Manuale Edises - Lingua Inglese Nella Scuola Secondaria

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    concorso

    a CATTEDRA 

    ilnuovo

    Classi di concorso

    A345  Lingua straniera – Inglese

    A346  Lingue e civiltà straniere – Inglese

    Lingua Inglesenella scuola secondaria

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    Il Concorso a Cattedra – Classi A045; A046 – I edizioneCopyright © 2013, EdiSES S.r.l. – Napoli

    9 8 7 6 5 4 3 2 1 02017 2016 2015 2014 2013

    Le cifre sulla destra indicano il numero e l’anno dell’ultima ristampa effettuata 

     A norma di legge è vietata la riproduzione, anche parziale,

    del presente volume o di parte di esso con qualsiasi mezzo.

    L’Editore

    Progetto graco e fotocomposizione : ProMedia Studio di A. Leano – Napoli

     Fotoincisione : PrintSprint – Napoli

    Stampato presso  Litograa di Enzo Celebrano – Via Campana, 233 – Pozzuoli (NA)

    Per conto della  EdiSES – Via Nuova San Rocco, 62/A – Napoli

      www.edises.it 

    ISBN 978 88 6584 221 8  [email protected] 

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    Finalità e struttura dell’opera

    La scuola italiana ha compiuto grandi progressi negli ultimi decenni e sta an-cora facendo molti sforzi per adeguarsi alle indicazioni europee nel campodell’insegnamento e dell’apprendimento delle lingue. L’internazionalizzazio-ne e lo sviluppo della dimensione europea tuttavia non sono obiettivi facilmen-te raggiungibili, perché mirano ad ottenere il più alto grado di uniformitàpartendo da sistemi scolastici molto diversi fra di loro e radicati in un tessutoculturale eterogeneo. Né sarebbe sufciente, qualora fosse possibile, cancella-

    re le prassi obsolete per adottare quelle degli altri Paesi europei, poiché non sipossono sradicare le tradizioni culturali speciche del proprio Paese.

    Rivolto ai candidati al concorso a cattedra nella scuola secondaria, questomanuale, ricco di spunti operativi per una didattica innovativa e partecipativa,

     vuole essere un mezzo per conoscere i bisogni dell’apprendente   della societàdel terzo millennio, che deve assiduamente confrontarsi con parlanti  di altreculture, e per riettere sulle esigenze comunicative proprie di un mondo glo-balizzato.

    La  prima parte del testo è dedicata agli aspetti normativi e ordinamenta-

    li correlati all’insegnamento della lingua inglese. Il capitolo primo si focaliz-za sulle proposte europee nell’ultimo decennio e sulle strategie fortementeauspicate nel nostro continente e recepite, almeno formalmente, da tutti gliStati. Pur essendo consapevoli della diffusione del Quadro Comune Europeodi Riferimento per le lingue, si è scelto di dedicare molta attenzione a questostrumento, afnché tutti i docenti, o aspiranti tali, possano conoscere le molte-plici opportunità che esso offre sia al docente sia allo studente e afnché possaessere recepito da ognuno secondo le proprie esigenze formative. Soprattuttosi vuole evidenziare come la sua duttilità e essibilità lo rendano un mezzo dilavoro estremamente utile “per tutti”. La sua autorevolezza infatti non derivadall’essere prescrittivo, ma al contrario dal presentarsi come un contenitore incui nulla è stato dimenticato o lasciato al caso.

    Il testo procede poi con l’analisi delle qualità e delle qualiche che caratteriz-zano il prolo del docente europeo. Tale gura idealmente tende ad uniforma-re su tutto il continente gli aspetti che identicano la professionalità del docen-te (la formazione lungo tutto l’arco della vita lavorativa attiva, le conoscenze dibase, linguistiche e non, la competenza come punto di riferimento per gli ap-prendenti, l’uso della tecnologia della comunicazione, requisito ormai impre-scindibile in qualsiasi ambito lavorativo) e si ritiene pertanto che sia oltremodo

    importante, per chi si trova ad operare nel mondo della scuola, riettere sulleproprie abilità in modo critico e conoscere quelle ancora da acquisire in unambito che sta diventando sempre più internazionale e transnazionale.

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    IV  Finalità e struttura dell’opera 

     A seguire tale premessa che aiuta a capire in quale direzione si stia muoven-do l’Europa, nel capitolo secondo si è indagata la realtà della scuola italiana, incui le recenti riforme stanno mettendo in pratica la dimensione europea. Dopo

    una panoramica sugli ordinamenti di ogni ordine e grado, con indicazione deirispettivi quadri orari e degli obiettivi specici di apprendimento, relativi allelingue straniere e alle culture ad esse sottese, sono analizzate le metodologiepiù attuali e quelle che meglio rispondono alle necessità di formazione, a parti-re dal CLIL, mai sperimentato nel nostro Paese nel passato. È stata inoltre chia-rita l’importanza dei sussidi multimediali e dell’insegnamento a distanza, comemodello di apprendimento collaborativo e fautore di scambi di esperienze fradocenti operanti in aree territoriali anche molto lontane.

    La seconda parte del manuale entra nel vivo della didattica fornendo spuntisull’insegnamento della civiltà ed esempi di unità di apprendimento. Il capito-

    lo primo prende in esame il problema dell’insegnamento della “civiltà”, argo-mento quanto mai spinoso che fa cadere facilmente nel campo minato dellabanalizzazione dei contenuti e nel rinforzo degli stereotipi che, al contrario,dovrebbero essere rimossi. Riprendendo e richiamando gli obiettivi di appren-dimento relativi alla cultura, si discute del rapporto fra lingua e civiltà.

    Il capitolo secondo propone esempi di unità di apprendimento che possonoessere attivate in vari indirizzi scolastici, da singoli docenti o meglio ancora dagruppi di docenti, per un approccio innovativo alla civiltà del Paese di cui sistudia la lingua.

    Inne la terza parte offre la ricostruzione, in lingua inglese, dei tratti salientidel contesto storico, sociale e culturale in cui emergono le tematiche e gli au-tori della letteratura inglese, a partire dalle origini sino all’età contemporanea.L’analisi si estende, in un’ottica postcoloniale, no a comprendere i principaliscrittori della letteratura anglofona dei Caraibi, dell’Africa e dell’India.

    Lungi dall’essere un percorso concluso, questo manuale vuole piuttosto sti-molare una serie di riessioni sul campo e la condivisione continua di obiettividisciplinari, educativi e pedagogici che possa condurre alla denizione di uncurricolo essibile, permeabile e sempre in eri .

    Eventuali aggiornamenti normativi, ma anche materiali didattici integrativio approfondimenti, saranno resi disponibili sul sito dedicato alla collanaaccessibile dal seguente link:

     www.concorsoacattedra.it 

    Inoltre, per consentire agli aspiranti docenti di tenersi costantemente aggior-nati sull’iter concorsuale è stata creata un’apposita pagina facebook raggiungibiledall’indirizzo:

    Facebook.com/ilconcorsoacattedra 

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    Indice generale

    PARTE PRIMAVERSO LA SCUOLA DI DOMANI

    Capitolo Primo  L’Europa per le lingue1.1 La politica linguistica in Europa 41.2 Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue 7

    1.2.1 Finalità del QCER 71.2.2 Caratteristiche generali del QCER 91.2.3 Livelli e descrittori 131.2.4 L’auto-valutazione e il concetto di errore 151.2.5 Il Portfolio e il Passaporto 171.2.6 Esempio di programmazione secondo il QCER 21

    1.3 Il prolo del docente europeo di lingue 281.3.1 La formazione del docente 291.3.2 La formazione iniziale 291.3.3 La formazione in servizio 31

    1.3.4 Il ruolo di Mentor   321.3.5 La conoscenza delle lingue del docente europeo 331.3.6 Saper insegnare le lingue straniere 331.3.7 Saper insegnare un’altra disciplina 341.3.8 L’approccio metodologico e la consapevolezza del ruolo di docente 361.3.9 L’accertamento della competenza linguistica 361.3.10 L’accertamento della professionalità del docente 381.3.11 L’ interculturalità 421.3.12 La conoscenza e l’uso delle TIC 45

    Capitolo Secondo  La via italiana alla dimensione europea2.1 L’insegnamento delle lingue: un approccio verticale 48

    2.1.1 L’insegnamento dell’inglese e della seconda lingua comunitaria  nella scuola secondaria di primo grado 532.1.2 L’insegnamento dell’inglese e delle lingue straniere nella scuola  secondaria di secondo grado 542.1.3 L’insegnamento delle lingue straniere nei licei 572.1.4 L’insegnamento della lingua inglese e delle lingue straniere  nell’istruzione professionale 592.1.5 L’insegnamento della lingua inglese e delle lingue straniere

      nell’istruzione tecnica 622.2 CLIL: insegnamento e apprendimento in un’altra lingua 642.2.1 Le ripercussioni della metodologia CLIL sul curricolo scolastico 68

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    VI  Indice generale 

    2.2.2 La metodologia CLIL: dall’Europa all’istruzione superiore secondaria  italiana 70

    2.3 La glottodidattica e l’apprendimento delle lingue in Italia 73

    2.3.1 Gli approcci e i metodi più diffusi 772.3.2 Le intelligenze multiple 812.3.3 I sussidi didattici multimediali 842.3.4 La formazione a distanza 87

    PARTE SECONDAL’UNIVERSO CULTURALE E LA LINGUA STRANIERA

    Capitolo Primo  Il connubio lingua e cultura

    1.1 Cosa si intende per civiltà 931.1.1 La civiltà e il suo insegnamento nel sistema scolastico italiano 941.2 Indicazioni metodologiche 981.3 Cosa si intende per “testo”? 991.4 Alcune proposte per la scuola secondaria di primo grado 1001.5 La metodologia CLIL 102

    Capitolo Secondo  Esempi di unità di apprendimentoUnità di apprendimento 1 Il sistema giuridico anglosassone e il sistema giuridico  italiano, due modelli a confronto 104Unità di apprendimento 2 Una città italiana vista con gli occhi di una turista  inglese 114Unità di apprendimento 3 Il sistema scolastico inglese attraverso il metodo di  insegnamento di una disciplina 125Unità di apprendimento 4 La scoperta di aspetti culturali di un paese tramite  mezzi multimediali 136

    PARTE TERZASTORIA E LETTERATURA

    Chapter One  From the Origins to the Middle Ages1.1 From the Origins to the Anglo-Saxon Period 145

    1.1.1 Historical and Social Background 1451.1.2 Cultural and Literary Background 147

    1.2 Anglo-Saxon Literature 1491.2.1 Anglo-Saxon Prose Writing 1491.2.2 Anglo-Saxon Epic Poetry: Beowulf 1501.2.3 Anglo-Saxon Lyric Poetry: the Elegies 1511.2.4 Anglo-Saxon Religious Poetry 151

