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MANUALE del LASER OPTON: GENERALITA e PROTOCOLLI

Mectronic MedicaleVia Orio al Serio 15, 24050 - Grassobbio - (BG) ITALIA Tel 035656080 FAX 035657361

www.mectronicmedicale.com

Rev. Dicembre 2009

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LASER OPTON

Questa prima parte del manuale affronta il problema dell uso corretto del laser ad alta potenza a doppia lunghezza d onda nel campo della traumatologia sportiva e di quanto assimilabile ad essa. Il laser mod. OPTON rappresenta per MECTRONIC MEDICALE l ultima tappa di un percorso fortemente innovativo iniziato nel lontano 1991 con la serie OPTON 2500 e poi con la serie OPTON FC e FCZ

La ripetibilit e la possibilit di misura sono la premessa di qualsiasi argomentazione che tratta i meccanismi di trasferimento di energia ad un tessuto biologico. A MECTRONIC MEDICALE va il merito di aver dotato il laser OPTON di uno strumento efficiente e preciso (funzione CALIBRAZIONE) che consente all operatore di verificare lefficienza del dispositivo in suo possesso in ogni momento.

Rev. Giugno 2009

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Mectronic Medicale LASER ad alta potenza modello

OptonA due lunghezze donda 1=810 nm 2=980 nm POTENZA MISURATA SUL TESSUTO P max = 4 WATTMECTRONIC MEDICALE Via Orio al Serio 15 -Grassobbio - (BG)

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LASER OPTON: GENERALITA e PROTOCOLLIINDICEcapitolo 1: LASER GENERALITA

pag 6 pag 7 pag 8 pag 9 pag 12 pag 17 pag 19 pag 20 pag 23 pag 24 pag 25 -

IL LASER: definizioni IL LASER: caratteristiche costruttive IL LASER: propriet fisiche CLASSIFICAZIONI Interazione laser tessuti La legge di LAMBERT e BEER Indicazioni e controindicazioni Regole comportamentali e cenni di protezionistica Dosimetria I nuovi laser a doppia lunghezza d onda Il criterio della soglia termica T.S.T.

capitolo 2: IMPOSTAZIONI

pag 28 - La terapia laser: preparativi e impostazioni pag 30 - La terapia laser: preparativi del campo di lavoro pag 31 - La terapia laser: compensazione della pigmentazione cutanea pag 32 - La terapia laser: profondit d azione

capitolo 3: PROTOCOLLI TERAPEUTICI

pag 33 - EPICONDILITE pag 36 - EPITROCLEITE o GOMITO DEL LANCIATORE pag 40 - SPALLA DOLOROSA pag 44 - LESIONI MUSCOLARI pag 58 - BORSITI pag 61 - TENDINOPATIE pag 68 - SINDROME DEL TIBIALE ANTERIORE pag 73 - DISTORSIONI DEL GINOCCHIO pag 82 - DISTORSIONE TIBIO TARSICA pag 87 - PUBALGIA caso dovuto alla SINDROME DEGLI ADDUTTORI pag 92 - CERVICO BRANCHIALGIE pag 100 - LOMBALGIA LOMBOSCIATALGIA SCIATICA pag 106 - ARTROSI DELLA MANO pag 109 - GONARTROSI

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IL LASER: definizioniIl laser una sorgente di radiazione elettromagnetica coerente. Il termine l acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation" e definisce un mezzo fisico che produce energia sotto forma di un'onda luminosa in seguito ad un'emissione stimolata di radiazioni (1). Il principio dell ' emissione stimolata MASER (Microwaves Amplification by Stimulated Emission of Radiation), teoricamente anticipato da Einstein nel 1917, venne ripreso nel 1960 dall' americano Theodore Maiman, che riusc ad amplificare direttamente anche le radiazioni luminose.Questa scoperta port alle sperimentazioni condotte sul Laser contemporaneamente dal fisico americano Townes e da quelli russi Basov e Prokhorov, che, ne1 1964, valsero ai tre ricercatori il premio Nobel ex aequo per la fisica. Da allora fu un continuo e costante progredire di studi, ricerche, controlli, che condussero a consistenti miglioramenti delle

apparecchiature e delle conoscenze in materia (2,3). Dopo il 1960, sulla scia del prototipo originale di Maiman, hanno trovato applicazione diverse varianti di laser, utilizzate in ambiti diversi: nel campo dell'industria civile come rilevatori, lettori di codici a barre, taglio di materiali, ecc.; nell'industria militare come puntatori di precisione e rilevatori di obiettivi; nelle telecomunicazioni come tecnologia dell'informazione, apparecchiature audio e video, ecc (3,4). Nei decenni successivi il laser ha trovato applicazione anche in campo medico ed in particolare in chirurgia e in terapia fisica.. Il principio di funzionamento del laser si basa sul fenomeno dell emissione stimolata: un atomo eccitato viene forzato ad emettere quando investito da un'onda luminosa proveniente da un altro atomo (fenomeno dell'assorbimento) e genera un' onda che si somma con quella del primo e viene emessa nella stessa direzione. E' un fenomeno che avviene solo in un materiale in cui la popolazione degli atomi eccitati sia superiore alla popolazione degli atomi non eccitati; si parla in questo caso di "inversione della popolazione" (5). Invece nell'emissione spontanea, che si ha nelle sorgenti luminose tradizionali (lampade, sole), gli atomi e le molecole vengono eccitati termicamente od elettricamente e restituiscono l'energia assorbita sotto forma di onde

elettromagnetiche: in questo caso ogni atomo emette indipendentemente dagli altri ed in una direzione qualsiasi dello spazio. L' emissione avviene ad una determinata frequenza e con un colore peculiare, caratteristica della particolare eccitazione prodotta nell'atomo (6).

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IL LASER: caratteristiche costruttiveUn' apparecchiatura laser un sistema essenzialmente formato da tre elementi : il materiale attivo: l'elemento in cui si produce il fenomeno di amplificazione della luce. Esso pu assumere forma e dimensioni varie ed essere presente allo stato solido (cristallo), liquido o gassoso (6). il sistema di pompaggio o sorgente di attivazione: indispensabile per eccitare gli elettroni posti sugli orbitali esterni . Fornisce al materiale attivo l'energia fino a portare il numero degli atomi eccitati alla soglia detta di inizio del fenomeno di lacerazione. Pu essere una scarica elettrica nei laser a gas, una corrente elettrica nei laser a semiconduttore o una radiazione su una lunghezza donda per quelli a stato solido o liquido (1-3). il risonatore ottico o camera di risonanza per i laser a cristallo e per quelli a miscela di gas una struttura generalmente cilindrica completata da un sistema di specchi (quello posteriore totalmente riflettente, quello anteriore con una riflessione dal 90 al 98%) che permette di amplificare le onde elettromagnetiche della luce laser. All'interno di questa camera i fotoni della luce prodotti dal mezzo laser vengono riflessi avanti e indietro tra gli specchi, cos da produrre un'intensa risonanza fotonica; fino al raggiungimento di un'energia tale da non poter pi essere trattenuta dallo specchio anteriore viene emessa la radiazione laser .

Pompa ottica

Specchio 1

Elemento attivo

Specchio 2

Schema di principio di un laser

Risonatore ottico

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LASER: propriet fisicheL' onda laser una sorgente che ha caratteristiche peculiari non presenti in nessuna radiazione elettromagnetica naturale: 1. la monocromaticit: in particolare se l emissione cade nello spettro del visibile

la luce prodotta di un unico colore perch la maggior parte delle radiazioni emesse sono circoscritte intorno ad una singola lunghezza d'onda, con una larghezza di banda molto stretta. Di contro la luce generata da altre sorgenti luminose comprende un' enorme variet di lunghezze d' onda, che spaziano dall' ultravioletto all' infrarosso, ottenendo la percezione del colore bianco quando la luce colpisce la retina dell' osservatore. L' elevata monocromaticit del laser determinata dal tipo di materiale attivo e dagli specchi. L' emissione stimolata pu verificarsi solo alla lunghezza d'onda (o alle lunghezze d'onda) tipica della radiazione emessa durante la diseccitazione degli atomi che compongono il materiale attivo; i due specchi che delimitano la radiazione laser costituiscono una cavit elettromagnetica risonante che impone all'oscillazione frequenze di risonanza obbligate. L'insieme di queste due condizioni fa si che la luce risulti da mille a un milione di volte pi monocromatica rispetto a quella ottenibile mediante le sorgenti monocromatiche di tipo convenzionale (lampade spettrli).

2.

la monodirezionalit o collimazione: la particolare direzionalit del fascio

deriva dal fatto che solo la luce che si propaga in direzione pressoch ortogonale agli specchi pu produrre oscillazioni. La direzionalit limitata dalla diffrazione, inevitabile in tutti i fenomeni di propagazione per onde: la divergenza che ne deriva nell'ordine di qualche milliradiante. Questa propriet fa si che tutta la potenza ottica emessa dall' apparecchio venga mantenuta circoscritta in un' area limitata.

3.

la coerenza: il raggio di luce emesso sempre in fase, cio le onde della luce

emessa si accordano perfettamente sia a livello spaziale che a livello temporale: la coerenza spaziale la capacit di un fascio di possedere un fronte d'onda che non cambia nel tempo; la coerenza temporale la correlazione che esiste tra due istanti diversi

dell'onda luminosa in ogni punto dello spazio.

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4.

la brillanza: dovuta alla somma delle precedenti caratteristiche rappresenta la

principale propriet del Laser. Essa supera un milione di volte la densit di energia delle comuni sorgenti di radiazione elettromagnetica e permette una concentrazione energetica che non ottenibile con nessuna sorgente naturale. Consente una facile veicolazione in fibra ottica, non tanto per l'elevato valore della potenza, quanto per il piccolo valore della divergenza (2,3,6). L'insieme di tutte queste caratteristiche mette a disposizione in campo terapeutico una sorgente energetica che pu essere veicolata in un mezzo sterilizzabile, flessibile (laser a manipolo), posizionata a distanza con specchi di riflessione (laser a scansione), molto concentrata per avere densit di energia capaci di foto-biostimolare, riscaldare, vaporizzare, necrotizzare

CLASSIFICAZIONII laser possono essere classificati in base a diversi elementi: materiale attivo, modalit di emissione, potenza, lunghezza d' onda.

a- In base al materiale attivo possiamo distinguere laser: a stato solido: -Alessandrite = radiazione utilizzata per la fotodinamica dei tumori per la particolare interazione con le ematoporfirine -Rubino = impurezze di cromo in un cristallo di Al203, ormai poco utilizzato perch una sorgente poco stabile -Neodimio Yag (Nd: Yag) , con impurezze di Neodimio in un cristallo di Yttrio, Alluminio e Granato (Y AG)

a gas: -Elio Neon (He-Ne) corrispondente nel campo del visibile al rosso -Argon corrispondente nel campo del visibile al verde -Kripton corrispondente nel campo del visibile al giallo -Anidride Carbonica (CO2) infrarosso lontano, posto oltre il campo del visibile.

