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Indice Introduzione 1 1 La fase di Berry 2 1.1 Evoluzione ambientale e spazio dei parametri ..................... 2 1.2 Approssimazione adiabatica ............................... 3 1.3 Gauge-invarianza del fattore di Berry .......................... 4 1.4 Un’esempio : sistema a due livelli ............................ 5 2 Elettroni in un potenziale periodico 8 2.1 Approssimazione di elettrone singolo .......................... 8 2.2 Teorema di Bloch ..................................... 9 2.3 Legame debole ...................................... 11 2.4 Legame forte ....................................... 12 2.5 Dinamica semiclassica .................................. 14 3 Dinamica semiclassica in presenza di termini di Berry 16 3.1 Fase di Berry nelle bande di Bloch ........................... 16 3.2 Perturbazioni lentamente variabili ........................... 17 3.3 Equazioni di moto in presenza di campi elettromagnetici ............... 18 3.4 Bande dipendenti dal tempo ............................... 20 3.5 Analisi delle simmetrie .................................. 21 3.6 Un’applicazione: campo elettrico uniforme e costante ................. 21 A 25 A.1 Valore di aspettazione di r ................................ 25 A.2 Momento angolare orbitale ............................... 25 Bibliografia 28 I

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Indice

Introduzione 1

1 La fase di Berry 21.1 Evoluzione ambientale e spazio dei parametri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2 Approssimazione adiabatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.3 Gauge-invarianza del fattore di Berry . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.4 Un’esempio : sistema a due livelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

2 Elettroni in un potenziale periodico 82.1 Approssimazione di elettrone singolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.2 Teorema di Bloch . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.3 Legame debole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112.4 Legame forte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122.5 Dinamica semiclassica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

3 Dinamica semiclassica in presenza di termini di Berry 163.1 Fase di Berry nelle bande di Bloch . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163.2 Perturbazioni lentamente variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173.3 Equazioni di moto in presenza di campi elettromagnetici . . . . . . . . . . . . . . . 183.4 Bande dipendenti dal tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203.5 Analisi delle simmetrie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213.6 Un’applicazione: campo elettrico uniforme e costante . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

A 25A.1 Valore di aspettazione di r . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25A.2 Momento angolare orbitale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

Bibliografia 28

I

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Introduzione

In un articolo di Michael Berry del 1984 viene esposto come la funzione d’onda di un sistemaquantistico, in seguito a un’evoluzione ciclica adiabatica, possa acquistare un fattore di fase gauge-invariante e quindi potenzialmente osservabile. La natura di questo fattore di fase e geometrica,cioe intimamente legata alla geometria del cammino e alla struttura dello spazio dei parametridel sistema. In seguito e stato verificato che la fase di Berry e il limite adiabatico di una fasegeometrica di natura piu generale, esistente nella soluzione esatta.Come accennato, la presenza del fattore di fase di Berry e strettamente connessa alla possibilitadi un’evoluzione ciclica nello spazio dei parametri. La struttura del reticolo reciproco di un solidocristallino fornisce uno spazio dei parametri periodico e quindi un ambiente naturale per lo studiodella presenza di termini di Berry. Lo scopo di questa tesina e quello di mostrare come tali terminicompletino la descrizione semiclassica del moto elettronico in un potenziale periodico soggetto acampi esterni.

Nel primo capitolo vengono richiamati i concetti fondamentali legati alla fase di Berry. In-nanzitutto si definisce lo spazio dei parametri connesso all’evoluzione ambientale di un sistema; siinquadra poi il concetto di approssimazione adiabatica analizzando come all’interno di essa possaemergere un fattore di fase geometrico indipendente dalla dinamica del problema. Si verifica che,in seguito a un evoluzione ciclica, tale fattore risulta gauge-invariante e quindi fisicamente osser-vabile e infine si riporta un esempio in cui emergono le caratteristiche illustrate precedentemente.

Nel secondo capitolo si riassumono brevemente alcune proprieta delle funzioni d’onda elet-troniche all’interno di una struttura cristallina ovvero in presenza di un potenziale periodico. Perquesto richiamiamo il teorema di Bloch e il concetto di banda di energia. Riportiamo inoltredue approssimazioni in cui emerge la struttura a bande di un solido: l’approssimazione di legamedebole e quella di legame forte. Infine diamo le equazioni semiclassiche per la dinamica elettronicaall’interno delle strutture cristalline in presenza di campi elettromagnetici applicati.

Nel terzo capitolo si evidenzia come la variazione di parametri legati alla struttura periodicadi un cristallo, indotta dai campi esterni, possa determinare la presenza di termini di Berry nelleequazioni di moto elettroniche; queste equazioni vengono poi derivate da una lagrangiana efficace.Infine esaminiamo un caso particolare: il moto in presenza di un campo elettrico costante. Dopoaver illustrato il problema vedremo come in questo caso possa emergere un termine legato allafase di Berry.

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Capitolo 1

La fase di Berry

Ripercorreremo brevemente, in questo primo capitolo, il percorso che ha consentito di mettere inluce l’esistenza della fase di Berry e ne illustreremo le caratteristiche salienti [1].

1.1 Evoluzione ambientale e spazio dei parametri

Prendiamo in esame un sistema quantistico per il quale l’hamiltoniana H dipenda da un setdi parametri K = (K1, . . . ,Kr) che descrivono la configurazione ambientale in cui il sistema eimmerso.Lo spazio dei parametri, ovvero l’insieme di tutti i possibili valori di K, definisce la cosiddettavarieta dei parametri M, di dimensione r. Nel caso piu generale i parametri K potranno dipenderedal tempo t e il loro moto sulla varieta M avverra lungo una curva K(t) = (K1(t), . . . ,Kr(t)),che supporremo regolare.Per ogni valore di K in M, e quindi per ogni istante t, sia

H(K(t)) |n ;K(t)〉 = En(K(t)) |n ;K(t)〉 (1.1)

l’equazione agli autovalori per l’hamiltoniana (dove e stata resa esplicita la dipendenza dai parametridi H e dei suoi autovalori e autovettori) con la condizione 〈m ;K(t)|n ;K(t)〉 = δmn. Supponiamoinoltre che lo spettro di autovalori di H(K), fissato K ∈M, sia discreto e non degenere.Conosciamo quindi a ogni istante una base ortonormale |n ;K(t)〉 di autovettori dell’hamilto-niana che costituiscono una base completa per lo spazio di Hilbert per ogni valore di K in M.Aggiungiamo inoltre le ipotesi che H(K) sia una funzione di K continua e a un sol valore. Laprima ipotesi implica anche la dipendenza continua da K degli autovalori e autovettori di H,mentre la seconda implica che per un cammino chiuso su M tale che K(T ) = K(0) valga

H(T ) = H(K(T )) = H(K(0)) = H(0) (1.2)

eEn(T ) = En(K(T )) = En(K(0)) = En(0) (1.3)

Per quanto riguarda gli autovettori, essendo definiti dalla (1.1) a meno di un fattore di fase,possiamo invece solo affermare che in seguito a un’evoluzione ciclica si abbia

|n ;K(T )〉 = eiχ |n ;K(0)〉 (1.4)

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1.2 Approssimazione adiabatica

In generale lo studio della dinamica di un sistema parte dalla soluzione dell’equazione di Schrodinger1

i∂ |ψ(t)〉∂t

= H(K(t)) |ψ(t)〉 (1.5)

Si suppone che la dipendenza dal tempo dell’hamiltoniana sia sufficientemente lenta da poter ap-plicare l’approssimazione adiabatica. Questa consiste nel supporre che se il sistema al tempo t = 0e descritto da un autostato dell’hamiltoniana |n ;K(0)〉 , relativo all’autovalore En(0), al tempot generico sia descritto dall’autostato di H(t), |n ;K(t)〉 relativo all’autovalore En(t), deducibilecon continuita da En(0). L’approssimazione adiabatica equivale quindi ad affermare che il numeroquantico che caratterizza lo stato rimane costante nel tempo2.Possiamo parlare di variazione lenta dell’hamiltoniana e ricorrere all’approssimazione adiabaticaquando la scala dei tempi su cui essa varia e grande rispetto alla scala dei tempi che caratterizzail sistema in questione.Secondo le ipotesi fatte la soluzione dell’equazione (1.5) sara esprimibile attraverso una combi-nazione lineare di autostati di H, ossia

|ψ(t)〉 =∑m

cm(t) |m ;K(t)〉 (1.6)

a cui aggiungiamo la condizione che al tempo t = 0 il sistema si trovi nell’autostato |n ;K(0)〉, eche quindi sia cm(0) = δmn.L’approssimazione adiabatica trascura la probabilita di transizione dal livello n-esimo al livellom-esimo e consiste allora nell’eliminare dalla sommatoria (1.6) i temini con m 6= n.Scriviamo in questo modo una soluzione approssimata dell’equazione (1.5) nella forma

|ψ(t)〉ad = cn(t) |n ;K(t)〉 (1.7)

