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Manuale di coltivazione dei Frutti di Bosco

MIRTILLO, LAMPONE, MORA, RIBES UVA SPINA

BERRY VERONA | 2020

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Premessa

Scelta del tipo di coltivazione

Durata delle piante

Quando cominciano a produrre la frutta

Esposizione

Distanza di impianto

Resa dei frutti di bosco

Tempi di raccolta

Quante persone sono necessarie per la raccolta

Quante persone servono per la coltivazione

Quanto durano i frutti

Acidità del terreno

Concimazione dei piccoli frutti

Irrigazione dei piccoli frutti.

Potatura dei piccoli frutti.

Sostegni e legature

Scelta varietale

Coperture

Malattie o parassiti che possono attaccare i piccoli frutti.

Epoca di impianto e ritiro delle nostre piante

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Berry Verona - premessa

Noi di Berry Verona abbiamo iniziato esattamente 50 anni fa nel 1969 a coltivare il

lampone Lloyd George sull’altopiano di Baselga di Piné; 45 anni fa abbiamo realizzato

il primo vivaio di lampone Zeva 2.

I contenuti di questo manuale derivano dalla coltivazione pratica, dallo studio e

soprattutto dagli sbagli che immancabilmente accompagnano ogni lavoro.

Già la definizione di Frutti di Bosco è piuttosto controversa, perché rimanda ad una

raccolta di frutta spontanea che ormai fa parte della storia delle nostre montagne.

Più comunemente è entrato nel lessico comune il termine Piccoli Frutti (dal francese

Petite Fruit); anche gli inglesi hanno un termine appropriato (Berry), e così pure i

tedeschi (Beeren).

In effetti sotto la denominazione Frutti di Bosco sono compresi alcuni frutti che dal

punto di vista botanico non hanno tra loro nessuna parentela: LAMPONI E MORE

sono del genere Rubus, i MIRTILLI appartengono al genere Vaccinium, il

MIRTILLO SIBERIANO è in realtà una Lonicera, RIBES E UVA SPINA sono

appunto del genere Ribes, la FRAGOLA e FRAGOLINA DI BOSCO appartengono

al genere Fragaria.

In questa bella famiglia quindi, coesistono piante con caratteristiche e necessità

pedoclimatiche tra loro molto diverse: forse la caratteristica che di più le accomuna

sono le preziose caratteristiche benefiche per la salute.

Scelta del tipo di coltivazione

Il Vostro interesse deve essere indirizzato prima di tutto all’uso che intendete fare

della frutta raccolta dalle nostre piante.

Tutte queste piante si prestano al consumo fresco e alla guarnizione di piatti dolci,

gelati, confetture e quanto altro vi può suggerire la vostra fantasia.

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Per la produzione di succhi sono molto indicati i frutti di mora, di lampone, di fragola

e di ribes nero.

A parte le fragole che hanno un loro preciso mercato che si colloca tra i frutti più

importanti e conosciuti, nel mercato fresco per la nostra esperienza in ordine di

importanza vengono richiesti il mirtillo gigante americano (50%), il lampone rosso

(35%), la mora (10%) e il ribes e uva spina (5%).

Per quanto riguarda l’ambiente e il terreno di coltivazione sono state sviluppate negli

ultimi anni varietà che di fatto possono essere coltivate in ogni area italiana e in ogni

tipo di terreno. Per informazioni specifiche su ogni specie vi rimandiamo alle nostre

schede tecniche sul nostro sito www.berryverona.it.

Durata delle piante

La durata di tutti gli impianti di piccoli frutti è poliennale e può essere limitata soltanto

da gravi errori tecnici nella coltivazione, da terreni troppo pesanti o troppo calcarei, da

terreni con ristagni idrici, da siccità estreme. Ciononostante l’invecchiamento delle

piante comporta sempre una riduzione della pezzatura dei frutti, possibili malattie

oppure l’uscita di nuove varietà migliori: di fatto la durata economica degli impianti è

sempre più breve di quella fisiologica delle piante.

Rimane inteso che le piante messe a dimora devono essere sane da virosi, da fitoftora

delle radici e da qualche micoplasmosi.

