Marazzini Claudio

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INTRODUZIONE – STORIA DI CHI, STORIA DI CHE COSA 1. CENTRO E PERIFERIA La storia linguistica italiana si caratterizza per un costante rapporto tra il centro (la Toscana) e la periferia. Nella sua espansione, il toscano ha incontrato le parlate locali. Il confronto non si è risolto quasi mai in una imposizione autoritaria: vi è stato piuttosto un libero consenso delle altre regioni. La situazione dell’Italia è anomala: come osservava con imbarazzo Manzoni, l’Italia era l’unica nazione in cui la capitale politica (Roma) era destinata a non coincidere con la capitale linguistica (Firenze). I dialetti sono da considerare sempre nel rapporto con l’italiano: ma per il periodo dalle origini al 1400, non ha senso parlare di dialetti. Se ne parlerà solo dopo l’affermazione della lingua. Quindi per i secoli XIII-XV si parla di “volgari italiani”. 2. I FORESTIERISMI: LE LINGUE NON SONO ISOLATE Sono le lingue di maggiore prestigio a influenzare le altre, esercitando un’azione che si manifesta nei “prestiti”. Il rapporto con una lingua diversa produce anche i “calchi”, che possono essere di due tipi: il primo è il “calco traduzione”, quando si traduce alla lettera una parola straniera (es: skyscaper = grattacielo); il secondo è il calco semantico, quando una parola italiana assume un nuovo significato traendolo da una parola straniera, come accaduto per “autorizzare, che un tempo significava “rendere autorevole”. I “prestiti di necessità” si hanno quando la parola giunge assieme ad un referente nuovo, privo di nome nella lingua che lo riceve (es: caffè, patata, canoa). I “prestiti di lusso”, invece, potrebbero essere evitati perché la lingua possiede già un’alternativa alla parola forestiera. Tutta la terminologia dell’informatica è fittamente intessuta di parole inglesi, prestiti o calchi, perché tutta la tecnologia dell’informatica è stata sviluppata lontano dall’Italia: è quindi naturale che il relativo linguaggio settoriale sia di importazione. Tra le lingue con cui l’italiano è stato maggiormente in relazione, al primo posto stanno quelle europee, prima il provenzale e il francese, poi lo spagnolo e l’inglese. Ma bisogna

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Riassunto di storia della lingua italiana

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INTRODUZIONE STORIA DI CHI, STORIA DI CHE COSA1. CENTRO E PERIFERIALa storia linguistica italiana si caratterizza per un costante rapporto tra il centro (la Toscana) e la periferia. Nella sua espansione, il toscano ha incontrato le parlate locali. Il confronto non si risolto quasi mai in una imposizione autoritaria: vi stato piuttosto un libero consenso delle altre regioni.La situazione dellItalia anomala: come osservava con imbarazzo Manzoni, lItalia era lunica nazione in cui la capitale politica (Roma) era destinata a non coincidere con la capitale linguistica (Firenze).I dialetti sono da considerare sempre nel rapporto con litaliano: ma per il periodo dalle origini al 1400, non ha senso parlare di dialetti. Se ne parler solo dopo laffermazione della lingua. Quindi per i secoli XIII-XV si parla di volgari italiani.2. I FORESTIERISMI: LE LINGUE NON SONO ISOLATESono le lingue di maggiore prestigio a influenzare le altre, esercitando unazione che si manifesta nei prestiti. Il rapporto con una lingua diversa produce anche i calchi, che possono essere di due tipi: il primo il calco traduzione, quando si traduce alla lettera una parola straniera (es: skyscaper = grattacielo); il secondo il calco semantico, quando una parola italiana assume un nuovo significato traendolo da una parola straniera, come accaduto per autorizzare, che un tempo significava rendere autorevole.I prestiti di necessit si hanno quando la parola giunge assieme ad un referente nuovo, privo di nome nella lingua che lo riceve (es: caff, patata, canoa).I prestiti di lusso, invece, potrebbero essere evitati perch la lingua possiede gi unalternativa alla parola forestiera.Tutta la terminologia dellinformatica fittamente intessuta di parole inglesi, prestiti o calchi, perch tutta la tecnologia dellinformatica stata sviluppata lontano dallItalia: quindi naturale che il relativo linguaggio settoriale sia di importazione.Tra le lingue con cui litaliano stato maggiormente in relazione, al primo posto stanno quelle europee, prima il provenzale e il francese, poi lo spagnolo e linglese. Ma bisogna anche tenere conto dei contatti con il latino e il greco, che forniscono prestiti di matrice colta.Tra le lingue moderne, il francese fin dalle origini ha avuto maggiori rapporti con litaliano e gli ha dato il pi alto numero di parole, con influenza maggiore fra 700 e 800. All inizio dell800 per il Purismo reagisce contro i gallicismi e contro linfranciosamento dellitaliano.Il periodo della pi forte influenza spagnola va dalla seconda met del 500 alla fine del 600. Lo spagnolo era allora la lingua di una grande potenza militare presente nella penisola.Il periodo di forte penetrazione degli anglismi comincia nell800 e raggiunge il culmine nella nostra epoca. Il tedesco invece stato molto meno importante. Fondamentale invece nel Medioevo il rapporto con larabo. Voci arabe ricorrono nel lessico della marineria, del commercio, nella medicina, nella matematica (zero, tariffa, sciroppo), e sono arabi molti nomi di stelle.3. GLI SCRITTORI CHE CONTANOE sbagliato mettere in secondo piano la lingua comune e duso, legata alla comunicazione quotidiana. Il linguaggio letterario ha influito spesso in maniera determinante sulla lingua italiana comune. Sono stati gli scrittori a fornire gli elementi sui quali grammatici e teorici hanno poi stabilito la norma.4. IL MISTILINGUISMOIl parlante o scrivente italiano si trovato molto spesso al centro di una serie di campi di forza divergenti: stato attirato dal toscano, lingua conosciuta attraverso i modelli della letteratura, stato condizionato dal suo dialetto dorigine. Tale ambiente era favorevole allo svilupparsi di fenomeni di lingua mista. La contaminazione che ne deriva pu essere definita con termine tecnico come mistilinguismo, e poteva manifestarsi sia involontariamente, per errore, sia volontariamente, per deliberata scelta stilistica.5. NOTAI E MERCANTI DEL MEDIOEVOIl notaio senzaltro fra i protagonisti della fase iniziale della nostra storia linguistica: molti dei primi documenti del volgare sono stati scritti da notai, e proprio a costoro si deve la scelta di introdurre il volgare al posto del latino.Inoltre, i notai sono stati tra i primi cultori dellantica poesia italiana.Il mercante medievale era certo meno istruito ma non gli mancava la conoscenza delle lingue straniere. Non sapeva il latino, ma leggeva, per proprio divertimento. Il suo rapporto con la scrittura era invece pi sostanziale, aveva a che fare con la sua professione.Un libro di conti del 1211 la prima testimonianza di volgare fiorentino.Il mercante utilizz altre forme di scrittura, oltre alle lettere missive: i vademecum, in cui si trovano in maniera disorganica cose diverse; i libri di famiglia, quaderni in cui uno o pi membri della famiglia annotavano avvenimenti familiari e cittadini, memorie, etc.Nel 500 continu infine la tradizione delle narrazioni di viaggi. In questi scritti il linguista pu trovare le prime attestazioni di parole esotiche poi entrate stabilmente nellitaliano.6. SCIENZIATI E TECNICILo strumento della lingua scientifica fu per lungo tempo solo il latino. La base delle conoscenze sulla natura, del resto, era costituita dagli autori classici come Aristotele e Plinio. Ci volle tempo perch il volgare potesse competere col latino strappandogli il monopolio della cultura.Dante ebbe la lungimiranza di antivedere una simile trasformazione, e scrisse in volgare il Convivio, opera di filosofia e poesia. Ma fu Galileo Galilei il protagonista della svolta che promosse al pi alto livello scientifico luso del volgare toscano.Il linguaggio scientifico moderno ha accentuato i caratteri specifici che lo distinguono dalla lingua comune, oltre che da quella letteraria, ed quindi fortemente codificato, rivolto a specialisti. Esso risulta economico proprio grazie alla concentrazione di parole specialistiche. Oggi, molto spesso chi scrive saggi scientifici, usa linglese, ormai lingua internazionale come un tempo il latino.Se questa tendenza dovesse estendersi, andremmo purtroppo incontro a una progressiva perdita del linguaggio scientifico italiano.7. PER FORZA DI REGOLE: I GRAMMATICILa prima breve grammatica italiana che si conosca la cosiddetta Grammatichetta vaticana, di Leon Battista Alberti, composta nel 400. La prima grammatica a stampa risale allinizio del secolo successivo: si tratta delle Regole grammaticali della volgar lingua di Giovanni Francesco Fortunio.Pochi anni dopo, nel 1525, uscirono le Prose della volgar lingua di Pietro Bembo: nella terza ed ultima parte si trova una vera e propria grammatica dellitaliano.Le norme fissate dai grammatici del 500 erano ricavate dagli scrittori che avevano reso grande la lingua: Dante, Petrarca e Boccaccio.Lo sforzo di razionalizzazione grammaticale ebbe come effetto una maggiore omogeneit nelluso da parte degli scriventi. A partire dal 700, la grammatica, in forma di ordinato manuale, divenne uno strumento fondamentale della pedagogia scolastica.8. LAUTORITA DELLE PAROLE: DIZIONARI E ACCADEMIEAccanto alle grammatiche, laltro grande presidio della norma linguistica rappresentato dai dizionari. La concezione moderna di un vocabolario aperto alle innovazioni molto diversa da quella che fu propria della pi antica produzione lessicografica italiana, la quale, invece, ebbe lobiettivo la definizione di un corpus chiuso di parole.I pi antichi vocabolari a stampa furono realizzati a Venezia.La Crusca pubblic nel 1612 un vocabolario molto pi ampio di tutti quelli realizzati fino ad allora e lo present con unautorevolezza tale da farlo diventare il termine di confronto obbligatorio in qualunque discussione sulla lingua.9. LA POLITICA LINGUISTICALa lingua toscana non deve la sua fortuna allimposizione di un potere politico accentratore. La letteratura e la cultura sono stati i canali pi importanti per la diffusione dellitaliano.In Toscana, la lingua parlata era vicina a quella scritta e letteraria, e si aveva quindi unomogeneit altrove impossibile. E naturale, quindi, che in Toscana il potere politico fosse disponibile alla promozione della lingua volgare.Si ebbe una significativa promozione del toscano alla corte medicea, nel 400, e poi nel 500 sotto Cosimo I.Il latino deteneva un primato quasi assoluto, in quanto lingue del diritto e della giurisprudenza. Eppure il volgare, gi nel 400, fece la sua comparsa in alcune cancellerie signorili. E nella cancelleria che si forma la lingua che usiamo definire come comune, coin.Per uno stato, la scelta di una lingua ufficiale pu significare una scelta di campo di grande portata storica. In Piemonte, durante il periodo napoleonico, fu introdotto il francese al posto dellitaliano: la francesizzazione si interruppe solo per la caduta dellImpero.Anche i dialetti esprimono una diversit regionale. Nel clima che port allUnit dItalia, si formarono movimenti di opinione che avversarono i dialetti. Lo stesso Manzoni non fu loro favorevole. Tali posizioni antidialettali vengono definite giacobinismi linguistici (il linguista Ascoli faceva notare che lingua e dialetto possono convivere pacificamente).Uno degli strumenti della politica linguistica la scuola. Fino