcune indicazioni per la revisionedel Santorale.

Quanto la Chiesa aveva previstonella SC è stato eseguito nel Calenda-rio Romano Generale, al quale si é le-gato autorevolmente un Commentoufficiale.

Ma la pratica esecuzione di tuttequeste norme si trova nei contenutieucologici e rituali del Messale Roma-no, del libro della Liturgia delle Ore, ein parte in qualche rituale dei sacra-menti, com’è il caso del Rito dell’Inizia-zione Cristiana degli Adulti, che acco-glie e propone nella maniera più am-pia l’ordinamento battesimale dellaQuaresima e della Pasqua.

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ALCUNE CARATTERISTICHEESSENZIALI

Unicità. Il tempo liturgico celebra so-lo e sempre il mistero di Cristo comecentro della storia della salvezza. In que-sto rapporto unitario ricevono la loro lo-gica configurazione tutti i riferimenti al-l’AT, come preparazione della storia del-la salvezza, tutti i prolungamenti nellefeste della Madonna e dei santi, comeriferimenti al Cristo totale, mistico. Alcentro di tutto, come radice e fonte del-l’Anno liturgico, oggetto fondamentaledel memoriale liturgico, si trova il puntounificante della storia della salvezza,passata, presente e futura che è la Pa-squa. Non si può pensare a una celebra-zione che non faccia riferimento al mi-stero pasquale di Cristo, che è semprel’oggetto primordiale della celebrazione,in tutti i tempi liturgici, in tutte le feste.

Storicità. Il mistero di Cristo, come lastoria della salvezza, ha un senso stori-co, si è realizzato nel tempo e nella sto-ria. L’Anno liturgico, pur celebrando ilmistero presente eternamente in Cristo,ne storicizza gli aspetti, li ricorda in mo-menti determinati, ci rende contempo-ranei del mistero e dei misteri. L’Annoliturgico però non si è sviluppato me-diante una programmazione che rendela storia della salvezza una pura crono-logia. Così, per esempio, mentre la ce-lebrazione della Pasqua ha un fonda-mento storico e cronologico, la celebra-zione del Natale si è sviluppata per altreragioni. La pura cronologia non è il cri-terio esaustivo. Difatti nella cornice di

un anno civile celebriamo tutta la storiadella salvezza, dall’attesa alla Parousia.Si accavallano quindi i criteri di spaziocronologico celebrativo e di storia salvi-fica da commemorare con intrecci cu-riosi come il criterio cronologico legatoalle feste del Natale e la sua preparazio-ne (Annunciazione del Signore) e le fe-ste pasquali.

Comunque, la storicizzazione del-l’Anno liturgico celebra l’ingresso dellastoria di Dio nella storia degli uomini, laconsistenza temporale delle azioni salvi-fiche realizzate e di quelle celebrate; nel-la fragilità del tempo che sfugge, il no-stro tempo nella liturgia assume il valoredi kairòs, di spazio della salvezza.

Ecclesialità. Il tempo salvifico dell’An-no liturgico ha un essenziale riferimentoalla Chiesa, è per la Chiesa. Supponeuna comunità che fa memoria e misurail suo cammino annuale sul parametrodelle azioni e parole di Gesù, che vive inCristo vivendo i misteri di Cristo, per vi-vere come lui. I momenti tipici dell’Annoliturgico - attesa di Avvento - gioia dellaIncarnazione - preparazione alla Pasqua- prolungamento pentecostale - storiadel Popolo di Dio in cammino verso laParousia, sono gli archetipi di un’espe-rienza nella quale devono essere assimi-late, introdotte, interpretate le vicendedella storia della comunità, specialmen-te nella chiave di volta che è la Pasqua,diventata per la comunità cristiana pun-to di riferimento: di Pasqua in Pasqua,fino alla Pasqua definitiva...

Aspetto antropologico e sociale. Perla prevalenza culturale del cristianesimo

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in Oriente e in Occidente, l’anno civile èlegato anche a livello sociale alla struttu-ra dell’Anno liturgico. Sappiamo chequesto è avvenuto sotto la spinta di fe-nomeni storici curiosi, ad esempio la cri-stianizzazione di feste civili romane co-me la festa delle luci - Epifania - e la fe-sta del Sol Invictus - Natale del Signore.Per molto tempo queste feste hanno se-gnato la cultura e la società. Oggi assi-stiamo a fenomeni contrari: la secolariz-zazione delle feste cristiane da partedella società, con esempi limite nelcambio di senso a livello ideologico, co-me in alcuni paesi comunisti, o sostitu-zione di riti celebrativi consumistici, co-me nel caso della festa del Natale inmolte nazioni dell’Occidente.

