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GABRIELE BALDINI MANUALETTO SHAKESPEARIANO # SOGNO

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GABRIELE BALDINI

MANUALETTO SHAKESPEARIANO# SOGNO

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Dal Manualetto shakespeariano di Gabriele BaldiniRiguardo- al problema delle fonti, bisogna dire anzitutto che il Midsummer Night’s Dream, per quanta industria abbiano saputo mettervi gli scopritori di quelle, risulta opera d’impianto affatto originale. A varie fonti, tuttavia, e chiaramente individuate nelle letterature classiche e nel loro travaso in quelle medievali e rinascimentali,si può far risalire la concezione di alcune si-tuazioni particolari: le nozze di Teseo e Ippolita, ad esempio, poterono esser viste nei Canterbury Tales di Geoffrey Chaucer (cfr. il racconto del cavaliere, The Knight’s Tale, vv.859-930; ro56-u81; 2483-2532; 2565-2604), e in Plutarco (Vita di Teseo) nella ben nota traduzione di Sir Thomas North;

IPPOLITA

Amazzone, che compare tanto nella leggenda di Eracle quanto in quella di Teseo. È figlia di Ares e dell’amazzone Otrere, e, secon-do una leggenda, madre di Antiope. In Megara si mostrava il suo sepolcro, che aveva la forma di uno scudo amazzonio. Secondo la leggenda megarese I. sarebbe morta colà per il dolore della sconfitta subita dal suo esercito nella guerra contro Atene. La leggenda di Eracle narra che avendo Euristeo saputo del posses-so della cintura di Ares da parte di I., ordinò ad Eracle di portar-glielo per la propria figliuola Admete, sacerdotessa di Era. Mosse Eracle verso il paese delle Amazzoni ed ebbe da I. la promessa del dono della cintura, ma le altre Amazzoni assalirono Eracle, il quale le sconfisse, uccise I. e si portò via la cintura. Nella leg-genda di Teseo ora si trova I. ora Antiope come amazzone sposa di Teseo. Secondo una variante Teseo rapisce I. e di lei genera Ippolito; secondo un’altra invece le amazzoni assalgono Atene, ma dopo quattro mesi di assedio si fa la pace, e Teseo sposa Ippolita. Un’altra variante ancora fa che Teseo rapisca I. durante la spedizione di Eracle contro le amazzoni, e la guerra di queste contro Atene non è fatta se non per vendicare quel ratto. Una bella rappresentazione di Eracle che toglie la cintura a I. è su un vaso del British Museum dovuto forse a Eufronio.

CANTERBURY TALES

The Canterbury Tales, in italiano I rac-conti di Canterbury, è una raccolta di 24 racconti scritti in medio inglese da Geoffrey Chaucer nel XIV secolo. Due dei racconti sono scritti in prosa, i rima-nenti in versi. Alcune storie sono conte-nute all’interno di una cornice narrativa, narrata da un gruppo di pellegrini du-rante un pellegrinaggio dal Southwark a Canterbury, per visitare la tomba di san Tommaso Becket nella Cattedrale di Canterbury.[3] Chaucer iniziò a scrivere l’opera intorno al 1387, con l’intenzio-ne di far raccontare ad ogni pellegrino quattro storie differenti: due sulla via per Canterbury e le rimanenti altre due sulla via del ritorno.[4]

Geoffrey ChaucerPoeta inglese (n. prob. a Londra tra il 1340 e il 1345 - m. Londra 1400)

Prima pagina del Racconto del Cavaliere

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Piramo e Tisbe in Ovidio (Metamorfosi,IV, 55-166), nella egualmente nota traduzione di ArthurGolding ( l 5 6 7),e quanto alla testa d’asino, Shakespeare poté ricordarsi d’una metamorfosi consimile in Apuleio, nella traduzione, anche questa illustre, di William Aldington (l566).

(Metamorfosi, nella traduzione di ArthurGolding l 5 6 7)Pierre-Claude Gautherot, Pyramus and Thisbe, 1799

APULÈIO

prenome Lucio è forse nato dalla confusione col protagonista del suo romanzo). - Scrittore latino di origine africana (Madaura 125 d. C. circa - Cartagine 180 d. C. circa). Narratore abilissimo, è una delle figure più singolari del-la letteratura latina; il suo stile, ricco di accor-gimenti retorici ma personalissimo, esercitò notevole influsso sulla letteratura successiva. Capolavoro di A. è il romanzo Metamorfosi, conosciuto anche come L’asino d’oro, che per i toni realistici si avvicina al suo precedente latino, il Satyricon di Petronio.