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a semiconduttore: -Gallio drogato in Arseniuro con deposizione di Alluminio (AlGaAs) -Indio con Arseniuro di Gallio con (InAlGaAs) e senza (InGaAs) la deposizione in Alluminio (tecnologia Aluminium Free).

b-La modalit di emissione laser pu essere: -continua (CW), in cui la potenza prefissata rimane costante nel tempo -pulsata, con scariche ripetute a frequenze pi o meno elevate -a flash (Q-switched), con brevi emissioni di alta potenza di picco (2,3).

c- Per la potenza distinguiamo: potenza di picco, che la potenza massima di emissione per ogni emissione potenza media, quella utile per il calcolo della energia trasmessa al tessuto Classificando i vari tipi di laser in base alla densit di potenza sul tessuto irradiato p = (Watt/cm2) abbiamo: -power laser: Nd:Yag e CO2, a semiconduttore con densit di potenza maggiore del Watt -mid laser con densit di potenza media di qualche decimo di watt -soft laser He-Ne, I.R. pulsati con densit di potenza media di pochi milliW

Potenza di picco T= periodo

Potenza media

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La lunghezza donda dipende dalla tecnologia laser utilizzata ed in terapia compresa fra 520 e 10600 nm, essa influenza le capacit di penetrazione del raggio in relazione alla composizione del tessuto biologico irradiato (2,3).

Curva del coefficiente di assorbimento dell acqua in funzione della lunghezza d onda della radiazione ( micron -10-6 - )

0,810 m

0,980 m

0,980 m

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INTERAZIONE LASER-TESSUTIQuando una radiazione elettromagnetica colpisce un tessuto pu provocare, essenzialmente tre effetti: effetto ionizzante, mutageno e potenzialmente cancerogeno, quando l' energia del singolo fotone tale da poter rompere i legami chimici

effetto fotochimico, noto come effetto di biostimolazione (meglio fotobiomodulazione in relazione alla potenzialit di alcuni laser di inibire funzioni cellulari)

effetto di agitazione termica, che si concretizza fisicamente in un riscaldamento del tessuto (3,8).

Da un punto di vista fisico fondamentale sottolineare che alla brevit della lunghezza d'onda corrisponde una elevata energia del fotone e quindi una sua elevata capacit a determinare effetti ionizzanti

600 nm

Radiazioni ionizzanti

Radiazioni non ionizzanti

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Il limite di separazione tra la possibilit di avere o meno un effetto ionizzante il confine tra lo spettro della luce visibile e gli ultravioletti: sopra i 600 nm, anche per tempi di esposizione lunghi, non vi sono effetti ionizzanti, mentre scendendo di lunghezza d'onda il rischio che si verifichino aumenta; da qui la necessit di ridurre il "tempo di esposizione critico" (8). Nel ristretto "range" tra 600 nm e 1400 n m l'energia associata al singolo fotone determina direttamente reazioni di tipo fotochimico; questo intervallo viene chiamato "finestra terapeutica".Il sistema biologico Terra riceve energia dal sole, filtrata a partire dagli strati pi alti dell'atmosfera; a livello del mare la gran parte delle radiazioni che inducono reazioni fotochimiche appartengono proprio alla finestra terapeutica. Esse si concretizzano in: una importante stimolazione mitocondriale con aumento di produzione di A T P e attivazione del microcircolo attivazione della peristalsi linfatica iperpolarizzazione delle membrane delle fibre nervose e conseguente effetto analgesico di minor conduzione dello stimolo nervoso trasformazione delle prostaglandine in prostacicline, con blocco della cascata dei mediatori e quindi effetto antiedemigeno e antalgico (6).

Oltre i 1400 nm la molecola dell'acqua comincia a comportarsi da cromoforo, ossia assorbe totalmente la radiazione; l'interazione diventa quindi selettiva, e l energia assorbita provoca alcuni moti vibrazionali con conseguente aumento della temperatura dell' acqua stessa.

Poich tutte le sorgenti laser utilizzate in ambito fisioterapico hanno lunghezze d'onda superiore a 600 nm, vengono automaticamente esclusi tutti i Laser che possono dare un effetto ionizzante. Pertanto gli unici effetti collaterali sono provocati dall aumento della temperatura tessutale. I pericoli sono legati a due fattori critici: la durata dell' esposizione, che se superiore al tempo di esposizione critico, pu provocare reazioni ionizzanti che non si verifica mai per i laser terapeutici l'intensit della radiazione in rapporto alla superficie irradiata (densit di energia), che, se associata ad un tempo di esposizione maggiore del tempo critico, pu provocare un danno termico.

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Diagramma indicante la funzione coefficiente di assorbimento lunghezza donda : = f( ) per alcuni composti presenti nel corpo umano. Sono evidenziate anche le righe di emissione di alcune principali sorgenti laser. I punti di intersezione rappresentano i rispettivi valori dei coefficienti di assorbimento.

OPTON = 810 nm

OPTON = 980 nm

HeNe = 633 nm

I.R. = 904 nm

Nd:Yag = 1060 nm

Argon = 530 nm5

CO2 =10600 nm nm

10

A S S O R B I M E N T O

10

3

10 10-1

10

-2

100

400

700

1000

3000

10000

(nm)

MELANINA

EMOGLOBINA

ACQUA

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A seconda dell'aumento di temperatura possibile ottenere effetti diversi:

sotto i 45 C si ottiene solo un effetto termico e fotochimico (reversibili) a 60 C avvengono i fenomeni di coagulazione proteica e la morte cellulare a 80 C si ha denaturazione delle fibre collagene a 100 C inizia Ievaporazione dell' acqua a 250 C avviene la carbonizzazione del tessuto a 350 C si ottiene la vaporizzazione del tessuto stesso (4,8).

Gli effetti che interessano l'operatore, in ambito fisioterapico, sono quelli reversibili. Oltre alla densit di potenza della radiazione e al tempo di esposizione esiste un'ulteriore variabile legata al tipo di tessuto e al suo assorbimento. La melanina, l'acqua, l'emoglobina e l'ossiemoglobina tra 600 n m e 1400 n m presentano coefficienti di assorbimento bassi (vedi figura spettri di assorbimento -), cio hanno un alto grado di trasparenza . Le radiazioni emesse perci in

questo intervallo non hanno un assorbimento selettivo su questi elementi e la radiazione, se accoppiata con una adeguata intensit, ha la possibilit di portare energia in profondit. Diversamente, ad esempio, a 10600 nm (Laser CO 2) la radiazione assorbita selettivamente dall'acqua e quindi tutta l'energia della sorgente si concentrer in superficie (7-9).

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Quando una radiazione laser colpisce un tessuto osserviamo due fenomeni: una parte della radiazione viene riflessa ed una parte viene trasmessa. Di quella che viene trasmessa, una parte cede la propria energia al tessuto e una parte perde direzionalit e diffonde (effetto scattering). Riflessione: visto che la parte di radiazione riflessa va persa, l'operatore dovr comportarsi in maniera tale da ridurre al minimo la componente riflessa (vedi regole di trattamento). Assorbimento: quando la radiazione elettromagnetica cede in parte o totalmente lenergia posseduta al tessuto si ha lassorbimento che il primo momento necessario ad innescare reazioni di tipo fotochimico in sito. Perch ci avvenga bisogna verificare che la radiazione abbia sulla zona una densit di potenza di almeno 0,1 mW/cm2. La durata della esposizione dovr essere di almeno 10 sec. per un totale minimo di densit di energia di 100 milli/Joule al cm2. La pigmentazione della pelle influenza la dosimetria in maniera inversamente proporzionale e quindi condiziona le dosimetrie.

Effetto scattering: condizionato, in modo direttamente proporzionale da tre parametri: -geometrico, cio l angolo di incidenza della radiazione -anatomico, in relazione ai diversi tessuti attraversati -fisico, rispetto alla lunghezza donda emessa della sorgente (Fig.3) (8,10).

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L' operatore, in particolare nell' utilizzo di sorgenti di potenza, si trova costretto a raggiungere un equilibrio tra possibile danno termico dato da un'eccessiva densit di energia e la necessit di utilizzare densit di potenza elevate per poter portare in profondit quantit di radiazioni che attivino i processi di foto-biostimolazione.

Il Laser che oggi ha la maggiore capacit di andare in profondit e che ha ancora margini di sviluppo tecnologico l' 830 nm, mentre quello che ha la maggiore capacit di attivare reazioni fotochimiche il 780 nm; tuttavia i costi di produzione alti collocano questi laser nella fascia alta del mercato (11).

La legge di Lambert - BeerUn modello matematico in grado di consentire una previsione della capacit di interazione di un fascio laser che incide perpendicolarmente su un tessuto biologico con un bersaglio posto a d millimetri di profondit quello suggerito dalla legge di Lambert e Beer. L equazione matematica :

P x= P0 e dDove P0= densit di potenza del fascio laser sulla superficie Px= densit di potenza del fascio laser a x millimetri di profondit = coefficiente di assorbimento

La stessa funzione pu essere rappresentata su di un piano cartesiano come in figura. In particolare i punti di intersezione tra le singole funzioni e la retta limite blu individuano la quota di massima penetrazione per ciascuna caratteristica relativa oltre

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la quale non ragionevole pensare di ottenere un effetto di biostimolazione, anche con tempi di esposizione comunque lunghi. Da semplici osservazioni si evincono due principi che diventano regole di comportamento oltre che essere le fondamenta della laser terapia di alta potenza. aumentando la densit di potenza superficiale possibile aumentare la profondit di azione di biostimolazione la coppia di valori lunghezza d onda, coefficiente di assorbimento che condizionano il tipo di interazione con il tessuto biologico e la diversa capacit di penetrazione a pari densit di potenza

Valore relativo di minima probabilit statistica per produrre un effetto di biostimolazione

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INDICAZIONI E CONTROINDICAZIONIIl laser particolarmente indicato nel trattamento di: forme dolorose di varia natura e a varia localizzazione, per I' importante effetto antalgico provocato dalla sorgente patologie flogistiche a carico di tendini e tessuti molli (tendinite, entesiti, borsiti) patologie inserzionali (6) contratture muscolari e postumi di traumi (ematomi, postumi di contusioni) artralgie di varia natura, sia reumatica che degenerativa edema (2,3) ulcere atrofiche e varicose, cicatrici e piaghe da decubito (12)

Controindicazioni assolute alI' esposizione della radiazione laser sono: pazienti con neoplasie sospette o conclamate: possibile, infatti, che l'applicazione terapeutica del laser possa accelerare la carcinogenesi per l'effetto biostimolante irradiazione diretta sull'utero gravidico: pur in assenza di evidenze che dimostrano rischi potenziali a carico del feto o della madre per prudenza va evitato il trattamento diretto aree di emorragia: rappresentano una controindicazione assoluta al trattamento laser, a causa della possibilit di una vasodilatazione fotoindotta che potrebbe esacerbare questa condizione epilessia: per il rischio di provocare l'insorgenza di nuovi episodi convulsivi.