La (1.7) implica, a causa della normalizzazione degli stati, che cn(t) sia un fattore di fase. La suaespressione si ottiene sostituendo la (1.7) nella (1.5) e proiettando sul sottospazio n-esimo

idcn(t)

dt+ icn(t) 〈n ;K(t)| d

dt|n ;K(t)〉 = cn(t)En(K(t)) (1.8)

che integrata, con la condizione cn(0) = 1, fornisce

cn(t) = e−i∫ t

0En(K(t′))dt′

ei

∫ t

0i⟨n ;K(t′)

∣∣ ddt′∣∣n ;K(t′)

⟩dt′

(1.9)

Il primo fattore della (1.9) e detto dinamico e si riduce nel caso stazionario al noto fattore di

evoluzione e−iEnt. Il secondo fattore e proprio quello derivato da Berry. E importante notare, edi facile verifica, che la quantita

γn(t) =

∫ t

0i⟨n ;K(t′)

∣∣ ddt′∣∣n ;K(t′)

⟩dt′ mod 2π (1.10)

1~ e posto uguale a 12Tale condizione a rigore e compatibile solo con un’evoluzione stazionaria e quindi puo costituire solo

un’approssimazione.

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e reale.In definitiva la soluzione generale dell’equazione di Schrodinger in approssimazione adiabatica e

|ψ(t)〉ad = e−i∫ t

0En(K(t′))dt′

ei

∫ t

0i⟨n ;K(t′)

∣∣ ddt′∣∣n ;K(t′)

⟩dt′

|n ;K(t)〉 (1.11)

1.3 Gauge-invarianza del fattore di Berry

Il fattore di Berry non fu considerato per un cinquantennio appellandosi all’argomentazione percui poteva essere eliminato ridefinendo gli autostati dell’hamiltoniana. Berry mostro invece che,in presenza di un’ evoluzione ciclica dei parametri, se la fase γn(T ) risulta non banale, cioe nullao pari ad un multiplo intero di 2π, e ineliminabile.Per vedere questo innanzi tutto riscriviamo la (1.10) come segue

γn(t) =

∫ t

0i⟨n ;K(t′)

∣∣ ∂

∂Ki

∣∣n ;K(t′)⟩ dKi(t′)

dt′dt′

=

∫ K(t)

K(0)i 〈n ;K| ∂

∂Ki|n ;K〉 dKi mod 2π (1.12)

che mostra come la fase di Berry possa essere riscritta come integrale di linea sulla curva K(t) inM e mette in evidenza il fatto che la fase non dipende dalla dinamica del problema, cioe dal motolungo la curva, ma solo dalla geometria del cammino sulla varieta. Introduciamo ora il vettorer-dimensionale ~An(K), detto potenziale vettore di Berry, le cui componenti sono

Ani (K) = i 〈n ;K| ∂

∂Ki|n ;K〉 (1.13)

che ci permette di riscrivere la (1.10) come segue

γn(t) =

∫ΓAni (K) dKi mod 2π (1.14)

ovvero come integrale curvilineo, lungo la curva Γ su M, del potenziale di Berry.Andiamo ora a cercare una trasformazione, se esiste, che sia in grado di eliminare la fase γn(t).Vedremo come il potenziale vettore di Berry si modifica sotto tale trasformazione e come diconseguenza si modifica anche il fattore di fase di Berry. Vedremo cosa distingue la situazione incui il cammino K(t), che rappresenta l’evoluzione del sistema, sia o meno una curva chiusa.Proviamo a effettuare sui vettori |n ;K(t)〉 della base una trasformazione del tipo

|n ;K(t)〉′ = eiχn(K(t)) |n ;K(t)〉 (1.15)

in cui richiediamo che il fattore di fase sia una funzione monodroma di K(t) 3. Trasformazionicome la (1.15) in cui la fase e funzione dei parametri, ovvero del punto sulla varietaM, sono dettetrasformazioni di gauge.Dalla definizione (1.13) si trova che le componenti del potenziale di Berry, per una trasformazionedel tipo (1.15), si modificano come segue

3Rimandiamo alla prossima sezione per la giustificazione di tale richiesta.

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Ani −→ A′ni = i 〈n ;K|′ ∂

∂Ki|n ;K〉′

= i 〈n ;K| e−iχn(K) ∂

∂Kieiχn(K) |n ;K〉

= Ani −∂χn(K)

∂Ki(1.16)

Dalla (1.14) la legge di trasformazione per γn(t) risulta quindi

γn(t) −→ γ′n(t) = γn(t)− χn(K(t)) + χn(K(0)) (1.17)

per cui scegliendo opportunamente χn(K(t))− χn(K(0)) la fase γ′n(t) puo essere resa banale.

Quanto detto pero non risulta piu valido quando il cammino K(t) sulla varieta M e chiuso, ossiatale che a un certo istante t = T si abbia K(T ) = K(0). In questo caso la monodromia del fattore

eiχn(K(t)) implica cheχn(K(T )) = χn(K(0)) + 2πq q ∈ Z (1.18)

Inserendo quest’ultima nella (1.17) si ha

γ′n(T ) = γn(T )− 2πq q ∈ Z (1.19)

da cui

eiγ′n(T ) = eiγn(T ) (1.20)

In definitiva abbiamo mostrato che il fattore di fase Berry eiγn(T ) dove

γn(T ) =

∮CAni (K) dKi mod 2π (1.21)

e C e una curva chiusa su M, e gauge-invariante e quindi ineliminabile.

1.4 Un’esempio : sistema a due livelli

Concentriamoci ora su un esempio concreto: un sistema a due livelli. Questo semplice sistemaconsente, in approssimazione adiabatica, di mettere in luce le proprieta della fase di Berry prece-dentemente illustrate. Consideriamo l’hamiltoniana per questo tipo di sistema, nella forma piugenerale

H = h(K) · σ (1.22)

dove con K indichiamo il set di parametri da cui dipende l’hamiltoniana e con σ le matrici diPauli. Un’hamiltoniana di questo tipo puo descrivere a esempio l’interazione di una particella dispin 1

2 con un campo magnetico di modulo costante 4. I parametri che descrivono il sistema inquesto caso sono gli angoli polare e azimutale θ e ϕ che identificano la direzione del campo. Senzaperdere in generalita possiamo fissare un valore per l’angolo polare θ e descrivere quindi un motodi precessione del campo attorno ad un asse fisso con velocita angolare costante ossia ϕ = ωt.Scriviamo allora l’hamiltoniana del sistema nella forma

H = n(t) · σ (1.23)

4La trattazione che segue e generalizzabile al caso di un momento angolare J qualunque. Il problema e ancheesattamente risolubile e consente di verificare che la fase di Berry e il limite adiabatico di una fase geometricaesistente nella soluzione ciclica esatta [2].

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avendo omesso le costanti ed essendo n(θ(t), ϕ(t)) = (sinθcosωt, sinθsinωt, cosθ) il versore cheindica la direzione del campo.Due possibili autostati del sistema relativi agli autovalori ±1 sono

|u−〉 =

sinθ

2e−iϕ

−cosθ

2

, |u+〉 =

cosθ

2e−iϕ

sinθ

2

(1.24)

Come sappiamo questa non e l’unica scelta possibile poiche gli autovettori dell’hamiltoniana sonodefiniti a meno di un fattore di fase. Vogliamo mostrare come la scelta di questo fattore di fasee collegata alla richiesta che a ogni punto dello spazio dei parametri sia associato uno e un soloautovettore. Infatti, considerando ad esempio |u−〉 nella (1.24), si puo vedere che al polo NordN (θ = 0) si ha un unico autovettore mentre al polo Sud S si hanno un’ infinita di autovettoriessendo ϕ indeterminato. Possiamo quindi cambiare base in modo da avere al polo Sud un unicoautovettore effettuando la trasformazione

|u−〉′ = eiϕ |u−〉 (1.25)

Con questa scelta, come e facile verificare dalla prima delle (1.24), si ha un solo autovettore alPolo Sud ma se ne hanno infiniti al Polo Nord.Notiamo innanzitutto che il cambiamento di base (1.25) equivale alla trasformazione (1.15), ossiaa quella che abbiamo chiamato trasformazione di gauge, con la funzione χ(θ, ϕ) = ϕ.Il fatto che non sia possibile definire i vettori base come funzioni a un sol valore globalmentesu tutta la varieta e legato alle caratteristiche della varieta M che in questo caso e la sferaS2 immersa in R3. Tale varieta necessita di almeno due carte per essere ricoperta. Quindi gliautostati dell’hamiltoniana possono essere scelti come funzioni a un sol valore solo su un aperto U1

che includa il polo Nord ma escluda il polo Sud, oppure su un aperto U2 che includa il polo Sud maescluda il polo Nord e appunto non globalmente su tutta la varieta. D’altra parte nell’ intersezionedegli aperti in entrambe le basi i vettori devono essere funzioni a un sol valore dei parametri equindi il fattore di fase della trasformazione di gauge deve essere una funzione monodroma5.Calcoliamo adesso 6 il potenziale di Berry (per lo stato 〈u−|), definito dalla (1.13), per le due basi

