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NEL NOME DI MAMI WATA “sirena” del vodu Centro Studi Archeologia Africana

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NEL NOME DI MAMI WATA“sirena” del vodu

Centro Studi Archeologia Africana

a cura diGigi Pezzoli

in occasione della mostraNel nome di Mami Wata, “sirena” del vodu

Rimini (30 ottobre 2010 - 6 gennaio 2011)

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MostraCoordinamento e direzione: Maurizio BiordiCuratore: Gigi PezzoliCollaborazione: Monica FarnetiTesti e didascalie: Alessandra Brivio, Gigi PezzoliProgetto allestimento e grafica: Gigi Pezzoli, Monica Farneti, Musei Comunali di Rimini(Piero Delucca, Stefano Caminiti, Maurizio Succi)Fotografie: Gigi Pezzoli, Alessandra Brivio, Piero DeluccaSegreteria organizzativa: Musei Comunali di Rimini (Angela Fontemaggi, Diva Galvan, Silvia Moni, Orietta Piolanti)Servizi assicurativi: Marsh & Co. S.p.a. Cremona

In copertinaComposizione di Didier Amevi Ahadji (Lomé), foto di Aurelio Barbareschi

Retro di copertinaManifesto testimonial della stagione turistica 2010 della città di Rimini (Autore Francesca Ghermandi)

FotografieTutte le fotografie del presente volume sono di Gigi Pezzoli, Alessandra Brivio, Giacomo Marzoni

Impaginazione e stampaÀncora Arti Grafiche, Milano

EditoreMusei Comunali, Via Cavalieri, 26 - Rimini e-mail: [email protected] Studi Archeologia Africana, Corso Venezia, 55 - Milano e-mail: [email protected]

Rimini, 2010

In collaborazione con Contributo Partecipazione

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INDICE

Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5

Alessandra BrivioLa costa degli schiavi, popoli, migrazioni e luoghi . . . . . . . . . . . . . . » 7

Alessandra BrivioIl vodu in Africa e Mami Wata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 17

Il tempio vodu di Aloumon Nouhessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 23

“Io, fabbricante di collane vodu”Intervista a Chérita Amoussou . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 37

Gigi PezzoliPerle e collane vodu alla festa di Epe-Ekpe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 45

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PRESENTAZIONE

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parte orientale del Ghana, in Togo e nelBénin.

Quanto al vodu africano, qui si inten-dono le divinità e la religione praticatanelle regioni meridionali del Togo e delBénin, secondo modalità che hanno stret-ta affinità con i culti tradizionali degliYoruba della vicina Nigeria. Il vodu èquindi una “religione” a tutti gli effettiche unisce sincreticamente elementi pe-culiari dell’animismo africano precolo-niale con iconografie e pratiche derivatedal cristianesimo, dall’islam e persino dallontano mondo indù.

Con la tratta degli schiavi il vodu dal-l’Africa si è diffuso nelle Antille e nelleAmeriche, soprattutto nel Brasile (Bahia).In taluni paesi, il vodu è tuttora così radi-cato al punto di essere riconosciuto - conla stessa dignità delle grandi religioni mo-noteiste - “religione ufficiale” di stati co-me il Bénin (1996) e Haiti (2003). Le po-polazioni africane presso le quali hannoavuto origine i culti che hanno poi deter-minato la nascita del vodu nella forma at-tuale, sono quelle stanziate lungo la costadel Golfo di Guinea, i Fon del Bénin, gliEwe e i Guin-Mina del Togo e del Ghana.A tale proposito, occorre ricordate che ilvodu si è affermato anche grazie alla na-scita e all’espansione del regno fon diAbomey, nel corso del ’600 e ’700. Mal-grado le persecuzioni degli ultimi tre se-coli, il vodu è sopravissuto forte del fattodi essere una “religione” complessa, ca-pace di dare una risposta ai problemi de-

Mami Wata è una divinità di origineafricana ancora avvolta da un alone dimistero per quanto nota come la “sirena”del vodu. Con questa mostra intendiamocontribuire ad una maggiore e miglioreconoscenza su questo spirito e, più in ge-nerale, sul mondo del vodu che tuttoracostituisce una pratica religiosa larga-mente diffusa in ampie zone della costaatlantica dell’Africa.

L’iniziativa è il risultato della collabo-razione tra il nostro Museo e il CentroStudi Archeologia Africana di Milano,una collaborazione che dura da anni e cheha già visto nel 2005, in occasione dell’i-naugurazione del Museo degli Sguardi aVilla Alvarado di Covignano di Rimini,la realizzazione congiunta dell’importan-te mostra “Affrica terra incognita”.

Letteralmente, il nome Mami Wata èda ritenersi una derivazione dall’espres-sione inglese Mammy Water e pertanto siriferisce alla “dea madre” delle acque,spirito del mare che è contemporanea-mente fonte di nutrimento per gli uomi-ni, ma anche di pericolo per la sua forzadistruttrice. Sotto varie forme, MamiWata è oggetto di culto, adorata e temu-ta, dalle popolazioni insediate lungo lacosta atlantica dell’Africa, dal Senegalal Congo. In particolare, Mami Wata,che nell’iconografia corrente è rappre-sentata sia con le sembianze di una sire-na, sia come una donna circondata daserpenti, è una divinità importante pres-so gli Ewe e i Guin-Mina stanziati nella

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comprensione di larga parte della culturaoccidentale.

L’esposizione si incentra sulla figuradi Mami Wata, moderna ed ammaliantesirena, ma non si limita a questo. L’areaculturale di riferimento è quella dei Guin-Mina del Togo e del Bénin; da lì proven-gono gli oggetti di culto e gli ornamentidi decoro corporale, le collane che gliadepti indossano in occasione delle ceri-monie, in particolare quella di Epe-Ekpe.Composizioni metalliche di un artista to-golese introducono il visitatore all’imma-ginario vodu, culminando in un ampio as-sembramento di manichini come in unamoderna “installazione”. A corredo, ma-nifesti del cinema africano contempora-neo che rimandano al mondo degli spirititradizionali e una selezione di film etno-grafici. Infine, una sezione è dedicata aoggetti del vodu brasiliano provenientidalle collezioni del nostro Museo.

Poiché in concomitanza a questa mo-stra il Centro Studi Archeologia Africanapubblica un volume che raccoglie una se-rie di saggi sul tema di Mami Wata, que-sto catalogo propone unicamente un capi-tolo di introduzione storica sui Guin-Minaed un inquadramento antropologico sulvodu corredato da immagini di contestua-lizzazione. Viceversa, la sezione dedicataalle collane vodu e alla loro attribuzionepresenta un repertorio inedito frutto dellaricerca sul campo condotta negli ultimianni dal Centro milanese.

Da ultimo - per pura coincidenza - se-gnalo che il manifesto dell’estate 2010 diRimini, disegno di Francesca Ghermanti,raffigura proprio una “...disincantata sire-na con il volto di conchiglia e un paio diocchiali a 3D”. Un abbinamento dai mi-gliori auspici per la nostra mostra.

Maurizio Biordi(Museo degli Sguardi)

gli adepti e non, viceversa, un fenomenounicamente legato alla “magia nera” se-condo la visione corrente dell’immagina-rio occidentale. Con gli schiavi, questapratica si è diffusa dal continente africanoalle Americhe, radicandosi con particola-re profondità nelle isole caraibiche e nelBrasile. Così, in un processo di continuodivenire, il vodu si è differenziato incor-porando ad Haiti elementi dell’originariareligione locale, a Cuba è diventato lasanteria, mentre nel Brasile il cosiddettocandomblé. Malgrado la repressione - ba-sti ricordare che, pena la morte, aglischiavi africani non era permesso alcunculto non cristiano - il vodu ha resistito edè diventato una religione popolarissimapresso ampie comunità costiere africanee afro-americane. Al riguardo, in sensogenerale, il vodu viene percepito dagliadepti come una relazione attiva con ilmondo degli antenati, degli spiriti e conla natura; una vera e propria ricerca di al-leanza con le forze soprannaturali chepossono mettersi al servizio della verità edella giustizia.

Questa mostra di Rimini, analoga-mente alle precedenti iniziative, si prefig-ge di illustrare “altri sguardi” su “altrimondi” integrando così la proposta del-l’esposizione permanente del nostro Mu-seo. Infatti il Museo degli Sguardi, secon-do gli intendimenti di Marc Augé che neha presieduto il Comitato ordinatore,“...vorrebbe avvicinare il proprio pubbli-co alla dimensione riflessiva con l’artedegli altri, rivelandola nei diversi aspettiche ha assunto a seconda del nostrosguardo”. Ma il Museo non guarda solo alpassato, si relaziona con i cambiamentidel mondo proponendo - è il caso di que-sta mostra - un aspetto della spiritualitàafricana in bilico tra tradizione e cambia-mento; un tema insolito quindi, tuttoraavvolto dal mistero e connotato dall’in-

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Alessandra BrivioUniversità di Milano Bicocca

LA COSTA DEGLI SCHIAVI, POPOLI,MIGRAZIONI E LUOGHI

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nel presente. Nelle prossime pagine si cer-cherà di delineare il quadro generale dellemigrazioni che portarono all’attuale con-figurazione, ricordando però come la loronarrazione abbia sempre avuto un’impor-tante funzione politica, che andrebbecompresa nello specifico contesto storicoe messa in relazione alle agende politichein azione.

Una delle migrazioni più significativae più citata, nella regione che stiamo con-siderando, fu quella che diede vita all’a-rea detta “aja-tado”, che si estende dal-l’attuale confine tra Bénin e Nigeria - ilfiume Ouémé - fino al fiume Volta e pe-netra verso nord per una distanza variabi-le tra i 150 e i 200 chilometri.

La definizione aja-tado - aja è il nomedato al gruppo linguistico e Tado la suacapitale mitica del regno degli Aja - è ri-conosciuta essenzialmente solo nell’am-biente accademico o qualora si evochi inmodo strumentale o politico il passato.Gli Aja stessi si definiscono infatti secon-do i molti sottogruppi di appartenenza.Gayibor (1997) identifica nove gruppi lin-guistici principali, parte dell’area aja-tado- aja, ewe, guin, xwla, xweda, fon, gun,ayizo, sahwé - i quali sono a loro voltasuddivisi in sottogruppi, come ad esempiol’ewe, al quale appartengono l’anlo, loouatchi, il bé, l’agou e altri ancora.

Gli antenati degli Aja arrivarono a Ta-

Nelle narrazioni africane, la dimen-sione spaziale e quella temporale si in-trecciano costantemente e il viaggio, ladislocazione sono spesso alla base di ogninuova formazione sociale stabile (Allen,Shain 2005). Gli abitanti della regionedella bassa Guinea narrano di migrazionileggendarie, che portarono all’attualeconfigurazione. Dalla Nigeria fino alGhana, le migrazioni e le diaspore deimolti popoli che qui oggi risiedono sonomolteplici e multidirezionali: immagina-te, reali o mitiche, esse hanno costruito lospazio politico, sociale e identitario diquesti popoli.

La dimensione spaziale è un elementoimprescindibile alla costruzione di qual-siasi struttura sociale, che si tratti di ungruppo famigliare, di una formazione reli-giosa o di uno stato. Le realtà visibili e in-visibili che agiscono nella vita degli uo-mini e delle donne provengono sempre dauno spazio altro, più o meno distante, piùo meno mitico. Il movimento sembraun’azione che non può non essere creativae generativa, motivo per cui gli antenatifondatori arrivano sempre da un’altra lo-calità e il viaggio è l’epico movimentoche fonda l’ordine. Connettersi con unluogo lontano o capace di evocare potere,presente o passato, è una strategia attra-verso la quale rivendicare e costruire lospazio politico all’interno del quale agire

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La Costa degli Schia-vi XVI - XVIII sec.

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muel Johnson (1921) - storico degli Yoru-ba e prete anglicano - narra della disper-sione dalla città di Ile-Ife - nell’attuale Ni-geria - dei figli dell’antenato miticoOduduwa, che avrebbe avuto luogo nel IXsecolo e avrebbe portato alla fondazione,tra le altre città, di Oyo e Ketu nell’XI se-colo, da parte dei suoi sette figli1. Conti-nuando lo spostamento verso occidente,quando i migranti giunsero sulle rive delfiume Mono trovarono gli Alou (popolodi cacciatori, agricoltori, ma soprattuttofabbri e detentori delle tecniche della fu-sione del ferro), governati dal clan degliAzanou. Difficile situare storicamentel’arrivo dei migranti yoruba, o presunti ta-li, a Tado; i ritrovamenti archeologici te-stimoniano l’esistenza di un’attività me-tallurgica tra l’XI e il XII secolo e,considerando che anche la fondazione diKetu è fatta risalire all’inizio dello scorsomillennio, Gayibor (1997:157) presumeche il periodo sia verosimile.