Sono infine controindicazioni relative al trattamento laser: trattamento di zone infette: gli studi in questa area risultano molto contrastanti. Secondo alcuni Autori, infatti, la luce laser pu potenzialmente stimolare l'Escherichia Coli (in vitro), per cui si raccomanda la cautela nel trattamento di tessuti infetti, in particolare ferite aperte contaminate (8). Altri Autori (2,3), invece, riferiscono successi nei trattamenti di queste affezioni con laser terapia che in alcuni casi viene segnalata come indicazione terapeutica trattamento sul simpatico, sul vago o sull'aia cardiaca in pazienti cardiopatici: per il rischio di interferire sull'attivit elettrica cardiaca

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trattamento su aree fotosensibili: pazienti con spiccata sensibilit alla luce devono essere trattati con prudenza dopo preventivo test per calibrare i dosaggi di esposizione (3).

Regole comportamentali e cenni di protezionisticaLa radiazione laser pu essere potenzialmente pericolosa sia per I' operatore che per il paziente sottoposto al trattamento, qualora non vengano rispettate norme atte ad eliminare tutti i fattori di rischio presenti. Il meccanismo con il quale la radiazione laser provoca un danno simile per tutti i sistemi biologici e pu comportare interazioni di calore, fenomeni termoacustici, processi fotochimici. La maggior parte dei danni causati dal laser sono dovuti al riscaldamento del tessuto o dei tessuti assorbenti. Questo danneggiamento termico generalmente limitato ad una zona ristretta e superficiale della pelle che assorbe percentualmente in quantit maggiore l' energia laser . Alcuni tessuti biologici oltre alla pelle, quali il cristallino e in particolare la retina possono manifestare alterazioni irreversibili, provocate da un' esposizione eccessiva alla radiazione laser. Le propriet di assorbimento dell'occhio rispetto a radiazioni di diversa lunghezza d'onda fanno si che la luce laser possa provocare diversi tipi di danno. Laser infatti che emettono radiazioni nell'ultravioletto e nel lontano infrarosso rappresentano un pericolo per la cornea, mentre le radiazioni dei sistemi che emettono a lunghezze d'onda nel visibile e nel vicino infrarosso sono trasmesse alla retina. La focalizzazione del raggio e il conseguente aumento della densit di potenza rappresentano un serio pericolo per il tessuto retinico da non sottovalutare. I tempi necessari per provocare un danno irreversibile alla pelle sono dell ordine della decina di secondi quando la densit di potenza superficiale per l OPTON di circa 4 W/cm2. L'effetto biologico sulla pelle causato dal laser in questa situazione pu variare da un lieve eritema a grosse vescicole che entro le 24 ore possono risultare ustioni anche di terzo grado. Per limitare al minimo i rischi all'esposizione laser e ottenere comunque un trattamento efficace, sono importanti perci alcune regole, che devono essere seguite scrupolosamente dall'operatore e dal paziente:

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utilizzo degli occhiali protettivi certificati per il tipo di laser, in maniera tale da evitare una pericolosa esposizione oculare alla sorgente laser Verifica preliminare e valutazione della sensibilit termica del paziente. rispetto dei tempi di rilassamento termico del tessuto, onde evitare danni termici importanti: il paziente deve partecipare alla seduta di trattamento esponendo all'operatore ogni sensazione di dolore o calore eccessivo rilevata nella zona trattata rispetto della perpendicolarit, per ridurre al minimo tutti i fenomeni di riflessione rasatura della zona da trattare: i peli infatti tendono a deviare il fascio, aumentando la riflessione del raggio e sono un motivo di disturbo al terapista. detersione della zona superficiale da trattare: da evitare alcool e altri liquidi infiammabili , controllando che non siano presenti zone iperpigmentate. evitare l'utilizzo di creme anche a distanza dalla seduta per evitare un aumento della riflessione o dell'assorbimento superficiale (8).

!

Si nota immediatamente come le lunghezze donda comprese tra 400 e1200 nanometri siano particolarmente pericolose alla retina perch poco filtrate dai corpi compresi tra la cornea e la retina stessa. Per tale motivazione luso di occhiali di protezione certificati obbligatoria in ogni circostanza.

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Criteri di classificazione dei laser in funzione della pericolosit1a CLASSE comprende i LASER che non possono arrecare alcun rischio per gli occhi delloperatore e del paziente anche se la retina viene colpita direttamente comprende LASER a scarso potenziale di rischio. Questi possono diventare pericolosi solo in seguito ad irradiazione diretta e prolungata sullocchio

2a CLASSE

3a CLASSE A Costituita da LASER che causano lesioni se colpiscono direttamente la retina 3a CLASSE B sono LASER che possono danneggiare locchio anche per semplice riflessione speculare del raggio 4a CLASSE sono LASER che possono causare lesioni non solo per osservazione diretta o per riflessione speculare, ma anche per riflessione diffusa

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DOSIMETRIADurante ogni trattamento laser il tessuto viene irradiato con una determinata quantit di densit di energia, che corrisponde al protocollo terapeutico. Importante la relazione che c' tra la densit di potenza emessa dall'apparecchiatura che raggiunge il tessuto e la densit di energia data al tessuto. La densit di energia che raggiunge il tessuto infatti il valore dato dal prodotto tra densit di potenza misurata sul tessuto e il tempo di esposizione:

E (J/cm2)=P (mW/cm2) T (sec)Nei laser ad emissione continua il calcolo della dose somministrata risulta semplice, in quanto la potenza prefissata costante nel tempo: Nei laser ad emissione pulsata la potenza media funzione della frequenza di ripetizione degli impulsi f(Hz), della durata dell'impulso to. della ampiezza dell'impulso (potenza di picco) Ppicco :

P media (W) = P picco (W) to (sec) f (Hz)Nei laser in pulsato l'unico parametro che pu essere variato dall'operatore la frequenza, in quanto la durata dell' impulso e la potenza di picco sono parametri prefissati caratteristici del dispositivo utilizzato (diodo laser + sistema di pompaggio): Se ad esempio un Laser AlGaAs a 904 nm emette con una potenza di picco di 48 W, con una frequenza di 1 kHz, ed una durata di impulso di 200 ns, la sua potenza media sar:

-9 P=48 (W) 1000 (Hz) 20010 ns = 9,6 (mW)

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I nuovi laser a doppia lunghezza d onda

La possibilit di accoppiare otticamente le nuove sorgenti laser a semiconduttore con singole fibre ottiche ha permesso di realizzare nuovi dispositivi laser a doppia lunghezza donda 810 nm e 980 nm con ripartizione della potenza duscita pari al 50% per la prima e al 50% la seconda del valore complessivo .

Questa divisione esclusiva nasce dalla esigenza di realizzare un laser dedicato alla traumatologia sportiva e alla reumatologia. Infatti la lunghezza d onda di 810 nm caratterizzata da due propriet importanti : basso coefficiente di assorbimento e relativa grande capacit di penetrazione nei tessuti alta probabilit statistica di produrre reazioni fotochimiche di biostimolazione. Es. la reazione mitocondriale di fosforilasi. mentre la lunghezza d onda di 980 nm si contraddistingue per il suo : buono effetto di biostimolazione alto coefficiente di assorbimento dell acqua e relativo fenomeno del gradiente termico locale e relativo effetto antalgico locale A queste si abbina lalta potenza della radiazione sul tessuto P = 4 Watt, che il secondo parametro che assicura la validit dei risultati terapeutici

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Il criterio della soglia termica T.S.T. (tempo di soglia termica)Al momento tutte le sperimentazioni fatte portano a dire che non esiste un valore massimo di densit di energia irradiata sul tessuto oltre il quale si verifichino danni . Contemporaneamente si osservato che il tempo di esposizione per il tessuto deve ragionevolmente non essere inferiore ad almeno 5-6 secondi. Queste due osservazioni sperimentali suffragate da una esperienza di tredici anni di terapia laser ad alta potenza (1989-2001) possono essere giustificate dalle seguenti considerazioni: i valori di densit di energia raggiunti sono sempre largamente inferiori di quelli raggiungibili stando esposti al sole durante una giornata estiva probabilmente esiste un tempo minimo di probabilit statistica perch si manifesti un certo evento (reazione di tipo fotochimica) Quindi, escludendo le controindicazioni note della terapia biostimolante, per la laser terapia ad alta potenza l unico parametro di sicurezza e di efficacia da tenere sotto controllo la temperatura cutanea superficiale al fine di soddisfare il principio di raggiungere i pi alti valori di densit di energia superficiali senza provocare danni irreversibili (ustioni).

Questa condizione, perch abbia validit terapeutica, deve sempre essere associata ad un a coppia di valori:

densit di potenza superficiale (W/cm2) tempo di esposizione (sec.) o tempo di seduta

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L operatore dovr sempre aver ben presente che la terapia laser ad alta potenza eseguita in modo corretto se vengono rispettate le seguenti regole: nota la profondit del tessuto da trattare, il valore della densit di potenza dovr essere congruo. Vedi protocolli di terapia, profondit d azione valutare correttamente la pigmentazione del paziente con il fine di introdurre opportuni coefficienti correttivi che tengono conto del valore di concentrazione della melanina diverso. la scelta della modalit di emissione (cw o repetition) dovr essere fatta nel rispetto del tempo minimo di terapia per spot che di almeno sei secondi tenere sempre sotto controllo la temperatura superficiale affinch non si verifichino le condizioni di ustione. Particolare attenzione va posta quando: 1- il distretto anatomico trattato caratterizzato da una bassa sensibilit termica 2- il paziente ha la sensibilit diabetico, ecc.) 3- il paziente ha una soglia dolorifica pi alta (es. ciclisti, maratoneti, ecc.) termica alterata (es. soggetto

Introduciamo ora il concetto di T.S.T. Tempo di Soglia Termica. Esso si basa sull osservazione delle alterazioni delle temperature superficiali locali collegate ad una situazione patologica. L dove siamo in presenza di una infiammazione acuta la temperatura superficiale corrispondente risulta maggiore di quella delle zone adiacenti, al contrario se la infiammazione cronica.

Quindi, durante la terapia laser ad alta potenza, i tempi di T.S.T. rilevati dal terapista saranno diversi quando la parte trattata si sovrappone a quella con una temperatura alterata.