Aspetto cosmico. L’Anno liturgicocristiano è pure legato ad aspetti cosmi-ci che non bisogna tralasciare. Già laPasqua cristiana ha le sue radici più au-tentiche nelle celebrazioni pastorizie eagricole della primavera, nucleo primiti-vo della Pasqua ebraica. Molteplici so-no, ad esempio, i richiami cosmologiciprimaverili della spiritualità pasquale se-condo la dottrina dei Padri della Chiesa,applicati a Cristo e anche all’esperienzadella nuova primavera dei battezzatinella Chiesa. Anche le feste del Natalein Occidente e dell’Epifania in Orienterimangono legate al solstizio invernale,alla vittoria cosmica della luce sulle te-nebre che avviene ogni anno tra la finedi dicembre e l’inizio di gennaio. Cosìabbiamo oggi i due tronconi dell’Annoliturgico imperniati su inverno - Natalee primavera - Pasqua, con profondi si-

gnificati nelle preghiere e nella ritualiz-zazione.

Fondamentalmente la misura liturgi-ca è l’anno, anni circulus, ma originaria-mente la misura cosmica della celebra-zione è stata data dalla settimana, conricordi legati alla domenica, giorno dellaRisurrezione, al mercoledì e al venerdì,giorni di Passione che ricordano il tradi-mento e la morte di Gesù. Ancora oggila domenica ha un carattere pasquale,ritrovato con la riforma liturgica; il ve-nerdì sottolinea in alcuni elementi dellaliturgia delle Ore il mistero della croce.

In maniera del tutto accidentale il Le-zionario della Messa ha introdotto iltriennio, o ciclo ABC, delle letture do-menicali e festive, e il biennio delle lettu-re feriali. Ma non costituiscono che unamisura puramente funzionale.

Celebrazione ciclica. La vita liturgicaannuale ritorna nell’anni circulus, untempo caratterizzato dal ripetersi cheha anche qualcosa a vedere con il ritor-no delle stagioni. Ma il tempo liturgicocristiano non è l’eterno, fatalistico ritor-no delle stagioni; è un tempo che si ri-pete in una spirale progressiva che vaverso la parousia. Non è un monotonoripetersi delle cose, ma l’opportunità diun continuo passaggio del Signore edei suoi misteri nella sua Chiesa. Sareb-be terribile se si potesse celebrare sol-tanto una volta ogni mistero! Ma la vitadella Chiesa è reale, la sua storia con-creta è progressiva, come quella di ognifedele, e in essa si inserisce il ciclo ricor-rente del mistero di Cristo, per esserevissuto con nuovo slancio, con una più

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grande maturità. Ogni anno liturgicodeve, quindi, avere quel sapore diverso,approfondito, che viene dalla diversa si-tuazione ecclesiale e personale; offrel’opportunità di ri-celebrare nella novitàdel vissuto, in perenne crescita, in dina-mismo di fedele maturità.

Ma nel suo dinamismo ciclico, l’annoliturgico ha sempre perenne novità; ognianno è nuovo ed è identico; identiconell’oggettività immutabile del mistero;nuovo nella freschezza e nello slancio ri-cettivo della nuova celebrazione.

In questa maniera gli aspetti che cisono sfuggiti in un anno possono esserecelebrati in un altro, e la novità di vitache si sperimenta può essere celebratanella contemporaneità con cui è semprepresente nel mistero di Cristo il suo oggi- «Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre»- ma c’è anche l’oggi della novità eccle-siale, nelle singole comunità, nei singolicelebranti.

Il Tutto nel frammento.

La liturgia è il Tutto nel frammento.Ogni celebrazione liturgica, in quantoattuazione del mistero pasquale e pen-tecostale, celebra e contiene - anche sein diversa misura di oggettività e di sim-bolismo - il Verbo Incarnato che è mor-to, e stato glorificato, siede alla destradel Padre, effonde su di noi il suo Spiri-to. Tutto questo mistero pasquale è pre-sente in maniera assoluta e oggettivanella celebrazione eucaristica e si proiet-ta nei sacramenti, nella parola, nella pre-ghiera, in virtù della presenza del Signo-

re e del suo mistero. Il Tutto è sempre inogni frammento.