    1.3 The Middle Ages 152

    1.3.1 Historical and Social Background 1521.3.2 Cultural and Literary Background 155

    1.4 Medieval Literature 157

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      Indice generale VII

    1.4.1 The Medieval Verse Romance 1571.4.2 William Langland (ca. 1332-ca. 1386) 1591.4.3 Geoffrey Chaucer (ca. 1343-1400) 159

    1.4.4 John Gower (ca. 1330-1408) 1611.4.5 The Medieval Ballad 1621.4.6 Medieval Prose Writing 1631.4.7 The Origins of English Drama 164

    Chapter Two  The Renaissance: The Elizabethan Age2.1 The English Renaissance 166

    2.1.1 Historical and Social Background 1662.1.2 Cultural and Literary Background 168

    2.2 Renaissance Poetry 171

    2.2.1 Early Tudor Poetry 1712.2.2 Courtly Poets 1722.2.3 Philip Sydney (1554-1586) 1722.2.4 William Shakespeare’s Poetry 1732.2.5 Edmund Spencer (1552-1599) 175

    2.3 Elizabethan Drama 1772.3.1 The Elizabethan Theatre 1772.3.2 Elizabethan Early Drama 1792.3.3 Elizabethan Comedy 1792.3.4 Elizabethan Tragedy: Thomas Kyd (ca. 1558-ca. 1594) 1802.3.5 Christopher Marlowe (1564-1593) 180

    2.4 William Shakespeare (1564-1616) 1822.4.1 Life, General Features and Overview of Works 1822.4.2 Shakespeare’s Histories 1852.4.3 Shakespeare’s Comedies 1862.4.4 Shakespeare’s Tragedies 1902.4.5 Shakespeare’s Romances 196

    2.5 Sixteenth Century Prose Writing 1992.5.1 Humanism: Thomas More (1478-1535) 1992.5.2 Educational Prose Writing: Roger Ascham, Thomas Elyot and  Thomas Hoby 199

    2.5.3 Elizabethan Prose Fiction 2002.5.4 Travel Writing: Samuel Purchas and Walter Raleigh 202

    Chapter Three  From the Jacobean Age to the Restoration Period3.1 The Stuart Period and the Restoration 204

    3.1.1 Historical and Social Background 2043.1.2 Cultural and Literary Background 207

    3.2 Jacobean and Restoration Poetry 2093.2.1 The Metaphysical Poets 2093.2.2 The Cavalier Poets 212

    3.2.3 Andrew Marvell (1621-1678) 2133.2.4 John Milton (1608-1674) 2143.2.5 John Dryden (1631-1700) 217

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    VIII  Indice generale 

    3.3 Jacobean and Restoration Drama 2183.3.1 Ben Jonson (1573-1637) 2183.3.2 Jacobean Comedy and Tragicomedy 220

    3.3.3 Jacobean Revenge Tragedy 2223.3.4 John Dryden (1631-1700) 2223.3.5 William Congreve (1670-1729) 224

    3.4 Seventeenth Century Prose Writing 2253.4.1 Political and Philosophical Prose Writing 2253.4.2 Robert Burton (1577-1649) 2283.4.3 John Milton (1608-1674) 2283.4.4 John Bunyan (1628-1688) 2293.4.5 Women’s Prose Writing 2303.4.6 Literary Criticism: John Dryden 231

    3.4.7 The Diarists 231

    Chapter Four  The Augustan Age4.1 The Age of Reason (1714-1760) 233

    4.1.1 Historical and Social Background 2334.1.2 Cultural and Literary Background 235

    4.2 The Rise of the Novel 2374.2.1 The Rise of the Realistic Novel 2374.2.2 Daniel Defoe (1660-1731) 2384.2.3 Jonathan Swift (1667-1745) 2404.2.4 Samuel Richardson (1689-1761) 2424.2.5 Henry Fielding (1707-1754) 2444.2.6 Lawrence Sterne (1713-1768) 2464.2.7 Women’s Writing 248

    4.3 Augustan Prose Writing 2484.3.1 The Rise of Journalism 2484.3.2 Samuel Johnson (1709-1784) 2504.3.3 Satirical Prose Writing: Jonathan Swift 2514.3.4 Philosophical and Historical Prose Writing 252

    4.4 Augustan Drama and Poetry 2534.4.1 The Sentimental Comedy: Richard Steele 253

    4.4.2 The Augustan Tragedy: Richard Addison 2544.4.3 The Ballad Opera: John Gay (1685-1732) 2544.4.4 The New Comedy of Manners 2554.4.5 Augustan Poetry: Alexander Pope and his circle 2564.4.6 The Twilight of Classicism: Towards a New Sensibility 258

    Chapter Five  The Age of Sensibility5.1 The Romantic Age (1776-1837) 261

    5.1.1 Social and Historical Background 2615.1.2 Cultural and Literary Background 263

    5.2 Pre-Romanticism 2675.2.1 Pre-Romantic Sensibility: an Introduction 2675.2.2 Ossianic Poetry: James Macpherson (1736-1796) 268

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      Indice generale IX

    5.2.3 Graveyard Poetry 2685.2.4 Robert Burns (1759-1796) 2715.2.5 Early Gothic Fiction 271

    5.3 First Generation of Romantic Poets 2745.3.1 William Blake (1757-1827) 2745.3.2 William Wordsworth (1770-1850) 2765.3.3 Samuel Taylor Coleridge (1772-1834) 279

    5.4 Second Generation of Romantic Poets 2825.4.1 George Gordon, Lord Byron (1788-1824) 2825.4.2 Percy Bysshe Shelley (1792-1822) 2855.4.3 John Keats (1795-1821) 288

    5.5 The Romantic Novel 2925.5.1 The Evolution of the Gothic Novel: Mary Wollstonecraft Shelley 

      (1797-1851) 2925.5.2 The Historical Novel: Walter Scott (1771-1832) 2935.5.3 The Novel of Manners: Jane Austen (1775-1817) 296

    5.6 Romantic Drama and Prose Writing 2985.6.1 Romantic Drama 2985.6.2 Romantic Prose Writing 300

    Chapter Six  The Victorian Age6.1 Queen Victoria’s Reign (1832-1901) 303

    6.1.1 Historical and Social Background 3036.1.2 Cultural and Literary Background 306

    6.2 The High Victorian Novel 3106.2.1 Charles Dickens (1812-1870) 3106.2.2 William Makepeace Thackeray (1811-1863) 3136.2.3 Anthony Trollope (1815-1882) 3156.2.4 The Brontë Sisters 3166.2.5 The Fiction of Crime, Mystery and the Supernatural 3206.2.6 George Eliot (1819-1880) 321

    6.3 The Late Victorian Novel 3236.3.1 Thomas Hardy (1840-1928) 3236.3.2 Robert Louis Stevenson (1850-1894) 326

    6.3.3 Rudyard Kipling (1865-1936) 3276.3.4 The Fiction of Mystery, Supernatural and Crime 328

    6.4 Victorian Poetry 3316.4.1 Alfred Tennyson (1809-1892) 3316.4.2 Robert Browning (1812-1889) 3336.4.3 Elizabeth Barrett Browning (1806-1861) 3356.4.4 Matthew Arnold (1822-1888) 3366.4.5 Gerard Manley Hopkins (1844-1889) 337

    6.5 From the Pre-Raphaelites to the Aesthetic Movement 3386.5.1 The Pre-Raphaelite Brotherhood 338

    6.5.2 Aestheticism and Decadence 3416.5.3 Algernon Charles Swinburne (1837-1909) 3426.5.4 Walter Pater (1839-1894) 343

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    X  Indice generale 

    6.5.5 Oscar Wilde (1854-1900) 3446.6 Victorian Drama and Prose Writing 346

    6.6.1 Victorian Drama: an Overview 346

    6.6.2 Oscar Wilde and the Plays of Manners 3476.6.3 George Bernard Shaw (1856-1950) and the Plays of Ideas 3496.6.4 Victorian Prose Writing 352

    Chapter Seven  Modern Times7.1 The First Half of the 20th Century (1901-1945) 355

    7.1.1 Historical and Social Background 3557.1.2 Cultural and Literary Background 358

    7.2 The Novel of Transition: from Tradition to Early Modernism 3617.2.1 Henry James (1843-1916) 361

    7.2.2 Joseph Conrad (1857-1924) 3637.2.3 Edward Morgan Forster (1879-1970) 3657.2.4 Other Edwardian Writers: John Galsworthy (1867-1933) 367

    7.3 The Modern Novel 3677.3.1 James Joyce (1882-1941) 3677.3.2 Virginia Woolf (1882-1941) 3707.3.3 David Herbert Lawrence (1885-1930) 3727.3.4 Aldous Leonard Huxley (1894-1963) 3747.3.5 George Orwell (1903-1950) 376

    7.4 Poetry in the First Half of the 20th Century 3777.4.1 Edwardian Poetry 3777.4.2 Georgian Poetry 3797.4.3 The War Poets 3797.4.4 William Butler Yeats (1865-1939) 3817.4.5 Thomas Stearns Eliot (1888-1965) 3837.4.6 English Poetry of the 1930s 3867.4.7 English Poetry of the 1940s 388

    Chapter Eight  The Present Age8.1 The Second Half of the 20th Century (1945-today) 390

    8.1.1 Historical and Social Background 390

    8.1.2 Cultural and Literary Background 3958.2 Post-war poetry 397

    8.2.1 The Movement 3978.2.2 The Group 3988.2.3 The Liverpool poets 3988.2.4 The Ulster poets 399

    8.3 Modern and Contemporary Drama 4018.3.1 John Osborne (1929-1994) 4018.3.2 Samuel Beckett (1906-1989) 4028.3.3 Harold Pinter (1930-2008) 405