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In particolare la durata per raggiungere il T.S.T. sar:

MINORE SE SIAMO IN FASE ACUTA MAGGIORE SE SIAMO IN FASE CRONICA

Con il regredire della patologia il terapista osserver la normalizzazione dei tempi di T.S.T. . Attualmente, in corso un lavoro scientifico di prossima pubblicazione sulla rivista LASER and THECNOLOGY ed. POLVER -Milano-, possibile suggerire il seguente protocollo per trovare il valore corretto di potenza durante la terapia: da utilizzare

1. verificare la corretta sensibilit termica del paziente in situ 2. se la prova ha esito positivo: 3. preimpostare il valore della potenza secondo il criterio della profondit del bersaglio 4. fare un test su una zona adiacente al bersaglio correggendo il valore della potenza in modo che il T.R.T. sia compreso tra i 9 e gli 11 sec. 5. se il valore corretto della potenza compatibile con la profondit del bersaglio pu iniziare la terapia, in caso contrario 6. se la modalit di emissione cw si passa da CONT a 1 Hz se gi cw bisogna trovare un valore minore di T.R.T. (circa 7 sec.)

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LA TERAPIA LASER: preparativi e impostazioni

Quando il terapista deve operare con un laser ad alta potenza e conosce la profondit del bersaglio deve attenersi alle seguenti regole se non vuole compromettere l efficacia e la sicurezza della terapia: La direzione del fascio laser deve sempre risultare perpendicolare al tessuto da irradiare Fig. A La densit di potenza dovr avere un valore tale da assicurare uno scambio di energia biostimolante alla profondit dove si trova il bersaglio. Vedi paragrafo profondit d azione Prima di procedere alla fase della terapia vera, dovr sempre accertarsi della corretta sensibilit termica del paziente nel distretto anatomico che va a trattare Dovr verificare la soglia di resistenza al dolore del paziente che in procinto di trattare; i maratoneti, i ciclisti su strada sono dei soggetti potenzialmente a rischio quando si attende da loro segnale trattamento a spot. Oltre i 2,5 cm 3 cm di profondit consigliabile passare alla modalit di emissione CW Set repetition a 1 Hz Se la modalit d uso prevede di raggiungere la soglia termica la combinazione: pigmentazione cutanea densit di potenza applicata modalit di emissione (CW o CW a 1 HZ) dovr essere tale che il tempo di trattamento del singolo punto non sia mai inferiore ad almeno 6 7 secondi di stop alla esposizione laser durante il

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L angolo di incidenza del fascio laser sulla superficie condiziona la capacit di interagire in profondit a pari densit di potenza e lunghezza d onda. L operatore deve dedicare la massima attenzione a questa condizione che mette in secondo piano tutti i sistemi a scansione

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LA TERAPIA LASER: preparazione del campo di lavoro

Per ridurre al minimo la componente riflessa dalla superfice sar opportuno sgrassare la superfice cutanea con un batufolo di cotone o simili imbevuto di alcool e, se il caso lo richiede, rasare i peli presenti. In alcune circostanze bene avvisare il paziente invitandolo a presentarssi con la parte anatomica da trattare con il laser ad alta potenza gia rasa. Le aree corrispondenti ai bersagli non vanno individuate segnando le zone, si farebbe laser terapia a questi. Quindi il terapista dovr sempre verificare le tre regole:

Detersione Tricotomia Assenza di marker

Con la laser terapia proibito luso di marker

In questo caso opportuno la rasatura dei peli

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LA TERAPIA LASER: compensazione della pigmentazione cutaneaLe variazioni di pigmentazione cutanea nello stesso paziente a secondo del suo grado di abbronzatura sono un motivo di attenzione da parte del terapista. Vedi Fig. B In particolare dovr aumentare di almeno un 10% il tempo di esposizione, se il paziente ha una colorazione bianco-latte, nella zona da trattare con il laser. Al contrario tanto pi il soggetto avr la carnagione scura tanto si dovr ridurre proporzionalmente il tempo di esposizioine fino a passare alla modalit cw set repetition 1 Hz nei soggetti di razza negroide. La maggior parte dell energia trasportata dal laser ceduta negli strati superficiali Fig. A. Ci spiega il rapido riscaldamento superficiale della cute quando si usano densit di potenza maggiore di 1 W/cm2. Infatti l unica sede di possibili ustioni la superfice della pelle.

La persona non abbronzata

La persona abbronzata

= 810 nm

= 980 nm

La differenza del coefficiente di riflessione pu variare anche del 20 25%

Fig. A

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LA TERAPIA LASER: profondit d azione

= 810 nm = 980 nm

Fig. BLa parte di elaborazione numerica per predeterminare il valore della densit di potenza ancora troppo complessa anche per operatori preparati e volenterosi. Infatti, oltre alle difficolt di calcolo, il problema della definizione del corretto modello che descrive il comportamento della porzione di corpo umano interesssato alla terapia nel caso di esposizione ad un fascio laser definito (area del fascio, angolo di incidenza, lunghezza d onda, densit di potenza) di difficile gestione. Perci, confortati da 12 anni di sperimentazione e di raccolta dati nell ambito della laser terapia ad alta potenza, per l operatore sicuramente pi utile avere a disposizione una tabella di consultazione che algoritmi di gestione ai limiti dell impossibile. A tale proposito per l opton suggeriamo questo criterio di scelta della densit di potenza di lavoro. Se il bersaglio compreso:

tra la superfice e circa 2,0 cm di profondit tra la superfice e circa 2,5 cm di profondit tra la superfice e circa 3,5 cm di profondit

P=2 W P=2,5 W P=MASSIMA

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EPICONDILITEProcesso infiammatorio acuto o cronico con una possibile evoluzione degenerativa. Interessa linserzione osteotendinea prossimale dei muscoli epicondiloidei (Fig. A).

epicondilo Condilo omerale

olecrano

Fig. ACapitello radiale M. anconeo

M. estensore ulnare del carpo

M. estensore comune delle dita

PATOGENESI Sollecitazioni funzionali ripetute, microtraumi ripetuti errori di tecnica Pu esserci una predisposizione individuale alle tendinopatie. ANATOMIA PATOLOGICA PATOLOGICA Si osservano zone di trasformazione fibrosa localizzate nella giunzione osteotendinea con sofferenza delle terminazioni nervose. Possono essere individuate nel contesto del tendine degenerazioni lipoidee e, a livello dellinserzione osse, a metaplasia calcifica od ossificate.

Fig. B

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TRATTAMENTO FISIOTERAPICO Funzione : Continua Area da trattare: Fig. B, focolai di degenerazione lipoidea, inserzioni ossee corrispondenti alle zone di eventuale processo di calcificazione Forme acute Frequenza: 1 2 serie di trattamenti giornalieri per 5 giorni Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser

Forme croniche Frequenza: 1 2 serie di trattamenti giornalieri per 10 giorni con sospensione di 2 giorni tra la prima e la seconda serie.di 5 (luned-venerd) Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser (inizio quarta settimana)

TRATTAMENTO ANTALGICO

Da aggiungere, eventualmente, al trattamento fisioterapico. Funzione: PULSE 3 Joule/cm2

Potenza : massima Bersagli: Punti di reflessoterapia, Punti di agopuntura

Trigger point M. epitrocleidei

Trigger point intermedio

Trigger point M. epicondiloidei

Trigger point M. supinatore

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DOSIMETRIA CONSIGLIATA Calcolo effettuato su una superficie media di 9 cm 21 TRAT. (J) 390 400 650 800 900 1000 650 780 800 1090 1300 1400 2 TRAT. (J) 200 250 400 450 500 600 350 400 450 1000 1000 1000 P.TI TRIGGER (J) 30 36 40 50 60 67 40 48 54 67 81 90

FORMA ACUTA

PROFONDITA' SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA CRONICA SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA

ETA' PAZIENTE < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60

POTENZA (W) 2,4 2,8 3,1 3,9 4,7 5,3 3,1 3,8 4,2 5,0 5,9 6

ALTRE TERAPIE ABBINABILI

ultrasuoni P=2.0W/cm emissione Pellicolare T circa 10 15min crioterapia e mobilizzazione dolce in senso latero laterale onde durto diatermia - tecarterapia

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EPITROCLEITE o GOMITO DEL LANCIATOREProcesso infiammatorio acuto o cronico con una possibile evoluzione degenerativa. Interessa linserzione osteotendinea prossimale dei muscoli epitrocleari (Fig. A).Dialisi omerale Condilo omerale

Epitroclea

M. pronatore rotondo Condilo omerale

rCapitello radiale M. flessore radiale del carpo o grande palmare

M. piccolo palmare o lungo palmare Apofisi coronide dell ulna

Diafisi ulnare

M. flessore ulnare del carpo o cubitale anteriore

M. flessore superficiale delle dita

Fig. APATOGENESI Il gomito particolarmente esposto alle sollecitazioni traenti, valgizzanti e varizzanti presenti in alcuni sport ( golf, settore dei lanci nell atletica) Sollecitazioni funzionali ripetute, microtraumi ripetuti errori di tecnica ANATOMIA PATOLOGICA Forme acute: Distrazioni muscolari , localizzate in prossimit dell inserzione sull epitroclea dei muscoli epitrocleari Distacco parziale degli stessi muscoli dalla loro zona sull epitroclea

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Processi infiammatori dell inserzione osteo-tendinea dei muscoli epitrocleari Distrazione o rotture del legamento collaterale interno dell articolazione del gomito Distacco parcellare dell epitroclea

Forme croniche: Osteofitosi dellepifisi prossimale dell ulna Processi infiammatori cronici dellinserzione osteo-tendinea dei muscoli epiitrocleari o del muscolo trilite brachiale dell oleocrano Presenza di corpi mobili nell articolazione del gomito derivanti da distacchi parcellari della cartilagine articolare generalmente conseguenti al osteocondrite dissecante TRATTAMENTO FISIOTERAPICO Forme acute Aree bersaglio

Funzione : Continua Area da trattare: Fig B

Zona di scansione manuale

Fig. B

Forme acute Frequenza: 1 2 serie di trattamenti giornalieri per 5 giorni

Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser.