In seguito, altre migrazioni si susse-guirono nell’area, portando alla fonda-zione di differenti quartieri, presumi -bilmente di altri villaggi, nell’areacircostante a Tado. Lo sviluppo della cittàfu dovuto anche alla sua posizione privi-

do - città situata nell’attuale Togo - secon-do differenti itinerari, la cui ricostruzioneè, secondo Gayibor (1997:153) un compi-to estremamente arduo. Le diverse versio-ni raccolte nella tradizione orale spessodivergono e si smentiscono l’un l’altra,pur mantenendo una coerenza di fondo.

A Tado, secondo la tradizione popola-re, gli antenati sarebbero giunti dai paesiyoruba, nell’attuale Nigeria. Togbé Anyi(togbé significa in ewe, padre, antenato),principe di Oyo - città yoruba oggi nige-riana - sarebbe migrato a Ketu - città yo-ruba oggi all’interno dei confini béninesi- e da lì sarebbe ripartito per fondare, sul-le rive del fiume Mono, la futura città diTado. A Ketu, però, non vi è memoria diquesto passaggio degli Aja, probabilmen-te, secondo Gayibor (1997:154), perchéla partenza fu dovuta a una lotta dinasticae non vi furono ragioni politiche per con-servare la memoria di colui che perse ladisputa. Gayibor (1997:155), come moltialtri, mette in dubbio l’esistenza storicadell’antenato mitico Togbé Anyi, a cuioggi si rende un culto a Tado, evidenzian-done piuttosto la dimensione mitica.

La mitologia yoruba, ricostruita e rac-colta soprattutto grazie all’opera di Sa-

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dalla importanti migrazioni che portaro-no alla fondazione di Allada3, a sud-est edi Notsé, a ovest.

Notsé era, come Tado, una città forti-ficata. Nel 1669, sicuramente dopo il pe-riodo di suo massimo splendore, SieurD’Elbée4 scriveva: “Il re di queste terre èpotente (…) si dice che possa facilmenteraggruppare cinquecentomila uomini eche la città dove ha la sua dimora sia po-polosa e più grande di Parigi” (Gayibor1997:176). L’ importanza di questa cittàiniziò a manifestarsi a partire dalla metàdel XV secolo e divenne un importantecentro di scambi commerciali, soprattuttoper la produzione di terrecotte, tra il XVIe metà del XVIII secolo.

Analogamente a quanto successo perTado, anche Notsé ha assunto lo status diluogo mitico, collocato all’origine dellemolte diaspore che coinvolsero gli Aja-Tado. Dalla città di Notsé partì quella cheviene comunemente definita la “diasporaewe”. Una condivisa tradizione oralenarra che gli Ewe fuggirono dalla cittàper sottrarsi al potere dispotico del leg-gendario re Agokoli. Secondo Gaybor(1997:193-198) si possono distingueredue fasi nell’occupazione del territoriocircostante: la prima portò alla fondazio-ne dei grandi centri regionali (Tsévié, Bé,Togoville, Keta, Anloga, Ho, ecc.) e laseconda a innumerevoli villaggi dissemi-nati in tutta la regione. Il gruppo del sud èdominato dai Dogbo e dai lignaggi appa-rentati, che occuparono tutta l’area tra ilfiume Volta e Aflao (città del Ghana, sulconfine con il Togo) e che oggi sono chia-mati Anlo. Gli Ouatchi, che risiedono nelsud-est del Togo, potrebbero appartenereal medesimo gruppo, ma secondo altretradizioni avrebbero lasciato Tado in unsecondo tempo, senza passare dalla re-gione anlo. Il gruppo del sud-ovest diedevita a diverse comunità tra cui Asogli,

legiata: non lontano dal fiume Mono e ailimite della zona forestale, essa era incontatto sia con i popoli del nord sia conquelli della costa. L’epoca d’oro dellacittà è fatta risalire ad un periodo tra ilXIV e il XVII secolo, durante il quale Ta-do rivestì probabilmente il ruolo di centroindustriale della regione, come testimo-niano i primi cronisti europei. Le minac-ce alla città, che infatti venne fortificata,arrivarono sempre da est, rappresentatedai cavalieri yoruba di Oyo e dai guerrie-ri fon di Abomey, probabilmente tra ilXVII e il XVIII secolo.

Da Tado partirono diverse migrazioniverso i territori limitrofi, presumibilmen-te con l’intento di colonizzare la regione(Gayibor 1997:164); ad esempio e i fab-bri Néglékpé2 che si stabilirono attornoad Afagnan - attuale Togo - e gli Hwé chescelsero l’area tra il fiume Mono e il fiu-me Couffo - attuale Bénin. Successiva-mente partirono in direzione della costa,stanziandosi tra il Mono e il lago Nokwé,gli Xweda o Peda e gli Xwla o Pla. GliXweda si stabilirono attorno al lagoAhémé, per poi spingersi verso Saxé eGléhwé (Ouidah). Nella seconda metàdel XVIII secolo, alcuni lignaggi migra-rono in direzione di Glidji, ritornandoquindi verso occidente, probabilmente aseguito di conflitti con Abomey. Gli Xw-la si spinsero fino alla bocca del Mono,quindi fondarono diversi centri tra cuiAgomé-Séva, Adamé e Xwlagan (GranPopo). All’inizio del XVII secolo gliXwla, spesso citati nei testi dei primiviaggiatori europei come “Popo”, occu-parono tutta la Costa degli Schiavi, dalVolta fino al Badagri (non distante da La-gos), fondando le principali città costiere.

Vi sono solo supposizioni circa i moti-vi della fine del regno di Tado; già a par-tire dal XV secolo vi fu un probabile pe-riodo di indebolimento, testimoniato

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Akoviéfé, Kpénoé, Hodzo, Adaklu. L’oc -cupazione delle terre occidentali, più dif-ficoltosa ed eterogenea diede invece ori-gine ai gruppi di Peki, Kpando, Kpalimé,Agomé, Savi, ecc. (Pazzi 1984:16).

Secondo Gayibor (1996), aldilà delleleggende che si sono accumulate nei seco-li, Agokoli rappresenta il fallimento deltentativo di imporre una forma politicapiù centralizzata. Il dato significativo chesi nasconde nelle mille narrazioni localisarebbe proprio il rifiuto di una forma po-litica centralizzata che differenzierà defi-nitivamente le forme politiche dell’areatra il fiume Volta e il fiume Mono, daquelle abitate rispettivamente dai Fon edagli Asante. Per Sandra Greene, invece,le vicende che si svilupparono attorno aNotsé sono interessanti perché la città“…è servita come luogo geografico attra-verso il quale molti Anlo e molti altri nelsud-est del Ghana e nel sud del Togo, han-no definito se stessi”, è stato ed è tuttoraun luogo in cui le memorie e i significatisono stati continuamente plasmati “…dal-le agende politiche, religiose ed economi-che” (2002:15, traduzione mia).

Un esempio di queste rielaborazioni èfornito dall’attività missionaria, che iniziòper quanto riguarda la regione occupatadagli Ewe occidentali, nel 1847 a Peki,dove fu aperta la Bremen Mission. Unodei loro obbiettivi, oltre alla missioneevangelica, era quello di ricongiungere gliEwe al loro presunto passato monoteisti-co; i missionari videro nella religione lo-cale un’espressione del demonio, che ave-va allontanato queste popolazioni dallavera fede originaria. La missione eraquindi quella di liberare gli africani dal-l’errore per ricondurli sulla corretta viaverso Dio; definirono quindi i popoli dilingua ewe come una comunità un tempounita e monoteista, rifacendosi a una mi-tologia di tipo degenerazionista, che uti-

lizzava come modello la dispersione lin-guistica conseguente il crollo della torredi Babele. Nel fare ciò ignorarono, sotto-linea Greene (2002:19-25), che anche gliAkwamu - sottogruppo akan - rivendica-vano un’origine comune risalente a Not-sé; i missionari preferirono evitare di ap-profondire le voci contrastanti e noncoerenti con la loro ricostruzione miticostorica (inoltre non tutti i gruppi di linguaewe di rifacevano a Notsé, alcuni adesempio rivendicavano un legame direttocon Tado oppure con Ketu).

I missionari contribuirono quindi allosviluppo di una comune “identità ewe”,prima inesistente in questi termini, e col-laborarono con l’amministrazione tede-sca5 nel desacralizzare la città di Notsé, lacui importanza per molti gruppi ewe erain realtà legata all’esistenza di un impor-tante altare dedicato a Mawu6. Le narrati-ve che furono prodotte, ad esempio negli“Ewe readers” per le scuole, omettevanola sacralità del luogo, separando quindi ipoteri politici da quelli religiosi, a favoredi un più facile controllo delle colonie(Greene 2002).

Il quadro delle principali migrazioniche coinvolsero gli abitanti di questa re-gione ci serve per comprenderne l’attualericchezza e complessità culturale. Cerca-re di rintracciare i percorsi che i varigruppi, spesso gruppi lignatici, seguiro-no, è uno sforzo notevole quanto inutileche può però condurre a delle interessan-ti considerazioni sul concetto di identitàetnica, che non possono che confermarnela natura processuale e strumentale di ta-le categoria (Remotti 1996, Fabietti1998). Nonostante questo assunto, inAfrica le categorie etniche funzionanoestremamente bene e il riunirsi attorno auna definizione che consenta di costruireun senso di appartenenza è una praticasempre più diffusa.

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Dopo questa lunga premessa, si cer-cherà ora di ritracciare la storia el’“identità” dei Mina, o Guin-Mina, ri-cordando sempre il territorio fluido sulquale ogni nuova identità si è costruita eil valore prettamente politico delle assun-zioni identitarie di volta in volta rivendi-cate.

L’identità guin-mina si concentra at-torno al regno di Glidji, che si ritiene siastato fondato alla fine del XVII secolo.Glidji si trova nell’entroterra di Aneho, lacittà costiera sull’attuale confine tra Togoe Benin. I Guin-Mina basano i loro mitidi fondazione sulle successive migrazioniche li videro spostarsi dall’attuale Ghana,attorno alla piana che oggi ospita Accra,verso le rive del fiume Mono, nell’attualeTogo. Protagonista di questa migrazioneverso est fu la popolazione costiera deiGa, che abitavano l’area attorno ad Accrae che, durante il XVII secolo, estese lasua influenza verso le regioni abitate daiAkwamu, Latebi e Adangbe. Proprio iconflitti con gli Akwamu, insediati sullecolline situate più a nord e interessati ainserirsi nell’economia fondata sui com-merci costieri con gli europei, furonoprobabilmente la causa che spinse i Ga a

migrare. Gli Akwamu lanciarono la pri-ma offensiva contro Accra nel 1677. I Gacercarono di resistere ai successivi attac-chi, ma i conflitti interni non consentiro-no di affrontare l’offensiva sferrata daparte degli Akwamu, nel 1680. Per cerca-re di sfuggire ai nemici, si narra che la so-rella del re, alcuni figli e i loro schiaviscapparono verso est, in direzione di PetitPopo, l’attuale Aneho. Secondo la tradi-zione locale, Glidji fu fondata da Foli Be-be, principe della famiglia reale di Accra,ma molto probabilmente la sua figurarappresenta e semplifica l’opera di piùpersone (Law 2001:39).

Come mette in luce Gayibor le causeprofonde del conflitto tra Ga e Akwamufurono di ordine economico. Verso lametà del XVII secolo, l’area costiera diAccra era infatti divenuta un luogo fonda-mentale nei commerci con gli europei egli Akwamu cercavano di accedervi,aprendosi un varco verso la costa. Ancheda Glidji, i Ga ripresero i commerci congli europei e a partire dalla fine del XVIIsecolo per tutti il XVIII secolo, periododell’apogeo del piccolo regno, il commer-cio divenne sempre più importante in que-st’area. La città maggiormente coinvolta

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Area attualmente a -bitata dai Guin-Mina.

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La casa degli schia-vi. Porto Seguro (at-tuale Agbodrafo),Togo (2009).Foto G. Pezzoli

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Questi gruppi provenienti da ovestarrivarono in un territorio già abitato daaltri gruppi, quali gli Xwla e gli Xweda,che non furono di ostacolo agli immigra-ti. Questi ultimi avevano già esperienzadelle pratiche commerciali con gli euro-pei e una maggiore confidenza con lanavigazione marittima, per cui riusciro-no a imporre la loro egemonia. Comeevidenzia Law, con riferimento agli Xw-la, “…la predisposizione della gente del-la Costa degli Schiavi nei confronti delmare, probabilmente da principio una ri-sposta alle attività dei commercianti eu-ropei, fu rafforzata durante il diciasset-tesimo secolo dall’immigrazione, dallaGold Coast, di popolazioni con una piùantica tradizione marittima” (Law1989:219, traduzione mia). I gruppi chesi installarono ad Aneho, pur ricono-scendo l’autorità di Glidji, avevano allespalle un differente percorso storico ealtre motivazione al loro migrare. Se ifondatori di Glidji arrivarono essenzial-mente come rifugiati, la mitologia vuoleche il fondatore di Aneho, Quam Des-sou, arrivò via mare come esule da Elmi-na, in seguito a una disputa politica, oforse come mercante o forse come pe-scatore. Law mette in luce come, a diffe-renza delle tradizioni locali che tendonoad associare le fondazioni di Glidji e

fu Aneho, detta anche Petit Popo, avam-posto marittimo di Glidji. Gli affari eranocontrollati dagli aputaga, funzionari no-minati dal re di Glidji e incaricati di gesti-re i commerci e di raccogliere le tasse. Laposizione privilegiata di Aneho contribuìall’arricchimento dei Guin-Mina e soprat-tutto alla formazione di una importantearistocrazia politica ed economica.