    8.3.4 Tom Stoppard (1937) 4078.4 20th Century Novel 409

    8.4.1 The Second Post-war Period Novelists 409

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      Indice generale XI

    8.4.2 Post-modern Novelists 4108.4.3 Contemporary Novelists 4108.4.4 A zoom in Postcolonial literature 412

    8.4.5 A snapshot on two Indo-English writers 416

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    Parte Prima

    Verso la scuola

    di domani

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      1  Capitolo Primo

    L’Europa per le lingue

    Nel corso degli ultimi anni la composizione delle classi nelle scuole italiane si èrapidamente modificata divenendo sempre più pluriculturale  e  plurilingue  e se-

    gnando, nel contempo, un passaggio da una “monocultura” ed una lingua pre- valente ad una lenta apertura alle culture “altre”, segno tangibile della trasfor-mazione avvenuta nella nostra società. Le istituzioni scolastiche hanno saputoadattare il proprio sistema valoriale a tali profondi cambiamenti, rivisitando ilconcetto di “mission” e cercando di sviluppare nei giovani un senso della citta-dinanza attiva che andasse oltre a meri confini geografici di appartenenza, nel-la prospettiva della costruzione di una società improntata al profondo rispettodel sé e “dell’altro da sé” per operare nell’ambito dell’educazione agita.Nel sistema classe il contatto tra culture diverse ha quindi comportato lo svilup-po nei docenti di nuove competenze quali, ad esempio, la capacità di decodifi-

    care messaggi plurimi, con tempi e strategie che a volte potevano rivelarsi inef-ficaci in quanto poggiavano sui modelli culturali di appartenenza. Poiché icodici e le modalità di scambio sono altamente diversificati, negli insegnantideve prevalere un atteggiamento “dialogico” ove i ruoli e i linguaggi sianoorientati verso l’accettazione della singola espressività. Solo così il pluralismo sidecanta e diviene forma di esperienza vissuta.Inoltre la sempre maggiore produzione di libri di testo e materiali plurilingueed una nuova sensibilità verso l’educazione linguistica   hanno indubbiamentecontribuito alla diffusione di buone pratiche e di strumenti per affrontare leproblematiche di svantaggio linguistico e di sviluppo delle competenze lingui-

    stiche degli studenti, pur rimanendo il docente il vero regista dell’articolatoprocesso di insegnamento-apprendimento.La definizione di competenza plurilingue e pluriculturale fornita dal QuadroComune Europeo di Riferimento per le lingue: apprendimento insegnamento

     valutazione (d’ora innanzi: QCER)1  ha inoltre obbligato gli insegnanti nonsolo a riflettere sulla diversificazione dei profili di padronanza linguistica, ma

    1 Nel QCER con competenza plurilingue e pluriculturale si intende “la capacità che unapersona, come soggetto sociale, ha di usare le lingue per comunicare e di prendere parte ainterazioni interculturali, in quanto padroneggia, a livelli diversi, competenze in più lingue

    ed esperienze in più culture. Questa competenza non consiste nella sovrapposizione o nellagiustapposizione di competenze distinte, ma è piuttosto una competenza complessa o addi-rittura composita su cui il parlante può basarsi”.

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    4  Parte Prima  Verso la scuola di domani

    anche a ripensare l’offerta formativa in ambiti di apprendimento istituzionaliz-zato, valorizzando sia la lingua madre, sia le lingue veicolari attraverso la didat-tica delle lingue successive e tramite moduli CLIL (Content and language integrat- 

    ed learning ).L’orientamento attuale dell’insegnamento delle lingue sembra quindi privile-giare una didattica diretta allo sviluppo di un plurilinguismo proattivo tramite ilquale l’apprendente affronta da “monolingue” l’apprendimento delle linguestraniere (LS), ma proprio grazie a questo processo egli costruisce il suo pluri-linguismo individuale, eventualmente continuando a studiare la sua lingua ma-dre (LM), se questa non fosse la lingua dell’insegnamento curricolare.In sintesi nella scuola italiana si sta rapidamente diffondendo un approccioplurilingue volto all’integrazione tra LM, lingua di scolarizzazione e LS, attra-

     verso un profondo ripensamento ed una revisione in chiave interculturale dei

    curricoli. All’antico ed infondato timore che l’apprendimento contemporaneodi più sistemi linguistici possa causare transfer  negativi si sta sostituendo una

     visione plurima che facilita l’interazione e la compenetrazione di lingue e cul-ture.Per molti versi le istituzioni scolastiche italiane hanno quindi saputo ritrovare,in un’ottica pluriculturale, il precipuo ruolo di ambiente autentico di appren-dimento, aperto a tutti e a tutte le caleidoscopiche differenze.

    1.1  La politica linguistica in EuropaL’impegno della Commissione europea nel promuovere l’apprendimento del-le lingue e nel facilitare il dialogo interculturale affonda le sue radici nel 1989,anno in cui fu approvato “Lingua ”, il primo programma di diffusione dell’inse-gnamento delle lingue e delle culture straniere. Nel 2001, anno europeo dellelingue, furono adottate numerose risoluzioni per lo sviluppo di azioni comuni-tare volte alla maggiore e capillare diffusione delle lingue in ambito europeo.L’importanza dell’apprendimento linguistico fu tuttavia magistralmente sotto-lineato dalla cosiddetta Strategia di Lisbona, adottata dal Consiglio nel marzo2000, in quanto condizione necessaria per migliorare ed accrescere i livelli dicompetitività.I Consigli europei di Stoccolma (23 e 24 marzo 2001) e di Barcellona (15 e 16marzo 2002) posero obiettivi futuri concreti per i sistemi di istruzione e forma-zione europei nonché un programma di lavoro (“Istruzione e formazione 2010 ”)per poterli raggiungere entro il 2010. Gli obiettivi poc’anzi citati comprendeva-no lo sviluppo di abilità per la società della conoscenza ed anche obiettivi speci-fici per promuovere l’apprendimento delle lingue, sviluppare l’imprenditoriali-tà e rispondere all’esigenza generalizzata di accrescere la dimensione europeanell’istruzione. Ed è proprio all’indomani di tali Consigli che i capi di Stato

    dell’Unione Europea auspicarono il miglioramento delle competenze di base,in particolare “tramite l’insegnamento di almeno due lingue straniere sin dall’infan- zia ”. Evidente è l’intento programmatico che si esplicò nella successiva comuni-

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      Capitolo 1  L’Europa per le lingue 5

    cazione “Promuovere l’apprendimento delle lingue e la diversità linguistica: Pianod’azione 2004-2006 ”2: secondo le previsioni di quest’ultimo documento gli stu-denti europei dovevano acquisire una “efficace capacità comunicativa, vale a dire

    competenze attive piuttosto che una conoscenza passiva” che si associassero nel con-tempo a competenze interculturali e alla “capacità di imparare delle lingue, autono- mamente o con l’ausilio di un insegnante”. Inoltre venivano enucleati gli obiettiviprincipali da raggiungere, attraverso 47 proposte d’azioni concrete3, in tre areestrategiche: 1. apprendere le lingue lungo tutto l’arco della vita; 2. migliorarel’insegnamento delle lingue; 3. creare un ambiente favorevole alle lingue.In seguito nel 2005, nel tentativo di rilanciare gli obiettivi enunciati a Lisbona,la Commissione europea presentò una nuova strategia per l’apprendimentodelle lingue attraverso la Comunicazione “Un nuovo quadro strategico per ilmultilinguismo ”4 e nel 2006, tramite la “Raccomandazione del Parlamento europeo e

    del Consiglio” del 18 dicembre furono fissate le otto competenze chiave5 che unsistema educativo di qualità doveva garantire ai cittadini europei, al fine dimetterli nella condizione di vivere in modo attivo e responsabile in una societàglobalizzata e multiculturale. Agli Stati membri veniva richiesto di svilupparel’offerta di competenze chiave per tutti nell’ambito di specifiche strategie diapprendimento permanente, assicurando, tra l’altro, che l’istruzione e la for-mazione iniziale potessero offrire ai giovani gli strumenti per sviluppare talicompetenze in modo da poter affrontare la vita adulta e per ulteriori occasionidi apprendimento, vita lavorativa inclusa.Tra le otto competenze chiave figurano, nelle prime due posizioni, la comunica- zione in lingua madre  e la comunicazione nelle lingue straniere  ed è fondamentalesottolineare come tutte le competenze chiave siano considerate ugualmenteimportanti, poiché ciascuna di esse può contribuire a una vita positiva nellasocietà della conoscenza. Specificatamente per quanto concerne la secondacompetenza chiave la Raccomandazione fornisce dapprima una definizione:“essa si basa sulla capacità di comprendere, esprimere e interpretare concetti, pensieri,sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta — comprensione orale, espressio- 

    2  COM(2003) 449 del 24 luglio 2003.3

      Delle 47 azioni iniziali 41 sono state completate nel 2007, 5 saranno concluse entro il 2013mentre una è stata cancellata ma ripresa in parte in altra azione.4  COM(2005) 596 del 22 novembre 2005.5  Vale la pena ricordare qui le otto competenze chiave, così come presentate nella Rac- comandazione del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente

    (2006/962/CE):1) comunicazione nella madrelingua;2) comunicazione nelle lingue straniere;3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;4) competenza digitale;5) imparare a imparare;

    6) competenze sociali e civiche;7) spirito di iniziativa e imprenditorialità;8) consapevolezza ed espressione culturale.

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    6  Parte Prima  Verso la scuola di domani

    ne orale, comprensione scritta ed espressione scritta — in una gamma appropriata dicontesti sociali e culturali — istruzione e formazione, lavoro, casa, tempo libero — a se- conda dei desideri o delle esigenze individuali. La comunicazione nelle lingue straniere

    richiede anche abilità quali la mediazione e la comprensione  interculturale . Il livello di padronanza di un individuo varia inevitabilmente tra le quattro dimensioni (compren- sione orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e tra le diverselingue e a seconda del suo background sociale e culturale, del suo ambiente e delle sueesigenze e/o dei suoi interessi ”. A seguire si evidenzia che conoscenze, abilità e at-titudini essenziali legate a tale competenza presuppongono: “la conoscenza delvocabolario e della grammatica funzionale e una consapevolezza dei principali tipi diinterazione verbale e dei registri del linguaggio. È importante anche la conoscenza delle  convenzioni sociali , dell’ aspetto culturale  e della variabilità dei linguaggi ”. Inoltre sisottolinea come le abilità essenziali per la comunicazione in lingue straniere

    consistano: “nella capacità di comprendere messaggi, di iniziare, sostenere e concludereconversazioni e di leggere, comprendere e produrre testi appropriati alle esigenze indivi- duali”. Infine si rileva come le persone debbano “essere anche in grado di usareadeguatamente i sussidi e di imparare le lingue anche in modo informale nel contestodell’apprendimento permanente”. In sintesi è possibile asserire che un atteggiamen-to positivo comporta “l’apprezzamento della diversità culturale  nonché l’interesse e lacuriosità per le lingue e la comunicazione interculturale ”.Nel gennaio 2007 il Commissario Leonard Orban fu incaricato di dare nuovoimpulso al multilinguismo all’interno degli Stati membri, prestando particola-re attenzione al settore delle lingue nelle imprese, anche in prospettiva dell’An-no europeo del dialogo interculturale (2008).Tra il settembre ed il novembre 2007 si svolse una consultazione pubblica, pro-mossa dalla Commissione europea, al fine di conoscere le opinioni dei cittadinieuropei rispetto alla politica linguistica. Le risultanze di tale ricerca confluiro-no in una nuova Comunicazione che fu pubblicata nel settembre 2008 e che siintitolava: “Il multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune ”6. Ladiffusione delle lingue diveniva così un compito condiviso ed ineluttabile degliStati europei al fine di migliorare le opportunità di vita dei cittadini, facilitandol’accesso a servizi e garantendo diritti, aumentando altresì la mobilità grazie a

    un miglior dialogo interculturale. In particolare nel testo della Comunicazionesi ribadisce, tra l’altro, come “la diversità linguistica dell’Europa costituisca una ri- sorsa culturale di grande importanza e che sarebbe errato se l’Unione europea si limitassea una sola lingua principale” e si fa riferimento all’“importanza di promuovere e so- stenere lo sviluppo di strategie e modelli pedagogici innovativi  per l’insegnamento dellelingue, al fine di promuovere l’acquisizione delle competenze linguistiche e di svilupparela sensibilizzazione e la motivazione dei cittadini”.Gli Stati europei devono quindi rendere edotti i propri cittadini del valore edelle opportunità della diversità linguistica presente nell’Unione Europea non-ché devono favorire l’eliminazione delle barriere che impediscono il dialogo

    interculturale.6  COM(2008) 566 del 18 settembre 2008.