Forme croniche Frequenza: 1 2 serie di trattamenti giornalieri per 10 giorni con sospensione di 2

giorni tra la prima e la seconda serie (luned- venerd). Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser (inizio quarta settimana)

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TRATTAMENTO ANTALGICO

Zone algiche

Da aggiungere, eventualmente, al trattamento fisioterapico. Funzione: Potenza: PULSE 3 Joule/cm2 Massima

Bersagli: Punti di reflessoterapia Punti di agopuntura Applicazione:Puntamento fisso non ripetuto.Trigger point M. supinatore

Trigger point M. epitrocleidei Trigger point intermedio

Fig. CTrigger point M. epicondiloidei

DOSIMETRIA CONSIGLIATA Calcolo effettuato su una superficie media di 9 cmETA' PAZIENTE < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 602

FORMA ACUTA

PROFONDITA' SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA CRONICA SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA

POTENZA (W) 2,4 2,8 3,1 3,9 4,7 5,3 3,1 3,8 4,2 5,3 5,8 6

1 TRAT. (J) 500 600 590 820 900 1100 650 800 900 1050 1300 1400

2 TRAT. (J) 300 350 300 500 500 700 350 450 450 1000 1000 1000

P.TI TRIGGER (J) 31 37 41 55 60 72 41 49 55 69 82 92

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ALTRE TERAPIE ABBINABILI

fase iniziale di riposo ultrasuoni P=2.0W/cm emissione Pellicolare T circa 10 15min crioterapia onde durto diatermia - tecarterapia

alla scomparsa del dolore: cinesiterapia attiva controresistenze progressivamente crescenti onde durto diatermia - tecarterapia

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SPALLA DOLOROSAProcesso infiammatorio acuto o cronico, doloroso e invalidante. Coinvolge in forme diverse i tessuti periarticolari dell articolazione scapolo omerale ed accompagnata frequentemente da processi di accumulo di ioni di calcio

Spina della scapola

Apofisi coracoide

M. sovraspinoso Acromion

Borsa mucosa sotto acromiale

M. sottospinoso

Trochite

M. piccolo rotondo

dialisi omerale

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Apofisi coracoide Acromion

M. sottoscapolare Borsa mucosa sottoacromiale Trochite

Guaina sinoviale per il capolungo del bicipite

Capo lungo del m. bicipite brachiale

Dialisi omerale Capo breve m. bicipite brachiale M. sottoscapolare

PATOGENESI

Sollecitazioni eccessive e ripetute dei muscoli extrarotatori dell arto superiore (sovraspinoso, sovrascapolare, sottospinoso, piccolo rotondo) Associata o meno a borsite sottodeltoidea o a traumi ripetuti a livello della borsa mucosa sottodeltoidea e sottoacromiale Pu esserci una predisposizione individuale alle tendinopatie. ANATOMIA PATOLOGICA Forme acute: Manifestazione infiammatorie dei tendini di inserzione omerale dei rotatori con associata frequentemente la tenosinovite del capo lungo del bicipite brachiale che ha decorso intraarticolare e risulta a contatto con la testa omerale e con la capsula articolare Pu associarsi calcificazioni periarticolari nel contesto dei tendini, muscolo sovraspinoso soprattutto

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Forme croniche: Osteoporosi diffusa dei componenti scheletrici dell articolazione Manifestazione infiammatorie e degenerative dei tendini di inserzione di inserzione omerale dei rotatori con associata frequentemente la tenosinovite del capo lungo del bicipite brachiale Necrosi fibrillare localizzata, con rottura parziale di alcune fibre muscolari, che interessa soprattutto il sovaspinoso

TRATTAMENTO FISIOTERAPICO

Scansione manualeForme acute Funzione : CW Area da trattare: Fig A

Possibili bersagli

Fig. A

Forme acute Frequenza: 1 2 serie di 5 trattamenti giornalieri per 5 giorni

Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser.

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Forme croniche Frequenza: 1 2 serie di trattamenti giornalieri per 10 giorni con sospensione di 2

giorni tra la prima e la seconda serie (luned-venerd). Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser (inizio quarta settimana)

TRATTAMENTO ANTALGICO

Da aggiungere, eventualmente, al trattamento fisioterapico. Funzione: Potenza: PULSE 3 Joule/cm2 MASSIMA

Bersagli: Punti di reflessoterapia, Punti di agopuntura, Punti trigger Fig B-

DOSIMETRIA CONSIGLIATA Calcolo effettuato su una superficie media di 35 cm2

FORMA ACUTA

PROFONDITA' SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA CRONICA SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA

ETA' PAZIENTE < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60

POTENZA (W) 2,6 2,9 3,4 4,0 4,9 5,5 3,2 3,8 4,4 4,9 5,6 6,0

1 TRAT. (J) 2000 2500 3000 4200 5000 5600 2450 3000 3670 4100 5200 5900

2 TRAT. (J) 1200 1500 1800 2400 2900 3000 1450 1800 2400 3000 3500 3700

P.TI TRIGGER (J) 40 48 50 67 81 90 54 64 72 90 108 120

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ALTRE TERAPIE ABBINABILI

ultrasuoni P = 2.0 W/cm emissione Pellicolare T circa 10 15 min in corrispondenza dei processi di calcificazione crioterapia locale ciclo di correnti di Trabert onde durto diatermia - tecarterapia alla scomparsa del dolore: mobilizzazione della articolazione scapolo omerale nei casi di rigidit massoterapia

Possibili punti trigger o di reflessoterapia da irradiare

Fig. B

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LESIONI MUSCOLARIEpidemiologia e classificazione Le lesioni muscolari da trauma diretto: secondo l'interpretazione classica, tale tipo di lesione, implica l'esistenza di una forza agente direttamente dall'esterno che pu provocare contusioni, lacerazioni, e lesioni conseguenti a ferite da taglio, punta o fendente. Nella pratica, si riscontrano pi frequentemente le contusioni, soprattutto a carico del muscolo quadricipite femorale ed in particolare del muscolo retto anteriore. La contusione provoca lesioni chiuse a livello del tessuto mio-tendineo, con sintomatologia variabile che dipende dalla gravit del trauma. Gli effetti post-traumatici sono in genere pi gravi se il muscolo si trova in fase di contrazione al momento dell'incidente responsabile della lesione. Si possono quindi distinguere, 4 gradi di contusione muscolare : -1 GRADO: impotenza funzionale muscolare caratterizzato da totale assenza di contrazione -2 GRADO: ecchimosi del muscolo -3 GRADO: ematoma intramuscolare con rottura parziale -4 GRADO: schiacciamento muscolare Solamente le ultime due lesioni comportano conseguenze importanti: l'emorragia intramuscolare, per alterati processi riparativi, pu produrre evoluzione metaplastica con ossificazione, mentre lo schiacciamento, nei casi pi gravi, pu produrre shock traumatico. Lesioni muscolari da trauma indiretto: il meccanismo patogenetico di queste forme va ricercato essenzialmente in un improvviso allungamento passivo del muscolo, per effetto di una forza di trazione applicata durante la fase di contrazione, ovvero in una troppo rapida contrazione del ventre muscolare a partire da una situazione di completo rilassamento oppure da un brusco arresto del movimento. Inoltre, stato descritto che una situazione di squilibrio di forza tra muscoli agonisti ed antagonisti, pu predisporre il muscolo pi debole alla lesione. Numerosi sono i fattori predisponenti capaci di favorire la comparsa della lesione; tra questi, particolare valore stato attribuito a fattori intrinseci quali una carenza di

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allenamento, un inadeguato riscaldamento od un'eccessiva fatica. Esistono poi dei fattori esterni in grado di condizionare negativamente la corretta dinamica muscolare, quali, ad esempio, le situazioni climatico ambientali sfavorevoli (una bassa temperatura esterna) od i terreni che non consentono un idonea aderenza al suolo, provocando l'esecuzione di movimenti non coordinati, contrasti con l avversario. Le sedi pi frequentemente interessate sono localizzate negli arti inferiori, con particolare predilezione per il muscolo retto femorale, gli ischiocrurali ed il gastrocnemio mediale; le lesioni possono avvenire in qualsiasi punto del ventre muscolare, anche se, in genere, si realizzano con maggiore frequenza in alcune zone critiche a ridotta estensibilit, quali le giunzioni muscolo-tendinee sia prossimali che distali. Le terminologie utilizzate dai diversi autori per indicare questo tipo di lesioni muscolari, sono molto varie e si basano sui gradi crescenti di gravit: si parla infatti di contrattura, elongazione, distrazione, strappo, rottura, lacerazione. Una delle classificazioni pi accreditate presso gli autori francesi propone una suddivisione particolarmente dettagliata: CONTRATTURA o lesione muscolare di GRADO O: si tratta della forma pi benigna, senza lesioni anatomiche. L 'evento traumatico responsabile difficilmente definibile, infatti attribuibile ad una contrazione mantenuta, tetanica dovuta ad un insufficiente recupero che si manifesta con dolore muscolare che insorge durante l'attivit oppure a distanza, con una latenza variabile (dopo qualche ora, od il giorno dopo) ELONGAZIONE o lesione muscolare di 1 GRADO STRAIN I : anatomopatologicamente non si riscontrano interruzioni fibrillari rilevanti, mentre sono evidenti alcune alterazioni biochimiche identificate come modificazioni metaboliche

intracitoplasmatiche, disorganizzazioni miofibrillari, lesioni mitocondriali; DISTRAZIONE, STRAPPO o lesione muscolare di 2 GRADO STRAIN II : tale lesione caratterizzata da una reale lesione anatomica con interruzione di un numero variabile di miofibrille. La distinzione in 4 stadi riferita alla quantit di tessuto muscolare lacerato: -l STADIO: rottura completa di poche fibre muscolari senza l'interessamento del connettivo di sostegno -Il STADIO: rottura di un maggior numero di fibrille con iniziale interessamento del connettivo di sostegno

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-III STADIO: rottura parziale del ventre muscolare per via di un elevato numero di fibre interessate, con lesione associata del connettivo e delle strutture vascolonervose ed abbondante ematoma intramuscolare -IV STADIO: rottura muscolare completa, in cui si interrotta la continuit di gran parte del ventre muscolare. Si parler di rottura muscolare quando interrotta una quantit di fibre pi o meno pari al 75%.

DIAGNOSI CLINICA E STRUMENTALE

La corretta interpretazione dei criteri diagnostici, clinici e strumentali, un elemento fondamentale per la conoscenza del grado della lesione e per differenziarne i processi evolutivi a seconda della gravit, permettendo di programmare un trattamento terapeutico adeguato. Rilievi clinici Per formulare una diagnosi corretta ed una prognosi adeguata, fondamentale conoscere il dato anamnestico della natura diretta od indiretta del trauma. In tal senso, la presenza di eventuali segni di contusione cutanea, pu rappresentare un primo elemento di orientamento diagnostico. Nel caso della lesione contusiva diretta, l'evento traumatico di solito ben definito. All'esame clinico osservabile una tumefazione nella sede della lesione, dovuta all'edema interstiziale ed allo stravaso emorragico. Quando quest'ultimo di notevole entit, si pu formare un' ematoma in sede sotto-fasciale o sottocutanea che provoca una sacca fluttuante. Se l' ematoma profondo la tumefazione ha una consistenza duro-elastica. Nei traumi lievi, il corpo muscolare edematoso ma integro, ed il dolore pu insorgere dopo un periodo di latenza. Nei traumi pi gravi, il ventre muscolare pu lacerarsi con retrazione dei capi di lesione e formazione di uno spazio libero che viene occupato dall'ematoma. In questo caso il dolore immediato, spontaneo, presente anche a riposo e si accentua con la palpazione locale e la contrazione attiva. Nei giorni successivi al trauma si possono notare sulla cute le colorazioni ecchimotiche sia in sede di lesione, che a distanza, per spostamento e superficializzazione dell'ematoma.