L’ASINO D’ORO

Puck, Oberon e le fate derivano, naturalmente, dal folklore inglese, meglio addirittura britannico;Titania è nome, se non figura, che Shakespeare poté trovare ancora in Ovidio (Metamorfosi, III, 173), e direttamente, perché il Golding non lo traduce.

PUCK

è un spirito ingannatore della tradizione In-glese, è conosciuto anche come Robin Goo-dfellow e come Hobgoblin. Il termine Puck deriva dall’Inglese antico Púca che indicava, appunto uno spirito dei boschi, dall’aspetto mutevole ed ingannatore, che attirava le per-sone di notte nella foresta con luci e suoni incantatori (similmente alle celtiche Dame Bianche) o rubava il latte dai mastelli nelle fattorie. Puck si può anche trasformare in ca-vallo e portare gli incauti nel profondo delle foreste oppure farli cadere in acqua.

Puck viene dall’antico norvegese puki e dal dialetto di Cornovaglia: pukka o pixy, non è propriamente un nome, e sta per «demonio della terra». L’iden-tificazione con Rohin Goodfellow, che Shakespeare poté trovar ricordato descritto in The Discovery of Witchcraft (1584) di Reginald Scot, è una propo-sta del poeta. The Discovery of Witchcraft1584. Reginald Scot.

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The Discovery of Witchcraft

La più grande paura di quel tempo era per la stregoneria. Secondo le credenze medioevali le streghe erano accompagnate da piccoli spiriti che obbedivano ai loro ordini; questi spiriti che erano anche a servizio del diavolo, erano in grado di procurare malattia e morte. Quando un mago trasformava un normale pezzo di metallo in oro, semplicemente passandoci la mano sopra, o cambiava colore all’acqua aggiungendoci poche gocce di un liquido neutro, in molti pensavano lo facesse con l’aiuto di questi spiriti maligni.È impossibile immaginare quanti prestigiatori furono scambiati per streghe, quanti siano stati puniti, perseguitati o uccisi.Per circa tre secoli la marea della persecuzione religiosa investì a più riprese le arti magiche; durante il regno di Enrico VIII, in Inghilterra, la pena per i maghi era la morte; molti maghi si salvavano dal rogo solo rivelando i propri trucchi ma spesso anche questo non bastava e, alla fine del ‘500, la caccia alle streghe aveva già prodotto un bagno di sangue.L’inglese Reginal Scott rimase profondamente colpito da questa situazione specie dopo aver assistito nel 1581 (nei panni di giudice di pace) alla condanna di Margaret Simons accusata di stregoneria. Scott, credendo fermamente che la donna fosse stata ingiustamente accusata, si dedicò devotamente alla stesura di un approfondito trattato che chiarisse la caotica situazione di quel periodo e ponesse fine alla crudeltà di queste persecuzioni. Dopo un lungo periodo di lavoro, aiutato da John Cautares (un francese residente a Londra, grande autorità in materia di magia), nel 1584 Scott pubblicò “The Discoverie of Witchcraft”. Questo libro è uno dei primissimi a contenere dettagliate descrizioni di segreti e tecniche usate dai prestigiatori per creare le loro illusioni, sicuramente il primo in lingua inglese (lo stesso anno appare anche un volume francese contenente spiegazioni di effetti magici: “La Premiére Partie des Subtiles et Plaisantes Inventions” di Jean Prévost). Scott mostra numerosi trucchi e spiega come questi siano innocui e come non abbiano nulla a che fare con la profanazione del nome di Dio, chiarifican-do la distinzione tra il lavoro del prestigiatore e il lavoro del diavolo. Inoltre spiega come sia poco saggio definire magici o sovrannaturali tutti quegli eventi che non possono essere spiegati dai profani. L’aperto scetticismo di Scott e la sua condanna alle persecuzioni non fu tollerata dal re James I che ordinò di far bruciare tutte le copie del libro. Fortunatamente alcune copie sopravissero e anche se “The Discoverie of Witchcraft” non pose definitivamente fine alle persecuzioni, riuscì probabilmente a salvare qualche innocente prestigiatore di quel tempo, aiutò il cambiamento ormai in corso e, soprattutto, fu un punto di riferimento per i maghi degli anni successivi che poterono studiare diverse modalità e tecniche possibili per l’esecuzione di alcuni effetti. Moltissimi degli effetti descritti nel libro vengono tuttora eseguiti, come la corda tagliata e risanata, alcune trasposizioni di monete dalla mano del prestigiatore a quella dello spettatore, e ancora sparizioni di palline e alcuni effetti con le carte, ed anche le tecniche usate non sono così differenti da quelle moderne che sono comunque basate su principi simili. Il libro contiene anche la descrizione (e le illustrazioni) di un effetto di decapitazione (precursore della donna tagliata in due) e di alcuni coltelli truccati per passare attraverso le braccia senza lasciare ferite o segni.