al 700, per, la scuola superiore fu in lingua latina. Il volgare non era insegnato, almeno ufficialmente.Con le riforme del 700 il toscano entr nella scuola superiore e nellUniversit allinizio con una posizione assai modesta.10. EDITORI E TIPOGRAFIANel 400 Venezia divenne la capitale della stampa. Linnovazione della stampa influenz direttamente levoluzione della lingua, produsse una regolarizzazione sempre maggiore della scrittura: la tipografia italiana favor nel 500 la diffusione di una norma omogenea, realizzando una maggiore uniformit linguistica dei testi, sottraendoli alle oscillazioni tipiche della coin quattrocentesca.Nel primo secolo della stampa, la produzione in latino ebbe di gran lunga il primo posto.Il primo libro in volgare italiano oggi conosciuto non un grande classico, ma un testo popolare devoto: unedizione dei Fioretti di San Francesco (Roma, 1469).Nel corso del 500 leditoria raggiunse una considerevole omogeneit linguistica e acquist sempre maggiore importanza la figura del correttore tipografico. Attraverso la stampa si arriv cos ad una progressiva regolarizzazione della grafia e delluso della punteggiatura. Si pensi che lapostrofo fu introdotto da Bembo in occasione della stampa, nel 1501, delle Cose volgari di Petrarca.11. DALLA STAMPA AI MODERNI MASS-MEDIANel 700 acquist una funzione particolare il giornale, rivolto allo stesso pubblico colto che acquistava i libri. E con l800, tuttavia, che si diffusero giornali popolari e quotidiani rivolti a un pubblico pi largo, favoriti dalla crescita dellanalfabetismo e dalla maggiore scolarizzazione.Il giornale testimone di molti neologismi e forestierismi. Non sempre i neologismi che compaiono sui giornali mettono radici nella lingua; a volte scompaiono in breve tempo.La radio era gi diventata un canale per raggiungere masse popolari negli anni precedenti la seconda guerra mondiale. Ma lavvento della televisione fu unoccasione unica, per alcuni, di ascoltare una voce che parlava in lingua italiana, portando nelle campagne, in zone arretrate e legate alla pi arcaica cultura rurale, unimmagine del mondo esterno.12. LINGUA SCRITTA E LINGUA PARLATALa lingua per sua natura caratterizzata da variet, e in questa variet si esprime la creativit del parlante, determinata dal livello e dalla situazione in cui si svolge la comunicazione.Una prima grande differenza va stabilita fra la lingua scritta e la lingua parlata.Nelloralit ci sono molti elementi che entrano nella comunicazione, assenti della scrittura: il gesto, lespressione, il tono della voce, etc. Parola e azione si intrecciano. Inoltre la scrittura ha una maggiore durata del parlato, permette la correzione, il ripensamento, il succedersi di stesure diverse, fino al raggiungimento di un risultato soddisfacente e ordinato.Lo storico della lingua si occupa generalmente di testi scritti. Lanalisi di testi orali pu essere messa in atto solo a partire dalla registrazione della voce su disco o nastro.Dal 900, a volte, nelle scritture si avverte loralit, con differenti gradazioni. Un caso particolare il testo teatrale, un parlato recitato. Il parlato viene anche introdotto nella narrativa, nelle novelle con i dialoghi.13. LITALIANO DEL POPOLONella tradizione italiana di riflessione sulla lingua, il ruolo del popolo stato materia controversa. Pietro Bembo era fautore di un ideale letterario aristocratico e non riconosceva diritti alla parlata popolare, dove per popolo si intende quello toscano.Ma anche una volta riconosciuta la parentela tra la lingua dei grandi scrittori del 300 (Dante, Petrarca e Boccaccio) e quella parlata dal popolo toscano, si trattava di stabilire quale fosse il principio di autorit: si trattava di scegliere tra la tradizione scritta e la vitalit della lingua viva.I linguisti hanno scoperto lesistenza del popolo grazie allo sviluppo delle scienze folcloristiche, della dialettologia e dello studio del periodo storico successivo allUnit dItalia. Si pot cos osservare che il popolo post-unitario era arrivato ad utilizzare una modesta lingua italiana, piena di elementi dialettali ed errori.Batoli Langeli, paleografo, afferma che litaliano popolare un modo di scrivere, non di parlare. Inizialmente, i documenti di italiano popolare vennero ricercati nei secoli XIX e XX.Una serie di documenti dimostra come anche tra gli appartenenti ai ceti sociali pi bassi, nelle grandi citt, la capacit di leggere e scrivere non fosse totalmente assente, anche prima dell800. Sempre pi spesso escono dagli archivi testi risalenti al periodo tra il 500 e il 700, redatti in italiano popolare: si tratta di scritture di semicolti in un italiano scorretto, saturo di dialettismi, ma comunque diverso dal mero dialetto.La storia dei dialetti italiani strettamente legata a quella dellitaliano. Il processo stato duplice: i dialetti si sono via via avvicinati alla lingua, mentre litaliano ha acquisito elementi provenienti dai dialetti.14. LA LINGUA COME VARIETALitaliano popolare litaliano di chi non riesce a staccarsi dal dialetto e per conseguenza contamina i codici. I linguisti parlano di variet diastratiche per indicare differenze che si riscontrano nelluso dei diversi strati sociali.A partire dal 500, litaliano letterario divenne lingua della comunicazione scritta ai diversi livelli della societ. Da allora in poi, quanto pi modesto il livello culturale dello scrivente, tanto pi emergono vistosi gli elementi legati al dialetto.Le variet diatoniche della lingua sono definibili anche come variet geografiche.Litaliano parlato nel nostro paese non uniforme, ma varia da regione a regione. Le differenze riguardano prima di tutto il livello fonetico e fonologico, ma anche quello morfologico e lessicale. I parlanti settentrionali, ad esempio, non distinguono tra le e/o rispettivamente aperte e chiuse (psca, psca). Toscani e romani avvertono lapertura e la chiusura delle e/o come rilevante.Le differenze riguardano anche il livello lessicale e sintattico: le forme tengo fame per ho fame o il pesce vuol cotto bene sono chiaro segno di un italiano regionale di tipo meridionale.Diafasico il termine tecnico per indicare differenze linguistiche relative allo stile della comunicazione. Seguendo unideale scala discendente, potremmo parlare di livello molto elevato o aulico, colto, formale, medio, colloquiale, popolare, familiare, basso, etc.E interessante notare che molte tendenze innovative proprie dellitaliano di oggi si manifestano prima di tutto ad un livello diafasico medio-basso: il caso del pronome gli al posto di a lei, delluso del ci davanti ad avere (chai), del che polivalente (questo il locale che si balla tutta la notte), della dislocazione a sinistra (Carlo lho visto), delluso dellimperfetto nellipotetica dellirrealt o dellindicativo al posto del congiuntivo nelle dipendenti (se sapevo, venivo prima; credo che Mario non viene). CAPITOLO PRIMO ORIGINI E PRIMI DOCUMENTI DELLITALIANO1. DAL LATINO ALLITALIANOLitaliano deriva dal latino, ma non dal latino classico degli scrittori, bens dal cosiddetto latino volgare. Il latino non aveva dunque una unit linguistica assoluta. Uno dei mezzi per ricostruire gli elementi del latino volgare allorigine degli sviluppi romanzi la comparizione tra le lingue neolatine.Il latino volgare conteneva molte parole presenti anche nel latino scritto. Altre parole furono innovazioni del latino parlato, e non sono attestate nello scritto, come Putium. In altri casi ancora si ebbe un cambiamento nel significato della parola latina letteraria, la quale assunse un senso diverso nel latino volgare. E il caso di Testa(m), che era in origine un vaso di terracotta, ma che poco a poco sostitu Caput: evidentemente Testa(m) ebbe in un primo tempo un significato ironico, e design il Caput in maniera scherzosa, come noi possiamo dire Zucca, Crapa, etc. Poi la sfumatura ironica spar, e il termine assunse in toto il significato nuovo. Si consideri ancora litaliano fuoco, derivato da focus, che in latino non era un fuoco qualunque (il latino letterario aveva il termine Ignis), ma il focolare domestico.Esiste anche una serie di testi che possono darci informazioni utili per intravedere alcune caratteristiche del latino parlato di livello popolare. Alcuni autori classici hanno scritto a volte in maniera meno formale e sorvegliata.Anche i testi teatrali latini contengono elementi di parlato, soprattutto quelli di Plauto. Importante poi un romanzo come il Satyricon. In Petronio coesistono forme come Pulcher, Formosus e Bellus: il primo aggettivo era destinato a sparire nelle lingue moderne, mentre gli ultimi due sono allorigine delle forme romanze, lo spagnolo Hermoso, litaliano Bello, il francese Beau.Un particolare rilievo, tra i documenti del latino volgare, ha la cosiddetta Appendix Probi, una lista di 227 parole o forme o grafie non corrispondenti alla buona norma, tramandate da un codice scritto a Bobbio intorno al 700 d.C. Gli studiosi la collocano nel V o VI secolo d.C. Un maestro di quellepoca raccolse le forme errate in uso presso i suoi allievi, affiancandole alle corrette, secondo il modello A non B (speculum non speclum, oculus non oclus).LAppendix Probi loccasione per riflettere su una serie di tendenze aberranti rispetto alla norma classica, che tuttavia contenevano gli sviluppi della successiva evoluzione verso la lingua nuova. Lerrore dunque, una deviazione rispetto alla norma, ma nellerrore medesimo possono manifestarsi tendenze innovative importantissime. Quando lerrore si generalizza, linfrazione diventa essa stessa norma.Gli studiosi fanno riferimento di solito a fenomeni di sostrato: il latino si impose su lingue preesistenti (etrusco, osco-umbro, etc.), che non mancarono di influenzare lapprendimento della lingua di Roma.Si spiegata con il sostrato celtico la presenza delle vocali turbate nel settentrione dItalia, con il sostrato osco-umbro si spiegata la tendenza allassimilazione di nd- > -nn- e mb- > -mm- nei dialetti centro-meridionali.Un altro problema il ruolo del superstrato: linfluenza esercitata da lingue che si sovrapposero al latino, come avvenne al tempo delle invasioni barbariche.Di fatto, lapporto lessicale allitaliano risalente a queste lingue non di grande rilevanza. I termini gotici entrati nellitaliano sono meno di una settantina, e tra essi si possono citare le voci astio, bega, melma, nastro, stecca e strappare.Linvasione dei longobardi fu pi violenta e brutale e dur pi a lungo. Le parole longobarde che sono state contate nellitaliano e nei dialetti italiani sono oltre duecento, tra arcaiche e moderne, dialettali e di lingua: i toponimi in ingo e engo, guancia, stinco, nocca, zazzera, grinfia, stamberga, panca, scaffale, federa, gruccia, palla, zaffata, staffa, spalto, termini giuridici e tecnici come faida e arimanno. Inoltre sono longobardi verbi concreti ed espressivi come arraffare, russare, schernire, scherzare, spaccare, spruzzare e tuffare.I franchi furono unelite che si insedi ai vertici del potere civile e militare. Sono probabilmente da considerare franchismi i termini come bosco, guanto, dardo e biondo. Linfluenza doltralpe si fece sentire poi fortemente nei secc. XI e XII, con la diffusione anche da noi della letteratura francese e provenzale.Ritornando comunque al periodo carolingio, entrarono allora termini relativi allorganizzazione politica e sociale: conte, marca, cameriere, barone, dama, lignaggio, sire e vassallo.2. FONETICA E GRAMMATICA STORICALe modificazioni subite dal latino seguono determinate regole di sviluppo. Queste regole sono organizzate in forma sistematica dalla grammatica storica.Le vocali possono essere classificate in base al loro punto di articolazione, centrale, anteriore o posteriore. La vocale centrale la a, le tre vocali anteriori o palatali sono i, , , le tre posteriori o velari sono u, o, . La e e la o si distinguono in chiuse e aperte.Vi sono lingue e dialetti che hanno anche le vocali cosiddette turbate, la e la , assenti nellitaliano ma presenti nel francese. La vocale indistinta o muta presente nel francese de: la si indica convenzionalmente con .Le vocali possono essere distinte, a secondo della loro durata, in lunghe e brevi. Le vocali che portano laccento sono dette toniche, se no sono atone.Combinazioni particolari di suoni sono i dittonghi, che possono essere ascendenti (pide, umo) o discendenti (fi, cusa). La i e la u nei dittonghi prendono il nome di semiconsonanti. Vengono rappresentate convenzionalmente con j e w.Le consonanti vengono pronunciate con un restringimento o unocclusione del flusso daria. Nel primo caso sono dette fricative, nel secondo caso occlusive. La combinazione delle prime e delle seconde produce le affricate. Le consonanti possono inoltre essere sorde o sonore: nelle sorde non di ha vibrazione delle corde vocali, nelle sonore s.Se locclusione della cavit orale si combina con il passaggio di aria nel naso, si ottengono le consonanti nasali. Se la lingua occlude solo la parte centrale della cavit orale, lasciando libere le zone laterali, avremo le consonanti laterali /l/ e /?