Aneho viene menzionata per la primavolta nel 1659, nei resoconti di viaggioeuropei, come importante luogo del com-mercio fluviale (la città si trova infatti al-la confluenza tra laguna e oceano). Se-condo Law (2001:37), ciò potrebbeconfermare le tradizioni locali secondo lequali, se a Glidji si stanziarono i rifugiatiprovenienti da Accra, ad Aneho arrivaro-no in ondate successive, a partire da metàdel XVII secolo, dei gruppi akyem,adangbé e fanti, sempre dalla regione co-stiera attorno ad Accra e a Elmina. Talemigrazione sarebbe stata connessa pro-prio al traffico fluviale su piroga, attivitànella quale i Fanti erano massimi esperti.In questa prima fase, Aneho non fu diret-tamente implicata nel commercio con glieuropei ma rivestì un ruolo di supporto aicommerci della Gold Coast, come luogodi interscambio tra la Gold Coast e Oui-dah e di passaggio tra il transito maritti-mo e quello lagunare (Law 1989:232).

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Il gruppo originario di Labadi, dettianche Ela, sono oggi uniti nel culto diTogbé Lakpan, l’antenato che li avrebbecondotti verso Aneho. Gli Ela hanno dasempre mantenuto una supremazia reli-giosa sull’insieme dei gruppi che viveva-no in città, supremazia riconosciuta e le-gittimata anche dai re di Glidji. Vi eranoinoltre gli Akué della zona lagunare diDegbenou, i quali narrano ancora oggi diessere stati ospitati da principio dagliEla, e di essersi solo in un secondo tem-po ritirati più all’interno, a Degbenou.Questo gruppo non sarebbe arrivato viamare ma via terra, transitando da Kpessi,un importante nodo commerciale lungoin fiume Mono, a circa 250 chilometridalla costa. La località era frequentata,per motivi commerciali, dai Ga di Accrae gli Akué rivendicano proprio tale iden-tità e tale percorso migratorio (Goeh-Akue 2001:568-569).

Gli interessi commerciali di questigruppi crearono una rete di interessi escambi anche con l’entroterra e i paesiconfinati, dando vita a quella che vienedefinita una “civilizzazione urbana” estre -mamente complessa e cosmopolita. Frut-to di questa civilizzazione fu l’élite dicenso, detta dei Tomehuenyi, i quali fon-darono il loro prestigio sull’accumulo dibeni materiali e di schiavi domestici. Esi-steva all’interno di questa élite, la figuradel dignitario ricco, detto amégan o ata.Grazie alla sua ricchezza un ata diventa-va parte del consiglio del re, raggiungen-do quindi un grado di nobiltà in base alcenso e non al lignaggio. Oltre ad accu-mulare ricchezza egli doveva vivere inuna residenza costruita con stile europeo,dove riceveva gli ambasciatori e gestiva iricchi commerci atlantici, secondo unostile di vita che sovente usciva daglischemi dei valori tradizionali, legittima-to però dalle sue capacità e dai suoi me-

Aneho come un unico fenomeno stori -co e sociale, nel caso di quest’ultima, sitrattò di una pura penetrazione commer-ciale iniziata già nella metà del XVII se-colo, quindi prima dell’arrivo del miti -co fondatore di Glidji, Foli Bebe (Law1989:219).

Ad Aneho si installarono quindi deinotabili, già coinvolti nei commerci congli europei e che lungo tutto il XVIII se-colo lottarono tra di loro per raggiungerel’egemonia economica sull’area. Durantequesto secolo, sia le tensioni con i popoliconfinanti, a est Allada e Abomey, a o vestgli Akwamu e gli Asante, sia le molte econtinue lotte interne non consentirono unvero successo economico e l’esplodere diuna “civiltà” guin-mina. Le guerre si con-centrarono durante il XVIII secolo soprat-tutto verso ovest, nei ripetuti e alterni ten-tativi di conquistare le città di Aflao eKeta, nell’area del delta del Volta (Greene1981:458-459).

La città di Aneho restò sempre alleatadi Glidji, fornendo le forze umane ed eco-nomiche per affrontare le molte guerre,poiché una differente strategia politicaavrebbe comunque significato soccombe-re alla maggiore forza militare dei popoliconfinanti. Il momento di reale successoeconomico del regno di Glidji coincide-rebbe quindi piuttosto con l’inizio delXIX secolo e non con il XVIII secolo, eavrebbe avuto luogo ad Aneho e non aGlidji (Goeh-Akue 2001:567).

Aneho era una città divisa in aree, go-vernate dai molti dignitari che si erano in-stallati sul territorio. Tra i principali vierano Quam Dessou e i suoi successori,insediatisi vicino alla spiaggia, i gruppiTougban insediati a Badji-Dékamé con lafamiglia Djossi e gli Ela insediatisi nelquartiere Labadi, dal nome della localitàdi provenienza, vicino ad Accra, e a Dja-madji, sempre lungo la spiaggia.

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da nord e sbarcati a sud, praticamente giàlungo la spiaggia sull’oceano.

Negli anni, le contingenze internazio-nali resero però più difficile e meno lu-crativa la vendita di schiavi sul mercatoatlantico e ciò ne spostò e concentròl’utilizzo nell’economia locale, semprepiù spinta verso la produzione di pianta-gione. La schiavitù domestica divennedunque centrale nell’economia dell’area,un “modo di produzione”, secondo la de-finizione di Paul Lovejoy (2000).

Proprio il XIX secolo fu il periodo dimaggiore opportunità economica perAneho, verso cui confluirono i nuovi im-migrati dalle Americhe, i cosiddetti afro-brasiliani - gli ex schiavi che facevano ri-torno in Africa - che spesso si dedicaronoanch’essi con successo al commercio le-gittimo e illegittimo. La tratta illegittima,le piantagioni di palme da olio, di palmeda cocco, di cereali e tuberi contribuironoal costituirsi di una fiorente economia,che Goeh-Akue (2001:582) definisceprecapitalista poiché fondata “sull’accu-mulazione primitiva di capitale”.

L’epoca coloniale vide il progressivoindebolimento economico delle élite diAneho, anche se nel momento dell’indi-pendenza, alcuni suoi esponenti, comela famiglia Olympio, giocarono un ruolopolitico fondamentale. Il periodo post-coloniale segnò un lento e progressivodeclino della città di Aneho, anche acausa dei conflitti politici interni al pae-se, che costrinsero le ricche famiglie diAneho a rivestire ruoli politici marginalie di opposizione rispetto al potere cen-trale saldamente nelle mani di Gnas-simbé Eyadéma, presidente del Togo perquasi quarant’anni.

riti in campo economico. Un esponentedi spicco ed esemplare di questa classesociale fu Latévi Awokou, fondatore del-la dinastia dei Lawson (Goeh-Akue2001:571).

A partire dal XIX secolo i movimentimigratori che da sempre avevano interes-sato la città, si spostarono verso est e lerelazioni economiche, politiche e cultura-li furono indirizzate soprattutto versocentri quali Ouidah, Cotonou e altre loca-lità aja, situate a est del Mono. Questo se-colo vide anche una dinamizzazione dellavita economica, dovuta a un importantecambiamento nella geopolitica regionalee internazionale.

La politica abolizionista iniziata dagliinglesi, seguiti poi dai francesi, bandì latratta atlantica, aprendo lo spazio allatratta illegittima, che continuò a portareschiavi dalle coste africane verso le Ame-riche. Le pressioni e i controlli europeisulle navi che transitavano lungo la costa,si concentrarono soprattutto su Abomey edi conseguenza sul porto di Ouidah, fa-cendo ripiegare molti commercianti, piùa ovest, verso i paesi guin-mina. Questafu ad esempio la politica del famoso ne-griero Félix Francisco de Souza (Gaybor2001:29), che, ad Aneho, comprò la peni-sola di Adjido, per costruire un accampa-mento dove “stoccare” gli schiavi in atte-sa d’imbarco. La tratta cambiò aspetto ele grandi navi furono sostituite da piccoleimbarcazioni da cabotaggio, meno visibi-li e capaci di sfuggire ai pattugliamentiinglesi. Gli imbarchi avvenivano daAneho, Agoué, Goumoukopé, Porto Se-guo (l’attuale Agbodrafo); il lago Togodivenne il nodo di questo traffico, poichégli schiavi venivano imbarcati sulla spon-

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Note

1 Per un’analisi critica della storiografia yo-ruba e dell’uso politico che ne è stata fatta si ve-dano tra gli altri i lavori di Apter (1987) e Law(1973, 1984).

2 Essi introdussero il culto di Togbé Nyigbleo vodu Nyigble, ancora praticato nella regioneattorno ad Afagnan, assieme alla pratica dellafusione del ferro.

3 Allada, nell’attuale Bénin, a pochi chilometrida Abomey, sarà un’importante città nella storiadella regione e del Dahomey più in particolare.

4 Sieur d’Elbée fu parte di una spedizionecommerciale francese a Allada e scrisse: “Jour-nal du voyage du Sieur d’Elbee” e “Suite dujournal de Sieur d’Elbee” pubblicato nel 1671.

5 Il Togo subì la colonizzazione tedesca dal1884 al 1914, quindi passò sotto il controllo in-glese, a ovest, e francese a est.

6 Mawu è un’importante divinità sia per gliEwe sia per i Fon. Oggi il suo nome viene uti-lizzato per indicare il Dio dei cristiani.

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Alessandra BrivioUniversità di Milano Bicocca

IL VODU IN AFRICA E MAMI WATA

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Togo e nella regione sud orientale delGhana. I vodu hanno una stretta affinitàcon la religione degli orisha, praticata in-vece nella vicina Nigeria, tra le popola-zioni che appartengono al panorama lin-guistico yoruba.

Difficile e probabilmente inutile cer-care di rintracciare l’origine di ciascunvodu, sforzandosi di classificarli in basealla provenienza e all’antichità oppure dideterminarne il numero. Negli anni ’30del secolo scorso, Bernand Maupoil, unetnologo francese, tracciando un quadrodei vodu del Dahomey (l’attuale Bénin),scriveva: “…ignoriamo i dettagli dellaloro origine, quasi sempre esterna al bas-so-Dahomey. Queste divinità furono pre-se ai nemici o acquistate dai vicini, in Ni-geria, nella Gold Coast (l’attuale Ghana)o in Togo”. Egli in tal modo metteva inluce il significato sociale e politico deivodu e la loro natura profondamente sto-rica. I vodu seguirono infatti le sorti deiregni e degli uomini che determinarono evissero la storia di questa regione.

Come ogni religione politeista il vodu ètollerante e disposto ad acquisire e incor-porare al proprio interno le divinità deglialtri. Per tale ragione ogni vodu porta letracce degli incontri, delle guerre, e più ingenerale, della storia dell’intera regione.Ciò fa sì che il vodu sia dinamico e proces-suale; ogni divinità è sempre in divenire,poiché disposta a reagire agli stimoli e aicambiamenti che agitano la società.

Il vodu in Africa

La parola vodu spesso suggerisce vi-sioni spettrali, morti misteriose e pratichemagiche. L’aura di mistero, l’“eccessiva”materialità di questa religione, fu resa pa-rola dai molti viaggiatori, avventurieri,missionari e amministratori coloniali chevisitarono le coste della bassa Guinea escrissero dei vodu e dei feticci africani. Inun secondo tempo i “fantasmi” furono resiimmagine da una certa produzione cine-matografica hollywoodiani che, ispirando-si soprattutto alla versione diasporica delvodu, lo hanno reso protagonista di moltifilm horror. Tale visione è ancora oggi pre-sente nel linguaggio comune occidentale ein Africa è stato acquisito nei giudizi dellereligioni africane avversarie, soprattutto lemolte chiese cristiane indipendenti, e nellaconsistente produzione cinematograficadella Hollywood africana, che fa capo aNigeria e Ghana, detta Nollywood.

In questa accezione il vodu si è ricon-figurato come voodoo ed è divenuto partedi un immaginario affascinato da magianera, streghe, zombi e fantasmi e che hatrovato un discreto sbocco commercialein un mercato del gotico, dell’esoterico,del dark e dell’horror: bamboline voo-doo, kit per il malocchio, pozioni magi-che e altri oggetti affini.

Con il termine vodu intenderemo in-vece sia le divinità sia la religione prati-cata nelle regioni meridionali di Bénin,

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Altare vodu, ester-no. Aklakou, Togo(2004).Foto G. Pezzoli

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Si tratta di una religione della presen-za e della pratica, che si esprime in unrapporto corporeo con le divinità. In talsenso i vodu esistono perché esistono gliuomini e le donne che li alimentano attra-verso i sacrifici, li accolgono nei loro cor-pi nel momento della possessione, orga-nizzano le cerimonie, li tramandano digenerazione in generazione e contribui-scono alla loro diffusione e al loro suc-cesso. Per tale motivo la religione dei vo-du ha una ritualità molto ricca; lecerimonie sono momenti collettivi spessodi alto valore estetico, durante le quali lecomunità che si riconoscono attorno a unmedesimo vodu, festeggiano danzando,suonando, condividendo il cibo e trascor-rendo molte ore assieme.