~A− = 〈u−| eϕ1

rsinθ

∂ϕ|u−〉 =

(1− cosθ)

2rsinθeϕ θ 6= π (1.26)

e

~A ′− = 〈u−|′ eϕ1

rsinθ

∂ϕ|u−〉′ = −

(1 + cosθ)

2rsinθeϕ θ 6= 0 (1.27)

Quindi

~A ′− − ~A− = − 1

rsinθeϕ = −~∇(ϕ) (1.28)

Come mostrato nella (1.16) il potenziale vettore differisce nelle due basi per il gradiente di unafunzione scalare e piu precisamente per il gradiente della funzione χn(K(t)) che compare nella(1.15). Confrontando quest’ultima con la (1.25) risulta che il parametro K(t) e l’angolo ϕ eχn(ϕ) = ϕ.E interessante notare che la fase di Berry nella (1.21) puo essere calcolata utilizzando il teorema

5Questo completa l’argomento sull’invarianza della fase di Berry posto nella sezione precedente

6Richiamiamo l’espressione del gradiente in coordinate sferiche ~∇ = er∂

∂r+ eθ

1

r

∂θ+ eϕ

1

rsinθ

∂ϕ

6

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di Stokes

γn(T ) =

∮C~An · dK =

∫S~Fn · dS mod 2π (1.29)

dove S e una superficie che si appoggia sul circuito C, ovvero ∂S = C, e

~Fn = ~∇× ~An = i(~∇〈n ;K|)× (~∇ |n ;K〉) (1.30)

e detta curvatura di Berry.Come e immediato verificare ~Fn e gauge-invariante

~Fn −→ ~F ′n = ~∇× ~An − ~∇× ~∇χn= ~Fn (1.31)

Cio permette di utilizzare indifferentemente l’aperto U1 o l’aperto U2 nella (1.29) essendo ~Fndefinito globalmente su tutta la varieta.Dalle (1.26) (1.27) si ricava

~F− = − 1

2r2er (1.32)

e percio, nell’aperto U1, la fase di Berry risulta

γ−(T ) =

∮C~A− · dl =

∫S1

~F− · dS = π(cosθ − 1) mod 2π (1.33)

dove S1 e la calotta sferica contenuta in U1 e il vettore dS e diretto radialmente e orientato versol’esterno della sfera, coerentemente con il verso di percorrenza di C, secondo la regola della manodestra. Per il calcolo in U2 si avra

γ′−(T ) =

∮C~A ′− · dl =

∫S2

~F− · dS′ (1.34)

dove S2 = S2 − S1 e dS′ = −dS coerentemente con l’orientazione di C. Si trova cosı

γ′−(T ) = −

∫S2−S1

~F− · dS = −∫S2

~F− · dS +

∫S1

~F− · dS = 2π + γ−(T ) (1.35)

cioe il risultato che si avrebbe dalla (1.27) con la (1.29).Vale la pena sottolineare l’analogia formale tra il potenziale di Berry e il potenziale vettore Adell’elettromagnetismo, e tra la curvatura di Berry e il campo magnetico B.Terminiamo questo capitolo scrivendo l’espressione generale per la curvatura di Berry7(per unospazio dei parametri tridimensionale)

~Fn = i∑m6=n

〈n ; K| ~∇KH(K) |m ; K〉 × 〈m ; K| ~∇KH(K) |n ; K〉[En(K)− Em(K)]2

(1.36)

che mostra come la curvatura diventi singolare per En(K) = Em(K), ossia in presenza di dege-nerazione. Questo risulta anche dalla (1.32) dove la singolarita in r = 0 e associata a quella dellimite di campo nullo (vedere (1.22)) nel qual caso i due livelli diventano degeneri.

7Per ragioni di spazio non riportiamo la dimostrazione di questa espressione [2].

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Capitolo 2

Elettroni in un potenziale periodico

Nella prima parte di questo capitolo riassumiamo brevemente alcune caratteristiche delle funzionid’onda elettroniche all’interno di una struttura cristallina ovvero in presenza di un potenzialeperiodico. Per prima cosa descriviamo alcune semplificazioni che permettono di giungere allatrattazione di elettrone singolo che agevola notevolmente lo studio, in generale complesso, dell’e-quazione di Schrodinger per gli elettroni in un cristallo.Illustriamo poi il teorema di Bloch che da importanti informazioni sulla forma delle funzioni d’on-da elettroniche e richiamiamo il concetto di banda di energia andandone a vedere l’origine.Riportiamo inoltre due approssimazioni in cui emerge la struttura a bande di un solido: l’approssi-mazione di legame debole e quella di legame forte. Cerchiamo di chiarire cosı il modo in cui, inqueste approssimazioni, l’energia degli elettroni all’interno del solido risulta confinata in regioniben precise [3].Nella seconda parte richiamiamo invece le equazioni per la dinamica elettronica all’interno dellestrutture cristalline da un punto di vista semiclassico, in presenza di campi elettromagnetici ap-plicati [3]. Senza addentrarci nella derivazione sistematica delle equazioni di moto, cerchiamo diillustrarne le caratteristiche salienti e di giustificarne i limiti di validita.

2.1 Approssimazione di elettrone singolo

Un approccio formale allo studio degli stati elettronici di un solido cristallino consiste nello scriverel’equazione di Schrodinger per tutti gli elettroni del cristallo nel potenziale dovuto ai nuclei

(Te + Tn + Ven + Vee + Vnn)ψ = Eψ (2.1)

dove E e l’energia totale di N nuclei e ZN elettroni, Te e Tn sono le energie cinetiche di nucleied elettroni, Ven, Vee e Vnn i potenziali di interazione e ψ = ψ(r1, . . . , rZN ; R1, . . . ,RN ), doveabbiamo reso esplicita la dipendenza dalle coordinate elettroniche ri (i = 1, . . . , ZN) e nucleariRα (α = 1, . . . , N)1. Quest’equazione, senza alcun tipo di approssimazione, non e generalmenterisolvibile.Prima di tutto consideriamo il fatto che gli elettroni in un solido si possono dividere in elettroniinterni (o di core) e in elettroni di valenza. I primi sono sostanzialmente insensibili alla presenzadegli atomi circostanti e conservano percio le caratteristiche che avrebbero se l’atomo fosse isolato.E lecito quindi riferirsi ai soli elettroni di valenza per lo studio delle caratteristiche di un cristallo.Un certo numero di altre approssimazioni sono possibili. Analogamente al caso molecolare epossibile effettuare la separazione di Born-Oppenheimer [3] e fattorizzare la funzione d’onda ψ

1Non e stata invece esplicitata un’eventuale dipendenza dalle coordinate di spin.

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nel prodotto di una funzione d’onda elettronica e di una ionica (comprensiva dei nuclei e deglielettroni di core) per poi scrivere le equazioni di Schrodinger per l’una e per l’altra. La soluzionedell’equazione elettronica e effettuata nell’assunzione di una configurazione ionica statica, chesupporremo perfettamente periodica.A questo punto possiamo effettuare un’ultima approssimazione, piuttosto drastica, che consistenel trascurare il termine di interazione elettrone-elettrone. La funzione d’onda elettronica sifattorizza cosı nel prodotto delle singole funzioni d’onda, ognuna delle quali soddisfa un’equazionedella forma

Hψ =

(− ~2

2m∇2 + U(r)

)ψ = Eψ (2.2)

per un potenziale del tipoU(r + R) = U(r) (2.3)

dove R = n1a1 + n2a2 + n3a3 (ni ∈ Z) e un vettore del reticolo di Bravais [3]. Elettroni cheobbediscono ad una tale equazione sono conosciuti come elettroni di Bloch.Successivamente si dovra tenere conto degli elementi che si sono trascurati nelle precedenti ap-prossimazioni e cioe, essenzialmente, delle interazioni degli elettroni fra loro e con le perturbazionidel reticolo (interazioni “fonone-elettrone”).