/ (it. Figlio).La consonante /r/ vibrante.La lingua italiana ha un sistema di sette vocali perch ed costituiscono opposizione fonematica. Il latino aveva dieci vocali, distinguibili in cinque lunghe e cinque brevi. Ad un certo punto, per, la quantit vocalica latina non fu pi avvertita, cess di avere rilevanza, e si trasform in qualit: in parlanti pronunciarono le lunghe come strette e le brevi come aperte.Lo sviluppo vocalico delle parole italiane interessato inoltre dai fenomeni del dittongamento (pedem-piede, bonum-buono) e del monottongamento (aurum-oro, caudam-coda).La metafonesi invece una modificazione del timbro di una vocale per influenza di una vocale che segue. Lanafonesi invece un fenomeno tipico del fiorentino e di una parte della Toscana: il fenomeno per il quale una tonica si trasforma in i davanti a /?/, mentre o tonica si trasforma in u davanti a /?/.Hanno dato luogo quasi sempre a consonante doppia italiana anche i gruppi consonantici latini ct e pt: Lactem diventa latte, Septem sette. Un caso particolare di raddoppiamento quello che si produce in fonosintassi, cio nel contatto tra due parole: ad casam > akkasa.La grafia italiana moderna registra il fenomeno solo quando si prodotta luniverbazione, cio la riduzione a una sola parola (es: soprattutto, sebbene).Nel passaggio dal latino alle lingue romanze, come abbiamo visto, si ebbe la perdita delle consonanti finali (ad esempio della m dellaccusativo) e la perdita dellopposizione tra vocali brevi e vocali lunghe. Nella lingua latina si ebbe dunque un collasso del sistema delle declinazioni.Le parole italiane derivano generalmente dallaccusativo delle parole latine.Il latino sintetico, mentre il passaggio dal latino classico a quello volgare implica lintroduzione di elementi morfologici analitici quali articoli e preposizioni. Gli articoli determinativi italiani il, lo, la, etc. derivano dai dimostrativi latini Illum, Illam, etc.Dal numerale latino Unum deriva invece lindeterminativo un, uno.Il latino aveva tre generi di nomi, il maschile, il femminile e il neutro. Questultimo sparito nelle lingue romanze, lasciando rare tracce. Caratteristica, nello sviluppo dei verbi, stata la formazione del futuro, completamente diverso da quello latino. Il futuro dellitaliano e delle lingue romanze deriva infatti dallinfinito del verbo unito al presente di Habere.Anche il passivo latino fu sostituito da forme analitiche (amatus sum al posto di amor). Nel latino classico era normale la costruzione con il verbo postumo alla fine della frase.Il latino volgare invece prefer lordine diretto, soggetto-verbo-oggetto-complemento indiretto. Mentre il latino mostrava una propensione per le frasi subordinate (ipotassi), litaliano rivela una preferenza per la coordinazione (paratassi), come il latino volgare.3. QUANDO NASCE UNA LINGUALesistenza del volgare cominci a farsi sentire nel latino medievale, che lascia trapelare i volgarismi. La caratteristica dei documenti antichi del volgare la casualit: nella loro realizzazione e nel ritrovamento.Il primo documento della lingua francese sono i Giuramenti di Strasburgo dell842. Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo, di fronte ai loro eserciti, giurarono alleanza contro il fratello Lotario. Ognuno dei due re giur nella lingua dellaltro: Carlo giur in tedesco, Ludovico in francese.Lintenzionalit nelluso del volgare in questo caso evidente, perch legata ad una situazione pubblica e ufficiale quale un patto di alleanza fra due sovrani. Latto di nascita della lingua italiana, il Placito Capuano, una formula connessa a un giuramento, che nasce da una piccola controversia di portata locale.Un codice scritto in Spagna, allinizio dellVIII sec, e approdato gi in epoca antica a Verona, reca nel margine superiore di un foglio due note in scrittura corsiva. La seconda in latino corretto, la prima invece si presenta in forma diversa (se pareva boves).La postilla stata giudicata variamente: come italiano volgare, come semivolgare, come vero e proprio latino seppur scorretto. La questione probabilmente irresolubile. Detto questo, sar ben difficile attribuire il titolo di primo documento della lingua italiana a un testo cos controverso.4. UN GRAFFITO E UN AFFRESCOCaso curioso quello delliscrizione della catacomba romana di Commodilla, la quale un anonimo graffito tracciato sul muro. Bench sembri a prima vista conservare un aspetto latineggiante, vistosamente rivela il suo reale carattere di registrazione del parlato.Il graffito pu essere fatto risalire a un periodo tra il VI-VII secolo e la met del IX, ed cos trascrivibile: Non dicere ille secrita a bboce, ovvero Non dire quei segreti a voce alta. Tale grafia rende in maniera fedele la pronuncia con betacismo (passaggio di v a b: lat. Vocem diventa Boce) e raddoppiamento fonosintattico.Liscrizione della basilica di San Clemente rientra invece in un progetto grafico ben pi complesso: si tratta di un affresco in cui parole in latino e in volgare sono state dipinte fin dallinizio accanto ai personaggi rappresentati, per identificarli e per mostrare il loro ruolo nella storia narrata.Il pittore ha aggiunto una serie di parole che hanno funzione di didascalia, o che indicano le frasi pronunciate dai personaggi raffigurati: queste frasi sono in un volgare vivace e popolarescamente espressivo. Laffresco fu dipinto alla fine dell XI secolo. Il latino adottato nelle parti pi elevate del testo, per indicare lintenzione di chi ha fatto dipingere laffresco o per esprimere il giudizio morale sullaccaduto.Il volgare, per contro, esplode vivace nelle didascalie che registrano con marcato espressionismo plebeo voci e azioni dei personaggi (Falite dereto co lo palo).5. LATTO DI NASCITA DELLITALIANO: IL PLACITO CAPUANO DEL 960Il Placito Capuano, un documento darchivio, per la sua ufficialit gode del privilegio di essere comunemente considerato latto di nascita della nostra lingua. La scoperta risale al 700. Chi lha scritto si reso perfettamente conto di utilizzare due lingue diverse, il latino notarile e il volgare parlato. Abbiamo dunque qui la prova di una cosciente distinzione tra i due codici linguistici.Il Placito Capuano del 960 un atto notarile, scritto su un foglio di pergamena, relativo ad una causa discussa di fronte al giudice capuano Arechisi. Rodelgrimo rivendicava il possesso, in lite giudiziaria, di certe terre. Labate di Montecassino invece invocava il diritto allusucapione.Durante la redazione di questo verbale fu compiuta una scelta inconsueta rispetto alle abitudini del tempo. Il dibattito doveva svolgersi gi allora in volgare, non in latino. Il latino per era impiegato in tutti i tipi di verbali. Nel caso del Placito Capuano, la verbalizzazione in latino arriv a includere vere e proprie formule testimoniali volgari (et testificando dixit: Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene).La scelta di scriverla in volgare piuttosto che in latino non va spiegata tanto con il desiderio di essere fedeli al parlato dei testimoni, quanto come un modo per rivolgersi a un pubblico diverso, pi vasto: come dire che era interesse dellAbate che il risultato del processo fosse conosciuto per evitare altre analoghe contestazioni. In altre tre carte notarili analoghe, una di Sessa Aurunca e due di Teano, risalenti al 963, si trovano formule molto simili.6. DOCUMENTI NOTARILI E GIUDIZIARIUn buon numero dei pi antichi documenti italiani dovuto alla penna di notai. Il volgare pu affiorare in forma di postilla, cio in forma di testo aggiunto al rogito vero e proprio. E quanto accade nella cosiddetta Postilla amiatina del 1087. Il notaio estensore dellatto in lingua latina aggiunse alla fine la seguente postilla: Ista cartula est de caput coctu ille adiuvet de ill rebottu.Dal punto di vista linguistico, si osserva la presenza delle u finali al posto delle o, una caratteristica presente nel territorio del Monte Amiata. I versi significherebbero: Questa carta di Capocotto: essa lo aiuti da quel ribaldo che tal consiglio gli mise in corpo.Gli studiosi hanno anche osservato che la postilla ha un andamento ritmico. Pi di recente stata avanzata linterpretazione che rebottu alluda al Maligno.Nella Carta osimana del 1151, il volgare affiora non in una postilla, ma allinterno del vero e proprio testo latino del rogito. Nella Carte fabrianese e in quella picena, si alternano latino e volgare.Al gruppo delle carte giudiziarie vanno ricondotte due pergamene del 1158 conservate nellarchivio vescovile di Volterra. Nella sintesi di quanto hanno detto i testimoni affiora il volgare, nel bel mezzo del testo latino: Sero ascendit murum et dixit: guaita, guaita male; non mangiai ma mezo pane, ovvero La sera sal sulle mura e disse: la guardia, fa male la guardia, perch non mangiai mai altro che mezzo pane.Il volgare viene cos preferito la dove viene introdotto laneddoto.7. IL FILONE RELIGIOSO NEI PRIMI DOCUMENTI DELLITALIANOLa Formula di confessione umbra, la cui datazione pu essere fissata tra il 1037 e il 1080 ca., un testo che il fedele deve leggere o recitare. I Sermoni subalpini invece sono una raccolta di prediche in volgare piemontese. Si tratta di un corpus di ben 22 testi piuttosto ampi. I testi alternano parti in latino al corpo vero e proprio del discorso, che in volgare locale, caratterizzato da alcuni esiti propri anche del piemontese moderno.8. DOCUMENTI PISANIIgnazio Balzelli ha scoperto una carta pisana che si pu collocare fra la met dellXI e la met del XII secolo: lantico documento ridotto al rango della nostra cartastraccia, gi nel secolo XII fu tagliato, parzialmente cancellato e riscritto, e in seguito riciclato.Balzelli qui ha avuto la ventura di scoprire il testo, che risulta essere un elenco di spese navali. Ancora a Pisa ci riporta un documento pi tardo, anteriore per alla soglia nel XIII secolo: si tratta di una iscrizione su di un sarcofago del Camposanto, unepigrafe che si inquadra nel ben noto tema del morto che parla al vivo. Si legge: Homo ke vai per via prega deo dellanima mia.9. PRIMI DOCUMENTI