Marco Dotti_ Se Il Capitale è l’Avanguardia Di Se Stesso

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  • 8/20/2019 Marco Dotti_ Se Il Capitale è l’Avanguardia Di Se Stesso

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    C Creato: 09 Maggio 2015< Visite: 359

     (http://tysm.org/)

    Se il capitale è l’avanguardia di se stesso

    di Marco Dotti

    Talvolta sottovalutato, talaltra sopravvalutato, al contributo di Walter Lippmann(http://it.wikipedia.org/wiki/Walter_Lippmann) si deve, tra le tante cose, lanozione di pseudo-ambiente. Lo pseudo-environment è un concetto chiave,non solo per comprendere il “chi” e il “che cosa” di quell’opinione pubblica a cuil’autore americano dedicò nel 1922 un libro capitale per la formazione delpensiero e la strutturazione delle pratiche neoliberali.

    Mitocrazia ambientale

    La nozione di pseudo-ambiente appare, infatti, fondamentale soprattutto percomprendere il “come”, ossia con quali forze e attraverso quali coordinate, tracomplessità vitali e semplificazioni cognitive, un’opinione si costituisca in formapubblicamente rilevante e determinante, ma proprio in tal modo vengadepotenziata e recuperata nel sistema.

    È però vero che Lippmann faceva ancora in parte dipendere lo pseudo-ambiente informazionale da una selezione e, in definitiva,

    da una barriera. Oggi, al contrario, anziché a una barriera bisognerebbe pensare a un filtro o a una membrana porosa: un punto,come scriveva Yves Citton nel suo (http://www.yvescitton.net/)Mythocratie (http://www.yvescitton.net/) (2010)http://www.yvescitton.net/), dove pratiche della narrazione e dispositivi di potere si incontrano, dando luogo a quella pratica discenarizzazione” che ha radicalmente esteso lo pseudo-ambiente informazionale.

    Per questa ragione, riprendendo l’immagine di Lippmann, a proposito dello “stato del mondo”, il poeta Andrea Zanzottoparagonava lo pseudo-ambiente a una serra. Una serra in cui non si coltivano “opinioni”, ma uomini e, di conseguenza, le lorosoggettività, le loro relazioni, le loro “libere condotte”. A guardar bene, il poeta di Pieve di Soligo non faceva che rimarcare come idispositivi di potere siano in realtà dispositivi di biopotere, capaci di incidere dentro e fuori, ma con modalità spesso pocopercepibili – come “l’aria viziata di una serra” che inizialmente può dar fastidio, ma dopo pochi minuti non ci accorgiamo più direspirare – perché, appunto, costitutive dello scenario in cui ci muoviamo.

    Manifatture del consenso

    Nel corso del XX secolo abbiamo assistito a una manufacture of consent capace di operare sull’hardware  della nostra società: èl caso della propaganda, studiata per primo dal nipote di Freud, Edward Bernays, proprio negli anni in cui Lippmann forgiava isuoi concetti. Ma – ed è il caso indagato dallo stesso Lippmann – abbiamo assistito anche al nascere di una fabbrica delconsenso che incide sul software  grazie a un immenso potere di produrre scenari dentro i quali – come dentro le serre di cuiparlava il poeta veneto – si agitano i soggetti. Il declino ipermoderno del discorso pubblico, per dirla con Neil Postman, si èprodotto più nell “aria” viziata di questa libertà che nella manufacture of consent di vecchio tipo.