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      Capitolo 1  L’Europa per le lingue 7

    Con riferimento invece all’apprendimento permanente, la Comunicazione sot-tolinea che gli studenti del sistema di istruzione e formazione professionaledovrebbero “poter accedere a corsi di lingue di orientamento pratico , adattati alla loro

     professione e rilevanti per il loro futuro impiego”.Con la “Strategia Europa 2020 ”, adottata dall’Unione Europea in occasione delConsiglio dei Capi di Stato e di governo del 17 giugno 2010, l’attenzione sispostò sull’apprendimento informale, su mercati del lavoro inclusivi, su unapartecipazione attiva alla società, sulla diffusione capillare delle borse europeedi mobilità e infine sulle capacità imprenditoriali dei giovani, con lo scopo ul-timo di trasformare, nel prossimo decennio, l’Europa dei 27 in un’economia“intelligente, sostenibile e inclusiva ”. In particolare nelle “Conclusioni del Consigliosul ruolo dell’istruzione e della formazione nell’attuazione della strategia Europa 2020 ”7 si auspicava di aumentare per i giovani “le possibilità di svolgere attività volontarie

    e un lavoro autonomo e di lavorare e studiare all’estero”.

    1.2  Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingueCome abbiamo già avuto occasione di accennare, il QCER è un documento in-dispensabile per un docente di lingua straniera. È il punto di partenza per ildocente che si accinge a redigere una programmazione, la fonte cui attingereper la valutazione e l’auto-valutazione del processo di apprendimento. È unabase comune in tutta Europa per uniformare i criteri che fissano le fasi dell’ap-

    prendimento delle lingue e superare i sistemi nazionali, senza intaccarne la di- versità dettata da particolari contesti sociali. Siamo convinti che tutti i docenti oaspiranti tali ne abbiano sentito parlare e che abbiano avuto l’occasione di usar-lo, almeno in parte, in qualche loro esperienza di docenza. Tuttavia, data la suaimportanza, vogliamo dedicare ampio spazio per dare risalto alle sue finalità ealla sua struttura, per capirne a fondo la sua potenzialità e la sua capacità di in-cidere nell’apprendimento di una lingua e nella conseguente acquisizione dicompetenza linguistica a fini comunicativi in contesti sociali che prevedono l’in-terazione di persone di varie nazionalità e appartenenti a diversi gruppi sociali8.

    1.2.1  Finalità del QCERIl Consiglio d’Europa ha voluto mettere a disposizione di tutti gli apprendentisia in fase di educazione formale (giovani frequentanti regolari corsi di studi)sia su base informale o individuale (ambiente di lavoro, educazione permanen-te) uno strumento che facilitasse il percorso di apprendimento delle linguestraniere in vista di una crescente mobilità internazionale (per motivi persona-

    7  (2011/C 70/01) del 4 marzo 2011.8  Il testo completo del QCER è reperibile nel sito del Consiglio d’Euroma: http://www.coe.int/

    t/DG4-Portfolio/documents/Framework. Si consiglia di stamparne una copia, sebbene siaun documento di grandi dimensioni. Nella versione online è possibile inserire segnalibri eriferimenti a parti che interessano.

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    li, di lavoro, di intrattenimento, di studio) e rivolta a più gruppi di età ed edu-cazione. Come in una catena composta da anelli strettamente collegati gli uniagli altri, la mobilità richiede la capacità di usare la lingua per comunicare con

    partner stranieri in trattative di lavoro o per lavorare in gruppi internazionali,intrattenere rapporti interpersonali con persone con cui si condividono mo-menti di vita (vicini di casa, colleghi, studenti di altre nazionalità). Per coltivarebuoni rapporti sociali in ambiti internazionali occorre acquisire coscienza dellapropria identità e delle diverse culture con cui si viene in contatto. Per la reci-proca conoscenza del proprio mondo e di quello dell’altro, è d’obbligo avereaccesso ad informazioni ed essere aperti a scambi di vedute con le persone cheincontriamo. È un mondo che si allarga sempre più e allo stesso tempo inglobaesperienze e valori culturali che trasformano un individuo passando da unadimensione nazionale ad una sopranazionale ed ampliando i suoi orizzonti.

    Un’osservazione va fatta a proposito della mobilità: poiché essa non interessadue Paesi biunivocamente, ma spazia in tutti i Paesi europei, il QCER solleci-ta l’apprendente a sviluppare un atteggiamento “plurilinguistico”. La dif-ferenza fra “multilinguismo” e “plurilinguismo” è esplicitata con estremachiarezza già nel capitolo 1 del QCER: “Plurilingualism differs from multilingual- ism, which is the knowledge of a number of languages, or the co-existence of differentlanguages in  a given society (...)The plurilingual approach emphasises the fact that asan individual person’s experience of language in its cultural contexts expands, fromthe language of the home to that of society at large and then to the languages of other

     peoples (...) he or she does not keep these languages and cultures in strictly separatedmental compartments, but rather builds up a communicative competence to which allknowledge and experience of language contributes and in which languages interrelateand interact (...)”.9 L’invito rivolto a chi intraprende lo studio di lingue stra-niere non è quello di apprendere semplicemente più lingue, ma di saperleusare e, contemporaneamente, di tenerle separate. Per essere più chiari, lafinalità non è che le persone apprendano più di una lingua per parlare, adesempio, in inglese con un inglese, il tedesco in Germania, il danese con undanese. Lo studio di più lingue (si raccomanda almeno due, oltre alla linguamadre) deve far acquisire una mentalità plurilingue, cioè la capacità di gesti-

    re la propria competenza comunicativa in situazioni in cui più lingue intera-giscono. Così una persona riesce a passare da una lingua all’altra in modonaturale o a esprimere alcuni concetti in una lingua o in un’altra perché inquella lingua esiste un’espressione più efficace per rendere quell’idea, oppu-re usa un lessico “universale” perché suppone che così facendo ogni interlo-cutore possa capire. Il QCER non si ferma solo a considerare gli aspetti lin-guistici, ma sottolinea l’importanza di altri linguaggi e aspetti paralinguistici,che spesso suppliscono a carenze linguistiche. Al concetto di “plurilingui-smo” si affianca anche il concetto di “pluriculturalismo”. La comunicazionepassa anche attraverso il linguaggio dei segni, del corpo, il tono di voce, la

    mimica, le espressioni facciali, la prossemica ma, sfortunatamente, essi non9  Cfr. Common European Framework  1.3 “What is “plurilingualism?”.

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      Capitolo 1  L’Europa per le lingue 9

    hanno lo stesso significato e non sono interpretati ovunque nello stessomodo. La tendenza al contatto fisico spontaneo dei popoli mediterranei coz-za con i codici di distanza dei Paesi del nord. Di questo occorre tener conto:

    un comportamento sanzionabile in una cultura è di gran lunga più rilevantedi un errore di sintassi o lessicale.Spiegate le finalità e i principi su cui il QCER si basa, addentriamoci a conside-rare le sue principali caratteristiche.

    1.2.2  Caratteristiche generali del QCERIl QCER si propone come un documento altamente innovativo : prima della suapubblicazione non si conosceva uno strumento che fosse una piattaforma comu- ne  di riferimento riconosciuta ed adottata in tutti i Paesi europei, che stabilisse

    criteri così chiaramente esplicitati da non dare adito ad interpretazioni diver-genti. Si pensi a quante volte individui, interpellati sulla propria conoscenzalinguistica, hanno dichiarato di avere una conoscenza “scolastica”. Come inter-pretare tale aggettivo? Se la lingua è stata studiata a scuola, per un minimo ditre- cinque anni, come disciplina d’esame, “scolastica” dovrebbe avere un valo-re positivo. Al contrario è sempre stata usata come eufemismo per “scarsa”. Chiha una grande autostima o chi è superficiale risponde “buona” se non “ottima”,chi è meno presuntuoso, si pone con un atteggiamento più umile e modesto eammette un timido “abbastanza”. In realtà nessuno di questi aggettivi può esse-re affidabile e se, ipoteticamente, un datore di lavoro dovesse scegliere un can-didato, non potrebbe usare queste definizioni come criteri per indirizzare lasua scelta. Nel Quadro, la distinzione in livelli descritti in modo chiaro e validoovunque (meglio se accompagnati da adeguata certificazione) rende univocala dichiarazione. Il candidato ungherese e il candidato portoghese che posseg-gono una competenza linguistico- comunicativa di livello B1 sono potenzial-mente equiparabili e se fanno una dichiarazione non corrispondente al vero sipongono immediatamente in cattiva luce perché dimostrano o di non conosce-re il significato della loro affermazione o di non rendersi conto del significatodei descrittori.Questo semplice esempio mette in luce quanto la ricerca di uniformità sia im-portante per dare a tutti i cittadini europei pari opportunità.Il lettore si sarà certo reso conto che una operazione del genere richiede unagrande attenzione nella definizione dei descrittori, per raggiungere il massimogrado di trasparenza . Quando si fa riferimento al QCER e a tutti gli strumentiche lo integrano (es. Passaporto Europeo delle Lingue, Portfolio Europeo) siusa lo stesso linguaggio per definizioni, indicatori, livelli e non è ammesso ilricorso neppure a sinonimi. Le traduzioni nelle diverse lingue parlate inEuropa sono accurate e ciò è verificabile confrontando due versioni (se si sup-pone che tutti debbano conoscere due o almeno una lingua, l’operazione non

    dovrebbe costituire un problema). Il linguaggio usato è preciso e puntuale, maallo stesso tempo, immediato, semplice e di facile comprensione per chiunque.