Il lampone dura circa 10 anni se coltivato in terreni sciolti e privi di ristagni che teme

molto; l’acqua di irrigazione, se calcarea, deve essere corretta e deve essere praticata

una buona concimazione, per la quale questa pianta è molto esigente, essendo abituata

in natura a compiere l’intero ciclo annuale in pochi mesi: per fare un esempio la sua

necessità di azoto disponibile risulta doppia rispetto al melo e triplo rispetto alla vite.

Le piante che appartengono al genere Rubus sono dei suffrutici, vale a dire che

l’apparato radicale è pluriennale, ma i tralci il primo anno sono vegetativi (si

definiscono polloni), il secondo producono e poi seccano naturalmente, lasciando

spazio ai nuovi polloni cresciuti nel frattempo.

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Con una importante eccezione: i polloni di un anno delle varietà rifiorenti di lampone

producono già al primo anno partendo dalla parte apicale e verso il basso: ma anche in

questo caso il pollone che al secondo anno si definisce tralcio produce dalle gemme

sottostanti in estate e poi muore.

La mora è molto più rustica e difatti può produrre sufficientemente anche per 15

anni; teme solo i ristagni, ma necessita anche lei di una fertilità alta per esprimere tutto

il suo potenziale produttivo.

Il mirtillo gigante americano invece è un cespuglio poliennale teoricamente senza

limiti di età: in Italia esistono piante importate dal Prof Eynard in Piemonte negli anni

’60 che sono ancora vive.

Ciò non significa naturalmente che la durata economica degli impianti sia eterna: il

terreno deve essere molto acido (pH 4,5 – 5,5), dotato di molta sostanza organica

(ideale 8 – 10 %), l’azoto deve essere almeno in parte di tipo ammoniacale, vuole

acqua non calcarea, la pianta deve essere regolarmente potata: insomma è un tipino

piuttosto esigente, ma in grado di dare grosse soddisfazioni. Mediamente si calcola una

durata di 15/20 anni.

Il ribes e l’uva spina sono del genere Ribes, non hanno particolari esigenze di terreno,

ma amano i climi freschi e hanno una stagione vegetativa piuttosto breve, a primavera

ed inizio estate, mentre con il caldo tendono a fermare la vegetazione: questo fa si che

la fertilizzazione deve essere abbondante ad inizio primavera, quando la pianta è in

attiva crescita; si adatta a diversi tipi di terreni purché appunto fertili: si stima

generalmente una durata economica di 8 anni.

Quando cominciano a produrre la frutta

Il lampone unifero (cioè non rifiorisce il nuovo pollone, ma il tralcio di secondo anno)

e la mora vanno in piena produzione al secondo anno. Il lampone rifiorente invece

inizia a produrre già nell’autunno dell’anno di impianto, purché questo sia fatto entro

aprile.

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Il mirtillo, il ribes e l’uva spina iniziano invece a produrre dal secondo anno e la

quantità cresce per i primi 3-4 anni mano a mano che la pianta si sviluppa, fino a

stabilizzarsi a 4° - 5° anno.

- Tutto ciò mettendo a dimora una pianta giovane: per accelerare i tempi il nostro

vivaio coltiva lui stesso le piante per 1, 2, o addirittura 3 anni al fine di accelerare

la raccolta per i produttori. Tutto questo ha naturalmente un costo e va fatta una

valutazione dei costi-benefici, che noi siamo disponibili a fare con i produttori

caso per caso.

Esposizione

Il lampone è la pianta più sensibile e cresce bene con circa 1000 microsiemens di

luce, che è la metà di quanto irradia il sole in piena estate in Pianura Padana; oltre

questa soglia la pianta chiude gli stomi e blocca la fotosintesi, rallenta lo sviluppo e

può arrivare anche a qualche scottatura dei frutti più esposti. Va da sé che il lampone

vada posto a mezz’ombra oppure vada protetto da un telo ombreggiante: un

polietilene, che ha pure il grande vantaggio di proteggere i frutti dalle piogge riduce

già la radiazione del 20-25 %. Noi consigliamo di sovrapporre al telo una rete

ombreggiante del 30-40 % (noi usiamo quella in plastica ma di colore alluminato) che

si pone in opera con facilità al sopraggiungere della stagione estiva e si rimuovono

rapidamente quando non è più necessaria.