    Questa è una delle ragioni per cui la sua presa è tanto diffusa e molecolare, e la spinge ad incidere più sull’ordine e sul disordinedel discorso che sulle manipolazioni ideologiche dirette. È ancora in questi pseudo-ambienti (pensiamo alla nozione di “ filter bubbles ” usata da Eli Parisier a proposito dell’algoritmo PageRank di Google) che si determinano le forme di vita che li abitano.Ed è ancora e proprio qui che si instaura quel governo dei viventi  che, come ben comprese Michel Foucault, è tanto necessarioal sistema del capitale quanto la stessa valorizzazione del capitale. Anzi, come si spingeva a scrivere il Foucault de La volonté de savoir – richiamato da Alessandro Simoncini in apertura di questo suo importante e denso lavoro sulle avanguardie del capitale esulla loro (inevitabile?) scenarizzazione –, gestire l’accumulazione degli uomini e, di conseguenza, la produzione di soggettivitàndividuale e collettiva è la posta in gioco fondamentale del capitalismo.

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    Se la spirale del capitalismo, inteso come rapporto sociale complesso, si realizza in una colossale poiché efficace messa a valoreogni cosa – la vita, la morte, gli scarti – , nemmeno l’antagonismo e la diserzione linguistica delle avanguardie vi sfuggono. Marxaveva compreso questa doppia capacità di rapina – tanto immateriale, quanto materiale – del capitalismo.

    L’accelerazione, la spettacolarizzazione e la biomolecolarizzazione dei processi, ci ricorda Simoncini, hanno conferito intensitànaudita a quello che, nei regimi autoritari o statocentrici del XX secolo, era ancora visibile nella forma di un capitale concentrato.

    Oggi, nel transito attraverso lo stato gassoso del turbocapitalismo – o Finanzmarkt-Kapitalismus , o capitalismo

    spettacolare o biocapitalismo che dir si voglia – queste forme concentrate di dominio sono spesso impercettibili

    al tatto. L’aria viziata di una serra condiziona sia le piante che vi crescono, sia il respiro degli uomini. Senza

    soluzioni di continuità.

    È sulle maglie temporaneamente rotte, e quasi subito richiuse, di questa continuità che dobbiamo concentrarci. In particolare, lasua attenzione va al recupero operato dal capitale della dimensione linguistica, cognitiva e comunicativa delle avanguardie che, trasurrealismo e dada, fino al situazionismo hanno configurato alcune delle linee critiche più avanzate al capitale stesso.

    Fondamentale per questo processo – e Simoncini ha il merito di farcelo cogliere in forme inedite, non solo di ricordarcelo – è lacostruzione di livelli di attenzione e di disattenzione modellati su stati affettivi dominati dalla paura e su “porzioni di cervello umanodisponibile” (l’espressione è di Patrick Le Lay).

    Chi lacrima e chi sanguina

    n futuro, dichiarava agli inizi del nostro secolo il regista Alberto Grifi, sugli schermi e probabilmente nella vita non ci sarà postoche per chi lacrima e chi sanguina. Declinata nel “mondo 2.0” la riflessione di Grifi prende corpo negli scenari che vedono’internet di domani composta da pornografia e azzardo gratuiti per tutti e notizie sbagliate a pagamento. Attenzione, se stiamo aquesta logica è tutt’uno con addiction : dipendenza.

    Ciò a cui abbiamo assistito e ancora assistiamo è la costruzione di un’immensa cassa di risonanza empatica, come – scriveSimoncini – “in un ben riuscito détournement  del pensiero di Spinoza”. Gli operatori attivi di questo ribaltamento “hannoperfettamente compreso che ciò a cui si presta attenzione dipende sempre da stati di eccitazione affettiva – paure, desideri,gelosie, speranze, etc. -, i quali non sono altro che emozioni sorte per effetto dell’azione di impressioni esterne, capaci dicondizionare i sentimenti interiori e proprio per ciò di orientare la condotta futura”.