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Nei trauma di origine indiretta, gli aspetti clinici saranno diversi a seconda del grado della lesione. Nella contrattura, il dato anamnestico non ben definito: spesso il soggetto segnala di aver avvertito un dolore acuto in un punto del muscolo, che lo ha costretto per pochi istanti ad interrompere l'attivit poco dopo ripresa, avvertendo un senso di molestia nella sede della lesione. All'esame obiettivo non si apprezzano tumefazioni ed ecchimosi. Il dolore presente diffusamente alla palpazione e nelle prove contro resistenza mentre assente a riposo; la sintomatologia dolorosa regredisce in alcuni giorni, ma una ripresa dell'attivit troppo precoce ed intensa potrebbe provocare lesioni pi gravi. Nello stiramento viene in genere riferito un episodio doloroso acuto durante l'esecuzione di un movimento forzato. Il punto della lesione ben identificabile e dolente alla palpazione. Il dolore spontaneo, presente a riposo ed aumenta ad ogni tentativo di contrazione del muscolo interessato. L'impotenza funzionale immediata ed ha durata variabile, ma di solito dopo 4 o 5 giorni si ha il ritorno ad una funzionalit normale. Deve comunque essere evitata la contrazione o la distensione attiva del muscolo leso. Lo strappo muscolare produce un dolore improvviso, violento e ben identificabile dal soggetto, con immediata impotenza funzionale. A seconda della gravit della lesione, le manifestazioni cliniche possono essere pi o meno intense, ma non c' proporzionalit tra l'evidenza sintomatologica e l'entit del danno. Nei casi di minor gravit, se la fascia superficiale integra e lo stravaso ematico situato all'interno del muscolo, l'ecchimosi pu non essere visibile. In tal modo, una lesione minimale o localizzata in profondit pu essere clinicamente misconosciuta o sottovalutata; in questo caso, la diagnosi deve fondarsi prevalentemente sui risultati dell'indagine strumentale. Nelle lesioni pi ampie e superficiali, invece, la diagnosi clinica agevolata dalla presenza di una discontinuit palpatoria, lo stravaso ematico diviene intermuscolare e l'ecchimosi pu comparire pi o meno tardivamente nelle zone declivi. Nei casi di maggior gravit si produce una tumefazione ed un solco palpabile, colmato da una raccolta fluttuante che, successivamente, per parziale coagulazione, d luogo ad una sensazione palpatoria di crepitio. L 'ecchimosi insorge precocemente in sede di lesione, diffondendosi poi alle sedi limitrofe.Il dolore spontaneo tende a regredire entro 4 o 5 giorni, persistendo fino alla 12 a giornata nella contrazione volontaria e nella distensione passiva del muscolo. Oltre ad essere un utile complemento dell' esame clinico, le indagini diagnostiche strumentali in particolare ECOGRAFIA, TELETERMOGRAFIA o RISONANZA MAGNETICA permettono di seguire l'evoluzione delle lesioni nel tempo.

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L'ECOGRAFIA MUSCOLARE l'indagine diagnostica oggi pi accreditata ed utilizzata in quanto permettendo la visualizzazione della struttura terziaria del muscolo (fasci muscolari rivestiti da perimisio, Fig. a), consente una precisa definizione della lesione, determinandone la sede, l'entit e le caratteristiche.

Retto femorale Sartorio Vasto intermedio Femore

Si apprezzano molto bene le strutture terziarie dei muscoli e le fasce che li avvolgono. Evidente in profondit la diafisi femorale

Fig. A

IMMAGINE ECOGRAFICA DEL TESSUTO MUSCOLARE I bassi costi, la semplicit d'esecuzione e l innocuit aumentano i fattori che valorizzano le studio ecografico delle lesioni muscolari. Lindagine ecografica pu risultare negativa in fase precoce, mentre nelle ore successive (48-72 ore dalla lesione) l'ecografia consente una diagnosi pi precisa. Nella contusione e nella contrattura muscolare, l'ecografia negativa, ma pu essere utile per escludere eventuali lesioni associate. Nell' elongazione non vi sono segni di alterazioni strutturali o di soluzioni di continuo, ma pu esserci imbibizione interstiziale tra le fibre. Nelle distrazioni di I GRADO l'ecografia in fase iniziale mostra iperecogenicit ma evidente un irregolarit degli echi, correlabile ad un sovvertimento strutturale nel punto della lesione. In terza o quarta giornata pu evidenziarsi una zona nettamente ipoecogena attribuibile alla presenza dell'ematoma. Nelle distrazioni pi gravi, l'alterazione strutturale

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appare pi evidente, il versamento emorragico intra o inter muscolare assume dimensioni ragguardevoli e l'indagine dinamica evidenzia la retrazione dei monconi di lesione (ecografia effettuata durante la fase di contrazione attiva del muscolo). Dopo circa 72 ore, la raccolta ematica si apprezza con un 'area anecogena (nera).

Cute e sottocute

Deltoide

Sede di lesione

Trauma contusivo in regione deltoidea. Esame eseguito dopo 48 ore dal trauma. Si nota un area ipoecogena come da travaso ematico nel contesto del fascio anteriore del muscolo deltoide

Retto femorale

Calcificazione Vasto intermedio

Si evidenzia un area iperecogena nel contesto del retto femorale, dovuta a calcificazione da ematoma post traumaticoFemore

Raccolta ematica conseguente ad una lesione muscolare di 2 grado del retto del femore

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Risulta per tanto pi agevole la definizione delle strutture interessate ed possibile quantificare la lesione. Con l'instaurarsi dei fenomeni riparativi, si ha una progressiva riduzione dell' Area anecogena ed una demarcazione dei limiti della raccolta, che diminuisce di volume, regredendo progressivamente in caso di evoluzione favorevole. La comparsa di connettivo e l evoluzione verso una cicatrice fibrosa, si evidenzia tra la 15a e 30a giornata come un'area iperecogena di dimensioni diverse a seconda dell entit dei fenomeni di riparazione cicatriziale. Le altre indagini diagnostiche utili nello studio delle lesioni muscolari sono la risonanza magnetica che permette di studiare l'ematoma e seguirne l'evoluzione, la teletermografia che evidenzia l'ematoma muscolare come un'area ipertermica e la radiografia utile in caso di evoluzione calcifica.

EVOLUZIONE DELLE LESIONI MUSCOLARI ACUTEDopo una lesione traumatica del tessuto muscolare, indipendentemente dalla sua gravit, inizia piuttosto precocemente il processo di guarigione, dalla cui validit dipender la possibilit di ripristinare quelle caratteristiche di elasticit, distensibilit e contrattilit tipiche del tessuto normale. Nelle forme di modesta gravit prevalgono i fenomeni di rigenerazione nei confronti della riparazione cicatriziale, per attivazione delle cellule satelliti mononucleate (normalmente presenti tra le membrane cellulari delle fibrocellule e la lamina basale), che proliferando si trasformano in mioblasti, si fondono poi in miotubuli, per differenziarsi, in fine, in fibrocellule muscolari mature. Al contrario nelle lesioni di maggiore entit, i fenomeni di guarigione risultano pi complessi: nell'area circostante la lesione compare precocemente una reazione flogistica, con intensa vasodilatazione locale e migrazione di cellule infiammatorie polinucleate e di macrofagi verso l'area necrotica. In tale fase sono presenti i segni caratteristici della flogosi: calore, edema, rossore, dolore e perdita della funzione. I primi tre sono causati dalle alterazioni vascolari e dalla presenza di essudato infiammatorio; il dolore dovuto all'aumento della tensione tissutale e dalla presenza di sostanze che stimolano le terminazioni nervose algiche. L'impotenza funzionale legata a riflessi di ordine nervoso e all'edema che, insieme alla tensione tissutale, impedisce dal punto di vista meccanico i movimenti. La reazione flogistica ha un significato di vitale importanza in quanto localizza. Riduce la concentrazione di sostanze citotossiche, mobilizza cellule fagocitarie nella sede

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della lesione che eliminano i detriti necrotici, incrementa l'afflusso di sangue in modo che ossigeno e sostanze nutritizie permettano i processi metabolici dei tessuti in fase di riparazione. Dopo due giorni dalla lesione, sostanze chemiotattiche prodotte dai macrofagi e dalle piastrine stimolano la proliferazione dei fibroblasti che migrano nella sede della lesione e danno origine al tessuto di granulazione da cui deriver la cicatrice connettivale. L'attivit metabolica raggiunge il suo apice in settima giornata, la perdita tissutale quindi sostituita rapidamente. Tuttavia, questo nuovo tessuto cicatriziale altamente

vascolarizzato, ha una scarsa resistenza alla trazione e pu facilmente lacerarsi con conseguente emorragia profusa ; esso anche riccamente innervato da terminazioni nervose sensitive ed sensibile alla pressione ed alla tensione. Il tessuto cicatriziale matura gradualmente nei 60 giorni successivi perdendo la vascolarizzazione e la sensibilit e aumentando la resistenza fino ad un massimo del 80-95% di quella del tessuto originale.Sulla base di queste premesse, assumono particolare valore le fasi iniziali del trattamento, che dovranno tendere a stimolare la capillarizzazione e ad evitare che una formazione eccessiva e disordinata di tessuto connettivo fibroso possa pregiudicare la guarigione.

EFFETTI BIOLOGICI DELLA RADIAZIONE LASERGli effetti biologici del raggio LASER sono essenzialmente tre:

1. EFFETTO ANTALGICO: secondo alcuni autori sarebbe determinato da: iperpolarizzazione della membrana del nocicettore con un aumento della soglia di depolarizzazione e quindi un aumento della soglia del dolore blocco degli impulsi dolorifici a livello delle corna posteriori del midollo spinale (gate control) aumento del flusso ematico, indotto da questo tipo di energia luminosa, con conseguente dre-naggio delle chinine produzione di endorfine.

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2.

EFFETTO BIOSTIMOLANTE: permette di stimolare e modificare i processi

metabolici dei tessuti che interagiscono con la radiazione laser. La stimolazione della membrana del reticolo endoplasmatico granuloso e dei mitocondri condurrebbe rispettivamente ad un incremento della sintesi proteica e di ATP con conseguente aumento e miglioramento del metabolismo e delle funzioni cellulari ( studi realizzati da Pollak, Bolognani, Warnke). E' pertanto evidente che l'irradiazione di luce LASER favorirebbe e accelererebbe i processi di rigenerazione cellulare in tessuti danneggiati da traumi o microtraumi ripetuti. L'effetto biostimolante stato scientificamente dimostrato con la stimolazione dei fibroblasti e dei macrofagi. Questi hanno un ruolo notevole nei casi di infiammazione e nel ripristino dei tessuti lesi grazie all'incremento della sintesi del collagene ed alla rimozione di residui necrotici presenti nel focolaio infiammatorio.

3.

EFFETTO ANTIFLOGISTICO: l'azione antinfiammatoria legata alla stimolazione

dei leucociti polimorfonucleati e macrofagi, alla riduzione delle prostaglandine P-GE2 ad azione proinfiammatoria ed ad un aumento delle prostacicline PGI2 che hanno azione antiflogistica ed antalgica ( studi effettuati da Mester).

