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Dispense

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INDICE

1. Il rapporto di lavoro subordinato ....................................................... 3

2. Il contratto di lavoro nel codice civile ................................................ 5

3. I contratti collettivi e i contratti individuali ........................................ 11

4. Qualifiche, categorie, livelli ............................................................. 14

5. La busta paga: aspetti introduttivi ................................................... 17

6. I dati anagrafici ............................................................................. 21

7. La retribuzione .............................................................................. 24

8. Gli elementi della retribuzione ......................................................... 26

9. Il calcolo della retribuzione lorda ..................................................... 32

10. Il lavoro straordinario ..................................................................... 39

11. Il riposo settimanale ...................................................................... 46

12. La festività .................................................................................... 49

13. Le ferie e i permessi ....................................................................... 52

14. Le indennità .................................................................................. 55

15. Gli assegni familiari ........................................................................ 60

16. La malattia ................................................................................... 65

17. L'infortunio ................................................................................... 69

18. La gravidanza e il puerperio (D.Lgs. 151/2001) ................................. 71

19. Altre assenze giustificate ................................................................ 74

20. I contributi INPS ............................................................................ 75

21. Le trasferte ................................................................................... 79

22. I servizi di mensa e di trasporto ...................................................... 82

23. L'IRPEF e le addizionali Regionali e Comunali ..................................... 84

24. Il conguaglio di fine anno ................................................................ 92

25. Casi particolari: part-time e lavoro a cottimo ..................................... 93

26. Altre informazioni contenute nella busta paga ................................... 96

27. Le mensilità aggiuntive ................................................................... 98

28. L'indennità di mancato preavviso ................................................... 100

29. Il TFR ......................................................................................... 103

30. Documenti retributivi obbligatori .................................................... 112

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1. Il rapporto di lavoro subordinato

Premessa

Obiettivo di questo corso è di fornire all'allievo tutte le nozioni fondamentali

necessarie per imparare a compilare e/o controllare una busta paga. Nella

prima parte del corso ci soffermeremo su alcuni aspetti introduttivi e

partiremo, in questa Capitolo, col parlare del rapporto di lavoro subordinato.

Che cosa prevede il Codice Civile

L'art.2094 del Codice Civile chiarisce il concetto di prestatore di lavoro

subordinato e recita: "E' prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga

mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro

intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore."

Questa definizione inquadra subito quali sono gli elementi che caratterizzano il

rapporto di lavoro subordinato. Essi sono:

• la prestazione del lavoratore;

• il compenso dovuto per il lavoro prestato.

Esaminiamo brevemente questi due elementi fondamentali del rapporto di

lavoro subordinato.

Il dipendente è tenuto a prestare la propria opera, intellettuale o manuale, a

favore del datore di lavoro. L'obbligazione che egli assume è tipicamente quella

di un "fare" a favore del datore di lavoro.

In questa prestazione vi è un vincolo di subordinazione. Infatti, il lavoro va

prestato alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore che ne disciplina

i modi, i tempi ed i contenuti in modo da poter conseguire i propri obiettivi

assumendosi, per contro, i rischi che derivano dallo svolgimento dell'attività

stessa.

Il prestatore di lavoro deve svolgere le proprie mansioni con la diligenza

richiesta dalla natura della prestazione dovuta e nell'interesse dell'impresa.

Non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con

l'imprenditore, né divulgare notizie relative all'impresa. In caso contrario, il

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dipendente va incontro a delle sanzioni disciplinari.

Il datore di lavoro è tenuto a remunerare, la prestazione del lavoratore, col

pagamento di una retribuzione: quindi a suo carico grava un obbligo di

"dare". Proprio la retribuzione, e la sua determinazione, costituirà oggetto del

presente corso e di essa, dunque, avremo modo di parlare ampiamente in

seguito.

L'art.2094 parla di un lavoro prestato alle dipendenze e sotto la direzione

dell'imprenditore. Imprenditore è, secondo il Codice Civile, colui che "esercita

professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o

dello scambio di beni e servizi".

Dobbiamo precisare, però, che datori di lavoro non sono solo le imprese

commerciali (industrie, imprese di commercio all'ingrosso e al dettaglio,

banche, assicurazioni, imprese di trasporto, imprese agricole, ecc.) ma

chiunque offra occasioni di lavoro subordinato, quali: i professionisti (dottori,

avvocati, commercialisti, ecc..), le associazioni di categoria (sindacati, partiti

politici, ecc.), ma anche i privati per quanto riguarda il lavoro domestico.

Il lavoratore subordinato presta normalmente la propria opera nei locali messi

a disposizione dal datore di lavoro, usando gli strumenti ed i materiali forniti da

questi. In casi particolari, parliamo delle forme del lavoro a domicilio e del

telelavoro, il lavoratore può prestare la propria opera in casa propria o in altri

locali. In queste ipotesi, vi sono delle differenze sostanziali rispetto alla

generalità dei casi. Esse sono date dal luogo del lavoro (normalmente il

domicilio del lavoratore), dall'orario di lavoro (non imposto in modo rigido dal

datore di lavoro), dall'organizzazione del lavoro (ovvero la scelta del metodo di

lavoro), dalla possibilità di utilizzare attrezzature e materiali di proprietà del

dipendente, ecc. Anche il lavoro a domicilio ed il telelavoro sono delle forme di

lavoro subordinato nonostante siano disciplinate in modo particolare.

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2. Il contratto di lavoro nel codice civile

Premessa

Il Codice Civile non contiene disposizioni in merito al contratto di lavoro, ma

disciplina, come abbiamo già accennato nella Capitolo precedente, il rapporto

di lavoro. In questo modo, il legislatore ha dato un'importanza maggiore al

rapporto di lavoro in se stesso (fissandone il contenuto e stabilendo i diritti e

doveri relativi ad entrambe le parti), che al momento in cui tale rapporto sorge

con la stipula del contratto di lavoro.

Struttura del contratto di lavoro

Il contratto di lavoro è, dunque, quel contratto nel quale il prestatore si obbliga

a mettere a disposizione del datore di lavoro la sua attività e, in cambio, riceve

dal datore di lavoro, una retribuzione.

E' evidente che, anche al contratto di lavoro si possono applicare le norme che

riguardano il contratto in generale. Com'è noto, l'art.1321 del Codice Civile,

stabilisce che "il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare

o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale".

In base a quanto stabilito dai successivi articoli del Codice Civile, si può

affermare che:

• le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei

limiti imposti dalla legge (art.1322, 1° comma);

• il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha

conoscenza dell'accettazione dell'altra parte (art.1326, 1° comma);

• le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del

contratto, devono comportarsi secondo buona fede (art.1337);

• le clausole d'uso s'intendono inserite nel contratto se non risulti che non

sono state volute dalle parti (art.1340).

Come per ogni contratto, anche per il contratto di lavoro, i requisiti

fondamentali sono:

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• accordo tra le parti;

• causa;

• oggetto;

• forma.

Vediamo brevemente questi requisiti.

Per ciò che concerne l'accordo tra le parti, vogliamo ricordare che i soggetti

che stipulano il contratto di lavoro dipendente (lavoratore e datore di lavoro)

devono avere oltre alla capacità giuridica anche la capacità di agire.

Per capacità giuridica si intende la capacità della persona ad essere titolare

di diritti. Le persone fisiche acquistano la capacità giuridica con la nascita.

Per capacità di agire si intende l'idoneità della persona ad esercitare

direttamente i propri diritti. La capacità di agire viene normalmente acquistata

con il raggiungimento della maggiore età. Quindi, semplificando al massimo il

discorso, possiamo dire che, i maggiorenni possono stipulare direttamente il

contratto di lavoro, mentre i minorenni hanno bisogno della tutela di chi

esercita su di loro la patria potestà.

Precisiamo, a tale proposito che, la legge tutela il lavoro dei fanciulli e degli

adolescenti stabilendo un'età minima perché possa essere stipulato il contratto

di lavoro. In alcuni casi è stabilita anche un'età massima.

In generale, l'ammissione al lavoro non può avvenire prima del compimento

del 15° anno di età. Per i lavori agricoli, familiari e quelli leggeri non industriali,

tale limite è ridotto a 14 anni. In altri casi (lavori pesanti, insalubri, faticosi,

pericolosi, ecc.) il limite è elevato a 16 o 18 anni.

Per fanciulli la legge intende i minori che non hanno ancora compiuto il 15°

anno di età, mentre per adolescenti s'intendono quelli di età compresa tra i

15 e i 18 anni.

La causa del contratto non deve essere contraria alle norme giuridiche,

all'ordine pubblico e al buon costume.

Per ciò che concerne l'oggetto del contratto di lavoro esso è il lavoro stesso,

inteso come attività svolta dal dipendente. Come per tutti i contratti l'oggetto

deve essere possibile, lecito e determinabile.

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Quindi qualsiasi specie di attività economicamente utile può costituire oggetto

del contratto di lavoro: sia un'attività manuale, sia una intellettuale.

Per quanto riguarda la forma del contratto, la legge non richiede

espressamente la forma scritta: questa tuttavia è richiesta da quasi tutti i

contratti collettivi, soprattutto nei casi di contratti a tempo determinato.

Normalmente, il datore di lavoro fa conoscere al dipendente assunto, la

qualifica, la categoria, il trattamento economico ed eventualmente anche

mansioni, regolamenti interni ed usi aziendali, mediante una lettera di

assunzione da redigersi in duplice copia, di cui una deve essere conservata

dall'azienda debitamente firmata dal lavoratore per presa visione ed

accettazione. Un esempio di lettera di assunzione è riportato alla fine di questa

Capitolo.

Contratto a tempo indeterminato

Con riferimento al termine del contratto di lavoro esso può essere:

• a tempo indeterminato;

• a tempo determinato.

Nella maggior parte dei casi il rapporto di lavoro è stipulato a tempo

indeterminato, garantendo al lavoratore un'occupazione per un periodo

indefinito di tempo.

Può essere stabilito, dalle parti, un periodo di prova volto ad accertare se il

lavoratore è in possesso delle capacità tecniche richieste dalla mansione per la

quale è assunto. Il periodo di prova è ammesso per tutti i lavoratori (dirigenti,

operai, apprendisti, ...), ma deve risultare da atto scritto stipulato prima

dell'inizio del rapporto di lavoro. La durata massima del periodo di prova è

stabilita dai contratti collettivi a seconda della qualifica del dipendente. Non

possono computarsi come prova i periodi di interruzione o di assenza

giustificata: in questi casi, il periodo di prova va sospeso.

Ad esempio: il contratto di lavoro prevede un periodo di prova di 15 giorni. Il

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dipendente si assenta, durante tale periodo, 5 giorni per malattia. Decorsi i 15

giorni, il periodo di prova dovrà essere prorogato di altri 5 giorni: si deve cioè

tenere conto del periodo effettivo di prestazione.

Il periodo di prova non può essere prorogato salvo che ciò non sia ammesso

dal contratto collettivo e risulti sempre per iscritto.

Durante il periodo di prova, al dipendente, compete lo stesso trattamento

economico previsto per i lavoratori assunti in via definitiva.

Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto,

senza obbligo di preavviso o di indennità e senza bisogno di indicarne i motivi.

Compiuto il periodo di prova l'assunzione diviene definitiva e il servizio prestato

si computa nell'anzianità del prestatore di lavoro.

Contratto a tempo determinato

Nei contratti a tempo determinato è apposto un termine alla durata del

contratto di lavoro. E' questa una forma di contratto ammessa solo nei casi

stabiliti dalla legge. Tali casi sono:

• quando l'assunzione è fatta per sostituire lavoratori assenti e per i quali

sussiste il diritto alla conservazione del posto di lavoro (esempio:

gravidanza e puerperio, servizio militare, ecc.);

• quando l'assunzione é fatta per eseguire un'opera o un servizio definiti e

predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario ed occasionale;

• per le lavorazioni e fasi successive che richiedono maestranze diverse,

per specializzazione, da quelle normalmente impiegate e limitatamente

alle fasi complementari o integrative per le quali non vi sia continuità di

impiego nell'ambito dell'azienda;

• quando sia richiesto dal carattere stagionale dell'attività lavorativa;

• per il personale artistico e tecnico della produzione di spettacoli;

• per i dirigenti tecnici ed amministrativi purché il contratto a termine non

abbia scadenza superiore ai 5 anni e fatta salva la possibilità del

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dirigente di dimettersi, dando il preavviso richiesto dalla legge, decorsi 3

anni.

Allo scadere del termine, il contratto può essere, in via eccezionale, prorogato

non più di una volta e può essere, altresì, trasformato in un contratto a tempo

indeterminato.

Valgono, anche nel caso di contratto a tempo determinato, le norme relative al

periodo di prova, viste poc'anzi.

Il lavoratore assunto con contratto a termine ha diritto allo stesso trattamento

economico previsto per i lavoratori assunti a tempo indeterminato, di pari

qualifica.

Esempio di lettera di assunzione

Lettera di assunzione

Luogo e data

Signor.......(nominativo del dipendente)..

......................................................

N° matricola assegnato

Siamo lieti di comunicarle che, superato positivamente il periodo di prova, Lei

sarà assunto alle nostre dipendenze alle seguenti condizioni:

Durata del lavoro:

o A tempo indeterminato

o A tempo determinato con scadenza il........

Qualifica, mansioni e categoria:

La sua qualifica sarà di ...........................................

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Le sue mansioni saranno le seguenti: ..........................

Orario e retribuzione:

L'orario stabilito è di ore...... settimanali: dalle ........ alle........; dalle ........

alle........

La sua retribuzione sarà di euro.......... al..........

più le seguenti indennità..........

su queste competenze lorde, e sui successivi aggiornamenti, verranno operate

le ritenute di legge.

Sede:

La sede di assunzione è..........................

La ditta si riserva di affidarle mansioni o compiti anche fuori sede.

Prova:

Il periodo di prova avrà la durata dal: ........al........

Regolamenti ed usi della ditta

Dovrà attenersi ai regolamenti, alle disposizioni interne e agli usi della ditta, i

quali s'intendono da Lei conosciuti ed accettati qualora non abbia avanzato

eccezioni per iscritto entro la scadenza del periodo di prova.

(Timbro e firma del datore di lavoro)

Accettazione

Accuso ricevuta della lettera di assunzione

(Firma del dipendente)

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3. I contratti collettivi e i contratti individuali

I contratti collettivi

La disciplina del rapporto di lavoro contenuta nel Codice Civile è piuttosto

limitata. La gran parte di questa materia è, invece, regolata nel dettaglio, nei

contratti collettivi di lavoro ai quali rimanda lo stesso Codice Civile negli

artt.2067 e seguenti.

I contratti collettivi sono accordi stipulati tra le associazioni sindacali dei

lavoratori e quelle dei datori di lavoro con lo scopo di determinare nei minimi

particolari il contenuto del rapporto di lavoro.

Il contratto collettivo deve contenere le disposizioni necessarie al fine di dare

esecuzione alle norme del Codice Civile, stabilire i diritti e gli obblighi delle

parti, indicare le qualifiche dei dipendenti e le rispettive mansioni, ecc.

Poiché il contratto collettivo è un accordo siglato tra i sindacati dei lavoratori e

dei datori di lavoro, esso ha efficacia nei confronti di tutti i lavoratori ed i datori

di lavoro che si sono associati ai sindacati che hanno sottoscritto il contratto.

In pratica, con l'adesione al sindacato, c'è una subordinazione del proprio

interesse individuale a quello della categoria di appartenenza.

Tuttavia, dobbiamo osservare che, di fatto, l'applicazione dei contratti

collettivi, è estesa anche ai casi nei quali le parti non appartengono alle

associazioni di categoria che lo hanno stipulato ma:

• hanno aderito espressamente al contratto collettivo;

• hanno stipulato il contratto individuale riportando le norme contenute nel

contratto collettivo;

• applicano spontaneamente, in modo costante ed ininterrotto, le norme

del contratto collettivo.

Criteri per l'individuazione del contratto collettivo applicabile

Il Codice Civile stabilisce, all'art.2069, che il contratto collettivo deve contenere

l'indicazione della categoria di imprenditori e di prestatori di lavoro cui si

riferisce e del territorio dove esso ha efficacia.

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I contratti collettivi disciplinano, infatti, singoli settori di attività. Esistono, ad

esempio, il contratto del settore commercio, quello dei chimici, quello dei

bancari, dei metalmeccanici, delle imprese di pulizia, degli studi professionali,

ecc.

Questo significa che, prima di procedere all'individuazione delle norme che

devono essere esaminate nella disciplina di un singolo rapporto di lavoro, come

pure prima di procedere alla compilazione di una busta paga, occorre

individuare qual è il contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro in

questione.

In tal senso occorre far riferimento all'attività effettivamente esercitata in

via principale dal datore di lavoro. Se questi esercita distinte attività aventi

carattere autonomo, si applicano, ai rispettivi rapporti di lavoro le norme dei

contratti collettivi corrispondenti alle singole attività (art.2070 del Codice

Civile).

Per contro, se l'impresa esercita più attività distinte, che non sono tra loro

autonome ma si pongono come complementari ed accessorie rispetto

all'attività principale, andrà applicato, a tutti i rapporti di lavoro, il contratto

collettivo relativo all'attività principale. Ad esempio: un'impresa produce capi di

abbigliamento e ha un'unità distaccata nella quale vende parte della propria

produzione. Dovrà applicare a tutti i propri dipendenti, inclusi quelli impiegati

nel punto vendita, il contratto relativo al settore "abbigliamento, calzature,

tessili" e non quello del "commercio".

Per quei settori, per i quali dovesse mancare uno specifico contratto collettivo,

si dovrà far riferimento al contratto più affine all'attività svolta dall'azienda. In

questi casi è sempre preferibile che il contratto individuale sia redatto per

iscritto e richiami espressamente il contratto collettivo che sarà applicato.

Il contratto collettivo del settore commercio

Poiché i contratti collettivi sono tanti, ne dovevamo scegliere uno, cui fare

riferimento durante il nostro corso. Parleremo, pertanto, soprattutto del

contratto collettivo del settore commercio, citando, in alcuni casi, anche norme

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contenute in altri contratti collettivi.

E' chiaro che la struttura relativa alla compilazione di una busta paga, rimane

invariata a prescindere dal contratto collettivo applicabile, possono variare

invece delle particolari norme (ad esempio: il numero di anni dopo i quali

matura lo scatto di anzianità, i livelli delle retribuzioni, i periodi di preavviso,

ecc..).

Tutti i contratti collettivi contengono nelle prime pagine, un elenco delle

imprese, distinte per tipo di attività, cui si applicano il contratto stesso, ciò al

fine di rendere il meno soggettivo possibile l'applicazione di un contratto

piuttosto che un altro e di rispettare il disposto dell'art. 2069 del Codice Civile.

Così nel contratto del settore commercio si legge: "Il presente contratto

collettivo nazionale di lavoro disciplina in maniera unitaria, per tutto il territorio

nazionale, i rapporti di lavoro a tempo indeterminato e, per quanto compatibile

con le disposizioni di legge, i rapporti di lavoro a tempo determinato, tra tutte

le aziende del settore terziario, della distribuzione e dei servizi appartenenti ai

settori merceologici e categorie qui di seguito specificati ed il relativo personale

dipendente."

Segue, ovviamente, un elenco dettagliatissimo di attività cui si applica il

contratto in esame (alimentazione: commercio all'ingrosso di generi alimentari;

supermercati, supermercati integrati, ipermercati, soft e hard discount;

commercio al minuto di generi alimentari eccettuate le rivendite di pane e

pasta alimentari annesse ai forni; salumerie, salsamenterie e pizzicherie;

importatori e torrefattori di caffè; commercio all'ingrosso di droghe e coloniali;

commercio al minuto di droghe coloniali; ....)

I contratti individuali

Il contratto individuale è quello stipulato tra il singolo datore di lavoro ed il

singolo lavoratore, in forza del quale il dipendente si impegna a prestare il

proprio lavoro, manuale o intellettuale, e il datore di lavoro si impegna a

pagare la retribuzione.

Il contratto individuale non può derogare le norme di legge, né quelle del

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contratto collettivo applicabile, salvo che disponga in modo più favorevole per

il dipendente.