    Al dispositivo panottico dove l’uno o i pochi guardano i molti si sarebbe sovrapposto il dispositivo sinottico, dove i molti guardano’uno (modello reality) o i pochi (modello gossip) in modalità empatica e pornografica. D’altronde, non era stato proprio Foucault ascrivere che la cronaca rosa avrebbe avuto un impatto dirompente sul sabotaggio, trasformando la rabbia in rancore e il rancoren devozione, disinnescando così ogni latente pulsione regicida? “Non sappiamo più contrastare il corpo del re”, ebbe a scrivereFoucault, da quando abbiamo iniziato a amarne e condividerne le storie. La caricatura – ma pensiamo a Grosz, che Simonciniaffronta nella seconda parte del libro – è stata per lungo tempo il contraltare positivamente critico al neo-cinismo della cronacarosa e della cronaca tout court  (i cosiddetti faits divers ), di cui i totalitarismi e gli autoritarismi si sono sempre serviti: ognuno ha lasua Liala e i suoi Pitigrilli, per intenderci.

    Nell’ipermodernità – categoria che Simoncini problematizzata a dovere – la compresenza di storytelling , frames  narrativi emacchine del consenso hanno costituito un inedito, incredibile dispositivo di cattura che è riuscito a includere tutte o quasi quelle

    pratiche di sottrazione e sovversione dell’immaginario del potere che da dada in poi avevano problematizzato, e non solo subito,a perdita d’aura. All’opera del disincanto si è dunque sovrapposta una catastrofica attività di reicanto del mondo. Ma con qualistrumenti? Qui il discorso di Simoncini coglie nel vivo il dramma e la catastrofe non solo dell’immaginario, ma anche delle pratiched’avanguardia. Con che cosa agiscono oggi gli operatori e le macchine da guerra del capitale – le corporations  – se non con glistrumenti forgiati da correnti, logiche, semiotiche e pratiche antagoniste? Non solo i dipartimenti del marketing e della vendita, maogni segmento, dalla ricerca alla progettazione, concorre a questa pratica di reincanto. Qualcosa la approssima a un colonialismodi tipo inedito, che – pur nella permanenza di immense sacche di lavoro taylorizzato – ha di mira frammenti di cervello resi disponibili al consumo e quindi al capitale.

    Criteri dell’attenzione

    Non a caso il direttore di TF1, Patrick Le Lay, giustamente richiamato da Simoncini, affermava: “perché un messaggiopubblicitario sia percepito bisogna che il cervello del telespettatore sia disponibile. Le nostre trasmissioni hanno per vocazione direnderlo disponibile: cioè di divertirlo, di distenderlo per prepararlo tra due messaggi. Ciò che noi vendiamo a Coca Cola è delempo di cervello umano disponibile […] Niente è più difficile che ottenere questa disponibilità. È là che si trova il cambiamentopermanente. Bisogna cercare in permanenza i programmi che funzionano, seguire i modi, surfare sulle tendenze, in un contestonel quale l’informazione si accelera, si moltiplica e si banalizza”.

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    Simoncini insiste molto sui passaggi che contraddistinguono questa economia dell’attenzione. Lo fa perché è precisamente qui che il discorso delle avanguardie si è inceppato. Ma senza un compiuto sguardo critico – quello sguardo di cui Simoncini dà ottimaprova nel suo lavoro, davvero decisivo su alcune questioni cruciali, pensiamo ad esempio alla riflessione su Duchamp – non èpossibile avanzare di un passo.

    l capitale è già, ormai, avanguardia di se stesso e si troverà sempre un passo avanti a noi. Dinanzi a questi problemi, il premioNobel per la letteratura Thomas Transtömer (http://it.wikipedia.org/wiki/Tomas_Transtr%C3%B6mer) scriveva così: “quando laingua avanza al passo dei carnefici, occorre inventare un’altra lingua”. Il che equivale, in termini deleuziani, a forgiare altriconcetti, altri strumenti, altri arnesi di lotta e persino altri ambienti dove mettere all’opera – e non solo in scena – se non la libertàpresente quanto meno la diserzione futura.

    questo articolo è apparso, in forma ridotta, sul numero 6/2014 di Critica Marxista (http://criticamarxista.net/2015/02 

    /24/sommario-critica-marxista-62014/)]

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