Tutte le divinità, i vodu, sono entitàspirituali estremamente attive, dinamichee mutevoli. I vodu sono potenze astratte ingrado di manifestare la loro energia ovun-que l’uomo decida di convogliare tali po-tenze. Essi possono essere legati alle forzecosmiche (il tuono, la terra, l’acqua, ecc.),a un luogo specifico, a un elemento vege-tale (come il logo, cioè l’albero dell’i-roko), a un uomo nato in circostanze o concaratteristiche fuori dal comune (i gemel-li, i bambini idrocefali, ecc.), a un partico-lare oggetto o a un antenato.

A fianco della dimensione storica vi èpoi un livello quotidiano, plasmato attra-verso il rapporto di intimità e passioneche esiste tra uomini e divinità. La pos-sessione è il momento che sancisce lamassima unione tra mondo visibile emondo invisibile; i vodu, lungi dall’esse-re una realtà trascendentale, dimostranoquasi una “nostalgia” nei confronti degliuomini, un desiderio di unione e di ritor-no, che esprime tra l’altro l’essenza stes-sa delle divinità, fatte di materia, creden-ze, desideri, parole e relazioni.L’immanenza del mondo divino permeaquindi la quotidianità delle donne (vodus-si - sposa del vodu) e degli uomini che so-no stati scelti per una relazione più intimacon i vodu. I legame con la divinità in-fluenzerà il loro uso del tempo, la loroalimentazione, le loro pratiche quotidianee il loro corpo, sul quale sovente sono in-scritti i segni del vodu con il quale hannostretto una relazione.

La seconda peculiarità di ogni rappor-to con il vodu è il sacrificio. Il sangue de-gli animali immolati è essenziale a qual-siasi transizione tra gli uomini e i vodu,sia durante le cerimonie collettive siaquando gli uomini e le donne si rivolgonoa essi, per negoziare una soluzione ai loroproblemi esistenziali e quotidiani.

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Altare vodu, inter-no. Aklakou, Togo(2004).Foto G. Pezzoli

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ne da quella del male, come mondi onto-logicamente differenti e impenetrabili. Ivodu sono sia agenti di morte e sofferen-za, sia strumenti di protezione e control-lo, capaci di aiutare l’uomo a muoversinel mondo e a orientarsi nell’esistenza.La doppia attitudine dei vodu deve esserequindi costantemente mediata e negozia-ta, attraverso la pratica rituale e un rap-porto talvolta quotidiano con le divinità.Solo ricordando questa apparente con-traddizione intrinseca e seguendo il con-tinuo slittamento tra livelli di controllo edi pericolo si possono comprendere lepratiche e i simboli della religione dei vo-du, che non è né una religione consolato-ria, né dell’“anima”.

Il vodu africano oggi continua a essereintrinsecamente connesso alla società, al-la storia e alla politica dei paesi dove èpraticato. Essendo un fenomeno dinamicoche dialoga costantemente con gli uominie con la società, ne acquisisce il linguag-gio, le attitudine, le aspirazioni e le paure,cercando di mediare tra le molte tensioniche percorrono la società contemporanea.

Il vodu oggi cerca di dialogare anchecon le religioni universali, con il cristiane-simo e l’islam, dalle quali, nel corso deglianni ha acquisito pratiche, discorsi e sim-boli, pur non perdendo le sue specificità.

Tra i vodu attualmente più diffusi epraticati in Togo e Bénin si può ricordare:Heviossou (Shango per gli Yoruba dellaNigeria e della diaspora) connesso al cie-lo e ai fulmini; Sakpata connesso alla ter-ra e a tutte le malattie esantematiche;Egun, il vodu delle transizioni, dei cam-biamenti, della guerra e del ferro; Legba(Eshu per gli Yoruba), vodu ingannatore edispettoso, che essendo il più vicino agliuomini, si occupa e spesso ostacola le lo-ro negoziazioni con gli altri vodu; Dan ilvodu serpente associato alla fertilità, allaprosperità e che oggi è sovente connessoa Mami Wata. Quelli citati sono una per-centuale minima dell’insieme di voduche si possono incontrare nella regione.Bisogna infatti ricordare che ognuno diessi racchiude al suo interno altre divinità(una famiglia di vodu), che cambiano infunzione del villaggio e del lignaggio acui appartengono. Vi sono poi i vodu le-gati agli antenati, a luoghi geografici spe-cifici e quelli che ancora oggi i sacerdotivanno a “prendere” nei paesi vicini.

Per cercare di comprendere la praticareligiosa, le sue ricadute morali, sociali epolitiche, bisogna evidenziare l’ambiva -lenza insita nelle divinità stesse. Esse nonsottoscrivono una visione del mondo ditipo dualistico, che divide la sfera del be-

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Mami Wata “Be-lieve me to be”.Ghana (2010).Foto G. Pezzoli

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Molte sono le sue identità e notevole lasua capacità di metamorfosi e adattamen-to: regina delle acque, dea della fertilità,avida accumulatrice di denaro, vanitosa edispettosa despota nei confronti dei suoiadepti, sirena, incantatrice di serpenti,donna, uomo, ammaliatrice, prostituta eamante gelosa; Mami Wata è “moderna”,straniera rispetto ai luoghi che la ospitano,viaggiatrice ed esotica, promessa di unafelicità ineffabile ma sempre più seducen-te. Mami Wata incorpora le ambiguità del-l’essere umano e della società contempo-ranea, promessa di ricchezza e minaccia dimorte. Secondo molti, vive in una bellissi-ma e futuribile città situata nel fondo delmare, ma accettare il suo invito ad abitarela città invisibile, significa accettare di ab-bandonare la propria vita, la materia dellapropria esistenza e venire trascinati persempre nei neri abissi dell’oceano. Firma-re un patto con lei può assicurare il suc-cesso e la ricchezza, ma il prezzo da paga-re può essere molto elevato.

In ogni contesto locale, Mami Wata as-sume significati differenti, soprattuttoquando si integra nei sistemi e nelle prati-che religiose. Nella bassa Guinea, la cultu-ra materiale che circonda il culto di MamiWata è ricca e opulenta. Gli altari, gli affre-

In Togo, secondo i dati ufficiali (TheWorld Factbook, 2002) il 29% della popo-lazione è cristiana, il 20% musulmana e il51% fedele alle religioni locali, tra le qua-li il vodu prevale. Per quanto riguarda ilBénin, secondo i dati, il 42,8% della po-polazione sarebbe cristiana (suddivisi in:27% cattolici, 5% cristiani celesti, 3,2 %metodisti, 7,6% altre chiese), il 24,4%musulmana, il 17,3% praticherebbe il vo-du e il 15,5% altre religioni. Per megliocomprendere l’impatto che la religionedei vodu ha nelle regioni dove viene prati-cata, bisogna ricordare che i dati sono re-lativi all’intera popolazione mentre il vo-du è presente solo nel sud dei due paesi esoprattutto che il definirsi appartenente auna delle religioni cristiane spesso nonimpedisce di praticare anche il vodu.

Mami Wata

Mami Wata, lungo la costa che si af-faccia sul golfo del Benin, tra Togo, Benine Ghana, è considerato un vodu che vivenelle acque dell’oceano, associato a Dan,il serpente. Mami Wata è una divinità no-made e la si può trovare in molti altri pae-si africani, nei Caraibi e anche in Europa.

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Mamissi tra le onde dell’oceano. Cotonou,Bénin (2007).Foto A. Brivio

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l’occidente, il mondo dell’islam e le di-stanti divinità indù.

Due sono le iconografie principali at-tribuite a Mami Wata: l’incantatrice diserpenti e la sirena. Del primo tipo icono-grafico si conosce la storia, connessa al-l’arrivo in Africa del manifesto cromoli-tografico stampato a fine ottocento per lo“zoo umano” di Carl Hagenbeck ad Am-burgo e raffigurante l’incantatrice di ser-penti Maladamajaute. Difficile stabilirese l’immagine diede corpo a un’entitàpreesistente oppure se venne acquisita inquanto divinità “straniera”. Nel contestovodu, la sua famigliarità con i serpenti fe-ce sì che Mami Wata diventasse una dellemolte forme ed emanazioni assunte dalvodu Dan e che venisse inserita tra le di-vinità che si ritiene vivano nell’oceano.

L’arrivo della sirena in Africa è moltopiù controverso, riconducibile forse allepolene delle navi europee oppure al la-

schi, le decorazioni del corpo, gli abiti e lecollane incorporano l’auspicata ricchezzae la necessaria bellezza, propria alla divi-nità. Le mamissi (adepte di Mami Wata)periodicamente portano al mare le loro col-lane perché possano, bagnate nell’acqua,purificarsi e caricarsi spiritualmente. Il ma-re diventa quindi, in queste pratiche rituali,sorgente di potere rigenerante, di prospe-rità, di ricchezza e di benessere. Ma le im-magini di morte che il mare evoca restanosempre latenti, pronte a riemergere, comesanno le mamissi che, in trance, si buttanonelle onde, catturate dalla divinità che cer-ca di trascinarle con sé in fondo al mare.

Per i Guin-Mina, dagli anni ’50 del se-colo scorso, Mami Wata è diventata partedelle molte divinità che questo compositogruppo venera e molte donne sono diven-tate sue sacerdotesse. Durante l’annualefesta Epe-Ekpe a fianco delle divinità an-cestrali, che si ritiene giunsero in Togoassieme agli antenati, in fuga dalle guerreche si svolgevano più a occidente, “esce”anche Mami Wata.

Con l’appellativo generico Mami Wa-ta si intende di fatto una famiglia di vodu,nell’ambito della quale Mami Wata è so-lo uno dei componenti. Al suo fianco vipuò essere, tra gli altri, Ablo, un uomo diorigine hausa, probabilmente un militarea cavallo; Mami Siki, cioè la Mami del-l’oro, associata alla sabbia della spiaggiae alla ricchezza; Densu, il vodu con tre te-ste, raffigurato come una divinità indù;Adjakpa l’alligatore e gli Apuke, piccolispiriti viaggiatori. A sua volta Mami Wa-ta è un’emanazione di altri vodu, comeDan il serpente che può vivere nella lagu-na, nel mare e nella terra o Sakpata, il vo-du della terra e del vaiolo. Come dicono isuoi fedeli, per semplificare le troppe edifficili spiegazioni, le “Mami sono tan-te”; sono tante infatti e intersecano molte-plici tragitti storici, culturali e materiali:

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Wendl, T., 2007. “Wicked villagers andthe mysteries of reproduction: an ex-ploration of horror movies fromGhana and Nigeria”, Postcolonial text,vol. 3, n. 2.

mantino, grosso mammifero erbivoro,che abita le acque costiere e i grandi fiu-mi della fascia tropicale dell’Africa occi-dentale. Il lamantino è un animale sacro,ad esempio, in alcune aree lungo le rivedel Niger.

La vicinanza e a volte sovrapposizio-ne delle due iconografie potrebbe esseregiustificata da alcune somiglianze: lesquame della coda della sirena sono lemedesime di quelle del serpente e la natu-

ra al contempo acquatica e terrestre dellasirena si concilia perfettamente con il ser-pente sia in quanto animale sia in quantorappresentazione.

Per comprendere la genesi del cultodi Mami Wata in Africa é comunquesempre necessario interrogare le praticherituali locali, osservare la cultura mate-riale ad esse connesse e ascoltare le vocidelle persone che a tale culto fanno rife-rimento.

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IL TEMPIO VODUDI ALOUMON NOUHESSI

Immagini di Ablo,Mami Wata e Densu.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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mite per poter visitare un tempio voduche contenesse un altare di Mami Wata.Albert, che è cristiano pentecostale, tra ifedeli della sua chiesa conosce una signo-ra di mezza età, anche lei convertita, cheè figlia di una famosa mamissi (cioè un’a-depta di Mami Wata).

Ottenuta l’autorizzazione partiamo indirezione di Anfoin, un villaggio traAneho e Afagnan, non lontano dal confi-ne con il Bénin. Raggiungiamo il tempio:si presenta con un alto muro di cinta di-pinto di bianco e decorato all’esterno contre affreschi murali: il primo (quello piùvicino alla porta) rappresenta una cavalle-rizza vestita di bianco nella consueta ico-nografia del vodu Ablo, il secondo eun’immagine di Mami Wata (la donnacon i serpenti), il terzo, palesemente di de-

In Togo, ancora oggi non è difficile in-dividuare dove si trova un tempio vodu.Nella capitale Lomé, nelle cittadine co-stiere, nei villaggi, lungo le strade, unabandierina bianca, oppure bianca, rossa enera (i colori del vodu), issata su un’altapertica indica inequivocabilmente la pre-senza di un luogo di culto. Un po’ piùcomplesso è farsi un’idea dall’interno,poterlo visitare e fotografare; occorre ilconsenso del proprie tario. L’autorizza -zione ad una visita non è scontata, anzi.Non è infatti raro che il sacerdote o la sa-cerdotessa vodu titolare del tempio neces-siti di una preventiva consultazio ne congli spiriti che talvolta non viene concessao viene concessa solo parzialmente.