La mora è più rustica come pianta, ma i frutti sono sensibili alle piogge e anche alle

scottature per cui negli impianti professionali rivolti al mercato fresco è necessario

mettere in atto una copertura antipioggia.

Il mirtillo gigante americano, sorprendentemente per chi non fa mente locale alla sua

origine, ama invece il pieno sole e cresce bene anche a temperature attorno ai 30 gradi,

che invece rappresenta una soglia di sofferenza per il lampone. La ragione è presto

detta: il mirtillo gigante americano deriva da quello spontaneo raccolto ed essiccato dai

pellerossa nelle grandi pianure americane non ombreggiate, dove la temperatura estiva

raggiunge i 40 gradi e quella invernale i – 30°C. Anche se sono stati fatti molti incroci

con altri tipi di mirtillo americano, di latitudine molto diversa, lui mantiene questa

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adattabilità. E peraltro anche chi conosce il mirtillo europeo sa che non va cercato

all’interno dei boschi di conifere, ma nelle radure dove arriva la luce.

Il ribes e l’uva spina amano gli spazi a mezz’ombra perché, come già detto,

prediligono i climi freschi.

Distanza di impianto

La distanza più indicata tra i filari è di 2,50 metri per tutte le colture, ciò che rende

possibile una corretta entrata della luce, il passaggio di mezzi e una eventuale copertura

antipioggia.

La distanza tra le piante sulla fila dipende invece dalla dimensione della chioma della

pianta nel suo pieno sviluppo: per il lampone si consigliano 20 – 30 cm. Per la mora

circa 80-100 cm, per il mirtillo 80-100 cm, per il ribes e l’uva spina 60 – 80 cm.

Resa dei frutti di bosco

Tempi di raccolta

Per una indicazione precisa servono diverse informazioni:

Ogni specie e addirittura varietà ha un suo preciso bisogno in ore/caldo dette anche con

acronimo inglese GDH per iniziare la maturazione e poi per completarla secondo una

precisa curva gaussiana.

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La quantità di ore/caldo è influenzata dalla latitudine nord-sud, con un anticipo di tre

settimane del sud Italia rispetto al nord, dall’altitudine (il cosiddetto gradiente termico

fa sì che ogni varietà ritarda di circa 5 giorno all’aumento di 100 metri di altitudine) e

dalla esposizione, solo per citare i più importanti.

Va anche chiarito che la maturazione è quasi sempre scalare, cioè i frutti non maturano

tutti insieme (peraltro questo fatto rende possibili cospicue produzioni su piante spesso

piuttosto esili)

I tralci del lampone dell’anno precedente maturano i frutti in circa un mese, da maggio

a luglio secondo le zone. Nelle varietà rifiorenti, che producono anche sul nuovo

pollone, la produzione autunnale dura due mesi o anche più se l’autunno è mite.

La maturazione delle more dura mediamente due mesi, da maggio ad ottobre secondo

le zone.

La maturazione del mirtillo gigante americano dura un mese, da aprile a luglio

secondo le zone e le varietà.

La maturazione del ribes e dell’uva spina, invece, è quasi contemporanea e si fa in un

solo stacco o al massimo due.

Quante persone sono necessarie per la raccolta

Rispetto alle colture con unico stacco la valutazione è un poco più complessa, perché

la maturazione (escluso ribes e uva spina) è scalare e non è costante, cioè segue una

curva durante la quale la prima settimana è minima, poi aumenta fino a raggiungere il

massimo a metà periodo, per poi in fine calare gradualmente fino a terminare.

Piuttosto difficile è valutare i tempi sul lampone, che deve essere raccolto ogni 2 giorni;

per la nostra esperienza nella settimana di punta maturano in estate circa il 30 % dei

frutti; il calcolo è allora questo:

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per 1000 metri quadrati previsti circa 1500 kg per ciclo. Il 30 % pari a 450 kg diviso 6

giorni uguale 75 kg al giorno da raccogliere. Con una resa oraria di 4 kg in un’ora di

raccolta e 6,5 ore giornaliere di lavoro (circa 26 kg raccolti) servono 3 persone.