4. Qualifiche, categorie, livelli

Categorie di prestatori di lavoro

In questa Capitolo parleremo di qualifiche, categorie e livelli. Questo perché,

l'appartenenza ad una o all'altra di queste classi, comporta notevoli differenze

sia per ciò che concerne il trattamento economico del dipendente, sia per altri

aspetti che possono in ogni modo riflettersi nella busta paga (aspetti

previdenziali ed assistenziali, periodo di preavviso, giorni di carenza, ecc..). In

linea di massima possiamo distinguere i lavoratori subordinati, in base alla

natura del lavoro prestato, in impiegati ed operai.

In prima approssimazione si può affermare che gli impiegati svolgono lavoro

intellettuale e gli operai svolgono lavoro manuale.

Questo in prima approssimazione, perché, nella pratica non è sempre vero che

gli operai svolgano solo ed esclusivamente lavoro manuale e che gli impiegati

svolgano solo ed esclusivamente lavoro intellettuale.

Il Codice Civile individua quattro categorie di prestatori di lavoro subordinato:

dirigenti, quadri, impiegati ed operai, ma rimanda alle leggi speciali la

definizione dei criteri d'appartenenza alle singole categorie individuate.

Nella maggior parte dei casi la distinzione è ovvia, ma in molte ipotesi

marginali si possono presentare situazioni di non facile soluzione.

Innanzi tutto occorre precisare che, dirigenti e quadri rappresentano due

categorie di impiegati con funzioni direttive.

In linea di massima possiamo sostenere che i dirigenti, pur trovandosi in una

posizione di subordinazione rispetto al datore di lavoro, ricoprono nell'azienda

un ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e

potere decisionale. Si tratta, in altre parole, di dipendenti che hanno una

diretta responsabilità nei confronti dell'imprenditore, che dispongono di poteri

di decisione in materia tecnica o amministrativa e possono impartire le

direttive per il funzionamento dell'impresa o di un ramo di essa.

La categoria dei quadri è una categoria intermedia tra quella dei dirigenti e

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quella degli impiegati. I quadri sono lavoratori subordinati che svolgono

anch'essi in modo continuativo funzioni direttive di rilevante importanza per lo

sviluppo e l'attuazione degli obiettivi dell'impresa. Si tratta di personale dotato

di poteri di discrezionalità e responsabilità gestionale nella conduzione

e/o nel coordinamento di risorse e persone. In alcuni casi si tratta di personale

preposto alla ricerca e alla definizione di progetti di rilevante importanza

per lo sviluppo e l'attuazione degli obiettivi dell'impresa, dotati, in tale ambito,

di autonomia decisionale, responsabilità ed elevata professionalità.

Gli impiegati, destinati allo svolgimento di lavori intellettuali, sono

tradizionalmente distinti in impiegati di concetto e impiegati d'ordine, mentre,

gli operai, destinati all'esecuzione di lavori manuali, sono classificati in operai

specializzati, qualificati e comuni.

I livelli

La classificazione che abbiamo riportato sopra tende a sparire sempre più.

Infatti, i contratti collettivi adottano in genere una classificazione unica

basata prevalentemente sulle mansioni svolte. La distinzione tra operai ed

impiegati rimane valida per quanto riguarda gli aspetti normativi, ma nel

contratto collettivo, soprattutto ai fini retributivi, è abbandonato lo schema

basato sulla distinzione in impiegati di concetto, impiegati d'ordine, operai

qualificati, ecc.

La maggior parte dei contratti collettivi contiene un elenco dettagliato delle

mansioni attribuibili ai dipendenti e del livello corrispondente, ciò al fine di

ridurre al massimo l'arbitrio nell'assegnazione del livello e quindi nella

determinazione della retribuzione spettante.

I livelli nel contratto collettivo del settore commercio

Il contratto del settore commercio prevede sette livelli, oltre i quadri.

Li riportiamo di seguito.

Appartengono alla categoria dei quadri, in ottemperanza a quanto previsto

dalla Legge 13 maggio 1985, n. 190, i prestatori di lavoro subordinato, esclusi i

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dirigenti, che svolgono con carattere continuativo funzioni direttive loro

attribuite di rilevante importanza per lo sviluppo e l'attuazione degli obiettivi

dell'impresa nell'ambito di strategie e programmi aziendali definiti, in

organizzazioni di adeguata dimensione e struttura anche decentrata e quindi:

• abbiamo poteri di discrezionalità decisionale e responsabilità gestionale

nella conduzione e nel coordinamento di risorse e persone, in settori o

servizi di particolare complessità operativa

ovvero

• siano preposti, in condizioni di autonomia decisionale, responsabilità ed

elevata professionalità di tipo specifico, alla ricerca ed alla definizione di

progetti di rilevante importanza per lo sviluppo e l'attuazione degli

obiettivi dell'impresa verificandone la fattibilità economico-tecnica,

garantendo adeguato supporto sia nella fase di impostazione sia in quella

di sperimentazione e realizzazione, controllandone la regolare esecuzione

e rispondendo dei risultati.

Primo livello. A questo livello appartengono i lavoratori con funzioni ad alto

contenuto professionale anche con responsabilità di direzione esecutiva, che

sovrintendono alle unità produttive o ad una funzione organizzativa con

carattere di iniziativa e di autonomia operativa nell'ambito delle responsabilità

ad essi delegate.

Secondo livello. Appartengono a questo livello i lavoratori di concetto che

svolgono compiti operativamente autonomi e/o con funzioni di coordinamento

e controllo, nonché il personale che esplica la propria attività con carattere di

creatività nell'ambito di una specifica professionalità tecnica e/o scientifica.

Terzo livello. A questo livello appartengono i lavoratori che svolgono mansioni

di concetto o prevalentemente tali che comportino particolari conoscenze

tecniche ed adeguata esperienza, e i lavoratori specializzati provetti che, in

condizioni di autonomia operativa nell'ambito delle proprie mansioni, svolgono

lavori che comportano una specifica ed adeguata capacità professionale

acquisita mediante approfondita preparazione teorica e tecnico-pratica

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comunque conseguita.

Quarto livello. Al quarto livello appartengono i lavoratori che eseguono

compiti operativi anche di vendita e relative operazioni complementari, nonché

i lavoratori adibiti ai lavori che richiedono specifiche conoscenze tecniche e

particolari capacità tecnico-pratiche acquisite.

Quinto livello. A questo livello appartengono i lavoratori che eseguono lavori

qualificati per la cui esecuzione sono richieste normali conoscenze ed adeguate

capacità tecnico-pratiche, comunque conseguite.

Sesto livello. A questo livello appartengono i lavoratori che compiono lavori

che richiedono il possesso di semplici conoscenze pratiche.

Settimo livello. A questo livello appartengono i lavoratori che svolgono

mansioni di pulizia o equivalenti.

Per ciascun livello e poi contenuto un elenco dettagliato delle mansioni che si

considerano facenti parte dello stesso.

Mansioni superiori

L'art.2103 del Codice Civile stabilisce che il lavoratore deve essere adibito alle

mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria

superiore che abbia successivamente acquisito.

Nel caso in cui il dipendente sia assegnato a mansioni superiori, egli ha diritto

al trattamento corrispondente all'attività effettivamente svolta, e

l'assegnazione a mansioni superiori diviene definitiva decorso un periodo

fissato dai contratti collettivi ed in ogni caso non superiore a tre mesi.

Tale regola non si applica se l'assegnazione a mansioni superiori è stata

temporaneamente effettuata per sostituire un lavoratore assente con diritto

alla conservazione del posto di lavoro (come nel caso di gravidanza e

puerperio, malattia, infortunio, servizio di leva, ecc.).

5. La busta paga: aspetti introduttivi

Che cos'è la busta paga

La legge 05/01/1953 n. 4 stabilisce che, il datore di lavoro, all'atto del

pagamento della retribuzione, deve consegnare al dipendente un prospetto di

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paga. Tale prospetto è detto comunemente busta paga o anche cedolino

paga o più semplicemente cedolino.

Esso deve indicare:

• cognome, nome, qualifica del dipendente;

• il periodo al quale si riferisce la retribuzione;

• tutti gli elementi che concorrono a formare la retribuzione e le relative

ritenute di legge distintamente indicate;

• l'ammontare degli assegni familiari;

• la firma ed il timbro del datore di lavoro o di chi rappresenta l'azienda.

I dati riportati nel prospetto paga devono corrispondere alle registrazioni

risultanti dal libro paga.

Vediamo un esempio pratico.

Ogni impresa datrice di lavoro può redigere al suo interno le buste paga o può

avvalersi di un consulente del lavoro. In ogni caso, oggi, le buste paga sono

sempre elaborate al computer con appositi software.

A seconda del programma utilizzato, e della ditta che lo fornisce, il cedolino su

cui saranno stampati i dati della busta paga assume un diverso aspetto.

In pratica, se si esamineranno varie buste paga, elaborate con differenti

software, si scoprirà che esse non sempre riportano gli stessi dati. E' evidente

che saranno sempre presenti i dati obbligatori per legge e quelli necessari per

la determinazione dell'importo da corrispondere al dipendente, mentre, alcuni

dati di tipo statistico o in ogni modo ininfluenti sui calcoli, potranno essere

presenti in certi cedolini e non in altri.

Inoltre, non sempre la posizione nella quale troviamo i medesimi dati è la

stessa.

Ciò premesso riportiamo un esempio di busta paga. In rosso abbiamo indicato

delle diverse aree nelle quali è possibile raggruppare i dati presenti nel

prospetto paga.

La sezione 1, riporta una serie di dati anagrafici del dipendente e del datore

di lavoro.

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La sezione 2 indica gli elementi che costituiscono la retribuzione.

La sezione 3 costituisce il corpo della busta paga nel quale è sviluppato il

calcolo della retribuzione lorda spettante al dipendente.

La sezione 2 e 3 sono quelle che presentano meno differenze da un prospetto

paga all'altro.

La sezione 4 contiene i dati relativi alle ritenute di legge e ai contributi

previdenziali.

La sezione 5 riporta una serie di dati statistici, un riepilogo dei dati relativi alla

situazione di ferie e permessi, ed è la parte del prospetto paga più soggetta

a differenze.

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Il D.L. 112/08 convertito nella L. 133/2008 ha introdotto Il libro UNICO del

LAVORO che ha sostituito il libro matricola, libro paga e presenze. Si tratta di

un libro obbligatorio, tenuto dal datore di lavoro o dal consulente delegato, nel

quale vanno annotate le ore di lavoro ordinarie e straordinarie, la retribuzione,

le trattenute, gli assegni familiari e l'importo netto corrisposto al dipendente

per ogni periodo di paga.

La compilazione delle retribuzioni dovrà avvenire entro la fine del mese

successivo di riferimento.

6. I dati anagrafici

Premessa

In questa Capitolo esamineremo i dati che compaiono in quella che, nella

Capitolo 5, abbiamo individuato come sezione 1 del prospetto paga.

Si tratta di una serie di dati che riguardano il dipendente ed il datore di lavoro.

I dati anagrafici riportati nel prospetto paga

Tutte le buste paghe riportano, in alto, come primo dato, il nome della ditta

datrice di lavoro. Si tratta, in pratica, del nome e cognome del datore di lavoro,

se esso è una persona fisica, oppure della ragione o denominazione sociale, se

si tratta di una società. E' inoltre indicata la sede dell'impresa ed il suo codice

fiscale.

Il campo che normalmente segue è quello relativo al periodo di riferimento

vale a dire il periodo per il qual è effettuato il calcolo della retribuzione. Tale

periodo coincide, normalmente, ma non necessariamente, con il mese e

dunque, questo campo riporterà mese e anno cui la busta paga si riferisce.

La retribuzione potrebbe essere anche giornaliera, settimanale, quattordicinale

o quindicinale: dipende da ciò che è stabilito dal contratto collettivo.

Vediamo ora i dati del datore di lavoro che compaiono nel prospetto paga.

Normalmente sono presenti il numero di posizione INPS ed il numero di

posizione INAIL dell'azienda.

Tutte le aziende con lavoratori dipendenti hanno l'obbligo di aprire una propria

posizione presso l'INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) e presso

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l'INAIL (Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro).

Entrambi gli istituti assegnano all'azienda un numero di matricola: sono questi

i dati che andranno riportati nei campi "posizione INPS" e "posizione INAIL".

Vediamo ora quali sono i dati relativi al dipendente riportati in questa 1°

sezione.

Innanzi tutto, vi sono una serie di dati anagrafici: cognome e nome, data di

nascita, codice fiscale. Quindi sono indicati alcuni dati relativi al rapporto di

lavoro, quali: data d'assunzione, qualifica e livello (di cui abbiamo già

avuto modo di parlare), data di cessazione (campo questo che è compilato

solo nel caso dell'ultima busta paga consegnata al dipendente in seguito alla

cessazione del rapporto di lavoro).

Accanto alla data d'assunzione è indicata anche la data d'assunzione

convenzionale: di solito queste due date coincidono. E' tuttavia possibile che

le parti facciano decorrere, gli effetti legati all'anzianità di servizio del

lavoratore presso l'azienda, da una data antecedente rispetto a quella

d'effettiva assunzione. E' questo il caso in cui la data d'assunzione

convenzionale sarà diversa ed antecedente rispetto alla data d'assunzione

effettiva.

Un altro campo normalmente presente nel cedolino paga è quello che indica il

numero degli scatti di anzianità e la data di maturazione dello scatto

successivo.

Lo scatto di anzianità è un elemento della retribuzione che premia la

permanenza di un dipendente presso la stessa azienda. Ogni contratto

collettivo stabilisce le modalità con le quali si determina lo scatto di anzianità.

Il prospetto paga riporta, quindi, il numero di scatti maturati dal dipendente e

la data in cui maturerà lo scatto successivo.

In genere lo scatto di anzianità è corrisposto il primo giorno del mese

successivo a quello in cui esso è maturato.

Vediamo di fare qualche esempio.

Il contratto collettivo del settore commercio prevede che gli scatti maturino

ogni tre anni fino ad un massimo di dieci scatti.

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Supponiamo che un dipendente sia assunto il 04/11/96. Il primo scatto, per

lui, maturerà dopo un triennio e sarà corrisposto nella busta paga del mese

successivo a quello in cui esso è maturato: ovvero a dicembre del '99. Il

secondo scatto sarà corrisposto nella busta paga di dicembre del 2002. Il terzo

scatto sarà corrisposto nella busta paga di dicembre del 2005 e così via, fino

ad un massimo di dieci scatti.

Facciamo un altro esempio, ipotizziamo che un dipendente sia assunto il 15

gennaio del 2000: il primo scatto sarà corrisposto nella busta paga relativa a

febbraio 2003; il secondo nel febbraio del 2006 e così via.

Come abbiamo già detto, non tutti i contratti collettivi prevedono le medesime

modalità di maturazione degli scatti di anzianità. Così ad esempio nell'industria

metalmeccanica è previsto uno scatto per ogni biennio di anzianità di servizio

maturato presso la stessa azienda, per un massimo di 5 bienni. Anche in

questo caso gli aumenti periodici decorrono dal primo giorno del mese

immediatamente successivo a quello in cui si compie il biennio di anzianità.

Nella prima parte della busta paga possono essere presenti anche altri dati

quali il codice contributivo INPS nei casi di contratti che assegnano

particolari agevolazioni al datore di lavoro per quanto riguarda la misura dei

contributi da versare. Si tratta, tuttavia, di un campo che non ha

alcun'influenza nella determinazione della retribuzione spettante al dipendente,

ma riguarda esclusivamente il rapporto tra azienda ed INPS. Possono poi

essere presenti alcuni dati utili alla determinazione della misura degli assegni

familiari spettanti ai dipendenti.

Un esempio

Di seguito riportiamo la parte anagrafica di un prospetto paga.

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7. La retribuzione

La retribuzione e le sue forme

Come abbiamo avuto modo di dire più volte, nel rapporto di lavoro il lavoratore

subordinato s'impegna a prestare la propria opera alle dipendenze del datore di

lavoro, ricevendo in cambio una retribuzione. Quindi, quando parliamo di

retribuzione, ci riferiamo al compenso spettante al dipendente per il lavoro

prestato.

Il Codice Civile, all'art. 2099, prevede due distinte modalità di determinazione

della retribuzione:

• retribuzione a tempo;

• retribuzione a cottimo.

E' chiaro che la retribuzione a tempo è in funzione delle ore di lavoro

prestate ed è, quindi, indipendente dal risultato ottenuto dal lavoro stesso.

La retribuzione a cottimo è legata, invece, alle quantità prodotte dal

lavoratore.

Il Codice Civile stabilisce che la remunerazione a cottimo è obbligatoria

quando, in conseguenza dell'organizzazione del lavoro, il prestatore di lavoro è

vincolato all'osservanza di un determinato ritmo produttivo o, quando la

valutazione della sua prestazione è fatta in base al risultato delle misurazioni

dei tempi di lavorazione.

Per le sue caratteristiche, il cottimo ha come finalità quella di incentivare il

lavoratore a produrre di più in modo da incrementare i suoi guadagni: per

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questo, il cottimo, può degenerare in forme di sfruttamento dei dipendenti.

Al fine di tutelare i lavoratori per i quali è prevista tale forma di retribuzione il

Codice Civile stabilisce che le tariffe di cottimo non possono essere sostituite o

modificate a meno che non intervengano mutamenti nelle condizioni di

esecuzione del lavoro e in ragione degli stessi. L'imprenditore è inoltre tenuto a

comunicare preventivamente ai lavoratori i dati riguardanti gli elementi

costitutivi della tariffa di cottimo, le lavorazioni da eseguirsi e il relativo

compenso unitario. Inoltre deve comunicare i dati relativi alla quantità di

lavoro eseguito e al tempo impiegato. Il cottimo non si adatta a mansioni che

richiedono una particolare attenzione e precisione nello svolgimento, né al

lavoro impiegatizio che non può essere facilmente quantificato.

Esiste anche una forma di cottimo detto collettivo. In questo caso è misurata

la produttività di un gruppo e, sulla base di questo dato, è determinata la

retribuzione. Questa, ovviamente, è poi ripartita tra i componenti del gruppo.

Il Codice ammette anche la partecipazione agli utili quale forma di

retribuzione, in questo caso essi vanno calcolati sugli utili netti dell'impresa.

La retribuzione può essere anche parte in denaro e parte in natura: un

esempio può essere quello in cui, al dipendente, siano forniti dal datore di

lavoro anche vitto ed alloggio.

La misura della retribuzione è determinata dai contratti collettivi, ma su tale

argomento torneremo ampiamente nelle prossime lezioni.

La retribuzione nella Costituzione Italiana

Come abbiamo precisato poc'anzi la misura della retribuzione è rimandata ai

contratti collettivi o, a quelli individuali, se più favorevoli.

Ciò nonostante la Costituzione Italiana fissa dei criteri di carattere generale in

merito.

Infatti l'art. 36 della Costituzione prevede che la retribuzione debba essere

proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro e debba essere in ogni caso

sufficiente ad assicurare una esistenza libera e dignitosa.

E' inoltre sancito il divieto di trattamenti collettivi discriminatori per motivi

politici e sindacali. La stessa Costituzione, nell'art. 37, afferma che la donna

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lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che

spettano al lavoratore

8. Gli elementi della retribuzione

Che cosa è la retribuzione netta

Con questa Capitolo entriamo nel vivo della compilazione della busta paga,

dopo aver appreso le nozioni preliminari necessarie alla comprensione di

quanto diremo in seguito.

Iniziamo, innanzi tutto, col vedere come si determina la retribuzione netta

spettante al dipendente. Essa si ottiene sommando tra loro alcuni elementi

aggiuntivi e sottraendo altri elementi detti, per l'appunto, elementi

sottrattivi.

Gli elementi aggiuntivi della retribuzione sono:

• paga base;

• indennità di contingenza;

• scatti di anzianità;

• assegni "ad personam", "di merito", accordi aziendali, III elemento;

• compenso per lavoro straordinario;

• indennità e compensi vari (indennità di mensa, indennità di cassa,

indennità di lavoro disagiato, premi di produzione, provvigioni, gratifiche,

ecc.);

• assegni familiari.

I principali elementi sottrattivi sono:

• contributi sociali a carico del lavoratore;

• IRPEF dovuta sul reddito di lavoro dipendente, eventuali addizionali

regionale e comunale.