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      Capitolo 1  L’Europa per le lingue 11

    Trattandosi di comunicazione ed interazione con interlocutori appartenentiad altre culture, nell’apprendimento entrano in gioco altre abilità trasversali,altri “saperi”. Primo fra tutti il “saper essere ” che viene descritto come “i fattori

    individuali connessi con la personalità di un parlante, caratterizzati da atteggiamenti,motivazioni, valori, sentimenti ideologici, stili cognitivi e legati alla personalità che con- tribuiscono a formare una identità individuale ”12. Il lettore si renderà certamenteconto dell’importanza, nell’intrecciare relazioni interpersonali, di fattori chedisegnano l’immagine di sé, il modo di presentarsi di una persona quali la di-sponibilità e l’apertura verso gli altri e le loro culture, l’interesse e l’entusiasmoper nuove esperienze, la loquacità o la silenziosità, essere proattivo o reattivo, ilpossesso di valori etici e morali ecc., indispensabili per creare o meno legami diamicizia, affetto, collaborazione.Un ultimo “sapere” definito “trasversale” perché entra in gioco nel processo di

    apprendimento generale, comune a tutte le discipline e ai fini dell’acquisizio-ne di ogni tipo di competenza è il “saper imparare ”, che parte dalla capacità diosservare, analizzare, valutare ed imitare, di seguire direttive e linee guida pergiungere ad una partecipazione a nuove esperienze (nel nostro caso linguisti-che) in modo sempre più autonomo e pertinente alla situazione, al contesto eagli individui coinvolti.È un sapere molto difficile da acquisire, perché spesso l’apprendente rifiuta diaccettare l’idea che per imparare deve modificare alcune sue abitudini e atteg-giamenti, non accetta la consapevolezza delle sue carenze, non ammette o cer-ca di nascondere l’errore, tende ad incolpare gli altri per i suoi insuccessi. IlQuadro propone soluzioni alternative. Innanzitutto valorizza ciò che di positi-

     vo già esiste nell’apprendente, il suo sapere e saper fare, le sue potenzialità,presenta l’errore non come “colpa” di cui vergognarsi, ma come punto di par-tenza per rimuovere gli ostacoli che rallentano il suo apprendimento, offre unarosa di abilità di studio (non c’è un solo metodo, ma ognuno può trovare il suometodo o ricorrere a più metodi, che meglio si addicono alla sua personalità ealle sue esigenze formative in un determinato momento), fa capire che si impa-ra ovunque (non solo a scuola) e da tutti (non solo dal docente, ma anche daicompagni o da persone che si stimano per esempio), gli offre strumenti per

     verificare e valutare il proprio percorso.La struttura e l’organizzazione del QCER, ben evidenziato da quanto detto,capovolge l’ottica da cui si è sempre considerata la vita della scuola: in passatol’attività didattica poneva al centro il ruolo attivo del docente e l’insegnamen-to che ricadeva direttamente sullo studente, il cui ruolo passivo era quello del

    - dal 5.2.2 al 5.2.2.5: trattazione completa del signicato di competenza sociolinguistica(scelta degli indicatori di cortesia, modi per salutare, esclamazioni, registri di formalità,uso di espressioni proverbiali, gergali, dialettali, colloquiali, familiari)

     - dal 5.2.3 al 5.2.3.1: descrizione degli aspetti della competenza pragmatica (organizzazione

    generale del discorso, coesione e coerenza logica, modalità di organizzazione per compitispecici (come descrivere, narrare, argomentare…).

    12  Cfr. 5.1.3 del QCER.

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    12  Parte Prima  Verso la scuola di domani

    “ricevente”. Ora al centro c’è lo studente e il suo processo di apprendimento.La didattica è costruita a partire dall’analisi dei bisogni formativi dello studen-te, che ora diventa “apprendente”, e sulla base del percorso formativo già com-

    piuto, delle esperienze pregresse, delle eventuali certificazioni conseguite, delsuo stile di apprendimento e molti altri fattori, esemplificato dal seguente gra-fico:

    Collaborazione attiva econtinua

    DOCENTE

    • studia le esigenze formative

    dell’apprendente

    • si propone come esperto au-

    torevole

    • ascolta le esigenze dell’ap-

    prendente

    • guida e suggerisce metodi e

    attività

    • l’aiuta a monitorare il pro-gresso

    • stabilisce un rapporto di fidi-

    cua reciproco

    • verifica e valuta

    • conosce le finalità della sua

    azione di apprendimento

    • si pone obiettivi

    • è consapevole di dove e

    come si impara

    • riconosce l’autorità del do-

    cente come esperto e guida

    • il docente diventa suo punto

    di riferimento• stabilisce un rapporto di fi-

    ducia reciproco col docente

    • verifica i suoi esiti e si auto-

    valuta

    APPRENDENTE

    DOCENTE

    Trasmette

    il sapere

    e valuta

    l’apprendimento

    STUDENTE

    recepisce

    gli insegnamenti

    Ruolo

    attivo

    Ruolo

    passivo

    Dall’esigenza di impostare la didattica in funzione del soddisfacimento dei bi-sogni formativi dell’apprendente, scaturisce un’ultima considerazione fonda-mentale per capire la natura del QCER. A prima vista la centralità dello studen-te è in contrasto con le “regole” contenute nel QCER. È un equivoco dachiarire in partenza. Il documento non è prescrittivo in senso stretto, non impo-ne regole rigide, ferree che tutti i docenti devono seguire. Da questo malintesonasce la diffidenza dei docenti ad adottarlo come “bibbia” per lo svolgimentodella loro professione. Le critiche muovono proprio dalla sua vastità, dal minu-zioso entrare in ogni dettaglio. Non è stato trascurato alcun minimo aspettoche possa in qualche modo entrare in gioco nell’apprendimento della lingua,quindi è legittima la riserva sulla sua effettiva utilità nell’attività didattica, cheimpone limiti temporali e contenutistici. Per fugare tali dubbi, gli estensori delQCER hanno elencato, fin dall’inizio, le sue caratteristiche di strumento: 1)adatto al raggiungimento di più scopi (“multipurpose ”) 2) flessibile (“ flexible ”) 3)

    passibile di successive modifiche (“open ”) 4) dinamico (“dynamic ”) 5) compren-sibile da tutte le tipologie di utente (“user-friendly ”) 6) non dogmatico (“non- 

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      Capitolo 1  L’Europa per le lingue 13

    dogmatic ”)13. Ciò significa che ogni utente è libero di adattarlo alle proprie esi-genze, di concentrarsi sugli aspetti che più si addicono alle motivazioni per cuisi studia la lingua (comunicazione di base, uso indipendente della lingua, co-

    noscenza avanzata), di focalizzarsi su una o più abilità. La sua corposità dipen-de proprio dalla volontà di non trascurare alcun particolare in modo chechiunque e per qualunque scopo lo consulti vi trovi una risposta alle sue neces-sità. Il suo pregio risiede proprio nei sei aggettivi che lo descrivono e che com-pendiano bene: la sua massima flessibilità  ed adattabilità .

    1.2.3  Livelli e descrittoriPer accertare la competenza di un apprendente, il QCER descrive tre macro-li-

     velli (A-B-C) di competenza linguistica, ciascuno dei quali suddiviso in due sot-

    tolivelli per ogni fascia (A1-A2; B1-B2; C1-C2)14. Non si esclude che, ai fini diuna maggior aderenza alla effettiva competenza di un individuo, si possa ricor-rere ad altri sottolivelli (es. B1+), poiché non è affatto assodato che si raggiungaautomaticamente lo stesso grado di competenza in tutte le abilità. Alcune pos-sono essere più facilmente acquisite (ad es. per analogie con la propria lingua ocon altre già note), mentre altre, oggettivamente o soggettivamente più difficilida acquisire, richiedono tempi più lunghi per essere assimilate, quindi sarebbefuorviante e non veritiero assegnare un livello per approssimazione. Ciò confer-ma il carattere flessibile del QCER. I livelli sono descritti in termini molto gene-rali, universali, non legati ad un contesto, perché si adattino ad ogni situazionenei diversi ambiti sociali (chiamati domini), ma, ai fini di una misurazione il piùpossibile aderente alla realtà, essi devono essere ritagliati e riformulati “su misu-ra” per il singolo utente. Poiché si riferiscono ad abilità, i descrittori sono espres-si in termini di “saper fare” (can do )15. Ribadiamo che per essere comprensibilida tutti e per non dare adito a fraintendimenti, i descrittori usano un linguaggiomolto semplice, quanto a struttura e lessico. Ove possibile, i livelli di riferimentosono integrati da altre griglie che descrivono gli aspetti qualitativi  dell’uso dellalingua. Ad esempio, con riferimento alla lingua parlata, è a disposizione un’ul-teriore griglia che descrive, per ogni livello, non solo quanto si sappia usare lalingua, ma “quanto bene” tenendo conto di altri aspetti quali l’accuratezza, lascioltezza, l’estensione e la ricchezza del vocabolario, la coerenza del discorso ela capacità di usare la lingua per interagire (non solo porre domande e saperrispondere, ma saper iniziare una conversazione, intervenire in una già in cor-so, sospenderla e riprenderla).16 Veniamo ora al confronto fra la scala globaledei livelli con quella, emanazione della prima, usata per l’auto-valutazione (dicui si parlerà in seguito più diffusamente)17. Confrontando i descrittori si com-

    13  Cfr. 1.6 del QCER.14  Cfr . 3.2 del QCER.

    15  Cfr . 3.3 Tabella 1 ibid .16  Cfr . 3.4 Tabella 3 ibid .17  Cfr . 3.4 Tabella 2 ibid .

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    14  Parte Prima  Verso la scuola di domani

    prende immediatamente la coerenza interna al progetto: dall’universale si scen-de sempre più verso il particolare. Il nostro intento è portare il lettore a notarealcuni aspetti che li distinguono e che indicano la loro complementarietà. Dalla

    formulazione in termini generali di un descrittore, in modo tale che si addica aqualunque apprendente, si procede a declinarlo in termini sempre più concre-ti, affinché si possa applicare all’esperienza individuale del singolo apprenden-te. L’espressione riferita all’acquisizione di una abilità “saper fare/can do” vieneconiugata in “so fare/ I can do”. L’autodidatta, l’ apprendente adulto, il docen-te, il docente in collaborazione con lo studente hanno la possibilità anche dicostruire una propria griglia con descrittori da loro formulati ad hoc per mi-surare il proprio progresso, una tipologia di prova o perfino una singola

     performance . Potremmo dire che la scala globale serve all’apprendente e/o aldocente per definire la finalità dell’azione didattica, la griglia di auto-valutazio-

    ne indica il raggiungimento degli obiettivi, il risultato di una fase del processodi apprendimento. Inoltre, nella griglia di auto-valutazione, ogni livello suddivi-de i descrittori secondo diverse abilità di comunicazione linguistica (abilità ri-cettive: ascolto e lettura; abilità produttive: scritto e produzione orale; abilitàinterattive), a riprova che il Quadro non ha lasciato nulla al caso. Infine, se ladefinizione globale dei livelli si mantiene su un piano generale, la griglia di au-to-valutazione precisa gli ambiti cui le competenze si riferiscono, sulla basedell’età e delle esperienze compiute dall’apprendente. Facciamo un esempioper chiarire meglio il concetto: nella scala globale per il livello B1 si legge: “…argomenti che sono familiari o di interesse personale ”, mentre nella scala di auto-va-lutazione sempre con riferimento allo stesso livello si trova “…argomenti che sono