Con la stessa logica possono essere previsti anche i tempi delle altre colture,

conoscendo i parametri della maturazione.

Quante persone servono per la coltivazione

Se la coltivazione è fatta sotto copertura, bisogna tener conto dei tempi per coprire e

poi scoprire a fine raccolta i tunnel.

Per il resto l’operazione più impegnativa rimane la potatura, che richiede mediamente

un impegno di circa 40 ore per 1000 mq. Peraltro questa operazione può essere svolta

nell’arco dell’inverno.

Quanto durano i frutti

La durata dei frutti allo stato fresco è condizionata specialmente dalla loro respirazione

naturale, molto intensa e questa è diversa se sono mantenuti in estate a temperatura

ambiente o conservati in frigorifero: in linea generale tutti i piccoli frutti (e le fragole)

dovrebbero essere raffreddati il più rapidamente possibile ad una temperatura inferiore

ai +10 °C, che rallenta la respirazione e blocca le principali muffe presenti

nell’ambiente.

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Invece per una lunga conservazione sarebbe necessario abbassare poi la temperatura a

circa + 1 °C.

In condizioni di 10 °C il lampone ha una durata di circa 3 giorni, la mora di una

settimana, il mirtillo secondo le varietà da 1 a 4 settimane e così il ribes e uva spina.

Naturalmente sarebbe auspicabile che anche in vendita non fosse interrotta la catena

del freddo e che i frutti rimanessero sotto i 10 gradi: da notare che con una temperatura

più bassa, sotto i 6-8 °C l’aria calda e umida estiva provoca la condensa dell’umidità

sulla superficie dei frutti, che copre la brillantezza e il senso di freschezza dei frutti

stessi e che alla lunga può favorire lo sviluppo di muffe.

Cosa fare del prodotto di seconda qualità: se i difetti sono di tipo estetico, o dovuti alla

pezzatura o anche alla eccessiva maturazione, ma in assenza di muffe la cosa più

semplice da fare è congelare rapidamente a – 18 °C i frutti nei cestini e poco dopo

metterli in sacchetti di polietilene. In questa maniera si conservano molto a lungo e

possono essere utilizzati per la produzione di confetture, composte, succhi ecc. nei mesi

successivi; noi consigliamo di rivolgersi alle molte aziende di trasformazione che

operano anche in conto terzi e possono permettere ai produttori di personalizzare

l’etichetta nel rispetto della legge.

Acidità del terreno

L’acidità del terreno condiziona fortemente la capacità delle diverse piante

nell’assorbimento degli elementi minerali di cui ha bisogno, per cui va sempre messa

in relazione alla concimazione.

Il lampone e la mora prediligono terreni subacidi (pH 6-7), anche se la mora è più

adattabile.

Il mirtillo è invece una pianta fortemente acidofila, a pH superiore a 6 e in terreno

calcareo non è in grado di assorbire il fosforo ed il ferro, compromettendone

gravemente la crescita ed al limite anche la stessa sopravvivenza. Oggi sono però

disponibili tecniche come la coltivazione in vaso di torba bionda che ne permettono un

ottimo e rapido sviluppo in qualunque situazione rendendo anche rapida e abbondante

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messa a frutto. Non bisogna assolutamente dimenticare la qualità dell’acqua, che in

zone calcaree deve essere corretta.

Un modo economico di misurare sia il pH dell’acqua che quello del terreno è l’uso

delle cartine tornasole. Per una analisi più approfondita consigliamo invece una

semplice analisi in laboratorio.

Noi vi consigliamo di richiedere al laboratorio anche il dato della salinità complessiva

dell’acqua espressa in microsiemens (….). Con questo dato siamo in grado di darvi un

consiglio personalizzato.

Le piante di frutti di bosco richiedono una salinità totale, fertilizzante compreso, di

circa 1.500 – 2.000 microsiemens, che corrispondono a circa 1,5 – 2,0 grammi litro.