Oberon, d’altraparte, non è che una metamorfosi, per quanto irriconoscibi-le, di Alberich, il nano nibelungo. Oberon era stato già portato, del re-sto, su un palcoscenico elisabettiano da Robert Greene nella tragicommedia romanzesca James IV(pubbl. 1598), ed era noto, attraverso la traduzione di Lord Berners (prima del 1533), per la parte cospicua nellachanson de geste in antico francese Huon de Bordeaux.

Incisione su legno che mostra Robert Greene . L’immagine è dei morti Greene, e viene da un opuscolo pubblicato nel 1598, Greene in Con-ceipt, da John Dickenson.

Bottom e i «rude mechanicals », i rozzi artigiani, provengono dall’osservazione della vita, e del teatro. Ma quel che conta, come si è detto, è proprio il modo con cui tutti codesti motivi sono organizzati e, direi, impastati. Quel che ne risulta è perfet-tamente nuovo e imprevedibile, non avendo lasciato le immagini originalialcun sedimento, e ne va dato credito soltanto alla fantasia del poeta. In questa commedia, infatti, Shakespeare tentò addirittura l’audacissimo tour de force di incastrare, l’uno dentro l’altro, ed equilibrare fra loro, non meno che cinque intrecci, e ognuno, a ben vedere, affatto distinto e indipendente: quello delle nozze di Teseo e Ippolita a far da cornice, quello di Oberon e Titania a far da intermezzi, quello della duplice coppia di Ermia e Demetrio e d’Elena e Lisandro a intrattener le nostalgie sentimentali, quello di Quince e Bottom, e i comici artigiani riuniti a provare un dramma nella foresta, a intrattenere gli umori disposti al comico e la recita stessa del dram-metto, infine, la Lamentevole Istoria di Piramo e Tisbe, a intrattenere addirittura quelli disposti al farsesco. A considerarla bene, l’opera è piu fatua e artificiale di quanto non sembri, e la poesia è piu fatta che non lasciata fare, pure non c’è dubbio che, con il Dream, Shakespeare esce definitivamente dalla sua fase sperimentale, dal suo noviziato. L’allievo, a quel punto della sua carriera, sembra che non abbia piu nulla da apprendere e parecchio, invece, da insegnare e, quel che piu conta, non limitatamente a un genere, ma piuttosto, e con eccezionale competenza, .riguardo a tutti quelli in voga. E difatto l’elemento piu sorprendente e, dal punto di vista dell’arte, piu amalgamato del Dream, direi che è proprio l’amministrazione dei suoi salienti d’intreccio, il suo taglio, il suo ritmo, quel che meglio si potrebbe definire il suo giuoco. Nell’ambito di una cornice ricercata - le feste per le nozze di Teseo e Ippolita, mitici eroi squisitamente travestiti in broccati elisabettiani - si inseriscono le vicende di due coppie d’amanti che si amano a catena, senza potersi raggiungere. E siccome gli amanti sono tra i meno caratterizzati fra i personaggi shakespeariani, tanto vale distinguerli, come in una formula, con le lettere dell’alfabeto; A ama riamata B, ma il padre le destina C; D, d’altra parte, ama non riamata B. A, in sostanza, è amata da due uomini: D da nessuno. Il drammaturgo allora, vien fatto di dire, immerge la loro storia senza via d’uscita nel bagno temporaneo d’un mondo magi-co e fiabesco. Sperduti fra le ombre d’un bosco in un tentativo di fuga, i quattro cadono nelle trame ordite da una specie di sopramondo di fate, di spiritelli, di elfi e di folletti, e, col mezzo di filtri magici, lo squilibrio dei desideri viene risolto in un mirabile equilibrio di secche simmetrie. Il piacere per l’equivoco, prima montato fino all’assurdo e quindi, fino all’assurdo, disperso e risolto è quello della Comedy o/ Errors: ma in quell’opera esso era goduto di per se stesso; nel Dream, invece, è solo parte di un meccanismo molto piu elaborato, e, in effetti, serve poco piu che le esigenze, diremmo, della decorazione.