     familiari o di interesse personale o pertinenti alla vita quotidiana (es. famiglia, hobby,

    lavoro, viaggio e cronaca)”.La necessità di specificare il contesto in cui è usata la lingua è connessa con lanecessità di concretezza e di fattibilità di un piano didattico. Tutti sanno chenon esiste una lingua che possa essere usata indifferentemente passando da uncontesto ad un altro. È pur vero che alcune situazioni sono trasversali e presentiin più ambiti sociali, ma, per comunicare efficacemente, occorre sapersi orien-tare in diversi contesti e secondo l’interlocutore. La maturità personale e la plu-

    ralità di esperienze facilitano questo compito, perché un apprendente adultodovrebbe sapere quale comportamento si addice a questa o a quella situazione,così come conosce i compiti che è chiamato ad assolvere. Se chi apprende lalingua è uno studente di scuola secondaria di primo grado, l’ambito in cui svi-luppa la sua personalità, in cui interagisce con gli altri e matura le sue esperien-ze di vita sono ristrette all’ambito familiare, ai rapporti che costruisce a scuola enel suo tempo libero. Le attività che meglio si addicono al suo orizzonte socialee culturale sono quelle relative alle sue occasioni di comunicazione con altri,cioè con la famiglia, con gli amici, con i compagni di squadra negli sport, con idocenti a scuola. È questa la palestra in cui si forma. Diversamente un adulto si

    troverà a comunicare in situazioni legate al mondo del lavoro, che diventerannopiù specifiche e più complesse con il crescere del suo ruolo, o per gestire rap-porti con le istituzioni in cui è richiesto un linguaggio più formale e burocratico.

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      Capitolo 1  L’Europa per le lingue 15

    Questo per dire che nella descrizione del livello per la misurazione del progres-so effettivo, il QCER ha pensato anche alla definizione di categorie di contesti,i cosiddetti “quattro domini”18 con un elenco dettagliato dei luoghi in cui si

     verificano determinate situazioni, le persone e le istituzioni con cui si interagi-sce in quel dato ambito, le attività che vi si svolgono, il lessico che si deve cono-scere e la tipologia di testi che occorre saper redigere.

     Ai fini dell’apprendimento di una lingua conforme alle esigenze individualioggi, oltre a tenere in debito conto le condizioni fisiche e psicofisiche, le con-dizioni sociali e quelle temporali che interagiscono o interferiscono nella co-municazione, non si può prescindere dalla conoscenza del dominio in cui sideve operare e di tutto quello che occorre sapere (strutture, lessico, funzionicomunicative) e saper fare (parlare di sé e degli altri, acquistare e vendere,negoziare, argomentare, dare e recepire ordini e istruzioni) per usare la lingua

    correttamente.

    1.2.4  L’auto-valutazione e il concetto di erroreFino a tempi recentissimi, la valutazione di un apprendente era competenzaesclusiva del docente, che la trasformava in votazioni a prove orali e scritte sen-za essere tenuto a rendere conto del suo operato o a giustificare le sue decisio-ni, a volte, è d’obbligo riconoscerlo, in modo arbitrario. Tutti abbiamo speri-mentato cosa significhi “subire” un trattamento che consideravamo non esserepertinente o essere eccessivamente punitivo. A volte le richieste di delucidazio-ni sulla valutazione non avevano seguito. Se il docente non riteneva opportunodare spiegazioni, era assodato che poteva permettersi di non farlo. Il concettodi trasparenza non era conosciuto ai più. Il voto era il risultato di un sempliceconteggio di errori e la valutazione finale la media matematica dei singoli voti.Le conseguenze portavano lo studente a perdere fiducia in sé e nella scuola, icontinui insuccessi lo demoralizzavano e demotivavano. Non otteneva altrosuggerimento dal docente che un invito ad uno studio più assiduo e più pun-tuale. Se non si trattava di carenza di studio, allora si concludeva che lo studen-te e la sua famiglia dovevano prendere in considerazione l’eventualità di sceltescolastiche più adatte alle capacità personali dello studente, che, in tal modo,si sentiva ulteriormente mortificato. Ora il rapporto docente- apprendente èimprontato su una maggiore comprensione, anche se non basta a rassicurarechi sta apprendendo, perché i parametri di valutazione non sono sempre espli-citati.Nel proporre un piano didattico basato sulla formulazione di obiettivi da rag-giungere, dei descrittori correlati, con l’esplicitazione dei metodi adottabili,delle strategie di lavoro, il QCER ha voluto indicare la via per aiutare l’ap-prendente nel suo cammino per renderlo sempre più l’artefice dei suoi suc-cessi formativi. Abbiamo già detto della centralità dello studente, delle sue

    esigenze formative nell’ottica di una maggiore personalizzazione dell’ap-18  Cfr. 4.1.1 Tabella 5 del QCER.

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    16  Parte Prima  Verso la scuola di domani

    prendimento, agendo sulla motivazione e sul suo interesse. Oggi la priorità èsviluppare nell’apprendente la responsabilità del suo percorso formativo el’autonomia, rendendolo consapevole che può imparare e migliorare perché

    già possiede delle abilità e delle conoscenze che vanno solo accresciute e ca-nalizzate in modo opportuno, grazie alla disponibilità di nuovi mezzi, che,per la loro caratteristica di trasparenza ed oggettività, lo mettono in condizio-ne di capire cosa gli serva maggiormente. Ecco perché il QCER, con la grigliadi auto-valutazione, oltre ad altri strumenti che analizzeremo in seguito, offreall’apprendente la possibilità di partecipare consapevolmente allo sviluppodella sua formazione, nel nostro caso, formazione linguistica, valutando ilraggiungimento degli obiettivi da sé o con l’aiuto del docente, sempre basan-dosi su strumenti di valutazione trasparenti e veramente utili ai fini della mi-surazione. Affronterà non solo prove di conoscenza teorica, ma gli sarà affi-

    dato un compito concreto o un problema da risolvere, che preveda il ricorsoa più abilità (difficilmente una consegna coinvolge un’unica abilità, a menoche non si tratti di un compito elementare, cosa possibile al livello più basso).In caso di insuccesso totale o parziale, rileggendo l’obiettivo e i descrittorispecifici un apprendente minimamente consapevole sarà capace di evidenzia-re i motivi del suo fallimento e dovrà ricominciare proponendosi un piano direcupero individualizzato, anche proponendosi di raggiungere un piccoloobiettivo. La politica dei piccoli passi può essere vincente, sicuramente è mo-tivante e stimola a proseguire nel percorso intrapreso. Perché il processo diauto-valutazione (o co-valutazione, nel caso di istruzione formale e di appren-denti adolescenti) funzioni e dia dei risultati apprezzabili su un periodo me-dio-lungo, occorre rivedere il concetto di errore, che non deve essere intesoin senso negativo e non deve penalizzare la persona. L’errore va visto in rela-zione alla prova, alla “ performance ”, non deve mettere in discussione la perso-na o costituire un giudizio valoriale sull’individuo che lo commette. Esso co-stituisce il punto di partenza per modificare una situazione carente. Nondeve essere nascosto, ma ricercato accuratamente e, una volta trovato, eviden-ziato e corretto.L’esperienza di ogni docente porta a considerare che nella maggior parte deicasi l’errore non è frutto di cattiva volontà o trascuratezza, ma deriva da inter-ferenze con la lingua madre o altre lingue note. Nel tentativo di esprimersil’apprendente usa inconsapevolmente strutture, pronunce o un lessico mutua-to dalle sue conoscenze linguistiche ed è apprezzabile il suo sforzo per mante-nere un livello comunicativo accettabile. Altre volte lo fa per analogia: si pensiall’uso della desinenza inglese “-ed ” per un passato di un verbo irregolare maiincontrato prima. Non c’è da scandalizzarsi, anzi l’errore dimostra che l’ap-prendente ha capito il meccanismo e il suo interlocutore, pur riconoscendol’errore, non incontra difficoltà di comprensione. Infatti l’errore è rilevantequando inficia la comunicazione, negli altri casi contiene in sé qualcosa di po-

    sitivo, che va valorizzato per incoraggiare l’apprendente.

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      Capitolo 1  L’Europa per le lingue 17

    1.2.5  Il Portfolio e il PassaportoPer facilitare il monitoraggio del processo di apprendimento e l’auto-valutazio-

    ne, il Consiglio d’Europa ha incoraggiato l’adozione, da parte dell’apprenden-te, di uno strumento costruito per il suo uso personale, in cui annotare tutte leinformazioni, gli eventi, le esperienze che sono intercorse nel periodo del suoapprendimento, oltre che monitorare i momenti rilevanti del suo percorso diapprendimento delle lingue, i risultati raggiunti. Si tratta del Portfolio, stru-mento didattico innovativo che mette in pratica i criteri e le linee guida dettatedal Consiglio d’Europa, secondo cui l’apprendimento delle lingue stranieretende a promuovere il plurilinguismo, cioè l’uso della lingua come veicolo diconoscenza, comprensione e rispetto di altre culture, e ad implementare laconsapevolezza della cittadinanza comune europea. Incoraggia inoltre la cultu-

    ra dell’apprendimento su tutto l’arco della vita attiva.Lo strumento è in linea con il QCER perché appartiene all’apprendente chelo usa secondo la sua personale visione di quello che gli è veramente utileper apprendere ed usare una lingua, sviluppa la sua autonomia e l’assunzio-ne di responsabilità nel processo di apprendimento (che dipende dalle suescelte, dagli stimoli e dalle motivazioni personali). Come previsto dal QCER,il Portfolio rivede completamente le dinamiche che si creavano nel rapportofra insegnare e imparare. L’apprendente è al centro del processo ed è luistesso che si abitua, con il suo uso sistematico, a gestire il proprio piano diapprendimento in base alle sue necessità e alla sua formazione pregressa

