Maria Callas il Mito - TEXmarketing.repubblica.it/callas/e060907.pdfCerto è che Maria, in quel...

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M aria Callas morì nella notte fra il 15 e il 16 settembre di tren- t’anni fa, non ancora cinquan- taquattrenne. Stando al primo referto del medico, per un col- lasso circolatorio in seguito a uso eccessivo di sonnifero. A nessuno fu permesso di ve- dere la salma, che venne frettolosamente cremata. Le ceneri furono sottratte dal locu- lo in cui erano state deposte al cimitero di Père Lachaise a Parigi e chiuse in una ban- ca; poi i suoi resti furono dispersi nel mare Egeo. Questa superficialità nel ricercare, magari semplicemente attraverso un’accu- rata autopsia, le cause scientifiche della sua morte, ha poi insospettito molti, alimentan- do l’ipotesi del “non suicidio”, ovvero del- l’assassinio. Certo è che Maria, in quel tri- ste autunno parigino, non doveva passarse- la molto bene. Disperatamente sola, quasi reclusa nella lussuosa casa di rue Georges Mendel, dove viveva con i domestici, placa- va le angosce con i tranquillanti, ascoltando e riascoltando all’infinito le registrazioni del passato che le restituivano, come il ritratto di Dorian Gray, lo splendore della giovinez- za, la voce che aveva entusiasmato i melo- mani di tutto il mondo. L’ultima foto, alla vigilia della morte, ritrae il suo volto triste, stanco, gli occhi una volta nerissimi e palpi- tanti ormai spenti, in mano una torta con la quale festeggia il compleanno del suo cane. Ma in questo misterioso e deprimente fina- le una cosa è certa, appena dileguate le spo- glie terrene, la Callas divenne un mito, de- stino che ha condiviso con molti semidei ed eroi della sua terra d’origine. «La storia del- l’opera lirica si divide in due parti: il prima e il dopo Callas», affermò Franco Zeffirelli suo regista e pigmalione; «è stata la più grande cantante dramma- tica del nostro tempo», il direttore d’orchestra Leo- nard Bernstein; «il suo canto entrava dentro il cuore, produceva melo- dia. Aveva dentro di sé, dentro la sua voce, il segre- to della vita», il tenore Franco Corelli. Mito a cui “L’espresso” e “la Repub- blica”dedicano sei cd, cia- scuno accompagnato da 64 pagine di foto e testi, in edicola dal 7 settembre al prezzo di euro 8,90. Razionalizzando, grave errore in questioni d’arte, la sua voce non era, dal punto di vi- sta fino agli anni Cinquanta considerato, “bella”, “perfetta”, “puro diamante” come quella della sua amica e rivale Renata Ersi- lia Clotilde Tebaldi, giunonica, neoclassica come una matrona romana, un busto del Canova. Il registro grave talvolta aspro, il medio leggermente velato, l’acuto che, in gioventù poco ammanierato, poteva appa- rire stridente. Non soprano leggero, né liri- co, data la corposità degli accenti dramma- tici, né soprano drammatico, con quella sua straordinaria padronanza del canto fiorito. Ma un modo di cantare che ha segnato la storia della musica d’opera, con un sovver- timento di valutazioni storiche, di reperto- rio, di tecnica, di gusto interpretativo che ancora lasciano il segno. Secondo il musico- logo Rodolfo Celletti fu una rivoluzione musicologica più che vocale: punto di par- tenza fu il ripristino di un’emissione “preve- rista” che ristabilì un fraseggio vario, anali- tico, teso, attraverso gradazioni d’accento e di colori, non soltan- to a realizzare i segni d’espressione dei compositori, ma a dare al significato delle parole il maggior risalto psicologico attra- verso un gioco sottilissimo di contrasti chia- roscurali e di sfumature; segnò il ritorno al vero virtuosismo, che consiste nel dare espressione alla coloratura e nel rivelarne quelli che Rossini definiva come “gli accen- ti nascosti”; ripropose un “cantabile”, pre- romantico o romantico, eseguito con mor- bidezza di suono, purezza di legato, conti- nuità di cavata, abbandono patetico o ele- giaco, intensità di effusione lirica; infine sancì la rinascita di tipi vocali-psicologici del melodramma neoclassico e protoro- mantico. In sostanza la Callas arrivò a far rivivere il cosiddetto soprano drammatico di agilità della prima metà dell’Ottocento e questo significò richiamare l’attenzione del pubblico