Generalmente in Italia l’acqua ha una conducibilità media di 500-800 microsiemens,

dovuta in gran parte ai carbonati e bicarbonati (calcaree).

Noi abbiamo testato un prodotto, l’acido citrico, che è molto efficace, non è pericoloso

e con un semplice dosatore di facile utilizzo.

Il nostro acidificante, da usare in presenza di acqua calcarea, viene da noi venduto in

comodi astucci da 1 kg.

Le istruzioni precise di utilizzo le trovate nella confezione.

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Ribes e uva spina si adattano facilmente ai terreni e vanno bene anche in terreni neutri

(pH7).

Concimazione dei piccoli frutti

In condizioni ideali si potrebbe utilizzare letame bovino molto maturo, ma sappiamo

che nella pratica questo è di difficile reperimento: dobbiamo perciò adottare dei

surrogati che aumentino la quantità di sostanza organica e la disponibilità di azoto,

fosforo, potassio, calcio dove manca, magnesio e poi i microelementi indispensabili

come ferro, manganese, molibdeno, boro ecc.

Per la sostanza organica ci sono molte possibilità, tutte però da valutare caso per caso

perché costose e spesso con controindicazioni: è quindi necessaria una consulenza

specifica.

Più facile è invece utilizzare la fertilizzazione con gli elementi necessari alle piante:

i comuni fertilizzanti complessi NPK, i concimi semplici da combinare fra di loro, gli

organo-minerali e i fertilizzanti idrosolubili nell’acqua di irrigazione. Dove è

possibile la loro miscelazione e in particolare negli impianti a goccia noi consigliamo

quest’ultima categoria. Gli idrosolubili sono rapidamente assimilabili dalle piante

e si possono dunque somministrare nelle fasi vegetative in quantità giusta, non vengono

sprecati o dispersi nel terreno: in parole semplici, la pianta utilizza circa 100 grammi

di sali minerali ogni 100 litri di acqua assorbita dalle radici, cioè 1 grammo per litro e

con gli idrosolubili è appunto possibile regolare facilmente tale apporto, evitando sia

eccessi sia carenze.

Qualora ci fossero disponibilità molto alte di sostanze organiche, ad es. di letame, tale

quantità va ridotta. Nelle coltivazioni effettuate in terreni sabbiosi o in torba o in cocco

quella quantità è invece corretta.

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In concreto il lampone, le more, il ribes e uva spina, la fragola sono tutte piante

da terreno sub-acido e hanno gli stessi fabbisogni nutrizionali.

Invece il mirtillo gigante americano, oltre a specifiche esigenze di acidità ha

bisogno anche di una concimazione diversa e in particolare una parte cospicua

dell’elemento principale, l’azoto, deve essere in forma ammoniacale.

Berry Verona per semplificare il lavoro ed evitare errori ha messo a punto due concimi

idrosolubili che garantiscono, se usati con continuità, una precisione nella nutrizione

pari a quella dei produttori professionali. Questo prodotto è lo stesso che utilizziamo

noi nel nostro vivaio.

Il primo prodotto è specifico per il Mirtillo, il secondo è adatto per Lampone, Mora,

Ribes e Uva Spina, ma anche per la Fragola e tutte piante che amano i terreni subacidi.

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Irrigazione dei piccoli frutti.

Se vogliamo raccogliere quantità remunerative è necessario disporre di un impianto

irriguo perché queste specie hanno un apparato radicale piuttosto superficiale e portano

una quantità di frutti molto impegnativa rispetto alla taglia della pianta; inoltre la

maturazione avviene nella stagione estiva.

Le fasi di maggior necessità di acqua vanno da inizio fioritura alla fine della raccolta.

Più difficile è invece stimare la quantità d’acqua necessaria, perché dipende molto dal

tipo di terreno, dal tipo di inerbimento dell’interfilare ed evidentemente

dall’andamento delle piogge: il criterio classico di 2 mm di evotraspirazione

(evaporazione dal suolo + traspirazione delle foglie della pianta) pari a 2 litri al giorno

per metro quadrato aiuta a farsi una idea , ma non è sufficientemente preciso.