Altri elementi sottrattivi possono essere:

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• importo di eventuali anticipi versati al dipendente prima del pagamento

della retribuzione; trattenute relative a scioperi;

• eventuali quote per rimborso di prestiti erogati dall'azienda a favore del

dipendente o per il pagamento da parte del dipendente di acquisti

effettuati presso lo spaccio aziendale;

• eventuale quota di iscrizione ad un sindacato dei lavoratori.

In questa Capitolo esamineremo quelli che sono denominati comunemente

elementi della retribuzione e che sono indicati in quella che noi abbiamo

chiamato sezione 2 del prospetto paga.

La paga base

La paga base è detta anche retribuzione base o minimo tabellare. Essa

rappresenta l'elemento prevalente della retribuzione.

L'entità della paga base è determinata dal contratto collettivo applicabile ed è

in funzione del livello attribuito al dipendente.

Vediamo, ad esempio, la paga base prevista dal contratto collettivo del

commercio, a partire dal 1° ottobre 2013.

Livello Paga base in euro

Quadro 1.749,07

1° livello 1.575,56

2° livello 1.362,85

3° livello 1.164,87

4° livello 1.007,46

5° livello 910,18

6° livello 817,16

7° livello 699,58

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Cerchiamo di capire meglio il significato di questa tabella. Un quadro ha una

paga base di 1.749,07 euro. Un primo livello ha una paga base di 1.575,56

euro. Un secondo livello ha una paga base di 1.362,85 euro, e così via.

Questo significa che la paga base di due dipendenti, aventi lo stesso livello e ai

quali è applicabile lo stesso contratto collettivo, è la stessa.

La paga base viene periodicamente incrementata coi vari rinnovi contrattuali.

L'indennità di contingenza

L'indennità di contingenza, detta più semplicemente contingenza o scala

mobile è nata con lo scopo di adeguare il salario all'andamento del costo della

vita. Il suo importo veniva modificato ogni trimestre, al fine di evitare la

perdita di potere di acquisto dei salari causata dall'inflazione.

A partire dal 1991, gli importi dell'indennità di contingenza sono stati

congelati e non hanno più subito ulteriori adeguamenti.

Nella tabella che segue riportiamo l'entità dell'indennità di contingenza nel

settore commercio per i differenti livelli.

Livello Contingenza in euro

Quadro 540,37

1° livello 537,52

2° livello 532,54

3° livello 527,90

4° livello 524,22

5° livello 521,94

6° livello 519,76

7° livello 517,51

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Nel momento in cui è stata abolita la contingenza è stato introdotto l'E.D.R., in

altre parole l'Elemento Distinto della Retribuzione il cui importo è di 10,33

euro mensili. L'E.D.R. non è, in alcun caso, previsto per i dirigenti.

Tuttavia la voce E.D.R. spesso non è presente nel cedolino paga poiché, molti

contratti collettivi, e tra questi anche quello del commercio, hanno previsto il

conglobamento del suo importo nell'indennità di contingenza.

Per cui, l'importo dell'indennità di contingenza riportato nella precedente

tabella è già comprensivo dell'E.D.R.

Gli scatti di anzianità

Gli scatti di anzianità e abbiamo affermato che, nella prima parte della busta

paga, sono riportati il numero di scatti maturati dal dipendente e la data di

maturazione del successivo scatto. Abbiamo visto, inoltre, che il contratto

collettivo del commercio prevede che gli scatti maturino ogni triennio, per un

massimo di dieci e che, nella generalità dei casi, essi decorrono dal primo

giorno del mese immediatamente successivo a quello in cui si compie lo scatto

stesso.

Ogni scatto di anzianità maturato dà diritto ad un incremento della retribuzione

che mira a premiare la permanenza del dipendente presso la stessa azienda.

L'entità dello scatto è sempre in funzione del livello attribuito al dipendente. Il

contratto collettivo può, inoltre, prevedere che esso sia determinato in misura

fissa o come percentuale della paga base. Il contratto collettivo del commercio

prevede una misura fissa per gli scatti di anzianità, a seconda del livello del

dipendente. Riportiamo di seguito anche tale tabella.

Livello Scatti in

euro

Quadro 25,46

1° livello 24,84

2° livello 22,83

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3° livello 21,95

4° livello 20,66

5° livello 20,30

6° livello 19,73

7° livello 19,47

Assegni ad personam

Come abbiamo osservato poc'anzi, tutti i dipendenti ai quali è applicabile lo

stesso contratto collettivo e che hanno lo stesso livello, percepiscono la

medesima paga base, la stessa indennità di contingenza e, a parità di anni di

servizio presso la stessa azienda, gli stessi scatti di anzianità. Tuttavia, se

ricordate, abbiamo affermato che il contratto individuale stipulato tra

l'imprenditore ed il lavoratore subordinato può prevedere delle condizioni

economiche più favorevoli per il dipendente, rispetto a quelle previste nel

contratto collettivo.

Ecco allora che entrano in gioco gli assegni ad personam (denominati talora

anche superminimi) e di merito.

L'assegno ad personam è un elemento della retribuzione che può essere

concesso al singolo dipendente in aggiunta al minimo contrattuale, in modo da

garantirgli un trattamento economico più favorevole rispetto a quello previsto

dal contratto collettivo per la categoria cui il lavoratore appartiene.

La caratteristica fondamentale di tale elemento retributivo è quella di poter

essere assorbito da eventuali successivi incrementi della paga base.

Per evitare che ciò accada è necessario che l'assegno ad personam sia

dichiarato non assorbibile, per iscritto, al momento della sua concessione.

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Assegno di merito

L'assegno di merito è un elemento della retribuzione simile all'assegno ad

personam. Anche in questo caso, infatti, è corrisposta, al singolo lavoratore,

un'integrazione rispetto alla paga base al fine di premiare la sua

professionalità. Tuttavia questo elemento si differenzia dal precedente perché

non può, in nessun caso, essere assorbito da eventuali aumenti della paga

base.

Accordo aziendale

L'accordo aziendale è un elemento integrativo della retribuzione, corrisposto a

tutti i lavoratori di un'azienda o soltanto ad alcune categorie della stessa.

III elemento

Il III elemento è un importo fisso assegnato a tutti i lavoratori dipendenti che

varia, in genere, da provincia a provincia.

Il contratto collettivo del commercio prevede, in genere, un III elemento pari a

2,07 euro, ma questo dato, come è ovvio, varia a livello territoriale. Ad

esempio: € 11,36 Milano; € 9,03 Piacenza; € 10,33 Bergamo; € 8,78 Brescia;

€ 7,75 Como e Varese.

Per concludere

Abbiamo fin qui visto tutti gli elementi aggiuntivi della retribuzione che saranno

impiegati per i successivi calcoli necessari alla determinazione della

retribuzione lorda spettante al dipendente. Tali elementi della retribuzione,

infatti, hanno carattere continuativo ed entrano a far parte di quella che viene

denominata retribuzione di fatto.

Gli altri elementi aggiuntivi della retribuzione, quali rimborsi spese, compensi

per lavoro straordinario, gratifiche straordinarie, una tantum, avendo di norma

carattere straordinario, non entrano a far parte della retribuzione di fatto. Di

essi, come degli elementi sottrattivi avremo modo di parlare nelle successive

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lezioni.

Di seguito riportiamo la tabella del totale retributivo previsto dal contratto

collettivo del commercio. Ovviamente a tali valori andranno aggiunti quegli

elementi (assegni ad personam e di merito) previsti, eventualmente, dai singoli

contratti individuali. I valori riportati sono quelli previsti a partire dal

01/01/2003.

Livello Paga

base

Indennità

di

contingenza

Indennità

di

funzione1

Scatti di

anzianità2

III

Elemento3

Quadro 1.122,33 540,37 180,76 25,46 2,07

1° livello 1.010,99 537,52 24,84 2,07

2° livello 874,52 532,54 22,83 2,07

3° livello 747,47 527,90 21,95 2,07

4° livello 646,46 524,22 20,66 2,07

5° livello 584,06 521,94 20,30 2,07

6° livello 524,35 519,76 19,73 2,07

7° livello 454,09 517,51 19,47 2,07

9. Il calcolo della retribuzione lorda

Premessa

Con questa Capitolo inizieremo a vedere quali sono i calcoli che occorre

effettuare per determinare l'importo della retribuzione lorda spettante al

dipendente e, alla fine di questa Capitolo, saremo in grado di compilare,

1 Ai quadri compete anche un'indennità di funzione. 2 L'importo si riferisce ad ogni scatto maturato. 3 Il III elemento varia a livello territoriale.

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sommariamente, la nostra prima busta paga.

Retribuzione mensilizzata e retribuzione oraria

Nella Capitolo precedente abbia visto quali sono gli elementi che concorrono

alla formazione della retribuzione di fatto. In questa Capitolo esamineremo

come, dalla retribuzione di fatto, si giunge alla determinazione della

retribuzione lorda spettante al dipendente per un determinato periodo di paga.

Due sono le modalità di calcolo della retribuzione:

• retribuzione mensilizzata;

• retribuzione oraria.

La retribuzione mensilizzata prevede che al dipendente spetti una

retribuzione fissa mensile indipendentemente dalle festività, dai permessi

retribuiti, dalle giornate di riposo settimanale e dai giorni di effettivo lavoro che

cadono nel periodo di paga.

Facciamo un piccolo esempio per iniziare a chiarire il concetto. Supponiamo

che un dipendente di 4° livello abbia una retribuzione di fatto pari a 1.172,75

euro (paga base 646,46 + contingenza 524,22 + III elemento 2,07).

Supponiamo che egli abbia lavorato l'intero mese e non abbia prestato lavoro

straordinario la sua retribuzione lorda sarà pari a 1.172,75 euro sia che il

periodo di paga (che qui ipotizziamo pari al mese come nella generalità dei

casi) sia composto di 31 giorni, sia che esso sia composto di 30 o 28 o 29

giorni e a prescindere da eventuali festività incluse nel mese.

Se invece la retribuzione è oraria saranno retribuite, con un importo orario

prefissato, solamente le ore effettivamente lavorate che cadono nel periodo di

paga. Così se il mese si compone di 31 giorni (ad esempio gennaio) di cui 4

giorni di riposo (le domeniche) e due festività (capodanno ed epifania) saranno

lavorati e, dunque, retribuiti solo 25 giorni (ipotizzando sempre che il

dipendente lavori tutto il mese). Se il mese è composto di 28 giorni e

comprende 4 giorni di riposo (ovvero 4 domeniche) e nessuna festività, le

giornate di lavoro effettive saranno 24.

Ancora una volta, è il contratto collettivo a stabilire quale dei due metodi

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occorre applicare. Nella maggior parte dei casi, il calcolo della retribuzione

lorda è effettuato utilizzando il metodo della retribuzione mensilizzata, che è

quello, tra l'altro, previsto anche dal contratto del commercio e dunque

rappresenta il metodo che noi andremo ad esporre negli esempi che

seguiranno in tutto il resto del corso.

Esaminiamo qualche caso concreto

Vediamo ora come si presentano i cedolini paga di alcuni dipendenti del settore

commercio, prendendo come periodo di riferimento gennaio 2003.

1° caso

4° Livello

Data assunzione: 04/11/96

Numero scatti: 2

Paga base: 646,46

Contingenza: 524,22

Scatti: 20,66 x 2 =41,32

III elemento: 2,07

Ipotizziamo che il dipendente abbia lavorato l'intero mese e non abbia prestato

del lavoro straordinario. Nel cedolino che segue abbiamo riportato solo i dati

significati al fine del presente discorso.

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Vediamo un attimo come sono stati compilati i campi precedenti.

Le voci mese di riferimento, paga base, contingenza, III elemento e scatti

d'anzianità dovrebbero essere chiare.

L'importo della retribuzione di fatto è ovviamente dato dalla somma di paga

base, contingenza, III elemento e scatti.

Vediamo di capire come è stato sviluppato il corpo della busta paga, cioè la

parte del cedolino, che noi abbiamo chiamato sezione 3.

Come potete vedere il campo codice lo abbiamo volutamente lasciato in

bianco. Infatti, abbiamo già osservato che, normalmente il cedolino paga è

compilato con degli appositi software. Ognuno di essi prevede una codifica che

associa ad un codice una descrizione che sarà riportata nel campo successivo.

Ad esempio il codice 1 potrebbe corrispondere al lavoro ordinario, il codice 2 a

quello straordinario e così via. Quindi il codice varia in funzione del programma

usato per la compilazione del prospetto paga.

Il campo successivo contiene la descrizione della voce. Noi abbiamo affermato

che, come prima ipotesi, supponiamo che il dipendente abbia prestato solo

lavoro ordinario e non vi siano altri dati da prendere in considerazione per il

calcolo della sua retribuzione lorda. Anticipiamo che, nel campo descrizione

voce, andranno riportati tutti gli elementi aggiuntivi della retribuzione che non

sono compresi nel calcolo della retribuzione di fatto, quindi lavoro

straordinario, indennità varie, assegni familiari, ecc. Ma su quest'argomento

torneremo in seguito.

Vediamo ora come si giunge ai valori indicati nel campo ore/giorni e nel campo

base. Nel campo ore/giorni deve essere quantificato il lavoro ordinario prestato

dal dipendente e questa quantità può essere espressa o in ore o in giorni. In

questo caso sono stati indicati i giorni di lavoro ordinario. Il valore 26 è detto

divisore convenzionale: in pratica, quando la retribuzione è mensilizzata, si

ipotizza che tutti i mesi siano formati da 26 giorni lavorativi. Tale valore non è

casuale, ma è determinato considerando che i giorni lavorativi di una

settimana sono 6 e le settimane dell'anno sono 52. Questo vuol dire che in

ogni anno ci sono 312 giorni lavorativi (6 x 52 = 312).

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Dividendo i 312 giorni lavorativi per i dodici mesi dell'anno si ottiene il valore di

26 che esprime il numero di giorni lavorativi di cui, mediamente, è composto il

mese.

Il valore riportato nel campo base esprime la retribuzione di fatto spettante per

un giorni di lavoro ed è ottenuta dividendo la retribuzione mensile di fatto

(1.214,07) per il numero di giorni che convenzionalmente formano il mese.

La colonna competenze riporta il prodotto dei dati indicati nelle due colonne

precedenti.

Come abbiamo avuto modo di dire, nel campo ore/giorni possono essere

indicati tanto i giorni che convenzionalmente compongono il mese, quanto le

ore che convenzionalmente formano il mese.

Vediamo allora come apparirebbe, lo stesso cedolino paga, con questa seconda

forma di esposizione.

In questo caso nel campo ore/giorni abbiamo indicato le ore di lavoro che

convenzionalmente formano un mese. Il divisore convenzionale calcolato

matematicamente si ottiene considerando che le ore di lavoro in un anno sono

2.080 (40 ore settimanali x 52 settimane all'anno).

Dividendo le 2.080 ore di lavoro annue per i 12 mesi dell'anno otteniamo un

valore di 173,33 che rappresenta il numero di ore di lavoro mediamente

lavorate in un mese.

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Tuttavia i contratti collettivi spesso stabiliscono un divisore convenzionale

inferiore rispetto a quello calcolato matematicamente. Così, ad esempio, il

contratto dei metalmeccanici fissa tale valore a 173.

Per quanto concerne il contratto del commercio il divisore convenzionale è pari

a 168 in tutti quei casi in cui l'orario normale di lavoro è di 40 ore settimanali.

Tale valore è elevato a 182 nei casi in cui la durata normale di lavoro è di 42

ore settimanali e a 195 nei casi in cui la durata normale di lavoro è di 45 ore

settimanali.

L'importo riportato nel campo base (7,22661) è ottenuto dividendo 1.214,07

per le 168 ore di lavoro. Anche in questo caso nella colonna competenze

riporteremo il prodotto dei valori indicati nelle colonne ore/giorni e base.

E' evidente che, sia indicando il divisore convenzionale in ore che in giorni si

ottiene il medesimo risultato. Potete notare, infatti, che la retribuzione lorda

riportata in ambedue le ipotesi è equivalente.

Nei casi successivi indicheremo, in genere, il divisore convenzionale in ore.

Vediamo ora un'altra ipotesi.

2° caso

2° Livello

Data assunzione: 05/02/99

Numero scatti: 1

Paga base: 874,52

Contingenza: 532,54

Scatti: 22,83

III elemento: 2,07

Ecco come apparirà il prospetto paga del mese di gennaio 2003.

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Vediamo ancora un altro caso.

3° caso

5° Livello

Data assunzione: 15/07/89

Numero scatti: 4

Paga base: 584,06

Contingenza: 521,94

Ad personam: 50,00

Scatti: 20,30 x 4 = 81,20

III elemento: 2,07

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Ovviamente, le modalità con le quali sono stati effettuati i calcoli, sono sempre

le stesse.

10. Il lavoro straordinario

Il lavoro ordinario

Nella Capitolo precedente abbiamo visto l'ipotesi più semplice di compilazione

della busta paga: abbiamo ipotizzato, cioè, che i dipendenti abbiano lavorato

tutto il mese preso in esame e che abbiano svolto solo lavoro ordinario. Ora

vediamo cosa si intende per lavoro ordinario e cosa costituisce, per contro,

lavoro straordinario.

La gran parte dei contratti collettivi considera lavoro ordinario quello di 8 ore

giornaliere e 40 settimanali.

In particolare, il contratto collettivo del commercio, fissa la durata normale di

lavoro, nella generalità delle aziende commerciali, in 40 ore settimanali.

Tuttavia sono previsti limiti superiori per i dipendenti da gestori di impianti di

distribuzione di carburante e per alcune categorie di lavoratori discontinui. Tali

limiti sono riportati nella tabella che segue.

Categoria di azienda Orario normale

settimanale

Generalità delle aziende 40 ore

Dipendenti da gestori di impianti di carburante 45 ore

Dipendenti da gestori di impianti di carburante

esclusivamente autostradali 42 ore

Dipendenti da aziende distributrici di carburante

metano compresso per autotrazione 42 ore

Lavoratori discontinui: Custodi, guardiani diurni 45 ore purché eventuali

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o notturni, portieri, personale addetto al carico e

allo scarico, commesso di negozio nei comuni

fino a 5.000 abitanti, personale addetto alla

sorveglianza di impianti frigoriferi, personale

addetto agli impianti di riscaldamento,

ventilazione e inumidimento

abbinamenti di più mansioni

abbiano carattere marginale,

non abituale e non

comportino continuità di

lavoro.

Il lavoro straordinario

Per lavoro straordinario si intende quello che eccede il normale orario di

lavoro: quindi, nella maggior parte dei casi, quello che eccede le 8 ore di

lavoro giornaliero e le 40 ore settimanali. Per quanto riguarda il contratto

collettivo del settore commercio, il lavoro straordinario è quello che eccede, di

norma, le 40 ore settimanali. Nel caso dei dipendenti da gestori di impianti di

distribuzione di carburante e dei lavoratori discontinui si parla di lavoro

straordinario quando vengono superate le 42 o 45 ore settimanali, a seconda

dei casi.

La legge e i singoli contratti collettivi fissano precisi limiti quantitativi alla

possibilità di ricorrere al lavoro straordinario in quanto esso deve

rappresentare una situazione, per l'appunto, di carattere eccezionale. I limiti

posti dalla legge hanno come finalità quella di evitare un eccessivo

affaticamento del personale dipendente e quella di evitare che, un costante

ricorso allo straordinario, impedisca la crescita occupazionale.

Così, ad esempio, il contratto del commercio stabilisce che il datore di lavoro

non può richiedere, a ciascun dipendente, prestazioni d'opera straordinarie che

eccedano le 200 ore annue.

Il lavoro straordinario è compensato a parte, con una maggiorazione rispetto

alla retribuzione ordinaria. I contratti collettivi, inoltre, distinguono il lavoro

straordinario in diurno, notturno, festivo, festivo notturno e prevedono, varie

percentuali di maggiorazione per le differenti ipotesi. Il contratto collettivo del

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commercio prevede le seguenti maggiorazioni sulla quota oraria della

retribuzione normale:

• 15% per le prestazioni di lavoro dalla 41° alla 48° ora settimanale;

• 20% per le prestazioni di lavoro eccedenti la 48° ora settimanale;

• 30% per lo straordinario prestato nei giorni festivi;

• 50% per le ore di lavoro straordinarie notturne. Per lavoro notturno si

intende quello prestato dalle 22 alle 6 del mattino, salvo il caso in cui si

tratti di turni regolari di servizio.