Nell’agosto 2010, ho chiesto ad unamico locale, Albert Akoli, di farsi da tra-

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rivazione indù (Vishnu), rappresenta ilvodu Densu. Penetriamo nel primo corti-le, è vuoto, solo un grande affresco mura-le del serpente arcobaleno, il vodu Dan-gnidohédo, indica l’ingresso al secondocortile. Il secondo cortile è viceversa riccodi immagini ma non possiamo soffermar-ci, la mamissi ci aspetta, torneremo poi.

Eccola, Aloumon Nouhessi è una don-na anziana vestita di bianco (è il coloredelle adepte di Mami Wata). Ci rendiamoimmediatamente conto che è suo, pur segiovanile, il ritratto naturalistico della ca-vallerizza. Aloumon ci accoglie congrande affettuosità e gentilezza facendociaccomodare nell’ampio locale dove rice-ve gli ospiti ai quali è immediatamente ri-volta la preghiera di una piccola adepta. Ilsalone è lindo come ben si addice ad unasacerdotessa di Mami Wata ma zeppo al-l’inverosimile di oggetti, quadri, foto,fiori, immagini cristiane e indù, ecc. Nelcomplesso un fantasmagorico “allesti-mento” con alle pareti pitture rappresen-tanti e Mami Wata e Mama Tchamba.

Terminati i convenevoli di rito, Alou-mon ci racconta la sua storia. È nata circa88 anni fa ad Anfoin ma sua la famiglia èoriginaria di Péda, in Bénin. Il vodu di fa-miglia è Motan uno spirito del fulmine si-mile ad Heviossou. L’altare di Motan perònon si trova in questo luogo ma altrove,nell’antica casa di famiglia. Aloumon ci ri-ferisce che questo suo tempio è stato co-struito circa 40 anni fa e contiene gli altaridi una decina di vodu dei quali è adepta. Intutta la regione lei è una guaritrice famosaoltre che sacerdotessa vodu; per questo,non di rado viene richiesta di consultazionianche in luoghi lontani, in Bénin e Nigeria.

Siamo ammessi alla visita dell’interno.Comunicante con la sala di ricevimento unsolo locale: la stanza da letto della mamis-si. Nell’ampio spazio, appese al muro lecollane del vodu e accanto al letto un ricco

altare di Venavi, le figurine del culto deigemelli. Usciti nuovamente all’aperto, at-traverso uno stretto passaggio ci dirigiamoa visitare gli altari. Come sempre accadenei templi vodu, anche se la grande casacomprende una zona abitativa, l’area dovesi trovano gli altari è segregata ed esclusi-vamente dedicata a luogo di culto. Sui mu-ri gli affreschi rappresentano il vodu Ade,il cacciatore e il vodu Adjakpa, il cocco-drillo. In due piccoli locali chiusi sono col-locati gli altari di Ade e di Mama Tcham-ba. Entriamo in un ulteriore piccolofabbricato che nel vestibolo contiene unaltare di Adjakpa con due enormi cocco-drilli in cemento e sulle pareti nuovamen-te l’immagine del vodu Densu ed altra ico-nografia di indubbia origine indù. Unasequenza di affreschi tra cui un ritratto del-la figlia di Aloumon in abito militare (equindi definita “amazzone”), morta in unincidente e un’inquietante immagine di unvolto che affiora dalle acque. Dal vestibo-lo si accede a due altari chiusi e bui: il pri-mo del vodu Dan, cioè il serpente, contie-ne pitture e sculture in cemento difantastica policromia e finalmente, intro-dotto da una grande immagine murale, fio-ri e barattoli di cipria, l’altare di MamiWata. Negli stretti vicoli dell’isolatoun’immagine di Zikpé, il tabouret che rap-presenta gli antenati e ulteriori immaginidi derivazione indù tra cui una rappresen-tazione di Ganesh. Nei cortili interni sonocollocati diversi altari di Egun, il vodù del-la guerra; sono grandi ammassi di ferragliadi straordinario impatto visivo. Prima diriprendere il percorso verso l’uscita, ungrande affresco del vodu Heviossou se-gnala la presenza di un altare non accessi-bile. Finita la visita, il figlio di AloumonNouhessi che è bokono, cioè indovino, cimostra come si fa la divinazione di Afa.

Gigi Pezzoli

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Il primo cortile conl’immagine di Dan-gnidohédo. Anfoin,Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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A sinistra:Aloumon Nouhessi.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

A destra:Piccola adepta inpreghiera. Anfoin,Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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Il salone di ricevi-mento. Anfoin, Togo(2010).Foto G. Pezzoli

Sotto a sinistra:Immagini di MamiWata. Anfoin, Togo(2010).Foto G. Pezzoli

Sotto a destra:Mama Tchamba.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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La camera da letto.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

Altare di Venavi.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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Ade, il cacciatore.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

Adjakpa, il cocco-drillo. Anfoin, Togo(2010).Foto G. Pezzoli

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Altare di Ade. An -foin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

Altare di MamaTchamba. Anfoin,Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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Sopra:Altare di Adjakpa.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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A sinistra:Densu (nell’icono-grafia di Vishnu).Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

A destra:Immagine di in-fluenza indù. Anfoin,Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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Mami Wata che affiora dal mare. Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

La figlia “amazzo-ne”. Anfoin, Togo(2010).Foto G. Pezzoli

Altare di Dan, il ser-pente. Anfoin, Togo(2010).Foto G. Pezzoli

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A sinistra:Mami Wata. Anfoin,Togo (2010).Foto G. Pezzoli

A destra:Fiori e barattoli dicipria. Anfoin, Togo(2010).Foto G. Pezzoli

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Altare di Mami Wata.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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A sinistra:Zikpé, il tabou ret.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

A destra:Immagine di in-fluenza indù. Anfoin,Togo (2010).Foto G. Pezzoli

Grande affresco diGanesh. Anfoin, To-go (2010).Foto G. Pezzoli

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A sinistra: Altare di Egun.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

A destra: Altare di Egun.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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In basso: Affresco di Hevios-sou. Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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Bokono. Anfoin, To-go (2010).Foto G. Pezzoli

Divinazione di Afa.Anfoin, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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“IO, FABBRICANTE DI COLLANE VODU”Intervista a Chérita Amoussou

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e come ha iniziato a realizzare le collane;infine fornisce un quadro generale dellasua visione del vodu.

G. P. Chérita, puoi raccontarmi la tuavita?

C. A. Sono nata a Péda in Bénin versola metà degli anni ’50 del secolo scorso

Conosco Chérita Amossou da alcunianni. Chérita possiede a Lomé (Togo), nelquartiere di Bé, non lontano dal Marchédes Fetiches, un grande negozio con pro-spiciente tettoia. Nel negozio sono in ven-dita tutte le tipologie di oggetti e prodottiper i riti vodu: dal vasellame alle statue inlegno, dalle bevande alcoliche ai profumi,dagli ingredienti più diversi alle collane.Sono state proprio le collane vodu, espo-ste in bella mostra, ad attrarre inizialmen-te la mia attenzione. Nel tempo, a più ri-prese, ne ho acquistato diverse, facendomiprecisare di volta in volta l’attribuzione aisingoli vodu. Dopo molti incontri e dopoaver stabilito un rapporto di fiducia, hochiesto a Chérita di poter essere intervi -stata. Prima di acconsentire, le è stato ne-cessario un rito, una consultazione deglispiriti, che le permettesse di parlarmi li -beramente. Questa intervista è stata regi-strata nell’agosto 2009. In precedenza,dall’aprile 2008, avevo, in più occasioni,raccolto ulteriori informazioni orali escritte dalla stessa Chérita e da TogbéCombey, un importante adepto che tienesettimanalmente una trasmissione sul vo-du alla radio del Togo. Occorre precisareche Chérita parla mina1, capisce solo inparte il francese e non lo parla corrente-mente. Tutti i colloqui e anche l’intervista,sono stati costantemente tradotti dalla fi-glia minore, Djobo Amardine, detta Sisi,che ha 20 anni e studia all’Università diLomé. Nell’intervista Chérita racconta lasua storia, spiega come è diventata adepta

Chérita Amossou. Ba-guida, Togo (2010).Foto G. Pezzoli

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G. P. Raccontami com’è andata.C. A. Ero da poco a Lomé quando gli

spiriti vodu mi hanno animata. È avvenu-to in sogno; si trattava inizialmente diDensu, poi Ablo e poi ancora Adjakpa.

G. P. Come hai fatto a capire che sitrattava di spiriti e a riconoscerli?

C. A. Quando uno spirito ti anima bi-sogna andare da un veggente, lui ti puòdire chi è lo spirito. A quel punto il veg-gente ti introduce nella conoscenza deiprimi dieci vodu. È così che sono diven-tata adepta.

G. P. Come avviene l’apprendimentodei segreti del vodu?

C. A. L’apprendimento è lungo, ci vo-gliono molti anni. Lo spirito che ti animati guida un po’ alla volta in questo per-corso. Poi, dopo un po’ che ero diventataadepta, è arrivato il dono.

G. P. Di che dono si tratta? Quando èarrivato e come?

C. A. Il dono è arrivato quando stavo aLomé già da 3 anni. È arrivato in sogno:

ma non conosco l’anno esatto; in queltempo era raro che la data di nascita ve-nisse registrata. Ho quindi circa 55 anni.La mia famiglia é però originaria diGlidji, precisamente nel quartiere di Tok-lo; là c’è la nostra casa ancestrale, i nostritempli, là facciamo i sacrifici e anche lafesta di Epe-Ekpe. Sono quindi guin-mi-na. La mia famiglia si era trasferita a Pé-da perché mio padre era pescatore ed eraandato in Bénin per lavorare. Da Péda so-no venuta a Lomé circa 25 anni fa ma nonricordo l’anno esatto; la mia figlia mag-giore, che ora ha 27 anni, è nata a Pédamentre la seconda, che ha 22 anni, e laterza, che ha 20 anni, sono nate a Lomé.Quando mi sono trasferita a Lomé avevocirca 30 anni e facevo il commercio ditessuti e di scorte in liquidazione alGrand Marché. Fino a quel momento nonero una praticante vodu e non lo era nep-pure mio padre ma nella mia famigliac’erano stati adepti, in particolare miononno era il responsabile di un tempio diHeviossou. Poi, a un certo momento, èsuccesso qualcosa e sono stata animata dauno spirito.

Il negozio di Chéri-ta Amossou. Lomé,Togo (2007).Foto G. Pezzoli

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spirito ancestrale in relazione con la terra,sono anch’essi animati da Mami Wata.Pertanto, i deux fois cinq, possiedono instanze diverse delle loro case sia gli altaridi Dan, sia quelli di Mami Wata.

G. P. Qual’è il rapporto di Mami Watacon gli altri spiriti ed in particolare conquelli che si ritiene vivano nella laguna,cioè gli spiriti Tohossou?

C. A. Ci sono molti spiriti Tohossouche vivono sia nelle acque profonde sianel fango. Gli spiriti Tohossou, come adesempio Adjakpa, sono comunque inrapporto con Mami Wata che resta il piùimportante perché è in relazione con tut-ti gli spiriti, con quelli dell’acqua, conquelli della terra e anche con quelli sot-terranei.

G. P. Ho notato che quando si parla diMami Wata e degli altri vodu che sono inrelazione con lei ricorre sovente la que-stione che questi spiriti amano la pulizia edetestano la sporcizia. Come si spiega?

C. A. Sì è vero, noi diciamo “spiritosano in un corpo sano” e per star bene la

nel sogno ho incontrato una vecchia chesembrava in tutto e per tutto un essereumano ma che in realtà era uno spirito.Era lo spirito di Mama Tchamba che midiceva di fabbricare e di commerciare laperle del vodu perché questo mi avrebbeaiutato a guadagnare e a vivere. Da allo-ra, da più di 20 anni, faccio le collane diperle.

G. P. Quando ci siamo conosciuti mihai però detto che sei principalmenteadepta di Mami Wata. Mi puoi spiegaremeglio e soprattutto mi puoi raccontareun po’ il mondo del vodu?

C. A. Gli spiriti che mi hanno origina-riamente animata fanno tutti riferimento aMami Wata. Mami Wata è in un certosenso uno spirito capo, in rapporto conl’acqua, al quale sono legati molti altrispiriti di livello inferiore. L’associazionedi spiriti può però variare e dipende dapersona a persona: assieme a Mami Wataci può essere Densu, Egun, Agué e altriancora. Ad esempio, quelli che chiamia-mo i deux fois cinq2 che sono adepti delvodu Dan, cioè del serpente che è il loro

L’altare di Mami Wa-ta di Chérita Amos-sou. Baguida, Togo(2010).Foto G. Pezzoli

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C. A. Sì, lo spirito più importante èHeviossou poi viene Sakpata, poi tutti glialtri4.