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Per le coltivazioni in suolo esistono degli strumenti, gli igrometri, ormai di

soddisfacente precisione, che possono essere di aiuto se ben posizionati.

Per le coltivazioni fuori suolo è molto più facile, perché è sufficiente raccogliere sotto

alcuni vasi il drenaggio che esce dal fondo e rapportarlo alla quantità di acqua di

irrigazione somministrata a quegli stessi vasi: un drenaggio del 5 – 10 % è ideale.

Naturalmente se il drenaggio è superiore o assente si deve rispettivamente ridurre o

aumentare la quantità di acqua somministrata.

Questo controllo dovrebbe essere fatto almeno settimanalmente o con più frequenza in

caso di piogge o di siccità.

Questo controllo, abbinato alla misurazione del pH e della conducibilità elettrica che

di fatto misura la concentrazione di sali è anche utilissimo nella regolazione della

fertilizzazione, che è poi quello che fanno i coltivatori professionali più preparati.

Potatura dei piccoli frutti.

In linea generale i suffrutici (lampone e mora) lasciano seccare il tralcio di due anni

che ha prodotto, e quindi va eliminato, e producono sul nuovo pollone che va quindi

selezionato nel giusto numero per metro lineare e legato alla spalliera.

I mirtilli ed il ribes e uva spina invece fanno nuovi getti, ma i rami vecchi non seccano

mai: la potatura quindi serve a diradare i rami al fine di avere un continuo rinnovo della

vegetazione: sono infatti i nuovi getti che producono la frutta di qualità.

Per un approfondimento della materia vi rimandiamo però alle schede tecniche e ai

video di ogni specie.

Sostegni e legature

Come detto sopra bisogna distinguere le specie: i lamponi e le more devono essere

necessariamente legate ad una controspalliera, realizzata di norma semplicemente

piantando ogni 5 – 6 metri sulla fila un palo di 2,5/3 metri, in modo che ne rimangano

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almeno 200 cm fuori dal suolo. A questi pali si legano 4 – 5 fili normalmente metallici

a cui verranno legati i tralci produttivi.

Esistono tecniche un poco più raffinate e valide quando il vigore delle piante è buono:

per evitare la rottura accidentale o anche per il peso dei frutti maturi si tirano sui due

lati del filare alcuni fili in polipropilene alla distanza di circa 40 cm dal centro fila.

Per il mirtillo sono necessari sostegni con un filo al centro della fila finché la pianta

non è ben ancorata al terreno.

Per ribes e uva spina, pur potendo crescere a cespuglio, si consiglia un allevamento a

controspalliera come il lampone, con la differenza che i fusti devono essere lasciati e

solamente potati.

Scelta varietale

Rappresenta un passaggio molto importante quando un produttore decide di realizzare

un impianto.

La nostra lunga esperienza vi può essere utile per districarsi fra differenze climatiche

della vostra zona, periodi diversi di maturazione fra varietà nello stesso areale di

coltivazione, caratteristiche intrinseche di qualità per cui alcune varietà sono più

produttive e altre più conservabili, ecc. ecc.

Noi abbiamo una vasta scelta, ma non grandissima perché molte sono simili e

ingenerano anche confusione: diciamo che cerchiamo di avere una varietà per ogni

necessità veramente importante.

Può succedere che alcune varietà, che ad esempio si trovano in rete, noi non le

coltiviamo perché è un doppione di un’altra che abbiamo, oppure sono varietà con

esclusive e royalty impegnative o gestite addirittura in club che arrivano fino alla

vendita obbligatoria del prodotto.

Le aziende sono così sottoposte a regimi di commercializzazione che difficilmente i

nostri clienti di media o piccola dimensione possono o hanno l’interesse ad accettare.

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La genetica è in continuo movimento e anche nel futuro saranno sempre più disponibili

nuove varietà, spesso senza avere il tempo di collaudarle nei nostri concreti ambiti di

coltivazione. Noi siamo aperti al nuovo, ma con prudenza.

Coperture

Si possono avere copertura antipioggia, particolarmente importanti per lamponi e

more destinate al mercato fresco. Questi frutti sono soggetti alla muffa (Botrytis

cinerea) e ad altri problemi legati alla bagnatura. Se invece il prodotto può essere

indirizzato alla trasformazione, anche previo congelamento, la copertura può essere

evitata.