2.2 Teorema di Bloch

Prescindendo dalla particolare forma del potenziale nella (2.2), la sola periodicita ha importantiripercussioni sulla possibile forma dell’autofunzione. Un importante teorema, noto come teoremadi Bloch, ci assicura che l’autofunzione possa essere scelta della forma

ψnk(r) = eik · runk(r) (2.4)

con la condizione di periodicitaunk(r + R) = unk(r) (2.5)

dove k e detto vettore d’onda di Bloch.Le equazioni (2.4) e (2.5) implicano inoltre

ψnk(r + R) = eik ·Rψnk(r) (2.6)

che costituisce una formulazione alternativa del teorema.La periodicita del potenziale implica l’invarianza per traslazioni discrete dell’hamiltoniana, ossiache

TH = HT (2.7)

dove T (R) e l’operatore di traslazione della forma

T (R) = eiR · p (2.8)

per ogni R vettore del reticolo di Bravais e il cui effetto sulla funzione d’onda e

T (R)ψ(r) = ψ(r + R) (2.9)

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L’equazione (2.7) stabilisce la possibilita di scegliere autostati simultanei di H e T e quindi che leautofunzioni della (2.2) siano della forma

ψ(r + R) = T (R)ψ(r) = λψ(r) (2.10)

conλ = eik ·R (2.11)

autovalore dell’operatore di traslazione. La (2.10), con la (2.11), corrisponde proprio alla con-dizione di Bloch espressa nella (2.6).

Si possono fare adesso un certo numero di considerazioni sulle proprieta del vettore k e sullastruttura dei livelli energetici che discendono dal teorema di Bloch.

E possibile stabilire un’analogia tra il vettore d’onda di Bloch k e il vettore d’onda di un

elettrone libero la cui forma ep

~, dove p e l’impulso dell’elettrone.

Il vettore d’onda di Bloch k non e proporzionale all’autovalore dell’ operatore p = −i~~∇,relativo all’autostato ψnk, come risulta facendo agire p su un autostato del tipo (2.4). No-nostante questo k puo essere interpretato come una naturale estensione di p al caso di unpotenziale periodico2 ed e percio anche noto come momento cristallino dell’elettrone.Questa analogia risultera maggiormente evidente in seguito, quando andremo a studiare ilruolo di k nelle equazioni di moto di un elettrone soggetto a una perturbazione elettroma-gnetica all’interno di un cristallo (sezione 2.5).

Da notare che la relazione (2.11) identifica il vettore k a meno di un vettore G = α1b1 +α2b2 + α3b3 (αi ∈ Z) appartenente al reticolo reciproco 3, cioe tale che

eiG ·R = 1 ovvero G ·R = 2πr, r ∈ Z (2.12)

Nel caso unidimensionale, se il passo del reticolo diretto e a quello del reticolo reciproco

risulta2π

a. E quindi sufficiente restringere i vettori k in un intervallo di tale ampiezza, che

convenzionalmente viene preso(−πa,π

a

], detto prima zona di Brillouin.

Sono inoltre le condizioni al contorno imposte sulle funzioni d’onda che determinano alcuneproprieta di k.A esempio si possono assumere le condizioni di periodicita ciclica, o di Born-Von Karman,che nel caso unidimensionale sono

ψnk(r + L) = ψnk(r) (2.13)

dove L = Na e la lunghezza del cristallo e a e il passo reticolare. Applicando tali condizionialle funzioni d’onda di Bloch risulta che sono possibili per k solo un numero discreto divettori del reticolo reciproco, quelli tali che

kL = 2πm (2.14)

con m intero. Tuttavia, poiche il valore di N e generalmente molto elevato, k viene trattatocome una variabile continua.

2In effetti il caso di un potenziale nullo (particella libera) puo essere considerato come caso limite di un potenzialeperiodico.

3I vettori base del reticolo reciproco sono b1 = 2πa2 × a3

a1 · a2 × a3, b2 = 2π

a3 × a1

a2 · a3 × a1, b3 = 2π

a1 × a2

a3 · a1 × a2.

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E necessario in generale introdurre un indice n per le funzione d’onda (2.4) poiche dato kla soluzione dell’equazione di Schrodinger non e unica.Se infatti sostituiamo nell’equazione (2.2) la soluzione della forma (2.4) con la condizione(2.5) cio che si ottiene e

Hkuk(r) =

(~2

2m

(1

i∇+ k

)2

+ U(r)

)uk(r) = Ekuk(r) (2.15)

ossia un’equazione agli autovalori per l’operatore hermitiano Hk, ristretta dalle condizionidi periodicita a una singola cella primitiva del cristallo. Ci aspettiamo quindi uno spettroinfinito di autovalori discreti che numeriamo con l’indice n.

Il problema agli autovalori (2.15) dipende dalla variabile k solo parametricamente e ci aspet-tiamo una dipendenza continua degli autovalori En della (2.2) da essa. E possibile quindidescrivere i livelli di energia di un elettrone all’interno di un potenziale periodico in terminidi funzioni continue En(k). Tali funzioni identificano la struttura a bande del cristallo edEn(k) e nota come energia di banda. Richiamiamo due importanti proprieta dell’energia dibanda che sono [4]

En(k + G) = En(k) (2.16)

En(k) = En(−k) (2.17)

La prima e conseguenza della periodicita delle autofunzioni dell’energia nello spazio recipro-co, che soddisfano ψnk(r) = ψnk+G(r). La seconda e conseguenza della simmetria rispettoall’inversione temporale. Infatti, in virtu di questa simmetria, se ψnk(r) e la funzione d’on-da dell’elettrone in uno stato stazionario, allora la sua complessa coniugata ψ∗nk(r) descriveanch’essa uno stato con la stessa energia. Ma la ψ∗nk(r) per traslazioni viene moltiplicata

per e−ik ·R (vedi la (2.6)), vale a dire che le corrisponde il vettore −k.

Andiamo ora a vedere due semplici approssimazioni in cui le caratteristiche sopra descrittepossono essere messe in luce.

2.3 Legame debole

Un primo approccio puo essere quello di studiare la struttura dei livelli elettronici in un cristalloin presenza di un potenziale molto debole. Tale schematizzazione e fisicamente fondata poiche estato rilevato un netto accordo tra questa teoria e i dati sperimentali per gruppi di metalli conelettroni s e p esterni a una configurazione di gas nobile [3]. Tali metalli vengono detti a elettroni“ quasi liberi ” dato che il potenziale viene introdotto perturbativamente a partire da autofunzionidi elettrone libero per il sistema imperturbato.Scegliamo, per il caso unidimensionale, le autofunzioni di ordine zero della forma

ψ0(x) =1√Na

eikx (2.18)

dove a e il passo reticolare e L = Na e la lunghezza del reticolo. Il potenziale puo essere sviluppatoin serie di Fourier

V (x) =+∞∑

n=−∞Vn e

ingx(g =

a

)(2.19)

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dove Vn e definito dalla relazione

Vn =1

a

∫ a

0V (x) e−ingxdx (2.20)

Applicando la teoria delle perturbazioni nel caso degenere poiche le autofunzioni imperturbatesono degeneri per k e – k, si ottiene(

〈k|V |k〉 〈k|V |−k〉〈−k|V |k〉 〈k|V |k〉

)(2.21)

Il generico elemento di matrice ha la forma

⟨k′∣∣V |k〉 =

1

Na

+∞∑n=−∞

Vn

∫ Na

0ei(k − k

′)xeingxdx (2.22)

Tale integrale e nullo a meno che(k′ − k) = ng. (2.23)

Avremo quindi ⟨k′∣∣V |k〉 =

Vn se (k′ − k) = ng0 altrimenti

(2.24)

Poiche k′ = − k la (2.23) diventa

k = ±ng2

= ±nπa

(2.25)

Sia〈k|V |k〉 = V0 (2.26)

la (2.21) diventa (V0 VnV ∗n V0

)(2.27)

Gli autovalori della (2.27) costituiscono gli spostamenti dell’energia al primo ordine perturbativo erisultano essere ∆E = V0±|Vn|. Gli autovalori dell’energia al primo ordine perturbativo risultanoquindi

E =~k2

2m+ V0 ± |Vn| (2.28)

Si mette cosı in luce l’esistenza di una banda di energie proibite, generata dalla discontinuita di

E(k) nei punti k = ±πa

. In vicinanza di tali punti E(k) ha l’andamento di un ramo di iperbole

(vedi figura (2.1)).