G. P. E sopra Heviossou e Sakpata co-sa c’è?

C. A. Sopra tutti c’è Mawu che è Dioe non è un vodu. Mawu è lo stesso Dio deicristiani5. Con Mawu gli uomini non han-no una relazione diretta anche se lo invo-cano affinché i vodu possano intervenire.I vodu sono gli intermediari in rapportocon gli uomini grazie a Mawu. Mawu e ivodu sono però un tutt’uno. Ad esempio,nella regione di Aneho, in un certo perio-do dell’anno i vodu lasciano la terra perandare da Mawu e chiedere l’autorizza -zione a fare le cerimonie e i sacrifici.

G. P. I vodu possono fare del bene eanche del male?

C. A. Tutti vodu, come Mami Wata eanche gli altri, non fanno mai del malema proteggono e portano benessere. So-no gli uomini che, attraverso i sorciers ei le pratiche maligne, possono fare delmale.

G. P. Ma mi risulta che i vodu possonoanche uccidere i malfattori. Come fun -ziona?

C. A. I vodu sono come dei giudici:possono colpire i malfattori, i ladri e gliassassini, ma solo per fare giustizia.

G. P. Ho capito, torniamo quindi allastoria delle perle; come hai fatto a impa-rare a scegliere e comporre le collaneper ciascun vodu visto che sono tutte di-verse?

C. A. Nessuno mi ha insegnato. Mi haguidato Mama Tchamba, tramite l’inter -preta zione di un veggente che, di volta involta, mi spiegato il senso di ciascunaperla.

pulizia è importante. Tra l’altro, tutti vo-du utilizzano profumi che hanno nomi di-versi: Notre Dâme, St. Michel, Flori daWater, Sudan, Rêve d’or e altri ancora.

G. P. Ma nel vodu, oltre a Mami Watae agli spiriti a lei collegati ce ne sonomolti altri. Quanti?

C. A. I vodu sono numerosi, forse 600o forse anche di più e molti sono in rela-zione tra di loro. Tuttavia, per i Guin-Mi-na quelli importanti sono 413.

G. P. A proposito di spiriti importanti,come Heviossou e Sakpata, mi puoi spie-gare come sono legati a Mami Wata?

C. A. Mami Wata è in un certo sensodiretta da Heviossou e Sakpata che sonospiriti ancor più importanti di lei.

G. P. Esiste quindi una graduatoria diimportanza tra i diversi vodu?

Mamissi alla festadi Epe-Ekpe. Glidji,Togo (2008).Foto G. Pezzoli

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C. A. In tutta quest’area, dal fiumeMono al Volta, gli adepti sanno a qualevodu le perle corrispondono perché è lastessa cultura.

G. P. Chi sono i tuoi clienti?C. A. I miei clienti sono adepti del vo-

du, uomini e donne.

G. P. I tuoi clienti vengono qui percommissionarti una collana o la trovanogià pronta?

C. A. Quando i clienti vengono qui sela collana che cercano è già pronta laprendono, se non è pronta la ordinano emagari ne portano una che vogliono siarifatta. Ad esempio, la collana con i 41vodu più importanti l’ho fatta su ordina-zione e poi l’ho rifatta per te.

G. P. In quest’area ci sono molte donne,come te, che fabbricano le collane vodu?

G. P. Qui e nella regione di Aneho, alconfine tra il Togo e il Bénin, tutti ricono-scono che una certa collana è di questo odi quel vodu?

C. A. Sì, è così: gli adepti del vodu ri-conoscono senza alcun dubbio che unacollana appartiene a questo o quel vodu.Solo i falsi adepti, i non iniziati, non san-no quello che dicono.

G. P. Ma nel tempo le perle sono cam-biate; una volta c’erano quelle antiche ve-neziane, ora ci sono le perle moderne fab-bricate in Ghana, in India e in Cina.Come funziona?

C. A. È vero, le perle antiche sono di-ventate rare e costose; fino a circa 20 an-ni fa le collane vodu erano fatte di perleantiche, poi i commercianti hausa le han-no comprate, le hanno smontate e rimon-tate per venderle ai bianchi, così tutti i lo-ro significati sono andati perduti6.Attualmente, siccome le perle antichenon ci sono più si imitano. Quindi, se nonsi trova più una perla antica di colore ros-so se ne utilizza un’altra purché dellostesso colore. Per i nostri scopi non c’ènessuna differenza.

G. P. Chérita, questa collana di Adeviene da Ada in Ghana, è fatta con semidi colore nero e con pezzetti di conchigliabianchi ma quest’altra, sempre di Ade, èfatta con materiali diversi. Come lo spie-ghi?

C. A. Una collana di Ade può esserefatta con perle di vetro nere e grani di os-so bianchi, oppure con perle tutte di vetropurché bianche e nere. Quello che conta èil colore e la sequenza, il materiale puòcambiare.

G. P. Queste collane si riconosconosolo in Togo e nel Bénin o anche in Gha-na, ad esempio nella Volta Region?

Mamissi alla festadi Epe-Ekpe. Glidji,Togo (2008).Foto G. Pezzoli

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guaci soprattutto tra le persone anziane oanche tra i giovani?

C. A. È difficile rispondere, dipendedalle circostanze. Se per esempio unapersona ha una malattia grave che nonguarisce e avvicinandosi al tempio di unvodu guarisce, vuol dire che quel vodu gliha salvato la vita e che quindi dovrà di-ventare adepta.

G. P. Oggi, nella società contempora-nea, il vodu è soprattutto praticato dallepersone che non hanno avuto educazioneo anche da chi, ad esempio, ha studiato emagari ha fatto l’università?

C. A. Il vodu è nato con il mondo.Nella nostra società tradizionale la mag-gior parte degli adepti non sono andati ascuola ma ci sono anche persone che do-po aver avuto un’educazione lo praticanoper tradizione famigliare. Bisogna peròstare attenti perché tra questi ce ne sonomolti che non sono dei veri adepti e usa-no il vodu per ingannare la gente.

G. P. Oggi il vodu aumenta o dimi-nuisce?

C. A. Una volta tutti praticavano il vo-du; oggi molta gente segue le nuove reli-gioni, come il cristianesimo, ma il voduha sempre adepti.

G. P. C’è gente che pratica assieme al-le nuove religioni, come cristianesimo eislam, anche il vodu?

C. A. Sì, c’è molta gente che dice dipraticare il cristianesimo ma che segreta-mente fa anche il vodu. I musulmani in-vece hanno il vodu dentro la loro religio-ne ma lo nascondono. Comunque, il voduè la religione tradizionale di noi africani,il vodu è per restare fedeli alle origini. Secredi, il vodu ti dà speranza e ti aiuta nel-le difficoltà della vita.

Gigi Pezzoli

C. A. Sì, ci sono molte donne che le fan-no ma quelle specializzate come me sonorare. Sono io che ho fatto la maggior partedelle perle che si vedono a Glidji durante lafesta di Epe-Ekpe, anche perché là c’è unadonna che mi trova i clienti.

G. P. I tuoi clienti vengono solo dalTogo o anche da altri paesi?

C. A. I miei clienti vengono dal Togo,dal Ghana e dal Bénin e c’è anche un reche viene dalla Nigeria; mi ha conosciutouna volta che era venuto a Lomé per fareacquisti al mercato.

G. P. Questa è un’attività esclusiva-mente commerciale perché le collane, inquanto tali, non sono oggetti sacri, oppu-re è diverso?

C. A. Le collane hanno già lo spiritodentro ma bisogna essere adepti perché lospirito ti animi. Pertanto, tu che hai com-prato le perle per un altro scopo non saraianimato dallo spirito.

G. P. Quindi, se qualcuno che non èadepto indossa le collane cosa succede?

C. A. Non succede nulla, ma siccome laperla è animata se qualcuno viene da te conintenzioni cattive lo spirito può agire controdi lui perché lo spirito combatte il male.

G. P. Cherita, una domanda personale:hai iniziato le tue figlie al vodu?

C. A. Attualmente le mie figlie non ri-spettano le prescrizioni e i divieti del vodu,per questo non possono essere iniziate. Sein un momento della loro vita gli spiriti leanimeranno, potranno diventare adepte,non tocca a me decidere. Quindi, per il mo-mento le mie figlie sono senza religione mala più grande ha espresso il desiderio di di-ventare adepta e di seguire le mie orme.

G. P. Nei nostri giorni il vodu ha se-

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per gli Anlo della Gold Coast citava 201 vodu,numero preso in considerazione anche da Den-net per quanto riguardava l’area yoruba (Mau-poil 1943:55).

4 È interessante mettere in relazione due af-fermazioni di Chérita, secondo la quale Hevios-sou era il vodu di famiglia ed è il vodu più im-portante. Come spesso accade i vodu di famigliaassumono questo ruolo, che è comunque semprerelativo alle singole famiglie o comunità. Unareale gerarchia dei vodu non esiste e, per talemotivo, non potrà mai essere condivisa da tutti,a testimonianza tra l’altro del rapporto recipro-co e intimo tra i vodu e gli uomini.

5 La questione di Mawu come Dio superioreo Dio dei cristiani é estremamente complessa,controversa e interessante, ma non è qui la sedeper un approfondimento.

6 A Lomé è esistito ed in parte tuttora esisteun fiorente mercato di perle antiche. I collezio-nisti europei ed americani ricercano tuttavia as-semblaggi di perle tutte uguali con l’effetto diindurre il sistematico smontaggio delle collanevodu.

Note

1 Il mina è una lingua franca parlata sulla co-sta togolese, in parte differente dall’ewe, che te-stimonia la dinamicità delle popolazioni costie-re e il loro percorso storico e geografico.

2 I cosiddetti deux fois cinq sono quegli adep-ti del vodu Dan che presentano sul volto cinquecoppie di scarificazioni (in mezzo alla fronte, aidue lati della bocca e sulle due guance).

3 L’affermazione dell’esistenza per i Guin-Mina di 41 vodu importanti è ricorrente, ma noncondivisa da tutti stante la natura estremamentedinamica del fenomeno. Nel 1943, Maupoilscriveva: “è veramente difficile valutare il nu-mero esatto di vodu (…) Alcuni autori hannocreduto di poterne precisare il numero. Alcuniparlano di duecento, altri di quattrocento, maFarrow, che ripropone l’ipotesi di Johnson sen-za citarlo, considera che vi sia un numero mini-mo di seicento vodu, almeno nei paesi di linguayoruba” (1943:55). Il citato Johnson scriveva:“il numero normalmente stimato è di 401, masarebbe più corretto citarne 600”. Westermann,

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Gigi PezzoliCentro Studi Archeologia Africana

PERLE E COLLANE VODUALLA FESTA EPE-EKPE

Per i Guin-Mina del Togo e del Béninla festa di Epe-Ekpe è il momento culmi-nante di un complesso di pratiche ritualiche si sviluppano per mesi, prima e dopola cerimonia stessa. Ogni anno, all’iniziodi settembre, migliaia di persone in un cli-ma di festa popolare, ma anche di ansia ac-compagnata da possessioni ed eccitazioneprogressiva, si radunano a Glidji per atten-dere la presentazione della “pietra sacra”appena “pescata” nella laguna. Il coloredella pietra è interpretato come premonito-re per le vicende dell’anno successivo.

Per l’occasione, i fedeli, uomini edonne indossano le collane e i braccialidei vodu dei quali sono adepti, tra loromoltissime mamissi (adepte di MamiWata) a seno scoperto e con eleganti abi-ti bianchi. Dopo la festa Epe-Ekpe del2008, con l’assistenza di Chérita Amos-sou (fabbricante di collane) e di TogbéCombey (importante adepto che tienesettimanalmente una trasmissione sulvodu alla radio del Togo) abbiamo cerca-to di identificare le collane e di classifi-carle.

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Mamissi alla festadi Epe-Ekpe. Glidji,Togo (2008).Foto G. Pezzoli

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Ablo o Ablor (foto 1, 2, 3) - È uno spirito femminile (madre) che governa il mare e i fiumi. Dona la ric-chezza e gli sono associati gli spiriti di pulizia. È rappresentato con un cavaliere su un cavallo bianco.

Ada (foto 4) - È uno spirito che guarisce i pazzi e tutti coloro che hanno problemi mentali.

Adannodou (foto 5) - È uno spirito serpente (Dan), calmo e pulito che non ama la sporcizia.

Adandokpon (foto 6) - È uno spirito che trasforma in persone turbolente i soggetti da lui animati che nonl’hanno riconosciuto e che non sono stati iniziati.

Ade (foto 7, 8, 9, 10) - È uno spirito che dirige e controlla i guerrieri, i morti accidentali e i cacciatori de-funti (gli elementi neri rappresentano i morti, i bianchi i cacciatori). È uno spirito che utilizza i morti (fan-tasmi) per agire con interventi particolari nei confronti di persone con doti spirituali (feticheurs o veg-genti).