e d’una parte della critica su quel- le che dovevano essere le vere modalità d’esecuzione di opere come “Norma”, “Lu- cia”, “Sonnambula” o i “Puritani”. Teodoro Celli sostenne che la Callas «ripro- poneva, per quelle vie misteriose che in na- tura come nella cultura fanno riaffiorare modelli del passato anche lontano in un pre- sente che sembra averli dimenticati, la voca- lità dei castrati settecenteschi». Rossini un secolo innanzi aveva pro- clamato che l’arte del can- to era finita con i castrati; non solo perché questi in- nestarono una vocalità femminile in un corpo maschile, ponendo e risol- vendo il problema del pas- saggio o dell’unificazione fra registro di pet- to e registro di testa, ma perché il loro enor- me studio contagiò e trasformò sia il canto maschile che quello femminile. La Callas combinava alla voce di mezzosoprano, scu- ra e robusta nel registro grave, un registro acuto e sovracuto. «Ma la sua agilità», scri- veva ancora Celli, «era sempre al servizio degli stati d’animo del personaggio: un tril- lo era in realtà un sorriso, una scala croma- tica un brivido di terrore; mai semplice sfog- gio di bravura, drammaticamente vano». Esiste anche una Callas “minore” che segnò la storia del costume, con trent’anni trascor- si fra trionfi e successi artistici e mondani, amicizie importanti e amori intensi, fra liti e dispute con gli altri cantanti. Gli abiti in seta grigia, da sera in voile verde, in giallo con pietre dure di Lanvin e con pizzo vene- ziano, gli eleganti tubini neri, i kaftani da ca- merino. Lo sguardo che ti trapassava sprez- zante nonostante gli occhialoni neri, sensa- zione sottolineata dal pesante trucco a ma- tita attorno agli occhi sfavillanti, che termi- nava, come si usava allora, con una frecci- na rivolta all’insù. Il marito Giovanni Batti- sta Meneghini, cummenda grassoccio e più anziano di quasi trent’anni, provincialotto e inelegante, proprietario d’una dozzina di stabilimenti di laterizi. Le amicizie e le col- laborazioni con Visconti e Pasolini. La sera- ta scandalo del 2 gennaio 1958, quando ab- bandonò al primo atto di “Norma” l’aper- tura della stagione del Teatro dell’Opera di Roma alla presenza del presidente Gronchi. La travolgente passione per l’ipermondano armatore Aristotile Onassis e così via. Una Callas ancora pro- tagonista della crona- ca, come testimoniano le numerose iniziative di queste settimane. Mostre sui costumi, sulle foto, sui gioielli di scena. Un film di Phili- pe Kohly. La sua im- magine su calendari, francobolli e schede te- lefoniche. La richiesta di intitolazione a Ma- ria Callas del Palais Garnier, sede dell’Opéra di Parigi e di una strada di Amburgo. Da Los Angeles è poi ar- rivato un Grammy alla carriera. Fra i tanti libri curiosi quello curato da Bruno Tosi (Trenta editore) sulle ricette segrete della Callas da prendere cum grano salis, consi- derato che nel 1953 la Callas cantava a Fi- renze una “Medea” con addosso 90 chili e pochi mesi dopo, nel “Don Carlo” alla Sca- la, ne pesava appena 64. L’espresso 6 settembre 2007 Trent’anni fa moriva a Parigi la soprano che ha cambiato il modo di cantare l’opera lirica. Ora, con “L’espresso” e “la Repubblica”, sei cd con le sue più belle interpretazioni di Riccardo Lenzi È stata la più grande cantante drammatica del nostro tempo, disse di lei, il direttore d’orchestra Leonard Bernstein Maria Callas in alcune delle sue interpretazioni. Sopra: “Medea”, Roma 1970. Al centro: “Tosca” di Zeffirelli (con Tito Gobbi), Londra 1964. Nell’altra pagina: “Signora delle camelie” 1955. In basso: con Onassis nel ’62 e a Parigi nel ’58 Maria Callas il Mito In principio fu Norma Se assieme al nome di Maria Callas si vuole evocare un personaggio della lirica questo sarà prima di tutti Norma. Dall’omonima opera di Vincenzo Bellini sono tratte alcune arie che compongono la prima uscita di questa Callas edition: si va dalla seducente “Casta diva” a “Mira, o Norma” e “In mia man al fin tu sei”. Nel primo dei sei cofanetti: il Cd e un libretto di 64 pagine, a 8,90 euro in più con L’espresso e la Repubblica Foto: R. Gentile - Contrasto, Hulton - Deutsch Collection / Corbis, Giancolombo - Contrasto (2), B. Glinn - Magnum / Contrasto