Ma questa pienezza ha bisogno diessere dispiegata e recepita in ogni suaparte. Ogni giorno nel Cristo della Pa-squa, che è centro del cosmo e dellastoria, che racchiude in sé il passato, ilpresente e l’avvenire della salvezza, èNatale, Pasqua, Pentecoste, specialmen-te nella presenza contemporanea diquesti misteri nell’Eucaristia - Verbo In-carnato, Immolato, Glorificato. Ma ungiorno all’anno si celebrano in pienezzadi mistero e di contenuti il Natale, la Pa-squa, la Pentecoste. Il Tutto allora vienecontenuto e donato in questo fram-mento del tempo liturgico. E viceversa,soltanto lì è Pasqua e Pentecoste, Nataleo altro mistero del Signore, dove Egli sirende sacramentalmente presente nellaliturgia per donarci i contenuti salvificiche sono in lui. È giusto quindi procla-mare: Cristo è la nostra Pasqua, la Pen-tecoste, l’Avvento, la Quaresima. E ognimistero va riferito al mistero pasqualecome al mistero che contiene tutti i pos-sibili aspetti.

Odo Casel ha potuto parlare del sim-bolismo del sole che con i suoi raggi illu-mina la terra, come Cristo con i raggidei suoi singoli misteri, che devono esse-re ricondotti alla sorgente. Oppure co-me il sole che, nel suo apparente corso,sorge all’alba, bagna di luce la terra almezzogiorno, tramonta a sera. È sem-pre lo stesso sole - Cristo - nelle fasi pro-gressive e unitarie del suo mistero.

Possiamo confessare, in unione conle celebrazioni della Chiesa, che il Cristo

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è il nostro passato salvifico, il nostro pre-sente, il nostro avvenire.

Il mistero di Cristo che viene resopresente, «memorializzato» nella litur-gia, celebrato nell’Anno liturgico, com-prende l’incarnazione e la vita pubblica,la passione morte risurrezione che siprolunga in cielo con l’ascensione e siriversa sulla Chiesa e l’umanità nellapentecoste.

In Cristo quindi celebriamo la storiadell’AT, la sua vita, le sue parole e opere,il suo mistero pasquale, la sua venutanella gloria. Celebriamo sempre il CristoRisorto e in lui quanto è contenuto giànella novità della Risurrezione.

Alla pienezza di questo mistero diCristo, che si sta realizzando e si comu-nica nella storia, appartiene il misterostesso della Chiesa nei suoi santi, chevengono celebrati come facenti partedel mistero pasquale, e della Chiesastorica e reale, che viene assunta nellasua esperienza concreta dal mistero delSignore e che, man mano che si compiela storia, è assunta nel Corpo misticoglorioso, nel Cristo totale glorificato chesarà arrivato alla sua pienezza alla finedei tempi.

In questa celebrazione, Maria ha unposto di rilievo che scaturisce dalla suacooperazione al mistero della salvezza inmaniera unica e personale. Infatti, l’in-carnazione avviene per il suo consenso ela sua cooperazione materna; ella è uni-ta a Cristo in un nesso indissolubile nelmistero della passione beata e nell’effu-sione dello Spirito a Pentecoste. In leinon soltanto ammiriamo il frutto della

redenzione più perfetto e compiuto, maanche il modello della cooperazione cheè proprio della liturgia della Chiesa.

Questo è il fondamento del ruolodella Vergine nella liturgia quale presen-za in tutte le celebrazioni liturgiche,quale realtà commemorata in ogni tem-po liturgico, quale modello della Chiesanel vivere ogni momento dell’anno litur-gico con i sentimenti della Madre di Dio.E questa la dottrina che sulla scia di SC7 e 103 ha sviluppato l’enciclica Marialiscultus, n. 16.

Presenza oggettiva e soggettiva. Daqueste indicazioni scaturisce anche laconsiderazione circa la presenza oggetti-va e soggettiva del mistero e dei misteridi Cristo nella Chiesa.

Ogni celebrazione è una presenzamisterica oggettiva di quanto viene cele-brato, nella misura in cui è contenutooggettivamente nel mistero del Cristoglorioso. Così il Natale è presenza og-gettiva del mistero dell’Incarnazione nelCristo, o la gloriosa Assunzione di Mariaè presente nella sua realtà di Madre diDio glorificata, o i santi vengono cele-brati oggettivamente nella memoria epresenza delle loro persone da quandosono «nati» (dies natalis o pasqua glo-riosa, che è pure una definitiva nascitaal cielo) al mistero pasquale della gloria.