LETTERARIUn vero sviluppo della letteratura italiana si ebbe solamente nel XIII secolo a partire dalla scuola poetica fiorita alla corte di Federico II, la cosiddetta Scuola siciliana.Se cerchiamo tracce di componimenti poetici italiani, qualche cosa dato trovare a partire dalla seconda met del XII secolo, nella forma che comunemente viene definita ritmo.Si trovano quattro versi volgari in una memoria latina esaltante le vittorie delle milizie di Belluno e di Feltre su quelle di Treviso nel 1193 e 1196.Il trovatore provenzale Rambaldo di Vaqueiras ha scritto le prime strofe regolari che ci siano pervenute nella nostra lingua. Per trovare versi italiani con intento letterario dobbiamo sfiorare e forse scavalcare la soglia del XIII secolo, visto che a quella data alcuni spostano ora il cosiddetto Ritmo laurenziano.Il primo testo quello di una canzone di decasillabi, il cui verso iniziale Quando eu stava in le tu catene. Il secondo testo si compone di cinque endecasillabi: il primo Fra tuti qui ke fece lu Creature. Sono le pi antiche testimonianze di poesia lirica damore in volgare italiano.Tali documenti potrebbero autorizzare lipotesi di una scuola poetica italiana gi attiva prima della Scuola siciliana di Federico II.CAPITOLO SECONDO IL DUECENTO1. IL LINGUAGGIO POETICO DAI PROVENZALI AI POETI SICILIANILa prima scuola poetica italiana di cui si abbiano notizie certe e sistematiche fior allinizio del XIII secolo, nellambiente colto e raffinato della Magna curia di Federico II di Svevia, in Italia meridionale, per questo detta scuola siciliana.Altre due letterature romanze si erano gi affermate: quella francese in lingua doil e quella provenzale in lingua doc. Questultima in particolare esercitava un grande fascino: era, per eccellenza, la lingua della poesia, soprattutto quella amorosa.I poeti siciliani imitarono la poesia provenzale: ma sostituirono la lingua forestiera con un volgare italiano, quello siciliano. Anche Dante ebbe un giudizio positivo di questa scuola.Alcuni dei poeti siciliani non sono affatto siciliani: Percivalle Doria ligure, ad esempio, e ci dimostra che la scelta del siciliano fu dotata di valore formale, e infatti il volgare della poesia siciliana altamente formalizzato, raffinato. Vi entrano in gran numero termini provenzali, o arieggianti la lingua provenzale, come le forme in agio (coragio) e anza (amanza, speranza).Il corpus della poesia delle nostre origini stato trasmesso da codici medievali scritti da copisti toscani. Nel Medioevo copiare non era operazione neutrale. I copisti toscani intervennero appunto sulla forma linguistica della poesia siciliana con una vera e propria opera di traduzione.La sconfitta degli Svevi e lavvento degli Angioini port con s anche la distruzione fisica dei manoscritti di origine siciliana o meridionale. Giovanni Maria Barbieri, studioso della lingua provenzale, aveva avuto per le mani un codice (Il libro siciliano) contenente alcuni testi poetici siciliani che si presentavano in una forma vistosamente diversa da quella comunemente nota: Alegru cori, plenu / Di tutta beninanza.La sicilianit vistosa: si notino le vocali finali u e i al posto delle o ed e toscane, la u al posto della o in inamuranza, le i al posto di e toscana, in posizione tonica. Bench sostanzialmente fedele alloriginale, amo non un tratto siciliano. Per avere unidea dellintensit del processo di toscanizzazione, metteremo ora a confronto la trascrizione in forma toscanizzata con quella in forma siciliana della canzone Seo trovasse pietanza.Trascrizione di Barbieri: La virtuti chillvi / Dalcirme guariri.Codice Vaticano (toscanizzato): La vertute chil ve /Dancider me e guerire.Il confronto mette in evidenza la sostituzione dei tratti siciliani con quelli toscani. Ma una traccia di questa sostituzione rimane anche nelle rime imperfette delle versioni toscanizzate (conduce-croce / ora-pintura), le quali diventano perfette solo se riportate alla lingua originale (conduci-cruci / ura-pintura).La lezione della poesia siciliana fu decisiva per la nostra tradizione lirica. Non solo si stabilizz la rima siciliana, ma divennero normali in poesia i condizionali meridionali in ia (il tipo crederia, contro il toscano crederei).2. DOCUMENTI POETICI CENTRO-SETTENTRIONALICon la morte di Federico II (1250), venne meno la poesia siciliana. La sua eredit pass in Toscana e a Bologna, con i cosiddetti poeti siculo-toscani e gli stilnovisti.In Italia settentrionale fior nel 200 una letteratura in volgare molto diversa da quella sviluppatasi nel raffinatissimo ambiente della corte di Federico II.La lingua di questi scrittori fortemente settentrionale, non essendo ancora in nessun modo presente limitazione dei modelli letterari toscani.Larea toscana in cui si ebbe la prima notevole espansione delluso del volgare scritto quella occidentale, fra Pisa e Lucca. In questarea si svilupp la cosiddetta poesia siculo-toscana.Firenze si afferm solo nella seconda met del 200: tra il 1260 e il 1280. A Firenze vi erano diversi rimatori, il loro stile rifletteva quello dei poeti siciliani. In essi si ritrovano molti gallicismi e sicilianismi. Tra i sicilianismi si possono notare le i finali al posto di e, in sostantivi singolari come calori, valori, siri, in verbi alla terza persona (ardi per arde).In Toscana si stava in sostanza immettendo nella lingua locale tutta la tradizione lirica disponibile, attingendo oltralpe e alla Sicilia.E noto che Dante attribu a Guinizzelli la svolta stilistica che avrebbe portato alla nuova poesia damore. Tuttavia, permane una sostanziale continuit tra la tradizione poetica anteriore e quella stilnovista. Permangono i gallicismi (rivera per fiume), i provenzalismi (sclarisce), i sicilianismi (saccio, aggio).In Cavalcanti troviamo le forme suffissali in anza, i meridionalismi di origine siciliana (feruta, saccio), le rime siciliane del tipo noi-altrui, e i consueti provenzalismi. Stessa sorte per le prime esperienze poetiche di Dante, che per amplia il lessico della poesia.3. DANTE, PRIMO TEORICO DEL VOLGARELe idee di Dante sul volgare si leggono nel Convivio e nel De vulgari eloquentia. Nel Convivio, il volgare viene tra laltro celebrato come sole nuovo destinato a splendere al posto del latino, per un pubblico che non in grado di comprendere la lingua dei classici.Nel Convivio il latino reputato superiore in quanto utilizzato nellarte, nel De vulgari eloquentia invece la superiorit del volgare viene riconosciuta in nome della sua naturalezza.Il De vulgari eloquentia il primo trattato sulla lingua e sulla poesia volgare. Non ebbe una sorte molto felice.Dante muove dalle origini prime, dalla creazione di Adamo: stabilisce che fra tutte le creature, lunico ad essere dotato di linguaggio luomo. Lorigine del linguaggio e delle lingue viene ripercorsa attraverso il racconto biblico: nodo centrale lepisodio della Torre di Babele. La storia delle lingue naturali, nella loro variet, incomincia proprio qui: loro caratteristica il mutare nello spazio, da luogo a luogo, e nel tempo.La grammatica delle lingue letterarie, come quella del greco e del latino, secondo Dante, una creazione artificiale dei dotti, intesa a frenare la continua mutevolezza degli idiomi.Per arrivare a definire i caratteri del volgare letterario, Dante procede concentrando la sua attenzione su spazi geografici via via pi ristretti La sua attenzione di concentra sullEuropa, e procedendo dal generale al particolare e avendo come obiettivo una trattazione approfondita dellarea italiana, si avvicina al suo scopo, venendo a trattare del gruppo linguistico costituito da francese, provenzale e italiano.Si restringe quindi finalmente alla sola area italiana. Dante esamina queste parlate alla ricerca del volgare migliore, definito illustre (e anche aulico, curiale e cardinale). Lesame delle varie parlate si conclude con la loro sistematica eliminazione: tutte, nella loro forma naturale, sono indegne del volgare illustre.Tra le pi severe condanne c quella per il toscano e il fiorentino. Migliori degli altri risultano il siciliano e il bolognese. Il discorso si sposta poi dalla lingua alla letteratura: Dante, sta cercando una lingua ideale, priva di tratti locali e popolari. Le realizzazioni di questa lingua vengono identificate nei modelli di stile a cui gli stilnovisti e Dante stesso guardavano con maggior ammirazione.4. LA FORMAZIONE DELLA PROSA VOLGAREConfrontato con lalto sviluppo qualitativo della poesia, la prosa duecentesca appare in ritardo. Il latino, nel 200, detiene ancora il primato assoluto nel campo della prosa, come strumento di comunicazione scritta e di cultura.A volte si tratta di un latino che assume forme domestiche, in cui affiorano tracce di un espressivo parlato in lingua volgare. Inoltre il volgare necessariamente influenzato dal latino. Molto spesso il verbo viene posto in clausola, e anche la sequenza determinante-determinato viene ripresa dal latino.Se alcuni italiani usavano il francese addirittura per scrivere le loro opere, riconoscendogli il pregio di essere la pi piacevole delle lingue, niente di strano che il francese influenzasse i volgarizzatori.Nel 1200, alle due lingue di comune impiego nella prosa, cio il latino e il francese, non si contrappone ancora un tipo unico di volgare, e predomina anzi una sostanziale variet. Non esiste una prosa-modello che in questo secolo si imponga su quella delle altre regioni. Di fatto, per, il ruolo della Toscana stava delineandosi.CAPITOLO TERZO IL TRECENTO1. DANTE E IL SUCCESSO DEL TOSCANOLa ricchezza tematica e letteraria della Commedia favor la promozione del volgare, dimostrando che la nuova lingua aveva potenzialit illimitate. Ecco perch il successo del poema di Dante e il successo della lingua italiana (toscana) gi nel 300 andarono di pari passo. La Commedia opera compiuta in esilio nellItalia settentrionale.Si profila dunque un connubio tra Nord e Centro, che sta alla base della crescita rapida della fortuna accordata ai modelli letterari del volgare.Il toscano inizi cos la sua espansione destinata a completarsi nel giro di alcuni secoli. Il processo fu reso irreversibile dal Canzoniere di Petrarca e dal Decameron di Boccaccio. Senza questi tre autori, probabilmente la storia linguistica italiana sarebbe stata diversa, anche se il fiorentino era una lingua dotata di particolari potenzialit: vivacissima era la societ fiorentina, e la sua lingua occupava una posizione mediana tra le parlate italiane. Inoltre era abbastanza simile al latino.2. VARIETA LINGUISTICA DELLA COMMEDIABruno Migliorini, nella sua Storia della lingua italiana, ha definito Dante il padre del nostro idioma nazionale. Tullio de Martino ha osservato che quando Dante cominci a scrivere la Commedia, il vocabolario fondamentale dellitaliano era gi costituito al 60%, e che il poema di Dante fece proprio questo patrimonio e con il suo sigillo lo trasmise nei secoli, tanto che alla fine del 300 il vocabolario fondamentale dellitaliano era configurato e completo al 90%.Il latinismo viene a Dante da canali diversi: la letteratura classica, le Sacre Scritture, la filosofia tomistica e la scienza medievale. E dobbligo, quando si parla del latinismo nella lingua di Dante, citare il canto VI del Paradiso, con il lungo discorso di Giustiniano, in cui molti termini sono costruiti con lausilio della lingua classica (es: Cirro Negletto sta per capigliatura arruffata, da cui il nome di Cincinnato; il verbo labi, modulo poeticamente illustre, che viene da Orazio, Ovidio e Virgilio; usa cenit, lo zenit, parola