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Maria Callas morì nella notte frail 15 e il 16 settembre di tren-t’anni fa, non ancora cinquan-taquattrenne. Stando al primoreferto del medico, per un col-

lasso circolatorio in seguito a uso eccessivodi sonnifero. A nessuno fu permesso di ve-dere la salma, che venne frettolosamentecremata. Le ceneri furono sottratte dal locu-lo in cui erano state deposte al cimitero diPère Lachaise a Parigi e chiuse in una ban-ca; poi i suoi resti furono dispersi nel mareEgeo. Questa superficialità nel ricercare,magari semplicemente attraverso un’accu-rata autopsia, le cause scientifiche della suamorte, ha poi insospettito molti, alimentan-do l’ipotesi del “non suicidio”, ovvero del-l’assassinio. Certo è che Maria, in quel tri-ste autunno parigino, non doveva passarse-la molto bene. Disperatamente sola, quasireclusa nella lussuosa casa di rue GeorgesMendel, dove viveva con i domestici, placa-va le angosce con i tranquillanti, ascoltandoe riascoltando all’infinito le registrazioni delpassato che le restituivano, come il ritrattodi Dorian Gray, lo splendore della giovinez-za, la voce che aveva entusiasmato i melo-mani di tutto il mondo. L’ultima foto, allavigilia della morte, ritrae il suo volto triste,stanco, gli occhi una volta nerissimi e palpi-tanti ormai spenti, in mano una torta con laquale festeggia il compleanno del suo cane. Ma in questo misterioso e deprimente fina-le una cosa è certa, appena dileguate le spo-glie terrene, la Callas divenne un mito, de-stino che ha condiviso con molti semidei ederoi della sua terra d’origine. «La storia del-l’opera lirica si divide in due parti: il primae il dopo Callas», affermò Franco Zeffirellisuo regista e pigmalione; «è stata la più

grande cantante dramma-tica del nostro tempo», ildirettore d’orchestra Leo-nard Bernstein; «il suocanto entrava dentro ilcuore, produceva melo-dia. Aveva dentro di sé,dentro la sua voce, il segre-to della vita», il tenoreFranco Corelli. Mito a cui“L’espresso” e “la Repub-blica”dedicano sei cd, cia-scuno accompagnato da64 pagine di foto e testi, inedicola dal 7 settembre alprezzo di euro 8,90.Razionalizzando, grave errore in questionid’arte, la sua voce non era, dal punto di vi-sta fino agli anni Cinquanta considerato,“bella”, “perfetta”, “puro diamante” comequella della sua amica e rivale Renata Ersi-lia Clotilde Tebaldi, giunonica, neoclassicacome una matrona romana, un busto delCanova. Il registro grave talvolta aspro, ilmedio leggermente velato, l’acuto che, ingioventù poco ammanierato, poteva appa-rire stridente. Non soprano leggero, né liri-co, data la corposità degli accenti dramma-tici, né soprano drammatico, con quella suastraordinaria padronanza del canto fiorito. Ma un modo di cantare che ha segnato lastoria della musica d’opera, con un sovver-timento di valutazioni storiche, di reperto-rio, di tecnica, di gusto interpretativo cheancora lasciano il segno. Secondo il musico-logo Rodolfo Celletti fu una rivoluzionemusicologica più che vocale: punto di par-tenza fu il ripristino di un’emissione “preve-rista” che ristabilì un fraseggio vario, anali-tico, teso, attraverso gradazioni d’accento e

di colori, non soltan-to a realizzare i segnid’espressione dei

compositori, ma a dare al significato delleparole il maggior risalto psicologico attra-verso un gioco sottilissimo di contrasti chia-roscurali e di sfumature; segnò il ritorno alvero virtuosismo, che consiste nel dareespressione alla coloratura e nel rivelarnequelli che Rossini definiva come “gli accen-ti nascosti”; ripropose un “cantabile”, pre-romantico o romantico, eseguito con mor-bidezza di suono, purezza di legato, conti-nuità di cavata, abbandono patetico o ele-giaco, intensità di effusione lirica; infinesancì la rinascita di tipi vocali-psicologicidel melodramma neoclassico e protoro-mantico. In sostanza la Callas arrivò a farrivivere il cosiddetto soprano drammaticodi agilità della prima metà dell’Ottocento equesto significò richiamare l’attenzione delpubblico e d’una parte della critica su quel-le che dovevano essere le vere modalitàd’esecuzione di opere come “Norma”, “Lu-cia”, “Sonnambula” o i “Puritani”. Teodoro Celli sostenne che la Callas «ripro-poneva, per quelle vie misteriose che in na-tura come nella cultura fanno riaffioraremodelli del passato anche lontano in un pre-sente che sembra averli dimenticati, la voca-lità dei castrati settecenteschi». Rossini un