    (anche se non esclude la partecipazione e il ricorso al docente per superarele criticità o per evitare il loro insorgere). Come il QCER, di cui è emanazio-ne, esso è un documento trasparente (l’apprendente non trae nessun vantag-gio nel dichiarare dati falsi che non può provare, e non va ad influenzare ilgiudizio di esterni che lo possono facilmente smascherare) ed assicura lamassima chiarezza nell’esplicitare obiettivi, livelli e competenze acquisite oda acquisire. I fautori del Portfolio sottolineano che gli elementi qualificanti,che contribuiscono al suo presentarsi come prodotto innovativo sono la suafruibilità come strumento di monitoraggio e di auto-valutazione dell’appren-dimento. Vediamo di approfondire queste due caratteristiche, poiché non èfacile capirne la valenza. In fondo, sostiene qualcuno, il monitoraggio è sem-pre avvenuto con la lettura dei voti: l’andamento lineare, altalenante, in cre-scita o decrescita parlava chiaro allo studente sul suo rendimento scolastico.Tale affermazione è di una superficialità disarmante. Lo studente conoscevagli esiti, ma non il processo: da cosa risultava quel voto? Dal numero di erro-ri? Quegli errori avevano tutti lo stesso peso? Perché aveva sbagliato? Nonconosceva dei contenuti? I contenuti non erano accurati? Erano irrilevanti?Erano pertinenti, ma insufficienti ai fini comunicativi? Il voto dipendeva dal-la pochezza del lessico? Da una pronuncia che rendeva incomprensibile

    l’enunciato? Quale piano d’azione doveva mettere in atto lo studente perporre rimedio alle sue carenze? Spesso si sentiva dire: “Studia di più”. Cosadoveva studiare? Su quali aspetti linguistici o comunicativi doveva concen-

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    18  Parte Prima  Verso la scuola di domani

    trarsi maggiormente? Con il Portfolio l’apprendente, in base al livello che vuole raggiungere, fissa i suoi obiettivi, organizza il proprio lavoro secondo ilsuo stile di apprendimento o secondo uno stile ritenuto più consono per

    quel tipo di attività, annota le sue prove e i risultati. Trova le sue debolezze ele analizza, quindi stende un commento/promemoria su cosa intende fareper rimediare. Operando con questa modalità, l’apprendente ha costante-mente il polso della situazione ed impara ad auto-valutare le sue performance  e l’auspicabile progresso compiuto. Ciò ha effetto motivante, perché portasicuramente al conseguimento di risultati concreti (se non tutti, si conseguealmeno qualche risultato positivo in più), si organizza meglio lo studio e siaffinano le abilità di studio. Quando un apprendente inserito in un sistemascolastico dice “Devo ripassare per la verifica” cosa intende e cosa deve fare?Rivedere tutto il programma svolto in poche ore? Impossibile. La revisione

    deve essere continua e non può riguardare tutti gli aspetti affrontati nel cor-so di studi. Se il monitoraggio ha messo in luce difficoltà nel formulare enun-ciati strutturalmente corretti, è inutile che sprechi tempo a rivedere, peresempio, il lessico, che ha sempre usato con proprietà e senza incertezze or-tografiche. Dovrà concentrarsi ed esercitarsi in quello che le precedenti pro-

     ve hanno evidenziato come elementi di criticità.Come è fatto un Portfolio? Esistono modelli già pronti? La risposta a quest’ul-tima domanda è positiva. Il Consiglio d’Europa ha validato 47 esemplari19 sviluppati per tutte le tipologie di apprendenti, siano essi alunni della scuolaprimaria o adulti migranti che necessitano di una formazione linguistica perpoter accedere al mondo del lavoro, in quasi tutti i Paesi europei dai rispetti-

     vi ministeri, da università o istituzioni scolastiche. I modelli già pronti posso-no servire per costruirne uno proprio o per adattarlo in parte alle proprienecessità.Come il QCER, anche il Portfolio è uno strumento flessibile , nessuno è tenuto acompilarlo in tutte le sue parti in modo prescrittivo. Ognuno può decidere diusarlo integralmente o poco per volta o tralasciando alcune parti ritenute inu-tilizzabili ai fini del suo piano di apprendimento.Per quanto riguarda la sua composizione, il Portfolio è uniforme, nel senso che

    ogni modello è composto da una biografia  e da un dossier , entrambi importantima con funzioni diverse.La biografia  contiene la “storia” dell’apprendente con informazioni sugli aspet-ti dell’apprendimento passato, presente e sugli ipotetici sviluppi futuri, sullelingue conosciute e/o studiate. Vi sono griglie prestampate per monitorarel’auto-apprendimento e per registrare il livello già raggiunto e le abilità che giàsi posseggono.

    19  Tutti i modelli di Portfolio possono essere visionati consultando il sito del Consiglio d’Eu-ropa: http://www.coe.int/t/dg4/education/elp/.

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      Capitolo 1  L’Europa per le lingue 19

    Si fornisce un esempio tratto da uno dei Portfolio validati20:

     Autovalutazione delle abilità linguistiche

    Lingua: …………………………………

    Livello Abilità 

     A1 A2 B1 B2 C1 C2

     Ascoltare

    Leggere

    Partecipare a una conversazione

    Produzione orale

    Scrivere

    Commenti (aggiungere un esempio)

    Data dell’ultimo aggiornamento della tabella

    Le griglie sono corrispondenti ai descrittori dei livelli, che vengono inseriti nelPortfolio e nel Passaporto, in modo che non vi siano discordanze.Nella prima parte sono contenuti anche i progetti e le motivazioni presenti efuture per cui si intende studiare una o più lingue e le esperienze culturali e dilavoro che eventualmente sono state fatte in campo internazionale (questa par-te è di solito inutilizzata nelle versioni che si rivolgono a studenti del primo ci-

    clo scolastico).Infine vi sono pagine che si riferiscono agli stili e alle strategie di apprendimen-to. Servono per far riflettere l’apprendente sull’efficacia dello stile che preferi-sce e delle strategie adottate e sull’opportunità di variare in base alle diversesituazioni e ai compiti da svolgere. Si evince che questa parte contribuisce afare chiarezza sulle abilità dell’apprendente in campo linguistico e non, suisuoi progetti riguardo alla conoscenza e all’uso delle lingue e sulle modalità distudio. I docenti più attenti sanno che le difficoltà incontrate dai loro appren-denti sono più spesso dovute al fatto che essi ignorano come si studia e qualistrategie aiutino ad apprendere meglio e più in fretta, che non a mancanza diimpegno personale.Il dossier permette di raccogliere la documentazione che prova le abilità e lecompetenze acquisite, quindi contiene una selezione delle migliori “performan-ce” dell’apprendente nel corso del tempo. Possono essere di vario genere: test e

     verifiche cartacee, registrazioni di come si è usata la lingua in qualche situazionerilevante, un video (es. una rappresentazione teatrale in lingua), fotografie (es.scattate durante uno stage  o un’esperienza di lavoro). L’apprendente, che le rac-coglie sistematicamente e le sceglie con cura, cioè con occhio critico, valutando-le secondo criteri di qualità, può verificare da sé i progressi compiuti in un certo

    20  Cfr. www.europa.eu.int/dg4/linguistic/PEL-EN.aspPEL validati 2003: EPL-VFLP BG/CO/B/F/LA – 132078.2003.

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    arco di tempo (es. dal primo anno della scuola secondaria di secondo grado alquinto). Si capisce quanto possa essere fonte di soddisfazione e di gratificazione.Il dossier di norma è costruito in itinere, ma può servire anche come pre-

    sentazione di sé all’esterno (es. ad un datore di lavoro nel corso di un col-loquio per la candidatura ad un posto di lavoro oppure a nuovi docenti chenon conoscono la storia pregressa dello studente) perché può contenereesempi di lavori svolti e le certificazioni linguistiche conseguite.Ci si può forse chiedere quale sia il ruolo del docente in un’attività così perso-nale, se debba essere estraneo, a meno che l’apprendente lo faccia partecipe, ose può in qualche modo collaborare alla sua stesura.In caso di apprendenti adulti (lavoratori impegnati in corsi di riqualificazio-ne professionale, docenti o aspiranti docenti che vogliono aggiornare la loropreparazione linguistica) il Portfolio può essere gestito totalmente in modo

    autonomo, ma quando si tratta di un’adozione in un corso di studi formalecon bambini della scuola primaria o con adolescenti, la presenza costante deldocente è auspicabile, non per interferire, ma per guidare e correggere even-tuali applicazioni fuorvianti. Un buon equilibrio fra autonomia e supervisio-ne è consigliabile e chi ha adottato questo strumento ne ha un giudizio posi-tivo. Purtroppo, dopo un iniziale momento di fortuna, nel nostro Paesel’interesse per il Portfolio è andato scemando per l’ostilità delle famiglie (do-

     vuta alla mancata conoscenza e all’ignoranza della sua validità) e per il rifiutodi molti docenti alla sua sperimentazione. Le motivazioni riguardano i tempiscolastici, il timore di caricarsi di lavoro extra oltre ai numerosi ed onerosiimpegni scolastici, il timore di dedicarvi troppo tempo a scapito del “pro-gramma”. Queste perplessità nascono da un malinteso di fondo: il Portfolionon è un corso, è uno strumento , non una attività aggiuntiva. Esso non sconvol-ge quindi i piani didattici, ma, in quanto strumento, vi si fa ricorso quandooccorre, quando lo si ritiene opportuno per migliorare la qualità dell’appren-dimento. È connesso con le attività curriculari e con i relativi materiali perl’apprendimento, ma non li sostituisce. Non è necessario preparare materialediverso, nuovo, in aggiunta o sostituzione dei testi in adozione; piuttosto van-no scelti con cura quelli già disponibili che più si prestano ad essere usati in

    un’ottica diversa. Ugualmente è auspicabile non introdurre tutto il Portfolioin una sola volta, ma scegliere un’abilità, un sottolivello e procedere gradual- mente  con la sperimentazione finché si abbia familiarità con il mezzo. Per nongravare sullo svolgimento delle normali attività, si possono concordare i tem-pi in cui il Portfolio sarà usato (dieci minuti prima della fine della lezione,una volta alla settimana, un’ora al mese …) in base alla maturità e all’autono-mia degli apprendenti. Una modalità altamente auspicabile è che la speri-mentazione non debba essere vista come un’imposizione. La partecipazionedell’apprendente sempre più responsabile ed autonoma è un requisito essen-ziale, perché è uno strumento personale e deve rispondere ai suoi precisi bi-

    sogni formativi. Ogni decisione (su cosa lavorare, per quanto tempo, qualigriglie usare, come adattarle, semplificarle ed eventualmente anche crearnedi nuove) deve essere presa dall’apprendente o almeno deve essere condivisa .

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      Capitolo 1  L’Europa per le lingue 21

    Concludiamo con un invito a sperimentare in un gruppo  composto da docentie relativi apprendenti poiché la squadra dimezza la fatica, dà sicurezza, ridu-ce l’ansia, permette un confronto e agevola soluzioni in caso di criticità.