Le varie maggiorazioni non sono tra loro cumulabili.

Abbiamo detto che il lavoro straordinario è remunerato con una maggiorazione

rispetto al lavoro ordinario. Abbiamo visto la misura di tale maggiorazione e

ora vediamo quale è la base sulla quale calcolare la suddetta maggiorazione.

La maggiorazione va calcolata sulla retribuzione normale, costituita da:

• paga base;

• contingenza;

• terzi elementi;

• scatti di anzianità;

• altri elementi previsti dai contratti collettivi.

Di conseguenza, la maggiorazione va calcolata senza tenere conto di assegni di

merito, ad personam, premi di produzione, gratifiche straordinarie e una

tantum.

Facciamo alcuni esempi

Vediamo in pratica qualche esempio.

1° caso.

Esaminiamo la busta paga, riferita al mese di gennaio del 2003, di un

dipendente di 4° livello che ha lavorato l'intero mese e che nella prima

settimana ha effettuato 4 ore di straordinario.

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In questo caso, poiché si tratta di ore comprese tra la 41° e la 48°, la

maggiorazione da applicarsi è del 15%. Il cedolino paga riporta, allora, le 168

ore di lavoro ordinario e le 4 ore di lavoro straordinario. Queste ultime sono

retribuite maggiorando l'importo base per lavoro ordinario (7,22661) del 15% .

Il totale della retribuzione lorda è dato dalla somma degli importi riportati nella

colonna competenze (totale lordo 1.247,31 = 1.214,07 + 33,24).

2° caso.

Ipotizziamo ora che, lo stesso dipendente, nel mese di gennaio del 2003 abbia

lavorato l'intero mese e che abbia effettuato, nella prima settimana 4 ore di

straordinario e, nella seconda settimana 5 ore di lavoro straordinario.

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Anche in questo caso le ore di straordinario sono comprese tra la 41° e la 48°

ora settimanale e quindi la maggiorazione da applicarsi è del 15%. I calcoli

sono stati effettuati con le stesse modalità viste nel caso precedente.

3° caso.

Ora ipotizziamo che il dipendente abbia effettuato, durante la prima settimana

del mese, 10 ore di straordinario.

In questo caso, le prime 8 ore di straordinario sono comprese tra la 41° e la

48° ora settimanale, mentre le successive 2 ore eccedono la 48° ora

settimanale. Quindi le prime 8 ore di straordinario vanno remunerate con una

maggiorazione del 15%, mentre le successive 2 ore vanno remunerate con una

maggiorazione del 20%.

Ecco il prospetto paga.

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L'importo 8,31060 è ottenuto maggiorando del 15% il dato base 7,22661,

mentre l'importo di 8,67193 è ottenuto applicando l'aliquota del 20% sul dato

base 7,22661.

4° caso.

Supponiamo ora che il nostro dipendente abbia effettuato due ore di lavoro

straordinario in un giorno festivo (ad esempio l'Epifania) e 3 ore di lavoro

straordinario notturno.

Ecco come apparirà la sua busta paga.

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Ovviamente sullo straordinario in giorno festivo è stata applicata la

maggiorazione del 30%, mentre sullo straordinario notturno la maggiorazione

del 50%.

5° caso.

Vediamo ora cosa accade se il dipendente dovesse percepire anche un assegno

ad personam.

Abbiamo ipotizzato che il lavoratore percepisca anche un assegno ad personam

di 50 euro e che abbia effettuato due ore di lavoro straordinario al 15%.

Per ottenere la remunerazione oraria di un'ora di lavoro straordinario (ovvero

8,31060) dobbiamo partire dal calcolo della retribuzione normale, in altre

parole:

paga base 646,46

+ contingenza 542,22

+ III elemento 2,07

+ Scatti 41,32

= retribuzione normale 1.214,07

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La quota oraria è quindi 1.214,07 : 168 = 7,22661

Calcolando la maggiorazione del 15% avremo 7,22661 + (7,22661 x15%) =

8,31060. Ciò è dovuto al fatto che assegni di merito, ad personam, una

tantum, non entrano a far parte del calcolo della retribuzione normale e

dunque della maggiorazione da applicarsi sul lavoro straordinario.

11. Il riposo settimanale

Il diritto al riposo settimanale

Il diritto al riposo settimanale è fissato, innanzi tutto dalla Costituzione

all'art.36, articolo che fissa, tra l'altro, il principio alla irrinunciabilità a tale

diritto.

Il primo comma dell'art.2109 del Codice Civile ribadisce il diritto al riposo

settimanale del lavoratore dipendente, stabilendo che "il prestatore di lavoro

ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la

domenica".

Una disciplina più dettagliata della materia è contenuta nella legge n.370 del

1934 modificata con legge n.2466 del 1952.

Vediamo innanzi tutto qual è l'ambito di applicazione di tale legge. Essa si

applica a tutti i lavoratori subordinati, salvo alcune eccezioni, tra le quali

ricordiamo:

• addetti ai lavori domestici;

• moglie, parenti ed affini entro il 3° grado del datore di lavoro, con lui

conviventi e a suo carico;

• lavoratori a domicilio, salvo casi eccezionali;

• personale direttivo direttamente responsabile dell'andamento dei servizi;

• personale navigante.

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Il riposo settimanale deve essere di 24 ore consecutive decorrenti da una

mezzanotte all'altra. Nel caso dei lavoratori a squadra le 24 ore consecutive

possono decorrere dall'ora di sostituzione di ciascuna squadra. Esistono,

tuttavia, delle ipotesi particolari, nelle quali la durata del riposo settimanale

può essere ridotta.

Il giorno di riposo deve essere concesso preferibilmente di domenica. Qualora,

tuttavia, per particolari esigenze, è necessario che la prestazione di lavoro

avvenga nel giorno di riposo settimanale, il lavoratore ha diritto ad una

giornata di riposo compensativo nel primo giorno immediatamente

successivo.

Possono essere compiuti di domenica lavori necessari per cause di forza

maggiore, quali:

• lavori indispensabili alla sicurezza delle persone e degli impianti e alla

conservazione delle materie prime;

• lavori disposti per ragioni di ordine pubblico.

Il riposo può non coincidere con la domenica anche nei seguenti casi:

• nelle industrie all'aperto (come ad esempio i cantieri edili) nei quali una

giornata di pioggia e, dunque di inattività, può essere considerata una

giornata di riposo in sostituzione della domenica successiva;

• nel caso di lavori agricoli;

• nell'ipotesi di personale addetto ai pubblici spettacoli;

• nei pubblici esercizi (es.: bar, gelaterie, ristoranti, ecc.) che beneficiano

di una giornata di chiusura settimanale stabilita a livello locale;

• nel caso di personale addetto ai vagoni letto, commessi viaggiatori, ecc.;

• nelle aziende giornalistiche e di diffusione di notizie;

• nell'ipotesi di personale degli automezzi pubblici di linea.

Il lavoro prestato nel giorno di riposo settimanale viene di norma remunerato

con una maggiorazione rispetto al lavoro ordinario, a seconda di quanto

stabilito dai vari contratti collettivi.

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Il riposo settimanale nel contratto collettivo del settore commercio

Come abbiamo avuto modo di vedere, nel settore commercio, il normale orario

di lavoro è di 40 ore settimanali. Ciò significa che, al dipendente spettano, oltre

al giorno di riposo, anche due mezze giornate di cui una coincide con la

chiusura infrasettimanale prevista dalle norme locali. L'altra mezza giornata è

attribuita a turno ai vari dipendenti.

La maggiorazione prevista dal contratto collettivo del commercio, per il lavoro

prestato nel giorno di riposo settimanale, è del 30% rispetto alla retribuzione

normale.

Cosa accade in busta paga

Abbiamo visto che nel settore commercio il dipendente che ha lavoro la

domenica ha diritto a percepire la normale retribuzione aumentata della

maggiorazione del 30% ed ha diritto, inoltre, al riposo compensativo nel giorno

successivo.

Supponiamo allora che il nostro dipendente, nel corso del mese di gennaio,

abbia lavorato una domenica e abbia beneficiato di una giornata di riposo nel

lunedì immediatamente successivo. La sua retribuzione sarà pari ai consueti 26

giorni convenzionali e alla maggiorazione per le 8 ore lavorate di domenica.

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L'importo di 2,16798 euro non è altro che il 30% di 7,22661.

12. La festività

Cosa s'intende per festività

Per festività s'intendono alcune giornate di calendario espressamente stabilite

dalla legge o dai contratti collettivi.

Ogni contratto collettivo stabilisce quali giornate vanno considerate festività e

quali sono le modalità di fruizione e di retribuzione.

Il contratto del settore commercio riconosce le seguenti festività:

festività nazionali:

• 25 aprile - Ricorrenza della liberazione;

• primo maggio - Festa dei lavoratori;

festività infrasettimanali:

• il primo giorno dell'anno;

• l'Epifania;

• il giorno di lunedì dopo Pasqua;

• il 15 agosto - festa dell'Assunzione;

• il primo novembre - festa di Ognissanti;

• l'8 dicembre - Immacolata Concezione;

• il 25 dicembre - Natale;

• il 26 dicembre - S. Stefano;

• la solennità del Patrono del luogo dove si svolge il lavoro.

Come sono retribuite le festività

Qualora la retribuzione è mensilizzata, poiché la sua misura è fissa, nulla

compete al dipendente nel caso in cui la festività è infrasettimanale. Quindi, se

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la festività cade durante il normale orario di lavoro, la sua retribuzione è già

compresa nella retribuzione mensile.

Qualora la festività cade di domenica essa è considerata come una festività

non goduta e, per essa, deve essere corrisposta una giornata di retribuzione

in più rispetto a quella normale.

Nel settore commercio, qualora l'orario di lavoro si articola su 5 giornate

lavorative settimanali, anziché su 6, la giornata di sabato è considerata in ogni

modo lavorativa, anche se a zero ore. Perciò, la festività che cade di sabato, è

considerata una festività goduta e non comporta nessuna maggiore

retribuzione rispetto a quella mensile fissa.

Torniamo al nostro esempio

Riprendiamo la busta paga di gennaio 2003 del nostro dipendente di 4° livello.

A gennaio ci sono state due festività: 1° gennaio e 6 gennaio. Entrambe sono

cadute in giornate lavorative infrasettimanali. Ciò significa che, poiché la

retribuzione è mensilizzata, sono state già retribuite nelle 26 giornate

convenzionali di lavoro.

Ipotizziamo ora che anche il 19 gennaio sia una festività, ed esattamente la

festa del santo patrono del luogo dove si svolge l'attività del nostro lavoratore.

Poiché questa festività cade di domenica, rappresenta una festività non goduta

che andrà, quindi, retribuita con una giornata di retribuzione in più.

Ecco come apparirebbe il cedolino paga.

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Come potete notare la festività non goduta è stata espressa in giorni: per

chiarezza ciò è stato anche indicato nella colonna descrizione voce. Questa

esposizione è stata preferita a quella a ore poiché l'importo da corrispondersi

per la festività non goduta è pari a 1/26 della retribuzione di fatto, infatti,

l'importo di 46,69 è ottenuto dividendo 1.214,07 per 26.

Ipotizziamo ora che la festività del santo Patrono cada sabato 18 gennaio. Il

normale orario di lavoro del dipendente può prevedere sia il sabato lavorativo

sia il sabato come giornata di chiusura. In entrambi i casi la festività non è

retribuita, quindi la busta paga sarebbe la seguente:

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13. Le ferie e i permessi

Il diritto alle ferie

Il diritto alle ferie è sancito dall’art. 36 della Costituzione, il quale prevede che

“il lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite e non può rinunciarvi”.

L’art. 2109 prevede il diritto del lavoratore a un periodo annuale di ferie

retribuito, possibilmente continuativo. Il tempo in cui il lavoratore può fruire

delle ferie è stabilito dall’imprenditore, tenendo conto delle esigenze

dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro.

In passato, lo stesso art. 2109, escludeva il diritto alle ferie per i lavoratori in

prova: la Corte Costituzionale ha però, nel 1980, dichiarata illegittima tale

parte della norma.

Come precisa la Costituzione le ferie sono irrinunciabili e non possono essere

sostituite da indennità, salvo che i contratti collettivi non prevedano

diversamente.

Il diritto alle ferie matura annualmente in base al servizio prestato e spetta per

ratei anche se non è maturato un anno intero di attività. Un dipendente che è

stato assunto il primo ottobre matura, nel corso dell’anno, i 3/12 (ottobre-

novembre-dicembre) delle ferie previste nel contratto collettivo.

Le ferie maturano anche in alcuni casi di assenza che danno diritto alla

conservazione del posto di lavoro, quali malattia, infortunio, maternità

(limitatamente ai periodi di assenza obbligatoria prima e dopo il parto),

congedo matrimoniale.

Le ferie non maturano, invece, durante le assenze per servizio militare.

La nuova disciplina delle ferie

Il recente D.Lgs. 213/2004 ha introdotto alcune modifiche di rilievo nel D.Lgs.

66/2003.

In particolare, per quanto riguarda la disciplina delle ferie, il nuovo testo

dell’art.10 del D.Lgs. 66/2003 stabilisce:

• il diritto del lavoratore ad un periodo annuale minimo di 4 settimane di

ferie;

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• il diritto alla fruizione di almeno due settimane di ferie nell'anno di

maturazione (le due settimane devono essere consecutive, a richiesta del

lavoratore);

• la possibilità di fruire del restante periodo di due settimane di ferie nei 18

mesi successivi al termine dell'anno di maturazione;

• la salvaguardia di quanto previsto in materia dall’art.2109 del codice civile e

dalla contrattazione collettiva;

• uno specifico sistema di sanzioni amministrative (articolo 18bis, comma 3,

D.Lgs. 66/2003, introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. f, del D.Lgs.

213/2004) in caso di violazione dei predetti vincoli (sono puniti sia la

violazione del diritto alla fruizione delle due settimane nell'anno di

maturazione, sia il mancato rispetto del periodo massimo di 18 mesi

successivi al medesimo anno di maturazione - la sanzione varia da 130 a

780 euro, per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisca la

violazione);

• il divieto di monetizzazione delle 4 settimane di ferie garantite, salvo il caso

di risoluzione del rapporto di lavoro.

Le ferie nel contratto collettivo del commercio

Il personale del settore commercio ha diritto ad un periodo di ferie annuali pari

a 26 giorni lavorativi, fermo restando che la settimana lavorativa, quale che sia

la distribuzione dell’orario di lavoro settimanale, è in ogni modo considerata di

6 giorni lavorativi dal lunedì al sabato agli effetti del computo delle ferie.

Dal computo del predetto periodo di ferie vanno escluse le domeniche e le

festività nazionali ed infrasettimanali cadenti nel periodo stesso.

Come sono esposte le ferie in busta paga

Le ferie godute non incidono sul calcolo della retribuzione spettante al

dipendente, per questo, spesso non sono esposte nel corpo della busta paga.

Volendole in ogni caso evidenziare è possibile esporle con due differenti

modalità.

Ipotizziamo che il dipendente, nel corso del mese di gennaio, abbia avuto 3

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giornate di ferie.

1° metodo

In questo caso le ferie godute sono state solamente esposte nel corpo della

busta paga senza che esse incidano sui calcoli.

2° metodo.

Questo secondo metodo, prevede la scissione dei 26 giorni di lavoro

convenzionale in due parti: la prima costituita da 23 giorni (calcolati sottraendo

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a 26 giorni i tre giorni di ferie) e la seconda costituita da 3 giorni di ferie

godute. Il dato di 46,695 è ottenuto dividendo la retribuzione di fatto di

1.214,07 per 26.

Avremo modo di vedere, in una delle prossime lezioni, come spesso, sia

utilizzato un 3° metodo per l’esposizione delle ferie godute.

I permessi

Dal 1977, alcune festività, sono state abolite. Esse sono:

• S. Giuseppe (19 marzo);

• Ascensione;

• Corpus Domini;

• SS. Apostoli Pietro e Paolo;

Inoltre la Festa della Repubblica e dell'Unità Nazionale sono state spostate,

rispettivamente, alla prima domenica di giugno e alla prima domenica di

novembre.

I vari contratti collettivi hanno quindi previsto, in sostituzione di tali festività, la

concessione ai lavoratori, di una serie di permessi retribuiti.

Anche i permessi, come già abbiamo detto per le ferie, non incidono sul calcolo

della busta paga

14. Le indennità

Cosa sono le indennità

Per indennità s’intendono alcuni elementi aggiuntivi della retribuzione che non

entrano nel calcolo della retribuzione di fatto.

In alcuni casi si tratta di somme che, sono erogate dal datore di lavoro al

lavoratore, al fine di rimborsare delle spese sostenute dal dipendente per la

prestazione del lavoro.

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Altre volte, tali somme hanno vero e proprio carattere retributivo e

remunerano il dipendente che svolge le proprie mansioni in situazioni di

particolare disagio o rischio.

Rientrano tra le prime indennità le indennità di mensa, le indennità

chilometriche, le indennità di trasferta.

Tra le seconde troviamo, invece, le indennità per lavorazioni nocive, le

indennità per maneggio del denaro, le indennità di reperibilità.

Ogni contratto collettivo stabilisce quali sono le indennità di cui può beneficiare

il dipendente e in che misura.

Le indennità nel contratto collettivo del commercio

Il contratto collettivo del commercio prevede il rimborso spese nei casi di

missioni e trasferimenti. Prevede inoltre l’indennità di cassa e maneggio

denaro.

E’ stabilito, innanzi tutto, che l’azienda ha la facoltà di mandare il personale

dipendente in missione temporanea fuori della propria residenza. In tal caso

al personale compete:

• il rimborso delle spese effettive di viaggio;

• il rimborso delle spese effettive per il trasporto del bagaglio;

• il rimborso delle spese postali, telegrafiche ed altre, sostenute in

esecuzione del mandato nell’interesse dell’azienda;

• una diaria non inferiore al doppio della quota giornaliera della

retribuzione di fatto, qualora non vi sia pernottamento fuori sede la

diaria sarà ridotta di un terzo. La misura di tale diaria si riduce del 10%

se la missione si protrae per oltre un mese o quando le attribuzioni del

lavoratore comportino viaggi abituali.

La diaria può essere sostituita da un rimborso a piè di lista1 di tutte le spese di

vitto e alloggio, con trattamento uniforme per tutto il personale. Norme

particolari si applicano agli addetti al trasporto di merci a mezzo autocarri e

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autotreni.

Sono previste poi una serie di indennità nel caso di trasferimento del

dipendente ad altra sede. In particolare il trasferimento del lavoratore da

un’unità aziendale ad un’altra può essere disposto solo per comprovate ragioni

tecniche, organizzative e produttive.

In caso di trasferimento il lavoratore ha diritto a delle indennità in misura

diversa a seconda che sia capofamiglia o meno.

Al lavoratore che non sia capofamiglia compete:

• il rimborso delle spese effettive di viaggio per la via più breve;

• il rimborso della spesa effettiva per il trasporto del mobilio e del

bagaglio;

• il rimborso dell’eventuale perdita di pigione qualora non sia stato

possibile sciogliere la locazione o far luogo al subaffitto. Tale rimborso va

corrisposto per un massimo di sei mesi;

• una diaria pari a quella stabilita per il personale in missione temporanea

o un rimborso a piè di lista.

Al lavoratore capofamiglia, competono:

• il rimborso delle spese effettive di viaggio per la via più breve per sé e

per le persone di famiglia;

• il rimborso della spesa effettiva per il trasporto del mobilio e del

bagaglio;

• il rimborso dell’eventuale perdita di pigione qualora non sia stato

possibile sciogliere la locazione o far luogo al subaffitto. Tale rimborso va

corrisposto per un massimo di sei mesi;

• una diaria, nella misura fissata per il personale in missione temporanea,

per sé e per ciascun convivente a carico. Per i figli conviventi a carico la

diaria è ridotta a 3/5. In luogo di questa diaria il datore di lavoro può

corrispondere il rimborso a piè di lista delle spese di vitto ed alloggio

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sostenute dal lavoratore per sé e per i familiari a carico componenti il

nucleo familiare.