2.4 Legame forte

Passiamo ora a una descrizione della struttura a bande in qualche modo opposta a quella dellegame debole ma nello stesso tempo a essa complementare. Consideriamo questo tipo di ap-prossimazione nei casi in cui le funzioni d’onda si rivelino molto localizzate sui siti atomici ma laloro sovrapposizione sia ancora tale da non poter considerare i singoli atomi come isolati [3].Una descrizione di questo tipo risulta particolarmente indicata nella descrizione di bande di ener-gia generate da orbitali d parzialmente riempiti in metalli di transizione e nel caso di isolanti.Supponiamo che un elettrone si muova lungo una catena unidimensionale di N ioni con passo a e

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Figura 2.1: Struttura a bande

che quindi la sua energia potenziale nel campo prodotto dallo ione nel sito Rj sia

Vj(x−Rj) = − e2

|x−Rj |(2.29)

e che la sua energia potenziale totale sia

V (x) =N∑j=1

Vj(x−Rj) (2.30)

Prendiamo come funzione d’onda approssimata dell’elettrone all’interno del potenziale (2.30) unacombinazione di autofunzioni atomiche centrate nei vari siti reticolari

ψ(x) = c1ϕ1(x) + . . .+ cNϕN (x) (2.31)

con ϕj(x) = ϕj(x−Rj). Le costanti cj sono costanti da determinare e rappresentano fisicamentel’ampiezza di probabilita di trovare l’elettrone nel sito j-esimo. L’equazione di Schrodinger perl’elettrone risulta cosıT +

∑j

Vj

ψ(x) = Eψ(x) con (T + Vj)ϕj = E0ϕj (2.32)

dove E0 e l’autovalore dell’energia per l’elettrone nell’ atomo isolato e ϕj e la relativa autofunzione.Sostituendo la (2.31) nella (2.32) otteniamo

∑j

cj

E0 +∑l 6=j

Vl

ϕj = E∑j

cjϕj (2.33)

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Moltiplicando ambo i membri per ϕn e integrando rispetto a x si ha

∑j

cj

E0

∫ϕnϕj dx+

∑l 6=j

∫ϕnVl ϕj dx

ϕj = E∑j

cj

∫ϕnϕj dx (2.34)

Si possono a questo punto operarare una serie di approssimazioni. Ci aspettiamo che la funzioneϕj(x − Rj) sia significativamente diversa da zero solo nelle vicinanze del sito Rj e che quindi gliintegrali che coinvolgono tre siti diversi o siti non adiacenti siano trascurabili, a esempio∫

ϕ1V1 ϕ3 dx '∫ϕ1V2 ϕ3 dx ' 0 (2.35)

Si trascurano anche gli integrali di sovrapposizione del tipo∫ϕ2(V1 + V3)ϕ2 dx ,

∫ϕ1ϕ2 dx (2.36)

Cio che invece interessa sono gli integrali fra primi vicini, i quali danno la probabilita che unelettrone passi da un sito al suo vicino, e sono della forma

J12 =

∫ϕ1V1ϕ2 dx (2.37)

Con le approssimazioni introdotte e notando che J12 = J21 = . . . = Jn,n−1 otteniamo dalla (2.34)la seguente condizione su cn

cn(E0 − E) + (cn−1 + cn+1)J = 0 (n = 1, . . . , N) (2.38)

La soluzione per l’energia quando J = 0 (nessun effetto tunnel) e E0, cioe l’energia di singoloatomo.Se J 6= 0, scegliendo per cn la forma

cn = c eikRn dove Rn = (n− 1)a (2.39)

con a passo reticolare, otteniamo dalla (2.38)

E ≡ Ek = E0 + 2Jcos(ka) (2.40)

e quindi una banda di livelli energetici di ampiezza |4J |.

Quelli che abbiamo riportato sono solo due esempi che mettono in evidenza l’emergere di strutturea bande nei solidi cristallini.

2.5 Dinamica semiclassica

Come anticipato passiamo a studiare il moto degli elettroni all’interno del cristallo in presenzadi perturbazioni esterne. Questo studio potrebbe essere effettuato risolvendo direttamente l’e-quazione di Schrodinger per l’elettrone in un potenziale assegnato, ma per molti propositi e utileinvece un approccio semiclassico, valido per tipi diversi di potenziale. Cio che descriviamo e ladinamica di un pacchetto d’onda elettronico il cui centro e identificato dalle coordinate (rc,kc)nello spazio diretto e reciproco. Rimandiamo alla sezione (3.2) per la costruzione di tale pacchet-

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to, basti per ora considerarlo come una sovrapposizione di stati di Bloch in una data banda dienergia.Si richiede che lo sparpagliamento in k del pacchetto sia piccolo rispetto alle dimensioni dellazona di Brillouin; conseguentemente, per il principio di indeterminazione, lo sparpagliamento in re grande rispetto alla costante del reticolo. Il modello semiclassico e in grado di predire il moto delpacchetto soggetto a perturbazioni esterne (noi ci occuperemo di perturbazioni elettromagnetiche)debolmente variabili su questa scala.Il moto del centro di massa del pacchetto e determinato sotto la sola condizione di conoscere lastruttura a bande del metallo, cioe la forma della funzione En(k) e senza nessuna informazionesulla forma specifica del potenziale reticolare.Richiamiamo adesso la forma delle equazioni di moto per il baricentro del pacchetto4 [3] rc =

1

~∂En(kc)

∂kc~ kc = −e [ E(rc, t) + rc ×B(rc, t)]

(2.41)

dove En e l’energia di banda, E(rc, t) e il campo elettrico e B(rc, t) il campo magnetico. L’indicedi banda n e una costante del moto, ovvero si trascura la possibilita di una transizione tra bandediverse (Zener tunneling).Le condizioni, di non facile derivazione, cui devono soddisfare le ampiezze dei campi affinche talitransizioni siano trascurabili sono [3]

eEa [Egap(kc)]2

EF(2.42)

~ωc [Egap(kc)]

2

EF(2.43)

dove a e il passo reticolare, Egap e la differenza di energia tra due bande vicine, EF e l’energia diFermi e ωc e la frequenza di ciclotrone.In un metallo la (2.42) e sempre soddisfatta. Anche con densita di corrente dell’ordine di 102A/cm2

e resistivita di 100µΩ · cm il campo risulta E = ρj = 10−2V/cm. Essendo a dell’ordine di 10−8cmed EF dell’ordine dell’eV la condizione (2.42) e violata per valori di Egap almeno dell’ordine di10−5eV . In pratica gap cosı piccoli non si trovano mai. Nei semiconduttori e negli isolanti, dovee possibile creare campi elettrici molto grandi, la condizione puo essere invece violata. La (2.43),per campi magnetici dell’ordine del Tesla, e piu facilmente violata. In tali casi dovra essere presain considerazione la possibilita di una transizione tra bande diverse.Si aggiunge infine alle (2.42) e (2.43) un’ ulteriore condizione sulle frequenze del campo

~ω Egap (2.44)

altrimenti un singolo fotone sarebbe in grado di indurre una transizione di banda.

4In referenza [3] viene affermato che la derivazione di queste equazioni e complessa e ha richiesto il lavoro di moltiautori e quindi le (2.41) vengono riportate senza essere ricavate. Nel prossimo capitolo saranno ottenute, insieme aitermini correttivi di Berry, tramite l’utilizzo di una lagrangiana efficace. Tale derivazione fa parte della letterarturarecente [5][6][7] e non e quindi tra quelle storicamente utilizzate per giustificare le (2.41), una delle quali si trovain [8].

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Capitolo 3

Dinamica semiclassica in presenza ditermini di Berry

3.1 Fase di Berry nelle bande di Bloch

Nel primo capitolo abbiamo introdotto i concetti fondamentali relativi alla fase di Berry per ungenerico sistema descritto da un’hamiltoniana dipendente dai parametri. Mostriamo adesso cometermini legati alla fase di Berry possano avere origine nei solidi cristallini e come la struttura abande fornisca un dominio naturale nel quale questi possono essere osservati.Abbiamo visto nella sezione (2.1), che nell’approssimazione di elettrone singolo, la funzione d’ondaelettronica soddisfa l’equazione di Schrodinger (2.2) e che, in accordo con il teorema di Bloch, leautofunzioni dell’hamiltoniana sono scelte della forma (2.6).In questo modo il sistema e descritto da un’hamiltoniana indipendente dal vettore d’onda di Blochk con condizioni al contorno dipendenti invece da questo parametro. Per attenersi al formalismointrodotto precedentemente, cioe quello di un’hamiltoniana dipendente dai parametri, effettuiamola seguente trasformazione unitaria sull’hamiltoniana (vedi 2.15)

H(k) = e−ik · rHeik · r =(p + ~k)2

2m+ U(r) (3.1)

cosı da ottenerne una parametricamente dipendente da k. Gli autostati trasformati risultano

unk(r) = e−ik · rψnk(r) (3.2)

che, come abbiamo visto, soddisfano la condizione di periodicita

unk(r + R) = unk(r) (3.3)

Possiamo dunque identificare la zona di Brillouin come lo spazio dei parametri dell’hamiltonianatrasformata H(k). A causa della dipendenza parametrica delle funzioni unk(r) da k e dellastruttura periodica del reticolo reciproco ci aspettiamo che possano intervenire termini di Berry.Per esempio, se k varia all’interno dell’intera zona di Brillouin allora gli stati di Bloch assumerannouna fase di Berry1

γn =

∮C〈un(k)| i~∇k |un(k)〉 · dk (3.4)

1Useremo qui e in seguito la notazione un(k) per sottolineare la dipendenza parametrica delle funzioni d’ondadi Bloch da k

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dove si mette in evidenza che C deve essere un cammino chiuso affinche γn sia gauge-invariante equindi abbia un significato fisico. In analogia alla definizione (1.30) e possibile definire la curvaturadi Berry

Ωn(k) = i(~∇k 〈un(k)|)× (~∇k |un(k)〉) (3.5)

che rappresenta una quantita intrinseca della struttura della banda poiche dipende solo dalla fun-zione d’onda.