    Diamo ora qualche informazione sul Passaporto delle Lingue21. Fa parte delPortfolio, ma è fornito come allegato, perché il suo utilizzo è raccomandatoad apprendenti adulti (dai 16 anni in poi). Infatti, oltre a riassumere i datisulla competenza linguistica del portatore, da aggiornare con regolarità, ag-giungendo altre abilità e competenze conseguite, oltre a contenere le grigliedi auto-valutazione contenute nel QCER, contiene sezioni che delineano ilprofilo dell’utente con tabelle riassuntive delle esperienze di formazione lin-guistica, interculturale, lavorativa (in cui era richiesta una competenza lingui-stica). Una sezione è dedicata alle certificazioni e ai diplomi linguistici conse-guiti presso enti accreditati. È consigliabile che venga usato già nella scuola

    secondaria di secondo grado, dove si studiano in media due lingue stranieree dove, in quasi tutti gli indirizzi, è diventata prassi organizzare esperienze dilavoro a partire dal terzo anno. Inoltre, cresce il numero di apprendenti cheaffrontano con successo gli esami per ottenere una certificazione linguistica(tutti gli enti accreditati offrono tipologie di esami adatti a quasi tutti i livellidi competenza). Come un passaporto vero e proprio, il passaporto delle lin-gue è un lasciapassare riconosciuto da tutti gli stati, perché fotografa il posses-sore in modo certo; è emesso da autorità competenti ed accompagna un indi-

     viduo nel corso della sua vita, si arricchisce di esperienze e competenzedocumentate con certezza. Se è teoricamente possibile creare un Portfolio edusarlo anche senza validazione europea, non è possibile usare il passaportosenza validazione. Ne esiste un solo modello e il Consiglio d’Europa conEAQUALS22 e ALTE23 lo rilasciano e ne concedono l’uso solo alle istituzioniche hanno ottenuto la validazione europea.

    1.2.6  Esempio di programmazione secondo il QCERCon riferimento all’educazione linguistico-comunicativa in un sistema scola-stico di uno stato europeo, con una gamma di apprendenti che può andaredalla scuola del primo ciclo (5-13 anni) a quelli del secondo ciclo (14-19),forniamo un esempio di come un docente – in collaborazione con gli appren-denti nelle classi del ciclo superiore – può progettare un curricolo basato suiprincipi enunciati nei precedenti paragrafi. Stiamo formulando ipotesi gene-rali di un percorso che deve essere rielaborato “su misura”, in base al targetdi riferimento. È possibile che alcuni elementi possano essere trascurati, per-ché improponibili a una certa tipologia di apprendenti (specialmente nellascuola primaria, dove la maggior parte del lavoro è guidato e svolto dal do-

    21  Per approfondimenti consultare il sito della Divisione delle Politiche Linguistiche Dire-

    zione Generale IV –CoE: http://www.culture.coe.int/portfolio22  European Association for Quality Language Services : www.eaquals.org23  Association of Language Testers in Europe : www.alte.org

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    22  Parte Prima  Verso la scuola di domani

    cente e dove i contenuti sono molto semplici), ma l’impianto generale puòessere rispettato.

     Al momento di iniziare un qualsiasi percorso educativo volto all’acquisizione di

    competenze linguistico-comunicative da parte dell’apprendente, il docente o idue attori insieme (docente-apprendente) devono saper progettare interventisulla base delle istanze illustrate nel seguente grafico di cui analizzeremo inseguito gli aspetti più pregevoli e significativi:

    Non insisteremo su punti già trattati ampiamente, ma prendiamo in considera-zione alcuni aspetti che non abbiamo analizzato in modo esaustivo.La progettazione non può prescindere dalla padronanza del QCER, ma anchedalla indagine sul livello di partenza e sul “saper imparare” dell’apprendente.Sarebbe un evento fortuito riuscire a definire il livello di arrivo a prescinderedall’individuazione del punto di partenza.

    La situazione di partenza è l’insieme dei dati che aiutano a delineare le caratte-ristiche dell’apprendente (saper essere) e il suo bagaglio di conoscenze (sape-re) e abilità (saper fare) accertate che permettono al docente di trovare unagiustificazione al suo intervento didattico e che gli consentono di ipotizzareche tale intervento concorrerà al successo formativo del giovane apprendente.Quali informazioni ricaviamo dal livello di partenza? Innanzitutto conosciamodati oggettivi sulla “carriera” dell’apprendente (età, tipo di scolarità, anni distudio della lingua), valutazioni riferibili alle sue abilità e alle sue competenzegià accertate e infine informazioni sulla sua motivazione o mancanza di motiva-zione, sui suoi interessi, sul suo modo di rapportarsi e di lavorare con gli altri.Uno dei vantaggi della verticalità introdotta anche nel nostro sistema scolasticoconsiste proprio nella collaborazione fra docenti del livello inferiore e di quel-

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      Capitolo 1  L’Europa per le lingue 23

    lo superiore cui sono trasferite informazioni utili a rappresentare il profilodell’apprendente. Dalle analisi precedentemente effettuate e da quelle fruttodelle proposte dei “nuovi” docenti (test, questionari, colloqui) si desumono

    notizie sullo stile di apprendimento dell’apprendente, sulle sue preferenzenell’apprendimento, sulle strategie di studio, sulle intelligenze sviluppate econsone alle sue caratteristiche personali.Si è già scritto sull’abilità trasversale del “saper imparare”, ma vale la pena disoffermarsi ancora ponendosi il quesito: “Cosa va a sondare il docente prima distudiare una progettazione? Oppure: “Su cosa deve riflettere l’apprendenteper scoprire se sa imparare?”. È frequente il caso in cui un docente non si siaposto questo problema e, tanto meno l’apprendente, se nessuno gli ha consi-gliato o lo ha guidato ad esplorazioni del genere. Per imparare ad imparareoccorre conoscere le modalità che meglio si addicono al proprio essere per

    facilitare e migliorare l’apprendimento: > la riflessione sugli stili di apprendimento più consoni alle caratteristiche per-

    sonali di un individuo; > le preferenze nelle modalità di studio, nella presentazione di un lavoro di-

    dattico, nella verifica e nella valutazione; > la propria disponibilità a “mettersi in gioco” nelle relazioni interpersonali; > la consapevolezza che si impara ovunque (la scuola è un luogo per alcuni versi privilegiato, ma si impara anche in molti altri ambiti); > la consapevolezza che si impara da tutti (pari, superiori, conoscenti ed estra-

    nei); > la consapevolezza che ci sono molti modi di imparare; > la disponibilità ad accettare un fallimento o un errore; > la consapevolezza che l’errore è un punto di partenza per imparare (non

    solo dal punto di vista strettamente didattico, ma anche con valenza intercul-turale) e non una sconfitta;

     > la necessità di monitorare il proprio apprendimento e di documentare suc-cessi e insuccessi;

     > la consapevolezza di possedere qualche qualità personale e qualche abilità sucui fare leva per migliorare l’apprendimento.

    Si può decidere anche di dedicare molto tempo (una parte dell’anno o un in-tero anno scolastico) in esercitazioni su come si impara prima di sperimentareuna progettazione basata sulle indicazioni del Quadro. È più efficace acquisirela consapevolezza delle proprie possibilità e padroneggiare più modalità di la-

     voro e stili di apprendimento che non lanciarsi in progetti, di per sé innovativi,ma destinati a fallire, non essendo sostenibili per insufficiente preparazione.Una volta conclusa la raccolta dei dati che servono per determinare il livello dipartenza e le caratteristiche proprie della personalità dell’apprendente, nellaprima fase della progettazione di un percorso didattico occorre fissare gli obiet-tivi.“Progettare per obiettivi” significa determinare quale traguardo si vuole rag-giungere con precisione e chiarezza, allo scopo di convogliare tutti gli sforzi e

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    24  Parte Prima  Verso la scuola di domani

    tutte le attività verso la meta prefissata. Bisogna saper distinguere gli obiettivi globali , la cui descrizione è dettagliatamente illustrata per livelli nel QCER, da-gli obiettivi specifici   (che il docente o l’apprendente o entrambi di concerto

    possono liberamente creare o modificare in relazione alle diverse finalità). IlQCER è un’ottima base comune, ma non può fornire soluzioni adatte a tutti ifruitori. Ad esempio non è realistico che un apprendente a livello A2 si propon-ga “di saper scrivere correttamente in inglese” in un quadrimestre, ma è certa-mente possibile che voglia “saper scrivere una mail (o una lettera personale) adun amico per informarlo di un avvenimento piacevole” nell’arco di qualchemese.Come si crea un obiettivo specifico? Formulare un obiettivo significa definire illivello  di competenza di arrivo, stabilire le abilità  che si intendono sviluppare,scegliere il dominio   in cui collocare le situazioni comunicative oggetto di ap-

    prendimento. Dopo una prima stesura dei descrittori di un obiettivo, occorre verificare se questi rispondono ad alcuni criteri, quali, per esempio, che sianosufficientemente dettagliati ed espressi in un linguaggio chiaro e che si presti-no ad essere traducibili in attività concretamente proponibili e fattibili. Inoltresi ritiene che per facilitare l’apprendimento si deve accertare di aver formulatoobiettivi “smart ”, un acronimo che indica le qualità imperative di un buonobiettivo:

     > s  pecifico , cioè spiega esattamente il risultato che si vuole raggiungere; > m isurabile in quanto è possibile dire che è stato raggiunto usando un metro

    obiettivo di valutazione; > a ccessibile per il fatto che lo si può raggiungere in base alle accertate cono-scenze e competenze dell’apprendente;

     > r ealistico  perché è cosa ragionevolmente fattibile per l’apprendente; > limitato nel t empo  tanto che è raggiungibile in un lasso di tempo relativa-mente breve, il che pungola l’apprendente ad affrontare altre sfide e altrisuccessi.

    Non ci soffermeremo oltre sulla determinazione dei contenuti, delle risorse,degli strumenti e dei tempi di realizzazione, visto che i docenti già operano intal senso nella normale lesson planning  e neppure sulle fasi del monitoraggio e

    della valutazione, di cui si è già detto. A questo proposito vorremmo solamentepresentare due schede di auto-valutazione prodotte da un docente insieme coni suoi apprendenti su una serie di abilità relative alla competenza comunicativaorale (interazione e produzione) ad un livello intermedio B1/B2, adatte a lice-ali (letteratura) e a studenti di istituto tecnico (situazione tipica nel dominio“mondo del lavoro”) per mostrare come si possa produrre “in proprio” mate-riali semplici, basati sui principi del QCER:

  • 8/17/2019 Manuale Edises - Lingua Inglese Nella Scuola Secondaria

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      Capitolo 1  L’Europa per le lingue 25

    a) Scheda prodotta da un docente + classe 4° superiore (ITC)

    INTERAZIONE ORALE: a) in una situazione aziendale (stand ad una fiera)

    B1 Sono in grado di sostenere una conversazione su attività di routine in un contesto familiare o prevedibile B2 Sono in grado riavviare, sostenere e concludere una conversazione con naturalezza 

    Sì, decisamente Nella media Con difcoltà  

    Non ho bisogno di aiuti esterni(es. da colleghi)

    Interagisco in modo sicuro, vivacee brillante

    So descrivere il prodotto nei

    dettagliSo discutere le condizioni di vendita