Per finire, il contratto collettivo del commercio prevede un’indennità di cassa

spettante al personale normalmente adibito ad operazioni di cassa con

carattere di continuità. L’indennità in questione spetta qualora il lavoratore

abbia la piena e completa responsabilità della gestione di cassa, con l’obbligo

di accollarsi eventuali differenze. La misura di tale indennità è del 5% della

paga base conglobata, in altre parole paga base più indennità di contingenza.

Facciamo qualche esempio

Vediamo ora come s’inseriscono le indennità nella busta paga. Partiamo dal

caso della trasferta o missione temporanea.

Ipotizziamo che il nostro dipendente, nel corso del mese di gennaio, abbia

effettuato una trasferta di due giorni e che gli sia stato concesso un rimborso a

piè di lista di tutte le spese sostenute pari a 610 euro. Ecco come apparirebbe

il prospetto paga.

Vediamo ora come va calcolata l’indennità di cassa. Supponiamo che il nostro

dipendente svolga, tra le altre, mansioni di maneggio del denaro che gli danno

diritto a tale indennità.

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La misura dell’indennità di cassa 58,53 rappresenta il 5% della paga base più

indennità di contingenza.

In pratica il calcolo è stato eseguito nel modo seguente:

paga base 646,46 + contingenza 524,22 = 1.170,68 : 168 ore = 6,96833 x

5% = 0,34842 indennità di cassa spettante per ogni ora di lavoro

convenzionale

0,34842 x 168 = 58,53 indennità di cassa spettante per l’intero mese.

E’ chiaro che l’indennità va rapportata al periodo di lavoro svolto nel corso del

mese: così, se ad esempio, il dipendente ha lavorato solo 12 giorni del mese, a

causa della cessazione del rapporto di lavoro, il cedolino paga risulterebbe

essere il seguente.

Per rendere più chiaro l’esempio in questo caso abbiamo riportato i giorni

lavorati, anziché le ore.

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L’importo 2,25131 è stato così ottenuto:

paga base 646,46 + contingenza 524,22 = 1.170,68 : 26 giorni = 45,02615 x

5% = 2,25131 indennità di cassa spettante per un giorno di lavoro

convenzionale

2,25131 x 12 = 27,02 indennità di cassa spettante.

15. Gli assegni familiari

Cosa sono gli assegni familiari

Tra gli elementi aggiuntivi della retribuzione vi può essere l'assegno familiare.

Va precisato, anzi tutto, che l'assegno familiare non rappresenta una

remunerazione a carico del datore di lavoro: infatti, seppure esso è

materialmente pagato dal datore di lavoro insieme alle altre competenze che

spettano al dipendente, di fatto grava sull'INPS. Il datore di lavoro, infatti, può

detrarre gli importi degli assegni familiari corrisposti a tutti i dipendenti, dai

contributi a suo carico che è tenuto a pagare all'INPS.

Precisato questo, vediamo quali sono i requisiti che danno diritto a percepire gli

assegni familiari. Hanno diritto all'assegno al nucleo familiare tutti i lavoratori

dipendenti aventi un proprio nucleo familiare, il cui reddito familiare non superi

i limiti prescritti dal legislatore.

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Il nucleo familiare

Il nucleo familiare si considera composto:

• dal soggetto che richiede l'assegno familiare;

• dal coniuge non legalmente ed effettivamente separato;

• dai figli di età inferiore a 18 anni: figli legittimi, legittimati, adottivi,

affiliati, naturali, nati da precedente matrimonio dell'altro coniuge, minori

affidati al richiedente o al coniuge prima del matrimonio;

• figli o equiparati maggiorenni che sono nell'impossibilità di dedicarsi ad

un lavoro a causa di un difetto fisico o mentale;

• fratelli, sorelle, nipoti, senza limiti di età, che si trovano nell'impossibilità

di espletare qualsiasi attività lavorativa a causa di un difetto fisico o

mentale, siano orfani di entrambi i genitori e non percepiscano la

pensione ai superstiti.

• Per i nuclei familiari con almeno quattro figli (rientrano in tale tipologia i

nuclei con figli di età inferiore ai 26 anni indipendentemente dal carico

fiscale, dalla convivenza, dallo stato civile e dall’attività lavorativa) sono

considerati per la determinazione dell’assegno, al pari dei figli minori,

anche i figli di età compresa tra i 18 e i 21 anni, purché studenti o

apprendisti.

Il reddito familiare

L'assegno familiare compete qualora il reddito familiare non supera

determinati limiti fissati dalla legge. Occorre porre attenzione, innanzi tutto,

al fatto che non si fa riferimento al reddito del solo lavoratore dipendente,

bensì al reddito familiare, in altre parole alla somma dei redditi, di qualsiasi

natura, percepiti da ciascun componente il nucleo familiare.

L'assegno al nucleo familiare non spetta se, la somma dei redditi da lavoro

dipendente o da pensione è inferiore al 70% del reddito familiare

complessivo. Il lavoratore dipendente è chiamato annualmente a dichiarare

l'entità e la composizione del reddito familiare. Tale dichiarazione, che va

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fatta entro il 1° luglio, e si riferirà dunque ai redditi familiari conseguiti

nell'anno precedente, ha valore ai fini del calcolo dell'assegno familiare fino

al 30 giugno dell'anno successivo. Fino a tale data l'assegno familiare non

potrà subire variazioni se non per effetto dell'ingresso o dell'uscita di nuovi

soggetti nel nucleo familiare.

Le tabelle INPS

L'INPS fissa l'ammontare degli assegni familiari spettanti in funzione delle

condizioni del nucleo familiare e del reddito di quest'ultimo, in apposite

tabelle.

Ecco, di seguito, quali sono le tabelle INPS inerenti agli assegni familiari.

Tabella

11

Nuclei familiari in cui sono presenti entrambi i genitori ed almeno un

figlio minore (senza nessun componente inabile)

Tabella

12

Nuclei familiari con un solo genitore ed almeno un figlio minore

(senza nessun componente inabile)

Tabella

13

Nuclei familiari in cui sono presenti minori orfani titolari di pensione

ai superstiti, non inabili

Tabella

14

Nuclei familiari in cui sono presenti entrambi i genitori ed almeno un

figlio minore (in cui sia presente almeno un componente inabile)

Tabella

15

Nuclei familiari con un solo genitore ed almeno un figlio minore (in

cui sia presente almeno un componente inabile)

Tabella

16

Nuclei familiari con orfani titolari di pensione ai superstiti, di cui

almeno un figlio minore (con un componente inabile)

Tabella

17

Nuclei familiari con entrambi i genitori ed almeno un figlio

maggiorenne inabile

Tabella Nuclei familiari con un solo genitore, senza figli minori e con almeno

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18 un figlio maggiorenne inabile

Tabella

19 Nuclei familiari con soli orfani maggiorenni inabili

Tabella

20 A

Nuclei familiari con entrambi i coniugi, senza figli, in cui siano

presenti almeno un fratello, sorella, nipote inabile

Tabella

20 B

Nuclei familiari in cui il richiedente sia celibe o nubile, separato/a,

divorziato/a, vedovo/a, abbandonato/a senza figli in cui sia presente

almeno un fratello, sorella o nipote inabile

Tabella

21 A Nuclei familiari senza figli in cui non siano presenti componenti inabili

Tabella

21 B

Nuclei familiari senza figli in cui il richiedente sia celibe/nubile,

separato/a, divorziato/a, vedovo/a, abbandonato/a con almeno un

fratello, una sorella o nipote non inabile

Tabella

21 C

Nuclei familiari con soli coniugi, o con entrambi i coniugi - di cui

almeno 1 inabile + fratelli, sorelle o nipoti non inabili

Tabella

21 D

Nuclei familiari senza figli in cui il richiedente sia celibe/nubile,

separato/a, divorziato/a, vedovo/a, abbandonato/a e inabile, con

almeno un fratello, sorella o nipote non inabile

Ognuna di queste tabelle stabilisce la misura dell'assegno familiare, in rapporto

sia al numero dei componenti il nucleo familiare che al livello del reddito

familiare.

Tutte le tabelle sono reperibili presso il sito www.inps.it.

Facciamo un esempio

Facciamo un semplice esempio per capire come s'inseriscono gli assegni

familiari nel prospetto paga.

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Supponiamo che il nostro dipendente sia sposato con un figlio minore a carico

e che il reddito familiare dichiarato nel 2002 sia stato di 14.652,48 euro.

E' evidente che nei suoi confronti è applicabile la tabella 11 e che la misura

degli assegni che gli compete è pari a 92,45 euro.

Vediamo come si presenta il cedolino paga.

La maggior parte dei prospetti paga prevede nella parte anagrafica un campo

relativo agli assegni familiari. In genere, in tale campo, è riportata la tabella

INPS applicabile e il reddito familiare dichiarato dal dipendente: ovvero i dati

che consentono di determinare la misura dell'assegno familiare. Così noi, nel

campo situazione assegni familiari, abbiamo indicato la tabella 11 e il reddito

dichiarato dal dipendente nella domanda per gli assegni familiari, ovvero

14.652,48 euro.

Per il resto, non c'è molto da dire: la misura dell'assegno spettante va

semplicemente aggiunto agli altri elementi retributivi nel corpo della busta

paga.

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16. La malattia

La malattia

Il lavoratore che si assenta per malattia deve tempestivamente inviare, al

datore di lavoro e alla competente sede INPS, il certificato medico entro i due

giorni successivi a quello del rilascio. Se tale termine cade in giorno festivo,

esso è prorogato al primo giorno seguente non festivo. Il lavoratore assente

per malattia ha diritto alla conservazione del posto di lavoro secondo quanto

disposto da ciascun contratto collettivo.

Nel settore commercio il lavoratore, non in prova, ha diritto alla conservazione

del posto di lavoro per un periodo massimo di 180 giorni.

I giorni di assenza vanno computati a partire dalla data riportata nella

certificazione medica in corrispondenza della voce “Dichiara di essere malato

dal…” se la visita è stata effettuata nello stesso giorno di inizio della malattia o

nel giorno immediatamente successivo. In caso contrario si considera primo

giorno di malattia quello che precede immediatamente la data di effettuazione

della visita medica. Se tale giorno coincide con la domenica, la malattia

decorre dal giorno precedente, in altre parole dal sabato.

Il periodo, durante il quale si ha diritto alla conservazione del posto di lavoro,

prende il nome di periodo di comporto.

La misura dell’indennità economica di malattia

Per quanto concerne il trattamento economico durante la malattia, esso è in

parte a carico dell'azienda e in parte a carico dell'INPS. Circa la sua entità, è

disposto in modo diverso a seconda dei contratti collettivi.

Nel settore commercio, la retribuzione spettante in caso di malattia è così

articolata:

primi 3 giorni cosiddetto

periodo di carenza

Spetta il 100% della

retribuzione

E’ totalmente a carico

dell’azienda

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Dal 4° al 20° giorno Spetta il 100% della

retribuzione

Essa è per il 50% a

carico dell’INPS

Dal 21° giorno in poi Spetta il 100% della

retribuzione

Essa è per 2/3 a carico

dell’INPS

Vediamo ora quali sono le giornate di malattia indennizzabili. Nel caso degli

operai l’indennità spetta per tutte le giornate feriali comprese nel periodo di

malattia, escluse le domeniche e le festività nazionali ed infrasettimanali. Per

quanto riguarda gli impiegati l’indennità compete per tutte le giornate

comprese nel periodo di malattia, con esclusione delle festività nazionali ed

infrasettimanali cadenti di domenica.

L’indennità di malattia da corrispondersi, per le giornate indennizzabili, è

calcolata in funzione della retribuzione media globale giornaliera percepita dal

lavoratore.

Vediamo come è calcolata la retribuzione media globale giornaliera, limitandoci

all’ipotesi di retribuzione mensilizzata.

Innanzi tutto vanno presi in esame tutti gli elementi retributivi che hanno

costituito la retribuzione del mese precedente (qualora il periodo di paga sia

mensile) quello di inizio della malattia. Vanno escluse le indennità di mancato

preavviso e le somme corrisposte dal datore di lavoro ad integrazione

dell’indennità giornaliera di malattia.

L’importo così ottenuto va diviso per:

MALATTIA INPS – R.M.G. (Retribuzione Media Giornaliera)

Impiegati mensilizzati = Retrib./ 30 gg. + (13° annua / 12 mesi / 30 gg.)

Operai a ore 6 giornate = Retrib./26 gg. + (13° annua/12 mesi/25 gg.).

Operai a ore 5 giornate = Retrib./(giorni lavorabili mese precedente x1,2)

+ (13°/12 m./25 gg.)

La lordizzazione

L’operazione di lordizzazione va eseguita per evitare che, a causa della

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malattia, il dipendente percepisca una retribuzione più elevata rispetto al

normale. Ciò è dovuto al fatto che sulle somme erogate dall’INPS il dipendente

non paga i contributi previdenziali.

Vediamo qualche esempio

Vediamo ora, con un esempio, che il discorso può apparire più complesso di

quello che poi è in realtà.

Ipotizziamo che, il nostro dipendente, ad esempio un impiegato, sia stato

assente dal 7 al 23 luglio 2007 compresi, a causa di una malattia.

Ecco come apparirà il suo foglio presenza:

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

- - 8 8 8 8 M M - M M M M M M -

17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

M M M M M M - 8 - - 8 8 - - 8

La M indica i giorni di malattia, mentre là dove compare la cifra otto significa

che sono state lavorate otto ore.

Ricapitolando quanto abbiamo detto:

A) Malattia dal 7 al 23 luglio 2007 (compreso il sabato esclusa la domenica) 1) n. 3 giorni carico ditta; 2) n. 11 giorni 50% carico ditta e 50% carico INPS.

B) Retribuzione mese precedente €. 1.500,00 C) Divisore INPS gg. 30 D) Divisore Retribuzione gg. 26 F) Ritenuta INPS 9,19% 1) Calcolo Retribuzione INPS Retribuzione di riferimento : 30 gg. €. 1.500,00 : 30 = €. 50,00 Rateo 13° giornaliera = Tredicesima annua : 12 mesi : 30 gg. €.

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1500,00 : 12 : 30 = €. 4,17 Totale Retribuzione Media Giornaliera = €. 50,00 + €. 4,17 = €. 54,17 50% Retribuzione Media Giornaliera = €. 54,17 x 50% = €. 27,09 Malattia Carico INPS 50% = €. 27,09 x 11 gg. = €. 297,99 2) Calcolo Retribuzione Carico Ditta Retribuzione di riferimento : 26 gg. €. 1.500,00 : 26 = €. 57,69 Retribuzione Media Giornaliera Retribuzione Carico Ditta = €. 57,69 x 3 gg. = €. 173,07 3) Lordizzazione Malattia (calcolo quota malattia a carico del datore di lavoro) €. 57,69 x 11 gg. = €. 634,59 Retribuzione che avrebbe percepito lavorando €. 297,99 Malattia Carico INPS a cui aggiungere i contributi carico lavoratore (9,19%) €. 297,99 : (100-9,19 coefficiente di contribuzione) = X : (100) = €. 328,15 Lordizzazione della malattia, indennità carico INPS calcolata precedentemente a cui sono stati aggiunti i contributi carico lavoratore del 9,19%. €. 634,59 - €. 328,15 = €. 306,44 Retrib. 100% x 11 gg. – Integr. 50% carico INPS lordizzata = integraz. malattia ditta

Descriz. Riferim. Importo Base

Competenze Tratten. Assogg INPS

Assogg. IRPEF

Stipendio 6 gg. €. 57,69 €. 346,14 €. 75,88 SI SI Carenza ditta

3 gg. €. 57,69 €. 173,07 €. 121,11 SI SI

Malattia carico INPS 50%

11 gg. €. 27,09 €. 297,99 NO SI

Malattia carico ditta 50%

11 gg. €. 306,44 SI SI

€. 1.123,64 €. 196,99

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Ritenuta INPS 9,19% su €. 825,65 = €. 75,88 Imponibile Fiscale Lordo = €. 1.047,76 Reddito Annuo Presunto = €. 13.620,88 (€. 1.047,76 x 13 mensilità) Imposta Lorda = €. 1.047,76 x 23% = €. 240,98 Detrazione Annua = 1.338,00 + [502 x (15.000 - 13.620,88) / 7.000] = €. 1.438,40 Detrazione Mensile = €. 1.438,40 / 12 mesi = €. 119,87 Imposta Netta = €. 240,98 - €. 119,68 = €. 121,11

Totale Competenze €. 1.123,64

Ritenuta Previdenziale -€. 75,88

Imposta IRPEF –€. 121,11

€. 926,65 netto in busta a pagare

17. L'infortunio

Che cos'è l'infortunio

Per infortunio sul lavoro s'intende un evento occorso al lavoratore durante

l'orario di lavoro, dal quale derivi:

• la morte del lavoratore;

• un'inabilità permanente al lavoro, che potrà essere assoluta o parziale;

• un'inabilità temporanea al lavoro da cui deriva la necessità di

un'astensione dal lavoro stesso per un certo lasso di tempo.

Il lavoratore infortunatosi sul posto di lavoro ha diritto alla conservazione del

posto di lavoro fino alla completa guarigione.

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Le indennità per infortunio

Vediamo cosa accade, nella busta paga, se il lavoratore, a causa di un

infortunio, si trovi nella temporanea inabilità al lavoro. Al dipendente spetta,

per tale periodo, un'indennità a carico dell'INAIL. Più precisamente:

Per il giorno in cui

si è verificato

l'infortunio

L'INAIL non

corrisponde alcun

indennizzo

La retribuzione è a totale carico

dell'azienda al 100%

Tra il 2° ed il 4°

giorno d'infortunio

L'INAIL non

corrisponde alcun

indennizzo

Il 60% della retribuzione è a carico

dell'azienda

Tra il 5° e il 20°

giorno d'infortunio

L'INAIL corrisponde

il 60% della

retribuzione

L'azienda va ad integrare l'indennità

corrisposta dall'INAIL fino al

raggiungimento del 90% della

retribuzione

Tra il 21° giorno e

il 90° giorno

L'INAIL corrisponde

il 60% della

retribuzione

L'azienda va ad integrare l'indennità

corrisposta dall'INAIL fino al

raggiungimento del 100% della

retribuzione

Dal 91° giorno in

poi

L'INAIL corrisponde

il 75% della

retribuzione

L'azienda va ad integrare l'indennità

corrisposta dall'INAIL fino al

raggiungimento del 100% della

retribuzione

INFORTUNIO INAIL - R.M.G. (Retribuzione Media Giornaliera)

Dipendenti orari

A) (Retribuzione giornaliera 15 gg. precedenti / ore lavorate 15 gg.

precedenti) x orario settimanale / 6.

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B) (Retribuzione Straordinario 15 gg. precedenti / ore ordinarie lavorabili nei

15 gg. precedenti) x orario settimanale / 6.

C) Compenso per le ferie e permessi:

(Giorni di ferie + giorni di riposo contrattuali) x Retribuzione Giornaliera CCNL

----------------------------------------------------------------------------------------

300 gg.

D) Compenso per festività incrementando la voce A del 3,33% (10 festività in

300 gg.)

E) Compenso per mensilità aggiuntive incrementando la voce A del 8,33% Dipendenti mensilizzati A) Retribuzione mensile / 25 gg.

B) Compenso lavoro straordinario mese precedente / 25 gg.

C) Compenso per ferie e riposi annui / 300 gg.

18. La gravidanza e il puerperio (D.Lgs. 151/2001)

Astensione dal lavoro

Le lavoratrici madri hanno diritto per legge ad una astensione obbligatoria

dal lavoro per :

• i 2 mesi precedenti la data presunta del parto;

• il giorno del parto;

• i 3 mesi successivi alla data del parto.

A ciò si aggiunge il diritto ad una astensione facoltativa dal lavoro (di cui

può beneficiare, in alternativa alla madre lavoratrice, il padre lavoratore) per i

6 mesi successivi all'astensione obbligatoria dal lavoro.