Queste celebrazioni sono sempre pernoi, per la Chiesa, non in una presenzastatica, ma dinamica di comunione co-municazione che attende dalla comu-nità celebrante l’accoglienza del misterooggettivo nella soggettività della vitateologale.

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La peculiare teologia della Chiesa inogni momento dell’anno liturgico con laparola che proclama e attualizza il mi-stero, le preghiere che lo commemora-no e lo inseriscono in un movimentocultuale di lode e di intercessione, i cantie tutto quanto può essere una espres-sione liturgica o di devozione popolarerendono il mistero oggettivamente pre-sente, soggettivamente celebrato inquegli aspetti caratteristici della festa odel mistero. Fondamentalmente ognioggettività si riallaccia alla Parola, cheproclama e attualizza, e alla presenza diCristo nella liturgia, che è il fulcro delmistero celebrato, specialmente nell’Eu-caristia.

Così che, celebrando sempre e tuttoil mistero pasquale, celebriamo pure unaspetto oggettivo attraverso le diverseparole, preghiere, canti, riti, che ci aiuta-no a cogliere quelle particolari vibrazionidel mistero liturgico celebrato: il fram-mento nel tutto.

Attualizzazione del tempo storiconel tempo liturgico

Nel mistero del culto cristiano, chenon è altro che il mistero di Cristo, èfondamentale la centralità della Pasqua.Così lo esprime un monaco di MariaLaach, successore di Casel come cappel-lano nell’Abbazia di Herstelle e intima-mente legato a lui nella concezione teo-logica del mistero del culto:

«Il nucleo essenziale dell’opera salvi-fica è la Pasqua, il passaggio di Cristoattraverso la morte per giungere alla tra-

sfigurazione, perché così il modo di esi-stenza terreno-carnale di Gesù fu tra-sformato in quello celeste-pneumaticodel Kyrios glorificato. Questa pasqua si èsì verificata storicamente solo una volta,cioè in quella comparazione esterioreormai da lungo tempo passata, ma taleazione unica di Cristo, a motivo del suocarattere di kairós, supera la sfera tem-porale e quindi i limiti del tempo, sicchénel suo vero e proprio accadere è ogget-tivamente presente ed accessibile a tuttii tempi».

In questo modo, sempre nella lineacaseliana, cioè dentro una teologia litur-gica, l’elemento decisivo nell’ambito delculto è la presenza delle azioni salvifichedel Signore. Viene così a sottolinearsi ilcarattere storico dell’opera della reden-zione fino ad affermare che questa stes-sa opera storica si fa presente hic etnunc nel mistero del culto. Naturalmen-te, non si tratta di una ripetizione di unostesso fatto storico, che sarebbe – dalpunto di vista metafisico – impossibile.Ci troviamo, invece, in un ambito misti-co-sacramentale, dentro il quale si devo-no comprendere tutte queste intuizionicaseliane.

L’evento “Cristo” si fa presente da-vanti a noi, uomini del secolo XX, chesiamo lontani nel tempo e nello spaziorispetto all’avvenimento originario efondante il cammino della Chiesa e lamedesima riflessione teologica che hacaratterizzato l’esperienza dell’uomodi tutti i tempi. Malgrado ciò, ci faccia-mo contemporanei dei misteri che ce-lebriamo.

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Le stesse azioni di Cristo si fanno og-gettivamente presenti nella loro realtàsoprastorica in qualsiasi tempo e in ogniluogo. Si tratta, pertanto, della realtà di-vina accolta e vissuta nelle realtà uma-no-temporali.

Afferma Casel in uno dei suoi sermo-ni pasquali:

«Il Signore, non si è accontentato,quindi di compiere una volta per sem-pre l’opera della redenzione; egli vuoleche attraverso i secoli essa sia imme-diatamente accessibile ad ogni creden-te. Perciò ha immerso nei misteri dellachiesa la sua opera salvifica, in modoche sia efficacemente operante sino al-la fine del mondo, affinché ogni cre-dente la riviva in sé e ottenga il fruttodella redenzione».

Unicamente il culto cristiano ci offrela possibilità di superare il tempo pre-sente per entrare nel hodie di Dio.