ricavata dallarabo, etc.).Il plurilinguismo una delle categoria che sono state utilizzate per definire la lingua poetica di Dante. Non solo i latinismi, ma anche i termini forestieri, plebei, le parole toscane e anche alcune non toscane. Tale variet nelle scelte lessicali deriva da una variet del tono. Si passa dunque dal livello basso e dal turpiloquio (il cul che fa trombetta), al livello pi alto, al sublime teologico.La Commedia, per, nel suo complesso, si presenta come opera fiorentina, che sembra contraddire le tesi del De vulgari eloquentia. Dante si sente libero di fronte ai tratti morfologici del fiorentino del suo tempo, quando ragioni di gusto personale lo richiedono.Pi in generale, si pu parlare di una polimorfia della lingua di Dante nella Commedia, che riguarda lalternanza di forme dittongate e non dittongate (core/cuore; foco/fuoco; bono/buono), la presenza di i o e in protonia (ad es. virt prevale su vert), o ancora di a in protonia (danari), le forme del condizionale (il tipo siciliano in ia e quello toscano in ei: vorria e vorrei), etc.3. IL LINGUAGGIO LIRICO DI PETRARCALa caratteristica dominante del linguaggio poetico di Petrarca la sua selettivit, che esclude molte parole usate da Dante nella Commedia, inadatte al genere lirico. La parte dellopera petrarchesca scritta in volgare estremamente ridotta rispetto a quella latina. Il volgare non qui la lingua naturale, ma la lingua di un raffinato gioco poetico; la lingua naturale delluomo colto proprio il latino con cui infatti postilla le poesie volgari, annotando i propri brevi autogiudizi.Petrarca fa ampio uso di una dispositivo che muta lordine regolare delle parole, anticipando il determinante rispetto al determinato (alla latina). Inoltre ricorrono chiasmi, antitesi, enjambements, anafore, allitterazioni, e si ritrovano binomi di aggettivi (Solo e pensoso), spesso di significato analogo (Tardi e lenti).Petrarca poi scrive ancora in maniera unita sualuce, almio, delbel, laprima, belliocchi. Manca lapostrofo, che fu introdotto solo allinizio del 500. Il sistema di segni di interpunzione si riduce a pochi elementi. Sono presenti anche molti latinismi grafici, come le b etimologiche in huomo, humano e honore; le x (extremi), i nessi tj- (gratia).4. LA PROSA DI BOCCACCIOLimportanza del Decameron per la prosa italiana accentuata dal fatto che la prosa trecentesca non era ancora stabilizzata in una tradizione salda.Nelle novelle di Boccaccio ricorrono situazioni narrative molto variate, in contesti sociali diversi. Tutte le classi si muovono sulla scena, dai regnanti alle prostitute, cos come compaiono quadri geografici e ambienti molto differenti. Lo scrittore non ha rinunciato affatto, nella sua ricerca di realismo, a una caratterizzazione anche linguistica che sapesse cogliere queste diversit.Le novelle mostrano spesso la vivacit del dialogo, con scambi di battute in cui entrano elementi popolari e anacoluti, oltre che una complessa ipotassi. E uno stile magniloquente, in cui le subordinate si accumulano in gran numero. Furono imitati i nessi largamente usati da Boccaccio per regolare il funzionamento e la successione del periodo, con i frequenti adunque, allora e avvenne che.La prosa di Boccaccio, nelle sue forme normali, non mimetiche, fiorentina di livello medio-alto. Nella grafia di Boccaccio, come in quella di Petrarca, si notano latinismi, come le x (exempli), il nesso ct- (decto), la forma advenuto per avvenuto, come le h etimologiche in herba, habito. Laffricata dentale resa dalla , ma anche dalla z (sciocchea, sciocchezza).Boccaccio autore anche di uno dei pi antichi testi in volgare napoletano, unEpistola databile al 1339. Si presenta in una lingua napoletana marcata in senso comico, ricostruita cos come poteva farlo un non napoletano che volesse imitare a orecchio il parlato vivo del tempo. Lesperimento di Boccaccio importante perch mostra un uso volontario di un volgare diverso dal proprio, identificato nelle sue caratteristiche fonetiche, lessicali e sintattiche.5. I VOLGARIZZAMENTIQuesto tipo di libera traduzione continu anche nel 300, in forme che si avvicinavano a veri e propri rifacimenti del testo originale (es: Le vite dei santi padri di Cavalca, i Fioretti di san Francesco).Altri volgarizzamenti, sia da opere latine che da opere toscane, furono realizzati nelle varie lingue locali: ad esempio in siciliano, in napoletano, in ligure, etc. La prosa, molto pi della poesia, manteneva in certi casi limpronta della zona geografica, resistendo allomologazione toscana.CAPITOLO QUARTO IL QUATTROCENTO1. LATINO E VOLGAREPetrarca, nello scrivere latino, si ispirava a Cicerone, Livio, Seneca, Virgilio, Orazio, e misurava consapevolmente la differenza fra quei modelli e il latino medievale corrente ai suoi tempi. Dante per contro usava il latino moderno.Il confronto con il latino degli autori canonici fu decisivo per la formazione di una mentalit grammaticale applicata in seguito anche alla stabilizzazione normativa dellitaliano. Il nuovo gusto classicistico orient verso una concezione della lingua intesa quale frutto di imitazione dei grandi modelli letterari. In seguito questidea fu trasferita dal terreno degli studi classici a quello dellitaliano. Di fatto, per, la svolta umanistica che incominci con Petrarca ebbe come conseguenza una crisi del volgare, lo scredit agli occhi della maggior parte dei dotti, mentre nelluso pratico esso continuava a farsi strada.Vi furono umanisti della prima generazione che non usarono il volgare, come Coluccio Salutati (1331-1406), che diffuse il suo stile latino elaborato sulla base dei modelli ciceroniani.Il latino era preferito in quanto lingua pi nobile, capace di garantire limmortalit letteraria. Luso del volgare, secondo lopinione di questi dotti, risultava accettabile solo nelle scritture pratiche e daffari.Credere nel volgare era insomma come scommette su di un futuro incerto, laddove il latino rappresentava una certezza apparentemente indiscutibile.2. MISCELE A BASE DI LATINOLa cultura umanistica produsse alcuni tipi di scrittura letteraria in cui latino e volgare entrarono in simbiosi: nel secolo dellUmanesimo gli esperimenti di multilinguismo furono frequenti, ed esso aveva tracce di una contaminazione volontaria e studiata, non casuale.Esistono due tipi di contaminazione colta tra volgare e latino: il macaronico e il polifilesco.Con il termine macaronico di designa un linguaggio (e un genere poetico) comico nato a Padova alla fine del 400. Tale linguaggio caratterizzato dalla latinizzazione parodia di parole dal volgare, oppure dalla deformazione dialettale di parole latina, con forte tensione espressionistica tra le due componenti poste a coesistere, quasi anzi a cozzare violentemente fra loro. Una di queste componenti, quella dialettale, bassa, corporea, plebea; laltra latina aulica.Dal punto di vista dellinvenzione linguistica, il macaronico consiste nella formazione di parole miste. A una parola volgare pu essere applicata una desinenza latina: cercabat per cercava (cercare pi abat imperfetto latino), ficavit per ficc; in altri casi parole gi esistenti sia in latino che in volgare vengono usate nel significato proprio del volgare, come casa, che in latino significa capanna; parole latine vengono legate in costrutti sintattici tipicamente volgari: propter non perdere tempus per per non perdere tempo.Il risultato un latino che sembra pieno di errori. Si noti per che lerrore non dovuto ad imperizia. Lautore macaronico anzi un pttimo latinista, che tuttavia gioca con gli idiomi dei classici. Si tratta dunque di una scelta volontaria dello scrittore, a scopo comico, realizzata mediante una tecnica che si pu definire di abbassamento del tono.La poesia macaronica (il cui nome deriva da un cibo, il macaone, cio un tipo di gnocco: come si vede, si tratta di unorigine vistosamente corporea, parodia rispetto alla natura eterea della poesia).Il polifilesco o pedantesco si trova sotto forma di linguaggio prosastico nellHypnerotomachia Poliphili (Guerra damore in sogno dellamatore di Polia), un romanzo anonimo pubblicato nel 1499 a Venezia.La mescolanza fra latino e volgare non certo una novit della predica quattrocentesca, ma viene direttamente ereditata dalla tradizione medievale. Il latino non solo serviva come punto di partenza, con il riferimento a qualche versetto della Bibbia, ma ricorreva sovente pi volte nel corpo della predica stessa.Il latinismo nel contesto di un documento volgare spesso legato a una consuetudine. In una lettera, ad esempio, accade frequentemente che siano in latino le formule iniziali e finali, cos come frequenti sono le formule correnti, cos comuni che la loro latinit passa in pratica inavvertita agli occhi dei lettori del tempo: cum per con, maxime per massimamente, etc.3. LEON BATTISTA ALBERTI E LA PRIMA GRAMMATICAMancava dunque un autore che manifestasse piena fiducia nellitaliano. Tanto pi dunque risulta innovativa la posizione di Leon Battista Alberti. Egli inizi il movimento definibile come Umanesimo volgare, elabor un vero programma di promozione della nuova lingua.LAlberti era convinto che bisognasse imitare i latini prima di tutto in questo: nel fatto che avevano scritto in una lingua universalmente compresa, di uso generale; anche il volgare aveva il merito di essere lingua di tutti, ma occorreva mirare a una sua promozione a livello alto, da affidare ai dotti.AllAlberti attribuita anche unaltra eccezionale impresa: la realizzazione della prima grammatica della lingua italiana, prima grammatica umanistica di una lingua volgare moderna. Questa Grammatica della lingua toscana la si conosce anche come Grammatichetta vaticana. Una breve premessa anteposta al testo chiarisce il collegamento con le dispute umanistiche, polemizzando contro coloro i quali ritenevano che la lingua latina fosse propria solamente dei dotti. La Grammatichetta vaticana nasce da una sorta di sfida: dimostrare che anche il volgare ha una sua struttura grammaticale ordinata, come ce lha il latino.Essa tuttavia non ebbe influenza, perch non circol e non fu data alle stampe.Caratteristica della grammatica dellAlberti lattenzione prestata alluso del toscano del tempo, verificabile fra laltro in alcune indicazioni relative alla morfologia: cos la scelta dellarticolo el anzich il, cos la preferenza per limperfetto in o.La norma a cui si rif la Grammatichetta sta dunque nelluso, non negli autori antichi, per i quali non mostra alcuna propensione. Poich la linea maestra della produzione grammaticale del secolo seguente tutta incentrata sui modelli letterari, la piccola grammatica dellAlberti si segnala per essere basata sulluso vivo.La promozione della lingua toscana da parte dellAlberti culmin in una curiosa iniziativa, il Certame coronario del 1441. Egli organizz una gara poetica in cui i concorrenti si affrontarono con componimenti in volgare. La giuria, composta da umanisti, non assegn tuttavia il premio, facendo in pratica fallire il Certame, che pur aveva avuto una certa risonanza.4. LUMANESIMO VOLGAREA Firenze, nellet di Lorenzo il Magnifico, si ebbe finalmente un forte rilancio delliniziativa in favore del toscano, politicamente voluta e sostenuta al pi alto livello (Tavoni). I protagonisti di questa svolta, anticipata da Alberti, furono oltre a Lorenzo De Medici, lumanista Cristoforo Landino e il Poliziano.Landino fu culture della poesia di Dante e di Petrarca, fino al punto di introdurre la lettura di questi autori persino nella cittadella universitaria.Landino nega la naturale inferiorit