Inoltre, la lavoratrice madre, una volta rientrata al lavoro, e fino a quando il

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bambino non abbia raggiunto un anno di età ha diritto all'allattamento. Anche

dell'allattamento può usufruire il padre lavoratore in luogo della madre

lavoratrice. Esso consistente in 2 ore di riposo giornaliero, se l'orario di

lavoro è pari o superiore alle 6 ore; in un'ora di riposo giornaliero, se l'orario

di lavoro è inferiore alle 6 ore giornaliere.

Infine, la lavoratrice madre o, in alternativa il padre lavoratore, possono

beneficiare di assenze per malattia del bambino, fino a che questi non abbia

compiuto i 3 anni di età.

L'indennità di maternità

Le lavoratrici madri hanno diritto, durante il periodo di astensione

obbligatoria, ad una indennità di maternità che viene anticipata dal datore

di lavoro ma risulta di fatto a carico dell'INPS. L'indennità giornaliera spettante

alla lavoratrice madre è pari all'80% della retribuzione media globale

giornaliera percepita nell'ultimo periodo di paga precedente quello in cui ha

avuto inizio l'astensione obbligatoria. Per ciò che concerne il calcolo della

retribuzione media globale e per le giornate indennizzabili valgono le stesse

regole viste nel caso di malattia.

Durante il periodo di astensione facoltativa, spetta invece, alla lavoratrice

madre, una indennità del 30% della retribuzione media globale giornaliera. In

questo caso, nel calcolo della retribuzione media globale giornaliera, non si

deve tenere conto dei ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità che non

competono per il periodo di astensione facoltativa dal lavoro.

Le astensioni per malattia del bambino non vengono di norma retribuite nel

settore privato.

ASTENSIONE OBBLIGATORIA INPS - R.M.G. (Retrib. Media Giornaliera)

Impiegati = Retribuzione / 30 gg. + (13° annua / 12 mesi / 30 gg.)

Operai a ore = Retribuzione/26,40 gg. (22 gg.x1,2) + (13°/12 mesi/25 gg.)

Operai mensilizzati = Retribuzione / 26 gg. + (13° annua/12 mesi/25 gg.)

Facciamo due esempi

Come primo esempio ipotizziamo la busta paga di un'impiegata durante il

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periodo di assenza obbligatoria dal lavoro. Abbiamo qui supposto che le

giornate indennizzabili siano 26.

L'importo 37,77 è stato così ottenuto:

Retribuzione = 1.214,07 : 30 = 40,47

Rateo tredicesima = 1.214,07: 12 = 101,17 : 30 = 3,37

Rateo quattordicesima 1.214,07: 12 = 101,17 : 30 = 3,37

80% di 47,31 = 37,77

Ora vediamo il caso di un'operaia assente per maternità durante l'astensione

facoltativa. Anche qui, per semplicità, abbiamo supposto le giornate

indennizzabili pari a 26.

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L'importo 11,24 è stato così ottenuto:

Retribuzione 973,67 : 26 = 37,45

30% di 37,45 =11,24

19. Altre assenze giustificate

Premessa

A conclusione di questo secondo modulo del corso, durante il quale abbiamo

parlato dello sviluppo del cedolino paga, vediamo i rimanenti casi di assenze

giustificate dal lavoro.

Congedo matrimoniale

In caso di matrimonio al dipendente spetta, a seconda di quanto previsto dai

vari contratti collettivi, un congedo straordinario della durata non eccedente i

15 giorni di calendario.

Durante tale assenza, il lavoratore ha diritto a percepire la stessa retribuzione

che avrebbe conseguito se avesse lavorato. L'INPS indennizza solo in parte il

congedo matrimoniale per gli operai del settore industria ed artigianato. Nei

restanti casi, la retribuzione dovuta è totalmente a carico del datore di lavoro.

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Donazione sangue

Chiunque dona il proprio sangue per trasfusioni dirette ed indirette, nonché per

l'elaborazione dei derivati del sangue ad uso terapeutico, ha diritto ad

astenersi dal lavoro per 24 ore, da calcolarsi a partire dal momento in cui, il

lavoratore, si è assentato per il prelievo.

Affinché il dipendente abbia diritto alla giornata di riposo è necessario che la

quantità minima del prelievo sia di 250 grammi e che esso sia fatto presso un

centro trasfusionale autorizzato dal Ministero della Sanità.

Al dipendente spetta la normale retribuzione: essa è interamente indennizzata

dall'INPS.

Il servizio di leva

Il dipendente impegnato nel servizio di leva ha diritto alla conservazione del

posto di lavoro. Egli ha, per altro, l'obbligo di riprendere l'attività lavorativa

entro 30 giorni dal congedo.

Le stesse norme si applicano nel caso di servizio civile.

Durante il periodo di assenza per servizio di leva, o servizio civile, il dipendente

non percepisce la retribuzione.

20. I contributi INPS

Premessa

Dopo aver esaminato, nelle lezioni precedenti, le modalità con le quali si

sviluppa il prospetto paga, in questa Capitolo andremo ad analizzare quella che

abbiamo denominato sezione 4 del cedolino paga e, in particolare,

affronteremo il tema dei contributi INPS.

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I contributi INPS

I contributi versati all'INPS sono in parte a carico del datore di lavoro e, in

parte, a carico del dipendente.

Tali contributi sono distinguibili in tre categorie:

• contributi "INPS";

• contributi "malattia";

• contributi Gescal.

I contributi INPS sono quelli relativi all'assicurazione per invalidità, vecchiaia

e superstiti, quelli relativi alle pensioni per infermità fisica o mentale e per

raggiunti limiti di età. A queste forme di previdenza si aggiunge l'assicurazione

contro la tubercolosi, quella contro la disoccupazione, quella al Fondo di

garanzia di fine rapporto che interviene nel pagamento del TFR a favore del

dipendente qualora il datore di lavoro sia insolvente; e ancora l'ENAOIL, per

l'assistenza agli orfani dei lavoratori e la Cassa assegni familiari che gestisce gli

assegni familiari, nonché la Cassa Integrazione Guadagni che corrisponde

un'indennità ai lavoratori costretti all'interruzione dell'attività o alla riduzione

dell'orario di lavoro.

I contributi malattia consentono all'INPS il pagamento delle indennità di

malattia e delle indennità di maternità.

Infine, sempre all'INPS, devono essere versati i contributi GESCAL (Gestione

Case Lavoratori) che hanno l'obbiettivo di finanziare l'edilizia popolare per la

costruzione di case da assegnare ai lavoratori.

I contributi Malattia e Gescal sono totalmente a carico dell'azienda, mentre i

contributi INPS sono in parte a carico dell'azienda e in parte a carico del

dipendente.

La misura dei contributi a carico dell'azienda varia a seconda della categoria di

appartenenza della stessa, nonché a seconda della qualifica del dipendente

(operaio, impiegato, dirigente, ecc..). La misura dei contributi a carico

dell'azienda non è evidenziata nella busta paga e dunque su di essa non ci

soffermeremo. Nel prospetto paga, invece, sono indicati i contributi a carico del

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dipendente: essi rappresentano, infatti, uno dei principali elementi sottrattivi

della retribuzione.

La misura dei contributi dovuti dai lavoratori è dell'9,19%. Tale misura è

elevata al 9,49% per i lavoratori appartenenti ad aziende tenute al pagamento

della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria.

Quest'ultima è dovuta dalle aziende che superano un certo numero di

dipendenti: in genere nell'industria i 15 dipendenti, nel commercio i 50

dipendenti.

L'imponibile previdenziale

Vediamo adesso quale è l'imponibile previdenziale, o meglio, su quale somma

va calcolato il 9,19% o 9,49%.

Di seguito riportiamo le principali voci che possono essere presenti nel corpo

della busta paga, precisando quali di esse vanno comprese nell'imponibile

previdenziale e quali ne vanno invece escluse.

Elemento della retribuzione Tassabile ai fini

INPS

Retribuzione ordinaria Si

Compenso per lavoro straordinario Si

Indennità di contingenza Si

Cottimi, premi di produzione, III Elemento Si

Compensi in natura Si

Provvigioni e partecipazioni agli utili Si

Indennità per lavori nocivi, di alloggio, di località

disagiata, per zona malarica Si

Indennità di cassa No

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Compensi per ferie, festività godute e non Si

Gratifica natalizia, tredicesima mensilità e altre

mensilità aggiuntive Si

Premi e gratifiche con carattere ricorrente Si

Liberalità una tantum No a meno che non

siano collegate al

rendimento dei

lavoratori o ai risultati

dell'azienda

Integrazioni di trattamenti mutualistici a carico del

datore di lavoro

Si

Prestazioni previdenziali (integrazioni salariali,

indennità di malattia e di maternità, ecc.) No

Assegni familiari No

Trattamento di fine rapporto No

Indennità sostitutiva del preavviso Si

L'indennità di mancato

preavviso a favore del

dipendente è soggetta

a contribuzione, quella

a favore del datore di

lavoro non riduce

l'imponibile

previdenziale

Nelle prossime lezioni vedremo alcuni casi particolari di imponibile

previdenziale.

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Corso di Paghe e Contributi

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21. Le trasferte

Premessa

Continuiamo anche in questa Capitolo il discorso relativo al calcolo

dell'imponibile previdenziale, ed in particolare ci soffermeremo sui problemi

connessi con il trattamento contributivo delle trasferte.

Le trasferte e l'imponibile contributivo

Nella tabella sottostante riportiamo le varie ipotesi di trasferta e come, i

relativi rimborsi spese, incidano nel calcolo dell'imponibile contributivo.

Tipo di trasferta Tassabile ai fini INPS

Trasferta fuori del territorio

comunale:

Rimborso spese documentate per vitto,

alloggio, trasporto

Rimborso di altre spese (anche non

documentate)

La sola indennità di trasferta

Indennità di trasferta con vitto o

alloggio

Indennità di trasferta con vitto e

No

No nel limite di 15,49 euro al giorno

per le trasferte in Italia, e 25,82 euro

al giorno per le trasferte all'Estero.

No nel limite di 46,48 euro al giorno

per le trasferte in Italia e di 77,47 euro

per le trasferte all'estero

No nel limite di 30,99 euro per le

trasferte in Italia e di 51,65 euro per le

trasferte all'Estero

No nel limite di 15,49 euro per le

trasferte in Italia e 25,89 euro per

quelle all'estero

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alloggio

Trasferta nell'ambito del territorio

comunale:

Indennità o rimborsi

Indennità di trasferta corrisposte a

lavoratori chiamati a prestare la loro

opera in luoghi sempre diversi

Si - eccetto le spese di trasporto

documentabili con documenti

provenienti dal vettore (es.:biglietti

autobus)

SI - per il 50% delle indennità

Facciamo un esempio

Vediamo come apparirebbe il cedolino paga di un dipendente che, nel corso del

mese di gennaio, è stato inviato in trasferta:

• 3 giorni fuori del territorio comunale e comunque in Italia con

pernottamento;

• 2 giorni fuori del territorio comunale e comunque in Italia senza

pernottamento;

• 2 giorni all'estero con pernottamento;

• 1 giorno all'estero senza pernottamento.

In base al contratto collettivo del commercio, al dipendente è riconosciuta una

diaria non inferiore al doppio della quota giornaliera della retribuzione di fatto,

ridotta di 1/3 qualora non vi sia pernottamento fuori sede.

Ecco come apparirà il prospetto paga del dipendente.

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Le diarie sono state calcolate nel modo seguente:

retribuzione di fatto 1.214,07 : 26 = 46,695 quota giornaliera retribuzione di

fatto

diaria con pernottamento 46,695 x 2 = 93,39

diaria senza pernottamento 93,39 - (93,39 : 3) =62,26

L'imponibile previdenziale è stato calcolato nel modo seguente:

Descrizione Dato

base

Esenzione Imponibile

giornaliero

Imponibile

complessivo

Retribuzione ordinaria 1.214,07

Diaria Italia

c/pernottamento 93,39 46,48 46,91

140,73 (46,91 x

3)

Diaria Italia

s/pernottamento 62,26 46,48 15,78 31,56 (15,78 x 2)

Diaria Estero

c/pernottamento 93,39 77,47 15,92 31,84

Diaria Estero

s/pernottamento 62,26 77,47 - -

Totale imponibile 1.418,20

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22. I servizi di mensa e di trasporto

Premessa

Anche in questa Capitolo continuiamo il discorso sul calcolo dell'imponibile

previdenziale. Questa volta ci occuperemo in particolare dei servizi di mensa e

di trasporto.

Servizio di mensa

Come abbiano già fatto per le trasferte, anche per i servizi di mensa,

riportiamo una tabella sul trattamento ai fini del calcolo dei contributi

previdenziali.

Tipo servizio mensa Tassabile ai

fini INPS

Vitto somministrato dal datore di lavoro No

Mensa aziendale gestita dal datore di lavoro No

Mensa aziendale gestita da terzi No

Convenzione con ristoranti No

Cestini preconfezionati per dipendenti No

Prestazioni sostitutive della mensa (buoni pasto)

No - fino al

limite di 5,29

euro al giorno

Indennità sostitutive della mensa nei cantieri edili, nelle

strutture lavorative a carattere temporaneo o nelle unità

produttive ubicate in zone dove mancano strutture e servizi di

ristorazione

No - fino al

limite di 5,29

euro al giorno

Indennità sostitutiva della mensa, negli altri casi Si

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Servizi di trasporto

Per servizi di trasporto s'intendono i servizi che consentono al lavoratore di

raggiungere il posto di lavoro a partire dalla propria abitazione o da un punto

di raccolta comune.

Ecco di seguito, il trattamento, ai fini previdenziali, dei servizi di trasporto.

Tipo servizio di trasporto Tassabile ai fini

INPS

Servizio prestato da parte dello stesso datore di lavoro No

Servizio affidato a terzi No

Rimborso del prezzo della tessera che il dipendente può

usare anche al di fuori delle esigenze lavorative Si

Ancora un esempio

Ipotizziamo ora che al dipendente siano corrisposti buoni pasto per un importo

di euro 7,23 con trattenuta a carico del dipendente di euro 1,55.

Il dipendente percepisce un beneficio in natura pari a 7,23 - 1,55 = 5,68.

La quota giornaliera imponibile è invece pari a 5,68 - 5,29 = 0,39.

Ora ipotizziamo che nell'arco del mese di gennaio il dipendente abbia utilizzato

21 buoni pasto: uno per ogni giorno di effettivo lavoro. Il suo prospetto paga

apparirà come segue:

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Come si può notare, la trattenuta per buoni pasto è stata inserita nella colonna

trattenute a riduzione delle competenze spettanti al dipendente.

Mentre la voce imponibile buoni pasto è stata inserita al solo fine di consentire

il calcolo dell'imponibile contributivo: infatti, lo stesso importo è stato riportato

sia nella colonna competenze sia in quella trattenute in modo da non incidere

sull'importo della retribuzione lorda.

In particolare la retribuzione lorda è stata così ottenuta:

retribuzione ordinaria 1.214,07 - trattenute buoni pasto 32,55 =1.181,52

L'imponibile contributivo è stato calcolato nel modo seguente:

retribuzione ordinaria 1.214,07 + imponibile buoni pasto 8,19 = 1.222,26

arrotondato a 1,222.

23. L'IRPEF e le addizionali Regionali e Comunali

Premessa

In questa Capitolo andremo ad esaminare gli ultimi elementi sottrattivi della

retribuzione che sono sempre presenti in busta paga: ovvero l'IRPEF e

l'addizionale regionale e comunale.

Sono queste, tre imposte, che gravano esclusivamente sul dipendente.

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L'IRPEF

L'IRPEF è l'Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche. L'IRPEF dovuta dal

dipendente sul reddito di lavoro dipendente è trattenuta dal datore di lavoro e

versata, da questi, all'erario.

Vediamo ora qual è il meccanismo di calcolo di tale imposta.

La prima cosa da determinare è l'imponibile fiscale, in altre parole l'importo sul

quale va calcolata l'imposta.

Quindi occorre applicare sul reddito imponibile le opportune aliquote (l'IRPEF

funziona per scaglioni di reddito) al fine di determinare l'imposta lorda. Da

quest'ultima possono essere sottratte le detrazioni che spettano al dipendente

al fine di determinare l'imposta netta che sarà trattenuta dal datore di lavoro e

versata all'erario. E' evidente che, il calcolo proposto sopra, dovrà essere fatto

dal datore di lavoro con riferimento agli importi spettanti alla fine di ciascun

periodo di paga.

Ora vedremo più nel dettaglio come si procede al calcolo dell' IRPEF tenendo

conto delle importanti novità introdotte dalla Finanziaria 2007.

L'imponibile fiscale

Il reddito complessivo soggetto a tassazione è dato da tutte le somme

percepite dal lavoratore dipendente in seguito al rapporto di lavoro (con la sola

esclusione degli assegni familiari) al netto dei contributi previdenziali

obbligatori a carico del lavoratore.

Nella determinazione del reddito di lavoro dipendente si deve tener conto

anche di eventuali compensi in natura percepiti dai dipendenti, i cosiddetti

fringe benefit. Essi non concorrono a formare il reddito imponibile del

dipendente, fino all'importo massimo di €. 258,23 per periodo di imposta. Qui

per periodo di imposta si deve intendere l'anno e non il singolo mese cui fa

riferimento il cedolino paga.

Il calcolo di tale limite di €. 258,23, va effettuato al netto di quanto pagato

eventualmente dal dipendente per fruire del bene o servizio stesso.

Per quanto riguarda le trasferte, il servizio di mensa e i servizi di trasporto,

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valgono le stesse regole viste per i contributi sociali: quindi ciò che concorre a

formare l'imponibile previdenziale concorrerà a formare anche l'imponibile

fiscale.

Nella maggior parte dei casi il reddito complessivo è dato dal totale lordo,

meno eventuali assegni familiari indicati nel corpo della busta paga, meno il

totale dei contributi sociali a carico del dipendente.

IMPOSIZIONE FISCALE

Il sostituto d'imposta deve procedere al calcolo dell'imposta lorda applicando al

reddito imponibile le aliquote fiscali fissate per legge.

Le aliquote da applicare ai singoli scaglioni di reddito annuo per l'anno 2007

sono le seguenti:

fino a 15.000 euro 23%

Da 15.001 a 28.000 euro 27%

Da 28.001 a 55.000 euro 38%

Da 55.001 a 75.000 euro 41%

Oltre 75.000 43%

E' chiaro che gli importi indicati nella prima colonna si riferiscono al reddito

annuo e vanno quindi ragguagliati a quelli mensili. Di seguito riportiamo la

tabella con i valori mensili, ottenuta dividendo i valori della tabella precedente

per 12 mesi.

fino a 1.250 euro 23%

Da 1.250,01 a 2.333,33 euro 27%

Da 2.333,34 a 4.583,33 euro 38%

Da 4.583,34 a 6.250 euro 41%

Oltre 6.250 43%

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DETRAZIONI FISCALI

Sui redditi fiscalmente imponibili da lavoro dipendente, spettano delle

detrazioni fiscali che hanno il fine di ridurre o azzerare l’imposta lorda

calcolata.

Si tratta di “bonus” inversamente proporzionali al reddito lordo, ovvero

all’aumentare dell’imponibile fiscale le detrazioni spettanti si riducono.