Adjakpa (foto 11) - È uno spirito del sottosuolo (Tohossou), spesso si trova nell’acqua e sovente producepesci. È rappresentato con un coccodrillo. Esistono tre tipologie di rappresentazione: con una terracottasulla testa, con una lingua sporgente e con un corpo massiccio.

Adjima o Togbé Adjima (foto 12) - È uno spirito in relazione con il tuono che può uccidere i ladri e i mal-fattori. È diffuso in Ghana.

Adjinor o Togbé Adjinor (foto 13, 14) - È uno spirito gorovodu che protegge chi è in pericolo. È figlia diPapa Koundé e si presenta in forma di persona in carne ed ossa.

Repertorio collane e relativi vodu

Il presente repertorio associa alle col-lane i relativi vodu per ognuno dei quali èfornita una breve descrizione nei terminiriferiti dagli informatori. Si tratta quindidi una testimonianza che lungi dal preten-dere di essere esaustiva e tanto meno ge-neralizzabile, fornisce tuttavia una “vi-sione dall’interno” che, utilizzando lecollane, introduce al complesso panteonvodu. Al riguardo, giova evidenziare chela stretta relazione che caratterizza il rap-porto tra uomini e divinità ha inevitabil-mente influenzato le descrizioni dei voduriferita dagli informatori; ne risulta quin-di una mescolanza di storie ricorrenti e divisioni certamente personalizzate.

Da rilevare infine che la trascrizionedei nomi dei vodu è quella direttamentedesunta da Chérita Amossou; peraltro,già in loco esistono moltissime variazioni

che rendono impossibile definire una tra-scrizione omogenea e generalizzabile.

La maggior parte delle collane sononuove o di recente fabbricazione, altrepiù vecchie sono state raccolte su mia ri-chiesta da Chérita Amossou. Quasi tuttele collane provengono dall’area del fiu-me Mono - al confine tra Togo e Bénin -e quindi possono essere indifferentemen-te attribuite ai Guin-Mina stanziati suedue sponde del fiume; un piccolo nucleoproviene dal Ghana, Volta Region equalcuna dal Bénin, in particolare daAbomey.

Nella parte finale, la selezione com-prende anche un certo numero di collanecon vudu multipli; non è infrequente in-fatti che gli adepti concentrino sulla stes-sa collana i riferimenti a diversi vodu.

Di seguito, in ordine alfabetico,l’elenco dei vodu identificati e le relativecollane:

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Afanagonou (foto 15) - È uno spirito femminile (madre) che aiuta a far parlare i vodu in merito a vicen-de del passato, del presente e del futuro.

Agbossou (foto 16) - È uno spirito femminile (madre) che nutre tutti gli altri spiriti; si comporta cioè co-me un’amica che offre da mangiare quando si va a trovarla. Normalmente protegge la casa.

Agnrongbon Dan (foto 17) - È uno spirito serpente (Dan). Protegge gli adepti e tuttavia impedisce lorodi essere liberi se non vengono fatte le dovute cerimonie.

Agué (foto 18) - È uno spirito in relazione con l’aria, la foresta e l’oscurità. Fa perdere la gente in caso diincontri notturni. Chi è animato da questo spirito diventa un veggente. È rappresentato con un busto ma-schile su uno sgabello con un solo braccio e senza le gambe, oppure con una figura in piedi; nella versio-ne femminile è una donna con un solo occhio e un solo seno, nella versione maschile é un uomo con un so-la gamba girata indietro.

Aklanmator (foto 19) - È uno spirito associato ad Ade ed è un vodu dei cacciatori defunti.

Akpla (foto 20) - È uno spirito benigno ed è la versione femminile di Koku. I suoi fedeli si infliggono feri-te sul corpo per scacciare gli spiriti cattivi.

Aiessou (foto 21) - È uno spirito femminile, è in relazione con Dan ed opera al servizio dei vodu. I suoiadepti, come i nomadi Peul, non si perdono mai.

Alafia (foto 22) - È uno spirito gorovodu spesso in relazione con l’aria, il vento e la sorcellerie. Sovrin-tende alla casa e alla famiglia e porta fortuna. È uno spirito di origine hausa che aggredisce i sorciers ele persone di cattiva fede. È stato introdotto da Togbé Goka.

Alinon (foto 23) - È uno spirito che protegge contro i malfattori e si invoca configgendo un picchetto nelsuolo. È originario di Abomey.

Anana (foto 24) - È uno spirito del tuono, opera in relazione con Heviossou, sorveglia e controlla le fore-ste sacre. Può condannare e uccidere i malfattori e i ladri.

Apuké o Apouké (foto 25) - È un piccolo spirito viaggiatore e messaggero, sovente in relazione con il ma-re sabbioso. È uno spirito di pulizia.

Ahansou Yêhoé o Togbé Ahansou Yêhoé (foto 26) - È uno spirito famigliare. I membri della famiglia so-no titolati a visitare il tempio di questo vodu e a fargli dei doni; in cambio ricevono del bene e azioni a lo-ro favore.

Aholou (foto 27) - È uno spirito maschile che controlla la terra e tutte le malattie che sono in relazionecon la terra.

Ahro Aholou (foto 28) - È uno spirito serpente (Dan). Protegge la casa, dalle malattie e contro i malfattori.

Aro Sika (foto 29) - È uno spirito che porta ricchezza. Gli adepti non possono essere né sterili né poveripurché devoti e totalmente dediti alle pratiche.

Atakpessou (foto 30) - È uno spirito delle persone anziane che i figli devono rispettare e seguire. È origi-nario del Ghana ma lo si ritrova ad Aneho ed è collegato con la cerimonia Epe-Ekpe.

Atigueli (foto 31) - È uno spirito d’aria e di fuoco, sovente in rapporto con Ade, lo spirito della caccia. Èanche in relazione con gli oggetti taglienti che scacciano gli spiriti cattivi.

Avleketé (foto 32) - È la versione femminile di Heviossou, è quindi la madre del tuono e fa le stesse cosedella sua versione maschile.

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Avleketé Adonsu (foto 33) - È il nome dello spirito che si utilizza quando si recupera il corpo di una perso-na uccisa da Heviossou. È lo spirito femminile del tuono che calma quello maschile quando questo si infuria.

Ayiladié (foto 34) - È uno spirito serpente (Dan) volatile, in relazione con l’aria, il vento e la natura. Gliadepti di notte non devono lavarsi con il sapone né mangiare troppo tardi.

Azon (foto 35, 36) - È uno spirito maschile (padre) della terra in relazione con la notte. Controlla la ter-ra, i raccolti, gli interdetti notturni e le malattie.

Baraborou (foto 37) - È uno spirito gorovodu figlio di Papa Koundé.

Boubloumé (foto 38) - È uno spirito maschile che opera in rapporto con Mama Tchamba. Guarisce dallemalattie.

Dabé Dakpaya (foto 39) - È uno spirito collegato a Mami Wata che i bambini hanno fin dalla nascita. Amale cose belle e la pulizia. È rappresentata come una donna con molti capelli e circondata da serpenti.

Dadodji (foto 40) - Non è uno spirito ma il nome della collana che i fedeli e i preti del convento indossanodopo aver messo le perle ai vodu. Non è obbligatorio indossarla, dipende dalla scelta di ciascun fedele.

Dahénou (foto 41) - È uno spirito che porta la prosperità agli iniziati; i suoi fedeli non indossano abiti. Simanifesta abbaiando come un cane.

Dagbazin (foto 42) - È uno spirito serpente (Dan) al quale ci si rivolge per chiedere e fare delle promes-se. È in relazione con l’aria, gli alberi e la terra. Lo si invoca configgendo picchetti nel suolo; è lo spiritodel grande altare di Agomé-Seva.

Dagbo Hounssou (foto 43) - È uno spirito serpente (Dan) in relazione con l’acqua e la terra. È uno spi-rito dei Péda (i cosiddetti deux fois cinq) del Bénin.

Dagboe Tchaké (foto 44) - È uno spirito in relazione con l’acqua, la terra, le erbe, le piante e che non uc-cide. È associato infatti alla storia di un ariete salvato dopo essere caduto in una fossa; pertanto, nelle ce-rimonie di questo vodu gli arieti non vengono uccisi. È uno spirito feticcio dei Péda (i cosiddetti deux foiscinq) del Bénin.

Dan o Edan (foto 45, 46) - È uno spirito in relazione con l’acqua e la terra; padroneggia le erbe e le pian-te contro tutte le malattie. È rappresentato con il serpente (ed anche con la colonna vertebrale) ed è spes-so in relazione con il cervello (significa l’esperienza).

Dangbé o Togbé Dangbé (foto 47) - È uno spirito serpente (Dan) dei Péda (i cosiddetti deux fois cinq). Èall’origine di molte famiglie che a lui si richiamano.

Dangnidohédo (foto 48) - È uno spirito serpente (Dan) dell’aria che opera in relazione con gli altri spi-riti Dan. È rappresentato con l’arcobaleno.

Danhoegnon (foto 49) - È uno spirito che non ama i problemi e che richiede il rispetto delle regole delconvento.

Dankoli (foto 50) - È uno spirito serpente (Dan) di terra che normalmente resta nel sottosuolo ed esce ra-ramente. È in contatto con la terra e con gli spiriti del sottosuolo (Tohossou).

Danwoenou (foto 51) - È uno spirito doppio Dan (serpente) e Adjakpa (del sottosuolo). Aiuta gli adepti araggiungere un livello spirituale levato. I suoi fedeli non portano abiti.

Dassa Aholou o Dassa Holou (foto 52, 53) - È la versione femminile di Sakpata. È uno spirito madre checontrolla la terra, i raccolti e tutte le malattie che sono in relazione con la terra e la notte.

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Densu o Adensou (foto 54, 55, 56) - È il cosiddetto “marito” di Mami Wata con la quale è in relazione. Èuno spirito che aiuta e sostiene le persone celibi o coniugate, talvolta facilita i matrimoni, talvolta fa ilcontrario. Opera in collegamento con Mami Wata, Ablo e Apouké. È rappresentato con una figura con due,tre o più teste.

Dintin o Togbé Dintin (foto 55) - È uno spirito che normalmente anima il mercato ma è anche venerato aAneho e Glidji nella cerimonia di Epe-Ekpe.

Dissan o Dissan Afan (foto 56) - È uno spirito di divinazione (Afa). Tutti i suoi adepti utilizzano la divi-nazione di Afa per conoscere il proprio avvenire e il loro destino nella vita.

Djagli (foto 57) - È uno spirito che contrasta i sabotaggi, legato a Kuku e Akpla.

Douto Dounon (foto 58) - È uno spirito protettivo che risolve le controversie tra adepti.

Egbami o Togbé Egbami (foto 61, 62) - È uno spirito originario di Aneho collegato con la cerimonia Epe-Ekpe.

Egun o Egou (foto 63, 64, 65) - È uno spirito del fuoco che serve a lavorare il ferro (anche le ossa sonoconsiderate ferro). È un vodu di guerra, signore e giudice di ciò che sta sottoterra, protegge la casa e i suoiabitanti e regola i problemi famigliari In caso di violazione dei precetti provoca malattie. È in relazionecon gli spiriti Tohossou e Lissa. È di origine Anago.

Egun Hometo (foto 66) - È uno spirito del fuoco che serve a lavorare il ferro. Signore e giudice, control-la ogni cosa negativa e gli incidenti; protegge il villaggio e la casa. È in relazione con gli spiriti Tohossoue Lissa.

Enokpemé Gbanikpé (foto 67) - È uno spirito gorovodu figlio di Papa Koundé. I suoi adepti non posso-no avere rapporti sessuali al momento dell’iniziazione.

Ezi (foto 68) - È uno spirito che protegge la natura e tutto quello che c’è nella natura. I suoi adepti si tro-vano soprattutto ad Aneho.

Foulali (foto 69) - È uno spirito degli antenati Peul venuti dalla Guinea e da altre parti e fatti schiavi. Èin relazione con lo schiavismo gbeshi. Impedisce di comportarsi da persona libera, così come gli schiaviche non hanno scelto il loro destino.

Gbadjaka (foto 70) - È uno spirito che protegge gli adepti contro i pericoli e li salva in caso di accidente.

Gbefa (foto 71) - È uno spirito che protegge la casa, non sopporta i litigi e le malefatte. Se non lo si ri-spetta arrivano i problemi.

Gbe Holou (foto 72) - È uno spirito di guerra che non si manifesta al chiuso (in casa), ma nelle strade, so-prattutto agli incroci.

Gbenor (foto 73) - È uno spirito che aiuta a non essere povero e che porta ricchezza.

Glikou (foto 74) - È uno spirito che parla del passato; l’ignaro che ne viene animato riferisce di cose delpassato ma anche del futuro.

Gnibin o Togbé Gnibin (foto 75) - È uno spirito della foresta. Può provocare inondazioni e fare del ma-le a chi non rispetta le sue regole e i precetti.

Guêdé Donhoundotor (foto 76) - È uno spirito che rende i posseduti persone libere e senza problemi. Perevitare i problemi occorre essere iniziati nel suo tempio.

Guédohoun (foto 77, 78) - È un grande spirito maestro che riunisce molti spiriti e che lotta contro gli spi-riti cattivi.