3.2 Perturbazioni lentamente variabili

Ricollegandosi a quanto gia accennato precedentemente sezione (2.5) andiamo ora ad analizzarepiu in dettaglio la dinamica semiclassica di un pacchetto d’onda elettronico in un cristallo inpresenza di perturbazioni dovute a campi esterni, con partcolare attenzione all’origine di terminidi Berry. [5][6][7]Consideriamo un cristallo debolmente perturbato la cui hamiltoniana puo essere espressa nellaforma generale

H[r,p;β1(r, t), . . . , βr(r, t)] (3.6)

dove le funzioni βi(r, t) caratterizzano i campi esterni e possono rappresentare sia i potenzialielettromagnetici sia, a esempio, perturbazioni dovute a deformazioni o impurita.Nelle condizioni della sezione (2.5), ossia se la scala spaziale su cui variano i campi esterni e granderispetto alla larghezza del pacchetto, si puo considerare il problema al primo ordine perturbativosviluppando i campi esterni che compaiono nell’hamiltoniana intorno al centro del pacchetto rc.In questo modo il problema di ordine zero e ancora quello di un elettrone in un potenziale periodicoe le funzioni di Bloch possono essere prese come autofunzioni di ordine zero dell’hamiltoniana.Si avra quindi

H ≈ Hc + ∆H (3.7)

conHc ≡ H(r,p; βi(rc, t)) (3.8)

e

∆H =

somma di termini ∝(r− rc) · ~∇rcβi(rc, t)

(3.9)

dove Hc soddisfaHc |ψnk〉 = Ec |ψnk〉 (3.10)

in cui Ec differisce dall’energia di banda En poiche Hc differisce dall’hamiltoniana imperturbatadel cristallo per termini di ordine zero nelle perturbazioni.Il pacchetto d’onda sara costruito tramite autofunzioni di Bloch limitandosi, come detto, all’ap-prossimazione di singola banda (n fissato). Abbiamo quindi

|W0〉 =

∫d3k w(k, t) |ψn(k)〉 (3.11)

dove l’ampiezza w(k, t) e normalizzata2 in modo tale che∫d3k |w(k, t)|2 = 〈W0|W0〉 = 1 (3.12)

2Le funzioni di Bloch sono definite con la condizione di normalizzazione 〈ψn′(k′)|ψn(k)〉 = δn′nδ(k′ − k)

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Sia

kc =

∫d3k k |w(k, t)|2 (3.13)

con la richiesta che w(k, t) sia fortemente piccata intorno a kc, ossia tale che possa essere ap-prossimata dalla δ(k− kc), cioe ∫

d3k f(k)|w(k, t)|2 ≈ f(kc) (3.14)

Le perturbazioni, affinche sia valida l’approssimazione nella (3.7), devono potersi considerarecostanti sulle dimensioni della larghezza spaziale del pacchetto il cui centro si trova in rc. Si dovraavere

rc = 〈W0| r |W0〉 (3.15)

Quest’ultima puo essere riscritta usando la relazione3

〈ψn(k′)|r|ψn(k)〉 = −i ∂∂k

δ(k− k′) + δ(k− k′) 〈un(k)| i ∂∂k|un(k)〉 (3.16)

insieme alla (3.14) e alla condizione di normalizzazione delle funzioni di Bloch ottenendo

rc = − ∂

∂kc[arg w(kc, t)] + ~An(kc) (3.17)

dove arg [w(kc, t)] e la fase di w(kc, t) e ~An(k) e la connessione di Berry degli stati di Blochdefinita da

~An(k) := i 〈un(k)| ∂∂k|un(k)〉 (3.18)

3.3 Equazioni di moto in presenza di campi elettromagnetici

Dopo aver inquadrato il problema da un punto di vista generale andiamo adesso a studiare indettaglio il caso in cui le perturbazioni applicate siano campi elettromagnetici.L’hamiltoniana e data allora da

H =[p + eA(r, t)]2

2m+ U(r)− eϕ(r) (3.19)

dove U(r) e il potenziale periodico del reticolo e A(r, t) e ϕ(r) sono i potenziali elettromagnetici.Per ricavare delle equazioni semiclassiche per la dinamica del baricentro del pacchetto si utilizzauna lagrangiana efficace

L = 〈W | i~ ∂∂t|W 〉 − 〈W |H |W 〉 (3.20)

seguendo il principio variazionale dipendente dal tempo4 [9], dove H e data dalla (3.19) e vienesviluppata al primo ordine in (r− rc) come nella (3.7).

3La dimostrazione di questa relazione e data in Appendice A.1.4Non ci addentriamo, per ragioni di spazio, nell’analisi di questo tipo di approccio per il quale rimandiamo alle

referenze [2] [9]. Si vede pero immediatamente che |W 〉 deve essere soluzione dell’equazione di moto. Il motivo percui in letteratura si preferisce tale approccio e che il formalismo hamiltoniano in presenza di termini di Berry e piucomplesso e richiede una trattazione di teorie con vincoli.

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Inoltre, invece di |W0〉 nella (3.11), si utilizza come pacchetto

|W 〉 = e−i e

~A(rc, t) · r |W0〉 (3.21)

che corrisponde a sottrarre il campo A in r = rc.Dalla (3.20) e (3.21) si ha

〈W |H |W 〉 = 〈W0|H ′ |W0〉 (3.22)

con

H ′ = eie

~A(rc, t) · r

H e−i e

~A(rc, t) · r

=

=1

2mp + e[A(r, t)−A(rc, t)] 2 + U(r)− eϕ(r) (3.23)

In tal modo, sviluppando al primo ordine in (r− rc) i campi esterni nell’hamiltoniana, otteniamo

H ′ ≈ H ′c + ∆H ′ (3.24)

con5

H ′c = H0 − eϕ(rc) =p2

2m+ U(r)− eϕ(rc) (3.25)

e∆H ′ =

e

4mB(rc, t)× (r− rc) · p + h.c. − e ~∇ϕ(rc) · (r− rc) (3.26)

Risulta dunque

〈W0|H ′c |W0〉 = 〈W0|H0 |W0〉 − eϕ(rc) (3.27)

= En(kc)− eϕ(rc) (3.28)

Inoltre〈W0| e ~∇ϕ(rc) · (r− rc) |W0〉 = 0 essendo 〈W0| (r− rc) |W0〉 = 0 (3.29)

e infine〈W0|∆H ′ |W0〉 =

e

2mB(rc, t) · Ln(kc) (3.30)

dove6

Ln(k) = im

~

⟨∂un∂k

∣∣∣∣× (H − En)

∣∣∣∣∂un∂k

⟩(3.31)

La (3.31) da l’espressione della cosiddetta energia di magnetizzazione.Il primo termine del secondo membro della (3.20), usando la (3.21) insieme alle (3.12) e (3.14) e

〈W | i~ ∂∂t|W 〉 = eA(rc, t) · rc − ~

∂t[arg w(kc, t)] (3.32)

Per scrivere la lagrangiana usiamo anche la seguente relazione

∂t[arg w(kc, t)] =

d

dt[arg w(kc, t)]−

∂kc[arg w(kc, t)] · kc (3.33)

5E utile riscrivere H ′c come somma dei due termini poiche risulta 〈W0|H0 |W0〉 = En(kc)

6La dimostrazione di questa relazione e data in Appendice A.2.

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e sostituiamo in essa il valore di∂

∂kc[arg w(kc, t)] ricavato nella (3.17).