Esistono le seguenti categorie di detrazioni fiscali:

• Detrazione da lavoro dipendente;

• Detrazione per coniuge a carico;

• Detrazione per figli a carico;

• Detrazione altri familiari a carico (art. 433 C.C.)

a) DETRAZIONI PER LAVORO DIPENDENTE

Legge di Stabilità 2014, n. 147 del 27/12/2013 a modifica dell’art. 13 T.U.I.R.

n. 917/86, a decorrere dal 01/01/2014:

REDDITO COMPLESSIVO DETRAZIONE ANNUA

Fino ad 8.000 euro Euro 1.880 con le seguenti particolarità:

1) Non può essere inferiore ad €. 690,00;

2) Per contratti a tempo determinato non può

essere inferiore ad €. 1.380,00

Da euro 8.001 a euro 28.000 Euro 978 + [902 x (28.000–reddito

imponibile)/20.000]

Da euro 28.001 a euro

55.000

Euro 978 x [(55.000 – reddito

imponibile)/27.000]

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b) DETRAZIONI PER CONIUGE A CARICO

REDDITO COMPLESSIVO DETRAZIONE ANNUA

Fino a euro 15.000 Euro 800 – [110 x (reddito imponibile /

15.000)]

Da euro 15.001 a euro

40.000

Euro 690

Da euro 40.001 a euro

80.000

Euro 690 x [(80.000 – reddito)/40.000)]

E’ prevista una maggiorazione della detrazione di cui sopra per i seguenti

redditi:

REDDITO COMPLESSIVO MAGGIORAZIONE DETRAZIONE

Da euro 29.000 a euro 29.200 10 EURO/ANNO

Da euro 29.201 a euro 34.700 20 EURO/ANNO

Da euro 34.701 a euro 35.000 30 EURO/ANNO

Da euro 35.001 a euro 35.100 20 EURO/ANNO

Da euro 35.101 a euro 35.200 10 EURO/ANNO

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c) DETRAZIONE FIGLI A CARICO

Legge di Stabilità 2013, n. 228 del 24/12/2012 a modifica dell’art. 12 T.U.I.R.

n. 917/86, a decorrere dal 01/01/2013:

NUMERO FIGLI DETRAZIONE ANNUA

Figlio > di 3 anni Euro 950

Figlio < a 3 anni Euro 1.120

Figlio disabile > di 3 anni Euro 1.350

Figlio disabile < a 3 anni Euro 1.520

Con più di 3 figli + Euro 200 per ogni figlio

FORMULA CALCOLO DETRAZIONE EFFETTIVA FIGLI

Numero 1 figli = [(80.000 + 15.000 – Reddito imponibile / 80.000 + 15.000)]

Per ogni figlio aggiungere 15.000 a 80.000 sia al numeratore che al

denominatore

Esempio:

numero 3 figli = [(80.000 + 15.000+15.000+15.000 – Reddito imponibile) /

(80.000 + 15.000+15.000+15.000)]

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BONUS articolo 1 del D.L. N. 66/2014

Il bonus Irpef di 80 euro in busta paga è destinato ai soli

lavoratori dipendenti (tempo pieno, part time o con contratto di collaborazione)

e cassintegrati (mobilità o disoccupazione) con reddito complessivo compreso

tra 8.000 e 26.000 euro. Fino a 24.000 l'importo del bonus Irpef 2014 è di 80

euro mensili, per un totale di 640 euro che scende progressivamente fino

ad azzerarsi a quota 26.000 euro annue. Ulteriore requisito è costituito dal

fatto che tali redditi devono subire un'imposta lorda superiore alle detrazioni

contemplate nell'art. 13 TUIR.

Vediamo come si calcola il bonus Irpef 2014 per chi ha un reddito tra i 24.000

e i 26.000 euro. La formula per conoscere l'importo è la seguente:

640 x [(26.000 - reddito complessivo)/2000] = importo bonus.

Nel caso in cui non si lavori per tutto l'anno il calcolo del bonus Irpef 2014 va

effettuato nei modi previsti dai seguenti esempi:

• periodo di lavoro dal 1 gennaio 2014 al 30 aprile 2014: 640/365 x 120

(giorni di lavoro) = 210,41 euro

• periodo di lavoro dal 3 giugno 2014 al 31 dicembre 2014: 640/365x 212

(giorni di lavoro) = 371,73 euro

Infine, per calcolare il bonus Irpef qualora si abbia un reddito compreso tra i

24 e i 26 mila e non si lavori tutto l'anno il calcolo va fatto come negli esempi

sopra, cui sostituire 640 con l'importo del bonus spettante.

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L’Addizionale Regionale

L’Addizionale Regionale le cui aliquote vengono stabilite dalle singole regioni

variano da un minimo dello 1,23% ad un massimo dell’ 2,33%, per la stessa la

base di calcolo è costituita dall’imponibile fiscale ai fini IRPEF a cui moltiplicare

l’aliquota stabilita dalla Regione al 31/12 dell’anno a cui si riferisce l’addizionale

stessa. L’Addizionale Regionale per l’anno considerato va calcolata al 31/12 e

l’imposta ottenuta va addebitata al dipendente in un massimo di 11 rate da

gennaio a novembre dell’anno successivo. Attenzione ad aliquote collegate a

scaglioni di reddito stabilite dalla Regioni.

Esempio: al 31/12/2013 va calcolata l’addizionale regionale 2013 e la stessa

verrà addebitata in 11 rate da gennaio a novembre 2014.

L’Addizionale Regionale non va versata quando l’IRPEF Netta (IRPEF Lorda –

detrazioni) è di importo uguale o inferiore a €. 10,00.

L’Addizionale Comunale

L’Addizionale Comunale, le cui aliquote variano da un minimo dello 0,4% ad un

massimo dello 0,8%, per la stessa la base di calcolo è costituita dall’imponibile

fiscale ai fini IRPEF a cui moltiplicare l’aliquota stabilita dal Comune nell’anno a

cui si riferisce l’addizionale stessa. L’Addizionale Comunale per l’anno

considerato va calcolata al 31/12 e l’imposta ottenuta va corrisposta in 11 rate,

da gennaio a novembre dell’anno successivo. Attenzione ad eventuali esenzioni

di reddito stabilite dai Comuni.

Esempio: al 31/12/2013 va calcolata l’addizionale comunale 2013 e la stessa

verrà addebitata in 11 rate da gennaio a novembre 2014.

I sostituti d’imposta, a partire dall’anno 2007, nel mese di marzo calcolano per

i lavoratori dipendenti e assimilati l’acconto del 30% dell’Addizionale Comunale

nel seguente modo: l’imponibile fiscale IRPEF dell’anno precedente moltiplicato

l’aliquota dell’anno di acconto se la stessa è stata deliberata al 31/12 oppure

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l’aliquota dell’anno precedente se la pubblicazione dell’aliquota attuale è

successiva al 31/12, l’acconto così calcolato viene addebitato in un massimo di

9 rate a partire dal mese di marzo e fino a novembre.

Esempio: a marzo 2014 va calcolato l’acconto 2014 del 30% utilizzando

l’imponibile fiscale IRPEF 2013 e l’aliquota 2014 se questa è stata pubblicata

entro il 31/12/2013 oppure l’aliquota 2013 se la pubblicazione dell’aliquota

2014 è successiva al 31/12/2013.

L’Addizionale Comunale non va versata quando l’IRPEF Netta (IRPEF Lorda –

detrazioni) è di importo uguale o inferiore a €. 10,00.

24. Il conguaglio di fine anno

Nella Capitolo precedente abbiamo visto com'è calcolata l'IRPEF trattenuta dal

datore di lavoro e versata all'erario mensilmente.

Il meccanismo di calcolo adottato in busta paga ha un carattere provvisorio:

infatti, la legge stabilisce gli scaglioni di reddito e la misura delle deduzioni e

delle detrazioni su base annua, mentre nel cedolino paga il calcolo é effettuato

considerando il mese di riferimento. Tra l'altro abbiamo visto come in alcuni

casi, ad esempio nel calcolo della nuova deduzione da applicarsi al fine di

garantire la progressività dell'imposta, il datore di lavoro deve effettuare anche

una previsione di quello che potrà essere il reddito di lavoro dipendente annuo.

Per questo il datore di lavoro, alla fine dell'anno o al momento della risoluzione

del rapporto di lavoro, se questo accade prima, deve ridefinire l'imposta su

base annua attuando un'operazione che è detta conguaglio di fine anno.

Come si effettua il conguaglio di fine anno

In pratica il datore di lavoro deve effettuare nuovamente il calcolo dell' IRPEF

dovuta dal dipendente, questa volta a posteriori e sulla base dei dati relativi

all'intero anno.

Quindi dovrà innanzi tutto calcolare il reddito complessivo di lavoro

dipendente, dato dalle somme soggette a tassazione, percepite dal dipendente

durante il corso dell'intero anno, ivi incluse le mensilità aggiuntive.

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Poi dovrà calcolare la misura spettante della deduzione annua prevista dal

nuovo art.10 bis per garantire la progressività dell'imposta.

Infine dovrà determinare l'imposta lorda in base agli scaglioni di reddito annui

e, una volta determinate le detrazioni spettanti al dipendente, calcolare

l'imposta netta dovuta per l'anno in esame.

A questo punto il datore di lavoro dovrà determinare le ritenute fiscali operate

nel corso dell'anno, sommando le imposte nette trattenute sulle varie buste

paga.

Se l'imposta netta calcolata alla fine dell'anno è superiore al totale delle

ritenute operate, la differenza costituisce un debito d'imposta per il

dipendente: tale somma gli sarà trattenuta dal datore di lavoro che provvederà

al suo versamento all'erario.

Se l'imposta netta calcolata alla fine dell'anno è inferiore al totale delle ritenute

operate, la differenza costituisce un credito d'imposta per il dipendente: tale

somma gli sarà restituita dal datore di lavoro che provvederà a trattenerla

dalle somme che dovranno successivamente essere versate all'erario.

25. Casi particolari: part-time e lavoro a cottimo

Premessa

In questo Capitolo accenneremo a due casi particolari di compilazione della

busta paga. Il caso del lavoro part-time e quello del lavoro a cottimo.

Precisiamo subito che, mentre il lavoro part-time é previsto dal contratto

collettivo del commercio, quello a cottimo è tipico soprattutto del settore

industriale ed artigianale.

Il lavoro a tempo parziale o part-time

Il lavoro a tempo parziale è caratterizzato da un orario di lavoro inferiore

rispetto a quello normale del settore. La funzione di tale contratto è quella di

garantire una flessibilità della forza lavoro rispetto ai flussi di attività

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nell'ambito della giornata, del mese o dell'anno, oltre a rispondere alle

esigenze dei lavoratori già occupati.

Il contratto collettivo del settore commercio prevede una specifica normativa

del lavoro part-time fissando i seguenti principi:

• volontarietà di entrambe le parti;

• reversibilità della prestazione da tempo parziale a tempo pieno in

relazione alle esigenze aziendali e quando sia compatibile con le

mansioni svolte e/o da svolgere, fermo restando la volontarietà delle

parti;

• priorità nel passaggio da tempo pieno a tempo parziale o viceversa dei

lavoratori già in forza rispetto ad eventuali nuove assunzioni, per le

stesse mansioni;

• applicabilità delle norme del contratto collettivo in quanto compatibili con

la natura del rapporto stesso;

• volontarietà delle parti in caso di modifiche dell'articolazione dell'orario

concordata.

Il contratto a tempo parziale deve risultare da atto scritto.

Cosa accade in busta paga

Innanzi tutto dobbiamo osservare che nella parte anagrafica del prospetto

paga, in genere è presente un campo del tipo "% Lavoro part-time". E' chiaro

che tale campo andrà compilato nel caso di lavoro a tempo parziale,

riportando, in termini percentuali, il lavoro svolto dal dipendente part-time

rispetto a quello svolto dal dipendente a tempo pieno.

Per il resto la stesura della busta paga di un lavoratore parziale non incontra

particolari difficoltà se si tiene conto che la sua retribuzione sarà proporzionata

alla quantità e qualità del lavoro prestato. In pratica, il trattamento economico

dovuto nel caso di prestazione di lavoro a tempo parziale, è calcolato

riducendo, in proporzione con la riduzione dell'orario di lavoro, anche l'importo

della retribuzione prevista dal contratto collettivo per il tempo pieno.

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Supponiamo allora di avere il caso di un lavoratore part-time che presta 4 ore

di lavoro giornaliero. Ecco come apparirà la sua busta paga.

Il dato base è stato ottenuto applicando la percentuale di lavoro part-time, nel

modo seguente: 1.214,07 x 50% = 607,04 retribuzione di fatto spettante : 26

giorni = 23,34769 retribuzione giornaliera

Qualche cenno sul cottimo

Come abbiamo già avuto modo di accennare, il cottimo non rappresenta una

forma di retribuzione prevista dal contratto collettivo del settore commercio.

Per questo ci limiteremo, in queste brevi note, ad accennare solamente ad

alcuni aspetti salienti di tale forma di retribuzione.

Gli articoli 2100 e 2101 del Codice Civile prevedono la possibilità del lavoro a

cottimo. Tale forma di retribuzione ha come obbiettivo quello di consentire un

incremento della produzione.

Il cottimo può essere:

• a tempo: quando si tiene conto della produttività in determinate unità di

tempo;

• a misura: quando si tiene conto del numero di pezzi prodotti.

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A volte il cottimo, anziché individuale è collettivo, si riferisce cioè, al lavoro

compiuto da un gruppo di dipendenti. Il compenso spettante al gruppo è poi

ripartito tra i componenti dello stesso. Normalmente al lavoratore a cottimo

spetta, oltre alla normale retribuzione mensile, una percentuale di cottimo che

va calcolata sulla sola paga base.

26. Altre informazioni contenute nella busta paga

Premessa

Nelle lezioni precedenti abbiamo esaminato tutte le prime quattro sezioni che

compongono il cedolino paga. In questa Capitolo ci soffermeremo sulla quinta,

ed ultima, sezione che riporta una serie di dati statistici.

La parte finale della busta paga

Ecco la parte conclusiva della busta paga.

Vediamo quali dati contiene.

Nella parte conclusiva del prospetto paga possono essere presenti dati relativi

ad eventuali acconti sullo stipendio percepiti dal dipendente. Essi

rappresentano degli elementi sottrattivi della retribuzione da tenere presente

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nella determinazione del netto in busta.

Lo stesso dicasi per eventuali prestiti concessi dal datore di lavoro al

dipendente: l'eventuale rata del prestito addebitata in busta paga riduce

l'importo netto della stessa.

Lo stipendio può essere pagato in contanti, con assegni o con accredito

bancario. In quest'ultima ipotesi il cedolino paga riporta i dati del c/c bancario

e della banca del dipendente su cui è stato fatto l'accredito.

Normalmente nella parte conclusiva della busta paga compare un riepilogo

della situazione delle ferie e dei permessi. Sono riportate le ferie relative

all'anno precedente, quelle maturate nel corso dell'anno, quelle godute e per

differenza quelle residue. Se ricordate, quando abbiamo parlato delle ferie

(Capitolo 13), abbiamo affermato che esse possono non essere esposte nel

corpo della busta paga. Infatti si potrebbe indicarle anche solo nella parte

conclusiva della busta paga.

Anche per i permessi sono riportati quelli relativi all'anno precedente, quelli

maturati nel corso dell'anno, quelli goduti e quelli residui.

Altri dati possono essere presenti nella parte finale del cedolino paga quali

l'imponibile INAIL, l'accantonamento al TFR. E' chiaro che in questa parte della

busta paga vi è spesso, una notevole variabilità dei dati presenti da un

cedolino all'altro.

Per finire, sono in genere presenti i progressivi annui: imponibile contributivo,

contributi sociali a carico del dipendente, imponibile IRPEF, IRPEF lorda,

ritenute operate, totale detrazioni. Si tratta, in pratica, dei dati relativi alla

frazione di anno trascorsa. Quindi nel cedolino di gennaio sono riportati i soli

dati di gennaio; in quello di febbraio la somma dei dati di gennaio e febbraio;

in quello di marzo la somma dei dati di gennaio, febbraio e marzo; in quello di

aprile la somma dei dati di gennaio, febbraio, marzo ed aprile e così via. Questi

dati sono utili per il conguaglio di fine anno.

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27. Le mensilità aggiuntive

Cosa sono le mensilità aggiuntive

Per mensilità aggiuntive si devono intendere quelle mensilità che si aggiungono

alle 12 che retribuiscono i vari mesi dell'anno. In particolare la tredicesima

mensilità, pur non essendo prevista dalla legge, è in pratica contemplata da

tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro. Essa è pagata in occasione del

Natale.

Il contratto del commercio prevede anche la quattordicesima mensilità che

viene di norma erogata in occasione delle ferie.

Altri contratti prevedono delle ulteriori mensilità aggiuntive.

Tutte le mensilità aggiuntive costituiscono una forma di retribuzione differita a

cui hanno diritto i lavoratori subordinati.

Come vanno calcolate le mensilità aggiuntive

Gli elementi della retribuzione da prendere in considerazione per il calcolo delle

mensilità aggiuntive sono:

• paga base;

• indennità di contingenza;

• scatti di anzianità;

• terzi elementi, EDR;

• media di eventuali cottimi, incentivi e premi di produzione;

• ed inoltre tutte quelle voci che hanno un carattere continuativo con

esclusione degli assegni al nucleo familiare.

Sono invece esclusi gli elementi della retribuzione che non vengono corrisposti

con carattere continuativo: festività e ferie non godute, straordinari, ecc.

Nel caso in cui il dipendente non abbia lavorato tutti i 12 mesi precedenti alla

data di erogazione della mensilità aggiuntiva, egli avrà diritto a tanti dodicesimi

quanti sono i mesi interi di servizio prestato. Così il dipendente assunto il 1°

ottobre avrà diritto alla tredicesima mensilità in misura pari ai 3/12 della

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Corso di Paghe e Contributi

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retribuzione di fatto.

Circa le modalità di determinazione dell'imponibile previdenziale, valgono le

norme esaminate nelle lezioni precedenti.

Per quanto riguarda la determinazione dell'IRPEF, dobbiamo ricordare che,

sulle mensilità aggiuntive non vanno applicate, la deduzione per garantire la

progressività dell'imposta e le detrazioni per lavoro dipendente e per familiari a

carico, poiché il loro importo annuo è ripartito sulle normali dodici mensilità.

Ecco un esempio

Di seguito riportiamo la busta paga relativa alla 13° mensilità di un dipendente

di 5° livello, come apparirebbe a dicembre 2003.

Nel campo ore/giorni è stato indicato il numero di mesi per i quali compete la

mensilità aggiuntiva. L'imponibile contributivo corrisponde al totale lordo

arrotondato, mentre l'imponibile IRPEF è ottenuto sottraendo al totale lordo

l'importo dei contributi a carico del dipendente. Come si può osservare non

sono state applicate le detrazioni d'imposta.

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28. L'indennità di mancato preavviso

La cessazione del rapporto di lavoro

In questa Capitolo, e nella prossima, esamineremo due aspetti legati all'ipotesi

di cessazione del rapporto di lavoro. Più precisamente, in questa Capitolo, ci

occuperemo delle indennità di mancato preavviso, mentre nella prossima

Capitolo parleremo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR).

I termini di preavviso

Come abbiamo visto nella parte iniziale del corso, il rapporto di lavoro può

essere a tempo determinato o indeterminato.

Normalmente, nel caso di rapporto a tempo determinato, esso cessa

automaticamente allo scadere del termine convenuto. Anche se,

eccezionalmente, potrebbe essere risolto prima del termine.

Qualora, invece, il rapporto di lavoro è a tempo indeterminato, sia il datore di

lavoro sia il dipendente, possono recedere dal contratto, ma hanno l'obbligo di

dare un congruo preavviso alla controparte.

Il periodo di preavviso è fissato dai vari contratti collettivi tenendo conto della

qualifica e dell'anzianità del lavoratore.

Così il contratto del settore commercio prevede i seguenti termini di preavviso,

che decorrono dal 1° o dal 16° giorno di ciascun mese.

Fino a cinque anni di servizio compiuti:

Quadri e I livello

II e III livello

IV e V livello

VI e VII livello

60 giorni di calendario

30 giorni di calendario

20 giorni di calendario

15 giorni di calendario

Oltre i cinque anni e fino a dieci anni di

servizio compiuti:

90 giorni di calendario

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Corso di Paghe e Contributi

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Quadri e I livello

II e III livello

IV e V livello

VI e VII livello

45 giorni di calendario

30 giorni di calendario

20 giorni di calendario

Oltre i dieci anni di servizio compiuti:

Quadri e I livello

II e III livello

IV e V livello

VI e VII livello

120 giorni di calendario

60 giorni di calendario

45 giorni di calendario

20 giorni di calendario

Indennità di mancato preavviso

La parte che risolve il rapporto di lavoro, senza aver rispettato i termini di

preavviso stabiliti dal contratto collettivo, è tenuta a corrispondere all'altra

parte un'indennità di mancato preavviso. Tale indennità compete anche

nell'ipotesi in cui il datore di lavoro esoneri il lavoratore dal prestare lavoro per

il periodo del preavviso.

La misura dell'indennità di mancato preavviso è pari all'importo della

retribuzione di fatto corrispondente al periodo di preavviso, comprensiva dei

ratei delle mensilità aggiuntive.