del volgare rispetto al latino e invita i concittadini di Firenze a darsi da fare perch la citt ottenga il principato della lingua.Lorenzo il Magnifico, nel proemio al Comento per alcuni dei propri sonetti (1482-84), prospettando un mirabile sviluppo futuro del fiorentino, una crescita della sua maturit, parla, analogamente, di un augumento al fiorentino imperio. Lo sviluppo della lingua si lega dunque ora ad una concezione patriottica, viene inteso come patrimonio e potenzialit dello stato mediceo.Landino sosteneva la necessit che il fiorentino si arricchisse con un forte apporto delle lingue latina e greca: la traduzione, dunque, aveva una funzione importante. Nel tradurre, diede spazio a voci toscane popolari.Nel 1476, Federico, erede al trono di Napoli, aveva incontrato Lorenzo a Pisa, e in tale occasione i due avevano discusso di letteratura volgare a proposito degli autori che avevano poetato in lingua toscana. Lanno successivo Lorenzo inviava dunque a Federico la raccolta selezionata di quegli autori, unendovi lelogio di quella lingua e di quella letteratura, in primo luogo di Dante e Petrarca (lingua non povera e rozza ma abundante e pulitissima).Con Lorenzo il Magnifico e con la sua esaltazione del fiorentino, che egli stesso e Landino riconoscevano comune a tutta lItalia, per la prima volta la promozione del volgare e la rivendicazione delle sue possibilit si collegavano ad un preciso intervento culturale e letterario, non disgiunto da un disegno politico in senso lato.La vitalit dellUmanesimo volgare fiorentino esige dunque che si presti particolare interesse alle realizzazioni poetiche di Lorenzo e del suo entourage. Il volgare viene assunto in questo caso a soggetto di un esercizio letterario colto, in un ambiente delite.Nellambiente mediceo assistiamo alla prima trasposizione su di un piano colto di un genere popolare che godeva grande fortuna, quale era il cantare cavalleresco. Si trattava di una forma poetica in ottave che veniva portata sulle piazze da canterini, cantastorie professionisti, per lintrattenimento di un pubblico medio-basso.Il Morgante di Luigi Pulci (1432-1484) si inserisce in una generale tendenza al ricupero colto di forme popolari, che caratterizza in larga misura buona parte della letteratura del rinascimento mediceo.Pulci scrisse al giovane Lorenzo una lettera in furbesco (si tratta del primo caso di uso del gergo nella nostra letteratura) e compil un Vocabolista, raccolta lessicale ad uso privato, la quale pu essere considerata una sorta di antecedente di un vocabolario italiano.Un altro autore fiorentino, il Burchiello, rimasto famoso per aver coltivato un genere di poesia comica fondata sul gioco di doppi sensi e sullinvenzione verbale fino ai limiti del non senso e dellincomprensibilit.5. LINFLUENZA DELLA LETTERATURA RELIGIOSALa letteratura religiosa importante per la circolazione tra il popolo di modelli linguistici toscani o centrali. Nel 400 troviamo raccolte di laude (laudari) in uso presso molte comunit dellItalia settentrionale.Le sacre rappresentazioni erano messe in scena per un pubblico popolare, e quindi erano unaltra occasione in cui, come nel caso delle laudi, gli incolti dialettofoni potevano incontrare una lingua pi nobile e toscanizzata.Anche la predicazione si rivolgeva al popolo, e quindi aveva bisogno del volgare. Il volgare della predicazione sar stato in certi casi molto vicino al dialetto, o volgare locale, illustre. Nel 400, per, abbiamo gi casi in cui la lingua toscana esercita anche in questo campo un prestigio al di l dei suoi naturali confini geografici. Tra i predicatori spicca la figura di San Bernardino da Siena. Egli usa una lingua semplice e colloquiale, un parlar chiarozzo acci che chi ode, ne vada contento e illuminato, e none imbarbagliato.Diverso il caso di Savonarola, un non toscano, proveniente dallItalia settentrionale, che approd a Firenze, e vi dovette esercitare la sua missione, parlando ai cittadini dal pulpito. Egli fu quindi costretto ad una sorta di toscanizzazione.Il fatto stesso che i predicatori si muovessero da luogo a luogo e facessero esperienza di un pubblico sempre diverso, li spingeva a raggiungere il possesso di un volgare che fosse in grado di comunicare al di l dei confini di una singola regione.Probabilmente tale predicatore poteva adottare alcune parole proprie del posto in cui si trovava, ma doveva essere comunque in grado di depurare la propria lingua naturale, toscana o non toscana che fosse, degli elementi vernacolari, incomprensibili ad un pubblico diverso da quello della sue regione di origine.6. LA LINGUA DI COINE E LE CANCELLERIELa poesia volgare ebbe fin dallinizio una maggiore uniformit rispetto alla prosa, tanto da formare molto presto una sorta di sistema omogeneo. La prosa invece risent maggiormente di oscillazioni.Si pu parlare a questo proposito di una variet di scriptae, lingue scritte attestate dai documenti dellepoca, collocate in precisi spazi sociali e geografici. Ma nel 400, esse mostrano una tendenza al conguaglio, cio alleliminazione dei tratti pi vistosamente locali. Nel 400 dunque, le scriptae, tramite conguaglio, si evolvono verso forme di coin, termine tecnico con cui si indica una lingua comune superdialettale.La coin del 400 consiste appunto in una lingua scritta che mira alleliminazione di una parte almeno dei tratti locali e raggiunge questo risultato accogliendo largamente latinismi e appoggiandosi anche al toscano.Il crescente prestigio dellUmanesimo non signific affatto mortificazione del volgare, ma anzi aumento della sua espansione e ramificazione. Proprio a partire dal 400 le manifestazioni scritte del volgare mostrano una differenza che pu essere attribuita allo spessore sociolinguistico.Una forte spinta in direzione della coin la diede luso del volgare nelle cancellerie principesche, ad opera di funzionari, in genere notai.Lo scarto tra scrittura pratica e scrittura letteraria rimaneva tuttavia ben marcato. E noto il caso di Boiardo, le cui lettere private sono ad un livello di formalizzazione e di toscanizzazione molto minore rispetto alle opere poetiche, in particolare rispetto alle liriche damore.Nellincertezza di un uso ancora non codificato da grammatiche e vocabolari, il latinismo era un punto dappoggio sicuro e insostituibile.7. FORTUNA DEL TOSCANO LETTERARIOIl volgare toscano acquist di fatto un prestigio crescente fin dalla seconda met del 300, a partire dalla presenza fuori di Toscana di autori come Dante e Petrarca, i quali si mossero variamente nellarea settentrionale.A parte una regione eccentrica e francesizzata come il Piemonte, a Milano lapertura verso la letteratura toscana era stata sensibile, legata ad una precisa scelta. Filippo Maria Visconti, che leggeva Petrarca e Boccaccio, fece compilare intorno al 1440 un commento allinferno dantesco, e fece commentare Petrarca dal Filelfo.Diverse testimonianze dimostrano la simpatia con cui Ludovico il Moro guardava alla lingua fiorentina. Anche la tipografia milanese (come quella mantovana) aveva concesso spazio alle opere dei grandi trecentisti toscani.Assieme a Firenze e a Milano, la citt allavanguardia nella stampa dei libri in volgare era Venezia. Fin dal 1470 dai torchi veneziani era uscito il Canzoniere di Petrarca, nel 1471 il Decameron. Ma la letteratura e la lingua volgare trovavano spazio anche nelle corti minori dellItalia padana. Nellambiente emiliano, tra Reggio e Ferrara, ad esempio operava Boiardo (1441-1494).A Mantova il mecenatismo dei Gonzaga si era esercitato nei confronti di autori come Leon Battista Alberti e Poliziano, che proprio qui compose nel 1480, per una festa di corte, lOrfeo.Matteo Maria Boiardo arriv alla poesia in volgare dopo unesperienza di poeta in lingua latina. Egli oper in una dimensione definibile dal punto di vista linguistico come acronica, nel senso che, volontariamente sradicato dal proprio terreno linguistico dialettale, assimil librescamente il toscano.Il suo punto di riferimento il 300, in particolare la poesia di Petrarca, ma anche il volgare poetico precedente e il latino. Sono dunque frequenti i latinismi, che si riflettono anche sul vocalismo tonico, in cui ricorrono i e u al posto di e e o: semplice, firma, summo.Un tratto toscano lanafonesi.Interessante il confronto tra la poesia lirica di Boiardo e il suo poema incompiuto, lOrlando innamorato. Le due stampe presentano un colorito pi dialettale, mentre il manoscritto maggiormente toscanizzato.Nel sud Italia, durante il periodo in cui si instaur a Napoli la corte della dinastia aragonese (1442-1502), fior una poesia cortigiana di cui sono esponenti autori come Francesco Galeota, Joan Francesco Caracciolo, Pietro Jacopo de Jennaro.Alcuni tratti linguistici di questi poeti li fanno distinguere rispetto al toscano: loscillazione tra forme anafonetiche fiorentine e forme senza anaforesi, oscillazione fra i possessivi toa, soa e i toscani tua e sua. Specificatamente meridionali sono fra laltro le forme come iorno per giorno e iace per giace.La generazione successiva dei poeti meridionali, che ha come rappresentanti Cariteo e Sannazaro, invece, si distacca maggiormente dai tratti linguistici locali. Quanto al Sannazaro, di particolare importanza la sua Arcadia.NellArcadia ci sono parti in prosa, che collegano le varie egloghe poetiche. Questa prosa particolarmente interessante perch la prima prosa darte composta fuor di Toscana, un una lingua appresa ex novo (Folena) ed anche il primo esempio di revisione linguistica in senso toscaneggiante ad opera di uno scrittore linguisticamente periferico (Serianni).CAPITOLO QUINTO IL CINQUECENTO1. ITALIANO E LATINONel 500, il volgare raggiunse piena maturit, ottenendo nel contempo il riconoscimento pressoch unanime dei dotti, che gli era mancato durante lUmanesimo.Il volgare scritto raggiunse nel 500 un pubblico molto ampio di lettori. La storia della lingua italiana nel periodo dal 500 al 700 potrebbe essere vista proprio come una lotta serrata con il latino, a cui venne tolto progressivamente spazio.Nel Rinascimento il latino resisteva saldamente al livello pi alto della cultura. Per la crisi umanistica del volgare era ormai superata. Gli intellettuali avevano generalmente fiducia nella nuova lingua. Tale crescente fiducia derivava anche dal processo di regolamentazione grammaticale allora in corso.Verso la met del 500 si assiste al definitivo tramonto della scrittura di coin, la quale, nelle sue vistose contaminazioni fra parlata locale, latino e toscano, rimase poi appannaggio degli scriventi meno colti.Il latino mantenne una posizione rilevante in molti settori. Il caso pi evidente quello della pubblica amministrazione e della giustizia, per le quali nel XVI secolo la maggior parte degli statuti editi nelle citt italiane era ancora in latino.Il latino era pane quotidiano per i giuristi, ma nelle verbalizzazioni delle inchieste, il volgare a poco a poco trovava spazio.Il variato intreccio tra latino ed italiano, tra scritto e parlato, tra formula giudiziaria e registrazione della viva voce si ritrova nella deposizione di un aguzzino della Gran Corte della Vicaria, il quale descrive davanti al giudice il comportamento di Tommaso Campanella, dopo che era stato sottoposto a quasi quaranta ore di tortura. Il verbale relativo a tale testimonianza si apre e si chiude in latino. In volgare sono le parole dellaguzzino.Nella produzione dei libri, quasi esclusivamente in latino si presentano la filosofia, la medicina e la matematica. Il volgare viene usato nella scienza quando si