secolo innanzi aveva pro-clamato che l’arte del can-to era finita con i castrati;non solo perché questi in-nestarono una vocalitàfemminile in un corpomaschile, ponendo e risol-vendo il problema del pas-saggio o dell’unificazione fra registro di pet-to e registro di testa, ma perché il loro enor-me studio contagiò e trasformò sia il cantomaschile che quello femminile. La Callascombinava alla voce di mezzosoprano, scu-ra e robusta nel registro grave, un registroacuto e sovracuto. «Ma la sua agilità», scri-veva ancora Celli, «era sempre al serviziodegli stati d’animo del personaggio: un tril-lo era in realtà un sorriso, una scala croma-tica un brivido di terrore; mai semplice sfog-gio di bravura, drammaticamente vano». Esiste anche una Callas “minore” che segnòla storia del costume, con trent’anni trascor-si fra trionfi e successi artistici e mondani,amicizie importanti e amori intensi, fra litie dispute con gli altri cantanti. Gli abiti inseta grigia, da sera in voile verde, in giallocon pietre dure di Lanvin e con pizzo vene-ziano, gli eleganti tubini neri, i kaftani da ca-merino. Lo sguardo che ti trapassava sprez-zante nonostante gli occhialoni neri, sensa-zione sottolineata dal pesante trucco a ma-tita attorno agli occhi sfavillanti, che termi-nava, come si usava allora, con una frecci-na rivolta all’insù. Il marito Giovanni Batti-

sta Meneghini, cummenda grassoccio e piùanziano di quasi trent’anni, provincialottoe inelegante, proprietario d’una dozzina distabilimenti di laterizi. Le amicizie e le col-laborazioni con Visconti e Pasolini. La sera-ta scandalo del 2 gennaio 1958, quando ab-bandonò al primo atto di “Norma” l’aper-tura della stagione del Teatro dell’Opera diRoma alla presenza del presidente Gronchi.La travolgente passione per l’ipermondanoarmatore AristotileOnassis e così via.Una Callas ancora pro-tagonista della crona-ca, come testimonianole numerose iniziativedi queste settimane.Mostre sui costumi,sulle foto, sui gioielli discena. Un film di Phili-pe Kohly. La sua im-magine su calendari,francobolli e schede te-lefoniche. La richiestadi intitolazione a Ma-ria Callas del Palais

Garnier, sede dell’Opéra di Parigi e di unastrada di Amburgo. Da Los Angeles è poi ar-rivato un Grammy alla carriera. Fra i tantilibri curiosi quello curato da Bruno Tosi(Trenta editore) sulle ricette segrete dellaCallas da prendere cum grano salis, consi-derato che nel 1953 la Callas cantava a Fi-renze una “Medea” con addosso 90 chili epochi mesi dopo, nel “Don Carlo” alla Sca-la, ne pesava appena 64. �

L’espresso 6 settembre 2007

Trent’anni fa moriva a Parigi la soprano cheha cambiato il modo di cantare l’opera lirica.Ora, con “L’espresso” e “la Repubblica”,sei cd con le sue più belle interpretazioni di Riccardo Lenzi

È stata la più grande cantantedrammatica del nostro tempo, disse di lei, il direttored’orchestra Leonard Bernstein

Maria Callas in alcune delle sue interpretazioni. Sopra: “Medea”, Roma 1970. Al centro: “Tosca” di Zeffirelli (con Tito

Gobbi), Londra 1964. Nell’altra pagina: “Signora delle camelie” 1955. In basso: con Onassis nel ’62 e a Parigi nel ’58

Maria Callas il Mito

In principio fu NormaSe assieme al nome di Maria Callas

si vuole evocare un personaggio della

lirica questo sarà prima di

tutti Norma. Dall’omonima

opera di Vincenzo Bellini

sono tratte alcune arie che

compongono la prima uscita

di questa Callas edition: si

va dalla seducente “Casta

diva” a “Mira, o Norma”

e “In mia man al fin tu sei”.

Nel primo dei seicofanetti: il Cd e unlibretto di 64 pagine,a 8,90 euro in più con L’espresso e la Repubblica

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