L 'attivazione del microcircolo favorisce un migliore apporto nutritizio ed un rapido drenaggio dei cataboliti infiammatori responsabili dei fenomeni irritativi sulle fibre nervose.La radiazione LASER, inoltre, accelera la peristalsi linfatica, che facilita l'assorbimento di liquidi interstiziali e la riduzione dell'edema.

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TRATTAMENTO FISIOTERAPICO

Il quadro clinico che si presenta al fisioterapista molto diversificato, in ogni caso l uso del laser ad alta potenza di massima utilit e si colloca in posizione primaria nel contesto di un protocollo fisioterapico. Il fisioterapista dovr sempre tener conto che al laser OPTON vanno affidati i seguenti compiti:

riduzione del dolore Riduzione dei processi infiammatori Aumento del circolo venoso-linfatico con conseguente

beneficio in termini di

drenaggio dei residui colliquati di

ematomi che potrebbero degenerare calcificando all interno della struttura muscolare Riequilibrio del metabolismo cellulare , maggiore velocit di cicatrizzazione

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LESIONI MUSCOLARI SENZA EMATOMA

Funzione : Continua Area da trattare: SULL AREA INTORNO BERSAGLIO e SUL BERSAGLIO Frequenza : 1 2 serie o pi giornaliere per 10 trattamenti complessivi.Sospensione di 2 giorni tra la prima e la seconda serie (luned-venerd). Valutazione dopo almeno 2-3 giorni dallultimo trattamento laser

TRATTAMENTO ANTALGICO Da aggiungere, eventualmente, al trattamento fisioterapico anche se sconsigliato a causa della scomparsa del dolore che potrebbe indurre il giocatore a riprendere intempestivamente l attivit sportiva. Funzione: Potenza: PULSE 4W

Bersagli: Punti di reflessoterapia, Punti di agopuntura, Punti trigger

DOSIMETRIA CONSIGLIATA

Calcolo effettuato su una superficie media di 40 cm 2

FORMA ACUTA

PROFONDITA' SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA CRONICA SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA

ETA' PAZIENTE < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60

POTENZA (W) 2,0 3,2 3,5 3,9 4,3 4,9 3,6 4,0 4,5 5,0 5,5 6,0

1 TRAT. (J) 1900 2200 2900 3400 4100 4800 2100 3000 3560 4000 4600 5200

2 TRAT. (J) 1200 1400 1700 2000 2500 2800 1400 1900 2000 2500 2800 3000

P.TI TRIGGER (J) 32 38 43 54 64 72 43 51 57 72 80 96

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ALTRE TERAPIE ABBINABILI

ultrasuoni

P=2.0W/cm emissione Pulsata 25% T circa 1015 min a massaggio sulla

zona del bersaglio dalla quarta giornata crioterapia locale ciclo di correnti di Trabert diatermia - tecarterapia

LESIONI MUSCOLARI con EMATOMADURANTE I PRIMI DUE GIORNI DAL TRAUMA APPLICARE LE REGOLE DEL R.I.C.E. poi dopo una prima dettagliata valutazione clinica si pu procedere alla terapia laser iniziando con valori pari al 50% di quelli indicati per i primi tre giorni progressivamente i valori nei successivi tre fino a raggiungere quelli indicati . Funzione attiva : Continua Area da trattare: SULL AREA INTORNO BERSAGLIO e SUL BERSAGLIO Applicazione: scansione manuale fino a provocare una reazione iperemia locale Frequenza : 1 2 serie o pi giornaliere per 15-20 trattamenti complessivi.Sospensione di 2 giorni tra la prima e la seconda serie. Valutazione dopo almeno 2-3 giorni dallultimo trattamento laser aumentando

TRATTAMENTO ANTALGICO Da aggiungere, eventualmente, al trattamento fisioterapico con le stesse considerazioni fatte precedentemente. Funzione: Potenza: PULSE 4Joule/cm2 MASSIMA

Bersagli: Punti di reflessoterapia, Punti di agopuntura, Punti trigger

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ALTRE TERAPIE ABBINABILI

ultrasuoni

P=2.0W/cm emissione Pulsata 25% T circa 1015 min a massaggio sulla

zona del bersaglio dalla decima giornata crioterapia locale ciclo di correnti di Trabert diatermia onde durto in caso di postumi di lesioni muscolari

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BORSITIProcesso infiammatorio acuto o cronico delle borse mucose. Quelle pi frequentemente interessate sono: La borsa olecranica situata tra olecrano e fascia brachiale La borsa prerotulea situata tra l espansione prerotulea del tendine quadricipitale e la fascia superficiale La borsa trocanterica situata tra la faccia esterna del grande trocantere e la fascia lata La borsa della zampa doca situata tra i tendini distali del sartorio, gracile e semitendinoso ed il legamento collaterale interno del ginocchio La borsa del tendine d Achille situata tra il calcagno e l inserzione distale del tendine stessoPerone Tendine d Achille

Tibia

Borsa mucosa

Calcagno

Cuboide V Metacarpo

BORSA DEL TENDINE D ACHILLE

PATOGENESI Sollecitazioni funzionali ripetute microtraumi ripetuti

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Pu esserci una predisposizione individuale alle borsiti ANATOMIA PATOLOGICA Si osservano: borsiti a contenuto sieroso pi o meno abbondante, la parete della borsa sottile e costituita da tessuto connettivo rivestita internamente in modo discontinuo da elementi endoteliali borsiti senza contenuto sieroso con evidente ispessimento delle pareti e aderenza ai tessuti circostanti TRATTAMENTO FISIOTERAPICO Funzione : CW Area da trattare: sopra la borsa

Puntamento fisso

Scansione manuale a massaggio

Forme acute Frequenza:

Fig. A1 2 serie di trattamenti giornalieri per 5 giorni

Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser

Forme croniche Frequenza: 1 2 serie di 10 trattamenti giornalieri con sospensione di 2 giorni tra la

prima e la seconda serie (luned-venerd). Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser (inizio quarta settimana)

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DOSIMETRIA CONSIGLIATA

Calcolo effettuato su una superficie media di 10 cm2

FORMA ACUTA

PROFONDITA' SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA CRONICA SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA

ETA' PAZIENTE < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60

POTENZA (W) 1,5 2,2 2,9 3,4 3,9 4,2 3,6 4,0 4,5 5,0 5,5 6,0

1 TRAT. (J) 900 1200 1550 1900 2200 2900 1500 2400 2900 3200 4100 5000

2 TRAT. (J) 500 750 900 1200 1500 1700 850 1500 1700 2000 2500 2750

P.TI TRIGGER (J) 29 34 38 48 58 64 38 46 51 64 77 86

ALTRE TERAPIE ABBINABILI

ultrasuoni

P=2.0W/cm emissione Pellicolare T circa 1015 min in corrispondenza dei

processi di ispessimento tissutale e di aderenza ai tessuti circostanticrioterapia locale ciclo di correnti di Trabert onde durto diatermia

NOTA:

nei casi di borsiti suppurate, recidivanti e resistenti alla terapia laser si deve

ricorrere alla ablazione chirurgica della borsa, soprattutto superficiale.

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TENDINOPATIEComprendono i processi infiammatori acuto o cronico e degenerativi dei tendini e delle strutture adiacenti, guaine fibrose, borse, ecc.

Fig. A

Fig. B

Fig. A: peritendinite semplice. Appare in modo chiaro l ispessimento della guaina (fascia bassa) in assenza di alterazioni degenerative del tessuto tendineo Fig. B: peritendinite con matrice tendinossica. Sono evidenti fenomeni di degenerazione ialina e mucosa del tessuto tendineo

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Fig. C

Fig. D

Fig. C : tendinosi. L area mostrata evidenzia l assenza di elementi cellulari nel contesto del tessuto tendineo con contemporanea degenerazione ialina Fig. D: lendinosi. In questo caso si osserva (in alto) la presenza di tessuto osteoide nel contesto tendineo

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PATOGENESI TENDINOPATIE MECCANICHE Causati da microtrauma ripetuti esogeni (tendinite d Achille causata dalla corsa su terreni sintetici) Causati da microtraumi endogeni: 1. tendini che interagiscono e soffrono della irregolarit della superficie ossea di scorrimento esostosi osteo cartilaginee. 2. movimenti forzati che fanno urtare il tendine su strutture ossee. 3. contrazioni muscolari intense per insufficiente fissazione dell agonista. Sovraccarico funzionale, contrazioni muscolari ripetute nel tempo e di intensit elevata causano alterazioni dello scorrimento tendineo e alterazioni della guaina sinoviale e del liquido peritendineo

TENDINOPATIE Causate dallet. Con il procedere dell et si assiste ad una riduzione del contenuto proteoglicomico e glicoproteico, della elastina, della idratazione e un aumento del collagene e della componente amorfa che sono tutte concause predisponesti alla tendinite. Causate da squilibri soggettivi. Grandi masse e tendini proporzionalmente molto piccoli Causate da predisposizioni artro-reumatiche conseguenti alla degenerazione del tessuto cartilagineo (fibrocartilagine nelle tendinite inserzionali Causate da artrite reumatoide o da spondilite anchilosante. Tipica la tendinite dAchille nei soggetti di et intorno ai 25 anni come primo sintomo della spondilite anchilosante

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ANATOMIA PATOLOGICA Possono essere distinte in:

TENDINOPATIE INSERZIONALI Manifestazione infiammatorie e degenerativa della giunzione osteo-tendinea

TENOSINOVITI Si manifestano solo quando i tendini sono provvisti di guaine sinoviali Flogosi dell apparato di scorrimento relativo

PERITENDINITI Flogosi dei foglietti peritendinei in assenza di modificazioni patologiche del tessuto tendineo

PERITENDINITI CON IMPRONTA TENDINOSICA Flogosi dei foglietti peritendinei in presenza di modificazioni degenerative del tessuto tendineo

TENDINOSI Sono presenti manifestazioni degenerative del tendine, a volte associate a focolai di metaplasma osteo-cartilaginea

NOTA: i processi degenerativi descritti negli ultimi due casi interessano prevalentemente i tendini: quadricipitale, Achilleo, rotuleo e del bicipite brachiale e presentano come epifenomeno la rottura sottocutanea del tendine stesso. Tale interruzione si localizza nel contesto del tendine e, a volte, a livello della giunzione muscolo tendinea.

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Rottura sottocutanea del tendine bicipite brachiale

Rottura sottocutanea del tendine d Achille destro

Il quadro clinico che si presenta al fisioterapista molto diversificato, in ogni caso l uso

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del laser ad alta potenza di massima utilit e si colloca in posizione primaria nel contesto di un protocollo fisioterapico. Il fisioterapista dovr sempre tener conto che al laser OPTON vanno affidati i seguenti compiti: Riduzione dei processi infiammatori Aumento del circolo venoso-linfatico con conseguente beneficio al tessuto in termini di drenaggio di cataboliti presenti, riduzione di edemi, maggior effetto di vascolarizzazione Riequilibrio del metabolismo cellulare TRATTAMENTO FISIOTERAPICO Funzione : CW Area da trattare: SUL BERSAGLIO DA TUTTI I LATI ACCESSIBILI

Forme acute Frequenza: 1 2 serie di 5 trattamenti giornalieri

Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser.