tratta di stampare opere di divulgazione. Quanto al settore umanistico-letterario vero e proprio, il volgare trionfa nella letteratura e si afferma nella storiografia grazie a Machiavelli e Guicciardini. La percentuale pi alta di libri in volgare viene stampata dalleditoria di Venezia, seguita da quella di Firenze.2. PIETRO BEMBO E LA QUESTIONE DELLA LINGUANel 1501 usciva in piccolo formato il Petrarca volgare curato da Bembo.Lo stampatore Manuzio, nella premessa a questa edizione del Petrarca, difendeva il testo dalle rimostranze di coloro che vi avrebbero eventualmente potuto riconoscere un allontanamento dalle tradizionali grafie latineggianti, eredit della coin 400-500esca. Tale allontanamento dalla consuetudine era visibile fin da titolo del libro, che era Le cose volgari di Messer Francesco Petrarca, e non le cose vulgari.Ma le innovazioni introdotte da Bembo erano anche di maggiore portata: sulla forma linguistica di quel testo di Petrarca si sarebbero fondate in seguito le teorie esposte nelle Prose della volgar lingua. Compariva inoltre il segno dellapostrofo, ispirato alla grafia greca.In nessun altro secolo il dibattito teorico sulla lingua ebbe tanta importanza come nel 500, anche perch lesito di queste discussioni fu la stabilizzazione normativa dellitaliano.Al centro di questo dibattito possiamo collocare le Prose della volgar lingua, pubblicate a Venezia nel 1525: leditio princeps a cui seguirono delle ristampe.Le Prose sono divise in tre libri, il terzo dei quali contiene una vera e propria grammatica dellitaliano, la quale per risulta poco sistematica ai nostri occhi di moderni, anche perch il trattato ha una forma dialogica.Il dialogo che costituisce le Prose idealmente collocato nel 1502: vi prendono parte quattro personaggi, ognuno dei quali portavoce di una tesi diversa: Giuliano de Medici (terzo figlio di Lorenzo il Magnifico) rappresenta la continuit con il pensiero dellUmanesimo volgare. Federico Fregoso espone molte delle tesi storiche presenti nella trattazione. Ercole Strozzi (umanista e poeta in latino) espone le tesi degli avversari del volgare, e infine Carlo Bembo, fratello dellautore, portavoce delle idee di Pietro.Nelle Prose viene svolta prima di tutto unampia analisi storico-linguistica, secondo la quale il volgare sarebbe nato dalla contaminazione del latino ad opera degli invasori barbari. Il riscatto del volgare contaminato per le sue barbare origini era stato possibile grazie agli scrittori e alla letteratura.Litaliano era andato progressivamente migliorando, osservava Bembo, mentre unaltra lingua moderna, il provenzale, che pure aveva preceduto litaliano nel successo letterario, era andata progressivamente perdendo terreno. Il discorso si spostava dunque sulla letteratura, le cui sorti venivano giudicate inscindibili da quelle della lingua.Quando Bembo parla di lingua volgare, intende senzaltro il toscano: ma non il toscano vivente, il toscano parlato nella Firenze del XVI secolo, bens il toscano letterario trecentesco dei grandi autori, di Petrarca e di Boccaccio.Questo un punto fondamentale della tesi bembiana: egli non nega che i toscani siano avvantaggiati sugli altri italiani nella conversazione; ma questo non oggetto del trattato, che non si occupa del comune parlato, ma della nobile lingua della letteratura. Il punto di vista delle Prose squisitamente umanistico, e si fonda sul primato della letteratura.La lingua non si acquisisce dunque dal popolo, secondo Bembo, ma dalla frequentazione di modelli scritti, i grandi trecentisti appunto.La teoria di Bembo voleva coniugare la modernit della scelta del volgare con un totale distacco dalleffimero, secondo unideale rigorosamente classicistico, la cui natura squisitamente letteraria.Requisito necessario per la nobilitazione del volgare era dunque un totale rifiuto della popolarit. Ecco perch Bembo non accettava integralmente il modello della Commedia di Dante, di cui non apprezzava le discese verso lo stile basso e realistico.Da questo punto di vista, il modello del Canzoniere di Petrarca non presentava difetti, per la sua forte selezione linguistico-lessicale. Qualche problema invece poteva venire dalle parti del Decameron, in cui emergeva pi vivace il parlato.E vero che Bembo era convinto che la storia linguistica italiana avesse raggiunto una vetta qualitativa insuperata nel 300, con le Tre Corone. Ealtrettanto vero per che egli non escludeva che il volgare, cos giovane in confronto al latino, potesse ancora raggiungere risultati eccezionali, proprio attraverso la nuova regolamentazione proposta nelle Prose.La soluzione di Bembo fu quella vincente. Essa formalizzava in maniera rigorosa e teoricamente fondata quanto era avvenuto nella prassi: il volgare si era diffuso in tuttItalia come lingua della letteratura attraverso una pi o meno cosciente imitazione dei grandi trecentisti. Ora la grammatica di Bembo permetteva di portare a compimento quel processo spontaneo, depurando il volgare stesso dagli elementi eterogenei della coin primo-cinquecentesca.3. ALTRE TEORIE: CORTIGIANI E ITALIANILe fonti pi ricche di notizie sulla teoria cortigiana sono proprio gli scritti degli avversari: lo stesso Bembo, nelle sue Prose, a parlare dellopinione di Calmeta, secondo la quale il volgare migliore quello usato nelle corti italiane, e specialmente nella corte di Roma.Egli fa riferimento alla fondamentale fiorentinit della lingua, la quale si doveva apprendere sui testi di Dante e Petrarca e doveva essere poi affinata attraverso luso della corte di Roma.Mario Equicola aveva parlato di una lingua capace di accogliere vocaboli di tutte le regioni dItalia, mai plebea, con una coloritura latineggiante il cui modello stava nella lingua della corte di Roma, una lingua commune.Bembo obiettava ai sostenitori della lingua comune che una lingua cortigiana era unentit difficile da definire in maniera precisa, non riconducibile allomogeneit. In effetti, proprio questo difetto fece s che la teoria cortigiana non uscisse vincente dal dibattito cinquecentesco. La teoria arcaizzante di Bembo aveva su di essa il considerevole vantaggio di offrire modelli molto pi precisi.Nel 1529, Trissino diede alle stampe il De vulgari eloquentia di Dante, ma non nella forma latina originale, bens in traduzione italiana. Nello stesso anno egli pubblic il Castellano, un dialogo in cui sosteneva che la lingua poetica di Petrarca era composta di vocaboli provenienti da ogni parte dItalia, e non era quindi definibile come fiorentina, bens come italiana.La tesi di Trissino negava dunque la fiorentinit della lingua letteraria e faceva appello alle pagine in cui Dante aveva condannato la lingua fiorentina, contestandone ogni pretesa di primato letterario.Trissino, inoltre, aveva proposto una riforma dellalfabeto italiano, in particolare con lintroduzione di due segni del greco, ipsilon e omega.4. LA CULTURA TOSCANA DI FRONTE A TRISSINO E A BEMBOLa pi interessante tra le reazioni fiorentine di fronte alle idee di Trissino il Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua attribuito a Machiavelli. Dante dialoga con Machiavelli, facendo ammenda degli errori commessi nel De vulgari eloquentia, ed condotto ad ammettere di aver scritto in fiorentino, non in lingua curiale (cio in una lingua comune o cortigiana).Viene inoltre rivendicato il primato linguistico di Firenze contro le pretese dei settentrionali.Ben presto si svilupp una polemica sullautenticit del De vulgari eloquentia, favorita dal fatto che Trissino non rese mai pubblico il testo originale latino dellopera.Martelli, Gelli e Varchi individuavano nellopera delle contraddizioni rispetto alle idee espresse da Dante nel Convivio e nella Commedia. Varchi afferm che il trattato conteneva vere e proprie sciocchezze, cose che Dante non avrebbe mai potuto scrivere.Nella prima met del 500, tuttavia, gli intellettuali fiorentini non trovarono un modo efficace di contrapporsi alla tesi del fiorentino arcaizzante di Bembo, che avversavano. Fu uno studioso senese, Claudio Tolomei, a rimettere in gioco il volgare vivo, duso; egli parl tuttavia (nelPolitoe nelCesano) di un modello toscano, non pi specificamente fioretino.Nel 1570 usc a Firenze e Venezia lHercolano di Benedetto Varchi: egli ebbe il merito di introdurre il bembismo nella citt che gli era naturalmente avversa.La rilettura di Bembo condotta da Varchi non fu affatto fedele, e anzi risult alla fine un vero e proprio tradimento delle premesse del classicismo volgare. Ci serv per a rimettere in gioco il fiorentino vivo, dandogli un ruolo e una dignit. Fu una vera e propria riscoperta del parlato.Per Varchi la pluralit di linguaggi non va spiegata con la maledizione babelica, ma con la naturale tendenza alla variet propria della natura umana. Inutile veniva reputata la ricerca del primo linguaggio umano. Il trattato di Varchi affiancava dunque al modello linguistico bembiano la lingua parlata di Firenze.La revisione del bembismo operata da Varchi vanificava laustero rigore delle Prose della volgar lingua, caratterizzate dalla loro attenzione per il ruolo dei grandi scrittori. LHercolano sanciva invece il principio secondo il quale esisteva unautorit popolare (seppure non propria del popolazzo) da affiancare a quella dei grandi scrittori. Questi principi permisero a Firenze di esercitare di nuovo un controllo sulla lingua.5. LA STABILIZZAZIONE DELLA NORMA LINGUISTICANel 500 si ebbero le prime grammatiche e i primi vocabolari, nei quali si riflettono le proposte teoriche, in particolare quella di Bembo. Gi il terzo libro delle Prose una vera e propria grammatica, seppure esposta in forma dialogica.Bembo era stato preceduto da Fortunio nel 1516, che ad Ancona stamp le Regole grammaticali della volgar lingua. Queste grammatiche non si proponevano ambiziosi obiettivi teorici, ma avevano uno scopo eminentemente pratico.Nel fiorire di grammatiche, pubblicate soprattutto dalleditoria veneta, si segnala lassenza di opere prodotte dalleditoria di Firenze. Il malumore toscano per lingerenza di grammatici e teorici forestieri in quella che veniva pur sempre reputata una lingua prima di tutto patrimonio locale, e non propriet comune, non seppe tradursi in unadeguata risposta sul piano normativo.Cosimo de Medici aveva chiesto allAccademia fiorentina di stabilire le regole della lingua in maniera ufficiale e per contro lAccademia stessa non arriv ad un accordo.I vocabolari del 500 contenevano un numero relativamente limitato di parole, ricavate da spogli condotti sugli scrittori, Dante, Petrarca e Boccaccio in primo luogo.Il pi noto vocabolario della prima met del 500, strutturato in forma di dizionario metodico, la Fabbrica del mondo (1548) di Francesco Alunno di Ferrara.La grammatica di Bembo influenz lesito di un grande capolavoro quale lOrlando furioso, perch Ariosto corresse la terza e definitiva edizione del poema seguendo proprio le indicazioni delle Prose.Tra le correzioni si ricordano la sostituzione dellarticolo maschile el con il, le desinenze del presente indicativo prima persona plurale regolarizzate in iamo e la prima persona singolare dellimperfetto in a alla maniera dei trecentisti.6. IL RUOLO DELLE ACCADEMIEPietro Pomponazzi detto il Peretto (1462-1524) dichiarava che la filosofia avrebbe dovuto essere trasportata dalle lingue classiche alla lingua volgare, con ricchezza di traduzioni e con conseguente modernizzazione e democratizzazione della cultura. Il latino e il greco gli sembravano un ostacolo alla diffusione del sapere.Le accademie, come quella degli