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Hego (foto 79) - È uno spirito femminile della terra in relazione con le erbe. I suoi adepti si trovano so-prattutto in Bénin.

Heviossou o Heviesso (foto 80, 81, 82, 83, 84) - È il grande spirito del fuoco, del fulmine e del tuono chedirige e controlla il cielo. Signore dei giudici, condanna e può uccidere i malfattori. La collana del capodel tempio (con grani rossi di corallo o di vetro) si chiama kponyinto. La collana di cauri con campanel-la che gli adepti portano a tracolla si chiama adakpa.

Hiheamlima (foto 85) - È uno spirito che dirige il vento e l’aria ed è in contatto con tutti gli altri spiriti,senza distinzione.

Hoegnon (foto 86) - È uno spirito serpente (Dan) protettore; detesta la menzogna.

Honmetoé (foto 87, 88) - È uno spirito delle foreste. Uccide chi ha fatto del male e il corpo della vittimaresta insepolto nel convento.

Hounhoadan (foto 89) - È uno spirito che permette ai suoi fedeli di avere una vita migliore e la prospe-rità in tutti i campi.

Kététi (foto 90) - È uno spirito gorovodu figlio di Papa Koundé.

Koku (foto 91) - È uno spirito della caccia, spesso in relazione con gli oggetti taglienti (coltelli) che scac-ciano gli spiriti cattivi. I suoi adepti si infliggono ferite sul corpo. Quella rappresentata non è una collanama un gonnellino di rafia ornato con perle.

Kpassé (foto 92) - È uno spirito sospeso nell’aria. Se si trova in un quartiere e qualcuno muore, non è con-sentito passare da lì con la cassa da morto.

Kpessou (foto 93) - È uno spirito di fuoco spesso rappresentato da una pietra ahlihankapé (è una pietrade tonnerre ma non ascia). Protegge gelosamente le case.

Kpetormé Zolenou (foto 94) - È uno spirito collegato a Mami Wata; vive e opera in collaborazione congli spiriti del mare.

Kpon (foto 95) - Tra i fedeli di Heviossou, quelli anziani che hanno maturato una grande esperienza con-servano qualche segreto dentro un oggetto che contiene lo spirito e che è denominato kpon. Questi fedelisono chiamati kponhintor.

Lankli o Togbé Lankli (foto 96) - È uno spirito che regola le dispute. Interviene in questioni che possonocomportare la morte.

Lankpa o Togbé Lankpa (foto 97) - È uno spirito originario di Aneho collegato con la cerimonia Epe-Ekpe: è quello presso il quale ci si reca dopo la visita al convento di Nana Blosomafli. La cerimonia di ini-ziazione di chi è animato da questo spirito si svolge ad Aneho; dopo l’iniziazione la persona ha la pace eottiene tutto quello che cerca dalla vita.

Linsouhoé (foto 98) - È uno spirito al quale ci si rivolge con sacrifici e doni per ottenere benessere e ric-chezza.

Lissa (foto 99, 100, 101, 102) - È uno spirito del fuoco luminoso che spesso opera in aiuto di Egun e loaiuta quando è sporco (cioè arrugginito); è quindi legato alla pulizia. È rappresentato con il camaleontee per questo ha colori diversi.

Logo o Logo Azagou (foto 103) - È uno spirito d’aria, in relazione con il vento e talune piante. Soventeopera in collaborazione con Dan.

Mama Colé (foto 104, 105) - È uno spirito di guerra che si occupa di sistemare i contrasti. Èoriginario diAneho ed è collegato con la cerimonia Epe-Ekpe.

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Mama Dafouyé (foto 106) - È uno spirito femminile (madre) in relazione con l’acqua (serpente), la terrae la foresta sacra. Protegge i suoi adepti contro tutti i mali.

Mama Tchamba (foto 107, 108) - È uno spirito femminile (madre) in relazione con l’acqua. È il vodu de-gli antenati Mossi fatti schiavi (è quindi in contatto con le anime degli schiavi) ed è in relazione con loschiavismo gbeshi. Impedisce di comportarsi da persona libera, così come gli schiavi che non hanno scel-to il loro destino. Essendo un tabouret non è rappresentata direttamente ma attraverso i tre figli: Bou-bloumé (nero), Yédi (giallo), Kombli (rosso).

Mami Siki o Mami Sika (foto 109) - È uno spirito femminile (madre) in relazione con il mare; porta de-naro, oro e ricchezza ed è associata alla pulizia. È rappresentata come una donna, con uno specchio, lun-ghi capelli e uno o più serpenti d’oro.

Mami Wata (foto 110, 111) - È lo spirito femminile madre delle acque che, come una madre, genera e so-stiene il suo bambino. È uno spirito di pulizia sottomarina e per l’uomo è associata anche al sudore che èsalato come l’acqua del mare. È rappresentata come una sirena. Quando la collana è tutta bianca si defi-nisce kissakissa.

Massan Abanhoun (foto 112) - È lo spirito che protegge e dà una forza speciale alla terza figlia.

Mayidan (foto 113) - È uno spirito che ha la missione di salvare i suoi adepti in caso di pericolo e di pro-blemi. È originario del Bénin.

Messadjonou (foto 114) - È lo spirito che protegge e dà una forza speciale al terzo figlio.

Mitorgbodi (foto 115) - È uno spirito il cui tempio si trova in mezzo alla laguna. Nel suo tempio si riposala maggior parte dei vodu. Il suo altare si trova a Akodewa in Bénin.

Na (foto 116) - È uno spirito che agisce contro chi fa del male. È uno spirito di Abomey nel Bénin.

Nana Blosomafli (foto 117) - È uno spirito originario di Aneho collegato con la cerimonia Epe-Ekpe: èquello del primo convento nel quale è stato fatto il primo sacrificio. La cerimonia di iniziazione di qual-cuno animato da questo spirito si svolge ad Aneho; dopo l’iniziazione la persona ha la pace e ottiene tut-to quello che cerca dalla vita.

Oro (foto 118) - È uno spirito notturno che può far perdere la gente.

Ovodunon (foto 119) - È uno spirito madre di molti vodu; mantiene le promesse e non tradisce mai.

Papa Koundé (foto 120) - È uno spirito gorovodu protettore della casa; veglia sulla sicurezza del mondoe della famiglia. Lo spirito protegge l’adepto, gli procura benessere e salute, senza mai commettere omi-cidi. Proviene dal Ghana e, dopo la guerra, è stato trovato nel deserto da Kodjokouma. È il marito di Tché-ria (o Nana Ablawa) e i loro figli sono Sacla, Tuokpémé, Adjinor, Kététi, Tuokpémé, Gbankpé, Baraborou,Wango.

Plavodu Yêhoé (foto 121) - È uno spirito che si occupa dei ladri, scopre e denuncia i nemici che minac-ciano i fedeli e aiuta anche a conoscere il futuro.

Sacla (foto 122) - È uno spirito gorovodu figlio di Papa Koundé.

Sakpata o Sakpaté (foto 123, 124, 125) - È il grande spirito maschile che governa la terra, i raccolti e lemalattie (il vaiolo) che hanno relazione con la terra. Controlla il rispetto delle leggi e in caso di violazio-ni colpisce i trasgressori.

Sodaelor (foto 126) - È uno spirito collegato con Heviossou. Detesta i bugiardi e può uccidere i ladri e imalfattori.

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Sodjedo (foto 127) - È uno spirito di guerra. Protegge gli adepti dai pericoli.

Sovi Sogbo (foto 128) - È uno spirito che combatte i ladri e li uccide.

Tchéria (foto 129) È uno spirito gorovodu ed è la moglie di Papa Koundé.

Tikakou (foto 130) - È uno spirito che governa il quartiere nel quale si trova. Blocca i ladri impedendoloro di uscire allo scoperto.

Tohossou (foto 131) - È uno spirito del sottosuolo, ma si trova anche nel fango del mare. Può provocarefenomeni naturali, terremoti e sinistri.

Tohossou Agbo (foto 132, 133) - È uno spirito sovrano del sottosuolo ed è in relazione con l’acqua, la ter-ra e il fuoco. Può provocare terremoti e sinistri e controlla i vulcani.

Tohossou Amlima (foto 134) - È uno spirito sovrano del sottosuolo marino ed è in relazione con il vento.Può provocare terremoti e trombe d’aria che possono far perdere le persone.

Tohossou Eto Meto (foto 135) - È uno spirito sovrano del sottosuolo ed è in relazione con l’acqua. Puòprovocare terremoti e sinistri.

Tohossou Etoto (foto 136) - È uno spirito sovrano del sottosuolo marino ed è in relazione con tutto ciò cheè sotterraneo. Può provocare terremoti e trombe d’aria che possono far perdere le persone.

Tonon (foto 137) - È uno spirito che vive nell’acqua e può provocare tempeste di vento.

Tonor (foto 138) - È uno spirito che può fare del bene e del male. Può distruggere chi ha del bene e nonne approfitta.

Tsrawa (foto 139) - È uno spirito del mare al quale i pescatori dedicano le cerimonie quando la pesca èinfruttifera.

Venavi (foto 140) - È lo spirito dei gemelli. Protegge contro tutti i pericoli chi ha avuto dei gemelli (casabuona), per questo richiede adeguate cerimonie.

Vidohommé (foto 141) - È uno spirito che persegue il benessere dei suoi adepti. È un vodu contempora-neamente maschile e femminile. Chi ha cattive intenzioni e lo incontra può morire.

Waho (foto 142) - È uno spirito che odia i malfattori. Chi ha fatto del male deve andare nel suo tempio perpurificarsi.

Wenza (foto 143) - È uno spirito femminile (madre) di pulizia che vuole essere sempre lindo. È il bel spi-rito che illumina e che spesso si manifesta facendo dondolare chi ne è posseduto.

Yaloué (foto 144) - È uno spirito serpente di terra (Dan) che normalmente è in relazione con il vento e leerbe. Si prende cura della casa e tiene gli adepti puliti.

Yédi o Yéndi (foto 145, 146) - È uno spirito degli antenati schiavi venuti dal nord, Burkina e Mali: Mos-si, Gourunsi e altri. È in relazione con lo schiavismo gbeshi. Impedisce di comportarsi da persona libera,così come gli schiavi che non hanno scelto il loro destino.

Yénaya (foto 147) - È uno spirito di Abomey (Bénin) e precisamente del quartiere di Behanzin.

Yeté (foto 148) - È uno spirito che vive in mezzo al mare ed è originario del Bénin.

Zikpé o Togbé Zipké (foto 149, 150) - È uno spirito che rappresenta gli antenati che hanno creato il vil-laggio o la casa. Sorveglia e controlla la famiglia e i figli di quel luogo. È rappresentato con un tabouretlasciato dagli antenati ai progenitori ed è presente in tutte le famiglie.

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Ablo, Lissa (foto 151) - Vodu multipli di Aneho e Glidji connessi alla cerimonia Epe-Ekpe.

Aplanti, Densu, (foto 152) - Vodu multipli di Aneho e Glidji connessi alla cerimonia Epe-Ekpe.

Densu, Mama Chamba (foto 153) - Vodu multipli di Aneho e Glidji connessi alla cerimonia Epe-Ekpe.

Mami Siki, Lissa, Hoedo (foto 154) - Vodu multipli di Aneho e Glidji connessi alla cerimonia Epe-Ekpe.

Mami Wata, Tohossou, Densu, Dangnidohédo (foto 155) - Vodu multipli di Aneho e Glidji connessi al-la cerimonia Epe-Ekpe.

I 41 vodu più importanti (foto 156) - Collana realizzata da Chérita Amossou che raccoglie i 41 vodu piùimportanti per i Guin-Mina: Il collare rappresenta Aholou; appesi i vodu: Agué, Aholou, Dintin, Yendi,Boubloumé, Dassa Aholou, Dissan Afan, Mama Dafoué, Tohossou Aholou, Apouké, Dangnidohédo, MamaTchamba, Alafia, Adjakpa, Ablo, Venavi, Massan Djonou, Ade, Ablo, Agboé, Atakpessou, Adensou, Ag-bidjonou, Heviossou, Aro Sika, Tohossou, Azon, Egun, Mami Siki, Heviossou (Adakpla), Egun, Lissa, Ma-mi Wata kissakissa, Dan, Logo Azangou, Sakpata, Fan Anagonou, Apoumé Tohossou, Tohossou Amlima,Gbe Holou.

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Note

- gli spiriti “Tohossou” sono spiriti sotterranei;significano: “to” sottoterra, “hossou” sovrano;

- gli spiriti “Dan” o “Edan” sono associati aiserpenti;

- gli spiriti “Afa” o “Afan” sono associati al-la divinazione;

- il cosiddetto gorovodu (o vodu della nocedi cola) è una forma di vodu recente, arrivata inTogo verso gli anni ’20 del secolo scorso e pro-veniente da ovest, dal Ghana.

- “Togbé” è un titolo onorifico significa “pa-dre, antenato, che si rispetta”.

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NEL NOME DI MAMI WATA“sirena” del vodu

Centro Studi Archeologia Africana

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