Inserendo nella (3.20) tutti i termini ricavati otteniamo finalmente, a meno dei termini di derivatatotale

d

dt[arg w(kc, t)],

d

dt[A(rc, t) · rc],

d

dt(rc · kc) (3.34)

la seguente lagrangiana

L(rc, rc, kc, kc) = ~kc · rc − e rc ·A(rc, t) + ~ kc · ~An(kc) + eϕ(rc)− En(kc, rc) (3.35)

in cui abbiamo posto

En(kc, rc) = En(kc) +e

2mB(rc, t) · Ln(kc) (3.36)

Le equazioni di moto (2.41) diventano cosırc =

1

~∂En(kc, rc)

∂kc− kc ×Ωn(kc)

~ kc = −e [ E(rc, t) + rc ×B(rc, t)]−∂En(kc, rc)

∂rc

(3.37)

dove

Ωn(k) = i

⟨∂un∂k

∣∣∣∣× ∣∣∣∣∂un∂k

⟩(3.38)

e la curvatura di Berry.Il termine kc × Ωn(kc), per cui la prima delle (3.37) differisce dalla prima delle (2.41), e dettovelocita anomala e rende le equazioni piu simmetriche nelle variabili kc e rc. Per questo motivoΩn(kc) viene anche detto campo magnetico reciproco.

3.4 Bande dipendenti dal tempo

Se da un lato e stato possibile trovare una sorta di campo magnetico nello spazio reciproco, puoessere legittimo chiedersi se sia possibile trovare un analogo anche per il campo elettrico.Per vedere cio, viene introdotta una lenta dipendenza temporale del potenziale periodico. Laperiodicita spaziale rimane intatta, cosicche si puo ancora considerare la dinamica di un pacchettod’onda in una banda di Bloch, pero adesso gli stati della base dipendono esplicitamente dal tempo.La lagrangiana (3.35) viene modificata per la sottrazione di un termine

χn(k, t) = i 〈un(k, t)| ∂∂t|un(k, t)〉 (3.39)

derivante dalla dipendenza esplicita degli stati di Bloch dal tempo e detto potenziale scalaregeometrico.Inoltre la connessione di Berry (ovvero cio che identifichiamo con il potenziale vettore geometrico)

~An(k, t) = i 〈un(k, t)| ∂∂k|un(k, t)〉 (3.40)

viene a dipendere esplicitamente dal tempo.Le equazioni di Eulero-Lagrange per la dinamica semiclassica subiscono un’ ulteriore modifica. Omeglio, la prima delle (3.37) diventa

rc =1

~∂En(kc, rc, t)

∂kc− kc ×Ωn(kc, t)−Ξn(kc, t) (3.41)

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dove

Ξn(k, t) = −∂~An(k, t)

∂t− ∂χn(k, t)

∂k(3.42)

e proprio l’analogo del campo elettrico nello spazio reciproco. Si noti come la (3.41) assuma adessola stessa forma della seconda delle (3.37).

3.5 Analisi delle simmetrie

Le equazioni di moto (3.37), e in modo particolare i termini di Berry in esse contenuti, possonoessere analizzate alla luce di importanti considerazioni di simmetria.In particolare mostriamo come la curvatura di Berry risulti nulla se il sistema possiede invarianzasotto inversione temporale e spaziale.Per inversione temporale kc, rc e B cambiano segno mentre rc, kc ed E rimangono invariati. Se ilsistema e invariante sotto tale trasformazione, affinche le equazioni di moto rimangano invariate,si richiede che sia

En(k) = En(−k), Ln(k) = −Ln(k), Ωn(k) = −Ωn(−k) (3.43)

Per inversione spaziale invece E, rc, kc e le loro derivate temporali cambiano segno mentre B no.Questo significa che per sistemi con simmetria per inversione spaziale si deve avere

En(k) = En(−k), Ln(k) = Ln(−k), Ωn(k) = Ωn(−k) (3.44)

Dall’analisi precedente risulta quindi che in cristalli che possiedono contemporaneamente sim-metrie per inversione spaziale e temporale il momento angolare e la curvatura di Berry sonoidenticamente nulli. Questo puo essere un motivo per cui le equazioni semiclassiche, anche sen-za termini di Berry, hanno avuto grande successo nel passato per descrivere diverse proprietaelettroniche. Nonostante questo esistono importanti casi fisici in cui le due simmetrie non sonocontemporaneamente presenti. A esempio per cristalli come l’GaAs o in presenza di ordini ferro-e antiferro-magnetici [2].

3.6 Un’applicazione: campo elettrico uniforme e costante

Mostriamo adesso un caso particolare in cui le equazioni semiclassiche trovano applicazione, ovveronel moto in presenza di un campo elettrico uniforme e costante.Come mostrato da Bloch, in generale gli elettroni in un potenziale periodico hanno soluzioniestese; lo stesso tipo di comportamento si verifica sotto l’azione del solo campo elettrico costante.In contrasto con cio, e con l’intuizione, in presenza di entrambi le soluzioni si rivelano localizzate(cio e vero rigorosamente solo quando le transizioni tra le bande di energia sono trascurabili).Per mettere in luce questo effetto scriviamo innanzitutto la forma che assumono le equazionisemiclassiche (3.37) in presenza del solo campo elettrico costante

~ kc = −eE, rc =1

~∂En(kc)

∂kc+ eE×Ωn(kc) (3.45)

La soluzione generale della prima delle (3.45) risulta

~kc(t) = − eEt (3.46)

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Figura 3.1:

dove, senza perdere in generalita, abbiamo posto la costante d’integrazione kc(0) = 0. Il valore dikc cresce quindi linearmente con il tempo. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, lo spazioreciproco ha pero una struttura periodica e quindi una variazione lineare di kc determina in effettiun moto ciclico nella direzione del campo.Consideriamo a esempio il caso in cui E sia parallelo a un vettore del reticolo reciproco G per cuiil moto risultera chiuso dopo che kc avra percorso l’intera zona di Brillouin.

Dalla seconda delle (3.45), poiche∂En∂k

si annulla al centro e al bordo della zona di Brillouin (vedi

figura (3.1)) altrettanto fa la velocita dell’elettrone nella direzione del campo cosicche gli elettronidi Bloch effettuano in realta un moto periodico noto come oscillazioni di Bloch [3].Dalla seconda delle (3.45) la velocita media su un periodo risulta nulla lungo la direzione delcampo, mentre perpendicolarmente e data dal termine eE× < Ωn(kc) > che, se la curvatura diBerry e non nulla (sezione 3.5), da origine a una corrente di Hall [5].E possibile determinare i livelli energetici quantistici associati alle oscillazioni di Bloch utilizzandouna procedura di quantizzazione, che generalizza quella di Bohr-Sommerfeld, dovuta a Einstein,Brillouin e Keller [5][10] ∮

Ck

d∑i=1

pi dqi = h (mk +νk4

) k = 1, . . . , d (3.47)

dove gli mk sono interi, νk sono gli indici di Maslov7 e Ck sono orbite periodiche su tori invarianti.Un toro invariante e un toro con azione costante nello spazio delle fasi.Scegliamo la gauge in cui A = 0 e ϕ = −E · r cosicche la lagrangiana (3.35) assume la seguenteforma

L(rc, rc, kc, kc) = ~kc · rc + ~ kc · ~An(kc)− eE · rc − En(kc) (3.48)

7Questi indici sono legati alla presenza di punti di inversione e compaiono in problemi di quantizzazione e raccordonel metodo WKB.

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I momenti coniugati rispetto alle coordinate generalizzate rc e kc risultano

Prc =∂L

∂rc= ~kc (3.49)

Pkc =∂L

∂kc= ~ ~An(kc) (3.50)

e dunque l’energia associata e

H(rc, kc) = En(kc) + eE · rc (3.51)

la quale e indipendente dai momenti Prc e Pkc essendo la lagrangiana lineare nelle velocita gene-ralizzate rc e kc. Dall’hamiltoniana (3.51) non e possibile ricavare le equazioni di moto (3.45) e inparticolare la seconda di queste poiche il problema, da un punto di vista hamiltoniano, richiedela trattazione di teorie con vincoli [6].La riquantizzazione puo essere ora effettuata utilizzando la (3.47)∮

C[Prc · d rc + Pkc · dkc] = h (m+

ν

4) (3.52)

in cui, nel caso delle oscillazioni di Bloch, l’indice di Maslov e zero.Considerando il caso unidimensionale la relazione (3.52) diventa pertanto∫ π/a

−π/akc drc +

∫ π/a

−π/aAn(kc) dkc = 2πm (3.53)

che a meno del differenziale d(rckc) equivale alla condizione

−∫ π/a

−π/arc(kc) dkc = 2πm− Γn (3.54)

con

Γn =

∫ π/a

−π/aAn(kc) dkc (3.55)

e rc(kc) e la curva a energia costante.La posizione media risulta dunque quantizzata, ovvero

〈rc〉 =

∫ π/a

−π/arc(kc) dkc∫ π/a

−π/adkc

=Γn − 2πm

a

(3.56)

Mediando quindi la (3.51) su tutta la zona di Brillouin e sfruttando la condizione di quantizzazione(3.56) otteniamo

Em =< En(kc) > −eEa (m− Γn2π

) (3.57)

Quest’ultima mostra che l’energia e quantizzata lungo la direzione del campo con una spaziaturadei livelli pari a eEa. Questi livelli sono noti come Wannier-Stark ladders8 e furono derivati per

8A rigore, andando oltre l’approssimazione di singola banda, si dovrebbero considerare le probabilita di tran-sizione verso altre bande di Bloch. Quindi i livelli quantizzati non sono stati stazionari del sistema ma devono essereinterpretati come risonanze con vite medie finite.