Invece il mirtillo e il ribes e uva spina hanno una buccia più resistente alle bagnature e

non necessitano pertanto di coperture antipioggia.

Cosa diversa è la copertura con rete antigrandine, che è consigliata in tutti i casi

dove questo è possibile e che comporta anche alcuni vantaggi collaterali: riduzione dei

danni da vento, difesa dalle scottature estive (per la frutta ma anche per i raccoglitori),

lieve aumento dell’umidità in estate quando è sempre troppo bassa, per favorire

l’apertura degli stomi delle foglie delle piante e la sintesi clorofilliana

Il discorso è molto complesso per quanto riguarda le reti antinsetto, che in molte zone

stanno diventando attuali specialmente in presenza di estese coltivazioni: in particolare

la Drosophila Suzuki e adesso anche la cimice asiatica, in assenza di parassitoidi

naturali, stanno diventando un problema che merita delle valutazioni accurate.

Malattie o parassiti che possono attaccare i piccoli frutti.

In generale possiamo dire che nessuna delle specie è interessata a malattie specifiche e

di intensa infezione, come possono essere la peronospora delle viti tradizionali o la

ticchiolatura delle mele. E spesso nuove coltivazioni, in ambienti isolati da altri

impianti della stessa specie, se fatte con piante sane, possono restare esenti da parassiti

specialmente animali anche per molti anni.

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Lampone: è soggetto alla muffa grigia (Botrytis cinerea) che è un parassita

ubiquitario, cioè vive in una serie numerosa di frutti e quindi è sempre presente

potenzialmente nell’ambiente; si sviluppa con temperature superiori ai 15 gradi quando

i frutti rimangono bagnati per minimo 15 ore (regola del 15 – 15). Non è un grosso

problema se i frutti sono destinati alla rapida trasformazione o al congelamento, ma lo

diventa se i frutti sono destinati alla vendita del fresco, dove il cliente ha un limite di

tolleranza zero, anche perché sa che la muffa si trasmette in 2 – 3 giorni ai frutti vicini.

Non esistono fungicidi completamente efficaci, per cui nelle zone dove è probabile

qualche pioggia nel periodo della raccolta, la soluzione più razionale è la copertura con

telo o tunnel antipioggia, che evitando la bagnatura risolve il problema al 100 %, anche

con vantaggi collaterali sopra menzionati per la rete antigrandine.

L’acaro giallo Tetranychus si diffonde sulle pagine inferiori delle foglie limitandone

la funzionalità, predilige gli ambienti caldi, asciutti e si diffonde anche col vento, per

cui sono predisposte di più le colture sotto copertura. Per fortuna esistono prodotti sia

per la coltivazione biologica che per quella convenzionale molto efficaci.

Altri parassiti si possono presentare sporadicamente e il nostro consiglio è di tenerli

controllati regolarmente in modo da intervenire solo quando i danni diventano

economicamente significativi.

Mora: quanto detto per il lampone vale anche per la mora, meno soggetta però

all’acaro.

La mora ha però un problema tutto suo: l’eriofide delle gemme, un piccolissimo acaro

che sverna nelle gemme e poi migra sui frutti in via di maturazione, pungendoli e

rendendone così difficile la maturazione completa, con frutti che rimangono rossastri

e acidi specie sulle punte e rendendoli in tal modo inadatti specie al consumo fresco.

Esistono prodotti efficaci sia per la coltivazione biologica sia per quella convenzionale,

ma devono essere utilizzati in momenti ben precisi.

Il mirtillo gigante americano è la pianta meno soggetta a parassiti, probabilmente

perché è stata importata recentemente da ambienti lontani. Ciononostante qualche

parassita la frequenta spesso, in particolare la cecidomia dei nuovi getti, una piccola

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larvetta bianca, che non costituisce un problema grave, ma ne rode le punte e poi si

avvolge nelle stesse provocando delle deviazioni dei giovani getti: negli impianti

vigorosi i danni sono molto limitati, in quelli più deboli arreca qualche fastidio.