Forme croniche Frequenza : 1 2 serie o pi di 10 trattamenti con frequenza giornaliera.Sospensione di 2 giorni tra la prima e la seconda serie. Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser (inizio quarta settimana).

TRATTAMENTO ANTALGICO Da aggiungere, eventualmente, al trattamento fisioterapico. Funzione: Potenza: PULSE 3 Joule/cm2 MASSIMA

Bersagli: Punti di reflessoterapia, Punti di agopuntura, Punti trigger

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DOSIMETRIA CONSIGLIATA

Calcolo effettuato su una superficie media di 20 cm2

FORMA ACUTA

PROFONDITA' SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA CRONICA SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA

ETA' PAZIENTE < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60

POTENZA (W) 1,5 2,2 2,9 3,4 3,9 4,2 3,6 4,0 4,5 5,0 5,5 6,0

1 TRAT. (J) 900 1100 1300 1500 1940 2200 1290 1600 1900 2160 2600 3000

2 TRAT. (J) 500 650 780 850 1000 1300 750 900 1000 1200 1500 2800

P.TI TRIGGER (J) 27 32 36 45 54 60 36 43 48 60 72 80

ALTRE TERAPIE ABBINABILI

onde d urto ultrasuoni P=2.0W/cm emissione Pellicolare T circa 1015 min in corrispondenza dei

processi di calcificazione crioterapia locale ciclo di correnti di Trabert diatermia

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SINDROME DEL TIBIALE ANTERIORE

Sindrome dolorosa, a carattere acuto o cronico, localizzata alla loggia anteriore della gamba, ove decorrono il muscolo tibiale anteriore, il muscolo estensore lungo delle dita, il muscolo estensore lungo dell'alluce e il muscolo peroneo anteriore.

PATOGENESI

Forma acuta Si manifesta quando la stasi venosa, l'accumulo dei cataboliti, l'aumento del flusso arterioso nel muscolo affaticato da stress massimali, creano un circolo vizioso che ha come conseguenza l aumento di volume del tibiale anteriore. Poich questo contenuto in una loggia delimitata da tibia, perone, membrana interossea e fascia, comprime vasi e nervi presenti con conseguente necrosi ischemica di una parte pi o meno estesa del muscolo stesso.

Forma cronica Si presenta sempre come sindrome da loggia ed si manifesta quando coabitano tre fattori: Predisposizione di carattere anatomico accompagnata da ipertrofia del tibiale anteriore sollecitazioni funzionali ripetute,eccessive e prolungate, del muscolo tibiale anteriore e delle sue giunzioni muscolo-tendinee ed osteo-tendinee prossimali in soggetti superallenati o male ed affrettatamente allenati.

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ANATOMIA PATOLOGICA

QUADRO CLINICO Forma acuta

Fase prodromica: dolore spontaneo intenso a breve distanza dalla prestazione sportiva o durante se questa di lunga durata dolore precoce alla palpazione lungo il decorso del tibiale anteriore impotenza funzionale antalgica, dapprima parziale e poi assoluta nei casi pi gravi.

Fase di stato: edema diffuso e termotatto positivo in corrispondenza della regione antero esterna della gamba temperatura febbrile leucocitosi ed aumento della velocit di eritrosedimentazione; parestesie e diminuzione od assenza della pulsazione dell'arteria tibiale anteriore; perdita della funzione del muscolo (flessione dorsale e supinazione del piede)

Forma cronica: dolore spontaneo ed alla pressione in corrispondenza dell'inserzione prossimale e del ventre muscolare, specie dopo sforzo prolungato possibile aumento della temperatura locale turgore delle vene superficiali; dolore nei movimenti di flessione dorsale e supinazione del piede.

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TRATTAMENTO FISIOTERAPICO

Nei casi preceduti da un TRATTAMENTO ORTOPEDICO consistente in: fasciotomia decompressiva rimozione delle fibre muscolari necrotiche quando necessario. Si procede, terminata la fase postoperatoria a:

Funzione : CW Area da trattare: Secondo le indicazioni MEDICHE ACCESSIBILI - SUL BERSAGLIO DA TUTTI I LATI

Forme acute 1 2 serie di 5 trattamenti giornalieri

Frequenza:

Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser.

Forme croniche sospensione dell'attivit sportiva per 10-15 giorni e ricorso alla fisioterapia finalizzata ad aumentare la circolazione locale e ridurre l'edema. Frequenza : 1 2 serie o pi di 10 trattamenti con frequenza giornaliera. Sospensione di 2 giorni tra la prima e la seconda serie. Valutazione dopo almeno 5 giorni dallultimo trattamento laser (inizio quarta settimana)

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TRATTAMENTO ANTALGICO

Da aggiungere, eventualmente, al trattamento fisioterapico. Funzione: Potenza: PULSE 4 Joule/cm2 MASSIMA

Bersagli: Punti di reflessoterapia, Punti di agopuntura, Punti trigger

Trattamento antalgico

Scansione manuale

Puntamento fisso

Scansione manuale

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DOSIMETRIA CONSIGLIATA

Calcolo effettuato su una superficie media di 20 cm 2

FORMA ACUTA

PROFONDITA' SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA CRONICA SUPERFICIALE SUPERFICIALE SUPERFICIALE PROFONDA PROFONDA PROFONDA

ETA' PAZIENTE < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60 < 18 18 - 60 > 60

POTENZA (W) 1,8 2,3 2,8 3,2 3,8 4,5 2,5 3,1 3,8 4,5 5,5 6,0

1 TRAT. (J) 1000 1500 2000 2500 3020 3400 2000 2400 2900 3300 3700 4100

2 TRAT. (J) 600 850 1200 1500 1750 1800 1200 1400 1700 1800 2000 2200

P.TI TRIGGER (J) 32 38 43 54 64 72 43 51 57 72 80 96

ALTRE TERAPIE ABBINABILI

cinesiterapia di distensione del gastrocnemio cinesiterapia attiva progressiva elettroterapia decontratturante con correnti ad alto voltaggio T.E.N.S. di tipo stocastico diatermia

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DISTORSIONI DEL GINOCCHIOSotto questa dizione vengono compresi diversi quadri nosologici che comprendono: distrazione rottura disinserzione dei legamenti e della capsula articolare. Sulla base anatomo-funzionale ricordiamo che l'apparato capsulo-legamentoso del ginocchio pu essere distinto in: compartimento interno (Fig. A) legamento collaterale superficiale amento posteriore obliquo legamento collaterale profondo, legamento menisco-femorale e menisco-tibiale

Vasto mediale Retto anteriore

Legamento collaterale profondo

Rotula

Legamento collaterale mediale

Tendine rotuleo

Tendine ant. del semimembranoso

Borsa della zampa d oca

Zampa d oca

Borsa del tendine ant. del m. semimembranoso

Fig. A

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compartimento esterno (Fig. B, C) : legamento capsulare antero-esterno; legamento collaterale esterno; . tendine del muscolo popliteo; legamento popliteo obliquo; legamento arcuato;

Tratto ileo tibiale della fascia lata

Femore

Vasto laterale Condilo femorale larterale Bicipite femorale Condilo femorale mediale

Rotula Legamento collaterale laterale

Legamento capsulare antero esterno

Legamento rotuleo

Perone Tibia Membrana interossea

Fig. B

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Legamento popliteo obliquo Femore Guscio condolideo mediale Guscio condolideo laterale

Tendine del muscolo semimbranoso

Muscolo bicipite femorale

Condilo femorale mediale Tendine del muscolo semimbranoso Borsa del tendine anteriore

Legamento coll. mediale

Borsa M. popliteo

Legamento popliteo arcuato

Fig. CPilone centrale (Fig. D): -legamento crociato anteriore; -legamento crociato posteriore. Molto importanti nella funzione del ginocchio sono alcune formazioni tendinee che attivamente ne mantengono la stabilit durante le fasi dell'escursione articolare (Fig. A, B, C, D ) -tendine distale del muscolo quadricipite (tendine rotuleo, rotula, tendine quadricipitale);

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-tendini distati del muscolo semimembranoso; -tendini della "zampa d'oca" (tendini distali dei muscoli sartorio, gracile e semitendinoso); -tendine distale del muscolo bicipite femorale; -tratto ileo-tibiale della fascia lata.

Ricordiamo ancora che solo a ginocchio flesso oltre i 30, sono possibili i movimenti fisiologici di intrarotazione ed extrarotazione della tibia rispetto al femore (30 di intrarotazione e 40 di extrarotazione).

Femore

Troclea femorale

Condilo femorale esterno

Capsula

Condilo collat. esterno

Legamento crociato posteriore esterno

Legam.collat. esterno

Menisco interno

Legamento crociato anteriore Menisco esterno Tendine rotuleo Perone

Fig. D

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PATOGENESI I meccanismi patogenetici ed i quadri anatomo-patologici possono essere ricondotti: ipersollecitazione in valgismo del ginocchio ad articolazione semiflessa e tibia in rotazione esterna lesione del compartimento interno con possibile rottura del menisco interno e del legamento crociato anteriore ipersollecitazione in varismo del ginocchio ad articolazione semiflessa e tibia in rotazione interna lesione del legamento capsulare antero-esterno con possibile rottura del menisco esterno e del legamento crociato anteriore ipersollecitazione in estensione del ginocchio per trauma dall'avanti all'indietro: rottura del legamento crociato posteriore con eventuale interessamento delle altre formazioni capsulo-legamentose, soprattutto del compartimento interno e del menisco interno.

ANATOMIA PATOLOGICA QUADRO CLINICO La diagnosi del "quantum" della lesione legamentosa del ginocchio quanto mai importante poich da essa deriva l'esattezza dell'indicazione terapeutica e quindi la possibilit di assicurare il completo RECUPERO FUNZIONALE. Si basa sulla precisa ricostruzione anamnestica e sulla ricerca di dati obiettivi e tests semeiologici che devono essere attentamente valutati: tumefazione ad insorgenza immediata - emartro da lesioni capsulo - legamentose tumefazione ad insorgenza tardiva -idrartro da lesioni meniscali o da

interessamento sinoviale

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In presenza di gravi lesioni capsulo-legamentose la tumefazione modesta, poich la raccolta ematica non pi contenuta nell'ambito dell'articolazione, essa di solito fuoriesce dalla breccia capsulare. dolore alla pressione in sede legamentosa: molto pi vivo nelle distorsioni lievi, poich in quelle gravi le terminazioni sensitive possono essere interrotte positivit del test in abduzione della gamba (possibilit di ipervalgizzare il ginocchio, a 30 di flessione) pi raramente, positivit del cassetto anteriore, eseguito mantenendo la gamba in rotazione esterna: in questo caso sospettabile una lesione dei legamenti collaterali interno, superficiale e profon