In questo modo, il culto ci permettedi avere un contatto sacramentale contutto quello che Cristo ha realizzato,visto e offerto a noi. Il velo del simboli-co si rompe per la fede, tramite la qua-le i cristiani, celebranti dell’azione litur-gica, sono finalmente liberati dai pro-pri vincoli spazio-temporali, fino a in-contrarsi sacramentalmente con il fat-

to salvifico che si fa presente nel sim-bolo cultuale. Dunque, nel culto non sirende presente soltanto la morte delSignore, ma anche e soprattutto tuttal’opera della redenzione. La stessa ce-lebrazione liturgica fa presente tale av-venimento che si afferma nel nucleostesso del cristianesimo, cioè l’azioneredentrice di Cristo.

L’anno liturgico è la presenza ogget-tiva e spirituale di tutta l’opera di Re-denzione, nella sua unità, che trascendetutti i tempi. Odo Casel diceva che inogni festa si fa presente tutto il misteronel quale la Chiesa vive la Pasqua del Si-gnore. La passione e il trionfo dei marti-ri, nonché la vita eroica dei santi, espri-mono la dimensione comunitaria e cele-brativa del mistero di Cristo che si fapresente nella Liturgia. Una medesimacosa la si può affermare anche per l’Uffi-cio Divino. Esso è l’opus Dei, ripresenta-zione reale e non mera realtà di ordinepsicologico. È la convivenza della Chiesacon il suo Sposo.

In questo anno accademico lo studiodell’anno liturgico e dell’ufficio divino viaiuterà proprio a conoscere meglio la li-turgia della Chiesa, a celebrarla con piùforza e a viverla con un maggiore amo-re. Grazie.

——————1 V. WARNACH, Il Mistero di Cristo. Una sintesi al-

la luce della teologia dei misteri, ed. italiana diB. NEUNHEUSER, Edizioni Paoline, Roma, 1982,138-139. Traduzione di Mysterium desKreuzes, Paderborn, 1954, a cura di B.Neunheuser e Th. Schneider i quali hanno ri-preso alcuni articoli apparsi in Das christlicheFestmysterium, p. 42-222: O. D. SANTAGADA,op. cit. 258 e 259, 35.

2 O. CASEL, Presenza del mistero di Cristo. Scel-ta di testi per l’anno liturgico, edizione incollegamento con l’Abt-Herwegen-Institutdell’Abbazia Maria Laach a cura e con l’Intro-duzione di Arno Schilson, Brescia, 1995,110-111. L’Originale tedesco è il seguente:O. CASEL, Gegenwart des Christus-Myste-riums. Ausgewählte Texte zum Kirchenjahr,Mainz, 1986.

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CORSO FORMATIVOper i nuovi ministri straordinari della comunione

Lunedì 5 - 12 - 19 - 26 febbraio,5 - 12 marzo 2007 ore 17,00 – 18,30

Iscrizioni all’Ufficio Liturgico entro il 20 gennaio 2007

Sede:Vicariato di Roma, piazza San Giovanni in Laterano 6/a

Sala riunioni al III piano.

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LECTIO DIVINA durante il tempo di Quaresima

Le letture bibliche della Veglia pasquale

Guida: Mons. Marco Frisina

martedì 27 febbraio 2007 • martedì 6 marzo 2007martedì 13 marzo 2007 • martedì 20 marzo 2007 • venerdì 30 marzo 2007

dalle 18,30 alle 20,00Ingresso libero, non occorre prenotazione

Sede:Pontificio Seminario Romano Maggiore

Piazza San Giovanni in Laterano, 4 - Roma

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Appuntamenti,Notizie, Informazioni

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GIORNATA DI FORMAZIONE E FRATERNITÀ

Sabato 5 maggio 2007

Tema: Il cristiano, testimone della gioia della risurrezione.

Relatore: p. Ildebrando Scicolone, osb

Sede:Santuario di S. Maria del Divino Amore, ore 8,30 - 17,00

Iscrizioni presso l’Ufficio Liturgico entro il 27 aprile.

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ESERCIZI SPIRITUALI PER I LAICI

Tema: L’Apocalisse: la Chiesa in cammino nella storia.

Guida: mons. Marco Frisina

Sede:Domus Aurea, “Paesetto della Madonna”

Via della Magliana 1240 - Ponte Galeria (RM)

Da sabato 16 giugno ore 9,00 a lunedì 18 giugno ore 18,00

Le iscrizioni si ricevono presso l’Ufficio Liturgico, fino ad esaurimento postitel. 06 698 86 214

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