In piante coltivate in vaso e substrato acido, ben vigorose, raramente compaiono altri

parassiti in grado di danni economicamente rilevanti, diverso può essere il caso di

piante stentate dove possono insediarsi altri problemi, anche all’apparato radicale.

Il ribes rosso e uva spina: in questo caso il fungo più diffuso è sicuramente l’oidio o

mal bianco (Sphaerotheca), simile a quello della vite, che si sviluppa sulla pagina

inferiore delle foglie e che trova il suo ambiente ideale di sviluppo nelle stagioni umide,

che favoriscono l’accesso del fungo nelle stesse, alternate a momenti di vento che

invece favoriscono la diffusione aerea del parassita stesso.

Provoca la perdita di efficienza delle foglie se non curato, fino all’accartocciamento

delle stesse; si individua facilmente sfregando tra le mani le foglie colpite da macchie

sulla pagina inferiore delle foglie: queste emaneranno in caso di oidio un forte odore

di fungo.

Anche per questa patologia esistono prodotti efficaci se usati tempestivamente, sia per

la coltivazione biologica sia per quella convenzionale.

Nuovi parassiti. Come saprete negli ultimi anni si sono diffusi nuovi parassiti che

provenendo da regioni del mondo lontane, non trovano loro parassiti in grado di ridurli

ad un equilibrio naturale che permetterebbe una convivenza accettabile. Parliamo

naturalmente della Drosophila Suzukii e più recentemente della cimice asiatica, la

prima particolarmente attratta dai frutti rossi e blu e dall’uva, la seconda di più dai frutti

“maggiori “. La difesa si può basare su massicci interventi antiparassitari o con la

copertura antinsetto, attuata con reti di trama molto più sottile di quelle consigliate

come antigrandine. Sono entrambe molto complesse e costose, per cui stiamo tutti

aspettando il rilascio dei loro parassitoidi naturali che li riducano ad una presenza

fisiologica: sono già stati individuati, ma per la loro diffusione stiamo tutti aspettando

l’iter legale necessario.

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Epoca di impianto e ritiro delle nostre piante

Le nostre piante coltivate in vaso non hanno solo il vantaggio della sanità, ma anche

quello di poter teoricamente essere messe a dimora durante tutto l’anno, avendo un

sufficiente pane di terra dove le radici sono cresciute per un minimo di un anno e quindi

sono di facile e sicuro attecchimento.

Nonostante ciò, per sfruttare la produzione della pianta il prima possibile, cosa che ci

viene quasi sempre richiesta dai produttori, conviene rispettare le regole canoniche:

- nelle zone calde dell’Italia centrale e meridionale o sotto tunnel coperti anche in

Val Padana se il terreno, i sostegni e la fertirrigazione sono già preparati e

funzionanti conviene piantare in autunno, da inizio settembre a fine novembre,

in maniera che le piante nella primavera seguente, quando sentono di avere le

condizioni climatiche giuste partono subito sfruttando tutta la stagione

vegetativa.

- negli altri casi è consigliabile posticipare il trapianto a primavera, appena le

temperature sono sopra lo zero; non smettiamo però di ripetere che è importante

che gli impianti, specialmente quello di fertirrigazione, devono essere pronti già

al momento della messa a dimora delle piante.

Per quanto riguarda il trasporto le piante in vaso occupano maggior spazio rispetto ad

altre, ma riteniamo senz’altro che i vantaggi delle piante in vaso compensino

ampiamente questo maggior impegno.

Peraltro noi ci siamo organizzati per ridurre al minimo lo stress delle piante , il loro

volume durante il trasporto ed il costo, con diversi tipi di casse, pedane, carrelli ecc.;

se invece voi avete la possibilità di ritirare direttamente le piante da noi a Verona, oltre

al risparmio vi offriremo di sicuro qualche ulteriore consiglio o la risposta alle vostre

domande, anche perché abbiamo notato che più i nostri clienti produttori hanno

studiato e più domande hanno da fare e noi cerchiamo di metterci a disposizione ,poiché

abbiamo quanto voi l’interesse che gli impianti abbiano successo e questo, credeteci,

non è solo una bella frase.