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la prima volta da Wannier [11] indipendentemente dal termine di Berry.La quantita (3.55), nota come fase di Zak, fu introdotta come correzione per la prima volta daZak e solo in seguito interpretata come fase di Berry [12].Le predizioni di Bloch e Wannier hanno dato luogo per anni a molte controversie dal momento chele oscillazioni di Bloch e i Wannier-Stark ladders non venivano osservati in laboratorio. Cio eradovuto al fatto che nei comuni reticoli il tempo in cui un elettrone subisce uno scattering e di alcuniordini di grandezza inferiore al periodo delle oscillazioni, che sono cosı di difficile osservazione.Per una stima quantitativa consideriamo per semplicita un reticolo periodico unidimensionale

con passo a. Essendo G =2π

ala periodicita nello spazio reciproco, dalla (3.46) il periodo delle

oscillazioni risulta

TB =h

eEa(3.58)

Se a esempio un elettrone si trova in uno stato di una banda di larghezza ∆, esso sara confinatoin una regione di ampiezza dell’ordine di ∆/eE. In un reticolo con passo a dell’ordine dell’A e ∆dell’ordine dell’eV , per ogni realistico campo elettrico (E < 106V/cm), la regione in cui l’elettronee confinato copre diversi siti atomici. Lavorando invece con superreticoli con passo a ' 100A e∆ ∼ 0.01− 1.1 eV il periodo puo essere ridotto di anche due ordini di grandezza e l’elettrone puorisultare confinato su distanze dell’ordine del passo reticolare per campi elettrici moderatamentealti [13].

In conclusione, abbiamo mostrato come emergono termini di Berry nelle equazioni per la dinamicasemiclassica degli elettroni di Bloch. Infatti in quest’ultima applicazione abbiamo visto come lapresenza del termine di velocita anomala, legato alla curvatura di Berry, corregga l’equazione dimoto elettronica e come la fase di Berry entri nell’espressione delle energie dei livelli energeticiquantistici associati.

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Appendice A

A.1 Valore di aspettazione di r

Dalla condizione di normalizzazione per le funzioni di Bloch

〈ψn′k′ |ψnk〉 = δn′nδ(k′ − k) (A.1)

con

|ψnk〉 = e ik·r |unk〉 e

∫dru∗nk(r)umk(r) = δnm

si ha, derivando rispetto a k :

∂k〈ψnk′ |ψnk〉 = i 〈ψnk′ | r |ψnk〉+ 〈unk′ | ei(k− k′) · r|∂unk

∂k〉 (A.2)

Sviluppando |∂unk∂k〉 sulla base degli |unk〉 [4]:

|∂unk∂k〉 =

∑m

|umk〉 〈umk|∂unk∂k〉 (A.3)

Si ottiene cosı

〈ψnk′ | r |ψnk〉 = −i ∂∂k

δ(k− k′) + i∑m

〈unk′ | ei(k− k′) · r |umk〉 〈umk|∂unk∂k〉

= −i ∂∂k

δ(k− k′) + i∑m

〈umk|∂unk∂k〉 〈ψnk′ |ψmk〉

= −i ∂∂k

δ(k− k′) + i 〈unk|∂unk∂k〉 (A.4)

A.2 Momento angolare orbitale

Sia

Ln(kc) =

∫∫dk dqw∗(k)w(q) 〈ψnk| (r− rc)× p |ψnq〉 (A.5)

Innanzitutto e possibile definire l’operatore

p(q) = e− iq · rp e iq · r (A.6)

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come operatore di impulso nella base delle |un〉.Ponendo inoltre

w(k) = e ik · rc w(k) (A.7)

si ha

Ln(kc) =

∫∫dk dq w∗(k)w(q)e ik · rce− iq · rc 〈unk| e− ik · re iq · r(r− rc)× p |unq〉

=

∫∫dk dq w∗(k)w(q) 〈unk| e i (q− k) · (r− rc)(r− rc)× p |unq〉 (A.8)

Usando la relazionep(k) |unk〉 =

∑m

|umk〉 〈umk| p(k) |unk〉 (A.9)

insieme a (vedi anche (1.15))

〈unk| e i (q− k) · (r− rc)(r− rc) |umq〉 = iδnm∂

∂kδ(q− k)− i〈∂unk

∂k|e i (q− k) · (r− rc)|umq〉

= iδnm∂

∂kδ(q− k)− iδ(q− k)〈∂unk

∂k|umq〉 (A.10)

l’espressione per il momento magnetico (A.8) puo essere riscritta come segue

Ln(kc) =

∫∫dk dq w∗(k)w(q) 〈unk| e i (q− k) · (r− rc)(r− rc)

×∑m

|umq〉 〈umq| p(q) |unq〉

= i

∫∫dk dq w∗(k)w(q)

∂kδ(k− q)× 〈 p 〉n +

− i∫∫

dk dq w∗(k)w(q)δ(k− q)〈∂unk∂k| × p(q)|unq〉

= −i∫dk

[∂w∗(k)

∂k

]w(k)× 〈 p 〉n − i

∫dk |w(k)|2〈∂unk

∂k| × p(k) |unk〉 (A.11)

Si dimostra adesso che

p(k) =(m~

) ∂H∂k

(A.12)

Infatti, come mostrato nella (3.1), se H = H(p, r) allora

Hk = e− ik · rHe ik · r = H(p + ~k, r) (A.13)

ed essendo H =p2

2m+ U(r) si ha

∂Hk

∂k=

∂k[H(p + ~k, r)] =

∂k

[(p + ~k)2

2m+ U(r)

]=

~(p + ~k)

m(A.14)

D’altra parte dalla definizione (A.6) si verifica che

p(k) = e− ik · rp e ik · r = e− ik · r(−i~ ∂

∂r

)e ik · r = (p + ~k) (A.15)

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Consideriamo adesso l’ultimo termine della (A.11)

〈∂unk∂k| × p(k) |unk〉 |α =

(m~

)〈∂unk∂kβ|εαβγ

∂H

∂kγ|unk〉

=(m~

)[ ∂

∂kγ〈∂unk∂kβ|εαβγH |unk〉 − 〈

∂unk∂kβ|εαβγH|

∂unk∂kγ〉]

=(m~

)[〈∂unk∂kβ|∂unk∂kγ〉 En(k) εαβγ +

+ εαβγ〈∂unk∂kβ|unk〉

∂En(k)

∂kγ− εαβγ〈

∂unk∂kβ|H|∂unk

∂kγ〉]

=(m~

)〈∂unk∂k| × (En − H)|∂unk

∂k〉|α + 〈∂unk

∂k|unk〉 × 〈p 〉n |α (A.16)

dove si e tenuto conto del fatto che 〈 p 〉n = 〈un| e− ik · rp e ik · r |un〉 = 〈ψn|p |ψn〉 = 〈p 〉n e si

e utilizzata la relazione1 〈un|∂H

∂k|un〉 =

∂En∂k

.

Dunque la (A.11) diventa

Ln(kc) = −i∫dk

[∂w∗(k)

∂k

]w(k)× 〈p 〉n +

− i∫dk |w(k)|2

(m~

)〈∂unk∂k| × (En − H)|∂unk

∂k〉+ 〈∂unk

∂k|unk〉 × 〈p 〉n

= i(m~

)〈∂unk∂k| × (H − En)|∂unk

∂k〉∣∣∣∣k=kc

+

− i∫dk

(∂w∗(k)

∂kw(k) + |w(k)|2〈∂unk

∂k|unk〉

)× 〈p 〉n

= i(m~

)〈∂unk∂k| × (H − En)|∂unk

∂k〉∣∣∣∣k=kc

(A.17)

Dove nell’ultimo passaggio si e usato∫dk

(∂w∗(k)

∂kw(k) + |w(k)|2〈∂unk

∂k|unk〉

)=

∫dk

∂|w∗(k)|∂k

|w(k)|+∫dk |w(k)|2

(−i ∂∂k

argw − i rc)

+

∫dk |w(k)|2〈∂unk

∂k|unk〉 = 0 (A.18)

poiche il primo termine e nullo e il terzo puo essere riscritto ricordando la (3.17) e la definizione

An = i 〈unk|∂unk∂k〉.

1Questa si verifica facilmente differenziando 〈un| H |un〉 rispetto a k e notando che 〈 ∂un∂k|un〉 = −〈un| ∂un

∂k〉

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Bibliografia

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