Cosa significa tutto questo. Supponiamo che un dipendente di 5° livello con

quattro anni di anzianità di servizio presso l'azienda, sia licenziato senza il

preavviso stabilito dal contratto. Il termine di preavviso nel suo caso é di 20

giorni di calendario: quindi al dipendente spetta un'indennità di mancato

preavviso per 20 giorni, da calcolarsi tenendo conto della normale retribuzione

di fatto e dei ratei della 13° e della 14° mensilità.

Facciamo un esempio:

Retribuzione di fatto 1.214,07 x 14 mensilità = 16.996,98 : 12 = 1.416,42

retribuzione mensile di fatto comprensiva dei ratei di tredicesima e

quattordicesima mensilità

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Corso di Paghe e Contributi

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1.416,42 : 26 giorni = 54,48 x 20 giorni di mancato preavviso = 1.089,60

Quindi l'ultima busta paga del dipendente dovrà riportare:

• la retribuzione spettante per i giorni di effettivo lavoro del mese

(retribuzione ordinaria, straordinari, festività non godute, ecc..)

• l'indennità di mancato preavviso;

• il rateo di tredicesima e quattordicesima mensilità spettanti dall'inizio

dell'anno al momento della cessazione del lavoro;

• il pagamento di eventuali ferie e permessi non goduti, incluso il rateo

delle ferie maturate fino alla data di cessazione del rapporto di lavoro.

Per quanto riguarda gli aspetti previdenziali e fiscali dell'indennità di mancato

preavviso ricordiamo quanto già detto, in altre parole che:

• l'indennità dovuta dal dipendente al datore di lavoro per aver dato le

dimissioni senza il rispetto dei termini di preavviso è tassata quindi non

diminuisce né l'imponibile fiscale, né quello previdenziale;

• l'indennità dovuta dal datore di lavoro al dipendente per averlo licenziato

senza il rispetto dei termini di preavviso è soggetta a tassazione.

Come abbiamo già avuto modo di dire, in occasione della cessazione del

rapporto di lavoro, il datore di lavoro deve procedere al conguaglio IRPEF.

Un esempio

Torniamo al caso precedente ed ipotizziamo che il dipendente sia stato

licenziato in data 20 gennaio 2003 senza il dovuto preavviso di 20 giorni. Posto

che il preavviso decorre dal 1° o dal 16° giorno di ogni mese, nel nostro caso il

preavviso decorre dal 1° febbraio. La busta paga sarà la seguente.

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Corso di Paghe e Contributi

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Al dipendente sono stati pagati i 20 giorni di lavoro ordinario nei modi consueti

e 6 giorni per l'irregolarità nei termini di preavviso che decorrono dal 1°

febbraio (i 6 giorni sono quelli necessari per arrivare al 1° febbraio, data dalla

quale inizia a decorrere il termine per il preavviso).

L'indennità di mancato preavviso è stata calcolata come visto sopra. Inoltre

sono stati pagati al dipendente 1/12 della tredicesima e della quattordicesima

mensilità, calcolati nel modo seguente: 1.214,07 : 12 = 101,1725.

Abbiamo ipotizzato, infine, che non vi siano ferie e permessi non goduti da

retribuire.

29. Il TFR

Cos'è il TFR e come si calcola

In caso di cessazione del rapporto di lavoro, per qualsiasi causa

(licenziamento, dimissioni, pensionamento), al dipendente spetta il TFR, in

altre parole il Trattamento di Fine Rapporto. In pratica si tratta di una somma

che è accantonata gradualmente dall'azienda al termine d'ogni esercizio nel

corso del quale il dipendente presta la propria opera presso la stessa azienda e

rappresenta, in definitiva, una forma di retribuzione differita corrisposta al

dipendente.

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Corso di Paghe e Contributi

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L'art. 2120 del Codice Civile determina le modalità di calcolo del Trattamento di

Fine Rapporto e stabilisce che esso si calcola sommando, per ciascun anno di

servizio, una quota pari all'importo complessivo della retribuzione percepita dal

lavoratore per l'anno stesso divisa per 13,5.

Per le prestazioni di servizio di frazioni di anno, la quota è proporzionalmente

ridotta, computandosi per mese intero le frazioni di mese eguali o superiori a

15 giorni.

Per quanto riguarda gli elementi retributivi che concorrono a formare la base

per il corretto calcolo del TRF, la legge lascia liberi i vari contratti collettivi di

stabilire quali elementi vanno considerati nel calcolo del TFR. Normalmente, gli

elementi retributivi che concorrono al calcolo del TFR sono quelli percepiti dal

lavoratore in modo non occasionale, in dipendenza del rapporto di lavoro.

Il contratto collettivo del settore commercio precisa che nel calcolo del TFR

vanno esclusi:

• i rimborsi spese;

• le somme concesse occasionalmente a titolo di una tantum, gratificazioni

straordinarie non contrattuali e simili;

• i compensi per lavoro straordinario e festivo;

• l'indennità sostitutiva del preavviso;

• le indennità di trasferta e le diarie non aventi carattere continuativo,

nonché, quando le stesse hanno carattere continuativo, una quota di

esse pari all'ammontare esente dall'IRPEF;

• le prestazioni in natura, quando sia previsto un corrispettivo a carico del

lavoratore.

Nei casi di sospensione della prestazione lavorativa per infortunio, malattia,

gravidanza e puerperio, l'indennità di fine rapporto deve essere accantonata

avendo riguardo anche della retribuzione ordinaria a cui il lavoratore avrebbe

avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.

Le somme accantonate annualmente a titolo di TFR vanno rivalutate, di anno in

anno, con l'applicazione di un tasso fisso dell'1,5% e del tasso del 75%

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dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo accertato dall'ISTAT rispetto al

dicembre dell'anno precedente.

Gli anticipi sul TFR

Il dipendente può chiedere un anticipo massimo del 70% del TFR maturato alla

data della richiesta in presenza dei seguenti requisiti:

1) otto anni di servizio presso la stessa azienda;

I motivi di anticipo del TFR sono:

1) acquisto della prima casa (per sé o per i figli);

2) per spese mediche;

3) spese sostenute durante il periodo di congedo parentale (astensione

facoltativa) per la nascita di un figlio ai sensi dell’art. 7 della legge 8 marzo

2000, n. 53;

4) spese sostenute per il periodo formativo.

Il Datore di lavoro è obbligato ad esaudire tali richieste entro il 4% del totale

dei dipendenti in forza all’azienda.

La tassazione del TFR

Diamo ora qualche breve cenno sulle modalità di tassazione del TFR precisando

che la materia ha subito delle modifiche a partire dal gennaio 2001 per effetto

del D.Lgs. n. 47/2000.

Il TFR è sempre stato un reddito soggetto a tassazione separata, vale a dire un

reddito che non va a sommarsi agli altri, per essere tassato. E' questa una

forma di tassazione prevista dal legislatore per quei redditi che hanno una

formazione pluriennale.

Il TFR era sottoposto, in passato, a tassazione solamente al momento della sua

corresponsione al dipendente.

La principale novità introdotta dal 1° gennaio 2001 riguarda le diverse

modalità di tassazione delle due componenti del Trattamento di Fine Rapporto,

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in altre parole la quota accantonata annualmente e la rivalutazione delle quote

relative agli anni precedenti.

In passato, entrambe queste componenti del Trattamento di Fine Rapporto

erano tassate al momento della erogazione della somma al dipendente.

Con la nuova disciplina la rivalutazione del TFR è soggetta, annualmente, ad

un'imposta sostitutiva dell'IRPEF. Tale imposta è pari all'11% delle rivalutazioni

maturate nell'anno precedente.

Le rivalutazioni del TFR non sono soggette a nessun altra forma di tassazione

neppure al momento della sua corresponsione al dipendente.

Per quanto riguarda invece, l'accantonamento vero e proprio al TFR esso

continua a essere tassato in modo analogo a quanto previsto prima del 1°

gennaio 2001 ed è quindi soggetta a tassazione solo al momento della sua

corresponsione al dipendente.

Detrazioni TFR

Fino all’anno 2001, la base imponibile TFR su cui calcolare l’imposta veniva

ridotta di una deduzione pari ad €. 309,87 per ciascun anno di maturazione del

TFR stesso, mentre con la disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 47/2000 sono

state previste due forme di detrazioni tra loro cumulabili, da rapportare a

eventuali periodi di part-time, nonché ai mesi lavorati nell'anno:

• euro 61,97 (€. 5,16 mensili) per ciascuno degli anni compresi tra

l'1/1/2001 e il 31/12/2005 per tutti i rapporti cessati nel suddetto

periodo (articolo 11, comma 5, D.Lgs. n. 47/2000). Ad esempio, nel caso

di erogazione del Tfr nell'anno 2007, in relazione a un rapporto di lavoro

cessato il 31/12/2004, la detrazione compete e sarà pari a euro 61,97 x

4. Viceversa, la detrazione non compete nel caso di Tfr erogato nell'anno

2004 in relazione a rapporto cessato il 31/12/2000, rilevando la data di

cessazione e non quella di materiale erogazione dell'indennità. La citata

detrazione assume, pertanto, i caratteri della transitorietà, non

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spettando più per i rapporti di lavoro cessati a partire dall'1/1/2006 e,

per questa ragione, non inserita nelle disposizioni del Tuir.

• euro 61,97 annue (€. 5,16 mensili) per i rapporti di lavoro a tempo

determinato di durata "effettiva" non superiore a due anni (articolo 19,

comma 1-ter, del Tuir). Il beneficio fiscale è, dunque, circoscritto ai

rapporti a tempo determinato (ad esempio, i contratti di formazione e

lavoro) cosicché l'eventuale trasformazione in rapporto a tempo

indeterminato determina la non spettanza della detrazione. Il riferimento

del legislatore alla durata "effettiva" del rapporto di lavoro comporta che:

o la detrazione compete nel caso in cui il contratto di lavoro preveda

una durata del rapporto superiore a due anni, ma di fatto la

cessazione del rapporto di lavoro avviene nel biennio

o la detrazione compete nel caso in cui il rapporto di lavoro a tempo

determinato supera il biennio per effetto di periodi di sospensione

(ad esempio, per infortunio o malattia). L'Amministrazione

finanziaria, infatti, ha chiarito (circolare n. 29/2001) che il

riferimento alla durata effettiva del rapporto comporta che non si

debba tener conto dei periodi di sospensione. In ogni caso, la

detrazione dovrà essere commisurata all'effettivo periodo di lavoro.

Ad esempio, se il rapporto a tempo determinato, della durata

contrattuale di 18 mesi, supera il biennio in conseguenza della

sospensione per 7 mesi per una delle cause previste dall'articolo

2110 cc, la detrazione compete, ma dovrà essere rapportata

all'effettivo periodo di servizio (18 mesi = 61,97 + 61,97 x 6 /12).

Poiché le detrazioni competono a partire dalle quote di Tfr maturate dal 1°

gennaio 2001, è di tutta evidenza che le stesse devono essere attribuite

esclusivamente riducendo l'imposta lorda calcolata sull'imponibile del Tfr

maturato dal 1° gennaio 2001, e fino a capienza dello stesso. Pertanto, nel

caso in cui l'intero ammontare del Tfr maturato dal 1° gennaio 2001 sia stato

trasferito a un fondo pensione, non compete il diritto alla detrazione, atteso

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che manca un'imposta lorda riferibile al Tfr maturato da tale data. Le detrazioni

non competono sulle anticipazioni.

ULTERIORE DETRAZIONE TFR

Il Decreto del 20 marzo 2008 del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha

dato attuazione all’articolo 2, comma 514, legge 244/2007 (Finanziaria 2008)

ed ha previsto l’introduzione di un’ulteriore detrazione sul TFR per i rapporti

cessati a far data del 31/03/2008.

I destinatari sono coloro che possono far valere un reddito di riferimento

non superiore a €. 30.000.

La riduzione fiscale varia da un minimo di €. 50 ad un massimo di €. 70 in base

al seguente meccanismo:

REDDITO RIFERIMENTO DETRAZIONE SPETTANTE

Fino a euro 7.500 Euro 70,00

Da euro 7.500,01 a euro

28.000

Euro 50 + [20 x (28.000 – reddito)/20.500)]

Da euro 28.000,01 a euro

30.000

Euro 50 + [(30.000 – reddito)/2.000)]

L’ulteriore detrazione non spetta se il lavoratore ha scelto di destinare

integralmente il proprio TFR ad una delle forme di previdenza complementare.

Inoltre la detrazione spetta in relazione ad una sola cessazione del rapporto di

lavoro per ciascun periodo d’imposta. Quindi nel caso che un lavoratore nel

corso di un anno cambi più aziende la detrazione spetta solo per il rapporto di

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lavoro che genera il reddito di riferimento del TFR più elevato. Vista

l’esclusività del beneficio, il datore di lavoro dovrà chiedere al lavoratore una

dichiarazione scritta attestante che non ha già fruito della detrazione per

rapporti cessati nello stesso periodo d’imposta.

Esempio di calcolo e tassazione del TFR

Vediamo un esempio di calcolo e tassazione del TFR.

Il lavoratore in questione aveva maturato un Trattamento di Fine Rapporto di

€. 19.850 dal 1/1/2001 al 31/12/2005, cioè fino al 31 dicembre dell'anno

precedente la data di cessazione rapporto.

L'ultima quota di TFR invece, cioè quella maturata dal primo gennaio dell'anno

in corso fino alla data di cessazione è pari alla R.A.D. (Retribuzione Annua

Dovuta) diviso il coefficiente fisso 13,5.

Nell'esempio la RAD per l'ultimo periodo è di € 7.000, che divisa per 13,5 fa €

518,52.

Dall'ultima quota di tfr maturato per l'anno in corso, cioè dai 518,52 Euro, va

detratta una trattenuta obbligatoria per legge, l'aliquota dello 0,50% a carico

del lavoratore che va a finanziarie il fondo di garanzia del FAP (Fondo

Adeguamento Pensioni) dell'INPS.

Lo 0,50% è calcolato sull'imponibile previdenziale dell'anno in corso ed

ammonta quindi a € 35 (€ 7.000X 0,50%).

La quota di TFR maturato per l'anno in corso (1/1/2006 - 10/2/2006) al netto

della trattenuta dello 0,50% è pari quindi a € 483,52.

A questo punto si procede con il calcolo della rivalutazione istat spettante per

l'ultimo periodo. Tenete presente che, come già detto, le rivalutazioni degli

anni precedenti sono incluse negli importi già accantonati.

La rivalutazione è calcolata sul totale degli accantonamenti precedenti, quindi

su € 19.850 e va riferita all'ultimo mese scaduto che precede la data di

cessazione.

Il tasso istat per la rivalutazione del tfr viene pubblicato mese per mese sulle

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riviste e sui quotidiani economici, in particolare sul Sole 24ore.

Ricordiamo che la rivalutazione viene operata una volta l'anno, quindi è

capitalizzata annualmente e non mensilmente, ad eccezione dell'ultimo

periodo, naturalmente.

Sull'importo della rivalutazione (F.do TFR al 31/12/2005 €. 19.850 x (1,5% +

75% di 2,46%= € 663,98) viene applicata un'imposta sostitutiva all’IRPEF

dell'11%, anche questa a carico del dipendente, nell'esempio questa

addizionale è di € 73,04 (€ 663,98 x 11%).

Le addizionali 11% relative agli importi di rivalutazione istat degli anni

precedenti si intendono quindi già detratti dagli importi accantonati. Ora

occorre procedere al calcolo della tassazione IRPEF del TFR. La tassazione sul

TFR, diversamente da quella della busta paga, opera secondo meccanismi

differenti e viene detta tassazione separata.

L'IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) che il datore di lavoro è

obbligato in veste di sostituto d'imposta a conteggiare sulla busta paga

mensile, viene chiamata IRPEF a tassazione ordinaria, mentre quella sul TFR è

detta IRPEF a tassazione separata.

Vediamo qual'è il procedimento. Prima di tutto, a partire dai totali parziali

appena visti, occorre precalcolare un parametro, detto Reddito di Riferimento.

Questo RR (Reddito di Riferimento) non è altro che un valore fittizio, il quale

serve unicamente alla determinazione dell'aliquota media da applicare

all'imponibile TFR, come vedremo tra poco.

Da notare che l'importo totale di € 20.918,46 (è soltanto il TFR Lordo, non è

ancora evidentemente quello che materialmente va in busta al lavoratore,

perché occorre ancora applicare appunto l'IRPEF a tassazione separata.

Vediamo come si procede quindi per quanto riguarda la determinazione del

Reddito di Riferimento.

La formula è RR = (Fondo TFR lordo spettante - rivalutazione netta) X 12 /

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(totale degli anni interi + ultima frazione mesi/12)

cioè RR = (€ 20.918,46 - € 590,94) X 12 / 4 + 1/12 = €. 59.742,89

Quindi il nostro RR (Reddito di Riferimento) ammonta a €. 59.742,89.

A questo punto prendiamo la tabella delle aliquote e degli scaglioni IRPEF in

vigore alla data di cessazione di rapporto e vediamo che il nostro RR rientra nel

primo, secondo e terzo scaglione:

€. 26.000 x 23%= €. 5.980

€. 7.500 x 33%= €. 2.475

€. 26.242,89 x 39%= €. 10.234,73

Il totale dell’IRPEF è di €. 18.689,73, per cui l'aliquota media da considerare

per la tassazione separata del TFR è la seguente:

IRPEF calcolata / R.R. = €. 18.689,73 / €. 59.742,89= 31% aliquota media

IRPEF.

Riepilogando il TFR lordo è di €. 20.918,46 così ottenuto:

+ € 19.850 Fondo TFR dal 1/1/2001 al 31/12/2005

+ €. 512,52 quota di tfr maturata per l'anno 2006

+ €. 663,98 rivalutazione fondo TFR al 31/12/2005

- €. 35,00 quota 0,50% fondo adeguamento pensioni

- €. 73,04 imposta sostitutiva dell’11% sulla rivalutazione.

Dal Fondo TFR lordo si sottrae l’importo della rivalutazione netta di €. 590,94

per evitare di assoggettare la rivalutazione ad un’ulteriore imposta, e

sull’importo residuo si applica l’imposta IRPEF media del 31% ottenendo:

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(Fondo TFR lordo – Rivalutazione Netta) x aliquota media IRPEF =

(€. 20.918,46 - €. 590,94) x 31%= €. 6.301,53 Imposta Sostitutiva IRPEF.

All’imposta sostitutiva IRPEF non si applicano le detrazioni perchè:

1) Non spetta la detrazione per il periodo 2001-2005 in quanto il rapporto è

cessato nel 2006.

2) Non spetta l’ulteriore detrazione in quanto R.R. superiore ad €. 30.000

Pertanto Il TFR netto da corrispondere al dipendente sarà:

Fondo TFR lordo al 10/02/2006 – Imposta Sostitutiva IRPEF =

€. 20.918,46 - €. 6.301,53 = €. 14.616,93

30. Documenti retributivi obbligatori

Il CUD

A conclusione del nostro corso parliamo di un altro documento retributivo,

diverso dal prospetto paga, che il datore di lavoro è tenuto a compilare e a

consegnare al dipendente, ovvero il CUD.

Il CUD è un modello di certificazione unica dei redditi dei lavoratori dipendenti.

Questo modello ha sostituito il precedente modello 101.

L'obbligo di compilare e consegnare al dipendente il CUD è fissato nell'art.7 bis

del D.P.R. 600/73. Si tratta di un certificato che il datore di lavoro deve

consegnare al dipendente entro il 31 marzo dell'anno successivo o, in caso di

cessazione del rapporto di lavoro, entro 12 giorni dalla richiesta. Tale

documento è utilizzato per attestare l'ammontare dei redditi percepiti dal

dipendente e delle ritenute subite.

Il CUD si compone di due pagine. La prima contiene i dati relativi al sostituto di

imposta, quelli relativi al percettore dei redditi, l'ammontare dei redditi

corrisposti, tutte le informazioni necessarie per l'eventuale compilazione della

dichiarazione dei redditi da parte del dipendente, i conguagli effettuati, i

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compensi relativi ad anni precedenti, le indennità di fine rapporto e le altre

indennità corrisposte.

La seconda pagina contiene, invece, un riepilogo di dati previdenziali e

assistenziali.