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Quel che prende di piu lo spettatore è il rapporto fra il sopramondo delle fate e il mondo sottoposto degli uomini: non tanto quello dei quattro innamorati, che son cifre in un teorema, quanto quello degli artigiani: Bottom, Flute, Snug, Starveling, Quince e Snout, eh~ fan le spese ancor essi degli interventi magici e dei filtri. Bottom, ad esempio, si ritrova improvvisamen-te con una testa d’asino sulle spalle: e poiché i filtri agiscono anche sui sentimenti di quei nordici semidèi notturni e brividenti che abitano il bosco, avviene che la bellissima Titania s’innamori perdutamente del ciuchino, e tolleri di strofinare la sua pelle virginea e profumata sulle setole appestate della bestia e di mescolare i suoi canti melodiosi ai ragli beoti di Bottom metamor-fosato. Direi che il momento piu intenso di tutta la commedia sia proprio questo, perché il suo assurdo conta su certi effetti di stridore che fan prova di lasciare un fondo amaro nel riso. Il dramma contiene alcuni pezzi da antologia(come quello famoso in V, I, 7-22), ma direi che vi abbia parte piu una sottile eccitazione che non una conoscenza effetti-vamente maturata dall’animo umano, e viene il dubbio che la capacità di persuadere sia piu nella soavità dei versi che non nell’argomentazione. Di personaggi veramente vivi, nel Dream ce n’è uno solo: Bottom, anche se qualche critico, come il Dowden, si sforza di vedere in Teseo la consacrazione poetica del guerriero generoso e dell’uomo d’azione, quasi un germe di immagini future, come quelle che daran vita a Enrico V, Faulconbridge o Othello. Ma Bottom è un vero e cattivantepersonaggio, osservato con l’attenzione con cui Shakespeare aveva saputo cogliere i tratti della balia di Romeo and ]uliet e saprà cogliere quelli del Falstaff di Henry IV. Misura della felicità del personaggio è la scena seconda del prim’atto in cui, quando il capocomico improvvisato Peter Quince distribuisce le parti, Bottom, che è anche l’attore piu reputato della compagnia, non solo vuol per sé la parte di Piramo, ma corteggia anche quella di Tisbe e, per soprammercato, anche quella d’un leone, ed anzi avverte i compagni che, per non spaventare le dame spettatrici con dei ruggiti troppo alti, presterà al suo leone la voce d’una colomba ( « I will roar you as gently as any sucking dove! », I, II, 84). In un certo senso, si dovrebbe poter sentire tutta l’opera appiattita proprio dalla sanguigna e rilevata figura di Bottom: ma quella è frutto d’una tale perizia tecnica che una prospettiva del genere viene abilissimamente mascherata. Anche se la prima stampa, come si è detto, porta la data del 1600, il dramma dovette essere già composto fin dal 1595, in un momento, cioè, in cui, pur non essendo ancor stinte, anzi, in certo modo quasi esasperate in atteggiamenti grotteschi, le immagini di Romeo and ]uliet - per moltiaspetti, la coppia Ermia-Lisandro, cioè A e B, è impostata quasi come una caricatura di quella degli amanti veronesi, senza contare la coloritura comica dei filtri am-ministrati da Puck Robin Goodfellow, che richiamano la pozione estratta dai semplici di frate Lorenzo - prendono a formarsi le nuove immagini di un’opera che, per molte ragioni, chiederei di considerare il primo compiuto capolavoro shakespeariano, somma ed epitome delle esperienzepiu a fondo durate in questo periodo: Richard II.