Infiammati, svolsero nel 500 una funzione di primo piano, in quanto in esse si organizzarono gli intellettuali e vennero dibattuti i principali problemi culturali sul tappeto.La pi famosa accademia italiana che si occup di lingua fu quella della Crusca, ancora oggi attiva. La sua fondazione risale al 1582.La Crusca, nella prima fase della sua esistenza, si fece conoscere per la polemica, condotta soprattutto da Salviati, contro la Gerusalemme liberata di Tasso. Lo stesso Salviati conduce un intervento sul testo del Boccaccio per spurgarlo dalle parti ritenute moralmente censurabili.Lintervento di una censura moralistica, certo repellente al nostro gusto di moderni, fu dunque, per paradosso, loccasione per la nascita e lo sviluppo di unattenzione filologica per il testo del Decameron.Nel 1590 lAccademia deliber di rivedere e correggere il testo della Commedia di Dante. Nel 1595 usc a Firenze La Divina Commedia di Dante Alighieri ridotta a migliore lezione dallAccademia della Crusca.7. LA VARIETA DELLA PROSALarchitettura fu uno dei settori in cui litaliano si impose decisamente. Fra le traduzioni determinanti per la stabilizzazione del lessico tecnico, la pi importante fu senzaltro quella del maestro latino dellarchitetture Vitruvio.La prima traduzione italiana a stampa di Vitruvio si era avuta allinizio del XVI secolo da parte del pittore e ingegnere lombardo Cesare Cesariano, nelle forme tipiche della coin settentrionaleggiante.Molte parole italiane, relative allarchitettura civile e militare, entrarono anche nelle altre lingue europee, cos facciata (fr. Faade, sp. Fachada).Senza dubbio le traduzioni dei classici costituiscono un capitolo fondamentale per la storia dellitaliano. Proprio nel confronto col latino, la lingua italiana affin le proprie capacit e speriment le proprie potenzialit.La traduzione fu il settore che meglio funzion come banco di prova delle capacit dellitaliano. Lo prova la versione degli Annali di Tacito, a cui attese tra il 1596 e il 1600 il fiorentino Bernardo Davanzati Bostichi sforzandosi di gareggiare in concisione con loriginale.Nel 1532 fu stampato a Roma il trattato De principatibus di Machiavelli, prosa molto diversa dal modello proposto da Bembo. Machiavelli scrive in un fiorentino ricco di latinismi come tamen e etiam, che non hanno una funzione nobilitante ma piuttosto ricollegano questa scrittura a quella quattrocentesca di tipo cancelleresco.Il volgare prevaleva nel settore della scienza applicata o diretta ai fini pratici, non nella ricerca di tipo accademico. La scelta del volgare acquista tuttavia un rilievo particolare nel caso di Galileo.Rinunciando al latino, Galileo finiva per pagare un prezzo: il volgare, infatti, aveva lo svantaggio di limitare la circolazione internazione. Galileo e i suoi amici erano coscienti del fatto che litaliano era in quel momento molto meno vantaggioso del latino per una comunicazione con gli scienziati degli altri stati europei.Nel settore dei libri geografici, va registrato prima di tutto un fatto editoriale di grande rilievo: la pubblicazione della raccolta Navigazioni e viaggi di Ramusio.Linteresse linguistico della letteratura di viaggio consiste prima di tutto nella possibilit di reperire in essa neologismi e forestierismi, legati alla descrizione di nazioni e luoghi esotici. In secondo luogo questa letteratura pu esprimere interessi linguistici specifici, quando accede che il viaggiatore si occupi degli idiomi parlati o scritti con cui venuto a contatto.Lo spagnolo aveva allora una grande importanza come lingua internazionale. Carletti, che comp il giro del mondo, dice che per cavarsela in un viaggio come il suo era sufficiente parlare spagnolo e portoghese: usa nei suoi Ragionamenti molti neologismi e forestierismi (i cochos gustati a Capo Verde, le badanas, le patatas, etc.).Al di fuori della letteratura, nei settori pratici, nel 500 si assiste ad una crescita sostanziale dellimpiego della lingua italiana. Aumentano le occasioni di scrivere, cresce luso della lingua, a volte utilizzata anche da persone di scarsa cultura.Ovviamente le scritture popolati e semipopolari sono caratterizzate da regionalismi e dialettismi. Il modello omogeneo di lingua toscana diffuso con il successo delle teorie di Bembo e con la produzione grammaticale e lessicografica agiva solo sugli scriventi colti.8. IL MISTILINGUISMO DELLA COMMEDIAFin dalla prima met del 500 la commedia si rivel come il genere ideale per la realizzazione di un vivace mistilinguismo o per la ricerca di particolari effetti di parlato.La ricerca di parlato propria del teatro toscano esemplificata in maniera clamorosa dal fiorentino Giovan Maria Cecchi (1518-1587): egli, per rendere saporoso e colorito il dialogo delle proprie commedie, le riemp di motti e proverbi, di riboboli.Non valete tre man di noccioli (Non siete buoni a niente) ne un esempio.La caratteristica pi evidente della lingua della commedia data dalla compresenza di diversi codici per i diversi personaggi, secondo le tendenze che presto finirono per cristallizzarsi: agli innamorati si addice il toscano, ai vecchi il veneziano e il bolognese, per i capitani e per i bravi adatto lo spagnolo, ai servi conviene il milanese, il bergamasco o il napoletano.Quanto alluso caricaturale del dialetto, sar da osservare che alcuni autori introducono personaggi che sanno utilizzare diverse parlate: Andrea Calmo, nella Rodiana, approfitta per due volte dellabilit polilinguistica di un servo che imita napoletano, francese, milanese, raguseo, spagnolo e fiorentino.Quanto al linguaggio della commedia dellarte, bisogna accettare un dato di fatto: il testo orale delle rappresentazioni improvvise dei comici dal 500 al 700 perduto.9. IL LINGUAGGIO POETICOIl petrarchismo caratteristico del linguaggio poetico cinquecentesco: vi la scelta di un vocabolario lirico selezionato e di un repertorio di topoi.I rapporti tra Tasso e la Crusca costituiscono un capitolo celebre e doloroso nelle discussioni linguistico-letterarie della fine del 500. Tasso non mise mai in discussione la sostanziale toscanit della lingua italiana. Non riconobbe per il primato fiorentino.La polemica con la Crusca non tocc mai la sua poesia lirica, n i versi dellAminta, ma il poema. Tra le accuse rivolte al Tasso epico, quella riguardante lo stile, che era giudicato oscuro, distorto, sforzato, inusitato, aspro; la sua lingua era giudicata troppo culta; il suo linguaggio era visto come un mistura di voci latina, pedantesche, straniere, lombarde, nuove, composte, improprie; i suoi versi erano giudicati aspri.I cruscanti giudicavano che Tasso, rispetto ad Ariosto, non fosse facile da intendere, specialmente quando le sue ottave venivano ascoltate durante una lettura ad alta voce; Tasso costringeva dunque il suo pubblico alla lettura silenziosa, a un esame visivo del testo, e questo era un modo per superare lostacolo della legatura distorta.Anche sul lessico i puristi trovano da ridire, in quanto Tasso avrebbe usato un numero eccessivo di latinismi e alcune parole lombarde.Il latinismo era non di rado una validissima alternativa al fiorentinismo, e come tale non era gradito ai fiorentini. Si conferma con Tasso la tendenza alla serie lessicale nobile, per cui non dir a mezzogiorno ma din verso laustro. Il latinismo lessicale uno degli elementi utilizzati per fare conseguire alla poesia, e soprattutto a quella epica, il livello elevato.Le critiche della Crusca mostrano uno scarso apprezzamento nei confronti del nuovo gusto letterario, visto che Tasso si era necessariamente staccato dal modello di Ariosto, senza preoccuparsi delle norme bembiane.Salviati prova fastidio per quella stella di prima grandezza nel mondo della letteratura volgare, la quale ancora una volta, brillava lontano da Firenze, e sembrava non riconoscerne il primato.Tasso, nella sua Apologia, proponeva la distinzione tra fiorentino antico e fiorentino moderno, contestando che i fiorentini potessero ambire a essere migliori giudici di altri; e arrivava ad affermare che la lingua volgare era ormai qualcosa di separato dal volgo, avendo acquisito una dimensione colta, non popolare: come dire che Firenze non aveva pi ragioni per avanzare diritti sul dominio naturale della propria lingua, perch questo dominio non esisteva.Le dispute fra Tasso e Salviati mostrano il profilarsi di un divorzio: mentre lAccademia stava per coronare il suo progetto istituzionale, inteso a regolare in maniera decisiva la lingua italiana, la repubblica delle lettere prendeva autonomamente unaltra strada.Da Firenze venne il miglior vocabolario, non certamente la miglior letteratura.10. LA CHIESA E IL VOLGARELa Chiesa fu tra i protagonisti della storia linguistica nel periodo dal Concilio di Trento alla fine del 600. La lingua ufficiale della Chiesa rest il latino, ma il problema del volgare emerse nella catechesi e nella predicazione.Il rapporto fra la chiesa e la lingua volgare fu affrontato anche nel dibattito che si svolse al Concilio di Trento. Il Concilio discusse la legittimit delle traduzioni della Bibbia.Nel 1559 Paolo IV riservava unapposita menzione alle Bibbie volgari, delle quali era vietato il possesso senza apposita licenza del Santo Uffizio.La questione in gioco, dietro il problema della traduzione, era quella della libera interpretazione della Scrittura. La diffusione del solo testo latino, al contrario, avrebbe reso il libro sacro pi distante dagli interpreti meno colti, garantendone la funzione di controllo della gerarchia ecclesiastica.Nel Concilio, alcuni vedevano nella Bibbia in mano a tutti una rischiosa fonte di errori e di eresie. Altri erano fautori della traduzione della Bibbia, in nome del fatto che la chiave della scienza non poteva essere strappata di mano agli indotti.Prevalse la posizione di un gruppo maggioritario che prefer far cadere ogni riferimento alla questione, lasciando decidere, come si detto, ai pontefici.La discussione sul tema della Messa ricalca in qualche modo quella sulla Bibbia. Veniva sottolineata in maniera particolare la funzione di lingua sacra propria del latino, che garantiva inoltre unomogeneit internazionale nel messaggio della Chiesa.Il volgare, respinto dai piani alti della cultura ecclesiastica, confermava viceversa il suo ruolo decisivo nel settore che risentiva direttamente del confronto con i fedeli: il momento della predica. La predicazione era quindi una sorta di oasi del volgare.Una volta ammesso che il volgare fosse da adottare solo nel momento specifico dellomelia, restava da stabilire che forma e che qualit esso dovesse avere.Il primo elemento di cui si deve prendere atto la forte influenza del bembismo anche nel campo della predicazione. La predicazione si presentava come un settore vergine, nuovo, e non a caso molte volte i grandi predicatori del secondo 500 come Panigarola tornavano sul tema della perniciosa dulceda, la pericolosa dolcezza delle arti oratorie dei pagani.Francesco Panigarola, nel Predicatore, trova posto per una sezione specifica relativa alla lingua, che ha da adoperare il predicator italiano. Vi si trova non solo ladesione ai principi fiorentinismi di Bembo, ma, in pi, il riconoscimento del primato della lingua fiorentina parlata, giudicata come la pi adatta al pulpito, se depurata dai localismi fiorentini troppo evidenti.CAPITOLO SESTO IL SEICENTO1. IL VOCABOLARIO DELLACCADEMIA DELLA CRUSCALAccademia della Crusca ebbe unimportanza eccezionale. Era unassociazione privata senza sostegno pubblico, poco adatta ad assoggettarsi a ununica autorit normativa.La Crus